ReggaeFamily
Capitolo
dieci: Rag
Doll
«Vivi?
Svegliati, dai!»
«Uhm...»
«Dai,
altrimenti facciamo tardi!» ripetei per l'ennesima volta, per
poi accostarmi al lato sinistro del letto, sul quale Viola ancora
giaceva, infagottata tra le lenzuola.
«Non
sto bene...» mormorò, rimanendo immobile.
«Cosa
significa che non stai bene? Dai!» Ero certa che la mia amica
stesse cercando una scusa per rimanere a letto, era una pigra
inguaribile!
«Lalli...
ho avuto una crisi...»
«Ma
quando? Io non ho sentito niente!» tentai di sdrammatizzare.
«Nel
sonno... mi sono svegliata che...»
La
interruppi: «Vivi, ma io non ho sentito niente! Non ce l'hai
avuta, magari è stata solo un'impressione...».
«Ti
dico di sì, Lalli! Mi sono svegliata che mi sentivo rigida e
avevo tanto freddo... sto malissimo...»
Udii
il rumore della caffettiera che cominciava a gorgogliare in cucina,
così sospirai e le dissi: «Okay, aspetta che devo andare
a spegnere il caffè. Torno tra un po'».
«Va
bene.»
Tornai
in cucina e incrociai Marta.
«Lau,
che succede?» mi domandò lei.
«Vai
tu da Vivi? Ha detto di aver avuto una crisi durante il sonno, ma non
so se...»
«Adesso
vediamo.»
Io
raggiunsi il fornello e lo spensi, per poi trasportare con attenzione
la caffettiera sul tavolo. Poi mi occupai di cercare lo zucchero,
portai fuori qualche brioche dal frigorifero e recuperai i miei amati
grissini al sesamo dell'Eurospin. Erano sempre e comunque una
salvezza!
Dopodiché
tornai in camera e trovai Marta in piedi accanto al letto.
«Hai
ancora freddo?» chiese l'educatrice alla mia amica.
«Sì»
confermò Viola, sotterrandosi sotto le coperte e infilandoci
sotto anche il viso.
«Però
a me sembra strano...» osservai pensierosa.
«Cosa?»
mi domandò Marta.
«Che
abbia avuto una crisi nel sonno... io non mi sono accorta di niente»
borbottai.
«Però
è così» mi assicurò Viola in tono
sommesso.
Sospirai
e mi sentii in colpa per non averle creduto; cosa potevo saperne io?
Il fatto che non avessi udito nessun rumore provenire dalla mia amica
non significava che lei si fosse inventata tutto. Ero proprio cretina
certe volte.
Mi
avvicinai a lei e mi sedetti sul bordo del materasso, mentre Marta
lasciava la stanza.
«Scusa
se non ti ho creduto, volevo solo... speravo che non...»
cominciai, non trovando le parole giuste per esprimermi.
«Non
preoccuparti» mi rispose.
«Davvero?
Sono stupida, lo so!» mi schernii ancora.
«Per
questo ti voglio bene.»
Le
posai una mano sulla guancia e sorrisi. «Anche io te ne voglio.
Ora riposa e non preoccuparti di nulla.»
La
lasciai a letto e tornai in cucina, dove Marta si era già
seduta a tavola. Mi accomodai a mia volta e sospirai per l'ennesima
volta.
«Non
ci voleva» dissi.
«Già.
Rimango io con lei stamattina, ve la caverete in piscina senza di me»
decise l'educatrice, sorseggiando il suo caffè.
«Va
bene, l'importante è che lei non rimanga sola. Potrei stare io
a farle compagnia se...»
«No,
tu vai pure in piscina. Non preoccuparti, ora Viola sta bene, deve
solo riposare un po'. Se si sente meglio, le chiedo se ha voglia di
scendere in piscina. Okay?» mi tranquillizzò Marta.
Annuii
e finii di fare colazione, in preda a uno strano senso di fastidio.
Un'altra
giornata era cominciata decisamente male.
Non
potei fare il bagno, avevo ancora il ciclo, così mi sistemai
all'ombra del portico in paglia che ospitava un numero abbastanza
ristretto di sdraio. Mi affrettai a occuparne una e frugai subito in
borsa alla ricerca delle mie cuffie.
Avevo
bisogno di rilassarmi con un po' di musica, mi sentivo sotto stress e
ancora non riuscivo a stare del tutto tranquilla. L'attacco di panico
della sera prima mi aveva provato, così come quello di
claustrofobia di Marco; poi avevo scoperto che Viola aveva avuto
un'altra crisi e questo non aveva fatto che accentuare il mio
malumore.
Lasciai
che le canzoni scorressero nelle mie orecchie in riproduzione casuale
e mi adagiai sulla sdraio, chiudendo gli occhi.
Nel
frattempo la maggior parte dei ragazzi si buttarono in acqua, tra cui
mia sorella. La invidiai un po', anche perché faceva un caldo
infernale e un bel bagno mi ci sarebbe proprio voluto.
Trascorse
un po' di tempo, poi mi stancai di stare con le cuffie alle orecchie
e mi alzai, per poi avvicinarmi a Giovanna, Simona e Marco.
Quest'ultimo
era seduto per terra e stava con le gambe incrociate; i capelli gli
ricadevano sulla faccia e stava armeggiando con il cellulare.
A
un certo punto fece partire una canzone deprimente e lagnosa, così
mi rivolsi a lui e lo apostrofai: «Ma che palle, almeno metti
qualcosa di più allegro!».
«Non
ti va mai bene niente... ma Vivi dov'è?» bofonchiò.
«Ha
avuto una crisi durante il sonno e ora sta riposando. No, mi va bene
tutto, ma ora siamo in gruppo e tu porti fuori questi brani da
suicidio?» ribattei senza scompormi.
«Di
questa che ne pensi?»
Ascoltai
un brano rock a me ignoto e decisi di non commentare, non mi
importava più di tanto cosa volesse ascoltare. Quando la
canzone terminò, lui mi chiese se potessi prestargli il mio
telefono, in modo da mettere su qualcosa dalla mia immensa playlist.
Nel
frattempo, Tamara ci raggiunse e si avvolse attorno al corpo il suo
telo da mare. Si sedette sulla mia stessa sdraio e insieme ci
mettemmo in ascolto di ciò che stava selezionando Marco.
Scelse
qualche brano degli Slipknot, qualcosa dei Korn e perfino dei System
Of A Down; poi si orientò su un gruppo rock locale che
conoscevamo entrambi e così ascoltammo un bel po' di loro
brani.
Dopo
un po' ripresi il mio cellulare e decisi di scegliere io le canzoni
da ascoltare, spaziando in vari generi per non annoiare nessuno.
Verso
mezzogiorno Viola e Marta ci raggiunsero, così mi precipitai
subito incontro alla mia amica per chiederle come stava. Lei era
sorridente e tranquilla, mi disse di aver riposato un bel po' e di
stare decisamente meglio.
Quando
tornai alla sdraio, notai che Nicolò e Giorgio erano usciti
dall'acqua e si erano accomodati non tanto distanti l'uno dall'altro.
Giorgio
teneva in mano un tubo di Pringles e si accingeva a mangiare le sue
patatine in santa pace, quando Nicolò distrusse l'idillio,
come suo solito.
«Giorgio,
me ne dai un paio?» domandò in tono cantilenante e
pedante.
«Sì,
ma non mangiarne troppe...»
La
mia stima verso Giorgio raggiunse le stelle, ma Nicolò parve
poco propenso a seguire il consiglio che gli era appena stato dato.
«Non
essere tirchio!» strepitò ancora, allungandosi per
infilare nuovamente la mano dentro il tubo.
A
quel punto Giorgio si incazzò parecchio e sbottò:
«Nicolò, smettila subito! Mi sono proprio stancato, sai?
Da quando è cominciato il campo non fai che approfittarti di
me, ma pensi che io sia scemo? Ora non te ne do più,
arrangiati!».
La
mia stima per quel ragazzino crebbe ancora e si estese verso
l'infinito e anche oltre.
«Bravo
Giorgio!» esclamò Viola con entusiasmo.
«Grande,
diglielo!» aggiunsi io.
«Vedi
Nicolò, porti le persone a rivoltarsi contro di te. Forse
dovresti cambiare atteggiamento» commentò Giovanna.
Lui
continuò a borbottare tra sé, ma noi lo lasciammo
perdere e ci concentrammo sulla musica e sul cibo che stavamo
consumando; io avevo portato appresso i grissini al sesamo, Giorgio
ci offrì le sue patatine e Giovanna portò fuori un po'
di biscotti assortiti.
«Lau,
prestami il tuo telefono, vediamo cosa possiamo ascoltare!» mi
disse Marta, intenzionata a far ballare Simona e Gabriella; aveva
notato che le due se ne stavano sedute e non comunicavano con il
resto del gruppo, Gabriella impegnata a parlare con il cellulare e
Simona immersa nel suo mondo fatto di biscotti per la colazione,
fazzoletti per il naso che nessuno le dava e colazioni nella camera
di Nicolò.
Consegnai
l'oggetto a Marta e lei cominciò a scorrere i nomi degli
artisti presenti nella mia raccolta multimediale.
«30
Seconds To Mars... chi se li ricordava più?! Accept...
Aerosmith... Aerosmith?! Fantastici! Che canzoni hai?» esclamò
lei tutta contenta.
«Apri
la cartella, ora non mi ricordo... Marta, ti ricordi quando, tre anni
fa, eravamo al campo e in quel campeggio mandavano sempre I don't
want to miss a thing?»
«Sì, cavoli! È
vero, erano fissatissimi!»
Ridacchiai. «Meglio di
quando partivano le canzoncine della baby dance...»
Anche
lei rise e scelse un brano molto allegro e trascinante degli
Aerosmith, ovvero Rag Doll.
«La adoro, troppo divertente! Forza, Simo, Gabri... alzatevi!
Venite a ballare!» le incoraggio Marta, cominciando a muoversi
a ritmo con la musica e prendendo a cantare la canzone in questione,
inventandosi però tutte le parole.
Io mi misi in piedi a mia
volta e accennai qualche passo incerto; ballare non mi piaceva, però
la musica spesso riusciva a trascinarmi con sé e non mi
importava di non riuscire a risultare sensuale o aggraziata, non
erano proprio problemi miei.
Cominciai a mia volta a
cantare e fu divertentissimo; in quel momento mi sentii veramente
leggera, libera e tranquilla, non c'era niente che potesse
preoccuparmi.
Yes
I'm movin' Yes I'm movin' Get ready for the big time Tap
dancing on a land mine Yes I'm movin' Yes I'm movin' Old tin
lizzy do it till you're dizzy Give it all ya got until you're put
out of your misery
«Troppo bella questa
canzone, non la sentivo da secoli!» gridò Marta in preda
all'entusiasmo, prendendo le mani di Simona per incitarla a muoversi
a ritmo.
Il mio sguardo cadde su
Gabriella, la quale si muoveva scompostamente e non sembrava
apprezzare particolarmente quel tipo di musica.
Andammo avanti così
per un po', ascoltando diverse canzoni e ballando come invasate.
Fortunatamente in piscina
non c'era nessun altro oltre noi.
Dopo un po' ci rimettemmo a
sedere, sfinite e accaldate; bevemmo un po' d'acqua e cercammo di
riprendere fiato.
Marco si sedette sul muretto
di cemento e pietra che delimitava le aiuole della piscina.
Imbracciava la sua chitarra classica e strimpellava distrattamente,
intonando un brano piuttosto malinconico, come al solito.
Mi
venne un'idea e mi accostai alla mia borsa; frugai al suo interno e
ripescai la macchina fotografica che ci avevo buttato dentro quella
mattina.
Senza farmi notare da lui,
presi a scattargli qualche foto, perché mi veniva da ridere
per la serietà con cui si atteggiava a grande musicista
maledetto con tanto di capelli sul viso e il sole che batteva
implacabile su di lui.
«Guarda, Giovi»
sussurrai, mostrando le foto all'educatrice che, nel frattempo, mi si
era avvicinata per capire cosa stessi combinando.
«Serio, troppo
serio... non se la fa mai una risata?» osservò lei
ironica.
«A quanto pare no...»
«Ragazzi, vi
ricordate, vero, che questo pomeriggio abbiamo la musicoterapia?»
ci chiese Marta, mentre cercava di aiutare Simona a sistemare le sue
cose.
Ormai si avvicinava l'ora di
pranzo e dovevamo cominciare a prepararci per andarcene dalla
piscina.
«Ah, sì! A che
ora si comincia?» mi informai.
«Verso le quattro»
rispose Giovanna.
«Sempre troppo
presto... ci sarà da morire per via del caldo!» si
lamentò Tamara, ripiegando il suo telo.
«Sicuramente»
borbottai a mia volta.
Sperai che quell'esperienza
risultasse positiva, altrimenti sarebbe stata una doppia seccatura.
Dopo aver finito di
racimolare i nostri effetti personali, ci incamminammo verso le
nostre stanze.
Io
mi accostai a Viola e procedetti accanto a lei, controllando
che il bastone non le creasse dei problemi e che seguisse il percorso
giusto.
Poco dopo Tamara ci
raggiunse e ci sussurrò: «Dopo devo raccontarvi di
Marco».
«Oddio»
mormorai. «Che è successo?»
«Poi vi dico, appena
abbiamo un attimo di tranquillità...»
«Tami, però non
farci preoccupare! Ha fatto qualche stupidaggine?» intervenne
Viola.
«Sì, ma non c'è
da preoccuparsi. State tranquille» ci rassicurò mia
sorella con un sorriso.
Non vedevo l'ora di scoprire
cos'altro aveva combinato quel cretino. Sperai caldamente che non
avesse esagerato con mia sorella, altrimenti se la sarebbe vista con
me.
Ma conoscevo Tamara, lei era
benissimo in grado di badare a se stessa.
Andai a pranzo più
curiosa che mai, con la speranza che la giornata migliorasse ancora.
Le cose sembravano andare meglio rispetto a quella mattina, perciò
incrociai le dita e decisi che avrei fatto di tutto pur di far
procedere tutto in maniera positiva.
Dopotutto eravamo in
vacanza, avevamo anche noi il diritto di divertirci, sentirci liberi
e svuotare la mente.
Ero stanca della negatività
e del malumore, non potevo permettere a nessuno di rovinare il mio
ultimo campo.
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