Il bastone calò con violenza sulla schiena del trentenne,
impattando e rimbalzando su una placca nera che sembrava essere
fuoriuscita dal corpo stesso dell’uomo.
Il sacerdote che aveva vibrato il colpo rimase interdetto, paralizzato
dalla comparsa improvvisa di quell’armatura che ben poco
sapeva di naturale.
La superficie della placca nera parve divenire liquida per un momento,
vibrante, per poi deformarsi verso l’esterno come la punta di
una lancia, trapassando il cranio dell’uomo devoto ad Aria e
schizzando il suo sangue, scintillante alla luce delle candele, contro
le pareti in legno, per poi ritirarsi verso il punto
d’origine e cercare come riparo all’interno delle
membra del trentenne.
Noir si voltò, pulendosi con un dito il sangue scuro che gli
aveva sporcato il naso. Alle sue spalle, la porta chiusa del tempio gli
impediva la fuga, davanti a lui, i rimanenti otto sopravvissuti stavano
aggirando il cadavere ancora tiepido per raggiungerlo.
- Ascoltate, se mi date le chiavi di questa porta e mi lasciate uscire
giuro che non ci saranno altri morti. –
- Non avrai pietà da noi, malosangue. – fu la
risposta secca, meccanica, dell’uomo dalla lunga barba resa
ardente dalle fiammelle che illuminavano l’ambiente.
- Io non credo che dovreste attaccarmi… potremmo ancora
risolvere la situazione senza altri spargimenti di sangue. –
Noir alzò di riflesso le braccia a protezione del viso, non
appena i suoi occhi colsero i due bastoni che gli si stavano
avvicinando.
Dalla pelle degli avambracci, un frammento di secondo prima che questi
venissero urtati dal duro legno delle verghe, parve venir trasudato un
liquido denso, scuro come una notte senza né stelle
né luna, grumoso, che si indurì attorno agli arti
per formare i bracciali su cui i bastoni sarebbero andati ad impattare.
Il trentenne alzò le mani al soffitto, gli avambracci ancora
avvolti da quella protezione parvero assorbire tutta la luce che li
circondava.
- Davvero, non ho intenzione di uccidere nessuno! –
tentò ancora l’uomo dai capelli neri.
I bracciali, lentamente, vennero riassorbiti dalla pelle e dalla carne
sottostante, scomparendo così come erano apparsi.
Un’altra vergata venne direzionata sulla traiettoria per
intercettare la tempia sinistra del giovane.
Dal palmo sinistro alzato di Noir comparve una sferetta della stessa
consistenza dei bracciali, saldamente legata alla sua pelle, che con
uno scatto repentino si allungò, divenendo una sottile lama
appuntita che trapassò prima il bastone, bloccando la sua
corsa, poi il cranio del sacerdote che lo brandiva.
Dalla mano opposta, come proporzionalmente, comparve una lama identica
alla prima, che scattò per impalare due sacerdoti che
avevano osato avvicinarsi troppo con la stessa velocità con
cui la precedente si ritirava verso il suo punto di partenza.
Il corpo dell’anziano alla destra di Noir cadde, privato del
sostegno della lama nera, così come fecero i corpi dei suoi
confratelli, non appena la seconda arma si fu ritirata.
- La tua anima si sta appesantendo, malosangue! Quanto peso potrai
sopportare ancora? – salmodiò l’anziano
in tunica azzurra, facendo un passo avanti, mentre le sue dita ossute e
callose si stringevano sulla sua verga.
Fu un attimo, poi sei degli otto bastoni stretti ancora nelle tiepide
mani dei sacerdoti calarono su Noir con violenza inaudita.
Gli occhi del trentenne si fecero neri come la pece, non uno dei vasi
sanguigni che incorniciavano le sue iridi verde scuro ricevette
pietà dall’impietoso ribollire del suo sangue.
La melassa nera trasudò dalla tempia destra, dalla scapola
sinistra, dal fianco sinistro, dal polso destro e dal ventre.
Noir cadde a terra rantolante quando il duro legno di uno dei bastoni
gli falciò il polpaccio destro, aprendogli un taglio poco
sotto il ginocchio.
Il trentenne si cercò di accovacciare, esponendo unicamente
la schiena ai colpi che continuavano ad infierire su di lui, tutti,
però, trovarono unicamente la piastra nera che si era creata
per proteggere il suo dorso.
- Vi prego, non intendo uccidervi. – la voce
dell’uomo dai capelli neri si spanse nell’aria
ovattata, attutita dalla posizione in cui era costretto il suo
proprietario.
- Taci! – tuonò il sacerdote più
anziano.
I colpi si fecero sempre più rapidi, il legno dei bastoni
sempre più desideroso di profanare la pelle e i muscoli
dell’uomo che cercava di colpire.
Il busto di Noir si inarcò verso il soffitto. Il trentenne
proruppe in un urlo disperato di dolore e dalle sue labbra caddero
decine di gocce di saliva, che si persero alcune sulle pareti, alcune
sul pavimento.
La placca nera che riusciva a stento a coprire la schiena
dell’uomo a terra parve vibrare, perdere in parte la sua
solidità tornando ad essere quasi liquido.
Un bastone venne ancora calato su quella protezione.
I muri di legno vennero irrorati da decine di schizzi di rosso sangue,
che brillava cremisi alla luce della fiamma tremolante delle candele.
Noir restava immobile, i suoi abiti erano strappati in più
punti, là dove lance nere erano nate per impalare gli otto
sacerdoti che vessavano il suo corpo.
La melassa scura ritornò a farsi malleabile, ritraendosi nel
corpo del trentenne.
L’uomo si rialzò lentamente, puntellandosi sulle
mani per sorreggersi. La sua schiena, là dove era i vestiti
non la coprivano, mostrava profondi tagli e brandelli di pelle cadenti.
Noir si mosse verso i cadaveri, curvo, cercando tra i loro abiti la
chiave che gli avrebbe permesso di lasciare quel luogo.
Si sarebbe dovuto medicare, prima di partire, si disse mentre le sue
dita si stringevano su un freddo oggetto di metallo.
Noir guardò il cavallo che lo aveva accompagnato negli
ultimi otto mesi allontanarsi nella Piana Umana verso nord, saltando
agilmente le due rotaie di lucido metallo che avevano raggiunto.
L’uomo mosse un paio di volte braccia e spalle, saggiandone i
movimenti che le strette bende con cui si era fasciato gli permettevano.
Non era molto, ma se lo sarebbe fatto bastare.
In lontananza, verso i Monti Muraglia, la locomotiva splendente sotto
il primo sole del mattino si avvicinava, seguita dalla scia di fumo
denso che si lasciava alle spalle.
Locomotiva, vagone per il carbone, poi solamente vagoni per il bestiame.
Non avanzava troppo velocemente, ma, avesse sbagliato, nemmeno la sua
maledizione lo avrebbe salvato completamente dalla carica di
quell’animale di metallo.
La locomotiva passò accanto a Noir, facendo sobbalzare i
sassi sul terreno e riempiendo l’aria dell’acre
odore del suo fumo.
Il trentenne si flesse, preparandosi.
Il primo vagone proseguì lungo le rotaie, con le sponde alte
ad impedire al prezioso carico di combustibile di disperdersi lungo il
tragitto.
Il portellone laterale dell’ottavo vagone era socchiuso.
Sarebbe stato sufficiente.
Noir saltò allungando la mano destra in direzione del treno.
Immediatamente prima dell’impatto che lo avrebbe privato
della mano, la densa melassa avvolse l’arto dalla punta delle
dita fino a metà dell’avambraccio, impedendo
all’uomo di avvertire alcunché dal
violento contatto che ne seguì.
L’uomo si trovò appeso al montante del portellone,
con le gambe a penzoloni sul terreno che correva veloce e il viso
investito da un forte vento caldo.
Le sue braccia si contrassero, le bende che gli fasciavano il busto si
tesero e un rigolo di sangue vermiglio gli imbrattò la
schiena, ma lo sforzo fu ricompensato quando le suole delle sue scarpe
si poggiarono sulla base della carrozza.
Una lama di luce, a stento, riusciva a filtrare
dall’apertura, proiettando l’ombra di Noir
all’interno di quell’ambiente.
Una dozzina di figure scure, avvolte dall’ombra, si mossero
contro la parete opposta alla comparsa di quel nuovo arrivato.
Un muso tozzo, animalesco, adornato da due lunghe zanne, si sporse in
avanti, incrociando il suo cammino con la luce solare.
Un Demo. Un discendente dei Demoni creati dal Re per combattere la
Guerra degli Elementi. Schiavi.
Il naso schiacciato di quel muso annusò l’aria,
per poi ritrarsi di scatto, spaventato, terrorizzato.
In pochi secondi l’agitazione si propagò ai suoi
vicini, a macchia d’olio, finché tutti i Demo
presenti nel vagone non si precipitarono contro l’angolo
diametralmente opposto all’ingresso, accompagnati dal rumore
metallico delle catene che li tenevano legati.
Noir si sedette contro la parete di coda, con lo sguardo perso oltre i
Demo ammassati, la parete dietro di loro e la locomotiva ancora
più in là, invisibile al suo sguardo. Non
c’era più spazio per lui sulle Terre, doveva
lasciarle inevitabilmente.
Il trentenne si spostò leggermente, cercando una posizione
più comoda. Quel piccolo gesto fece partire dalla piccola
folla al lato opposto della carrozza una cacofonia di grida, mentre i
loro corpi ricoperti dal corto pellame si addossavano ancor di
più alla parete, tendendo le catene al massimo della loro
estensione.
L’uomo nascose il volto tra le mani, sconsolato.
Perfino gli esseri più innaturali presenti sulle Terre lo temevano.
Il treno corse sul suo metallico tracciato per altre quindici ore.
Il sole era basso sull’orizzonte e il suo riflesso rossastro
illuminava il piattume indisturbato del mare.
Noir balzò fuori dalla carrozza non appena il treno ebbe
rallentato a sufficienza, rotolando sull’erba secca che
ricopriva il duro terreno.
L’aria, tutto intorno, era pregna dell’odore di
salsedine e pesce e, in lontananza, si potevano riconoscere le voci
tonanti dei pescatori di ritorno dalle battute di pesca giornaliere.
Seguendo le rotaie per pochi chilometri verso nord, si potevano
riconoscere le mura protettive della città di Derout, la
più antica della zona. Il suo centro storico, in buona
parte, risaliva ai tempi del Cambiamento e i banchi di pesci che
passavano spesso poco distante dai suoi moli garantivano
l’agiatezza a chiunque avesse voluto investire nel commercio
del pesce.
Noir Ispirò un’ultima volta l’odore di
mare che lo circondava, così simile a quello che aleggiava
nell’Oasi in cui era nato, per poi partire a piedi in
direzione della città marittima.
Angolo dell'Autore
Come promesso, rieccomi qui.
Noir, così pericoloso da poter uccidere una dozzina di
uomini da disarmato, così terribile da spaventare dei Demo,
certo, Demo schiavi, ma non per questo meno discendenti dai demoni del
Re. Il suo potere, però, è molto particolare,
diverso da qualunque cosa io vi abbia già mostrato in questo
nostro lungo viaggio. Ora la domanda è: qual è la
fonte del suo potere?
Ci daremo una risposta, prima o poi.
Per ora, però, devo ringraziare OldKey, la ragazza
imperfetta e whitesky per le loro meravigliose recensioni, per poi
passare a ringraziare tutti voi. Non mi stancherò mai di
dirlo, se non ci foste voi a leggermi, non avrei mai scritto tutti
questi capitoli.
Alla settimana prossima!
Vago |