ReggaeFamily
Stay
away from me
System
Of A Down - Dam
♫
Johanna ♫
“Shavo,
ma che problemi hai?” borbottò John perplesso.
“Non
dire cazzate!” si rivoltò anche Daron, osservando con
aria scettica la decadente e triste struttura che ci trovavamo di
fronte.
“Ti
prego, dimmi che stai scherzando!” aggiunsi io, allontanandomi
da Jacob per poi dare un colpetto sul braccio a Shavo.
“E
dai, che palle! Non avete voglia di fare un cazzo, è solo per
curiosità!” tentò ancora di convincerci il
bassista con gli occhi che brillavano.
“Sembri
un bambino davanti a un negozio di caramelle” commentò
Ellie con una risatina.
“Non
credo che questa casa sia finita, il piano di sopra è
costruito per metà. È troppo pericoloso”
sentenziò Serj.
“Sentite,
io entro, chi mi ama mi segua!” tagliò corto Shavo,
scendendo il piccolo gradino che separava la strada dal terreno e
allontanandosi tra l'erbaccia.
In
fondo la sua idea mi piaceva, anche io ero curiosa di sapere cosa
nascondevano al loro interno quelle mura abbandonate. Perché
non seguirlo?
“Aspettami,
non ti lascio mica andare da solo!” esclamai, trotterellando al
suo fianco.
“Vengo
anch'io!” affermò Jacob con entusiasmo. Non avevo alcun
dubbio su di lui.
Infine
tutti si unirono a noi, nonostante Serj e John continuassero a
protestare.
Io
e Shavo, che facevamo strada al resto del gruppo, ci fermammo di
fronte a una porta improvvisata, costituita da una grande tavola di
legno poggiata senza troppa cura contro il muro.
“Okay”
mormorò il ragazzo, poi sollevò leggermente la tavola
con entrambe le mani e la spostò di circa un metro; davanti a
noi si apriva un rettangolo a cui sarebbe stata destinata la porta
d'ingresso.
“Ma
davvero lo stiamo facendo?” si domandò John in tono
esasperato.
Io
mi precipitai subito all'interno: faceva perfino più freddo
che all'esterno, l'aria era impregnata di umidità e l'intera
stanza era avvolta dal buio quasi totale. Non appena i miei occhi
cominciarono ad abituarsi, mi resi conto che ci trovavamo in un
ambiente piuttosto piccolo simile a un ingresso, senza alcuna
finestra ma con un'apertura identica a quella d'ingresso che doveva
condurre a qualche altra stanza.
Ognuno
accese la torcia del proprio cellulare.
“Abbiamo
distrutto l'atmosfera horror” osservò Shavo.
“Io
ci tengo all'osso del collo, preferisco vedere dove sto mettendo i
piedi. Dai, che dobbiamo fare?” ci incitò Daron con
impazienza, varcando la soglia della prossima stanza.
Io
mi fiondai dietro di lui, curiosa. “Bimbo pestifero, vedo che
questa gita ti sta piacendo!”
“Non
è vero, voglio uscire di qui più in fretta possibile!”
negò lui. La sua voce rimbombava un sacco, il che mi fece
supporre di essere in un ambiente ampio e spoglio. Quando illuminai
le pareti e il pavimento con il cellulare, mi resi conto che erano
stati addirittura montati degli infissi provvisori – due
finestre malandate e qualche vecchia porta – sicuramente per
evitare l'entrata di qualche vagabondo notturno. Provvedimento ormai
inutile, dato che i lavori di quella casa erano ormai abbandonati da
chissà quanto tempo.
“Che
palle, in questo posto non c'è nulla di che” si lamentò
Ellie, raggiungendomi e poggiandosi alla mia spalla.
“Cosa
speravi di trovare? Il Paese delle Meraviglie?” la apostrofò
Jacob in tono ironico, esaminando con lo sguardo un'impalcatura
addossata al muro.
“Non
scherzarci tanto su, Jake” intervenne Shavo con un tono di voce
talmente serio che dovetti trattenermi dallo scoppiare a ridere senza
ritegno.
“Capito?
E questo qui dovrebbe avere trentasette anni” sentii
dire a John. Lui e Noah ci avevano appena raggiunto e si scambiavano
occhiate complici e perplesse.
“Dolmayan,
stai rischiando grosso!” lo minacciò Shavo.
Un
rumore proveniente quasi dall'altro capo della stanza ci fece
sobbalzare e ammutolire. Io non mi spaventai più di tanto e
puntai subito il fascio di luce in quella direzione, ma notai una
certa agitazione in alcuni dei presenti, in particolar modo Ellie,
Noah e Shavo.
“Ehi
sfigatelli!” La voce stridula di Daron riecheggiò
fastidiosamente per la stanza e poco dopo vidi la sua sagoma che
avanzava sopra l'asse di legno più in basso dell'impalcatura.
“Sei
un coglione!” gli gridò Shavo sghignazzando.
Io
ed Ellie ci precipitammo accanto alla struttura in metallo e lo
osservammo con preoccupazione. La tavola su cui il chitarrista
passeggiava avanti e indietro era all'altezza del mio collo: se
questa avesse ceduto, Daron sarebbe precipitato da un metro e mezzo.
“Daron,
smettila di fare lo spiritoso e scendi! Questa cosa non è
sicura, il legno è in putrefazione e potrebbe rompersi con il
tuo peso!” lo avvertì Ellie preoccupata.
“Macché.
Sembra di stare su un palco!”
“Daron...”
lo riprese anche Shavo, che si era fermato qualche metro indietro
rispetto a noi.
Lui
in tutta risposta cominciò a fischiettare; in quel momento si
trovava all'altra estremità dell'asse. Mentre tornava verso di
noi lo illuminai: non sembrava per niente turbato, ci guardava
dall'alto, il viso completamente disteso e gli occhi leggermente
nascosti dal cappello che portava sempre sul capo.
Ma
quando giunse esattamente di fronte a me e mia sorella, avvertii
subito lo scricchiolio del legno; la tavola si stava piegando. Prima
che potessi aprir bocca o compiere qualsiasi movimento, Daron perse
l'equilibrio e cadde in avanti.
“Oh
Gesù!” strillai.
Io
ed Ellie fummo subito pronte ad attutire la sua caduta;
fortunatamente atterrò sulle sue gambe, ma si aggrappò
a noi per non perdere l'equilibrio. Sentivo la sua mano stringere con
forza il tessuto del mio giubbotto sulla spalla, ma la maggior parte
del suo peso era concentrato su mia sorella: Daron infatti era quasi
completamente abbandonato su di lei.
“Daron,
io lo sapevo! Oddio!” esclamò mia sorella, stringendolo
con entrambe le braccia.
Le
sfilai il telefono dalle mani e, con la luce rivolta verso di noi, lo
posai sulla trave accanto al mio. Scorsi il suo viso pallido e i suoi
occhi sgranati, pieni di spavento e preoccupazione. Lei era così:
nonostante il suo rapporto con Daron non fosse cominciato nel
migliore dei modi, lei non riusciva a ignorarlo, era subito entrata
in ansia per lui.
Era
una ragazza cara e a volte troppo buona, glielo dicevo sempre.
“Cazzo,
non ci posso credere! La caviglia...” borbottò il
ragazzo, per poi lasciarsi andare a una marea di irripetibili
imprecazioni.
Shavo,
che fino a quel momento era rimasto pietrificato, corse verso di noi
e ci aiutò a trovare un punto d'appoggio per Daron. La stanza
era quasi completamente vuota, quindi si dovette momentaneamente
accontentare di poggiare la schiena al muro.
“Mio
dio, ma io lo sapevo! Cosa ti ho detto? Sempre a fare il coglione,
poi ti metti nei casini! Mi hai fatto perdere dieci anni di vita con
quella caduta, lo sai?” prese a sbraitare Shavo.
“Ti
sembra il caso di farmi la paternale? Fatti i cazzi tuoi una volta
tanto!” esplose Daron, nervoso e irritato.
Io
ed Ellie ci scambiammo un'occhiata. Avevamo capito che il bassista si
era spaventato un sacco e quello era solo il suo modo di reagire.
“Shavo,
stai calmo, non è il momento di urlarsi contro” cercò
di tranquillizzarlo Ellie in tono pacato, posandogli una mano sulla
spalla.
“Cos'è
questo casino?”
“Oh,
finalmente qualcuno! Daron è caduto e a quanto pare gli fa
male una caviglia!” esclamai, correndo nella direzione da cui
era provenuta la voce e trovandomi di fronte a Serj. Quest'ultimo era
appena comparso dall'ingresso, in effetti non era rimasto
unito al gruppo e non ci aveva seguito subito.
Solo
in quel momento mi resi conto che John, Noah e Jacob erano spariti,
probabilmente non avevano nemmeno assistito all'incidente.
Daron
sembrava piuttosto nervoso, ma disse che non era successo nulla di
grave e che sarebbe passato subito.
“Sei
sicuro che non vuoi andare via?” gli domandai.
“No,
ora cerco un posto in cui sedermi e tra un quarto d'ora sono come
nuovo!” mi rassicurò lui mentre si aggrappava al braccio
di Serj per poter camminare.
“Qui
dentro non c'è niente, andiamo a vedere lì. Mi pare di
aver visto una specie di cortile interno” decise il cantante
facendo un cenno verso una porta un po' più robusta delle
altre.
“Noi
che facciamo?” domandò Ellie.
“Andiamo
a cercare gli altri? Così finiamo anche il giro della casa!”
proposi. Lanciai un'occhiata complice a Shavo, incerto sul da farsi.
“E
va bene, finiamo il giro!” acconsentì infine.
Così
io ed Ellie recuperammo i nostri cellulari e ci posizionammo accanto
a lui, una da un lato e una dall'altro.
“Adesso
dove andiamo?” chiese lui con rinnovato entusiasmo.
“Quella
stanza a destra!” proposi, indicando il varco privo di porta
che si trovava in fondo.
Come
tre detective in cerca di indizi, camminammo con passo felpato,
puntando il fascio di luce in ogni angolo per non farci sfuggire
neanche un dettaglio.
Eravamo
consapevoli di essere tre grandissimi stupidi, ma ci stavamo
divertendo un sacco, ci sentivamo in un certo senso dei bambini
troppo cresciuti.
“Uh,
qui è pieno di roba!” esultò Ellie, osservando
con interesse la gran quantità di travi poggiate sulle pareti
o disseminate per il pavimento, qualche piccolo attrezzo da lavoro,
un secchio contenente un po' di impasto di cemento ormai solidificato
e l'immancabile ponteggio che ricopriva un muro intero.
“Che
palle, ma quando arrivano i fantasmi?” sbuffai, per poi
lasciarmi sfuggire una risata.
“Magari
appare il fantasma di un muratore!” suppose mia sorella,
saltando agilmente le travi sul pavimento per poi affacciarsi a una
finestra.
“Strano,
una porta aperta” osservò Shavo.
Io
ed Ellie lo affiancammo nuovamente: l'unica porta della stanza oltre
quella d'ingresso, che si affacciava sicuramente in un vecchio
sgabuzzino, era del tutto spalancata.
“Qualcuno
potrebbe essere stato qui prima di noi” riflettei mentre un
brivido mi correva lungo la schiena. Non avevamo pensato alle reali
presenze in cui ci saremmo potuti imbattere, tanto eravamo presi
dalle stronzate degli spiriti: quella zona era buia e quasi desolata,
quella struttura decadente poteva essere il covo di vagabondi e
malintenzionati.
“Non
so, ho qualche du...”
La
frase del bassista venne interrotta da un leggero scricchiolio.
Nonostante il suono avesse iniziato a rimbalzare tra le mura,
compresi subito che si trattava dei cardini di quella porta aperta.
Con
mia incredulità e terrore, quest'ultima ruotò su se
stessa e si schiantò con violenza sullo stipite.
Completamente
da sola.
♫
John ♫
Non
ce la facevamo più, stavamo letteralmente scoppiando dalle
risate.
Le
ragazze avevano appena lanciato un grido e Shavo si era lasciato
sfuggire un: “Ma porca puttana!”. Sapevo che sul mio
amico avrei ottenuto quest'effetto: anche se all'apparenza risultava
invincibile, sapevo che se la faceva sotto in queste situazioni
paranormali.
Io,
Jacob e Noah ci eravamo rintanati in un buio e stretto ripostiglio
stracolmo di attrezzi da lavoro di ogni genere: dopo aver trovato
quell'interessante posticino, avevamo deciso di giocare uno
scherzetto a Shavo e le ragazze, dato che li avevamo visti abbastanza
presi da quella casa diroccata.
Avevamo
quindi trovato una corda grigia che al buio non si sarebbe notata,
l'avevamo legata alla maniglia e avevamo lasciato la porta aperta.
Quando li avevamo sentiti arrivare, avevo tirato con forza
un'estremità della corda e avevo fatto prendere loro un bello
spavento.
“John,
tu sei un fottuto genio” bisbigliò Noah dandomi di
gomito.
Jacob
non riusciva più a riprendersi, stava soffocando dalle risate.
Indossai
l'espressione più seria che riuscii a portare fuori in quel
momento e, con nonchalance, afferrai la maniglia e aprii lentamente
la porta. Il primo ad affacciarsi fu Noah, che non appena vide le
facce dei nostri amici scoppiò a ridere senza più
riuscire a trattenersi.
Osservai
anche io le vittime del nostro scherzo: Shavo aveva il volto bianco e
sembrava sul punto di correre via, mentre Ellie si era letteralmente
appesa al suo braccio e Johanna si era immobilizzata con le mani in
avanti in posizione di difesa.
“Ciao
ragazzi, come va?” domandai in tono innocente. Non so come feci
a non spanciarmi dalle risate davanti a quella deliziosa scenetta.
L'ultimo
a uscire dal ripostiglio fu Jacob, ancora piegato in due e con le
lacrime agli occhi.
“Voi?
Ma siete dei bastardi!” esplose Johanna, scongelatasi
improvvisamente da quella sorta di paresi.
“Dolmayan,
io ti rispedisco in Libano a suon di calci in culo!” sbottò
anche Shavo.
Ellie
invece scoppiò a ridere.
Johanna
prese d'assalto il povero Jacob che fu costretto a scappare, in una
bizzarra corsa a ostacoli tra secchi, cacciaviti e legno.
Shavo
si avvicinò a me brandendo il suo cellulare come fosse un'arma
letale, ma io misi subito le mani avanti in segno di resa. “Non
ti conviene, sai che peso il doppio di te” lo ammonii con un
ghigno ironico.
“Io
ti ammazzo, sei un fottuto deficiente!” continuò a
insultarmi.
“John,
da te non me lo aspettavo!” intervenne Ellie.
“E
dovrebbe avere trentotto anni!” rincarò il bassista
incrociando le braccia al petto.
“Sappiate
che quest'uomo è un grande, la mia stima cresce sempre più
nei suoi confronti!” mi difese Noah. Io e lui battemmo il
cinque per sottolineare la nostra fratellanza.
“Uomo?
E tu lo chiami uomo? Attento, adesso arrivo da te!” mi minacciò
Johanna. In un secondo mi raggiunse e si schiantò contro di
me, ma io non feci una piega. Con un braccio la strinsi contro di me
e con l'altro cominciai a farle il solletico nel collo. Lei mi
insultò e tentò in tutti i modi di liberarsi, ma io non
la lasciai andare finché Shavo non accorse in suo aiuto.
Ellie
intanto aveva preso a inseguire Jacob con aria minacciosa, ma ben
presto lui si stancò di correre. “Che ne dite di andare
a vedere il piano di su?” propose.
“Prima
dovete farvi perdonare!” affermò Shavo.
“Perché
non andiamo a vedere come sta Daron?” suggerì invece
Johanna.
“Cos'è
successo a Daron?” s'informò subito Noah.
“Dai,
venite su, vi spieghiamo tutto nel frattempo! Mi pare di aver visto
le scale da qualche parte!” concluse Shavo avviandosi verso
l'uscita.
Lo
seguimmo tutti e ascoltammo il suo racconto, ma mi accorsi che
Johanna non si stava più divertendo come prima. Avrei voluto
chiederle il motivo di quell'espressione riluttante, ma non era
proprio da me.
♫
Daron ♫
La
pianta della casa aveva la forma di una grande L; il cortile interno
che Serj aveva avvistato non era altro che l'angolo, il quadrato
delimitato dai due lati delle mura esterne. Riuscii ad arrivarci
sostenendomi a Serj e saltellando sul piede destro, dato che
preferivo non sforzare troppo la caviglia lesa.
Lì
avevamo trovato delle macerie, alcuni blocchetti di cemento e dei
massi un po' più grandi, sicuramente facenti parte di qualche
muro ormai crollato. Avevo quindi trovato posto su uno di essi e
avevo acceso una sigaretta per calmarmi e scaricare la tensione.
Non
che fossi granché preoccupato per la mia caviglia, ma non mi
sarei mai aspettato di cadere e sicuramente farmi male non era tra i
miei programmi; inoltre non volevo rovinare la serata e il
divertimento a nessuno.
Davanti
a me si estendeva un terreno incolto e sconfinato; alla sinistra
della casa, in lontananza, si scorgevano le sagome delle abitazioni
dell'isolato in cui si trovava la nostra sala prove, per il resto ci
trovavamo immersi nella campagna.
L'aria
fredda e frizzante mi faceva stare bene. Era un momento rilassante e
non mi andava di parlare o fare niente di particolare. Anche Serj la
pensava come me, dato che non faceva che camminare avanti e indietro
a qualche metro da me e non aveva spiccicato parola.
Sembrava
di stare in un paradisiaco angolo di pace e tranquillità, cosa
assai rara a Los Angeles.
“Ciao,
siamo qui!” La voce squillante di Ellie mi colse alla
sprovvista; sollevai lo sguardo e scorsi tre sagome affacciate a una
finestra del piano superiore.
“Daron,
come va la caviglia?” sentii domandare a Noah.
“Bene!”
risposi automaticamente.
“Ci
mettete molto?” domandò Serj.
“No,
stiamo per scendere” lo rassicurò John.
I
tre sparirono dalla nostra vista, poi Jacob e Johanna si affacciarono
a loro volta.
“Figo
quel posticino” commentò Jacob.
“Poi
vi raccontiamo lo scherzo che ci hanno fatto questi tre idioti!”
esclamò Johanna, poi anche loro due si allontanarono dalla
finestra.
Stavo
riflettendo sul fatto che avrei voluto tanto assistere allo scherzo,
quando qualcosa incastrato tra l'erba secca attirò la mia
attenzione.
“Siringhe?!”
“Dove?”
domandò subito Serj accostandosi a me.
Gliene
indicai qualcuna: ce n'erano un sacco. “Siamo finiti nella tana
dei drogati” commentai.
“L'ho
detto io che non dovevamo entrare, ma quando mai Shavo mi ascolta?”
Quel
posto ai miei occhi era diventato molto triste da quando avevo
scoperto quegli oggetti per terra: lì la gente si recava per
rovinarsi, per continuare ogni giorno il suo lento suicidio.
Quei
pensieri mi mettevano addosso parecchia malinconia e non potevo fare
a meno di perdermi dentro di essi.
Dopo
qualche altro minuto di silenzio, in cui udii solo qualche voce
proveniente dall'interno della casa, sobbalzai nell'accorgermi che
una figura era sbucata da dietro la casa e si stava avvicinando
lentamente a noi. Sembrava affaticata e riusciva a malapena a
destreggiarsi tra erba alta e sterpaglie.
Serj
si immobilizzò accanto a me e tenne lo sguardo fisso su
quell'individuo.
“Ehi!”
esordì il nuovo arrivato con voce gracchiante, quando ormai si
trovava a pochi metri da noi. Si trattava di un ragazzo sui
venticinque anni, spaventosamente magro e smunto, che sfoggiava
capelli arruffati, pupille strette e vestiti eccessivamente larghi.
Ecco, avevamo appena trovato un eroinomane. Perfetto.
Il
tizio teneva una siringa utilizzata di recente tra le mani tremanti.
Si piazzò di fronte a me e disse: “Voi due, pezzi di
merda, cosa ci fate qui? Sparite, se non volete una puntura nel
collo, e comunque la roba è tutta mia!”
Non
potevo certo mostrarmi spaventato di fronte a lui, nonostante il suo
aspetto fosse parecchio inquietante.
“Tienitela
tutta” bofonchiai con indifferenza.
“Daron,
piantala” mi rimproverò subito il mio amico in tono
severo. “Va bene, ce ne andiamo subito. Stiamo solo aspettando
i nostri amici” aggiunse poi, guardando il tipo dritto negli
occhi.
“Non
vi conviene tornare mai più, e se provate a dire qualcosa agli
sbirri...” ci minacciò ancora lui, brandendo l'oggetto
che aveva in mano.
Sentivo
che era troppo vicino, quel maledetto ago mi spaventava un po'. Se
avessi avuto la piena funzione dei miei arti non me ne sarebbe
importato più di tanto, ma non ero nelle condizioni di correre
via in caso di pericolo e non sapevo cosa avesse intenzione di fare
la nostra nuova conoscenza.
“Ehi
amico, stai lontano, stiamo solo prendendo un po' di fresco!”
gli ordinai.
“Vuoi
litigare, stronzo?” mi sfidò, fissandomi
insistentemente. Emanava un pessimo odore e la sua voce era stridente
e fastidiosa.
“Fermo!”
Serj avanzò di un passo, senza mostrare alcun timore.
“Il
tuo amichetto col cappellino vuole fare tanto lo spiritoso”
continuò lui imperterrito. Si spostò di qualche
centimetro e fece un altro passo verso di me.
Sollevai
le mani come se queste potessero davvero proteggermi. Serj gli fu
subito accanto e lo bloccò fermamente per una spalla. Capivo
perfettamente che non poteva fare molto, non poteva bloccarlo per le
braccia in quanto aveva ancora la siringa stretta tra le mani.
“Non
ti muovere” gli intimò il mio amico.
Ma
lui non lo ascoltò e tentò di avvicinarsi ancora a me
nonostante Serj lo placasse, teneva l'ago rivolto verso di me.
Il
cuore mi batteva a mille: cercavo di non darlo a vedere, ma ero
terrorizzato. La punta luccicava nella penombra, era sporca di sangue
ed era troppo vicina.
Ero
stato un coglione a provocare quello sconosciuto e ora mi trovavo in
una situazione di merda. Ma dovevo fare di tutto per evitare che si
rivoltasse contro Serj, non l'avrei potuto sopportare. Il mio amico
era molto più vicino a lui rispetto a me, lo stava tenendo
fermo con tutta la sua forza.
Slittai
di lato e mi lasciai cadere sull'erba, creando distanza. Cercai
quindi di mettermi in piedi; in ogni caso sarei stato più
veloce di lui.
Quando
vidi i suoi movimenti fulminei per liberarsi dalla stretta di Serj e
il suo sguardo iniettato di sangue su di me il panico mi assalì.
“Stammi
lontano!” gridai.
Ma
lui all'improvviso si immobilizzò e tenne lo sguardo fisso su
un punto alle mie spalle. Mi voltai per un attimo e riconobbi sulla
porta l'imponente sagoma di John.
“E
tu chi cazzo sei?” sputò il nostro nemico.
John
fece lentamente qualche passo avanti e incrociò le braccia al
petto. “Senti, io non sono un tipo violento, ma come puoi
vedere tra me e te non c'è partita. Facciamo un patto: adesso
noi ce ne andiamo e non ci facciamo più vedere, ma tu devi
restare buono.”
Lui,
intimorito dalla stazza del batterista, smise di opporre resistenza e
si allontanò sibilando una serie di improperi tra i denti.
Il
mio cuore batteva ancora a mille e l'adrenalina mi scorreva nelle
vene, ma quando John ci raggiunse e mi aiutò a rimettermi in
piedi mi sentii finalmente al sicuro.
“John,
amico, sei stato grande! Ce la siamo vista brutta!” lo
ringraziai felice, stringendolo in un breve e fraterno abbraccio.
Nessuno dei due amava particolarmente le effusioni, ma in quel
momento non potei farne a meno.
“Grazie
John” aggiunse Serj con profonda riconoscenza. “Daron,
non azzardarti a fare un'altra volta una colossale stronzata del
genere. Non sto scherzando” mi si rivolse poi in un tono
talmente autoritario che non provai nemmeno a replicare.
“Andiamo
dentro, gli altri se la stanno facendo sotto per quel tizio. Ce la
fai a camminare?”
Provai
a fare qualche passo: faceva ancora un po' male, ma era sopportabile.
“Sì, certo.”
Ero
mortificato per tutti i casini che avevo combinato, avevo rovinato la
serata a tutti e mi sentivo in colpa per aver fatto preoccupare tanto
i miei amici.
Ero
un coglione senza rimedio.
♪ ♪ ♪
Ciaooo!!!
*-*
Lo
so a cosa state pensando: che capitolo luuuungo! È che... da
quando ho deciso di aggiornare una volta ogni due settimane mi sento
in colpa, mi dispiace farvi aspettare! Spero che la cosa non vi abbia
complicato la vita XD anzi, spero che vi abbia fatto piacere!
Ho
scelto Dam, una canzone piuttosto insolita, perché fa
un po' atmosfera horror secondo me. Ditemi se sono completamente
pazza :D
Inoltre
il verso che dà il nome al capitolo è stato pronunciato
da Daron nell'ultima scena ed esprime il suo intero concetto, mi
sembrava abbastanza azzeccata!
Per
il resto lascio a voi carta bianca, ditemi cosa ne pensate di questo
capitolo pieno d'azione! (?)
E
vi ringrazio per essere ancora qui dopo undici capitoli di tutto e
niente! Ho davvero tante cose in mente che introdurrò piano
piano, intanto mi auguro di non annoiarvi troppo :3
Alla
prossima!!! ♥
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