Once and Again

di queenjane
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La zarina aveva passato molto tempo, quando era bambina, poi fanciulla e giovane donna alla corte inglese. Adorava, aveva adorato sua nonna la regina Vittoria, la matriarca vestita di nero, piccola e grassa, che aveva gestito un vasto impero e una numerosa famiglia, il granduca Luigi d’Assia, suo padre, li definiva la “Folla reale” . Per me è stata come una mamma, usava dire, dopo avere perso la sua a sei anni.

In estate usava passare delle settimane a Osborne House, in cima a una  scogliera,  sopra Cowes, mentre le rose  esotiche fiorivano,  i giardinieri rasavano l’erba sui prati che digradavano sul mare, sotto i cedri  e le magnolie  sventolava il vessillo inglese. In quella magione tuto celebrava Vittoria e il suo defunto marito, dalle iniziali nei camini, fino alle serrature, V e A, intrecciate, in ogni dove.  Quando servivano il tè, Alix sedeva sulla sedia che era spettata a sua madre.  E il castello di Windsor era molto amato da Alix e i suoi fratelli, ne esploravano ogni dove, dalla base al tetto, le scorribande sfrenate spesso erano interrotte da un valletto della regina che invitava al silenzio  e il castello di Balmoral, in Scozia, era fatato, con i prati pieni di erica e dolci brezze, camminavano a piedi, lunghe escursioni e un negozietto nei dintorni che vendeva dolciumi era una meta ambita, lì la zarina aveva imparato a fare le focaccine. O così diceva, Olga la vedeva comandare, di rado fare qualcosa oltre al ricamo, piangeva e aveva spesso l'emicrania.

Mentre andavano verso l’Inghilterra, filando sullo splendido yacht imperiale, l’elegante Standart con l’enorme bompresso laminato d’oro che  si ergeva, fiero e snello  da un alto scafo di 128 metri,  con ponti di tek, su cui si levavano due enormi fumaioli e tre grandi alberi verniciati.
 Alix raccontava gli episodi di cui sopra, stringendo il braccio della sua primogenita, dandole attenzione e cura, al contrario del solito, la ragazza fiutò la trappola condita di miele. E le onde filavano, come i pensieri che scriveva a Cat su un quaderno, nulla di che, la pensava sempre.
 
E Alessio faceva una confusione al limite dell’inenarrabile, saltava, pretendendo di essere un coniglio, correndo da una parte all’altra della stanza ondeggiante, come definiva una cabina, come a Carskoe Selo le stanze dei bambini imperiali erano vicine, Olga si scocciò e lo afferrò, transitando nella camera “Devi farti mettere il pannolone per la notte e devi dormire, basta bizze” piano
“Voglio Catherine..” facendo il broncio
“ Aleksej, fila, lei ti avrebbe messo a letto da un pezzo e .. “ vide il suo visetto desolato “ Le sto scrivendo, le vuoi mandare un saluto?”
“La voglio..”divincolandosi dalla sua stretta, la zarina gli faceva portare ancora i pannolini, di giorno e notte, unica concessione nelle ora diurne era che lo allacciassero stretto per non far vedere il rigonfio. E cambiarlo era una impresa, sempre, da quanto strepitava e si divincolava ogni volta entrava il mal di testa
“E’ in Spagna, Bimbo.. “
“ La vojo qui con me” storpiando le parole, come quando era piccolo o troppo stanco
“Tesoro, lei è mia amica.. Non è una sorella, una cugina.. Non può sempre stare con noi”
“Perché?ti vuole bene, è amica tua, e ti fa ridere, perché non può stare con noi” non gli rispose, la sua ineccepibile logica infantile meritava risposte che non sapeva, o voleva dare. E lo passò a una tata, sperando che si addormentasse per la stanchezza.
Non glielo poteva dire, la zarina gli aveva regalato tanti giocattoli e la Vyribova lo vezzeggiava a piè sospinto .. E tanto.. “Catherine, via Anya.. voglio Catherine” era un capriccio che non gli passava. Capriccio per dire, Cat lo adorava, e viceversa, insieme erano buffussimi.
E si sentiva in colpa, lo sentì (come al solito) piangere fino a tardi, nonostante la coperta buttata sopra le orecchie. E lei lo aveva salutato, dicendo che sarebbe andata appunto in Spagna e poi a Parigi, non lo aveva illuso. Mamma non la vuole, Papa sì.. Ha paura che non la rivedrà più..
“Aleksej.. “ alla fine era scivolata da lui che le girava la schiena, il viso verso la parete”Cat vorrebbe che sorridessi “
"Lei non c’è” duro “Lasciami solo”
" Va bene "gli toccò una mano, una piccola stretta delicata. " Io non sono lei, lo sai..ma una cosa la so, che ti vuole bene e la rivedrai.." " Olga non devi dirmi balle per farmi contento" una pausa " Lasciami solo per favore "




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