CAPITOLO 7
Il vento del passato
- Holly! - gli disse Julian mettendogli una mano sulla
spalla. Era visibilmente a pezzi, traumatizzato da quella rivelazione,
estremamente confuso e incapace di ogni reazione.
- E ora cosa faccio? - gli domandò sperando che il
saggio amico potesse dargli consigli utili per uscire da quella situazione
anomala. - Ne siete sicuri? - chiese ancora vedendo Amy sopraggiungere
dietro di loro.
- No! Sembra che all’inizio dell’anno successivo all’incidente
si siano trasferiti a Chicago. -. Holly sorrise di scherno. - E’ difficile
poter controllare i dati anagrafici in una metropoli del genere.
Bisognerebbe recarsi sul posto. -.
- Trish ha studiato a Chicago. E’ lì che si è
laureata in medicina. Ed è fuggita da una famiglia che la soffocava! -
disse loro cercando di ricomporre il puzzle. - Povera Patty. Deve aver
sofferto tanto. L’incidente, la morte del padre, il trasferimento dall’altra
parte del mondo, una famiglia morbosa, l’assenza di identità…-
- Il destino è stato crudele con lei. - disse Julian. -
Forse sarebbe giusto raccontarle la verità, magari lei non la conosce. -
- Infatti. E’ stata molto evasiva circa la sua famiglia
e comunque non deve essere particolarmente affezionata a loro. Cosa dobbiamo
fare adesso? - domandò ancora cercando più conforto che aiuto.
Continuava a guardare il mare e i gabbiani librare liberi
sotto il cielo dalle tonalità argentee. Ripensò a quella notte in cui aveva
provato la gioia dell’amore, aveva dimenticato il dolore e la sofferenza che
negli ultimi dieci anni l’avevano seguito come un’ombra. I suoi respiri
sulle labbra, i sospiri ai baci dolci e passionali, i fremiti alle sue carezze
così sicure ed esperte. L’avevano desiderato e l’avevan fatto,
riscoprendosi abili e disincantati amanti. Quella notte erano stati Oliver e
Trish: nulla degli attimi trascorsi li aveva riportati alle loro passate
identità, avevan smesso gli abiti adolescenziali di Holly e Patty per vestire
quelli adulti di una coppia in preda ad un’attrazione quasi fatale.
Quelli che al momento dell’incidente gli erano parsi dubbi,
adesso erano certezze.
- Come pensi che possa reagire se le diciamo tutto quello
che abbiamo scoperto? -
- Non lo so Amy. A me non piacerebbe sapere che qualcuno
ha indagato sul mio conto. Patty era una ragazza indipendente, discreta per
quello che riguardava la sua vita privata. Penso che questo le sia rimasto
anche nella sua nuova identità. Secondo me andare lì e dirle cosa sapete,
potrebbe solo peggiorare le cose…andrebbe su tutte le furie…
- Forse ho trovato…dovremmo insinuarle il dubbio e far
sì che sia proprio lei a scoprire chi è in realtà! - disse Julian
illustrando la sua idea.
- E come? -
- Le lettere. Se le leggesse magari ricorderebbe qualcosa
della sua adolescenza e chissà probabile che chieda ai suoi genitori
spiegazioni in merito. - continuò.
- Non so se è una buona idea. - ribatté Holly scettico.
- A me no. Se io fossi al suo posto e leggessi quella
corrispondenza, mi interesserei alla vicenda e cercherei spiegazioni. -
- E quale spiegazione potrebbe cercare Trish? -
- Perché ha ricevuto quelle lettere! Fidati Holly. Se in
fondo al suo cuore è rimasta la vecchia Patty, non lascerà incompiuto
quello che ha iniziato tempo addietro. Le lettere faranno risvegliare in lei
i vecchi ricordi. Holly, Patty ti amava intensamente, non era la pura
adorazione di una manager verso il suo capitano. Lei viveva per te, perché
tu realizzassi i tuoi sogni. Non voleva nulla in cambio. Avrebbe solo
desiderato che tu ricambiassi i suoi sentimenti. E qualora tu non l’avessi
fatto, lei avrebbe continuato ad amarti lo stesso. Anche se ha perso la
memoria, nascosto in fondo al suo cuore ci sarà ancora il ricordo del suo
più grande amore. Bisogna solo incoraggiarla. Probabilmente le persone che
le sono state accanto non hanno fatto nulla perché lei potesse risvegliarsi
dal suo sonno apparente. - disse Amy più speranzosa che certa. Holly
tacque. Le parole di Amy gli echeggiavano nella mente. Le sentiva nel cuore
cos’ forte che gli faceva male. La sua cara Patty l’aveva amato a tal
punto? Si sentiva in colpa perché adesso provava un sentimento forte che
sentiva crescere ogni attimo per Trish. Se non si fosse trattato della
stessa persona, era certo che sarebbe impazzito.
- E se invece non dovessero servire a nulla? - chiese
Holly ritornando all’argomento principale.
- Sono sicura che te ne parlerà. Sia tu che noi l’abbiamo
più volte chiamata Patty! Si sentirà chiamata in causa. -
- Ragazzi…io desidero solo una cosa: che sia Trish o
Patty, voglio che rimanga al mio fianco. E’ questo l’aiuto che vi
chiedo. Nulla di più. Non posso più permettermi di sbagliare. La mia lunga
attesa ha comportato solo dolore nella mia e nella vita degli altri. A
cominciare da Patty.
- Se si dovesse trattare realmente di Patty, non potrei
far altro che gioire per averla ritrovata. Ma se non dovesse essere così,
devo chiudere un capitolo del mio passato e cercare un futuro diverso
insieme a Trish….provo davvero dei sentimenti per lei Non voglio
illuderla, non se lo merita, e soprattutto non voglio commettere gli stessi
errori che ho fatto con Patty. - disse loro rientrando in casa. Le sue
parole erano state scandite in maniera ferma, decisa. Aveva deciso che una
delle due sarebbe rimasta al suo fianco, nel ricordo e nell’amore dell’altra.
Il cercapersone di Trish Hamilton squillò insistentemente.
Stava ultimando il giro delle visite insieme a un nuovo tirocinante. Nonostante
fosse stanca, era contenta. Quello che era successo la sera prima l’aveva
felicemente turbata e il suo umore era stranamente positivo quel giorno. Si
avvicinò al bancone accettazione del pronto soccorso e chiese all’impiegato
chi l’avesse cercata.
- Sono stato io dottoressa. Sono arrivati due pacchi per
lei! -
- Saranno riviste mediche e prodotti di informatori
medici. Puoi metterli nel salottino, per favore? -
- Non penso dottoressa. Sono arrivati uno a distanza di
poco tempo dall’altro: uno con un pony express, l’altro invece a mano da
un signore che non ha richiesto neanche la firma su una ricevuta. Ecco,
questi sono i pacchi. - le disse Jorge poggiando le due scatole sul bancone.
Una era lunga e stretta legata da un nastro rosso intenso. L’altra
era una normale scatola di imballaggio di medie dimensioni con sopra scritto il
suo nome a penna. Le afferrò entrambe e le portò nel salottino dove i medici
si riposavano nei momenti di pausa. Curiosa come non mai, li poggiò entrambi
sul tavolo e aprì prima quello sigillato dal nastro rosso.
Quando sollevò il coperchio della scatola, un gradevole
profumo fiorito si sparse per la stanza. Tre magnifiche rose bordeaux a stelo
lungo giacevano su un telo di organza. Prese tra le mani il bigliettino con il
cuore in tumulto stretto in una morsa che le soffocava le parole in gola.
- Mi manchi! O.H. - scorse con gli occhi quelle
poche parole che poi lesse sottovoce quasi per timore che qualcuno potesse
udirla. Sorrise di gioia chiudendo gli occhi e pensando al giovane amante di
quella notte. Il cercapersone la riportò alla realtà destandola dal sogno
che stava vivendo. Aprì il suo armadietto e vi appoggiò le scatole curiosa
di aprire anche l’altra. Il suono continuo del cercapersone glielo
impedì.
- Tesoro…svegliati…non dormire…io sono qui…guardami,
ti prego, apri gli occhi, tu devi vivere! Devi incontrare Holly! Devi
realizzare i tuoi sogni….Non morire, Patty! -. Quel flashback improvviso
la fece sussultare. Si portò una mano al petto nella speranza che il cuore
decelerasse e che il sangue riprendesse il suo lento scorrere. Respirò
profondamente cercando di riacquistare l’autocontrollo perduto.
Barcollante uscì dalla stanza precipitandosi in accettazione da dove
proveniva la chiamata.
- Dottoressa, stanno arrivando due ambulanze. Incidente
stradale. Sono rimasti coinvolti padre e figlia. -
- Patty, non morire…guardami, Patty…guarda tuo padre,
ti prego….rispondimi! -. L’eco del flashback continuava a martellare
nella sua mente e a materializzarsi dinanzi i suoi occhi. La macchina
ridotta in rottami e i loro corpi riversi all’interno. L’uomo grondante
di sangue guardava la giovane donna seduta al suo fianco. Le cinture di
sicurezza ancora allacciate. La camicia bianca della ragazza era oramai
intrisa del sangue che lentamente grondava dal cranio traumatizzato dall’urto.
L’uomo gemeva cercando di svegliare la figlia. Aveva le lacrime agli
occhi. Non riusciva a muovere neppure un dito.
- Trish ci sei? - chiese Luis riportandola alla realtà.
- Ehy, sei su questo pianeta? Ma mi ascolti Trish? -. Che stava succedendo?
Le due ambulanze. Padre e figlia. Scosse il capo come per riprendersi da
quell’apparente stato di tranche. L’arrivo dei paramedici sembrò
ridestarla completamente dal torpore in cui era caduta. La vista le si
annebbiò e sentì velocemente salire le lacrime. Perché? L’immagine di
quell’uomo e di sua figlia sembravano ferme, paralizzate dinanzi le sue
cornee. Avrebbe voluto farle sparire ma nella sua mente sentiva ancora il
grido disperato di quel padre verso la figlia…una giovane donna priva di
sensi…sempre lei…la misteriosa Patty di cui aveva sentito parlare altre
volte ma soprattutto la ragazza che più di una volta le era comparsa in
sogno o nei suoi flashback senza volto. Si sentì toccare e sobbalzò. La
mano di Luis sulla sua spalla che la scoteva, cercava di riportarla ad una
realtà terrena.
- Ma che ti prende? Stai male? - le chiese non
distogliendo lo sguardo dalla collega.
- Ehm…no…era solo un capogiro! -
- Ne parliamo dopo…forza vieni con me! - le disse
passandole la tunica impermeabilizzante e i guanti in lattice.
Trish sembrò tornare alla realtà e seguì il collega nell’atrio
riservato all’arrivo delle ambulanze.
Con la pena nel cuore, seguendo con lo sguardo Luis che
impartiva le direttive agli infermieri, si avvicinarono alle ambulanze. I suoi
occhi sembravano ipnotizzati dal flashback che aveva avuto. Il cuore era gonfio
di lacrime e non riusciva a spiegarsi il perché. Le parole le morivano in gola.
- Trish, tu prendi la ragazza: io il padre. Forza
ragazzi, diamoci una mossa. Fate liberare sala 2 e 3. Arriviamo con i
feriti! - urlò sperando che qualcuno l’avesse udito.
Ascoltarono i ragguagli dei paramedici e aiutati dai
tirocinanti, spinsero le barelle nelle sale d’urgenza 2 e 3, separate da una
semplice porta a vetro. Le condizioni di Loreta e Alejandro Curtiz erano
critiche. Sia Trish sia Luis richiesero l’aiuto di due medici da chirurgia.
- Come va Trish? -
- Male. Ha sbattuto la testa contro qualcosa di molto
duro perché il cranio è fratturato. Spero solo che dalla TAC non salti
fuori un’emorragia cerebrale….ma ho dubbi in merito. L’encefalogramma
è quasi piatto. Il battito cardiaco è talmente debole che non capisco come
riesca ad essere ancora in vita. Escoriazioni varie, ustione alla gamba
destra ed emorragia al fegato. E tu? -
- Lo stiamo stabilizzando ma solo un miracolo può
salvarlo. Ha entrambe le gambe fratturate e qualcosa di metallico gli ha
penetrato il petto recidendo quasi l’aorta. -
- Che situazione! Ma dove diavolo sono finiti? - si
chiese continuando a tamponare le ferite sulla ragazza. Il chirurgo
coadiuvava gli assistenti cercando di stabilizzare la giovane donna prima di
un intervento chirurgico d’urgenza mentre Trish continuava il suo lavoro
in maniera del tutto indipendente.
- Hanno cercato di evitare l’impatto frontale con un
autotreno uscito fuori strada e si sono schiantati contro il new jersey. -
le disse Carmen continuando ad effettuare i test preliminari sulla paziente.
La luce della grande lampada sul letto operatorio era talmente accecante e
calda che per un attimo Trish temette di rimanerne folgorata. Si sentiva
venir meno e non comprendeva se dipendeva dallo stress lavorativo o dal
mancamento causato dal flashback. Guardò la ragazza dai capelli corvini il
cui corpo tumefatto riposava sopra la barella. appena Si strinse nelle
spalle, intimorita da quella presenza e provando un’indefinita tristezza
verso quella vita che lentamente si stava spegnendo. Il sensore dell’elettrocardiogramma
cominciò a vibrare in maniera sonora richiamando l’attenzione dei medici.
Non c’era più battito.
- Presto, il defibrillatore! - esclamò scossa da un
qualcosa che le diceva di continuare a tentare di salvarla.
- Trish non ne vale la pena. Probabilmente riporterà dei
gravi danni cerebrali. - le disse il dottor Mendez, aiuto primario di
chirurgia. Ignorando completamente il consiglio del collega, Trish
continuava a scaricare scosse elettrica sul petto della ragazza.
- Trish ascoltami…è tutta fatica sprecata! -
- Non mi importa quello che dici. Dobbiamo riprenderla. E’
troppo giovane per morire, ha tutta una vita da vivere. - rispose aspra non
degnandolo di uno sguardo. - Maledizione Loreta, non vorrai farmi fare
brutta figura. Avanti, non darti per vinta, lotta insieme a me, ce la puoi
ancora fare! Non puoi morire, hai solo sedici anni. - esclamò quasi in una
supplica cercando di coinvolgere la ragazza. I colleghi la guardavano
attoniti incapaci di proferire altro o prendere qualche decisione. Le
lacrime le annebbiavano la vista ma non poteva permettersi quel gesto tanto
sensibile quanto debole di fronte ai colleghi. Lei era Trish Hamilton, la
dottoressa di ghiaccio, come molti la chiamavano per la sua persona
integerrima e professionale.
- Dottore guardi, c’è di nuovo il ritmo cardiaco. -
disse Carmen esterrefatta richiamando l’attenzione del dottor Mendez. Il
medico sorrise e si avvicinò a Trish. Senza dir nulla, riprese a lavorare
intensamente nel disperato tentativo di riportare in vita Loreta Curtiz.
La porta della sala 3 si aprì e Luis entrò chiedendo
ragguagli sulla ragazza.
- Come sta il padre? - chiese Trish.
- L’abbiamo stabilizzato. Lo stanno portando su in
chirurgia per operarlo. Speriamo in un miracolo. E la ragazza? -
- E’ grave…ma ce la farà…ne sono sicura. - disse
senza alzare lo sguardo. - Se suo padre si salverà, anche Loreta lo farà.
- sussurrò cercando di formulare un pensiero ottimista più per se stessa
che per gli altri. Luis sentì quello che aveva detto Trish ma non riuscì a
comprenderne il significato.
- Avanti, portiamola su in chirurgia. - disse il dottor
Mendez spingendo la barella fuori dalla sala 2. - Trish! - esclamò
voltandosi verso di lei. Era pronta ad un rimprovero sonoro per aver
criticato l’aiuto primario dinanzi ai subalterni.
- Sì, dottor Mendez! - rispose guardandolo diritto negli
occhi. Non gli importava di averlo contraddetto durante il soccorso. Erano
riusciti a stabilizzare Loreta Curtiz e questo le bastava per sapere di aver
fatto ancora una volta il suo dovere. La mente era confusa e il cuore
intriso di ansia e angoscia. Non sapeva neanche lei cosa le stesse
succedendo: era solo cosciente che doveva andar via e rifugiarsi nelle
braccia di Oliver che sicuramente avrebbe saputo consolarla.
- Complimenti. Ottimo lavoro. - le disse allontanandosi
verso l’ascensore. Luis e Trish tacquero temendo di non aver sentito bene
l’ultima frase pronunciata da Mendez, noto per il suo carattere tanto
irruente quanto polemico.
- Non posso crederci che tu abbia fatto breccia nel cuore
di quell’uomo. Brava la mia adorata Trish. - le disse sorridente. La
guardò e capì che la sua mente era totalmente assente. A cosa pensava
quando si estraniava dal mondo intero? Avrebbe voluto essere il suo
confidente e l’amante di quella bella donna sempre celata dietro una
maschera perfettamente dipinta.
- Trish che cos’hai? Non ti senti bene? - le chiese
dolcemente.
- Scusami Luis…no, ho un gran mal di testa e penso che
me ne andrò a casa. Il mio turno è finito. -
- Per l’ennesima volta ti ripeto che dovresti prenderti
una vacanza. Che ne diresti se ce ne andassimo tutti e due a fare una bella
crociera sul Nilo? Ho visto una locandina presso un’agenzia di viaggi!
Adesso il tempo è ideale: non fa molto caldo in Egitto. -. Lei gli sorrise
amichevolmente. Il bel casanova dell’ospedale continuava a corteggiarla
nonostante i suoi numerosi rifiuti. Le infermiere e le dottoresse avrebbero
fatto carte false per essere al suo posto. Ma lei aveva un’altra persona
nel cuore.
- Ti ringrazio Luis, sei un amico. -
- Trish! - esclamò lui afferrandole una mano. Lei
comprese e si voltò verso di lui. I suoi occhi verdi erano così luminosi e
quieti. Abbassò il capo per evitare di perdersi in quel mare di emozioni.
- Io…lo sai…a me piacerebbe davvero frequentarti…non
solo come amico! Ma tu mi sembri così lontana, distante. Dimmi la verità
così mi metterò il cuore in pace. C’è qualcuno nella tua vita? -. Era
una dichiarazione. Già, il più bel medico dell’ospedale si era chinato
al suo cospetto declamando il suo interessamento verso un rapporto ben più
profondo dell’amicizia. Era contenta che qualcuno in quella struttura
avesse capito che non c’era un pezzo di ghiaccio nel suo petto, ma un
cuore che batteva e che attendeva solo di infiammarsi d’amore. Gli portò
una mano al volto ben rasato e l’accarezzò gentilmente. Le labbra si
unirono dolcemente per donargli il più sincero dei sorrisi.
- Ti voglio bene Luis…ma non potrei mai innamorarmi di
te. -
- Come puoi dirlo se non ci proviamo? - le disse non
demordendo.
- C’è già qualcuno nella mia vita e mi sento legata a
questa persona in maniera profonda e inestricabile. -
- Non sarà mica quel giocatore? - le chiese quasi
adirato. Trish non parlò e il suo tacere valse l’assenso. - Ma Trish, se
non lo conosci neppure? Che cosa ha lui che a me manca? -
- Luis ti prego…mi sembra inutile far degenerare questa
conversazione. Lui è nella mia vita, c’è sempre stato. L’ho scoperto
quando ci siamo incontrati. C’è qualcosa di inscindibile che ci lega e
adesso me ne sto rendendo conto. -
- Quindi…è proprio finita! -
- Luis…non è mai cominciata. Noi due siamo e resteremo
sempre dei buoni amici. Io ti voglio bene sinceramente, ma…
- Ma non mi ami! -
- Sì. - gli disse definitivamente sperando che
finalmente si mettesse il cuore in pace. Alzò le spalle, si staccò da lei
e si avviò verso la porta senza proferire.
- Se ti vedrò soffrire a causa sua…non risponderò
delle mie azioni! -. Le sue ultime parole rimbombarono nella stanza in
maniera sonora. Sospirò cercando di far ristabilire al suo cuore il ritmo
normale. Un brivido la percorse e sentì freddo. Si strinse nelle braccia
cercando di cancellare quella sensazione scomoda e gelida. Guardò l’orologio
appeso al muro della stanza. Erano passate le 19 e 30. Come sempre sarebbe
uscita oltre l’orario di lavoro. Appena fu nel corridoio, Miguel, l’impiegato
all’accettazione la richiamò.
- Dottoressa deve finire di aggiornare le cartelle? -.
Lei lo guardò esausta. Non avrebbe potuto tenere neppure la penna in mano.
Era troppo stanca per fare altro e sentiva il bisogno di un caldo bagno
rilassante.
- No Miguel, se guardi bene quelle cartelle sono già
state aggiornate. Le devi solo sistemare al proprio posto. -
- Ops…ha ragione, mi scusi dottoressa. -
- Non fa niente. Io sto andando via. Chi c’è di turno?
-
- La dottoressa Stevenson e il dottor Arnau. -
- Bene…allora non chiamatemi fino a domani! -
- D’accordo. - gli rispose sorridendo a quella
richiesta. Si diresse nel salottino riservato ai medici e si lasciò cadere
sul divanetto. Chiuse gli occhi stremata dalla stanchezza.
- Devi smetterla di correre dietro a queste stupidaggini.
La colpa è anche di tuo padre che alimenta le tue fantasie. - ribatté
quasi urlando sua madre.
- Non sono stupidaggini. E’ la mia vita, la mia
adolescenza e tu non puoi impedirmi di coltivare aspirazioni e sogni. -
- Tanto tra non molto la smetterai con questa storia del
calcio. Non appena ci trasferiremo negli Stati Uniti, tu cambierai vita. -
- Te lo puoi solo scordare. Chiederò al giudice di farmi
restare qui con papà. -
- Sai cosa ti dico? Fai come vuoi. Sono esausta di
correrti dietro. Tu sei uno spirito ribelle. Spasimi per un ragazzo che non
ha esitato ad abbandonarti e continui a coltivare la sua passione nella
speranza che un giorno torni da te. - le urlò sua madre additandola. Le
lacrime le sgorgarono spontanee.
- Tu non sai niente di noi. Pensi solo ed esclusivamente
a te stessa…a seguire quello stupido del tuo compagno negli Stati Uniti.
Hai mai pensato a me? Che se te ne vai mi abbandonerai? Certo che no perché
è quello che vuoi. Allora sai cosa ti dico io? Vattene pure negli Stati
Uniti, tanto non sentirai la mia mancanza! - gridò scappando via. Patty!
Ancora lei, ancora un flashback. La ragazza oramai presente quotidianamente
nella sua vita le era apparsa dinanzi agli occhi mentre litigava in maniera
furente con la propria madre.
- Perché continuo ad essere ossessionata da questa
ragazza? E’ la stessa che ho visto più volte con Oliver, la sua amica
Patty, quella di cui mi ha parlato. Come faccio a conoscerla se non l’ho
mai vita? Cosa ci lega? - si chiese mettendosi le mani al capo in cerca per
l’ennesima volta di una spiegazione logica a quello che da qualche
settimana le stava accadendo. Si alzò decisa ad andar via. Smise il camice
bianco e lo stetoscopio e aprì il suo armadietto. Il profumo intenso delle
rose inviatele da Oliver le ricordò che doveva aprire ancora l’altro
pacco che qualcuno le aveva fatto recapitare. Guardò le rose e sorrise a
quell’amore che stava nascendo e che la rendeva felice. Prese la borsa e
la giacca e la indossò. Richiuse l’armadietto e mise la scatola sul
tavolo. La guardò, la prese tra le sue mani e ne constatò il peso.
- Uhm…non è molto pesante. Forse è meglio aprirla
così non dovrò portarmi insieme anche il cartone. - pensò cercando un
taglierino tra gli articoli di cancelleria sistemati su un tavolino dove
solitamente i medici si appartavano per completare la compilazione delle
cartelle. Il cuore aveva ripreso a battere intensamente quasi a volerla
preavvertire del contenuto della scatola. Rimase alquanto allibita quando
constatò che altri non erano che una ventina di lettere ordinatamente
custodite nelle rispettive buste. Le afferrò e si sedette colta da un’improvvisa
fitta al cuore. Non c’era mittente, ma il destinatario era sempre lo
stesso: Sig.na Patty Gatsby! Le mani tremanti reggevano a malapena le
lettere. Le rigirò nervosamente cercando una traccia del mittente. L’unica
cosa che si leggeva, seppur in maniera poco distinguibile, era il paese di
provenienza. Le lettere erano state spedite tutte dal Brasile.
- Perché? Chi può avermi fatto recapitare queste
lettere? Cosa ho a che fare io con Patty Gatsby? - si chiese intimorita
sapendo che si trattava della stessa persona che spesso sognava e per la
quale era stata scambiata da Oliver e dai suoi amici? Bruscamente prese una
busta e ne svuotò il contenuto. Non avrebbe mai letto la corrispondenza
altrui, ma qualcuno gliela aveva inviata proprio perché lo facesse. Era la
prima lettera, oramai vecchia di circa tredici anni.
Mia carissima manager,
come stai? Qui in Brasile è tutto diverso dal Giappone.
Dov’è il rigoroso ordine nipponico, le nostre case così particolari? Tu
aggiungeresti anche: dove sono i miei ciliegi in fiore? Già, sono proprio
in un altro mondo, ma mi piace. Grazie a Roberto mi sono ambientato subito
ed ho conosciuto i miei compagni di squadra. Parto dalla panchina, sai?
Non ti arrabbiare, ti prego. Già ti ci vedo su tutte le
furie rivolgerti al mister per farmi giocare come titolare. Devo guadagnarmi
la loro fiducia se voglio diventare un titolare e ti prometto, Patty, che ce
la farò.
Tra un po’ inizierà il campionato e vedrai che dopo un
po’ riuscirò a partire tra gli undici che scenderanno in campo. Non
importa quanto dovrò lavorare, non mi spaventano gli allenamenti. Sarai
fiera di me.
Porto sempre con me il braccialetto che mi hai regalato…sarà
il mio portafortuna, il legame con la mia terra e…con te.
Non ti deluderò Patty: quando avrò realizzato il mio
sogno, quando sarò diventato un calciatore professionista, tornerò…
A presto,
Holly
p.s. Nella busta troverai un bigliettino da visita di
Roberto completo di indirizzo a cui inviare la corrispondenza.
Trish guardò ancora quella lettera, scorse velocemente le
righe. Holly e Oliver. La stessa persona. Aveva abbandonato la sua amica Patty
per inseguire il suo sogno. Doveva amarlo tanto per non provare neppure ad
opporsi alla sua partenza. Si era trasferito dall’altra parte del mondo per
realizzare il suo sogno e lei gli era accanto sempre, anche se non fisicamente.
La corrispondenza era alquanto generica. Si parlava
soprattutto di calcio e delle squadre brasiliane. Evidentemente Patty era un’ottima
ascoltatrice e si intendeva di sport se lui le descriva particolari e tecniche
accurate come se stesse parlando con il più esperto dei giocatori.
Era compiaciuto dei progressi della squadra di calcio che
aveva lasciato, che Patty continuava a seguire; si complimentava con lei per gli
ottimi risultati scolastici e per i suoi corsi linguistici pomeridiani. Cercava
di consolarla quando lei gli scriveva dei pessimi rapporti che aveva con sua
madre e con il suo compagno. Sempre più spesso desiderava trasferirsi da suo
padre per poter vivere più serenamente.
Man mano che i mesi trascorrevano, Trish denotava nelle
lettere maggior sentimento. Holly evidentemente stava cominciando ad accusare la
sua mancanza e in una lettera le diceva anche che gli sarebbe piaciuto poterla
riabbracciare in terra straniera.
Rovistando tra le buste, fu attratta da una lettera e da una
busta chiusa.
“ Caro capitano,
i giorni passano e oramai siamo quasi a Dicembre. Natale si
avvicina e presto le strade si riempiranno di candida neve. Il campionato
scolastico procede a gonfie vele. Con il ritorno di Benji e Tom la squadra sta
andando avanti di pari passo alla Toho. Penso che anche quest’anno la finale
sarà tra di noi. Mark Lenders è migliorato molto e il suo tiro della tigre
sembra sempre più inafferrabile. Per fortuna che abbiamo Benji in porta. Ci
manca un attaccante come te…ci manchi tu.
Come sto io? Sempre al solito. Mi divido tra la scuola e il
club di calcio e nel tempo che mi rimane, litigo sempre più spesso con mia
madre e il suo “individuo”. Non lo sopporto proprio e conoscendo la mia
proverbiale tolleranza dovresti riuscire a comprendere quanto saturo sia il mio
livello di pazienza. Cerco di trascorrere più tempo possibile con mio padre.
Con lui sto bene, mi capisce, gli parlo di me, della squadra, di te.
Holly…io…so che non è il momento giusto e che forse non
dovrei dirti certe cose ma…mi manchi. Forse ho aspettato troppo per dirtelo e
probabilmente avrei dovuto attendere ancora. La mattina spero sempre di poterti
incontrare sul ponticello sulla via della scuola dove ci vedevamo prima. Oppure
spero di scorgere la tua ombra sul campo di calcio mentre ti alleni in attesa
che arrivino gli altri. La lontananza ha solo alimentato la tua mancanza.
Ti ringrazio per l’invito a raggiungerti in Brasile, ma
temo che per quanto desideri saltare sul primo aereo, si tratti di un progetto
da rimandare per il momento.
Adesso devo lasciarti perché abbiamo un’amichevole con la
Flynet. A proposito, Jenny è tornata dagli Stati Uniti e finalmente lei e
Philip stanno insieme. Sono contenta che abbiano potuto coronare il loro sogno.
Holly, ovunque tu sia, sappi che ti voglio bene e spero di
cuore che tu possa realizzare i tuoi sogni.
Tua Patty “
Era solo un’adolescente eppure era così sicura dei suoi
sentimenti. Anche se non riusciva a dirgli che l’amava, lui lo sapeva e
corrispondeva il suo affetto. Sorrise pensando che in fondo erano solo due
timidi innamorati che giocavano a nascondere i propri sentimenti dietro falsi
giochi e dubbi amletici. Ripiegò la fotocopia e prese la busta chiusa sentendo
qualcosa di metallico all’interno. Prese il tagliacarte e la aprì in maniera
accurata rovesciando il contenuto sul tavolo.
- Ma questo…è il braccialetto che Oliver le fece fare
prima di ripartire per il Giappone! Il bracciale uguale a quello che Patty
gli aveva regalato prima della sua partenza. -. Senza attendere oltre
spiegò la lettera.
Mia carissima Patty,
ho ricevuto oggi la tua lettera. Sono contento dei
progressi della squadra e sapevo che con il ritorno di Benji e Tom anche quest’anno
la New Team avrebbe disputato un ottimo campionato.
Mi dispiace che i rapporti con tua madre e il suo compagno
siano così incrinati. Vorrei essere lì con te…per consolarti, come hai
sempre fatto tu con me quando c’era qualcosa che non andava bene. Sai, mi
sono infortunato. Durante una partita di campionato, l’avversario mi è
venuto addosso scaricando tutta la sua potenza sul mio polpaccio sinistro.
Dovrò saltare tre partite e poi ci sarà la sospensione per il Natale. Ho
chiesto alla dirigenza se posso tornare in Giappone. Così potremo rivederci.
Quando mi sono infortunato mi è venuto in mente l’episodio di qualche anno
fa…alla fine del terzo campionato…finale con la Toho.
Ancora ricordo bene la tua espressione, le tue lacrime e le
tue preghiere all’allenatore e al medico per farmi giocare seppur
infortunato. Grazie Patty. Non ti ho mai ringraziata abbastanza per essermi
stata sempre così vicina, per aver condiviso gioie e dispiaceri e perfino i
miei infortuni. Cos’avrei fatto se tu non mi fossi stata accanto? Anch’io
sento la vostra mancanza, ma soprattutto, mi manca qualcuno che mi inciti
continuamente dagli spalti, che mi sorride durante gli allentamenti, qualcuno
i cui occhi sono sempre su di me vigili e attenti…mi manchi Patty…non sai
quanto…non ho mai trovato il coraggio di dirtelo, ma penso che sia giunto il
momento per ringraziarti per tutti i sacrifici che hai fatto per me!
Nella busta troverai un piccolo regalo per te: si tratta
dello stesso braccialetto che mi hai regalato tu ma con l’iniziale del mio
nome…anzi del mio diminutivo. Quando sarai giù di morale, in qualsiasi
momento ne avrai voglia, guardalo e io sarò con te.
Parto tra due settimane. Ti telefono per dirti a che ora
arriverò. Non appena sarò a Fujisawa, devo parlarti di una cosa molto
importante.
Ti abbraccio
Tuo Holly
p.s. Ehy manager! Non mollare, ricordati che ti voglio
bene.
Finalmente Holly aveva cominciato a scoprire le sue carte e
a rivelare i propri sentimenti alla sua cara Patty. Ma perché lei non aveva
letto quella lettera? Cosa glielo aveva impedito?. Si alzò profondamente
adirata e attratta dal profumo delle rose. I pacchi erano arrivati
praticamente insieme. Era stato lui ad inviarle quelle lettere. Ma perché?
Cosa voleva dirle? Un dubbio si insinuò nella sua mente. Dopo quella notte d’intenso
amore, Oliver aveva subito i rimorsi di una coscienza che lo legavano ad una
ragazza scomparsa. Inviandole le lettere aveva forse voluto dimostrarle quanto
ancora amava Patty? E se invece aveva finto di amarla unicamente perché
somigliava al suo grande amore perduto? Divenne rossa per la rabbia. Si sentì
pervadere il corpo da un forte calore avvertendo il veloce fluire del sangue
nelle sue vene. Si sentiva usata e derubata di un sentimento sincero che
provava per quel ragazzo. Prese le lettere, le mise nella sua borsa e andò
via di corsa.
Il vento del passato era tornato a spirare sulla storia di
Patty e Holly e stranamente, quella brezza di ricordi stava lambendo la sua
vita e quella di Oliver Hutton. Due coppie divise da dieci anni. Un vuoto
spazio temporale nel quale le loro vite erano cambiate e si erano stranamente
intrecciate. Possibile che il destino stesse cercando di riaffermare quanto
aveva previsto per loro in un lontano passato? Cosa la accomunava a Patty
Gatsby? Possibile che l’amore di Oliver Hutton per la sua amica Patty fosse
così disperato da continuare a cercare la sua amata nel corpo di Trish?
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