ReggaeFamily
Capitolo
37
“Wow
ragazzi, è stupendo!” esclamò Cathleen, armandosi
di macchina fotografica per immortalare quello stupendo panorama.
I
ragazzi si trovavano presso il Griffith Observatory
all'interno di Griffith Park; in quel punto si aveva una
visuale mozzafiato dell'animato centro della città che si
estendeva fino al mare e, soprattutto, della leggendaria scritta
Hollywood sulla collina.
“Lo
so che è stupido da dire, ma in questo momento mi sento
importante!” si lasciò sfuggire Tiffany in preda
all'entusiasmo, con un enorme sorriso stampato sul viso.
“Tiff,
tesoro, Hollywood attende solo te!” intervenne subito Alex
posandole una mano sul fianco.
Lei
se la scrollò subito di dosso e raggiunse la sorella minore.
“Mi sa che ci facciamo una foto con la scritta di Hollywood
sullo sfondo! Kel, ce la potresti scattare?” propose,
intercettando il ragazzo. Quest'ultimo osservava il panorama con le
mani nelle tasche dei pantaloni e sembrava essersi perso nei suoi
pensieri.
“Certo”
rispose qualche secondo dopo, cadendo dalle nuvole.
“A
che pensavi?” gli domandò Cathleen mentre gli porgeva la
sua fotocamera.
“Questo
posto mi mancherà quando sarò in Spagna. Mi dispiace
non essere riuscito a visitarlo tutto.”
“Nemmeno
io che abito qui sono mai riuscito a visitare tutto; sai, questo
posto è talmente grande che non basterebbe una vita!”
tentò di rassicurarlo Alex senza troppa convinzione. La sua
attenzione era stata attirata da un uomo alle prese col suo cane;
quest'ultimo, un pitbull enorme, tentava di trascinare il suo padrone
che faticava a stargli dietro e a tenere il guinzaglio.
“No
mamma, abbiamo poco tempo, te l'ho già detto... sì,
siamo a Griffith, non so di preciso dove andremo dopo... no, macché,
so che col taxi spendiamo troppo, suppongo in metro... eh già,
andremo a fare i ricconi in Hollywood Boulevard!” blaterava
Lionel al telefono.
“Di'
a mamma che, anche se avessimo tutto il tempo del mondo, farei in
modo di non incontrarla!” gridò Alex avvicinandosi al
fratello.
“Mamma
ti ha sentito e ha detto che, se continui così, d'estate non
ti fa più entrare in casa! Speriamo che lo metta in pratica,
almeno ci sarebbe un po' di pace!” ribatté il più
piccolo tra le risate. “Mamma vi saluta!” aggiunse poi
rivolto al resto del gruppo.
“Salve
mamma di Lionel!” ricambiò Tiffany a gran voce.
“Sarebbe
bellissimo venire qui all'osservatorio di notte” osservò
Cathleen con aria sognante.
“Non
è così facile, si crea una fila chilometrica ogni
giorno per l'osservatorio; chi non è curioso di guardare le
stelle?” spiegò Grace. “Ma visitando il quartiere
potremmo sempre imbatterci in altre stelle, quelle del cinema!”
“Oddio!”
esclamarono le due sorelle.
Alex
sbuffò. “Aiuto, finiremo in Rodeo Drive, me lo
sento...”
“Che
sarebbe?” si informò Ben.
“Una
delle vie dello shopping più costosa e raffinata della città.”
“Ma
per chi ci hai preso? Non andrei mai in un posto in cui non posso
comprare niente!” obiettò Cathleen con una smorfia.
“E
poi non siamo qui per fare shopping” aggiunse Tiffany.
“In
ogni caso non abbiamo tempo per visitare la città. Ci sono un
sacco di posti in cui vorrei portarvi...” si rabbuiò
Grace.
“Per
esempio Santa Monica! Quella zona piacerebbe un sacco a
tutti!” intervenne Lionel, che era finalmente riuscito a
liquidare sua madre.
“A
Santa Monica c'è un molo” raccontò Grace,
“e proprio lì abbiamo girato una scena finale del film.
Però vi confesso che la spiaggia della Newton è meglio;
non so, l'acqua sembra più limpida e pulita.”
“Ma
dimmi, non ti hanno chiamato per qualche altro film?” volle
sapere Kelsey.
“Sì,
mi hanno proposto qualcosa, ma non saprei” borbottò,
tenendo lo sguardo fisso a terra.
Tutti
si accorsero che qualcosa non andava, ma non osarono rivolgerle delle
domande per non sembrare troppo indiscreti. Sapevano che Grace aveva
un carattere chiuso e difficilmente si confidava, specialmente con
sei paia di occhi puntati addosso.
“Allora,
quali sono i nostri programmi?” domandò Ben per cambiare
argomento.
“Se
il cinema in cui vedremo il film si trova a Hollywood Boulevard, ci
conviene dirigerci in quella zona e cercare lì un posto in cui
mangiare, no?” osservò Kelsey liberandosi del suo
giubbotto leggero.
Nonostante
si trovassero all'interno del Griffith Observatory, il sole
stava già cominciando a far sentire il suo calore. Quel
periodo sarebbe stato particolarmente afoso a Los Angeles, nemmeno la
presenza del mare sarebbe riuscita a mitigare i gradi di troppo di
quella giornata.
“Prendiamo
lo shuttle per uscire dal parco, poi raggiungiamo Sunset Boulevard
con la metro. In Sunset è pieno di luoghi in cui poter
pranzare, negozi carini... insomma, una bella strada!” spiegò
allora Grace, scuotendo la testa come a voler scacciare i pensieri
che le affollavano la mente.
“Lo
shuttle sarebbe quella specie di pullman che abbiamo visto mentre
venivamo qui?” domandò Ben.
“Esatto,
quelli con la scritta Dash. Oggi abbiamo avuto fortuna, ma in
genere nel fine settimana questo parco è super trafficato e
muoversi non è così semplice. Inoltre il parco è
enorme, spostarsi a piedi può essere faticoso.”
“Sai
praticamente tutto di questo posto!” constatò Tiffany
ammirata, continuando a contemplare le colline e la rete di strade
che si estendeva davanti a lei.
“Conta
che il film è stato girato quasi del tutto tra le strade della
città; ho visto come funzionano le cose.”
Il
gruppo si diresse quindi all'esterno dell'osservatorio e si radunò
davanti alla fermata del bus.
“Lisa
sarà invidiosa di noi” commentò Cathleen mentre
dava un'occhiata alle foto scattate da poco.
“Forse
sto per dire una grandissima fesseria per cui tutti voi mi vorrete
tagliare la testa, ma sinceramente non ho capito cos'ha di tanto
speciale una scritta su una collina” se ne uscì Ben con
estrema naturalezza.
Alex
scoppiò a ridere e diede una pacca sulla spalla all'amico.
“Non
hai tutti i torti” ammise Lionel facendo spallucce.
“Ma
no, è carino!” lo contraddisse Cathleen.
Il
ragazzo le si avvicinò. “Un giorno torneremo qui a L.A.
e ti farò visitare luoghi molto più belli. Hollywood
non mi piace proprio.”
I
due si scambiarono un'occhiata intensa, colma di promesse e speranze.
La frase che Lionel aveva appena pronunciato premetteva un legame
speciale tra loro, un legame che sarebbe dovuto durare a lungo.
Dopo
quello che era successo quella mattina durante il viaggio, i due non
erano più sicuri che si trattasse di un'amicizia, ma allo
stesso tempo non si sentivano all'altezza di qualcosa che andasse
oltre.
“Mia
madre non mi darebbe mai il permesso di fare una vacanza a Los
Angeles, le prosciugherei il conto in banca!” scherzò
Cathleen per alleggerire l'atmosfera.
“Te
lo darebbe solo se ci fossi anch'io!” intervenne Tiffany.
“Uh
sì, io sono pronto a ospitarvi!” si offrì
prontamente Alex in tono malizioso.
“Sì,
divertente... piuttosto dormo per strada.”
Kelsey
si lasciò sfuggire una risatina. Tiffany era davvero forte, le
ricordava la sua ex ragazza che aveva dovuto lasciare quando era
partito per l'America. In cuor suo sperava che lei provasse ancora
dei sentimenti nei suoi confronti, così che una volta tornato
alla sua vecchia vita i due avrebbero potuto stare nuovamente
insieme.
Ma
aveva paura di essere respinto come Alex lo era da Tiffany.
“Sta
arrivando il bus!” annunciò Ben, facendo un cenno verso
il mezzo di trasporto bianco che si avvicinava.
Una
volta al suo interno, Grace perse subito lo sguardo fuori dal
finestrino. Quella giornata non la stava aiutando per niente a
tirarsi su di morale; con un film di Hollywood alle spalle e una
possibile carriera da attrice alle porte, la sua vita restava
comunque un disastro.
Mentre
osservava i campi da tennis e da golf che le scorrevano accanto, le
famiglie che si apprestavano ad allestire un bel picnic sul prato e
la struttura del Greek Theatre che ormai conosceva a memoria,
non si preoccupò di controllare chi avesse preso posto nel
sedile accanto al suo.
“Ehi.”
La
voce di Ben la fece sobbalzare; si voltò lentamente e si
ritrovò faccia a faccia proprio con lui.
Come
mai si era seduto accanto a lei?
“Sei
triste?” le domandò in tono esitante.
I
loro amici facevano baccano nei posti subito dietro di loro, quindi
lei si sentiva ancora più a disagio nel dover intrattenere una
conversazione esclusivamente con lui.
“Un
po'” ammise senza realmente volerlo. Ma che le prendeva?
“Ho
visto che prima, quando Kel ti ha chiesto di un prossimo film, hai
abbassato lo sguardo... okay, non voglio obbligarti, ma se ti può
far stare meglio e ne vuoi parlare puoi sempre contare su di me!”
“I
miei non sono d'accordo” sbottò Grace tutto d'un fiato,
stringendo con più forza la tracolla della sua borsa e
perdendo nuovamente lo sguardo fuori dal finestrino. Non voleva che
lui si accorgesse del suo rossore, ma soprattutto non aveva nessuna
intenzione di intavolare quella conversazione. Perché allora
lo stava facendo?
“Non
sono d'accordo per il fatto che vorresti fare l'attrice?”
“Io
non voglio fare l'attrice, voglio semplicemente recitare. Lo so,
sembra la stessa cosa, ma non lo è. Io voglio fare ciò
che mi piace e scappare da tutto e da tutti, da casa, da scuola... ma
i miei genitori dicono che fare l'attrice di Hollywood è
squallido, non è dignitoso, e che dovrei mettere la testa a
posto. Hanno paura che la loro figlioletta venga sbandierata ai
quattro venti, neanche avessi girato un film a luci rosse!”
Ben
rimase un attimo destabilizzato da quella confessione; sapeva che
Grace non si trovava molto bene nell'ambiente scolastico, ma non si
aspettava che avesse dei problemi anche in casa.
“Beh,
io non conosco i tuoi e non li posso giudicare, ma... magari non
sanno del tuo grande talento, hanno paura che le cose possano andare
male per te.”
“No
Ben, loro sanno benissimo quali sono le mie passioni e non mi hanno
mai aiutato a coltivarle. Per girare il film ho litigato con loro,
sono andata contro la loro volontà, ed è per questo che
oggi loro non saranno con me. Mi hanno detto che avrei potuto portare
sei persone con me alla prima del film, e io ho scelto voi perché
la mia famiglia ha smesso di supportarmi già dal principio.”
Grace sospirò e si tirò indietro i capelli con una
mano; nei suoi occhi si poteva leggere la rabbia, ma non c'era
nessuna traccia di lacrime o dolore. “Sai, sembra proprio la
storia di Grace, la protagonista del mio film. Devo ringraziare Cat
perché tutto ciò mi ha aiutato a capire meglio la mia
vita, se lei non mi avesse ceduto il posto sarei ancora nel mio
angolino a piangermi addosso.”
“Sai
che ti dico?” cominciò Ben dopo qualche istante di
pausa; aveva pensato bene alle parole da rivolgere alla ragazza,
voleva incoraggiarla e farle capire che non doveva mollare per
nessuna ragione al mondo. “Fregatene dei tuoi, perché la
vera famiglia non è quella a cui sei legata tramite il sangue.
Okay, i tuoi non credono in te e questo sicuramente fa male, ma nel
mondo ci sono tante altre persone che invece hanno fiducia nelle tue
capacità. Ora ti sono state offerte nuove possibilità e
tu le devi sfruttare per poi costruire la vita che vuoi. Hai quindici
anni ormai, presto sarai definitivamente indipendente, quindi sei tu
a decidere della tua vita.”
La
ragazza si lasciò sfuggire un debole sorriso. “Grazie,
le tue sono parole bellissime. Ma la mia mente è davvero
contorta e anche la situazione non è così facile come
sembra, non so come andrà a finire” disse con una nota
di tristezza. “Sapere di avere delle persone su cui poter
contare però mi aiuta” aggiunse con le guance nuovamente
imporporate dall'imbarazzo.
Lo
shuttle raggiunse in quel momento la sua destinazione e i ragazzi si
affrettarono a scendere.
Grace
era più luminosa di prima; la giornata non era cominciata nel
migliore dei modi, ma dopo quell'assurda conversazione con Ben
sentiva di poter affrontare tutto con il sorriso. Del resto, se quei
sei ragazzi avevano accettato di accompagnarla, significava che
poteva contare su di loro.
Inoltre
non avrebbe mai pensato di lasciarsi andare a quegli sfoghi e trovare
conforto proprio grazie a Ben.
Proprio
lui.
“Questo
viaggio in metro non finisce più” sbadigliò
Lionel, abbandonandosi sull'asta alla quale si stava reggendo.
Il
vagone in quel momento non era tanto affollato – cosa assai
strana, dato il gran viavai di gente all'interno delle stazioni
sotterranee – e i ragazzi si potevano concedere un attimo di
respiro; tuttavia non erano riusciti a recuperare nemmeno un posto a
sedere.
“Incredibile:
dall'osservatorio la scritta di Hollywood sembrava così
vicina” commentò Cathleen.
I
due si trovavano uno davanti all'altra ed entrambi erano intenti a
proteggere i loro bagagli da eventuali ladruncoli. Faceva troppo
caldo e i piedi cominciavano a far male a furia di stare in piedi.
“Se
c'è una cosa che accomuna tutte le città è la
metropolitana: è squallida ovunque” commentò Alex
dall'altro capo del vagone, portandosi una mano davanti al naso.
L'aria era davvero irrespirabile, odorava di chiuso e di sudore.
“Oddio,
guarda quanta gente” mormorò Lionel esasperato mentre il
mezzo si fermava presso una stazione.
Un
enorme gruppo di persone aspettava con impazienza che le porte si
aprissero e presto sarebbe cominciata la folle corsa per salire a
bordo in tempo.
Così
i due ragazzi che condividevano il palo si appiattirono più
che poterono per lasciare lo spazio agli altri passeggeri,
ritrovandosi schiacciati contro la parete, uno accanto all'altra.
Nonostante
il contesto non fosse tra i più romantici, a Cathleen non
dispiaceva trovarsi così vicina al suo amico.
“Prima
dicevo sul serio” sussurrò lui quando il treno ripartì.
“Riguardo
a cosa?”
“Sarebbe
bello se tu venissi in vacanza a Los Angeles una volta, ti porterei a
visitarla.”
Lei
sorrise al solo pensiero di attuare una follia del genere. “Sei
davvero folle!”
“Lo
so, e ne vado fiero!”
“Ragazzi!”
li richiamò Grace, che si trovava a qualche metro da loro. “La
prossima fermata è la nostra!”
“Evviva,
non ne posso più di stare schiacciato come una sardina!”
esultò Lionel.
Il
treno cominciò a rallentare e un fastidioso stridio accompagnò
la frenata. Non appena le porte si aprirono, Lionel afferrò il
braccio di Cathleen e la trascinò subito fuori, felice di
poter respirare finalmente un po' d'aria fresca. Poi si voltarono per
intercettare i loro amici tra la folla.
“Ci
siamo tutti?” domandò Kelsey, uscendo a fatica dalla
calca con Tiffany e Alex.
“Sì,
non proprio interi ma ci siamo!” rispose Ben con il fiato
corto.
“Andiamo!”
li incitò Lionel con impazienza. “Sto già morendo
di fame!”
Lui
e Cathleen fecero strada al resto del gruppo verso la rampa di scale
che conduceva all'uscita. Forse loro non se ne rendevano conto, ma
gli altri lo notarono e presero a scambiarsi occhiate eloquenti.
Ancora
si tenevano la mano, nonostante ormai la folla si fosse smaltita.
*
* *
Tutti
i luoghi e le cose che ho descritto e nominato sono realmente
esistenti. Quando inserirò dei luoghi da me inventati lo
specificherò.
Spero
di essere riuscita a rendere l'idea di ciò che i ragazzi hanno
vissuto ^^
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