5.
Le era mancata New Orleans, non avrebbe mai pensato di
dirlo, non dopo tutte le cose spiacevoli che erano successe in quel posto, ma
doveva ammettere che la città le era mancata. L'atmosfera gioiosa, i colori
vibranti del quartiere francese. C'era vita a NOLA e per quanto lei amasse la
sua città, non c'era paragone. Non aveva ancora incontrato nessun volto
conosciuto, anche se aveva intravisto Josh davanti al St. James Infirmary
mentre guidava per raggiungere la sua camera d'albergo.
I suoi contatti le avevano riferito che lavorava lì oramai
da qualche anno, aveva preso la completa gestione di quel posto dove la magia
era bandita. Era proprio da lui che era diretta in quel momento. Non voleva
fargli del male, voleva solo sedersi lì dentro e aspettare... perchè era sicura
che la prima cosa che il ragazzo avrebbe fatto, sarebbe stata avvertire Marcel
o chi per lui.
“Non capisco Allison” le disse Lucas, braccio destro fidato
e fedele, sempre pronto a guardarle le spalle. “Perchè non andiamo direttamente
da Marcel?”
Allison mise il suo cellulare in borsa dopo aver letto il
messaggio di Hayley che le comunicava che era quasi riuscita a prendere ciò che
serviva. Sperò che anche lei sarebbe riuscita nella sua parte. “Perchè se ci
presentassimo da lui, in casa sua, la prenderebbe come una specie attacco e noi
non siamo qui per attaccare.”
“E per cosa siamo qui allora?”
“Per parlare e raggiungere un civile accordo. Voglio solo
che lasci andare Klaus e gli darò quello che vuole perchè questo avvenga.”
Lucas svoltò a sinistra e rallentò poco. “Lo capisco,
davvero. C'è già stato sufficiente spargimento di sangue in questa città, ma
hai pensato che forse il tuo piano potrebbe non funzionare?”
“Certo che ci ho pensato.”
L'uomo fermò l'auto davanti al bar. “E hai pensato anche a
cosa faremo in quel caso?”
Allison annuì aprendo lo sportello. “In quel caso
distruggeremo ogni cosa che ci sarà di intralcio” disse decisa prima di
scendere. Lucas la seguì ed entrò dopo di lei all’interno del locale. Lì
dentro, notarono mentre prendevano posto ad un tavolo, niente era cambiato;
c’era ancora anche quel piccolo palco di legno sul quale la sera suonavano
musicisti appassionati. Con una fitta di nostalgia Allison si ricordò di Elijah
seduto alla tastiera, un sorriso rilassato sul viso mentre la guardava con
quella dolcezza che riservava solo ed esclusivamente a lei. Non ricordava
esattamente quanti anni prima fosse successo, ma decisamente troppi.
“Stai bene?” le chiese il suo amico.
“Sì” lei si sforzò di apparire tranquilla, ma si disse che
non aveva senso mentire. Non a Lucas che si era rivelato un alleato e amico
leale. “No, a dire il vero non proprio. Sono vicinissima a riavere Elijah e
dovrei essere felice, giusto? Eppure ho questa strana sensazione alla bocca
dello stomaco.”
“Anche io. Si chiama fame” scherzò lui cercando di farla
sorridere. “Allison, tu sei la donna più caparbia che abbia mai incontrato. E
sei anche la più forte, in tutti i sensi. Andrà bene, riavrai tuo marito e una
volta che tutto sarà a posto, mi prenderò una meritatissima vacanza.”
Allison lo guardò perplessa. “Sei un idiota.” Gli disse
accennando un sorriso. “Ma non avrei potuto fare niente di tutto quello che ho
fatto senza il tuo aiuto. Sei prezioso per la Strige e sei un caro amico per
me. Non sono sicura di avertelo detto, ma ti ringrazio Lucas, davvero.”
“Io ringrazio te” replicò Lucas con un lieve sorriso. “La
Strige si faceva vanto di essere un’organizzazione nobile ma Tristan aveva
fatto di noi un gruppo di mostri rispettati solo perché temuti. Credevamo di
non avere altra scelta, ma tu hai cambiato le cose e adesso siamo rispettati
perché ci siamo guadagnati quel rispetto nel modo giusto; io ero un soldato,
per me questo è fondamentale.”
Rimasero per un attimo in silenzio, infine Allison fece un
grosso respiro. “Okay, basta smancerie. Ti direi di ordinare da bere ma... ci
hanno appena rovinato la giornata” disse voltandosi verso destra e sorridendo
all’ultimo arrivato. “Marcel” lo salutò.
“Allison Morgan” cantilenò il vampiro, o qualunque cosa
fosse. “Bella e senza paura esattamente come ricordavo. Cosa ci fai nella mia
città?”
La cacciatrice guardò per un attimo Lucas e per lui quello
fu il segnale che era il momento di andare. “Vengo a parlare di affari” fece
cenno a Marcel di sedersi e lui lo fece. “Ma prima ordiniamo qualcosa da bere,
credo che ne avremo bisogno.”
Marcel fece un gesto con la mano e il suo piccolo gruppo si
sparpagliò per il locale. “Birra?” chiese alla donna.
“Birra sia!”
****
Hayley mise tutti gli ingredienti sul tavolo, tirò fuori
dalla borsa il cellulare e si prese un attimo per recuperare le forze e
soprattutto per trovare il coraggio. Guardò le bare che contenevano la sua
famiglia, la famiglia di Hope, quella di Allison e si domandò cosa stesse
facendo lei. Le aveva scritto prima ma non aveva ricevuto alcuna risposta e,
per un attimo, si pentì di non aver insistito per andare con lei. Avrebbe
dovuto farlo, anche se non erano questi i piani, anche se non era in quel modo
che avevano deciso di affrontare quel fatidico momento. Ricordava ancora il
giorno in cui ne avevano parlato, un anno prima, quando avevano creduto – anche
se solo per un attimo – di avercela fatta.
Tu prendi gli ultimi ingredienti, io vado a prendere Klaus
e questo è quanto. E considerate le cose che erano successe
l’ibrida era stata d’accordo. Quando poi però le loro speranze si erano
frantumate, Allison era stata chiara. Non è andata come previsto stavolta,
ma quando il giorno giusto arriverà... beh il piano rimane uguale. Tu hai una
figlia, quindi io mi prenderò la parte più complicata. Hayley non aveva
obiettato neppure quella volta e, solo ora se ne rendeva conto, era stato per
una genuina forma di paura; paura che sarebbe morta e sua figlia sarebbe dovuta
crescere senza una madre. La sua amica aveva una chance visto che...
Sobbalzò quando il suo telefono prese a squillare e respirò
a fondo prima di rispondere. “John” disse poggiando il cellulare sul tavolo e
sollevandosi le maniche della t-shirt. “Iniziavo a temere che non mi avresti
richiamata.”
“Scusa tesoro” le disse lui. “Ero un po’
impegnato. Allora... a quanto pare il grande momento è arrivato. Pronte a
svegliare la vostra personale strega?”
“Sono pronta” l’ibrida annuì, quasi come se John potesse
vederla. “Facciamolo John! Voglio che Elijah sia sveglio quando Allison
tornerà, voglio... farle questo piccolo regalo, lei ha fatto molto per me e
Hope.”
John rise. “Perdonami, mi fa strano pensare a voi due
come migliori amiche. Mi ricordo ancora di quando litigavate. L’hai anche morsa
se non sbaglio.”
“Sì beh” Hayley scosse il capo quasi divertita, perché
sapeva che John si stava divertendo parecchio. Non c’era malizia nelle sue
parole, solo giocosità. “Le cose cambiano. A volte vorrei ancora ucciderla sai?
E credo che il sentimento sia reciproco, ma è la mia famiglia, mia sorella... e
le voglio bene. Anche Hope gliene vuole e io sono grata al cielo o a chiunque
l’abbia portata nelle nostre vite, che mia figlia abbia una donna come lei
nella sua vita.”
Constantine rimase in silenzio per qualche secondo, infine
sospirò. “Oh che io sia dannato!” esclamò. “Sei sentimentale in modo
quasi fastidioso. Svegliamo Freya ora, è meglio.”
Lei ridacchiò. “Cosa devo fare?”
“Metti tutti gli ingredienti insieme come nelle istruzioni
che io e Freya ti abbiamo lasciato, poi fai silenzio mentre recito
l’incantesimo.”
Hayley eseguì passo passo. Dopo dieci minuti Freya aprì gli
occhi e scattò seduta. “Hayley” mormorò.
“Ah, sì. Ce l’abbiamo fatta!”
esultò John. “Ben tornata dolcezza. Ora devo andare, telefonatemi quando
Allison torna.”
Riattaccò e Hayley strinse Freya in un abbraccio carico di
sollievo e speranza.
****
Una visita di qualche minuto era tutto quello che Allison
era riuscita ad estorcere a Marcel. Solo per assicurarmi che stia bene,
gli aveva detto. Poi potremo discutere di tutto il resto. Il vampiro
aveva piegato il capo e aveva parlato con decisione; Puoi vederlo, solo per
qualche minuto e non discuteremo di nulla dopo che lo avrai fatto. Te ne andrai
e basta.
Lei aveva accettato ma aveva omesso di dirgli che non era
esattamente come credeva lui che sarebbero andate le cose. Quando arrivarono
alla tenuta la cacciatrice si guardò intorno e sentì una grande tristezza
invaderla; quel posto che un tempo era pieno di eleganza, sfarzosità, vita, ora
era ricoperto da erbacce, scuro e polveroso. Un gruppo di vampiri, lo stesso
che aveva accompagnato Marcel al bar era già lì ad attenderli quando
arrivarono. Una si avvicinò non appena li vide entrare.
“Così sei tu la famosa Allison Morgan. Ho sentito parecchio
parlare di te” le disse con tono quasi sarcastico.
Allison le sorrise senza scomporsi. “Io invece non ho mai
sentito parlare di te, anche se so chi sei, conosco la tua storia.”
“Sul serio?” continuò lei con tono impertinente. “Credi di
conoscere la mia storia?”
“La tua storia” le disse l’altra avvicinandosi poco. “È
praticamente uguale alla storia di tutti quelli che hanno incrociato Klaus e
che sono ancora vivi per raccontarlo; salvi per miracolo mentre le persone che
amavano... beh il miracolo non si è esteso anche a loro. Sofya Voronova,
l’ultima della tua stirpe. Ancora qui, per raccontare la tua storia, solo
perché per qualche strano caso ti trovavi altrove mentre le persone a te care
venivano massacrate da Klaus. Non sei così speciale” Sofya si irrigidì, Allison
potè vedere il suo mento tremare mentre provava a controllarsi. “Vuoi
colpirmi?” le chiese. “Coraggio, fai pure.”
“Adesso basta!” intervenne Marcel facendo un cenno a Sofya
prima di rivolgersi ad Allison. “Piantala e seguimi prima che cambi idea.”
La cacciatrice alzò le mani capendo che aveva dato fiato
alla bocca senza pensare; umiliare Sofya sminuendo la sua perdita non era sua
intenzione, ma era successo. “Mi dispiace” si scusò guardandola. “Mi dispiace
per la tua famiglia, ma cerchi una vendetta che non avrai mai. Morirai nel
tentativo di averla e anche se ti sembra nobile adesso, quando i denti di Klaus
affonderanno nel tuo collo o la sua mano ti attraverserà il petto... in quel
momento vorrai solo poter tornare indietro per abbandonare i tuoi sogni di
vendetta e vivere la tua vita. Fallo finchè sei in tempo.”
Seguì Marcel senza aggiungere altro e salì insieme a lui su
per le scale fino ad una stanza che non ricordava neppure esistesse. Entrarono
entrambi e lo sguardo della donna si posò subito su Klaus, seduto a terra di
spalle, curvo e in disordine.
“Cosa vuoi Marcel? Sei venuto a tormentarmi?” chiese senza
voltarsi.
L’altro scosse il capo. “Mi piacerebbe, ma hai una visita.”
Klaus si alzò e solo allora Allison notò le catene che lo
tenevano legato. “Un altro nemico da uccidere? Oggi non sono in vena.” Si voltò
e il suo sguardo si fermò su di lei. Gli occhi chiari gli si riempirono di
lacrime mentre un sorriso gli piegava le labbra. “Ciao, guerriera” mormorò.
La donna gli sorrise avvicinandosi. “Ciao Klaus. Scusa se
ci ho messo tanto.”
Lui scosse il capo e avanzò di qualche passo, lasciandosi
andare nel calore dell’abbraccio che Allison gli riservò. “Non importa. Sapevo
che saresti venuta, che avresti mantenuto la tua parola.”
“Lo faccio sempre” Allison ruppe l’abbraccio, ma gli
strinse il viso tra le mani per qualche secondo. “Ora andiamocene da qui.”
“Non credo proprio!” esclamò una voce irritante e rude, e
tre vampiri fecero la sua comparsa.
“Sapevo che non avresti rispettato i nostri accordi”
aggiunse Marcel. “Lui non va da nessuna parte, ma tu sei libera di farlo. Non
voglio farti del male.”
La cacciatrice rise voltandosi. “Mi piacerebbe che ci
provassi” gli disse. “A farmi del male intendo. Sì, vi prego,” guardò gli altri
tre. “Fatemi infuriare, così potrò uccidervi senza sensi di colpa.”
Uno degli uomini di Marcel si fece avanti e la attaccò. Lei
bloccò il colpo con una mano, l’altra la alzò e poggiò due dita sulla fronte
del suo avversario. “Avrei voluto farlo con le buone maniere, ma non mi
lasciate altra scelta” chiuse per un istante gli occhi e il vampiro su cui le
sue dita erano poggiate iniziò a essiccarsi, poi a disintegrarsi fino a
diventare un mucchietto di polvere che si dissolse trasportata via da un vento
innaturale.
Gli occhi dei rimasti si tinsero di perplessità e spavento.
“Allora Marcel,” mormorò lei togliendosi la giacca. “Ti va di riconsiderare la
mia offerta?”