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Autore: Sophja99    02/06/2017    3 recensioni
Sono ormai passati milioni di anni dal Ragnarok, la terribile sciagura che ha provocato la morte di quasi tutti gli dei e le specie viventi e la distruzione del mondo, seguita dalla sua rinascita. Grazie all'unica coppia di superstiti, Lìf e Lìfprasil, la razza umana ha ripreso a popolare la nuova terra. L'umanità ha proseguito nella sua evoluzione e nelle sue scoperte senza l'intercessione dei pochi dei scampati alla catastrofe, da quando questi decisero di tagliare ogni contatto con gli umani e vivere pacificamente ad Asgard. Con il trascorrerere del tempo gli dei, il Ragnarok e tutto ciò ad essi collegato divennero leggenda e furono quasi dimenticati. Villaggi vennero costruiti, regni fondati e gli uomini continuarono il loro cammino nell'abbandono totale.
È in questo mondo ostile e feroce che cresce e lotta per la sopravvivenza Silye Dahl, abile e indipendente ladra. A diciassette anni ha già perso entrambi i genitori e la speranza di avere una vita meno dura e solitaria della sua. Eppure, basta un giorno e un brusco incontro per mettere in discussione ogni sua certezza e farle credere che forse il suo ruolo nel mondo non è solo quello di una semplice ladruncola.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo trentaquattro

Verso Gudir


«Ripartiamo questo pomeriggio» esordì Vidar, quando le due ragazze furono entrate nella stanza principale della casa.

Quella notte avevano dormito ognuno in una camera diversa: il dio sul pavimento, Ashild nella sua stanza e Silye nell'altra, che aveva anch'essa un letto, come fosse stato per gli ospiti.

«Appena pranzo» puntualizzò Ashild. «Non un minuto più tardi.»

Silye annuì, senza troppa convinzione. Non era riuscita a chiudere occhio per tutta la notte e ora si sentiva le membra talmente pesanti da riuscire a stento a reggersi in piedi. Era dalla sera precedente che il ricordo del bacio tra lei e Vidar la tormentava, impedendole di pensare ad altro. Il lato positivo era che aveva limitato il senso di colpa per l'assassinio del cacciatore di taglie, ma ancora non riusciva a capacitarsi di come fosse potuto accadere quel bacio. Si era sempre tenuta lontana da lui, al sicuro dietro un muro di indifferenza e odio; però, ora che quella barriera era caduta, si sentiva del tutto esposta e fragile, perché non era riuscita a tenere a freno l'irrefrenabile attrazione che aveva sempre sentito nei confronti di Vidar, ma di cui si era accorta solo la sera prima. Stava lentamente perdendo il controllo delle proprie facoltà, impressione che fino ad allora le era capitato di sentire solo quando riceveva una visione. Doveva tornare padrona della propria mente e dei suoi istinti al più presto e porre un freno a quella situazione.

«Iniziate a raccontarmi qualcosa del Ragnarok» disse Ashild, afferrando una mela e andandosi a sedere accanto al camino.

«È stata la più grande catastrofe accaduta su questo mondo,» iniziò Vidar, di certo ben più esperto di Silye in materia, mentre si andava a sedere accanto a lei, «preceduta da una terribile battaglia che vide contrapporsi divinità e altre specie, come i giganti e numerose creature degli Inferi. Io e pochi altri siamo stati abbastanza fortunati da scamparla e creare una nuova stirpe divina, o così almeno era stato profetizzato.»

«E poi cosa è successo? Come hanno fatto gli uomini a sopravvivere?» lo incalzò la ragazza, sinceramente interessata alla conversazione.

«L'unico luogo dei Nove Regni a rimanere intatto, oltre ad Asgard, fu il bosco di Hoddmímir, dove si trova l'Yggdrasill, l'Albero della Vita, da cui dipende l'esistenza del mondo. Lì si rifugiarono una coppia di umani, Lìf e Lìfprasil, un uomo e una donna che diedero avvio ad una nuova stirpe. Da poco ho scoperto che anche alcuni elfi sono sopravvissuti, rimanendo a Hoddmímir, di cui, però, solo uno è ancora vivo.»

«Yggdrasill, elfi, profezie... È incredibile quanto passato abbiamo dietro di noi, che è stato distrutto e dimenticato nel corso degli anni.»

Silye la capiva. Anche lei aveva avuto più o meno la medesima reazione quando aveva sentito di tutte quelle storie, sebbene inizialmente se la fosse presa con Vidar, giudicandolo un completo pazzo. Nonostante in tutta la sua vita non si fosse mai interessata della cultura del suo regno, né delle leggende che vi erano sempre state sugli dei e sul Ragnarok, le era dispiaciuto sentire di quante morti vi erano state, quasi inutili, perché ora il mondo si trovava ancora una volta minacciato da una forza esterna, Nidhöggr. Si chiese se sarebbero davvero riusciti a fermarlo. Si trovavano ancora a un punto morto nella ricerca e non aveva la più pallida idea di dove potesse essere la viverna. Quanto ancora avrebbero dovuto attendere prima di potersi dire al sicuro insieme all'intera Midgardr?

Eppure, c'era qualcosa che non tornava in quella ragazza: anzi, parecchie cose. Perché accoglieva quelle informazioni come più che veritiere, quando a un qualsiasi altro umano sarebbero potute apparire strambe? E, soprattutto, cosa l'aveva spinta ad abbandonare il re, suo padre, e ritirarsi in quella casa di Trúar, ricercata dallo stesso Konungr come lo erano anche loro solo dal giorno prima?

«È comprensibile che tu faccia fatica a credere davvero a tutti questi eventi. Ormai non considerati altro che miti lontani. Le persone hanno perso il contatto con il loro passato e con il loro mondo, insieme alla fede negli dei» affermò Vidar, guardandola con un'espressione seria in viso.

«Una parte di me ha sempre creduto che in realtà fossero tutti fatti reali. In fondo, se sono tramandati ancora oggi, devono pur avere un fondo di verità.»

La ladra, però, capì che non era solo quello il motivo che la spingeva ad essere così ciecamente certa dell'autenticità delle leggende di Midgardr. Dal modo in cui si atteggiava e aveva combattuto accanto a loro, non appariva affatto come una ragazza stupida e credulona. No, doveva esserci certamente un'altra ragione, che stava ancora celando loro, insieme al suo rapporto con il Konungr. Sarebbe stato troppo pericoloso indagare su quello che stava nascondendo quella ragazza: quando fosse riuscita a scoprire di più sul suo conto, avrebbe giudicato cosa fare. In quel momento, però, non poteva permettersi di perdere il suo aiuto o non avrebbero avuto speranze nel tentativo di infiltrarsi nel palazzo del re.

«Silye» quasi trasalì nel sentirsi chiamare proprio da Ashild. Sollevò lo sguardo, fino a poco primo rivolto al pavimento, per allacciarlo a quello della ragazza, che la stava guardando con fare apprensivo. «Dovresti uscire un po'; sei rimasta rinchiusa qui dentro da quando sei arrivata. Ti farebbe bene prendere una boccata d'aria.»

Capì che si stava riferendo a quello che era accaduto alla locanda e al modo in cui aveva reagito al suo stesso atto. Non si era ancora del tutto ripresa, ma il pensiero dell'omicidio compiuto era stato lievemente messo da parte da tutto ciò che era accaduto dopo: la conversazione con Ashild, il viaggio che si apprestavano a riprendere e il bacio. “Già, quel bacio...” pensò Silye. “Sì, forse ho davvero bisogno di fare una camminata per levarmelo dalla mente.”

«Credo sia una buona idea.»

«Stai attenta» la ammonì però Ashild. «Qui siamo lontani dalla città e abbastanza isolati, ma ciò non toglie che tu possa correre il rischio di incontrare un gruppo di Liði.»

«Sono sempre attenta» disse, proprio mentre Vidar si alzava, rimettendo la sedia al suo posto vicino al muro.

«Ti accompagno.»

«No» affermò di getto Silye, accorgendosi solo dopo di aver alzato troppo la voce. «Cioè... Non ne ho bisogno. Non vedo perché dovresti venire.»

«Hai sentito anche tu Ashild: potresti incontrare dei Liði» disse quello, afferrando il suo mantello.

Silye, però, non si mosse di un passo. Perché ora voleva seguirla a tutti i costi? Non era quella la vera ragione, ne era più che certa.

«Hai già cambiato idea?»

Beh, l'unica possibilità che ho per scoprirlo è andare con lui” pensò, un attimo prima di afferrare la sua cappa e uscire dalla casa di Ashild.

Come mise piede fuori dalla porta, venne sferzata da un fascio di luce e da una brezza fresca, segno che lì il clima era ancora abbastanza mite e che l'inverno non aveva ancora ricoperto di neve l'intero regno. Fu anche tentata di togliersi il mantello per cogliere fino all'ultimo di quei piacevoli e caldi raggi, ma sarebbe stato un atto del tutto sconsiderato, che avrebbe reso il suo riconoscimento ancora più facile ad eventuali soldati di passaggio.

Attese che anche Vidar fosse uscito, prima di incamminarsi verso i campi poco lontani, dove i contadini, che si erano alzati e recatisi a lavorare ormai da diverse ore, erano impegnati nelle loro stancanti occupazioni.

«Riusciresti ad immaginarti se, invece di essere la figlia di un ladro, mio padre fosse stato un contadino? Lavorare i campi, vivere dei frutti della propria fatica e sentirsene orgogliosi...» si stupì a chiedere, più a se stessa che a Vidar, che ora l'aveva affiancata.

«Non ti ci vedrei come contadina, anche se le forze per un lavoro faticoso come questo non ti mancano di certo» ribatté il dio. «Ma, sai, non è detto che tu non possa mai diventarlo solo perché sei stata cresciuta come una ladra sin da piccola.»

«Già, da una parte vorrei fosse davvero possibile...» mormorò, per poi voltarsi a guardarlo. «Perché sei voluto venire a tutti i costi?»

«Dobbiamo parlare.»

Silye dovette fare un enorme sforzo per non distogliere lo sguardo dai suoi occhi, sebbene sapesse benissimo che le sue guance erano subito arrossite al sentire quelle parole e all'istantaneo ricordo del bacio, a cui Vidar stava evidentemente facendo riferimento.

«Non c'è nulla di cui parlare. È stato solo un errore. Un madornale errore che non dobbiamo commettere mai più per non rendere il nostro rapporto ancora più... critico. E imbarazzante.»

Appena pronunciò quelle parole, Silye vide il volto di Vidar oscurarsi all'improvviso. «Errore? Silye, non è stato affatto uno sbaglio. Quando ci siamo baciati... È successo qualcosa e devi essertene accorta anche te. Ciò che ho provato... È stato del tutto nuovo per me, qualcosa che non mi è mai capitato prima. E ora come puoi venirmi a dire di fare come se non fosse accaduto nulla?»

Il cuore di Silye perse un battito nell'accorgersi di quanto lui in realtà avesse considerato importante quel bacio, come se davvero non la credeva solo come un breve passatempo. Sembrava che stesse iniziando a tenere a lei. Silye, però, non poteva permettere che la situazione venisse complicata più di quanto già non fosse.

«Perché non è accaduto nulla! Quel bacio non ha significato nulla per me e non dovrebbe averlo fatto nemmeno a te. È stato solo un errore» ripeté, quasi volesse convincere anche se stessa di ciò che stava dicendo. «Solo un errore.»

«Non mi è sembrato che la pensassi così quando hai contraccambiato il bacio. Avresti potuto staccarti o schiaffeggiarmi o qualsiasi altra cosa ti fosse venuta in mente, ma non ti sei fermata, né mi hai allontanato. E, se Ashild non fosse entrata in quella stanza, non sarebbe cambiato niente.»

«Ti prego, lascia perdere quello che è accaduto. Non parliamone più» disse Silye, volgendo lo sguardo alla campagna, incapace di sostenere quello di Vidar.

«Bene» disse lui dopo una pausa, la voce improvvisamente fredda e atona. «Hai ragione, è stato solo un enorme sbaglio.» Sentì i suoi passi farsi sempre più lontani da lei e dovette mordersi le labbra fino a farle sanguinare per fermarsi dal corrergli dietro e fare qualcosa di cui dopo assai probabilmente si sarebbe pentita, perché erano innegabili i segni che quel bacio le aveva lasciato sulla sua pelle e l'attrazione che si era scoperta a sentire nei confronti di Vidar.


Camminò per ore nelle vicinanze della casa, senza incontrare nessun soldato, per sua fortuna. Quando cominciò a sentire un leggero laguorio allo stomaco, si rese conto che doveva rientrare per pranzo e, quando lo fece, vi trovò Vidar e Ashild già seduti a tavola, con davanti due piatti colmi di verdure.

«Per arrivare a Gudir impieheremo all'incirca mezza giornata, senza fare pause. Ma, contando che dovremo fermarci per forza per riprendere le forze e mangiare, cosa che faremo sempre all'interno del bosco di Rǫdd, arriveremo a notte fonda, proprio nel momento perfetto per entrare nel palazzo, cioè quando saremo avvantaggiati dal buio e, con un po' di fortuna, dalla stanchezza dei Liði» stava dicendo Ashild, mentre con una mano afferrava del cibo e con l'altra indicava il cammino sulla mappa di Vidar.

«E i viveri? Non possiamo rientrare a Trúar, perché ormai l'intera città sarà sulle nostre tracce, né incontreremo nessun'altra città nel cammino.»

«Di questo non devi preoccuparti. Sono più che fornita» replicò l'altra con un sorriso scaltro.

Vidar lo ricambiò, per poi voltarsi verso Silye, che, - lei ne era certa -, aveva volutamente ignorato sin da quando questa era rientrata. «Ti sei goduta la passeggiata?»

Silye evitò la domanda, affermando invece: «Non ho fame», prima di lasciare la stanza e andare a raccogliere i pochi oggetti che aveva lasciato fuori dalla sacca, come i vestiti della sera prima, ancora lievemente sporchi del sangue di Jørgen. Ovviamente aveva mentito, ma non aveva alcuna voglia di passare ulteriore tempo faccia a faccia con Vidar, soprattutto sapendo che di lì a poco avrebbe dovuto ancora rimanere al suo fianco per un tempo indeterminato, fin quando il loro viaggio non si fosse concluso e non avessero scovato la viverna.

Nemmeno lei riusciva bene a spiegarsi perché stesse reagendo in quel modo alla conversazione avuto con lui poco tempo prima. Si sarebbe dovuta sentire sollevata al pensiero che quello strano sentimento che aveva spinto entrambi a baciarsi fosse stato stroncato subito sul nascere, ma non poteva fare a meno di provare qualcosa di simile alla stizza, sebbene non sapesse se fosse verso Vidar, che con il suo arrivo le aveva scombussolato la vita, così come con quel bacio, o verso se stessa, per avergli dato l'opportunità di avvicinarsi tanto a lei.

Ripose la veste e il libro di nuovo nella borsa e si preparò per l'imminente partenza.


Il viaggio trascorse senza troppi impedimenti. Solo due volte rischiarono di incontrare i soldati reali: poco lontano da Trúar, dove furono costretti ad abbandonare la strada maestra che conduceva al bosco di Rǫdd per prendere vie secondarie, che, però, allungarono ulteriormente il percorso, e nel bosco stesso, sebbene Silye credesse che si sarebbe potuto anche trattare di semplici e comuni cacciatori, anziché dei Liði.

Vidar non provò più alcun approccio con lei che non fosse puramente formale e inerente il viaggio stesso, ma di questo il dio preferiva parlare con Ashild, che appariva ben più informata di lei su quelle terre. Talvolta Silye interveniva nella conversazione, dicendo la sua, ma il più delle volte se ne rimaneva per conto proprio, preparandosi mentalmente al suo primo vero faccia a faccia con il Konungr.

Ormai la notte era calata da diverse ore, quando arrivarono al limitare del bosco, trovandosi davanti l'immensa città di Gudir, che si dispiegò sotto i loro occhi fino a toccare le rive del mare di Flǿtr. La capitale si trovava immediatamente sotto una bassa pianura, su cui ora stavano i tre ad osservare il pianura, e si estendeva per chilometri e chilometri in un intrico di strade, edifici e palazzi, questi ultimi appartenenti alle famiglie nobiliari che abitavano Gudir, su cui svettava la grande reggia del Konungr.

Erano arrivati. Presto avrebbe potuto conoscere l'uomo che aveva ucciso suo padre, mandando in pezzi parte della sua vita.

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Angolo dell'autrice:

E bam. Ecco il motivo per cui Silye cova tanto risentimento nei confronti del Konungr, il che non è affatto poco. Presto incontreremo il re di Midgardr: che idea vi siete fatti di lui, da quel poco che si è potuto sapere di lui, e come ve lo immaginate? Sono curiosa!^^

Inoltre, un applauso va a Silye e Vidar, che sono riusciti ad affrontare la faccenda del bacio senza litigare (come sono maturi!XD).

Sappiate che potrebbe passare più tempo del normale prima della pubblicazione del prossimo capitolo, perché sono indietrissimo con la stesura della storia. Cercherò di fare il prima possibile.

A presto!

   
 
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