Erano
quasi giunti a Nampara. Era una giornata di pioggia battente e fresca
e il buio della sera incombeva sulla carrozza che procedeva
placidamente sulle strade sterrate della Cornovaglia.
Dopo
aver lasciato Caroline a casa sua, Demelza era ripartita coi bimbi.
Jeremy non vedeva l'ora di riabbracciare suo padre, Bella non faceva
che saltellarle contenta sulle gambe mentre Clowance pareva
semplicemente silenziosa e disinteressata. Demelza sapeva che non era
felice del ritorno a casa, che avrebbe preferito rimanere a Londra
dove era più serena e che i problemi fra lei e Ross erano
ben
lontani dal risolversi. Era cambiata molto la sua bambina, nel giro
di quei pochi mesi. Non si metteva più in mostra, non
cercava più
di primeggiare ma anzi, pareva preferire starsene in disparte, non
vista e non notata. Non chiacchierava più con quel suo fare
da
maestrina saggia, non sorrideva più e soprattutto, non
cercava più
un contatto con suo padre. Aveva rinunciato all'idea, forse... E
sicuramente era anche molto arrabbiata. Era una situazione difficile
e Demelza non sapeva come intervenire in modo costruttivo. "Bambini,
appena entriamo in casa, correte a salutare papà"
– disse,
sospirando. Ricominciava la sua battaglia per tenere unita la
famiglia, si sentiva in forze e rigenerata e non avrebbe mollato la
presa finché Ross non fosse guarito. Non sapeva ancora come
aiutarlo
e in che modo sarebbe avvenuto, però lui sarebbe tornato da
lei.
"Pappppaaaaaa!
Juiiiiiiii e Puuudiiiiii" – urlò contenta Bella,
agitando le
manine e battendosele sulle gambe.
Demelza
sorrise, stava bene con loro. Anche Bella era cambiata molto in quei
mesi e anche se era pigra da morire, stava iniziando ad impegnarsi
seriamente a rimanere in piedi e a camminare, anche se durava solo
pochi passi. E anche il suo vocabolario era cresciuto un po'. "Si,
hai ragione, vedremo anche Jud e Prudie" –
sussurrò,
baciandola sulla tempia.
Quando
la carrozza si fermò davanti a Nampara, il cocchiere la
aiutò a
scendere, riparandola dalla pioggia assieme ai bambini. Strinse a se
Bella e nascose sotto il suo mantello Clowance e Jeremy, poi corsero
fino all'uscio di casa. Pioveva a dirotto, sempre più forte,
e in
lontananza si sentivano sommessi tuoni.
Dalla
cucina proveniva il bagliore delle candele e del fuoco e questo la
rincuorò. Sapeva di casa...
Jud
le andò incontro borbottando. "Non è gentile, non
è umano e
non è appropriato arrivare a quest'ora e interrompere un
pover'uomo
che si sta bevendo il suo meritato bicchiere di Porto dopo una
giornata passata a faticare come un asino" – disse, correndo
fuori per prendere i suoi bagagli.
Demelza
rise, era proprio a casa!
Prudie
le corse incontro abbracciando lei e i bambini. "Ragazza mia,
non vi aspettavamo fino a domani e ho già sistemato tutto
visto che
il padrone ha già cenato. Ma se volete mangiare, mi
arrangierò a
prepararvi qualcosa".
"Abbiamo
mangiato per strada" – rispose Demelza togliendosi il
mantello. "Siamo a posto così, grazie Prudie". Si
guardò
attorno, di Ross non c'era traccia. "Lui dov'è?".
"In
libreria a rimuginare su qualcosa" – rispose la serva.
Demelza
guardò i bimbi, forse delusa dal fatto che lui non gli fosse
andato
incontro. "Su, avete sentito? Correte a salutare papà".
Jeremy
corse nella libreria e Bella lo seguì gattonando come una
matta.
Clowance, sospirando, andò loro dietro a piccoli passi.
Sentì
chiacchiere e risate di Jeremy e Bella provenire dalla biblioteca e
un timido 'ciao' detto da Clowance e poi Ross arrivò nel
salone coi
tre bambini.
Demelza
deglutì. Era strano ma si sentiva emozionata nel vederlo.
Era
emozionata come quando era la sua serva e lui si dimostrava gentile
con lei, emozionata come durante il loro primo bacio e la loro prima
volta insieme, quando Ross l'aveva fatta diventare una donna...
Emozionata come quando le aveva detto di amarla per la prima volta,
dopo che l'aveva sposata.
Ross
invece era come sempre, scuro e con sguardo indagatore disegnato sul
volto. La osservò per un lungo istante e poi con un cenno
del capo,
senza un abbraccio, la salutò. "Bentornata" –
disse
semplicemente.
Demelza
si morse il labbro. Beh, in fondo che si aspettava? Un abbraccio? Un
bacio? "Grazie" – disse rassegnata, avvicinandosi e
prendendogli Bella dalle braccia.
Clowance
corse senza dire nulla nella sua stanza mentre Jeremy ruppe quel
momento di tensione raccontando delle mille cose che aveva fatto a
Londra.
Ross
lo ascoltò con attenzione mentre lei svuotava, aiutata da
Prudie, i
bagagli. Nulla era cambiato dalla sua partenza, eccetto una cosa...
Ross la osservava insistentemente e sentiva i suoi occhi indugiare su
di lei senza mollare la presa, tanto che si chiese se gli fosse
mancata.
Improvvisamente
le si avvicinò, prendendole le cose di mano. "Ti aiuto a
portare tutto di sopra".
Lo
lasciò fare, senza parole, seguendolo silenziosamente sulle
scale e
lasciando i bambini alle cure di Prudie.
"Ti
appoggio gli abiti sul letto?" - le chiese, appena furono in
stanza.
"Si".
Era allibita e forse piacevolmente sorpresa che la stesse aiutando,
nonostante il suo tono freddo. "Grazie" – mormorò.
"Sono
tuo marito, no? E' mio dovere". Ross indugiò un attimo nella
stanza, come rimuginando su qualcosa. "Senti, devo chiederti
scusa" – disse infine, velocemente, come se fosse imbarazzato.
Demelza
si accigliò. "Scusa per cosa?".
Ross
si guardò attorno, finendo per osservare la cassettiera.
"Mentre
non c'eri, sono entrato in questa stanza".
Questo
la fece sorridere e le fece tenerezza. "Non mi devi chiedere
scusa per questo, è anche la tua stanza" – disse,
sedendosi
sul letto.
Ross
fece passare il dito sulla cassettiera. "Sai, cercavo qualcosa
che mi aiutasse a ricordare e pensavo che qui, fra le mie cose...".
"Non
devi giustificarti, Ross. Hai fatto bene! Hai trovato qualcosa che ti
ha aiutato?".
Ross
le si avvicinò, sedendosi accanto a lei sul letto.
Abbassò il viso,
pensieroso, come cercando le parole adatte per parlarle. "Ho
trovato una tua lettera, nel cassetto". Si rovistò nelle
tasche, porgendole un foglietto spiegazzato.
Demelza
lo prese, aprendolo incuriosita, non sapendo assolutamente che cosa
fosse. Ma le bastò leggere poche righe per rendersi conto
che...
Ritornò alla mente a tanti anni prima, quando aveva preso
Jeremy e
Garrick e, disperata, se n'era andata da Nampara senza un soldo in
tasca, convinta che il suo matrimonio fosse finito e che Ross non
l'avesse mai amata. Era sbalordita dal fatto che suo marito, anche
dopo la riappacificazione, l'avesse tenuta... Alzò il viso
ed
incontrò gli occhi scuri di Ross che la fissavano,
indagatori ed in
attesa di una spiegazione. Deglutì, rendendosi conto che gli
aveva
raccontato tante mezze verità su di loro, dall'incidente, e
che
sarebbe stato difficile e doloroso aprire quel capitolo. Sia per lei
che per lui, che non aveva idea di come l'avrebbe presa.
Ross
le prese la mano, stringendola nella sua. Un gesto famigliare una
volta, che ora invece le faceva venire la pelle d'oca. "Dimmi la
verità, per favore. Se vuoi aiutarmi a guarire, dimmi
com'eravamo
davvero".
Demelza
osservò quella lettera, ricordando le lacrime e l'amarezza
che
l'avevano accompagnata mentre la scriveva. Era stata arrabbiata a
quel tempo, con Ross, era stata infelice e soprattutto devastata dal
dolore di doversene andare perché convinta che quell'uomo
che
venerava e che amava più di ogni altra cosa, fosse di
un'altra.
"Dopo l'incidente, Dwight ha detto che non dovevo turbarti...
Come avrei potuto parlarti di questo?" - concluse, alzando il
pugno dove teneva la lettera.
"Fallo
ora! Sono abbastanza in forze per affrontare la verità".
Annuì,
chiudendo gli occhi, era inevitabile, ormai doveva riaprire quella
ferita. "Piangevo, mentre ti scrivevo questa lettera. Avevo il
baratro davanti, il nulla, non avevo denaro, certezze e nemmeno avrei
avuto una casa, una volta che me ne fossi andata. Sarei stata solo
io, con Jeremy e il nostro cane, in balìa del nulla e
dell'incerto.
Ma non potevo restare comunque...".
Ross
scosse la testa. "Il nostro non era un matrimonio felice,
vero?".
"Lo
è stato, negli ultimi quattro anni. E anche appena sposati,
anche se
sapevo che nel tuo cuore c'era anche un'altra donna".
"Elizabeth?"
- chiese Ross.
Annuì.
"Sì, lei. Il tuo primo amore giovanile, la ragazza che
volevi
sposare quando fossi tornato dalla guerra. Ma quando sei tornato, lei
era promessa sposa a tuo cugino Francis e non l'hai mai superata del
tutto. Era come un tarlo, sempre lì nella tua testa, era un
qualcosa
che avevi sognato e che non avevi mai avuto, un eterno dubbio su come
sarebbe stato averla e vivere con lei la tua vita. Elizabeth era
bellissima, nobile, dalle maniere eleganti, sempre perfetta... E poi
sono arrivata io e quello che ti ho detto sui nostri inizi era vero,
sono stata prima la tua domestica e poi tua moglie. Ci siamo sposati
ma non c'era amore nel tuo cuore, per me. Poi è arrivato,
pian
piano. E io ero così felice e mi sentivo la donna
più fortunata del
mondo a pensare che un uomo come te avesse scelto me come compagna.
Ma Elizabeth era sempre lì e scavava, scavava nel tuo cuore
e nella
tua mente. Finché, dopo la morte di tuo cugino, lei
è tornata ad
essere per te quel sogno che poteva essere realizzato ora che non
c'erano ostacoli".
"Ma
c'erano ostacoli, c'eri tu!" - la interruppe Ross. "Io ero
sposato con te, giusto?".
"Dopo
la morte di Francis, sono diventata invisibile ai tuoi occhi. Io e
Jeremy eravamo diventati un impedimento per te, un peso... Correvi
sempre da Elizabeth trovando mille scuse per aiutarla e starle vicino
e trovandone altrettante per non occuparti di noi. E poi, quando hai
saputo che lei avrebbe sposato in seconde nozze il tuo acerrimo
nemico George Warleggan, sei esploso. E' esplosa la rabbia repressa e
quel desiderio che mai hai potuto appagare". Sentì gli occhi
inumidirsi, al ricordo di quella notte terribile. "E così
è
successo, mi hai tradita con lei... E tutto è andato
definitivamente
a rotoli. Credevo che niente ti avrebbe potuto separare da colei che
amavi e che finalmente avevi e così ti scrissi quella
lettera, presi
Jeremy e me ne andai". Alzò il viso, notando che Ross aveva
gli
occhi spalancati e... lucidi?
"Mi
dispiace..." - disse lui, solamente.
"Lo
so". Stava parlando con il vecchio Ross in quel momento. Perché
era una delle sue certezze più grandi. Si era odiato, si era
maledetto e aveva scontato e purgato ogni suo errore e con dolore
aveva vissuto tre anni in completa solitudine, pensando a lei. "E'
passato tanto tempo da allora e come vedi, siamo qui insieme adesso".
Ross
osservò il vuoto, perplesso e pensieroso. "Ti ho tradita...
Come diavolo ho potuto?".
"E'
successo e basta. Ma forse serviva a farci capire quanto fossimo
importanti noi due, l'uno per l'altra".
"Ma
non avrei dovuto farlo comunque". Strinse i pugni, teso. "Sei
una donna bellissima, riesci ad incantarmi in ogni cosa che fai, non
c'è nulla che non riusciresti a portare a termine e sei una
madre
stupenda. Che diavolo avevo nella testa? Come ho potuto essere
così
stupido e insensibile, tanto da spingerti ad andartene?".
Per
un attimo rimase muta, interdetta. Le aveva detto che era bella, che
era incantato da lei... Glielo aveva detto ORA che non ricordava
nulla di loro! Le si scaldò il cuore a quelle parole. "Ross,
credo che tu ti sia posto da solo, in passato, queste domande. E che
abbia trovato le tue risposte".
"Che
è successo dopo che hai scritto quella lettera e te ne sei
andata?".
Strinse
la mano di Ross che ancora teneva la sua. "Sono andata a Londra
e non è stato facile all'inizio. Non avevo denaro, ero sola
con un
bambino e aspettavo Clowance. Mi accorsi di essere incinta appena
arrivata nella capitale ed ero terrorizzata. Poi ho incontrato per
caso Caroline Penvenen e da allora, tutto ha iniziato ad andarmi
bene. Ho aperto una locanda e poi per una serie di casi fortunati,
sono entrata in finanza e nel giro di poco sono diventata
ricchissima. Avevo tutto, denaro, una grande villa, amici e
soprattutto i miei due splendidi bambini. Ma ero sola, mi sentivo
sola, sai? Non c'eri tu, non eri lì con me a costruire tutto
ciò
che avevo... Eravamo lontani, non avevi idea di dove fossi finita e
non sapevi nemmeno dell'esistenza di Clowance. E io non sapevo nulla
della tua vita. Non ci siamo visti per tre anni e poi, per caso e
grazie a Caroline e Dwight, le nostre strade si sono rincrociate".
Ross
la fissava negli occhi, come catturato in una rete da quel racconto.
"E poi?".
Demelza
gli sorrise, alzando una mano ad accarezzargli la guancia. "Eravamo
due persone molto diverse, quando ci siamo rivisti. Tu ERI cambiato.
Mi amavi e io non avevo mai smesso di amare te, nonostante tutto.
Ritrovarci, riscoprirci e ricomiciare è stato inevitabile e
da
allora siamo diventati davvero una cosa sola, felici, innamorati, non
esisteva più niente a parte noi due e i nostri figli. Siamo
tornati
a Nampara e dopo alcuni anni è nata Bella. Eravamo felici
fino al
giorno del tuo incidente... Mi piaceva come facevi, mi piaceva che al
mattino il tuo primo pensiero fosse darmi un bacio, così
come facevi
la sera prima di dormire. Mi piaceva il modo in cui mi guardavi, mi
parlavi, come scherzavamo e come ridevamo insieme di tutto, come se
ci riscoprissimo da capo ogni giorno. Giocavi coi bambini e avevi un
rapporto unico con Clowance. Era la figlia che non avevi visto
nascere, ti sentivi in colpa per questo e per non averla seguita per
i primi due anni della sua vita. E lei ti ammagliava col suo
carattere, siete sempre stati anime affini voi due".
Ross
abbassò lo sguardo, pieno di sensi di colpa. Clowance era
stata la
figlia che più aveva cercato di allontanare e ora poteva
capire cosa
avesse generato in lei il suo comportamento. "C'è un suo
nastrino nel mio cassetto, credo ci sia finito dentro per caso".
Lo
sguardo di Demelza si addolcì a quelle parole. "No, non
è lì
per caso. E' un ricordo importante per te. Clowance te lo
regalò la
prima volta che vi siete incontrati tu e lei, a casa di Caroline a
Londra. Aveva un anno e mezzo allora e tu non avevi idea che fosse
tua figlia. Da quel giorno, lo hai sempre tenuto con te".
Ross
abbassò lo sguardo. "Mi dispiace, con Clowance ho combinato
solo disastri e quando è scappata, avrebbe potuto succederle
di
tutto a causa mia. E tutto perché non ho voluto ascoltare i
tuoi
consigli".
Demelza
sorrise. "Tu sei testardo, difficilmente ascolti i miei consigli
quando ti incaponisci su qualcosa. Eri così anche prima
dell'incidente, ad essere onesta".
Il
clima sembrò distendersi per un attimo alle parole scherzose
di
Demelza. Ross le accarezzò la mano, le dita, facendole
scorrere
brividi lungo la schiena. "Che ne è stato di Elizabeth?".
Demelza
deglutì. Ancora, dopo tanti anni, parlare di lei le faceva
male. Il
vecchio Ross non la nominava più e anche se probabilmente
poteva
essere capitato che l'avesse pensata, non gliene aveva mai fatto
parola. "E' morta di parto due anni fa". Non entrò nei
particolari, non ne aveva voglia. Non aveva la forza di raccontargli
tutto e non voleva nemmeno pensare alla paternità di
Valentin e di
come lui avrebbe potuto prenderla.
E
Ross dovette capirlo perché su quell'argomento non chiese
altro.
Ma... "E Julia? In quella lettera parli di una certa Julia, chi
è?".
Julia...
Le si inumidirono gli occhi, quella ferita si riapriva ogni volta che
sentiva quel nome. "Era la nostra prima figlia" –
sussurrò, trattenendo l'emozione.
"Era?".
"Era...".
Ross
la abbracciò e lei sentì che aveva capito anche
senza spiegazioni
ulteriori. Non ce n'era bisogno...
"Ne
abbiamo passate tante, noi due, a quanto vedo" –
sussurrò
Ross, fra i suoi capelli.
"Sì".
"Eppure
siamo qui, siamo insieme. Questo non è sorprendente?".
Demelza
fu colpita da quelle parole perché in esse c'era il succo
del loro
rapporto. Già, era sorprendente che non si fossero mai persi
ma che
invece attraverso le prove che la vita aveva riservato ad entrambi,
avessero saputo crescere insieme, fondersi e diventare un amore vero
e indissolubile. La maggior parte delle coppie non ce l'avrebbe fatta
a sopportare quello che avevano sopportato loro due. Rispose al suo
abbraccio, aveva bisogno di lui. Non l'aveva mai stretta a quel modo,
da quando si era fatto male. L'aveva abbracciata quando era tornata
in lacrime dalla gita in barca con Hugh ma non a quel modo, non con
quell'intensità.
Ross
le accarezzò i capelli, desideroso anche lui di non rompere
quel
contatto. "Sai, io non riesco a ricordare niente di quello che
mi hai raccontato ma so che è vero tutto quello che mi hai
detto. Io
sento di appartenere a questo posto, a questa casa ed è una
cosa
come radicata in me... Non so spiegarlo ma è come se
emozioni e
mente viaggiassero in maniera differente. Tu sei mia moglie e io so
che lo sei, non ricordo il nostro matrimonio, non ricordo niente di
niente di quando son nati i nostri figli ma so che c'ero e che ero
emozionato quando li ho presi in braccio la prima volta. Io ti
guardo, mi affascini e ti trovo assolutamente bellissima e penso
spesso che probabilmente sono stato una persona molto lungimirante e
intelligente a sposarti. So che ti amavo, so che ti veneravo
perché
sarebbe stato impossibile non farlo. Mi sei mancata quando sei
partita per Londra, sentire il nome di quella città mi
terrorizzava
e ora so perché. Era la città che per tre anni ci
aveva diviso,
giusto?".
"Giusto".
Ross
sospirò. "E probabilmente quella paura di perderti di nuovo
mi
ha accompagnato sempre, anche dopo che sei tornata qui. Non
è un
ricordo, è una consapevolezza che esiste in me. Io devo
avere avuto
paura, negli anni, che tu te ne andassi di nuovo. E so che per tre
anni io sono stato da cani senza di te. Lo so perché lo
sento. Così
come mi sentivo geloso di quell'uomo che ci è venuto a
trovare,
Hugh, giusto?".
Demelza
spalancò gli occhi, il cuore le accelerò. Ross le
aveva detto cose
bellissime che le avevano scaldato il cuore... Ma aveva anche citato
Hugh e questo la riempiva di sensi di colpa e paura. A Ross non
sfuggiva mai niente, era da sempre così e anche quel giorno
aveva
notato lo strano gioco di seduzione fra lei e il poeta. "Lui...
lo hai visto solo una volta, dopo tutto" –
balbettò.
Ross
la guardò in viso, scrutandola con quei suoi occhi neri e
profondi
che sapevano leggerle nell'anima. E sapeva che riusciva a farlo anche
in quel momento... "E tu, lo hai visto solo una volta?" -
le chiese, sibillino.
"No".
Fu sincera, non voleva mentirgli. "L'ho visto altre volte
lontano da qui". Strinse con la mano la coperta, prese a tremare
e lottò per non scoppiare a piangere. Ma alla fine le
lacrime ebbero
la meglio su di lei, sul suo dolore e su tutti i sentimenti che stava
provando. "Mi sentivo sola, disperata... E lui mi faceva stare
meglio! Era come vivere isolata dalla realtà, lontana da
tutti i
problemi. C'era lui ed era gentile, dolce, mi guardava come si guarda
a una dea. E poi c'eri tu che non volevi nemmeno toccarmi e che mi
voltavi le spalle, che non sapevi più parlarmi, stare coi
nostri
figli, stare con me... Lo so, non è una giustificazione, ma
era così
che mi sentivo. Sola! Finché ho capito che non poteva
esserci
nient'altro che te, per me, che eri tu tutto ciò che volevo
e che ti
avrei ritrovato, in un modo o nell'altro. E per fortuna l'ho capito
in tempo".
Ross
chiuse gli occhi, forse arrabbiato, forse ferito o forse deluso. O
probabilmente tutte queste cose. Poi per lunghi istanti non disse
nulla, non si mosse e restò a fissare il vuoto. E alla
fine... "Mi
dispiace che tu ti sia sentita così e mi dispiace di non
averlo
capito o non aver saputo ascoltarti".
Spalancò
gli occhi, sorpresa. Sapeva che la questione non sarebbe finita
lì,
sapeva che una volta guarito – perché sarebbe
guarito – avrebbe
affrontato la cosa e chiesto spiegazioni, ma ora sembrava
semplicemente ferito per averle fatto del male e averla quasi spinta
fra le braccia di un altro. Non era giusto, pensò, non era
colpa di
Ross, quanto successo con Hugh era solo colpa sua. Scoppiò a
piangere, non riuscì a impedirlo. Si nascose il viso fra le
mani,
singhiozzò come una bambina e Ross la
riabbracciò. "Sta
tranquilla, non fare così" – le
sussurrò, affondando il viso
nel suo collo. "Va tutto bene".
Scosse
la testa. "No Ross, non va tutto bene! Io ti rivoglio, rivoglio
noi! Rivoglio mio marito, rivoglio le tue carezze, i tuoi baci, i
tuoi abbracci, rivoglio fare l'amore con te, averti vicino come
marito, amico, amante, voglio tutto quello che ci univa e che mi
manca, mi manca come l'aria".
Le
prese il volto fra le mani, appoggiò la fronte alla sua. "Lo
riavremo, io VOGLIO riaverlo! E se davvero sono testardo come dici
tu, allora succederà, tornerò da te come prima.
Ma ti prego, non
piangere, non lo sopporto. Dammi solo del tempo".
"Giuramelo!".
"Te
lo giuro, Demelza. Perché quello che vuoi tu, lo voglio
anche io.
Cosa pensi, che non ti desideri? Santo cielo, mi fai mancare il fiato
in ogni cosa che fai e vorrei viverti come
prima. Sai, mi chiedo spesso com'era stare con te, cosa provavo
quando ti baciavo, quando facevo l'amore con te, quando eravamo una
cosa sola...".
Demelza
arrossì. Davvero sentiva quelle cose, davvero la desiderava?
"E
allora, perché mi hai respinta? Perché
non mi parlavi, perché mi allontanavi?".
"Perché
era difficile per me, tutto quanto. Rapportarmi a voi, significava
rapportarsi a quel passato che voi conoscete e che mi è
sconosciuto,
nonostante mi riguardi. E per quanto riguarda noi due...".
"Cosa?".
"Io
non voglio solo piacere fisico, voglio tutto il resto di
te, voglio la tua anima e il tuo cuore, oltre al tuo corpo.
Non volevo approfittarmi di te, ti desideravo ma mi eri ancora
estranea e
sentivo che non
potevo farlo".
Questo
la intenerì, era Ross, era tipico di lui essere
così fiero e corretto. "Vuoi
sapere come ci sentivamo quando facevamo l'amore?".
"Si".
"Semplicemente,
il resto del mondo smetteva di esistere in quei momenti. Eravamo
l'unica cosa che contava".
Ross
le sorrise,
la
strinse a se e poi si stesero sul letto. Non la lasciò
nemmeno per
un istante, continuando ad accarezzarle la schiena e i capelli. "Abbi
pazienza..." - le ripeté.
"Va
bene". Affondò il viso contro il suo petto, inspirando il
profumo della sua pelle e imprimendo in se il calore delle sue mani
che la sfioravano. "I bambini... Non posso rimanere qui, sotto
ci sono i nostri figli da soli" – disse
sommessamente, tornando brevemente alla realtà.
Ross
le baciò la fronte, non
allentando la presa su di lei. "Non sono soli, Prudie e Jud si
occuperanno di loro. Restiamo qui, così, insieme. Ho bisogno
di te".
Annuì,
arrendendosi al fatto che anche lei aveva bisogno di lui. "Va
bene".
"Ce
la faremo, come sempre" – sussurrò al suo orecchio
Ross.
Demelza,
nella semi oscurità sorrise. Si sentiva al sicuro fra le sue
braccia
e sapeva che se Ross prometteva, poi manteneva. "Sì, come
sempre" – ripeté,
appoggiando la fronte alla sua spalla.
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