3rd February 2014
Alla fine non era andata proprio come se l'aspettava.
Quella splendida ragazza che aveva conosciuto qualche sera prima si
chiamava Charlie ed era una modella per qualche stilista di cui Nate
logicamente non ricordava il nome. Si era fermata anche a fare
colazione l'indomani e si erano scambiati pure i numeri. Era
indubbiamente bella da lasciare a bocca aperta chiunque la vedesse,
tanto che nessuno dei ragazzi, eccetto Hugh, si era lasciato sfuggire
l'occasione per fare commenti di ogni tipo, ma soprattutto era anche
abbastanza intelligente e gentile. Sorrideva spesso, più per
cordialità che per reale spirito di simpatia, ma ci si
poteva parlare senza problemi, caratteristica che Nate apprezzava
parecchio in una donna. Il problema era solo uno: aveva fatto una
così attenta analisi di quella ragazza solo per vedere in
che cosa somigliasse e in che cosa fosse dissimile a Lexi.
Sapeva che era da pazzi fulminati fare una cosa del genere, ma era
stato più forte di lui: ogni paio di occhi non erano mai
abbastanza luminosi come i suoi, ogni sorriso non era sincero come il
suo, ogni gesto non era dolce e buffo come quelli che compiva lei.
Era seduto sul davanzale dell'albergo dove alloggiavano, con una tazza
di caffè tra le mani, di quelli annacquati americani
perché altrimenti i suoi nervi non avrebbero retto
ancora per molto, e guardava assorto il panorama di uno spettacolare
Central Park che si svegliava con le prime luci dell'alba. Anche quella
notte non aveva chiuso occhio, ma non per la compagnia di Charlie, che
la sera prima lo aveva salutato perché aveva un servizio
fotografico a Miami e non sarebbe tornata prima di due giorni,
bensì perché senza la presenza della ragazza al
suo fianco, la mente di Nate era volata direttamente dall'altro lato
dell'Oceano, più precisamente in un appartamento dal portone
blu di Lexington Street, Londra.
Il cd era uscito da ormai tre giorni ma di Lexi nessuna traccia. Le
aveva esplicitamente chiesto di dirgli che cosa ne pensasse del loro
ultimo lavoro, specificando che erano per lei quelle canzoni e,
sinceramente, non vedeva l'ora di sapere se avesse colto quali
parlassero di lei e se avesse ricordato qualcosa. Internet l'aveva
rassicurato circa il fatto che la musica aiutasse parecchio le persone
affette da perdita di memoria a recuperare qualche frammento del loro
passato e Nate sperava davvero che almeno quelle melodie familiari
risvegliassero qualcosa in lei. Ma d'altra parte era stato lui quello a
decidere di andare avanti, di cercare in un'altra donna ciò
che non avrebbe mai potuto avere da Lexi, quindi non poteva e non
doveva più aspettarsi nulla da lei. Tutta la sua
speranza su come le cose potessero risolversi in un istante si era
oscurata, come quella nuvola che ora stava coprendo il primo timido
sole di un'altra faticosa giornata newyorkese. Era come se fossero
diventati due estranei, benché Nate potesse ancora sentire
il calore delle labbra di Lexi sulle sue, quando gli era
sembrato che anche lei ricambiasse quel piccolo contatto che per lui
era tutto. Gli mancava come l'ossigeno ad una candela accesa dentro una
campana di vetro: si sarebbe presto spento e non sapeva dire per quanto
avrebbe continuato a resistere.
La suoneria del suo cellulare lo risvegliò da quello stato
di malinconia in cui era caduto e che non faceva certo parte di lui. Lo
prese e, senza osservare il mittente della chiamata, rispose.
-Pronto?
-Dimmi: ti sei bevuto il cervello tutto in un colpo lepricauno?!?!
La voce decisamente troppo alta per quell'ora della mattina di Mia gli
perforò il timpano, arrivando a rimbalzare sulle pareti
quasi vuote del suo cuore troppo esposto.
- Mia, che cosa stai dicendo??
- Che cosa sto dicendo io?!?! Tu devi essere imbecille sul serio,
allora! Cristo, Nate!! Ma ti sei reso conto di che foto girano sul
web?!?! Pensi che Lexi sia cieca?!
Ed eccola lì, chiara davanti ai suoi occhi per troppo tempo
accecati da sentimenti che non riusciva a comprendere, la conseguenza
delle sue azioni: si era appena giocato forse l'unica
possibilità che aveva con Lexi.
Un nodo alla gola gli impedì di parlare e rispondere a
quelle accuse che, per sua sfortuna, erano più che motivate.
- Non sai cosa dire eh? Non ci posso credere...
Ad essere sinceri non ci poteva credere nemmeno lui che le cose
potessero andare peggio di come già stavano andando e mai
come in quel momento desiderò che quel 20 Agosto non fosse
mai esistito.
- Mia mi dispiace... Davvero... Io... Io non so che cosa mi stia
succedendo...
- Oh, fammi un piacere Nate! Risparmiati la solita storia del
“io non volevo farlo”, “è
tutto un malinteso”, “non è come
sembra”! Potrei prendere un aereo ed attraversare un oceano
solo per picchiarti!
- Se mi porti Lexi, va bene...
Un sospiro dall'altro capo del mondo gli fece capire che non era
l'unico a voler far tornare le cose come erano prima, anche se non
c'era mai stato un vero e proprio “prima”: lui Lexi
non l'aveva mai conosciuta davvero eppure era certo che fosse stata con
lui da sempre.
- Perché l'hai fatto, Nate? Lexi ha visto le foto ed anche
se non me l'ha detto esplicitamente, si vedeva lontano mille miglia che
c'è rimasta male.
- Mia io non ce la faccio ad andare avanti così... Non mi
posso permettere di avere questa faccia da cane bastonato quando devo
esibirmi davanti a migliaia di persone. E poi ho capito che, se anche
lei ricordasse quento è successo, non potremmo lo stesso
avere un futuro assieme... Insomma: io sono quello che sono mentre lei
è una ragazza normale... Sarebbe troppo complicato. Scusa
Mia, ma devo andare... Ci sentiamo.
Chiuse la conversazione senza aspettare risposta e lanciò il
cellulare sul letto, perdendosi a guardare quel grigio cielo newyorkese
che non aveva alcuna intenzione di aprirsi in una bella giornata.
Avrebbe voluto confessarle tutto, dirle che la verità era
che si sentiva inferiore ed inadatto per lei. Era stata innamorata di
Lucas per undici anni e Nate era più che convinto che non
potesse offrirle nulla di paragonabile. Per di più lui era
quello che era, un cantante troppo famoso che non poteva uscire per
strada senza creare qualche incidente, mentre lei era una ragazza
normale, di quelle che sono speciali nella loro quotidianità
e che il mondo di Nate avrebbe solo rovinato.
Loro non erano due rette parallele. Per loro un momento in cui si erano
sfiorati, toccati, in cui avevano addirittura colliso c'era stato,
però poi non si erano trasformate in un unico percorso. Non
erano destinati ad essere un tutt'uno: erano due linee incidenti che
non si sarebbero mai più rincontrate. E Nate doveva andare
avanti per le sue fan e per lei, che aveva messo in pericolo la sua
vita per potergli permettere di continuare a vivere il suo sogno.
25th
February 2014
Il tempo era passato incredibilmente lento e Lexi non sapeva
più cosa fare della sua vita. Sapeva di dover tornare
all'università, ma era come se qualcosa la bloccasse: era
stanca di occuparsi delle vite degli altri, non le bastava
più, voleva essere lei la prima a vivere qualche emozione.
Eppure, tra le prediche del Dottor Lawson sul fatto che dovesse stare
ancora a riposo e sulla paura di essere fermata da qualche fan per
strada, Lexi non usciva di casa se non per andare a pranzo da sua madre
o alle visite in ospedale. Ne aveva una quel pomeriggio per vedere i
risultati della tac che aveva fatto qualche giorno prima, ma la
prospettiva non l'allettava particolarmente dato che il dottore le
avrebbe detto sempre le stesse cose, ovvero che anche se non si fosse
ricordata nulla di quei cinque mesi, non avrebbe avuto alcuna
importanza.
Stava sistemando casa, dato che Mia era corsa fuori urlando che aveva
qualche importante riunione per una linea di moda sua, Lexi non aveva
capito bene, e che era in estremo ritardo, quando il campanello di casa
suonò. Credette che fosse di nuovo lei e che si fosse
dimenticata qualcosa, così non chiese nemmeno chi fosse.
Dopo tre minuti una voce familiare, ma per niente femminile, si fece
udire dall'ingresso.
-Ma non ti ho insegnato a chiedere chi è prima di aprire?!
La figura non molto alta di Morgan Golder fece la sua apparizione nel
salotto con una finta espressione di rimprovero dipinta sul volto
leggermente più segnato dal tempo rispetto all'ultima volta
in cui Lexi lo aveva visto. Non sapeva per quale arcano motivo, ma
sembrava che suo padre avesse deciso di ritornare a far parte
delle loro vite, specialmente in quella di sua madre, ma come al solito
Lexi si diede come giustificazione che qualcosa fosse successo durante
quei cinque mesi in cui lei era stata in vacanze forzate e sperava
tanto che qualcuno, prima o poi, le facesse un riassunto attendibile di
tutto quello che si era persa.
Morgan si tolse la solita giacca di pelle e si passò una
mano tra i capelli brizzolati, ora a spazzola: doveva ammettere che il
taglio suggeritogli da Karen lo soddisfaceva parecchio e si chiese come
avesse fatto senza di lei tutti quegli anni.
-Ed io ti non ti ho mai detto che devi avvisare prima di piombare in
casa di qualcuno?
Quelle parole smorzarono un poco il buon umore di Morgan , ma d'altra
parte non poteva di certo incolpare Lexi per quelle parole taglienti:
si era perso praticamente tutta la sua adolescenza, non poteva
pretendere che le cose tornassero normali tutto all'improvviso. Si
sedette sul rovinatissimo divano arancione e fece segno alla figlia di
sedersi.
- Noto con piacere che la tua vena sarcastica è sempre
presente.
- Quella fa parte di me, dovresti saperlo... Ah, no, scusa: tu non
c'eri negli ultimi dieci anni della mia vita.
- Lexi, per favore...
Incassò nuovamente il colpo per quella frase che aveva
sentito milioni di altre volte, solo che gli occhi spenti e tristi con
cui Lexi gliel'aveva sputata addosso quel giorno lo fecero
rabbrividire, perché nessun padre, per quanto spesso poco
presente, vorrebbe sapere triste la propria figlia. Lexi si sedette sul
divano, ad una distanza di sicurezza, ma lui le prese una mano tra le
sue e decise che la bella notizia che era venuto a comunicarle avrebbe
potuto aspettare qualche minuto. Quando si accorse che Lexi non
opponeva resistenza al contatto, la guardò negli occhi per
donarle quell'affetto che per troppo tempo le aveva fatto mancare.
- Dimmi la verità, pulcino: come stai?
Sentendo quello stupido nomignolo con cui la chiamava quando era
piccola e voleva a tutti i costi stare sulle sue spalle per poter
scoprire il mondo da un posto privilegiato, ogni muro che aveva dentro
crollò e le lacrime fluirono come una cascata dagli occhi
color terra di Lexi. Senza esitare un secondo, le braccia di un padre
ritrovato si chiusero attorno al corpo di quella figlia che nascondeva
un mondo dentro e che aveva solo bisogno dell'affetto che meritava e
che non le sarebbe mai dovuto mancare. I singhiozzi divennero sempre
più forti e Morgan si chiese se le persone attorno a Lexi
avessero mai conosciuto la vera lei o se ne avessero saggiato solo gli
aspetti che concedeva di vedere, senza mai pretendere altro.
- Ehi pulcino, respira... Dimmi cosa c'è che non va... Io
sono qui... Sono qui davvero e non me ne vado.
Il petto di Lexi si alzò per trarre un respiro
più profondo e riemergere da quell'abbraccio inaspettato e
per questo, forse, così prezioso. Cerò di
asciugarsi la faccia e tirò sul col naso in quella maniera
infantile che aveva sempre fatto sorridere Morgan, arricciando quel
naso a patatina che aveva ereditato da lui, concedendosi un mezzo
sorriso quando lui le poggiò una mano grande e rassicurante
sulla gamba accoccolata sul divano.
- Rimani per davvero questa volta?
Quello sguardo carico di speranza fece stringere il cuore dell'uomo in
una stretta micidiale fatta di rimorsi e senso di colpa, che si sciolse
quando si rese conto di avere un'altra possibilità e che non
l'avrebbe sprecata per nulla al mondo.
- Sì, Lexi, per davvero... Ed ho intenzione di chiedere a
tua madre di sposarmi... Di nuovo.
Lo sapeva perfettamente che aveva appena lanciato una bomba nel bel
mezzo del salotto di casa di Lexi, lo capì dal suo silenzio
attonito e dalla sua espressione incredula. Temette di aver sbagliato a
dirglielo così presto, che forse avrebbe dovuto aspettare il
suo perdono completo, se mai l'avesse ottenuto, ma amava Karen come mai
prima in vita sua e non poteva resistere senza saperla sua per sempre.
Per davvero, questa volta. Due braccia troppo esili rispetto all'ultima
volta che l'aveva stretta tra le sue braccia, due mesi prima, gli
cinsero il collo, sommergendolo in abbraccio inaspettato che lo
lasciò senza fiato, specialmente quando quelle poche parole
gli arrivarono alle orecchie.
- Oddio!! Sono così felice per voi!! Lo sapevo che sarebbe
successo, lo sapevo!!
E pianse di nuovo Lexi, questa volta di gioia, perché per
tutta la sua adolescenza aveva sperato che i suoi genitori tornassero
assieme, che ammettessero entrambi di aver commesso uno sbaglio
perché quando la sera Karen le dava il bacio della buona
notte e le assicurava che un giorno il principe azzurro sarebbe
arrivato, le si velavano gli occhi di lacrime al ricordo di come la
vita l'avesse fatta allontanare dal suo di principe. Fu un attimo,
ancora tra le braccia di quell'uomo che era tornato ad essere a tutti
gli effetti suo padre, con gli occhi chiusi ed un pensiero che non si
ricordava di aver mai fatto prima di quel momento, ma che invece
sembrava appartenerle. Era di nuovo in quel tunnel e la sua mente le
diceva questo:
“...Io voglio avere un amore come il loro... E' questo quello
che sto cercando da una vita... Non importa cosa la vita ti porti a
fare, gli errori che tu possa commettere, le strade sbagliate che tu
possa intraprendere... Loro si ameranno sempre... Anche io voglio
un'amore così...”.
Lexi scrollò leggermente la testa per togliersi di torno
quel pensiero che non credeva di aver mai formulato e decise che non le
sarebbe importato nulla di quello che il Dottor Lawson le avrebbe detto
quel pomeriggio: lei voleva ricordare quei cinque mesi e nulla
l'avrebbe fermata.
Si fece accompagnare da Morgan alla visita, dato che si era offerto
volontario, ma entrò da sola nello studio del dottore
poiché che non aveva detto ancora a nessuno di quei flash
che stavano diventando sempre più insistenti.
-Oh, ciao Lexi! Prego, accomodati pure... Allora: come va oggi?
Seduta in quello studio di un bianco accecante e terribilmente
asettico, Lexi si chiese se a quella domanda sarebbe mai riuscita a
rispondere anche solo con un semplice “bene”, ma si
era risvegliata da un coma di cinque mesi, quindi aveva delle buone
speranze.
-Diciamo che và. Oggi, addirittura, stavo parlando con mio
padre e mi è come sembrato di pensare una cosa che sapevo di
non aver mai pensato, o almeno non da sveglia. L'espressione
indecifrabile del dottore fece preoccupare parecchio Lexi, quando
invece, quel misto di irritazione e di insofferenza era dato solamente
dal fatto che avesse appena nominato l'uomo che gli aveva rubato Karen,
anche se rubato forse non era il termine più corretto,
considerando che si trattava del suo ex marito. Ad ogni modo si
costrinse ad essere il più professionale possibile e prese
in mano la Tac che aveva prescritto a Lexi qualche giorno prima.
-Credo che sia normale Lexi. Ho qui i risultati della Tac e...
-Sto impazzendo?!
-Ma no!! Cosa dici?! No, che non stai impazzendo Lexi, anzi, a quanto
pare il tuo cervello si sta dando un gran da fare per ricordare.
“Io sto cosa? Fermi tutti: questo significa che tutti quei
flashback sono...?”.
-Sì, Lexi, hai capito bene: quelli che tu definisci
flashblack non sono altro che ricordi dei cinque mesi che hai passato
in stato di coma vigile. Sembrerebbe proprio che la tua mente voglia a
tutti i costi riappropriarsi di quei pezzi del tuo passato e a questo
proposito, vorrei consigliarti di...
La voce del dottor Lawson divenne solo un sottofondo lontano ed
indistinto che non arrivava più alle orecchie della ragazza,
ormai persa nella sua bolla di congetture e domande a cui dare
risposta.
“Quindi quella voce, quelle canzoni e quei pensieri sono
miei... Li ho vissuti davvero... Io non ero sola in quei mesi... Ma
allora: chi c'era al mio fianco? E' come se dovessi saperlo, se fosse
sulla soglia della mia memoria, ma continuasse a
nascondersi...”.
-Lexi? Lexi, mi stai ascoltando?
-No, mi scusi dottor Lawson... Cioè, Andy: è solo
che fa strano pensare di potermi ricordare quello che è
successo mentre il mio corpo era come morto.
-Beh, come stavo cercando di spiegarti, non otterrai mai delle immagini
nitidissime di quello che hai vissuto, ma alcune sensazioni, le voci,
magari qualche frase o qualche odore potrebbero tornare a farti visita.
Ad ogni modo credo che dei farmaci possano risolvere la situazione...
Metteranno tutto a tacere.
-E se io volessi ricordare?
L'espressione piuttosto infastidita e quasi compassionevole che
ricevette come risposta non le piacquero per nulla, ma rimase comunque
ad ascoltare.
-Lexi, sinceramente, non credo che ti possa portare qualche giovamento
ricordare quei mesi. Sei ancora fisicamente debole, il tuo cuore ha
subito due attacchi cardiaci nell'arco di pochissimo tempo e tutte
quelle emozioni ti debiliterebbero e basta. Lascia perdere, lo dico per
la tua salute.
“Quella di cui non mi sono minimamente curata quando ho
deciso di prendermi una pallottola in piena spalla per salvare la vita
ad un ragazzo con cui non ho praticamente mai parlato? Direi che spetta
a me decidere che cosa farne...”.
-Fidati di me Lexi. So cos'è meglio per te.
Sapeva perfettamente che a Mia quel dottore non stava per nulla
simpatico, e sinceramente stava cominciando anche a capirne le
motivazioni: tutto quello che diceva lui doveva essere oro colato e la
cosa le dava parecchio fastidio. Nessuno poteva sapere cosa fosse
meglio per lei, dato che Lexi stessa non ne aveva la più
pallida idea. Salutò l'affascinante ed irritante dottore ed
uscì dal suo studio alla ricerca di Morgan, che
però non vide. Si guardò un po' intorno, fino a
quando non si accorse che appoggiata sullo stipite dell'ambulatorio
poco lontano da dove si trovava lei, c'era una signora tutta intenta a
sorriderle. La vide avvicinarsi nella sua direzione, tanto che Lexi si
chiese se fosse il caso di scappare a gambe levate: ma era
un'infermiera, quindi almeno in teoria si poteva fidare.
-Ciao Lexi. Ti ricordi di me?
Altro sorriso enorme e qualcosa scattò nella sua testa: di
nuovo lo stesso nero, di nuovo quel tunnel e una voce identica a quella
che aveva appena udito che la salutava, proprio nello stesso modo
tranquillo e al tempo stesso allegro e pieno di vita. Poi la sensazione
di qualcosa a sfiorarle il dorso della mano, delle dita paffute e
leggermente segnate dagli anni, ma calde, terribilmente calde ed
accoglienti, quasi materne. Lexi riaprì gli occhi e si
trovò a fissare quelle stesse mani che aveva appena sentito,
che toccavano realmente le sue. Non seppe perché ma una
lacrima scese dispettosa sulla sua guancia, portandosi dietro un po' di
mascara. L'infermiera dal volto sorridente e gentile, con due
meravigliose fossette ai lati della bocca solcata da qualche ruga, le
asciugò il viso e l'accompagnò a sedersi sulle
sedie dove, fino ad una mezz'ora prima, era seduto Morgan.
-Sono Sarah... L'infermiera che ti seguiva quando eri qui.
-Sì, mi ricordo di lei... O meglio, la mia testa vorrebbe
ricordarselo ma io non so come aiutarla... Mi scusi, non volevo
disturbarla, stavo solo cercando mio padre.
La donna sorrise di nuovo e Lexi non poté far altro che
lasciarsi contagiare dalla tranquillità che trasmetteva:
chissà se magari le aveva fatto lo stesso effetto quando era
in coma.
-Stai tranquilla, Lexi: ne ho passate di peggio con te! Tuo padre
è andato un attimo a prendersi un caffè dato che
non uscivi più e mi ha chiesto di dirtelo... Ma ad ogni
modo: come stai tu?
Quella donna sembrava interessata davvero a sapere come andassero le
cose e Lexi si sentì libera di rispondere senza nascondere
nulla.
-Non molto bene a dire il vero. Spesso mi capita di avere dei balckout
al cervello che mi fanno ricordare cose che io non penso di aver mai
fatto e il Dottor So Tutto Io Fidati Della Mia Super Intelligenza
Lawson dice che dovrei prendere dei farmaci per far smettere tutto,
perché sono troppo debole per ricordare... Ma io voglio
farlo! Voglio sapere che cos'è successo in quei mesi! Ho
come l'impressione che lì ci sia la chiave per riprendere in
mano la mia vita... Starà pensando che sono pazza, vero? Sa
che le dico: che, forse, ha pure ragione. Sono pazza o comunque non
normale...
L'espressione che Lexi si sarebbe aspettata di scorgere sul viso della
donna era fatta di compassione, di preoccupazione in parte e per lo
più di pena, ma non vi lesse nulla del genere. La stava
guardando come se la capisse e le desse ragione, come se sapesse
più di quanto le stava per dire ma qualcosa la trattenesse
dal rivelarle tutto.
-Essere “non normali”, come dici tu, non
è un difetto Lexi, anzi. È qualcosa di cui andare
fieri. E credimi se ti dico che non sei pazza... Sai cosa credo? Credo
sia il caso che tu vada da uno psicologo, in modo che tu riesca ad
imparare a gestire questi episodi, senza che ti vengano attacchi di
panico o forti emicranie e magari potresti anche ricordare qualcosa e
trovare la chiave di cui parli... Tieni: questo è il numero
di una mia cara amica che potrebbe aiutarti. Fidati di te stessa, Lexi.
So che ce la puoi fare. Avrebbe voluto chiederle come potesse esserne
così sicura, come facesse a sapere così tante
cose su di lei, ma la voce di Morgan le impedì ulteriori
domande.
-Ah sei qui! Allora com'è andata?
-Bene... Sì, bene...
La risposta distratta di Lexi fece voltare Morgan in direzione della
simpatica infermiera che con un sorriso sempre rassicurante gli disse:
-Credo che sia stanca. E' meglio che tu vada a casa Lexi. Ci vediamo...
E buona fortuna.
Le strinse per un'ultima volta la mano e a Lexi sembrò che
quel gesto avesse fatto parte della sua routine per molto tempo, tanto
naturale le era parso. Uscì dall'ospedale con la testa da
un'altra parte e si fece riaccompagnare a casa da Morgan, con in borsa
un bigliettino da visita che diceva “Dottoressa Athena Lang,
psicologa e psicoterapeuta”, impaziente di poterla chiamare e
prendere il primo appuntamento.
Non salutò nemmeno Mia, che era tutta concentrata sulla sua
macchina da cucire, immersa in chilometri di tessuto saten fucsia che
avrebbero fatto venire il voltastomaco persino a Lady Gaga e si diresse
a passo svelto in camera sua, dove prese il cellulare dalla borsa
assieme al piccolo cartoncino color panna e fece un bel respiro
profondo. Doveva sistemare la sua vita e quello era un buon modo per
cominciare.
-Pronto? Studio della Dottoressa Athena Lang, con chi parlo?
La voce decisamente troppo gioiosa e alta per una donna che Lexi aveva
immaginato filiforme, impassibile ed alquanto elegante, le fece
cambiare idea, tanto che una figurina rubiconda e solare, con dei
capelli sale e pepe ricci, si fece spazio nella sua mente iperattiva,
dandole ulteriore conferma di come avesse bisogno di parlare con
qualcuno di qualificato.
“Mi ricorda tanto l'infermiera che ho incontrato prima in
ospedale.. Come ha detto di chiamarsi? Simone? No...
Aspetta...”.
-Pronto?? C'è qualcuno?!
“Sarah! Ecco come... Oh, devo rispondere!”.
-Sì, sì... Ci sono!
-Oh bene... E il tuo nome è...?
-Lexi! Lexi Golder, per la precisone.
-Oh mio dio! Io ti conosco... Cioè non te personalmente, ma
conosco la tua storia! Allora Lexi, cosa ti spinge a chiamarmi?
Per una frazione di secondo ebbe come l'impressione che farsi
analizzare da una persona che non sembrava essere tanto più
“normale” di lei non fosse una grande idea, ma era
stanca di essere quella normale o di cercare di esserlo, quindi decise
di fidarsi della donnina rubiconda e dal sorriso rassicurante che si
era piazzata nella sua testa.
-Vede, io vorrei prendere appuntamento per parlare con lei...
Un'infermiera, si chiama Sarah, mi ha dato il suo numero e mi chiedevo
se...
-Certo che sì! Cara Sarah: è da un po' che non ci
sentiamo, forse perché l'ultima volta che ci siamo viste
l'ho letteralmente lasciata in mutande, giocando a poker! Ad ogni modo,
hai detto che vorresti fare quattro chiacchiere con me: molto bene! Che
ne dici di dopodomani??
Non si era aspettata così poco preavviso, ma l'aveva detto
lei stessa che voleva cominciare a sistemare la sua vita, quindi tanto
valeva mettersi subito a lavoro.
-Va bene, perfetto... A dopodomani, allora.
-Alle dieci! Ti aspetto Lexi! Baci!!!
La telefonata terminò così in fretta che quando
Mia sbucò con la testa dentro la camera per chiedere con chi
stesse parlando, Lexi aveva già messo via il cellulare,
facendo finta di nulla.
-Con nessuno... Stavo solo pensando ad alta voce che forse è
giunto il momento di togliere un po' di poster dalle pareti.
Non era ancora pronta per dire a qualcuno, anche se si trattava di Mia,
che voleva andare da una psicologa, ma forse era davvero pronta per
togliere almeno dalla sua camera ogni evidenza della Lexi passata.
- E allora che l'operazione Disinfestiamo Questa Camera abbia inizio!!!
- I miei poster non sono dei parassiti!
- Fidati: quelli che ci sono fotografati sopra sì! Quindi,
mettiamoci al lavoro!!
27th
February 2014
Se qualcuno avesse detto a Lexi che si sarebbe trovata a ventidue anni,
in una freddissima mattinata di fine febbraio, a suonare il campanello
dello studio di una psicologa che l'avrebbe aiutata a gestire
i postumi alquanto strampalati di un coma durato cinque mesi, non gli
avrebbe mai creduto. Ma a quanto sembrava, la vita aveva parecchie
sorprese in serbo per Lexi, proprio a partire dallo strano personaggio
che andò ad aprirle la porta. Era almeno quindici centimetri
più bassa di Lexi, il che la faceva assomigliare molto ad un
australopiteco, almeno questa fu l'immagine che si piazzò
nella sua mente appena la vide affacciarsi con quel viso rotondo e
sorridente. Più che una psicologa le diede tanto
l'impressione di essere una di quelle cuoche che lavoravano negli asili
pubblici, abbastanza robusta, con un sorriso stampato sul viso roseo e
rubicondo, un paio di occhialetti arancioni appoggiati sul naso e
sorretti da una cordicella di perline, con uno chignon di capelli
biondi decisamente scompigliato. Bastò un sorriso
più accennato quando riconobbe chi fosse la nuova arrivata e
a Lexi stette già simpatica.
Era sempre stato così: le persone o le piacevano a pelle
oppure avrebbero avuto parecchie difficoltà a farle cambiare
idea.
-Buongiorno cara! Tu devi essere Lexi! Eh sì: ho visto un
sacco di tue foto sui giornali, ma nessuna ti rende davvero giustizia:
sei splendida, davvero! Ma vieni dentro, su, che fuori si gela...
La signora Athena Lang non le lasciò nemmeno il tempo di
imbarazzarsi per quei complimenti decisamente inaspettati, che le fece
strada verso l'interno del suo studio: era una stanza accogliente, di
dimensioni modeste a cui si accedeva dopo un breve corridoio pieno di
quadri che riportavano le lettere A.L. come firma.
“Quindi è anche una pittrice... Andrebbe d'accordo
con Zach. Ma che diamine sto pensando?”.
La luce aranciata che si dipanava da due lampade ai lati della stanza,
rendeva quell'ambiente raccolto molto simile ad un nido e la cosa
piacque parecchio a Lexi che, senza esitazione, ad un cenno della donna
sorridente, si accomodò su una delle comode poltrone
damascate che occupavano gran parte della stanza. Una piccola scrivania
piena di fogli, libri e cd cercava di ricavarsi un po' di spazio vicino
alla parete di sinistra, mentre un tappeto morbido si stendeva per
metà stanza, invogliando a togliersi le scarpe e i calzini,
per sentirne la consistenza con i piedi. O almeno Lexi l'avrebbe fatto
volentieri. Una musica di sottofondo, fatta di rumori della foresta e
scosciare di ruscelli, si diffondeva per lo studio, evitando che i
silenzi diventassero troppo pesanti da sopportare o imbarazzanti,
facendo rilassare immediatamente Lexi che la mancanza di parole non
l'aveva mai sopportata molto, perché la lasciava sola con i
suoi pensieri, il più delle volte a dir poco pericolosi.
-Allora Lexi, ti piace qui?
“In che senso se mi piace qui? Perché se non mi
piacesse il suo studio cosa farebbe: lo cambierebbe per
me??”.
-Ci stai pensando troppo. Qui esiste solo una regola: dire sempre e
solo quello che si sente... Senza riflettere se sia giusto o sbagliato,
quello si impara a farlo dopo, prima è necessario sapere che
cosa si ha dentro per sistemarlo.
Era lì da meno di cinque minuti e si era già resa
conto di aver sempre sbagliato tutto nella sua vita: neanche male come
inizio.
-Sì, mi piace. E' accogliente...
-Puoi sederti come vuoi, l'importante è che tu stia
comoda... Puoi anche toglierti le scarpe. Ho visto che il mio tappeto
persiano ti attira parecchio.
La dottoressa Lang era seduta di fronte a lei, un po' sprofondata nella
vecchia poltrona, con i suoi pantaloni neri e la tunica dello stesso
arancione degli occhiali, gli abiti leggermente spiegazzati per quella
posizione, eppure risultava perfettamente a suo agio e dal tono con cui
l'aveva detto, Lexi intuì che quel tappetto fosse sul serio
suo e che l'avesse comprato in qualche mercatino del Medio Oriente,
durante un meraviglioso viaggio alla ricerca di sé stessa.
Facendo quello che le aveva detto la dottoressa, Lexi si tolse le
scarpe, tastò un poco la morbidezza di quel tappeto che era
batuffoloso esattamente come se l'era immaginato e poi
incrociò le gambe sulla poltrona, prendendo un enorme
cuscino che era appoggiato sullo schienale per portarselo in grembo.
Così si sentì perfettamente a suo agio e,
stranamente, al sicuro.
-Allora Lexi, vuoi sapere che cosa so io di te?
Dalla sua espressione sorpresa, Athena si rese conto che la giovane
ragazza che le sedeva di fronte, protetta sotto ogni punto di vista,
sia fisico che emotivo, da cuscini e barriere di delusioni e paure, non
si aspettava un approcciò così diretto ma con lei
le cose funzionavano in quel modo: le persone che parlavano con lei non
erano pazienti, ma individui con una storia e con quasi sempre la
consapevolezza che chi gli stava di fronte avesse già
un'idea ben formata su di loro. Invece Athena voleva conoscerli per
come si vedevano loro e poi fargli capire che cosa fossero realmente.
All'epoca, aveva funzionato anche con lei che, in quel momento, si
rivedeva parecchio nel sorriso cordiale e negli occhi spenti di Lexi.
-Sì, credo di sì...
Si tolse gli occhiali da lettura dal naso a patata e lasciò
che penzolassero sul tessuto morbido della tunica che indossava e che
aveva comprato su una bancarella in uno dei tantissimi mercatini che
aveva visitato ed amato a Mumbai, quando ancora si chiamava Bombay.
-Vediamo un po': so che hai ventidue anni compiuti a Novembre, che sei
del segno dello scorpione, che ti mancano pochi esami per laurearti in
Storia, che la tua migliore amica si chiama Mia, che i tuoi colori
preferiti sono l'arancione e il verde, che lavoravi part-time in una
piccola libreria a Nothing Hill...
Fino a quel punto aveva detto solo cose vere e che non potevano essere
messe in discussione, tanto che Lexi non si sentì per nulla
esposta nell'udirla snocciolare tutti quei fatti che la riguardavano,
ma la parte difficile doveva ancora arrivare.
-So anche che i tuoi genitori si chiamano Karen e Morgan, che si sono
separati quando tu eri una bambina e che tuo padre si è
messo assieme ad una ragazza molto più giovane,
allontanandosi da te e da tuo fratello David quasi definitivamente...
So che non hai molte amiche, anzi, che la sola persona con cui hai
qualche tipo di rapporto un poco più stretto è
Mia e che sei irrimediabilmente persa per una band che si chiama The
Rush e per cui hai rischiato la vita, pur di salvare la loro... Ho
detto bene?
Vedersi servire un quadro così schietto e ben poco indorato
della propria vita avrebbe fatto male a chiunque, ma a Lexi
sembrò quasi una pugnalata in pieno petto: non era
più molto sicura di aver preso la decisione giusta ad andare
lì. Si limitò ad annuire, con una sorta di nodo
alla gola che premeva per soffocarla e costringerla a buttare fuori
ancora quelle lacrime che ultimamente aveva visto scorrere troppo
spesso sul suo viso, mentre era in presenza di altre persone.
-Quello che non so e che mi piacerebbe capire è
perché...
Già: perché?
Era il quesito che sempre aveva tormentato Lexi, che aveva passato
praticamente tutta la sua vita a chiedersi che cosa ci facesse lei su
quel pianeta che tutti chiamavano terra e sembravano capaci di
sfruttare al meglio, quando lei, invece, riusciva solo a stare
lì e guardarli vivere. Eppure, in quel momento, le parve
come se quella domanda gliel'avesse già posta qualcun altro,
ma non riusciva a ricordarsi chi e soprattutto quando.
-Vuole sapere il perché di cosa?
Non ricevendo risposta dalla donna di fronte a lei, ma solo un ostinato
silenzio di attesa, Lexi sentì una chiara sensazione di
fastidio farsi largo dal profondo del suo stomaco e finalmente la
riconobbe: era frustrazione e di nuovo le sembrò di
conoscerlo in ogni sua sfumatura quel sentimento, così
lasciò che le parole uscissero da sole, senza alcun tipo di
freno, incurante delle conseguenze che avrebbero potuto avere.
-Vuole sapere il perché non abbia altre amiche oltre a Mia?
O perché abbia ricominciato a parlare con mio padre solo un
mese fa? O perché non abbia mai avuto un ragazzo serio? O
perché mi sia gettata su quel proiettile senza pensarci due
volte? Lo vuole veramente sapere?
Il tono della sua voce si era inevitabilmente alzato ed una serie
incessante di lacrime calde aveva cominciato a scorrere sulle sue
guance, ma Lexi non se ne curò, troppo presa dalla frenesia
di poter cavalcare l'onda di quella possibilità di dire le
cose come stavano veramente, per la prima volta, anche a sé
stessa.
-Perché non sapevo che cosa significasse vivere e non mi
importava nulla se avessi smesso da un momento all'altro.
Ecco: l'aveva detto ed improvvisamente si sentì
più leggera.
Il macigno di quel segreto inconfessabile si era appena tolto
dal suo cuore per cadere pesantemente sul prezioso e morbido tappeto
persiano della dottoressa Lang. Non era abituata ad avere tutto quello
spazio dentro di sé e la cosa la spaventò a tal
punto che dovette stringere più forte al petto il grande
cuscino damascato che teneva in grembo, cercando di non far scivolare
fuori i pezzi rimasti del suo cuore. Era esposta come mai prima
d'allora ed aveva paura che le cose potessero scivolarle delle mani,
perché aveva seriamente pensato che tutto quel dolore e
quella frustrazione potessero annientarla un giorno o l'altro, eppure
era riuscita a buttarli fuori.
-Perché non ti importava?
La voce della dottoresse Lang arrivò bassa e carezzevole
alle orecchie di Lexi, che però era già persa nel
solito turbinio di pensieri che la lasciava affaticata e priva di
speranza, ma decise quella volta di seguirlo ad alta voce, rispondendo
magari anche alla domanda che le era stata posta.
-Alle volte mi sembrava davvero che non avesse importanza se io mi
fossi alzata dal letto oppure no, come se tanto il mondo sarebbe andato
avanti lo stesso, indipendentemente se io avessi respirato ancora o
no... Ho sempre vissuto nell'ombra, sono stata innamorata di Lucas, uno
dei The Rush, per undici fottutissimi anni e vorrei tanto dire che mi
sono buttata su quella pazza solo perché lo amavo alla
follia e avrei dato la mia vita per lui... Anzi, magari mentre lo
facevo pensavo pure una cosa del genere, ma se ora mi fermo a
rifletterci su, so perfettamente che non l'ho fatto per quello... So
che ho visto gli sguardi terrorizzati di tutti, le cose che andavano a
rallentatore e nessuno che pensava di fare qualcosa di utile e poi...
Poi...
Le lacrime divennero troppe persino per lei che ne aveva versate
parecchie in quei ventidue anni di vita, ma sempre di nascosto da
sguardi indiscreti o amichevoli. Quello era il suo segreto.
Una scatola di fazzolettini di carta comparì di fronte ai
suoi occhi appannati e, quando alzò la testa, un sorriso
rassicurante e straordinariamente comprensivo si prese cura di quel
momento difficile.
-Grazie.
Dopo averne presi un pochi ed essersi calmata un attimo, con ormai il
naso rosso e le palpebre belle gonfie, Lexi riprese a far fluire quel
torrente impetuoso di considerazioni ed emozioni che la stava
sommergendo da troppo tempo.
-Ho solo pensato che così qualcuno si sarebbe accorto di me
e che avrei finalmente fatto qualcosa di utile con la mia vita...
Ed eccola là: la consapevolezza che non si fosse mai sentita
abbastanza, che non avesse mai fatto abbastanza, che non fosse
semplicemente all'altezza della vita.
“Wow... E' strano. Mi sento vuota... Ora basta solo che non
mi rivolga un qualche sguardo di compassione o pena perché
non so come potrei reagire... Non sono emotivamente stabile al momento,
o forse non lo sono proprio mai stata...”.
Invece quello che si trovò davanti furono due occhi nocciola
molto simili ai suoi, solo più maturi e sicuri che le cose
si sarebbero sistemate, certi che lei ce l'avrebbe fatta. Le
ricordarono per contrasto quelli di Lucas, il giorno della sparatoria:
della stessa identica tonalità, ma così diversi
per tutte le emozioni di puro terrore e stupore che vi aveva letto
dentro. Era riuscita a conquistarsi la sua attenzione quella volta, ma
non era bastato per farlo innamorare di lei e ad essere sinceri, Lexi
si rese conto che non era nemmeno quello che voleva davvero.
-Ti sei resa conto che hai sempre parlato all'imperfetto? Come se fosse
una cosa passata, che non ti riguarda più o che, comunque,
stai cercando di superare?
Lexi non ci aveva fatto minimamente caso, ma la dottoressa Lang aveva
ragione, su più fronti: non solo aveva parlato al passato
perché quegli eventi erano accaduti ormai sei mesi prima, ma
perché non le sembrava più di essere quella
ragazza, la stessa che aveva pensato quelle cose. Non che avesse
cominciato a vivere la sua vita ogni giorno come se fosse l'ultimo,
forse quello non sarebbe mai riuscita a farlo, ma le cose stavano
cambiando e poteva benissimo sentire il ritmo potente di una marcia
incessante dentro di lei.
-Lexi, quello che senti dentro è giustissimo. Quel senso di
frustrazione dato dal sapere, dentro di te, che potresti fare e dire
molto di più e, perché no, anche meritare di
più, mentre invece non fai altro che vedere le occasioni
andarsene senza che tu le abbia colte, è giusto... Ma
credimi se ti dico che le cose non saranno sempre così.
Arriverà il momento in cui pretenderai di creartelo il tuo
posto in questo mondo e non aspetterai che sia qualcun altro ad
affidartelo... Il momento in cui non avrai più paura di
provare qualcosa di diverso da un amore platonico e ti lascerai andare
ad un sentimento vero, fatto di mani che si intrecciano e di sguardi
capaci di perdersi l'uno nell'altro... E sinceramente credo che questo
momento sia arrivato per te. Non in tanti avrebbero rischiato la loro
vita per salvare quella di qualcun altro, senza ottenere nulla in
cambio, perché anche se in quell'istante ti interessava poco
della tua persona, credimi che quasi nessuno si sarebbe messo tra
quella pallottola e quei ragazzi. Lexi, tu hai deciso che la tua vita
era meno importante della loro e questo è un segno di grande
spirito di sacrificio e di abnegazione, entrambe qualità che
ora sono difficili da trovare... Hai salvato loro per salvare la vita
di migliaia di ragazze che come te li supportano, permettendo che i
loro sorrisi illuminassero ancora le vite di quelle giovani donne...
Sì, mi sono informata se te lo stai chiedendo ed
è per questo che sono convinta che ogni persona
lì fuori vorrebbe ringraziarti per ciò che hai
fatto e non si dimenticherà mai di te. Io non dico che si
debba sventare un omicidio per essere ricordati e fare qualcosa della
propria vita, ma tu l'hai fatto e questo ha segnato solo l'inizio della
nuova persona che puoi essere Lexi... Le persone a cui vuoi bene e che
ti vogliono bene ti ricorderanno comunque, perché sei una
ragazza speciale e te lo si legge negli occhi brillanti che hai... Devi
solo imparare a non aver paura di provare, perché solo se ci
si tenta si rischia di riuscire. Ed in ogni caso, il tentativo
sarà valsa tutta la tua vita.
Forse non era molto professionale, ma Athena non era mai stata
professionale un solo giorno della sua vita da psicologa, o almeno non
come se lo aspettavano i manuali che per anni aveva studiato,
così lasciò che quella ragazza dai lunghi capelli
castani ed un sorriso dolce e contagioso, si alzasse dalla poltrona su
cui si era nascosta e l'abbracciasse come se le avesse appena salvato
la vita.
-Grazie... Davvero...
Stava ancora piangendo Lexi, ma erano lacrime di sollievo, come se
davvero le cose da quel momento sarebbero potute andare meglio. Magari
qualcuno, fra un paio di secoli, avrebbe studiato la sua vita come lei
amava fare con i personaggi che riempivano i suoi testi
dell'università. O magari sarebbe rimasta nel cuore di chi
l'aveva conosciuta davvero e sinceramente cominciava a pensare che le
sarebbe bastato quello.
Si sciolse da quell'abbraccio a dir poco inusuale per una persona come
lei che dava veramente poca confidenza agli estranei, ma si disse che
quella era la vecchia Lexi e che ora bisognava cominciare tutto da
capo.
-Allora Lexi, che ne dici di parlarmi un po' di questi flashback che
ogni tanto vengono a farti visita?
Trascorsero la seguente ora a parlare di tutto quello che Lexi era
riuscita a ricordare e a come si sentisse durante e dopo quei momenti
di alienazione dalla realtà. La dottoressa Lang le
insegnò qualche semplice tecnica di rilassamento da attuare
qualora i flashback la sconvolgessero più del dovuto e le
disse che si sarebbero trovate la settimana successiva per imparare
come gestirli al meglio.
Quando Lexi uscì dal piccolo ed accogliente studio della
dottoressa, l'aria fredda di fine febbraio che minacciava neve le
sferzò impietosa il viso ancora leggermente arrossato dal
pianto, ricordandole come la vita vera fosse un pochino più
difficile di quanto potesse sembrare dentro quelle quattro mura sicure.
Vide un gruppo di ragazze che stava passando sul marciapiede dall'altro
lato della strada ed il suo primo istinto fu quello di nascondersi,
perché non era ancora abituata a tutte quelle attenzioni da
parte della gente, ma i suoi tentativi di mimetizzazione con l'asfalto
non ebbero grandi risultati, tanto che il gruppetto cominciò
a confabulare e poi a farsi strada verso di lei. Sarebbe potuta
scappare, come faceva quasi sempre, oppure smetterla di essere
così paurosa e provare qualcosa di nuovo.
“Se le cose si fanno difficili posso sempre dire che ho un
impegno e scappare...”.
Prese un profondo respiro e sorrise alle cinque ragazze di circa
diciassette anni che aveva di fronte: poteva farcela.
-Tu sei Lexi Golder, vero?
Chiese una di loro, forse quella più intraprendente.
-Sì, sono io...
-Oddio ciao!!
-Ciao. Piacere di conoscervi ragazze...
-Piacere nostro, Lexi!!!
-Oddio non ci credo!
Un turbinio di mani da stringere e guance da baciare si
fiondò su Lexi che cercò di gestire la cosa al
meglio delle sue possibilità da imbranata cronica quale era.
-Posso chiederti una cosa?
Quella più intraprendete riprese la parola, guardandola
dritta negli occhi. I suoi erano di un verde salvia molto simile a
quello di Hugh. Era pronta per rispondere ad una domanda
sull'incidente? Non l'avrebbe mai scoperto finché non avesse
provato, quindi fece segno di sì con la testa.
-Perché l'hai fatto? Insomma: capisco che ti piacciano, ma
diamine hai rischiato la tua vita per loro!
“Magari evitiamo tutta la parte del non mi interessava molto
della mia vita e del volevo essere ricordata, e teniamoci sul
soft...”.
-Perché non era giusto che migliaia di ragazze si trovassero
senza un motivo per sorridere solo per la pazzia di una persona.
Ed era così. Davvero.
-Grazie Lexi!
Un paio di braccia magre si allacciarono al suo collo e la strinsero
con così tanta gratitudine che credette di poterne rimanere
soffocata, ma era una sensazione bellissima che Lexi non aveva mai
provato e che la faceva sentire viva sul serio. Non poté far
altro che sorridere Lexi, mentre scattava un selfie con quelle ragazze,
mentre le salutava e mentre guidava verso il suo appartamento dal
portone blu in Lexington Street. Sorrideva alla vita e sentiva che,
forse, quella poteva anche essere chiamata felicità.
Hi sweethearts!
Capitolo a dir poco
lungo (praticamente tutto febbraio) ma volevo che poteste vedere i
passi avanti che sta facendo Lexi. Ho scritto questa parte ormai tre
anni fa e vi assicuro che le lacrime sono scese nonostante sia passato
così tanto tempo... Lexi è uno dei personaggi a
cui sono più legata tra tutti quelli di cui ho scritto e
spero sul serio che possiate volerle almeno un po' del bene che le
voglio io ^^
E se da una parte
abbiamo una Lexi che rimette assieme i pezzi della sua vita (salutiamo
Morgan e la notizia shock del matrimonio O.O'), dall'altra abbiamo Nate
che sembra trovare particolarmente interessante il disfare
completamente quello che ha. Un po' i suoi timori nel portare Lexi nel
suo mondo sono comprensibili, ma non so se del tutto giustificabili.
Voi che ne pensate?
Grazie mille per
aver letto fin qui e per le preziosissime recensioni **
A presto (spero)
Lots Of Love xx
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