Capitolo
trentaquattro
Verso
Gudir
«Ripartiamo
questo pomeriggio» esordì Vidar, quando le due
ragazze furono
entrate nella stanza principale della casa.
Quella
notte avevano dormito ognuno in una camera diversa: il dio sul
pavimento, Ashild nella sua stanza e Silye nell'altra, che aveva
anch'essa un letto, come fosse stato per gli ospiti.
«Appena
pranzo» puntualizzò Ashild. «Non un
minuto più tardi.»
Silye
annuì, senza troppa convinzione. Non era riuscita a chiudere
occhio
per tutta la notte e ora si sentiva le membra talmente pesanti da
riuscire a stento a reggersi in piedi. Era dalla sera precedente che
il ricordo del bacio tra lei e Vidar la tormentava, impedendole di
pensare ad altro. Il lato positivo era che aveva limitato il senso di
colpa per l'assassinio del cacciatore di taglie, ma ancora non
riusciva a capacitarsi di come fosse potuto accadere quel bacio. Si
era sempre tenuta lontana da lui, al sicuro dietro un muro di
indifferenza e odio; però, ora che quella barriera era
caduta, si
sentiva del tutto esposta e fragile, perché non era riuscita
a
tenere a freno l'irrefrenabile attrazione che aveva sempre sentito
nei confronti di Vidar, ma di cui si era accorta solo la sera prima.
Stava lentamente perdendo il controllo delle proprie
facoltà,
impressione che fino ad allora le era capitato di sentire solo quando
riceveva una visione. Doveva tornare padrona della propria mente e
dei suoi istinti al più presto e porre un freno a quella
situazione.
«Iniziate
a raccontarmi qualcosa del Ragnarok» disse Ashild, afferrando
una
mela e andandosi a sedere accanto al camino.
«È
stata la più grande catastrofe accaduta su questo mondo,»
iniziò Vidar, di certo ben più esperto di Silye
in materia, mentre
si andava a sedere accanto a lei,
«preceduta
da una terribile battaglia che vide contrapporsi divinità e
altre
specie, come i giganti e numerose creature degli Inferi. Io e pochi
altri siamo stati abbastanza fortunati da scamparla e creare una
nuova stirpe divina, o così almeno era stato profetizzato.»
«E
poi cosa è successo? Come hanno fatto gli uomini a
sopravvivere?»
lo incalzò la ragazza, sinceramente interessata alla
conversazione.
«L'unico
luogo dei Nove Regni a rimanere intatto, oltre ad Asgard, fu il bosco
di Hoddmímir, dove si trova l'Yggdrasill, l'Albero della
Vita, da
cui dipende l'esistenza del mondo. Lì si rifugiarono una
coppia di
umani,
Lìf e Lìfprasil, un uomo e una donna che diedero
avvio ad una nuova
stirpe. Da poco ho scoperto che anche alcuni elfi sono sopravvissuti,
rimanendo a Hoddmímir,
di cui, però, solo uno è ancora vivo.»
«Yggdrasill,
elfi,
profezie...
È
incredibile quanto passato abbiamo dietro di noi, che è
stato
distrutto e dimenticato nel corso degli anni.»
Silye
la capiva. Anche lei aveva avuto più o meno la medesima
reazione
quando aveva sentito di tutte quelle storie, sebbene inizialmente se
la fosse presa con Vidar, giudicandolo un completo pazzo. Nonostante
in tutta la sua vita non si fosse mai interessata della cultura del
suo regno, né delle leggende che vi erano sempre state sugli
dei e
sul Ragnarok, le era dispiaciuto sentire di quante morti vi erano
state, quasi inutili, perché ora il mondo si trovava ancora
una
volta minacciato da una forza esterna, Nidhöggr. Si chiese se
sarebbero davvero riusciti a fermarlo. Si trovavano ancora a un punto
morto nella ricerca e non aveva la più pallida idea di dove
potesse
essere la viverna. Quanto ancora avrebbero dovuto attendere prima di
potersi dire al sicuro insieme all'intera Midgardr?
Eppure,
c'era qualcosa che non tornava in quella ragazza: anzi, parecchie
cose. Perché accoglieva quelle informazioni come
più che veritiere,
quando a un qualsiasi altro umano sarebbero potute apparire strambe?
E, soprattutto, cosa l'aveva spinta ad abbandonare il re, suo padre,
e ritirarsi in quella casa di Trúar,
ricercata dallo stesso Konungr come lo erano anche loro solo dal
giorno prima?
«È
comprensibile che tu faccia fatica a credere davvero a tutti questi
eventi. Ormai non considerati altro che miti lontani. Le persone
hanno perso il contatto con il loro passato e con il loro mondo,
insieme alla fede negli dei»
affermò Vidar, guardandola con un'espressione seria in viso.
«Una
parte di me ha sempre creduto che in realtà fossero tutti
fatti
reali. In fondo, se sono tramandati ancora oggi, devono pur avere un
fondo di verità.»
La
ladra, però, capì che non era solo quello il
motivo che la spingeva
ad essere così ciecamente certa dell'autenticità
delle leggende di
Midgardr. Dal modo in cui si atteggiava e aveva combattuto accanto a
loro, non appariva affatto come una ragazza stupida e credulona. No,
doveva esserci certamente un'altra ragione, che stava ancora celando
loro, insieme al suo rapporto con il Konungr. Sarebbe stato troppo
pericoloso indagare su quello che stava nascondendo quella ragazza:
quando fosse riuscita a scoprire di più sul suo conto,
avrebbe
giudicato cosa fare. In quel momento, però, non poteva
permettersi
di perdere il suo aiuto o non avrebbero avuto speranze nel tentativo
di infiltrarsi nel palazzo del re.
«Silye»
quasi trasalì nel sentirsi chiamare proprio da Ashild.
Sollevò lo
sguardo, fino a poco primo rivolto al pavimento, per allacciarlo a
quello della ragazza, che la stava guardando con fare apprensivo.
«Dovresti uscire un po'; sei rimasta rinchiusa qui dentro da
quando
sei arrivata. Ti farebbe bene prendere una boccata d'aria.»
Capì
che si stava riferendo a quello che era accaduto alla locanda e al
modo in cui aveva reagito al suo stesso atto. Non si era ancora del
tutto ripresa, ma il pensiero dell'omicidio compiuto era stato
lievemente messo da parte da tutto ciò che era accaduto
dopo: la
conversazione con Ashild, il viaggio che si apprestavano a riprendere
e il bacio. “Già, quel
bacio...”
pensò Silye. “Sì, forse ho davvero
bisogno di fare una camminata
per levarmelo dalla mente.”
«Credo
sia una buona idea.»
«Stai
attenta» la ammonì però Ashild.
«Qui siamo lontani dalla città e
abbastanza isolati, ma ciò non toglie che tu possa correre
il
rischio di incontrare un gruppo di Liði.»
«Sono
sempre attenta» disse, proprio mentre Vidar si alzava,
rimettendo la
sedia al suo posto vicino al muro.
«Ti
accompagno.»
«No»
affermò di getto Silye, accorgendosi solo dopo di aver
alzato troppo
la voce. «Cioè... Non ne ho bisogno. Non vedo
perché dovresti
venire.»
«Hai
sentito anche tu Ashild: potresti incontrare dei Liði»
disse quello, afferrando il suo mantello.
Silye,
però, non si mosse di un passo. Perché ora voleva
seguirla a tutti
i costi? Non era quella la vera ragione, ne era più che
certa.
«Hai
già cambiato idea?»
“Beh,
l'unica possibilità che ho per scoprirlo è andare
con lui” pensò,
un attimo prima di afferrare la sua cappa e uscire dalla casa di
Ashild.
Come
mise piede fuori dalla porta, venne sferzata da un fascio di luce e
da una brezza fresca, segno che lì il clima era ancora
abbastanza
mite e che l'inverno non aveva ancora ricoperto di neve l'intero
regno. Fu anche tentata di togliersi il mantello per cogliere fino
all'ultimo di quei piacevoli e caldi raggi, ma sarebbe stato un atto
del tutto sconsiderato, che avrebbe reso il suo riconoscimento ancora
più facile ad eventuali soldati di passaggio.
Attese
che anche Vidar fosse uscito, prima di incamminarsi verso i campi
poco lontani, dove i contadini, che si erano alzati e recatisi a
lavorare ormai da diverse ore, erano impegnati nelle loro stancanti
occupazioni.
«Riusciresti
ad immaginarti se, invece di essere la figlia di un ladro, mio padre
fosse stato un contadino? Lavorare i campi, vivere dei frutti della
propria fatica e sentirsene orgogliosi...» si
stupì a chiedere, più
a se stessa che a Vidar, che ora l'aveva affiancata.
«Non
ti ci vedrei come contadina, anche se le forze per un lavoro faticoso
come questo non ti mancano di certo» ribatté il
dio. «Ma, sai, non
è detto che tu non possa mai diventarlo solo
perché sei stata
cresciuta come una ladra sin da piccola.»
«Già,
da una parte vorrei fosse davvero possibile...»
mormorò, per poi
voltarsi a guardarlo. «Perché sei voluto venire a
tutti i costi?»
«Dobbiamo
parlare.»
Silye
dovette fare un enorme sforzo per non distogliere lo sguardo dai suoi
occhi, sebbene sapesse benissimo che le sue guance erano subito
arrossite al sentire quelle parole e all'istantaneo ricordo del
bacio, a cui Vidar stava evidentemente facendo riferimento.
«Non
c'è nulla di cui parlare. È
stato solo un errore. Un madornale errore che non dobbiamo commettere
mai più per non rendere il nostro rapporto ancora
più... critico. E
imbarazzante.»
Appena
pronunciò quelle parole, Silye vide il volto di Vidar
oscurarsi
all'improvviso. «Errore? Silye, non è stato
affatto uno sbaglio.
Quando ci siamo baciati... È
successo qualcosa e devi essertene accorta anche te. Ciò che
ho
provato... È stato del tutto nuovo per me, qualcosa che non
mi è
mai capitato prima. E ora come puoi venirmi a dire di fare come se
non fosse accaduto nulla?»
Il
cuore di Silye perse un battito nell'accorgersi di quanto lui in
realtà avesse considerato importante quel bacio, come se
davvero non
la credeva solo come un breve passatempo. Sembrava che stesse
iniziando a tenere a lei. Silye, però, non poteva permettere
che la
situazione venisse complicata più di quanto già
non fosse.
«Perché
non è
accaduto nulla!
Quel bacio non ha significato nulla per me e non dovrebbe averlo
fatto nemmeno a te. È
stato solo un errore»
ripeté, quasi volesse convincere anche se stessa di
ciò che stava
dicendo. «Solo
un errore.»
«Non
mi è sembrato che la pensassi così quando hai
contraccambiato il
bacio. Avresti potuto staccarti o schiaffeggiarmi o qualsiasi altra
cosa ti fosse venuta in mente, ma non ti sei fermata, né mi
hai
allontanato. E, se Ashild non fosse entrata in quella stanza, non
sarebbe cambiato niente.»
«Ti
prego,
lascia perdere quello che è accaduto. Non parliamone
più» disse
Silye, volgendo lo sguardo alla campagna, incapace di sostenere
quello di Vidar.
«Bene»
disse lui dopo una pausa, la voce improvvisamente fredda e atona.
«Hai ragione, è stato solo un enorme
sbaglio.» Sentì i suoi passi
farsi sempre più lontani da lei e dovette mordersi le labbra
fino a
farle sanguinare per fermarsi dal corrergli dietro e fare qualcosa di
cui dopo assai probabilmente si sarebbe pentita, perché
erano
innegabili i segni che quel bacio le aveva lasciato sulla sua pelle e
l'attrazione che si era scoperta a sentire nei confronti di Vidar.
Camminò
per ore nelle vicinanze della casa, senza incontrare nessun soldato,
per sua fortuna. Quando cominciò a sentire un leggero
laguorio allo
stomaco, si rese conto che doveva rientrare per pranzo e, quando lo
fece, vi trovò Vidar e Ashild già seduti a
tavola, con davanti due
piatti colmi di verdure.
«Per
arrivare a Gudir impieheremo all'incirca mezza giornata, senza fare
pause. Ma, contando che dovremo fermarci per forza per riprendere le
forze e mangiare, cosa che faremo sempre all'interno del bosco di
Rǫdd,
arriveremo a notte fonda, proprio nel momento perfetto per entrare
nel palazzo, cioè quando saremo avvantaggiati dal buio e,
con un po'
di fortuna, dalla stanchezza dei Liði»
stava dicendo Ashild, mentre con una mano afferrava del cibo e con
l'altra indicava il cammino sulla mappa di Vidar.
«E
i viveri? Non possiamo rientrare a Trúar,
perché ormai l'intera città sarà sulle
nostre tracce, né
incontreremo nessun'altra città nel cammino.»
«Di
questo non devi preoccuparti. Sono più che
fornita» replicò
l'altra con un sorriso scaltro.
Vidar
lo ricambiò, per poi voltarsi verso Silye, che, - lei ne era
certa
-, aveva volutamente ignorato sin da quando questa era rientrata.
«Ti
sei goduta la passeggiata?»
Silye
evitò la domanda, affermando invece: «Non ho
fame», prima di
lasciare la stanza e andare a raccogliere i pochi oggetti che aveva
lasciato fuori dalla sacca, come i vestiti della sera prima, ancora
lievemente sporchi del sangue di Jørgen. Ovviamente aveva
mentito,
ma non aveva alcuna voglia di passare ulteriore tempo faccia a faccia
con Vidar, soprattutto sapendo che di lì a poco avrebbe
dovuto
ancora rimanere al suo fianco per un tempo indeterminato, fin quando
il loro viaggio non si fosse concluso e non avessero scovato la
viverna.
Nemmeno
lei riusciva bene a spiegarsi perché stesse reagendo in quel
modo
alla conversazione avuto con lui poco tempo prima. Si sarebbe dovuta
sentire sollevata al pensiero che quello strano sentimento che aveva
spinto entrambi a baciarsi fosse stato stroncato subito sul nascere,
ma non poteva fare a meno di provare qualcosa di simile alla stizza,
sebbene non sapesse se fosse verso Vidar, che con il suo arrivo le
aveva scombussolato la vita, così come con quel bacio, o
verso se
stessa, per avergli dato l'opportunità di avvicinarsi tanto
a lei.
Ripose
la veste e il libro di nuovo nella borsa e si preparò per
l'imminente partenza.
Il
viaggio trascorse senza troppi impedimenti. Solo due volte
rischiarono di incontrare i soldati reali: poco lontano da Trúar,
dove furono costretti ad abbandonare la strada maestra che conduceva
al bosco di Rǫdd per prendere vie secondarie, che, però,
allungarono ulteriormente il percorso, e nel bosco stesso, sebbene
Silye credesse che si sarebbe potuto anche trattare di semplici e
comuni cacciatori, anziché dei Liði.
Vidar
non provò più alcun approccio con lei che non
fosse puramente
formale e inerente il viaggio stesso, ma di questo il dio preferiva
parlare con Ashild, che appariva ben più informata di lei su
quelle
terre. Talvolta Silye interveniva nella conversazione, dicendo la
sua, ma il più delle volte se ne rimaneva per conto proprio,
preparandosi mentalmente al suo primo vero faccia a faccia con il
Konungr.
Ormai
la notte era calata da diverse ore, quando arrivarono al limitare del
bosco, trovandosi davanti l'immensa città di Gudir, che si
dispiegò
sotto i loro occhi fino a toccare le rive del mare di Flǿtr.
La
capitale si trovava immediatamente sotto una bassa pianura, su cui
ora stavano i tre ad osservare il pianura, e si estendeva per
chilometri e chilometri in un intrico di strade, edifici e palazzi,
questi ultimi appartenenti alle famiglie nobiliari che abitavano
Gudir, su cui svettava la grande reggia del Konungr.
Erano
arrivati. Presto avrebbe potuto conoscere l'uomo che aveva ucciso suo
padre, mandando in pezzi parte della sua vita.
Angolo dell'autrice:
E bam. Ecco il motivo per cui
Silye cova tanto risentimento nei confronti del Konungr, il che non
è affatto poco. Presto incontreremo il re di Midgardr: che
idea vi siete fatti di lui, da quel poco che si è potuto
sapere di lui, e come ve lo immaginate? Sono curiosa!^^
Inoltre, un applauso va a Silye
e Vidar, che sono riusciti ad affrontare la faccenda del bacio senza
litigare (come sono maturi!XD).
Sappiate che potrebbe passare
più tempo del normale prima della pubblicazione del prossimo
capitolo, perché sono indietrissimo con la stesura della
storia. Cercherò di fare il prima possibile.
A presto!
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