Lunedì,
6 agosto 2012
Stamattina
nessuno mi sveglia e dormo fino alle 9 passate; mentre sto facendo
colazione arriva Carlo: "Ciao Leo! Meno male, ci sei! Temevo di
non trovarti!".
Io
rido: "Pensavi che fossi già in giro per l'ospedale?"
"No,
pensavo che ieri sera, anziché rientrare, fossi scappato
chissà dove!"
"Eh!
Magari!"
"Allora?
Com'è andata ieri?" mi domanda mentre mi prende il polso.
"Benissimo."
"Sei
stato bene?"
"Anche
troppo!"
"Non
hai strafatto?"
"No,
anche perché dopo un paio di bracciate ero già a corto
di fiato..."
"Questo
è normale, lo sai... Sei fuori allenamento e il tuo fisico ne
ha passate tante ultimamente..."
"Sì,
sì, lo so..."
"Ti
sei comunque divertito?"
"Sì,
un sacco! Ma com'è che stamattina non si vede nessuno? Non è
venuto nessun infermiere, e nemmeno la Strega..."
"Ed
io ti sembro nessuno? Beh, grazie per la considerazione..."
"Eddai
Carlo! Non te la prendere! Certo che ti considero! Ma non mi pare
vero che non devo fare nessun controllo, nessun esame..."
"Hai
fatto tutto due giorni fa, oggi non è necessario ripetere
niente, dato che stai bene."
"E
allora potevo starmene a casa un giorno in più, no?! Che senso
ha avuto farmi rientrare se tanto non mi fate niente!"
"Leo,
non ricominciare con questa storia, su! Se la Lisandri ha deciso così
ha le sue buone ragioni e non sta a te discuterle."
"Ah,
non sta a me?!" esclamo puntando l'indice contro il mio petto.
"E allora a chi sta?! Mi pare che è di me che
stiamo parlando!"
"Senti,
piuttosto... Ti aspetta nel suo studio alle 10:30."
"Ah...
Mi ha convocato?!"
"Sì,
ti ha convocato".
Non
mi piace granché andare nel suo studio: mi mette soggezione.
E
poi ho ricevuto troppe brutte notizie là dentro.
"Ma
sai perché?" domando mentre sento l'ansia crescere.
"No."
"Eddai
Carlo! Sì, che lo sai!"
"No,
ti garantisco che non lo so. Sono l'ultimo arrivato qui. Mi dicono
solo lo stretto necessario."
"Credi
che sia per i risultati della tac e della risonanza?"
"Potrebbe
essere, ma non ne sono sicuro".
Ok,
più che essere in ansia diciamo che me la sto facendo sotto
dalla paura.
"Sai
se ha mandato a chiamare anche mio padre o mia sorella?"
"Leo,
te lo ripeto: non so niente. So solo che ti aspetta per le 10:30".
È
l'ora più lunga della mia vita.
Cerco
di non pensarci, ma è inutile.
Cerco
di farmi coraggio, ma la paura continua a prevalere.
E
se il tumore non si fosse ridotto?
E
se non mi possono operare?
E
se prima devo fare ancora chemio?
E
se invece si è ridotto e hanno fissato la data
dell'operazione?
Non
sono sicuro di volerla sapere, la data dell'operazione, e nemmeno i
dettagli.
Però
so che chiederò tutto lo stesso.
Perché
la mia maledetta sete di verità non me la toglie
nessuno: nemmeno questa fottuta paura.
Così
alle 10:25 prendo il block notes giallo, una biro e mi avvio a passo
deciso verso lo studio della Lisandri.
Mi
tremano un po' le gambe mentre mi siedo di fronte alla Lisandri e al
dottor Alfredi.
Sì:
perché c'è anche il dottor Alfredi.
Perché
c'è anche il dottor Alfredi?!?
Notizie
importanti, a quanto pare.
"Mi
devo preoccupare?" chiedo a bruciapelo senza dare loro il tempo
di dirmi niente.
"Sempre
precipitoso, eh?!" osserva il dottor Alfredi con un sorriso
bonario.
"Non
sai quanto, Andrea" commenta la Lisandri guardandolo, per poi
girarsi di nuovo verso di me: "Dimmi prima com'è andata
ieri. Sei stato bene?"
"Sì,
sono stato bene. Ma basta convenevoli, tanto Carlo di sicuro gliel'ha
già riferito che sono stato bene. Adesso ditemi perché
siamo qui" dico aprendo il block notes e togliendo il tappo alla
biro. "È per i risultati degli esami? È per
parlare dell'operazione? Avete mandato a chiamare anche mio padre?"
"Andiamo
con ordine” mi dice il dottor Alfredi. “D'accordo, Leo?”.
Io
deglutisco e prendo fiato: "D'accordo."
"Per
cominciare, ti rispondo che è sì, a tutte e tre
le domande."
"Ok."
Calmo.
Devo stare calmo.
“Tuo
padre arriverà tra circa un'ora” interviene la Lisandri.
“Se preferisci aspettare che arrivi...”
"Sa
bene che non lo preferisco."
"Va
bene, andiamo pure avanti, allora" dice rivolta al dottor
Alfredi.
"Dunque,
abbiamo già visionato i risultati della tac e della risonanza,
ci siamo consultati anche con il dottor Abele, e riteniamo che tu
possa essere operato al più presto" mi annuncia lui col
tono più tranquillo del mondo.
Posso
essere operato.
Questa
è una buona notizia, no?
Ma
allora perché non mi sento affatto rassicurato?
Forse
è quel "al più presto" che mi mette addosso
ancora più agitazione.
"Quanto
presto?" è la prima domanda che mi viene in mente e che
mi affretto a fare.
"Il
20 agosto" mi risponde la Lisandri.
Il
20 agosto.
Lo
scrivo sul block notes, in alto al centro, su una pagina bianca: 20
agosto.
Tra
sole due settimane?!
"Cioè...
tra due..." comincio a dire, a fatica, e la Lisandri conclude la
frase per me.
"Sì,
Leo, tra due settimane".
"Ok"
dico annuendo, e mi accorgo che sto trattenendo il respiro.
"Vuoi
un bicchiere d'acqua?" mi domanda il dottor Alfredi.
Con
dentro un Valium, magari.
"No,
no, è tutto ok" mento sfregandomi un occhio, mentre
riacquisto lucidità: "Ma quindi... il tumore si è
ridotto, giusto?!"
"Sì
Leo, si è ridotto" mi risponde la Lisandri togliendosi
gli occhiali. "Anche se non quanto ci aspettavamo."
"Cioè?!
Che vuol dire?"
"Vuol
dire che, solitamente, dopo tre cicli di chemio come quelli che hai
fatto tu, ci aspettiamo una riduzione maggiore di quella che invece è
avvenuta."
"Però
avete appena detto che potete operarmi lo stesso, no? Quindi qual è
il problema?".
Sono
proprio sicuro di volerla sentire, questa risposta?
Che
io lo voglia o no, è comunque troppo tardi: adesso mi tocca
ascoltarla.
"Uno
dei problemi è che meno si riduce il tumore, più
invasivo è l'intervento, quindi più lungo e più
complesso" mi spiega la Lisandri. "Ma di questo te ne
parlerà meglio il dottor Abele."
"Ok,
ma ha detto uno dei problemi. Quali sarebbero gli altri?"
le chiedo mentre quasi stritolo la biro.
"L'altro
è che ciò significa che il tumore è ancora più
aggressivo di quello che pensavamo" mi risponde parlando
lentamente.
Troppo
lentamente.
Appoggio
un gomito sulla scrivania e mi passo la mano sulla testa, cercando di
restare calmo, ma non ci riesco: "Quindi?! Che significa?! Che
sono nella merda?!"
"Vacci
piano, ragazzo!" esclama il dottor Alfredi sorridendo.
"Significa solo che dobbiamo rivedere il piano terapeutico e
trovarne uno più adeguato: cambiare il tipo di chemio, in
buona sostanza".
Mi
raddrizzo e mi appoggio contro lo schienale della sedia, guardando
negli occhi prima uno e poi l'altra: "Potete non dirla a mio
padre, questa cosa? Non credo che la prenderà bene."
"Leo,
sai che non possiamo non dirglielo" dice la Lisandri sostenendo
il mio sguardo.
Io
scuoto la testa e sospiro: "Voi non lo conoscete. Non potete
dirgli che il mio tumore è più aggressivo del previsto!
Non... non sarà in grado di sostenerlo!".
Il
dottor Alfredi si alza e si avvicina a me, poggiandomi una mano sulla
spalla: "Leo..., nessun genitore prende bene il fatto che il
proprio figlio abbia un tumore. Ma così come è tuo
diritto sapere la verità, è anche suo dovere.
E il nostro è dirla: a te, come a lui. Ma non è
tuo dovere preoccupartene.
Non sobbarcarti pure di questo peso, che ne hai già abbastanza
di tuo".
Non
è che io voglia proprio sobbarcarmelo, questo peso.
È
che più peso do a lui, più il mio non si alleggerisce,
anzi, mi torna indietro moltiplicato.
Mi
torna indietro nei suoi sguardi smarriti, nella sua voce che trema,
nei suoi silenzi angosciati, nella sua assenza che pesa.
Quella
sì, che pesa.
E
scava.
"Domani
alle dieci hai appuntamento col dottor Abele, nel suo studio: stanza
quattro, sempre qui al secondo piano" mi dice la Lisandri,
mentre io prendo appunti. "Giovedì alle quattro e mezza,
invece, hai la visita preliminare con l'anestesista, stanza..."
"È
sempre Orietta?"
"Sì,
sempre lei."
"Allora
so dov'è. Ma come mai così presto? Per la biopsia
l'avevo incontrata il giorno prima."
"Perché,
nel caso di interventi più complessi, di visite se ne fanno
almeno due: una circa due settimane prima, per escludere ogni
complicazione, e una in prossimità dell'intervento, per
conferma."
"Va
bene" dico, scrivendo anche questo.
"E
sabato alle nove e mezza ti ho prenotato una scintigrafia ossea."
"Wow!
Certo che mi ha riempito l'agenda, eh?!"
"Così
adesso non potrai più dire che ti tengo qui senza fare
niente!" esclama lei con un sorriso sarcastico.
"Ma...
prima che me lo vada a cercare su internet... che roba è 'sta
scintigrafia?!"
Solo
la parola mi mette i brividi.
"È
tipo una tac, ma più specifica nel valutare eventuali
alterazioni delle ossa. Diciamo che ci serve per approfondire la
risonanza e la tac che hai già fatto. Ti viene iniettato un
radiofarmaco, poi bisogna aspettare tre ore, affinché si fissi
al tessuto osseo, quindi ti sdrai su un lettino come quello della tac
e la macchina ti passa sopra scannerizzando le tue ossa."
"Cioè
quelle della gamba?"
"Non
solo: già che ci siamo preferiamo eseguirla su tutto il corpo,
così vediamo la situazione generale."
"E
per quanto tempo dovrò starmene fermo ad essere
scannerizzato?"
"Non
molto, circa mezzora."
"Ok...
C'è altro che dovete dirmi?"
"No,
per il momento no. Dovrai fare altri esami ma ne riparleremo dopo che
avrai fatto il colloquio col dottor Abele e la visita
anestesiologica."
"Beh,
perché non possiamo parlarne adesso?!"
"Perché
saranno appunto il chirurgo ortopedico e l'anestesista a dire quali
esami hanno bisogno che tu faccia" mi spiega il dottor Alfredi.
Io
chiudo il block notes, sospirando: "Va bene. Oggi sono libero di
andarmene in giro?" domando alla Lisandri.
"Sì."
"Anche
in giardino?"
"Sì,
anche in giardino, ma evita le ore più calde."
"In
palestra non glielo chiedo nemmeno..."
"Bravo,
non chiedermelo. Quando potrai mi premurerò di dirtelo.
Comunque, dopo l'intervento frequenterai la palestra abitualmente per
la riabilitazione."
"Non
mi sembra esattamente la stessa cosa..." commento alzandomi, per
poi salutarli ed andare dai Braccialetti Bianchi.
Alessandro,
6/08/12.
"Ciao
Leo. Cosa scrivi?"
"Oh,
ciao papà... niente, cose mie..." dico mettendo via il
pennarello indelebile.
"Ma
hai il permesso di scrivere sull'armadietto?"
"Il
permesso?!" esclamo io ridendo. "E che ne so?! Mica
l'ho chiesto!"
"Ma
non ti dicono niente?".
Io
mi stringo nelle spalle: "Sono qua da un mese, posso
considerarla la mia stanza, no?"
"La
tua stanza è a casa" ribatte lui con tono serio.
"Allora
diciamo che è anche a casa. Ma intanto sono qui.
Quindi anche questa è la mia stanza, no? Pensavo
di mettere delle tende alle finestre e di ridipingere il soffitto,
che ne dici?".
Lui
scuote la testa: "Devi sempre scherzare, eh?"
"Diciamo
che aiuta."
"La
dottoressa Lisandri mi ha mandato a chiamare... Sai perché?"
"Forse
perché sono indisciplinato e sta pensando di darmi una
sospensione!" scherzo io. "Atti vandalici sugli
armadietti!"
"Dai
Leo, adesso smettila di scherzare! Sai di cosa mi deve parlare?"
"Sì...,
io ci ho già parlato. Il 20 mi operano."
"Il
20 agosto?!"
"Sì,
il 20 agosto. Tra due settimane".
E
la Bestia è più infame e bastarda di quello che
credevamo e la chemio anziché lasciarla a terra stecchita le
ha solo dato un po' di botte.
Oltre
ad averne date un sacco anche a me, come tutti sappiamo.
Ma
questo lascio che glielo dicano la Lisandri e Alfredi, che io devo
ancora mandare giù la notizia e non ce la posso fare a darla a
lui.
Trascorro
la giornata quasi interamente fuori dalla mia stanza:
pranzo, poi girovago per i corridoi, faccio due chiacchiere con
Ulisse e quattro con Rocco, leggo qualche fumetto in biblioteca,
torno in camera per fare merenda, faccio una doccia, vado in ludoteca
a giocare con i bambini, tra cui c'è anche Giacomo che mi
chiede dove ho lasciato la cuffia con il leone, ceno, poi arriva
Giulia e andiamo a fare una passeggiata agli Ulivoni.
Passiamo
insieme un'ora spensierata: parliamo, ridiamo, scherziamo, ci
appartiamo dietro un albero per baciarci finché abbiamo fiato
e poi il nostro tempo scade, troppo in fretta; l'accompagno al
piazzale dei bus, le do un ultimo bacio e la guardo andare via mentre
mi saluta dal finestrino, seduta al mio posto, che è
anche il suo.
"Guarda
chi si rivede!" esclama Laura mentre percorro il corridoio verso
la mia stanza. "Dove sei stato per tutto il giorno?!"
"In
giro."
"Sono
passata tre volte per vedere come stavi, ma non c'eri mai. Mi è
quasi venuto il dubbio che ti avessero mandato di nuovo a casa e si
fossero dimenticati di dirmelo!"
"Sto
bene" dico accennando un sorriso.
"Sicuro?
Mi sembri pensieroso".
Oggi
ho saputo che tra due settimane mi operano e me la faccio sotto.
Domani
parlerò con il chirurgo dei dettagli e, nonostante io voglia
sapere tutto, quest'idea mi fa rabbrividire.
Oggi
ho anche saputo che la Bestia è più resistente del
previsto e, questo, oltre a spaventarmi mi fa anche incazzare.
La
mia ragazza è appena andata via ed io non sono riuscito a
dirle nulla di tutto questo e tanto meno sono riuscito a dirlo a mio
padre, stamattina.
"Sicuro"
le rispondo sfregandomi un occhio. "Sono solo un po' stanco. Mi
sa che andrò a letto presto."
"Fai
bene..." dice lei accarezzandomi la schiena. "Riposati."
"Buonanotte
Lauretta."
"Buonanotte
re Leone".
Mi
butto sul letto, incrociando le mani dietro la testa e perdendomi a
guardare il soffitto.
Mi
sento solo.
Penso
a mamma.
La
vorrei qui.
Ieri
è stata una giornata così bella, così leggera...
e oggi sono ripiombato nella mia pesante realtà.
È
dura da accettare.
È
dura accettare di ritrovarmi ancora qui, da solo, anzi no, in
compagnia della Bestia che, nonostante tutto, è ancora più
forte di me.
Anche
le lacrime sono più forti di me e non riesco a trattenerle.
Stasera
tutto mi sembra più forte di me.
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