La caduta del principe

di Machi16
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« Ma rimase attaccato,
il fardello delle braccia di Sigyn »
 
[Haustlong IX secolo]
 
Il rumore delle catene echeggiava nella stanza, freddo, metallico e assolutamente irregolare. Potevano essere percepite ancora prima di vedere la schiera di guardie asgardiane, dalle lucenti armature, percorrere il corridoio che portava alla sala del trono con in mano quei quelle quattro lunghe corde di anelli grigi e irregolari che conducevano ad un unico maledetto punto: Loki.
In trappola, come un animale ferito, il principe degli inganni avanzava a passo lento verso il trono da lui tanto bramato, non gli era concesso alcun movimento poiché, i polsi, le caviglie, la vita e addirittura il collo erano legati, bloccati. Il sorriso beffardo però continuava ad aleggiare sulla sua bocca fino a raggiungere i piedi di Odino.
 
“Loki, figlio di Laufey, siamo qui oggi per giudicare i tuoi crimini e punirti per il male arrecato alla gente di Midgard, uno dei nove regni sotto la mia protezione!”
 
La voce del Padre degli dei era rauca e decisa e fissava ardentemente colui che un tempo amava come un figlio, al suo fianco vi era come sempre Frigga e Thor entrambi confusi tra il dolore e la rabbia.
 
“Ora sono figlio di Laufey..” ribattè Loki stizzito, contrariato e allo stesso tempo sollevato.
 
“Hai smesso di essere mio figlio quando hai ucciso tutte quelle persone innocenti, bramavi il trono ma ora davanti a me vedo solo uno squilibrato, un pazzo! Il tuo destino era quello di morire abbandonato dal mondo e così sarà oggi”
 
La sentenza fu emessa senza dare adito a contraddizioni. Le lacrime di Frigga iniziarono e solcarle il volto mentre Thor la scortava via per impedirle di vedere cosa sarebbe successo a breve. La morte di qualcuno di così caro è sempre un peso di enorme portata, non importa da quanto tempo si è invita, non importa le atrocità che si sono viste, l’ amore è spesso quantificabile al dolore.
E’ meglio guardare o coprirsi gli occhi?
Frigga se ne andò fissando il pavimento e nello stesso istante entrò correndo una figura dalle sembianze femminili che si materializzò sotto gli occhi di Odino che sospirò contrariato.
 
“No! NO! Loki!!!”
 
La donna dai capelli neri iniziò a gridare terrorizzata verso il semidio che, per la prima volta, smise di sorridere trasformando il suo volto in una maschera di disperazione. Le parole gli morirono in gola.
 
“Le avevo detto di non venire Lady Sigyn, questa insubordinazione deve finire e la sua fedeltà nei confronti di questo criminale è a dir poco ridicola. Portatela via! Subito!”
 
Due guardie del Padre degli Dei la bloccarono a qualche centimetro dal suo amato principe impedendogli di toccarlo ancora una volta, l’ ultima. Che prezzo ha un abbraccio che sa di morte?
Lei non potè scoprirlo mai.
 
“Ti amo Loki.”
 
“Sigyn…io -”
 
La frase venne spezzata sul nascere da una lancia dorata che trafisse il corpo del figlio di Laufey lasciandolo inerme, senza fiato, senza vita, senza possibilità di appello o redenzione.
Vedendo la cosa oramai compiuta le guardie lasciarono andare la dea della fedeltà che si catapultò sul corpo del suo amato. Le mani premevano sul suo cuore nel vano tentativo di tamponare il sangue che sgorgava a fiumi mentre i suoi occhi neri erano fissi in quelli verdi di lui che piano piano perdevano lucentezza.
L’ amore si trasformò in dolore e il dolore in rabbia e la rabbia nel fardello più pesante che Sigyn abbia mai portato.




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