Desperate Times Call for Desperate Measures - A mali estremi, estremi rimedi di Sleepyheadven_ita (/viewuser.php?uid=1023484)
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“Giorno libero!” aveva urlato
Hanji, alzando le braccia in aria in maniera teatrale non appena si era
svegliata.
Levi l’aveva colpita con poco garbo
con un cuscino, intontito, aprendo gli occhi al suo urlare. L’altra
aveva borbottato appena quando aveva impattato su di lei, scrollandosi
di dosso velocemente quello e le mani di lui.
“Levi, non capisci che vuol dire
questo?” aveva detto con le spalle che le tremavano per l’eccitazione.
“E tu non capisci che vuol dire il
concetto di spazio personale?” aveva ribattuto Levi burbero,
cominciando a sedersi sul letto appoggiando la schiena alla testiera. I
capelli gli andavano in ogni direzione, esattamente come quelli di lei.
Hanji aveva riso divertita alle sue
parole. “Condividiamo il letto, caro. Lo spazio personale non esiste
più” aveva detto saltando giù dal letto, inciampando nei suoi piedi
mentre afferrava gli occhiali e se li rimetteva. Levi aveva fatto
ciondolare le gambe giù dal suo lato, seguendola a malincuore.
“Non capisci che vuol dire il
concetto di spazio personale?” l’aveva preso in giro facendogli il
verso Hanji, vendendolo entrare nel bagno. Aveva messo il dentifricio
sullo spazzolino, Levi aveva notato che i suoi occhi ridevano ancora
mentre li guardava riflessi nello specchio.
Le aveva dato un colpetto con il
gomito, facendola spostare quel tanto che bastava perché anche lui
potesse prendere il suo spazzolino.
“Ti prendi tutto lo spazio” aveva
borbottato, cominciando a spazzolarsi i denti.
Hanji gli aveva restituito la
spinta con slancio, per infastidirlo, sputacchiando tra le risate per
via di un rivolo di schiuma che gli era sceso sul mento. Levi l’aveva
guardata torvo, rimanendo in silenzio, l’altra si era messa a ridere
tanto che aveva strizzato gli occhi e aveva cominciato a tenersi la
pancia.
Ad un certo punto il dentifricio
aveva cominciato a gocciolarle dal mento, Levi aveva roteato gli occhi
nel vederla. Si era ripresa un minuto dopo, respirando profondamente
mentre tentava di ricomporsi.
“Sei una fottuta idiota” gli aveva
detto a bassa voce, si era già ripulito il mento a quel punto.
Hanji aveva sbuffato, sentendo nel
suo petto le vibrazioni di una risata mentre notava il suo aspetto.
“In una scala da uno a dieci,
quanto sono attraente in questo momento?” aveva chiesto ammiccando
verso di lui.
Levi l’aveva guardata inespressivo,
notando i capelli che le cadevano dalla coda, le borse e la schiuma del
dentifricio che le cadeva dal mento. I suoi occhi però erano illuminati
di felicità, grandi e brillanti mentre aspettava che le desse una
risposta. Era ovvio che in quel momento fosse un disastro, ma il suo
sorriso giocoso che le distendeva le labbra e il suo sguardo divertito
la rendevano in qualche modo affascinante. Non che l’avrebbe ammesso,
comunque.
“Meno cento” l’aveva insultata
senza nessuna inflessione particolare nella voce, concentrandosi nella
sua immagine riflessa nello specchio mentre si aggiustava i capelli.
L’aveva sentita scoppiare a ridere, e un piccolo sorriso gli era salito
sulle labbra. L’aveva velocemente nascosto.
-
Hanji aveva proposto di visitare un
piccolo caffè dove era stata il giorno precedente con sua madre,
sostenendo che fosse un posto abbastanza tranquillo dover poter fare
conversazione.
“Lo sai cos’è strano?” aveva
chiesto mentre scendevano dal taxi che avevano preso.
“Cosa?” aveva ribattuto Levi
sembrando disinteressato, guardandola per un attimo prima di
concentrarsi su quella parte della città che sembrava così tranquilla.
Gli aveva camminato vicino qualche passante solitario sul marciapiede,
ma non c’era tanto rumore o traffico come si era abituato ad avere
intorno nei giorni passati, era un cambiamento piacevole.
“Beh, com’è stato facile per noi
entrare nel ruolo dei fidanzatini nonostante le nostre differenze”
aveva detto Hanji con una scrollata di spalle, camminandogli accanto
mentre raggiungevano la porta del piccolo caffè. Levi aveva aperto la
porta silenziosamente, permettendole di entrare prima di lui. Aveva
alzato un sopracciglio alla sua osservazione ma non aveva commentato,
sinceramente pensava anche lui che fosse strano.
Il ragazzo che lavorava il giorno
precedente era lì anche adesso, aveva notato Hanji entrando, con la
stessa espressione svagata del giorno prima e tamburellando con le dita
sul bancone di legno.
"C'est un plaisir de vous revoir."
La sua attenzione si era riaccesa quando l’aveva vista, si era rimesso
in piedi. "Qu'est ce que je peux vous servir?" le aveva chiesto.
Levi l’aveva guardata rivolgendole
uno sguardo scettico.
“Un café pour moi et un thé noir
pour lui s'il vous plaît." Aveva ordinato svelta, girandosi verso
l’altro per chiedere conferma. “Ti va bene un tè nero, giusto? Oppure
dimmi cosa vuoi e te lo ordino.” Aveva inclinato un po’ la testa mentre
aspettava la sua risposta.
“Il tè va bene” l’aveva rassicurata.
"Je vais le ramener sur" si era
offerto il ragazzo con garbo, facendo loro cenno di sedersi a uno dei
tavoli tondi.
“Non sapevo che parlassi francese”
le aveva detto Levi mentre afferrava una sedia e si sedeva, guardando
la brunetta.
Hanji aveva messo il mento sul
palmo della sua mano, ascoltando il rumore della macchina del caffè
mentre il barista preparava le loro bevande.
“Sì, l’ho imparato da bambina” gli
aveva detto con un sorriso soddisfatto. Per la prima volta dopo quattro
giorni si sentiva tranquilla, non dovendo sopportare la presenza
opprimente di sua madre.
“Anch’io” le aveva rivelato Levi
tranquillo, Hanji si era illuminata alle sue parole.
“Beh, s’impara qualcosa di nuovo
ogni giorno, vero?” gli aveva detto allegra.
Il ragazzo si era avvicinato al
loro tavolo con grazia, reggendo con le mani due tazze di liquido
bollente.
"Ici vous allez, profitez" aveva
detto loro con un sorriso amichevole prima di andarsene di nuovo, ma
non prima di aver captato le loro chiacchiere a bassa voce su quanto
fosse bello che in quel momento non dovessero star fingendo di avere
una relazione.
Il ragazzo era tornato dietro il
bancone, trovando lì anche il suo biondo buon amico. La testa rivolta
all’ingiù, i suoi occhi blu concentrati sulle parole stampate del libro
che stava leggendo quel giorno. Il bar non era stato molto affollato in
quei giorni, così avevano avuto del tempo da perdere ogni tanto. Gli
aveva rifilato un colpetto col gomito per attirare la sua attenzione.
“Hey.”
Armin era trasalito appena per
quell’improvvisa interruzione, lo aveva guardato per un attimo. “Non
dovresti essere al bancone Jean?” aveva chiesto un po’ confuso,
guardando l’entrata del locale e notando l’assenza di qualcuno che
stesse a quella postazione.
Jean aveva dismesso le sue
preoccupazioni senza sforzarsi troppo. “Non sta venendo nessuno” gli
aveva detto tranquillo, appoggiando la schiena contro il bancone e
fissando lo sguardo in un punto imprecisato.
Armin aveva giusto scosso un po’ la
testa, non essendo in vena di discutere con il suo amico con capelli
color cenere.
“Cosa c’è di così interessante?”
gli aveva chiesto incuriosito, dirigendo lo sguardo dove era rivolto
anche quello dell’altro.
“La vedi quella coppia laggiù?”
aveva chiesto Jean a bassa voce, puntando verso la brunetta e il
ragazzo coi capelli neri che sembravano essere in mezzo ad una
conversazione.
Armin aveva annuito, sebbene non
capendo.
“Sì?” aveva chiesto spostando lo
sguardo da quei due per metterlo di nuovo interrogativo su Jean.
“Vedi qualcosa di strano in loro?
Tipo, sembra che stiano insieme?”
Armin era anche più che confuso a
questo punto, Jean doveva proprio annoiarsi a morte per prestate così
tanta attenzione ai clienti. A ogni modo aveva osservato quei due,
nonostante le sue incertezze. Aveva guardato il modo in cui la ragazza
con il viso ovale e gli occhiali stava ridendo a qualcosa che aveva
detto l’altro, il quale la guardava quasi ammirandola, sebbene lo
facesse in modo da non farsi scoprire.
“Sì, può essere Jean. Però non
capisco dove vuoi arrivare.”
“Non stanno insieme, ma senti
questa, fanno finta di sì” aveva rivelato l’altro con un sorrisetto
ironico in faccia. “Sembrano sposati da anni” aveva osservato ancora
divertito, sorridendo.
“E di nuovo, sarebbero affari tuoi
perché…”
Jean aveva sospirato, esasperato,
dando una pacchetta al biondino, il quale, in risposta, gli aveva dato
una botta con il libro che aveva in mano contro un fianco.
“Niente, è solo interessante,
Armin, non succede mai niente ultimamente, mi puoi biasimare se cerco
qualcosa che mi diverta?”
Armin aveva sospirato appena,
quindi aveva posato il libro. “Va bene, quindi c’è una coppia che finge
una relazione. Perché sono così interessanti?”
“Perché ovviamente si piacciono”
aveva replicato Jean facendo un cenno verso di loro.
“Forse sono solo molto bravi a
fingere” era stata la risposta di Armin, anche se non poteva negare che
sembravano presi l’uno dall’altra. Non che avesse interagito né con
l’uno né con l’altra, quindi non c’era molto altro su cui potesse
basare le sue opinioni.
“Quanto vuoi scommettere che entro
la fine della settimana staranno insieme per davvero?” aveva sfidato il
suo amico con un sorrisetto, dandogli una leggera gomitata in un fianco.
Armin aveva esitato, non gli
sembrava giusto farsi gli affari degli altri, specialmente di due
sconosciuti. “E come lo sapresti se ci hai preso? Per quello che
sappiamo potrebbero anche non tornare mai più qui” aveva osservato
intelligentemente.
“Ho un presentimento” aveva
affermato sicuro di sé Jean. “Allora ci stai o no?”
Armin aveva sospirato,
dichiarandosi sconfitto. Aveva pensato che valeva la pena assecondarlo
se questo significava farlo tornare al lavoro. “Certo.”
“È una scommessa allora!”
-
“Dovremmo andare a comprarti un
abito, sai” aveva suggerito Hanji quando erano passati davanti a dei
negozi di vestiti. “Ovviamente andrà bene solo il più nero degli
smoking, sia mai che tu non rientri nello stile del matrimonio” aveva
sorriso, quindi aveva tirato Levi per un braccio fermandosi di fronte
ad una boutique di abiti per uomo.
“Vedi, è un segno” aveva detto
puntando lo sguardo appena in basso per guardarlo. “Che ne dici,
piccoletto?”
Levi aveva osservato senza
particolare emozione l’insegna, quindi i costosi abiti in vetrina,
quasi come se li stesse passando al vaglio.
“Non penso di avere una grande
scelta” aveva commentato accettando il suggerimento. Hanji aveva
sorriso soddisfatta, poi gli aveva preso la mano e l’aveva trascinato
nel negozio eccitata.
“Salve” aveva salutato allegra
l’uomo che stava al bancone, continuando a tenere per una manica Levi,
il quale si guardava intorno con aria apparentemente annoiata. “Il mio
amico ha bisogno di uno smoking” aveva annunciato in maniera un po’
eccentrica a quello sconosciuto.
Quell’uomo ben vestito era andato
loro incontro con fare gentile e professionale. “Bene, qual è
l’occasione speciale?” aveva chiesto con un forte accento francese.
“Il matrimonio di mia madre, è una
donna molto particolare, quindi sto riponendo una grande fiducia in
lei” gli aveva rivelato Hanji sorridendogli allegra, finalmente
lasciando la mano dell’altro.
L’uomo più anziano si era diretto a
quello più basso, osservandolo. “Posso prenderle le misure?”
Hanji aveva parlato prima che Levi
potesse farlo, sapendo cosa dire.
“Sì, sì, certo, va benissimo per le
misure” aveva detto mettendo una mano sulla schiena del suo amico,
facendolo avvicinare.
Levi aveva lanciato uno sguardo
assassino sia ad Hanji che all’altro uomo mentre lo conduceva ad una
stanza sul retro, metro alla mano.
“Torniamo subito, mi assicurerò che
sia il più affascinante possibile” aveva promesso l’uomo convinto,
Hanji giurava di aver sentito Levi ringhiare.
“Non ho dubbi” aveva replicato lei
con un sorrisetto maligno, appoggiandosi a una parete mentre i due
uomini sparivano
Mi ucciderà nel sonno stanotte,
aveva pensato Hanji senza preoccuparsi troppo, ma ne sarà valsa la pena.
Dieci minuti dopo i due erano
riemersi dalla stanza sul retro, il negoziante con l’aria di essere
molto soddisfatto del lavoro che aveva fatto. Lo sguardo di Hanji era
scivolato lungo tutta la figura di Levi, osservando quel vestito che
sembrava essere fatto apposta per lui. Aveva lasciato un piccolo
sorriso salirle alle labbra, sapendo che se fosse stata eccessiva con i
complimenti non avrebbe fatto che innervosirlo ancora di più.
“Stai benissimo Levi!” aveva detto
gentilmente per fargli un complimento, avvicinandosi a lui. “Molto
sofisticato” aveva riso appena.
Levi aveva sospirato appena,
guardandosi allo specchio.
“Beh, ovviamente non è una
decisione che spetta a me. Che ne pensi?” gli aveva chiesto.
Si era raddrizzato la giacca, prima
di lisciarla un po’. “È carino” aveva commentato semplicemente, incerto
su cosa dire.
“Detto da lui non è poco” aveva
detto Hanji contenta, diretta al negoziante. “Lo prendiamo!” aveva
affermato senza nemmeno un secondo di esitazione.
“Hey, ‘sto coso probabilmente è
molto costoso” aveva protestato Levi immediatamente, senza preoccuparsi
minimamente che il negoziante fosse lì accanto a lui.
Hanji gli aveva fatto cenno di non
preoccuparsi. “È il minimo che posso fare. Accidenti, hai attraversato
il mondo per farmi un favore” aveva affermato.
“Sì, ma non ci ho rimesso un soldo”
le aveva ricordato Levi.
“Shhh” gli aveva detto Hanji,
determinata a comprargli quell’abito. “E adesso vai a cambiarti così
posso pagarlo” aveva detto facendogli cenno di andare, quasi
spingendolo verso il piccolo camerino nel retro.
“Il suo amico sembra…
intimidatorio” aveva osservato il negoziante per fare conversazione,
avvicinandosi alla cassa per farle il conto.
“Può sembrarlo quando non lo si
conosce molto bene” aveva replicato ridendo divertita, “Ma è una
persona gentile, nonostante i suoi problemi di atteggiamento.”
“Beh, sembrate affezionati l’uno
all’altra voi due” aveva commentato con un piccolo sorriso sulle
labbra, senza rifletterci troppo. Aveva preparato una robusta busta di
plastica per metterci dentro il vestito una volta che Levi fosse
tornato.
Hanji aveva capito cosa volesse
tacitamente dirle l’uomo, e aveva deciso di non commentare, i suoi
sforzi sarebbero stati vani. E comunque poteva capire com’è che certe
persone potessero percepire qualcosa di familiare nel modo in cui lei e
Levi si comportavano l’uno con l’altra, stava cominciando a notarlo lei
stessa a essere onesti, ma era giunta alla strana conclusione che non
le dispiaceva.
Le piaceva sempre di più stargli
vicina, si sentiva sempre più a suo agio nell’averlo accanto nello
stesso letto, le piaceva come facevano gli stupidi la mattina appena
svegli, quei finti litigi che finivano spesso in giocose risse. La
routine che avevano iniziato in quei giorni era un qualcosa che poteva
vedersi a fare nei tempi a venire, e questo l’aveva scossa nel profondo.
Era trasalita, sbalzata via dai
suoi pensieri quando Levi aveva appoggiato ordinatamente lo smoking sul
bancone.
“Perché hai la faccia di una che se
l’è fatta nei pantaloni?” le aveva chiesto con un sopracciglio appena
alzato.
“Ti piacerebbe avere ‘sta faccia,
Levi. Lo sai, con i costanti problemi di stipsi di cui soffri…” aveva
ribattuto lei, senza sforzarsi troppo, scegliendo di non curarsi
dell’aria sconcertata dell’uomo dall’altra parte del bancone.
Il negoziante le aveva detto la
cifra che gli doveva mentre gli porgeva la carta di credito.
“Stavi davvero bene, lo sai?” aveva
detto a Levi, facendogli i complimenti di nuovo.
“Non abbastanza da giustificare una
spesa del genere” aveva replicato lui monotono, osservando il
negoziante che porgeva indietro la carta ad Hanji con gli occhi ridotti
ad una fessura.
“Oh, smettila. Sii contento del
fatto che sarai molto probabilmente quello vestito meglio” aveva
ribattuto sperando di mettere a tacere le sue preoccupazioni. “E
ovviamente, io sarà la più carina. Non c’è da stupirci che sembriamo
una coppia convincente dato che siamo così ugualmente attraenti” aveva
scherzato con tranquillità, facendogli segno di prendere la busta.
“Sei una scema” aveva ribattuto
Levi senza mostrare alcuna emozione.
Hanji gli aveva sorriso,
consapevole di esserlo. “Non hai negato che lo potremmo essere.”
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