ReggaeFamily
Dam
[Daron]
«Hai
frugato nel mio cellulare.»
«No.»
«No?
E allora come hai fatto a segnare il tuo numero nella mia rubrica?»
«Segnare
un numero non vuol dire frugarti il cellulare, bello.»
«Per
me vuol dire proprio questo.»
«Non
te la prendere, dai...»
«Me
la sono già presa. Odio chi invade la mia privacy.»
«Dovresti
impostare il blocco sulla schermata iniziale allora.»
«Se
il cellulare è senza blocco, non significa che chiunque possa
ficcare il naso nelle mie cose.»
«Già,
le tue cose... quelle cose porno che ci sono dentro, ecco cosa ti
preoccupa, Daron.»
«Non
gridare.»
«Scusa,
amico. Non te le ho cancellate, tranquillo.»
«Sei
una stronzetta.»
«E
tu sei terribilmente sexy.»
«Questo
cosa c'entrava?»
«Facciamo
un patto: ci divertiamo insieme e io farò finta di non aver
conservato una copia di quei video sul mio cellulare. Ho riconosciuto
quelle ragazze, sono state ospiti qui in albergo nei giorni scorsi.»
«Mi
stai ricattando? Stai davvero osando fare una cosa del genere? E dopo
aver invaso la mia sfera privata, per giunta...»
«Prendila
come vuoi. È solo un'idea.»
«Bastarda.»
«Sarà
divertente sentire i tuoi insulti quando saremo soli e ti farò
impazzire.»
«Non
se ne parla.»
«Pensaci.
Ti conviene.»
Ero incazzato come una iena.
Prima di tutto, lo ero con me stesso per la mia solita sbadataggine,
per aver dimenticato il cellulare in giro, lasciandolo alla portata
di chiunque; se non ci fossero state le immagini compromettenti che
ritraevano Ashley e Kelly, forse non mi sarebbe importato nulla. Ma
ora ero nella merda fino al collo. Ed ero infuriato anche con quella
cameriera impicciona che ora voleva fottermi, sotto tutti i punti di
vista.
Come riuscissi a cacciarmi
sempre in situazioni del cazzo, proprio non me lo sapevo spiegare.
Da quando avevo incontrato
Lakyta, poche ore prima, non ero più riuscito a darmi pace:
non facevo che domandarmi se accettare o meno la sua proposta, anche
perché stavolta non mi sarei potuto tirare indietro com'era
capitato con le due groupies. Probabilmente Lakyta si comportava in
quel modo con più di un cliente, forse era abituata ad
abbordare gli uomini in quel modo, sentendosi frustrata per il lavoro
che svolgeva. Avevo sentito dire che aspirava a diventare un'attrice
e trasferirsi a Hollywood, quindi era palese che avesse qualche
problema di autostima se ancora sfaccendava dietro il bancone di un
bar.
Se c'era una cosa che mi era
chiara, da quando ero arrivato allo Skye Sun Hotel, era che il
personale veniva indubbiamente sfruttato: lo avevo capito trovando
spesso Alwan in terrazza a tutte le ore del giorno, così come
il povero receptionist che avevo maltrattato non appena avevo messo
piede in albergo. Anche per Lakyta doveva essere lo stesso, ecco
perché cercava in tutti i modi di crearsi un diversivo. In
fondo, molto in fondo, la capivo.
A niente era servito il
tentativo di Shavo e John che, di ritorno dalla città, erano
passati a trovarmi e si erano accorti del mio malumore; avevano
provato a fare breccia nella mia rabbia, ma li avevo cacciati via in
malo modo. Ero fortunato ad averli come amici, perché loro
difficilmente si incazzavano con me se li trattavo male e mi chiudevo
in me stesso. Se la prendevano maggiormente per i guai che combinavo,
ma quella era tutta un'altra storia.
Durante il pomeriggio, dopo
aver saltato il pranzo, ero rimasto in camera a fumare e suonare come
un ossesso, finendo sempre sulle stesse note: quelle di Dam.
Ora quel brano non mi
lasciava più in pace, mi tormentava anche mentre costringevo
me stesso a uscire da quell'antro infernale in cerca di cibo; era
quasi ora di cena, ma io stavo svenendo dalla fame e non avrei
aspettato oltre.
Evitai di salire in
terrazza, non volevo incontrare nuovamente Lakyta. Mi diressi invece
nel bar al piano terra: esso sorgeva poco distante dal ristorante,
era piccolo e accogliente, dipinto nelle varie tonalità del
rosso che caratterizzavano le palazzine dell'hotel; era punteggiato
da qualche tavolino all'interno, ma la maggior parte dei posti a
sedere si trovava in una piccola veranda sull'esterno, la quale
affacciava direttamente sulla spiaggia privata che Leah chiamava
Buts. Sul bancone, un cartello annunciava che era possibile affittare
dei pedalò o delle piccole imbarcazioni per fare una bella
gita sull'oceano.
Mi accostai in fretta e
furia al barista, un uomo sulla quarantina, scuro di pelle, alto e
massiccio.
«Potrei avere uno
yogurt?» domandai senza preamboli, sentendo lo stomaco
brontolare sonoramente.
«Salve» mi
apostrofò lui in tono ironico. «Come, prego?»
Sollevai gli occhi al cielo.
«Già, salve. Vorrei uno yogurt.»
«Che gusto
preferisce?» si informò allora lui, indirizzandomi un
sorrisetto compiaciuto.
Stavo per rispondergli in
modo sgarbato, ma venni distratto da due figure che facevano il loro
ingresso nel bar e si accostavano al bancone. Si trattava di Leah e
Bryah, la giornalista che John aveva adocchiato. O forse era meglio
dire che lei aveva adocchiato il batterista? Non ne avevo idea.
«Ciao Daron!» mi
salutò allegramente Leah, picchiettandomi sulla spalla. «Cos'è
quella faccia da funerale?»
Scossi il capo e tornai a
concentrarmi sul barista, il quale mi fissava con aria spazientita e
tamburellava con due dita sul bancone.
«Cocco e ananas»
bofonchiai.
«Gradisce dei cereali
o della granella di nocciola?» indagò ancora il barista,
voltandosi verso un enorme frigorifero che stazionava alle sue
spalle.
«Entrambi»
confermai.
«Hai fame, eh?»
interloquì Leah.
«Non ho pranzato»
spiegai in tono piatto.
«Mi sa che è un
brutto segno, amico» fece la giornalista, per poi scoppiare a
ridere seguita dall'altra ragazza.
Le osservai perplesso.
Quelle due erano già diventate amiche? Certo che ce ne avevano
messo poco di tempo...
il tipo dietro il bancone
posò la mia ordinazione sul ripiano in legno chiaro. «Prego»
concluse, per poi rivolgersi alle due ragazze: «Cosa posso
servirvi, signorine?».
Smisi di ascoltare i loro
discorsi, afferrai l'enorme tazza di plastica stracolma di yogurt,
cereali e granella di nocciola e uscii sulla veranda. Mi guardai
intorno e decisi di sedermi a un tavolino appartato, in modo da poter
mangiare in pace e rimanere per i fatti miei.
Trovai un posto dietro un
separé in bambù e mi sistemai comodo, osservando con
soddisfazione la mia merenda. Afferrai il cucchiaino e cominciai ad
abbuffarmi, senza più preoccuparmi di guardarmi intorno o di
riflettere su ciò che mi aveva tolto l'appetito.
Poco dopo, notai con la coda
dell'occhio Leah e Bryah sedersi dall'altra parte del separé;
evidentemente non mi avevano notato, poiché erano impegnate a
non lasciar sciogliere il loro gelato e a parlare tra loro.
Senza smettere di mangiare,
mi ritrovai ad ascoltare la loro conversazione.
«Sai, mi dispiace
dover ripartire presto per la città» stava dicendo la
giornalista.
«Anche a me dispiace.
Però puoi tornare a trovarci quando vuoi, non sei lontana!»
le fece notare la più giovane.
«Hai ragione. In
effetti mi dispiacerebbe non continuare a conoscere te e i
ragazzi...»
«Sei dolce, Bryah. Ma,
senti, lo so che sono indiscreta, infatti molte persone non riescono
a sopportarmi per questo... ma qualcuno di loro ti piace? Ho notato
un certo feeling con John...»
Mi venne da ridere: Leah era
sempre la solita, non sarebbe mai cambiata. Un po' mi assomigliava,
perché era sempre indiscreta, ma odiava che gli altri lo
fossero con lei.
La giornalista ridacchiò.
«Potresti fare il mio mestiere, sei audace e sfacciata, e
questo potrebbe esserti molto utile. Comunque ho un compagno, John
non mi piace, non in quel senso almeno. Lo trovo interessante, tutto
qui. Mi ha spiegato un sacco di cose interessanti sugli strumenti che
suona...»
«Davvero? Io non so
tanto di lui, è una persona molto riservata. Cerco in tutti i
modi di parlare con lui, ma si apre difficilmente con chi non
conosce» ammise Leah.
«Anche con me ha
parlato poco, non pensare... ma a te non sembra di aver già
visto questi ragazzi da qualche parte?» chiese all'improvviso
Bryah.
Drizzai maggiormente le
orecchie e rimasi con il cucchiaino pieno di yogurt a mezz'aria,
finendo per farlo sgocciolare sul tavolo. Non capivo dove la
giornalista volesse andare a parare.
«Ecco...» Leah
rifletté un attimo prima di proseguire. «In realtà...
in che senso?»
«Dai Leah, ho capito
che sai chi sono questi ragazzi» insistette Bryah.
La prima impressione che
avevo avuto su quella donna non si era rivelata errata: stava
cercando di metterci nella merda, rivelando a Leah qualcosa che lei
non sapeva.
«Okay.» La più
giovane sospirò. «So chi sono, lo ammetto. Li ho
riconosciuti fin dal primo momento, ma...»
Mi venne subito l'impulso di
alzarmi e raggiungerle. Non potevo credere alle mie orecchie: se mi
aspettavo che la giornalista fosse sleale nei confronti di John, mai
avrei immaginato che Leah stesse mentendo spudoratamente fin dal
principio. Tuttavia, mi costrinsi a rimanere seduto e feci di tutto
per calmarmi e non agire in maniera impulsiva.
La cosa che mi faceva
innervosire maggiormente era che Shavo si stesse evidentemente
invaghendo di quella ragazza, la stessa che ora stava ammettendo di
sapere esattamente che io e i miei amici fossimo parte dei System Of
A Down, la stessa che sembrava non sapere nulla in proposito e che
aveva finto di credere che le groupies avessero scambiato Shavo per
una rock star.
Ma forse anche noi stavamo
sbagliando qualcosa: le stavamo mentendo, o stavamo soltanto
omettendo un piccolo dettaglio sulla nostra vita professionale? Era
così importante che lei sapesse chi eravamo? Forse per me non
lo era, ma per Shavo? Non ci capivo più un cazzo, seriamente.
Ma la domanda principale
era: perché quella vacanza teoricamente rilassante si stava
trasformando sempre più in uno sfacelo?
«Ma...?» Bryah
incalzò Leah.
«Non mi è
sembrato opportuno dirglielo. Insomma, immagino che siano venuti qui
per trascorrere una bella vacanza in pieno relax, non per essere
perseguitati da fan deficienti ed esaltati.»
La giornalista sospirò.
«Pensi che il vostro rapporto non sarebbe diventato così
forte se tu...»
Leah la interruppe: «Esatto.
Forse loro non si sarebbero mai fidati di me, mi avrebbero
considerato una fan come tante altre, come quelle che li hanno
importunati qui in albergo».
«E forse Shavo non si
sarebbe legato a te, non è vero?» insinuò ancora
la giamaicana, utilizzando un tono malizioso.
«Io... già,
ecco... ma io non avrei mai pensato che con Shavo...» balbettò
Leah, e per una volta rimase quasi senza parole.
«Chi è il tuo
preferito?» volle sapere l'altra.
«Musicalmente, dici?
Be', ecco... mi ha sempre ispirato molto Serj, ma lui non c'è...»
Non riuscivo più ad
ascoltare quelle cazzate. Possibile che Leah stesse usando noi, e
soprattutto Shavo, per arrivare al nostro cantante? Non volevo
crederci, non poteva essere.
«Tankian è un
genio indiscusso, ma io propendo sempre per il batterista. Sarà
che il suo strumento mi ha sempre affascinato» commentò
la giornalista.
«Ma Bryah... ora come
faccio? Ci pensavo da un po', sai... come faccio a dirgli che so chi
sono?»
«Perché
dovresti dirglielo? Secondo me lo hanno capito. Ti rivelo un segreto:
John ha qualche sospetto in merito.»
Leah rispose dopo qualche
secondo. «Merda! Ma io non vorrei che loro pensassero... non
vorrei che Shavo...» Si interruppe.
«Hai perso la testa
per il bassista, eh?» la punzecchiò l'altra, per poi
ridacchiare.
«Non voglio deluderlo,
tutto qui» concluse Leah. «Ma non parliamone più,
mi viene il malumore al solo pensiero che... senti, andiamo? Sono
stanca di stare seduta qui» aggiunse, alzandosi di scatto dalla
sedia.
Io sollevai a mia volta lo
sguardo e proprio in quel momento i nostri occhi si incrociarono. La
ragazza rimase pietrificata, poi afferrò bruscamente il
braccio di Bryah e la trascinò verso l'interno. Non so cosa
esattamente avesse percepito in me, ma sicuramente aveva capito che
avevo scoperto il suo piccolo segreto.
E ora, cosa potevo fare? Si
era aggiunto un altro problema all'infinita lista di quelli già
esistenti.
Cazzo.
L'atmosfera in terrazza era
rilassata, contrariamente a quanto mi sarei aspettato: sedevamo tutti
insieme intorno a un tavolino e chiacchieravamo tranquillamente.
Io ero pensieroso e non
partecipavo più di tanto alle conversazioni, anche perché
ero intento a osservare Leah che evitava accuratamente di rivolgermi
qualsiasi tipo di attenzione.
Feci scattare l'accendino e
riaccesi la canna che stringevo tra le dita; la riportai alle labbra
e aspirai, poi notai che Alwan si avvicinava a noi per chiederci se
volessimo bere qualcos'altro. Avevamo già fatto un giro di
drink e a me non dispiacque affatto ordinarne un altro.
«Vodka liscia?
Sicuro?» mi domandò il barista, strizzandomi l'occhio.
«Sicurissimo»
confermai.
«Senti, qui ci si
annoia... non è che ti va di portare su la chitarra?» mi
propose all'improvviso il ragazzo, indirizzandomi un sorriso
complice.
«Perché no?
Oggi ho una voglia matta di suonare, non immagini neanche quanta...»
ammisi, per poi ricambiare il sorriso e alzarmi. «Grazie,
amico, non potevi farmi una proposta migliore.»
«Ma figurati! Vorrei
poter suonare con te, ma purtroppo devo lavorare...»
Intanto la stecca che tenevo
tra le dita si era nuovamente spenta, così feci scattare
ancora l'accendino e presi un'altra boccata. «Peccato. Sarà
per la prossima, non mancherà occasione.» Dopodiché
mi avvicinai a Shavo e gli porsi la canna. «Vado a prendere la
chitarra, finiscila tu se vuoi.»
«La chitarra?»
esclamarono in coro Bryah e Leah.
Annuii e mi avviai verso
l'ascensore. Nel giro di dieci minuti fui di ritorno, tenendo in mano
una chitarra acustica che mi ero portato dietro da Los Angeles. Avevo
evitato di portarmi appresso i miei gioiellini preferiti per evitare
che si rovinassero, potevo accontentarmi di quell'oggetto per un po'.
«Ho qui un jack! La
vuoi amplificare?» accorse subito Alwan, stringendo tra le mani
un cavo nero.
«Se non abbiamo un
microfono, non penso sia sensato» commentai.
«Un
microfono... no, niente da fare. Allora dovrai un
po' sgolarti» rispose il barista desolato.
«Nessun problema, lo
faccio sempre» scherzai.
Lui posizionò uno
sgabello poco distante dal bancone e mi fece segno di accomodarmi;
poi notai che armeggiava ancora dietro la sua postazione e ne uscì
con uno djambé tra le mani. «Ho solo questo, non ho
altri strumenti» annunciò.
Notai che John si alzava di
tutta fretta dalla sedia e ci raggiungeva con gli occhi che
brillavano. «Quello è mio!» esclamò tutto
contento.
«Sbaglio o stiamo
allestendo un set acustico?» feci notare al batterista, mentre
Alwan portava uno sgabello anche per lui.
«Io faccio il video!»
strillò Shavo con il suo cellulare in mano.
Scambiai un'occhiata con
John e presi a strimpellare distrattamente, per poi ritrovarmi a
riprodurre le stesse note che mi avevano angosciato durante tutto il
pomeriggio.
Allora John prese a
picchiare con le dita sul tamburo che aveva posizionato tra le sue
cosce, andando a ritmo e annuendo tra sé; doveva aver
riconosciuto il brano che stavo suonando.
Poco dopo, con gli occhi
fissi sulle corde della chitarra, intonai:
Dam
you
Stay
away from me
I
got a disease
Everyone
is sleeping
Sollevai un attimo lo
sguardo e notai che diverse persone mi ascoltavano e assistevano alla
nostra esecuzione con curiosità e interesse: c'erano Leah e
Bryah che ci fissavano incantate, c'era Medison che mi sorrideva
appena dal fondo della terrazza, c'era Alwan che annuiva mentre si
aggirava per i tavoli, e c'erano diversi clienti che sembravano
apprezzare ciò che io e John stavamo facendo.
Ripresi a cantare:
I
hate you
For
putting faith in me
For
putting faith in me
Everyone
is sleeping
E proseguii a ripetere
all'infinito le ultime tre parole, improvvisando un assolo e notando
che John ci prendeva la mano con quel tamburo africano, come se si
trovasse magicamente nel suo elemento e non riuscisse più a
staccare le mani dalla pelle dello djambé.
«Siete forti! Ma
adesso fate qualcosa di più allegro, dai!» ci incitò
Shavo, senza smettere di filmare.
A quel punto John cominciò
a eseguire un ritmo incalzante e allegro, che spingeva i presenti a
muoversi a tempo; poco dopo presi ad accompagnarlo con il mio
strumento, eseguendo un ritmo in levare.
Notai Leah che si alzava e
trascinava Bryah con sé. Le due si avvicinarono a noi e
presero a ballare a ritmo di musica, agitando le braccia e gridando
come pazze. Mi ritrovai a cantare un famoso brano di Marley di cui
non riuscivo momentaneamente a ricordare il titolo, ma le parole
erano chiare e limpide nella mia mente.
Hey,
mister music, sure sounds good to me I can't refuse it, what to be
got to be Feel like dancing, dance 'cause we are free Feel like
dancing, come dance with me
Fu bello notare che tutti
ballassero e cantassero con noi, e anch'io mi ritrovai in piedi a
pascolare per la terrazza con la chitarra in braccio e un sorriso
compiaciuto stampato sul viso.
Per quella sera volevo
dimenticare, e non c'era niente che potesse realizzare quel mio
desiderio se non la musica, la mia chitarra, la mia voce che intonava
note.
Non mi preoccupai di
stonare, di suonare bene, di fare ciò che un buon musicista
avrebbe dovuto fare, ciò che John stava facendo; no, smisi di
pensare e mossi le dita sulle corde, facendole vibrare insieme alle
mie corde vocali e a quelle emozioni che solo la musica sapeva darmi.
Ero talmente preso da ciò
che stavo facendo e dall'atmosfera che si era creata, che non mi
curai di star sorridendo a Leah come se non avessi scoperto le sue
menzogne.
Quella sera dimenticai, mi
persi tra le note e avrei voluto non ritrovarmi mai più.
Carissimi
lettori, rieccomi con un nuovo capitolo!
Cosa
ne pensate di questi sviluppi della trama?
Ma
sono qui per fare, come sempre, delle piccole annotazioni sul
capitolo.
Se
qualcuno non sa cos'è lo djambé, ovvero il tamburo che
John si ritrova a suonare durante questa bizzarra jam session molto
improvvisata, date un'occhiata alle immagini su Google e sono certa
che capirete subito di che si tratta ^^ è una bellissima
percussione africana che ci stava proprio bene con l'atmosfera della
serata!
Passando
ai brani citati...
Dam
è qualcosa di molto particolare e struggente – a mio
parere – che mi fa sempre pensare all'animo tormentato del
nostro caro chitarrista; vi lascio qui il link per l'ascolto:
https://www.youtube.com/watch?v=dKHF-5nPcOs
Non
so se il testo sia giusto, capirete da voi che non si capisce molto
bene cosa dice Daron in questa canzone, ma cercando su internet ho
trovato varie versioni... qualcuno di voi – tipo Stormy –
mi sa dire quale sia il testo esatto? :D merci!
Poi,
la canzone di Bob Marley che Daron canta è Roots,
Rock, Reggae; ecco il link:
https://www.youtube.com/watch?v=MJB5L9F05tc
Spero
vi piaccia anche questo brano ^^
Bene,
vi saluto e vi ringrazio di cuore, come sempre, per tutto il sostegno
che mi state dando :3
Alla
prossima ♥
|