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Autore: scandros    27/08/2003    1 recensioni
Quando siamo sull'orlo del baratro e tutto sembra perduto, la speranza ci illumina verso un nuovo futuro. Così Holly incontrerà Trish. Riuscirà a fargli dimenticare l'amata Patty?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jun Misugi/Julian Ross, Ryo Ishizaki/Bruce Arper, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly, Yayoi Aoba/Amy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 7

 

Il vento del passato

 

 

 

 

- Holly! - gli disse Julian mettendogli una mano sulla spalla. Era visibilmente a pezzi, traumatizzato da quella rivelazione, estremamente confuso e incapace di ogni reazione.

- E ora cosa faccio? - gli domandò sperando che il saggio amico potesse dargli consigli utili per uscire da quella situazione anomala. - Ne siete sicuri? - chiese ancora vedendo Amy sopraggiungere dietro di loro.

- No! Sembra che all’inizio dell’anno successivo all’incidente si siano trasferiti a Chicago. -. Holly sorrise di scherno. - E’ difficile poter controllare i dati anagrafici in una metropoli del genere. Bisognerebbe recarsi sul posto. -.

- Trish ha studiato a Chicago. E’ lì che si è laureata in medicina. Ed è fuggita da una famiglia che la soffocava! - disse loro cercando di ricomporre il puzzle. - Povera Patty. Deve aver sofferto tanto. L’incidente, la morte del padre, il trasferimento dall’altra parte del mondo, una famiglia morbosa, l’assenza di identità…-

- Il destino è stato crudele con lei. - disse Julian. - Forse sarebbe giusto raccontarle la verità, magari lei non la conosce. -

- Infatti. E’ stata molto evasiva circa la sua famiglia e comunque non deve essere particolarmente affezionata a loro. Cosa dobbiamo fare adesso? - domandò ancora cercando più conforto che aiuto.

Continuava a guardare il mare e i gabbiani librare liberi sotto il cielo dalle tonalità argentee. Ripensò a quella notte in cui aveva provato la gioia dell’amore, aveva dimenticato il dolore e la sofferenza che negli ultimi dieci anni l’avevano seguito come un’ombra. I suoi respiri sulle labbra, i sospiri ai baci dolci e passionali, i fremiti alle sue carezze così sicure ed esperte. L’avevano desiderato e l’avevan fatto, riscoprendosi abili e disincantati amanti. Quella notte erano stati Oliver e Trish: nulla degli attimi trascorsi li aveva riportati alle loro passate identità, avevan smesso gli abiti adolescenziali di Holly e Patty per vestire quelli adulti di una coppia in preda ad un’attrazione quasi fatale.

Quelli che al momento dell’incidente gli erano parsi dubbi, adesso erano certezze.

- Come pensi che possa reagire se le diciamo tutto quello che abbiamo scoperto? -

- Non lo so Amy. A me non piacerebbe sapere che qualcuno ha indagato sul mio conto. Patty era una ragazza indipendente, discreta per quello che riguardava la sua vita privata. Penso che questo le sia rimasto anche nella sua nuova identità. Secondo me andare lì e dirle cosa sapete, potrebbe solo peggiorare le cose…andrebbe su tutte le furie…

- Forse ho trovato…dovremmo insinuarle il dubbio e far sì che sia proprio lei a scoprire chi è in realtà! - disse Julian illustrando la sua idea.

- E come? -

- Le lettere. Se le leggesse magari ricorderebbe qualcosa della sua adolescenza e chissà probabile che chieda ai suoi genitori spiegazioni in merito. - continuò.

- Non so se è una buona idea. - ribatté Holly scettico.

- A me no. Se io fossi al suo posto e leggessi quella corrispondenza, mi interesserei alla vicenda e cercherei spiegazioni. -

- E quale spiegazione potrebbe cercare Trish? -

- Perché ha ricevuto quelle lettere! Fidati Holly. Se in fondo al suo cuore è rimasta la vecchia Patty, non lascerà incompiuto quello che ha iniziato tempo addietro. Le lettere faranno risvegliare in lei i vecchi ricordi. Holly, Patty ti amava intensamente, non era la pura adorazione di una manager verso il suo capitano. Lei viveva per te, perché tu realizzassi i tuoi sogni. Non voleva nulla in cambio. Avrebbe solo desiderato che tu ricambiassi i suoi sentimenti. E qualora tu non l’avessi fatto, lei avrebbe continuato ad amarti lo stesso. Anche se ha perso la memoria, nascosto in fondo al suo cuore ci sarà ancora il ricordo del suo più grande amore. Bisogna solo incoraggiarla. Probabilmente le persone che le sono state accanto non hanno fatto nulla perché lei potesse risvegliarsi dal suo sonno apparente. - disse Amy più speranzosa che certa. Holly tacque. Le parole di Amy gli echeggiavano nella mente. Le sentiva nel cuore cos’ forte che gli faceva male. La sua cara Patty l’aveva amato a tal punto? Si sentiva in colpa perché adesso provava un sentimento forte che sentiva crescere ogni attimo per Trish. Se non si fosse trattato della stessa persona, era certo che sarebbe impazzito.

- E se invece non dovessero servire a nulla? - chiese Holly ritornando all’argomento principale.

- Sono sicura che te ne parlerà. Sia tu che noi l’abbiamo più volte chiamata Patty! Si sentirà chiamata in causa. -

- Ragazzi…io desidero solo una cosa: che sia Trish o Patty, voglio che rimanga al mio fianco. E’ questo l’aiuto che vi chiedo. Nulla di più. Non posso più permettermi di sbagliare. La mia lunga attesa ha comportato solo dolore nella mia e nella vita degli altri. A cominciare da Patty.

- Se si dovesse trattare realmente di Patty, non potrei far altro che gioire per averla ritrovata. Ma se non dovesse essere così, devo chiudere un capitolo del mio passato e cercare un futuro diverso insieme a Trish….provo davvero dei sentimenti per lei Non voglio illuderla, non se lo merita, e soprattutto non voglio commettere gli stessi errori che ho fatto con Patty. - disse loro rientrando in casa. Le sue parole erano state scandite in maniera ferma, decisa. Aveva deciso che una delle due sarebbe rimasta al suo fianco, nel ricordo e nell’amore dell’altra.

 

 

Il cercapersone di Trish Hamilton squillò insistentemente. Stava ultimando il giro delle visite insieme a un nuovo tirocinante. Nonostante fosse stanca, era contenta. Quello che era successo la sera prima l’aveva felicemente turbata e il suo umore era stranamente positivo quel giorno. Si avvicinò al bancone accettazione del pronto soccorso e chiese all’impiegato chi l’avesse cercata.

- Sono stato io dottoressa. Sono arrivati due pacchi per lei! -

- Saranno riviste mediche e prodotti di informatori medici. Puoi metterli nel salottino, per favore? -

- Non penso dottoressa. Sono arrivati uno a distanza di poco tempo dall’altro: uno con un pony express, l’altro invece a mano da un signore che non ha richiesto neanche la firma su una ricevuta. Ecco, questi sono i pacchi. - le disse Jorge poggiando le due scatole sul bancone.

Una era lunga e stretta legata da un nastro rosso intenso. L’altra era una normale scatola di imballaggio di medie dimensioni con sopra scritto il suo nome a penna. Le afferrò entrambe e le portò nel salottino dove i medici si riposavano nei momenti di pausa. Curiosa come non mai, li poggiò entrambi sul tavolo e aprì prima quello sigillato dal nastro rosso.

Quando sollevò il coperchio della scatola, un gradevole profumo fiorito si sparse per la stanza. Tre magnifiche rose bordeaux a stelo lungo giacevano su un telo di organza. Prese tra le mani il bigliettino con il cuore in tumulto stretto in una morsa che le soffocava le parole in gola.

- Mi manchi! O.H. - scorse con gli occhi quelle poche parole che poi lesse sottovoce quasi per timore che qualcuno potesse udirla. Sorrise di gioia chiudendo gli occhi e pensando al giovane amante di quella notte. Il cercapersone la riportò alla realtà destandola dal sogno che stava vivendo. Aprì il suo armadietto e vi appoggiò le scatole curiosa di aprire anche l’altra. Il suono continuo del cercapersone glielo impedì.

- Tesoro…svegliati…non dormire…io sono qui…guardami, ti prego, apri gli occhi, tu devi vivere! Devi incontrare Holly! Devi realizzare i tuoi sogni….Non morire, Patty! -. Quel flashback improvviso la fece sussultare. Si portò una mano al petto nella speranza che il cuore decelerasse e che il sangue riprendesse il suo lento scorrere. Respirò profondamente cercando di riacquistare l’autocontrollo perduto. Barcollante uscì dalla stanza precipitandosi in accettazione da dove proveniva la chiamata.

- Dottoressa, stanno arrivando due ambulanze. Incidente stradale. Sono rimasti coinvolti padre e figlia. -

- Patty, non morire…guardami, Patty…guarda tuo padre, ti prego….rispondimi! -. L’eco del flashback continuava a martellare nella sua mente e a materializzarsi dinanzi i suoi occhi. La macchina ridotta in rottami e i loro corpi riversi all’interno. L’uomo grondante di sangue guardava la giovane donna seduta al suo fianco. Le cinture di sicurezza ancora allacciate. La camicia bianca della ragazza era oramai intrisa del sangue che lentamente grondava dal cranio traumatizzato dall’urto. L’uomo gemeva cercando di svegliare la figlia. Aveva le lacrime agli occhi. Non riusciva a muovere neppure un dito.

- Trish ci sei? - chiese Luis riportandola alla realtà. - Ehy, sei su questo pianeta? Ma mi ascolti Trish? -. Che stava succedendo? Le due ambulanze. Padre e figlia. Scosse il capo come per riprendersi da quell’apparente stato di tranche. L’arrivo dei paramedici sembrò ridestarla completamente dal torpore in cui era caduta. La vista le si annebbiò e sentì velocemente salire le lacrime. Perché? L’immagine di quell’uomo e di sua figlia sembravano ferme, paralizzate dinanzi le sue cornee. Avrebbe voluto farle sparire ma nella sua mente sentiva ancora il grido disperato di quel padre verso la figlia…una giovane donna priva di sensi…sempre lei…la misteriosa Patty di cui aveva sentito parlare altre volte ma soprattutto la ragazza che più di una volta le era comparsa in sogno o nei suoi flashback senza volto. Si sentì toccare e sobbalzò. La mano di Luis sulla sua spalla che la scoteva, cercava di riportarla ad una realtà terrena.

- Ma che ti prende? Stai male? - le chiese non distogliendo lo sguardo dalla collega.

- Ehm…no…era solo un capogiro! -

- Ne parliamo dopo…forza vieni con me! - le disse passandole la tunica impermeabilizzante e i guanti in lattice.

Trish sembrò tornare alla realtà e seguì il collega nell’atrio riservato all’arrivo delle ambulanze.

Con la pena nel cuore, seguendo con lo sguardo Luis che impartiva le direttive agli infermieri, si avvicinarono alle ambulanze. I suoi occhi sembravano ipnotizzati dal flashback che aveva avuto. Il cuore era gonfio di lacrime e non riusciva a spiegarsi il perché. Le parole le morivano in gola.

- Trish, tu prendi la ragazza: io il padre. Forza ragazzi, diamoci una mossa. Fate liberare sala 2 e 3. Arriviamo con i feriti! - urlò sperando che qualcuno l’avesse udito.

Ascoltarono i ragguagli dei paramedici e aiutati dai tirocinanti, spinsero le barelle nelle sale d’urgenza 2 e 3, separate da una semplice porta a vetro. Le condizioni di Loreta e Alejandro Curtiz erano critiche. Sia Trish sia Luis richiesero l’aiuto di due medici da chirurgia.

- Come va Trish? -

- Male. Ha sbattuto la testa contro qualcosa di molto duro perché il cranio è fratturato. Spero solo che dalla TAC non salti fuori un’emorragia cerebrale….ma ho dubbi in merito. L’encefalogramma è quasi piatto. Il battito cardiaco è talmente debole che non capisco come riesca ad essere ancora in vita. Escoriazioni varie, ustione alla gamba destra ed emorragia al fegato. E tu? -

- Lo stiamo stabilizzando ma solo un miracolo può salvarlo. Ha entrambe le gambe fratturate e qualcosa di metallico gli ha penetrato il petto recidendo quasi l’aorta. -

- Che situazione! Ma dove diavolo sono finiti? - si chiese continuando a tamponare le ferite sulla ragazza. Il chirurgo coadiuvava gli assistenti cercando di stabilizzare la giovane donna prima di un intervento chirurgico d’urgenza mentre Trish continuava il suo lavoro in maniera del tutto indipendente.

- Hanno cercato di evitare l’impatto frontale con un autotreno uscito fuori strada e si sono schiantati contro il new jersey. - le disse Carmen continuando ad effettuare i test preliminari sulla paziente. La luce della grande lampada sul letto operatorio era talmente accecante e calda che per un attimo Trish temette di rimanerne folgorata. Si sentiva venir meno e non comprendeva se dipendeva dallo stress lavorativo o dal mancamento causato dal flashback. Guardò la ragazza dai capelli corvini il cui corpo tumefatto riposava sopra la barella. appena Si strinse nelle spalle, intimorita da quella presenza e provando un’indefinita tristezza verso quella vita che lentamente si stava spegnendo. Il sensore dell’elettrocardiogramma cominciò a vibrare in maniera sonora richiamando l’attenzione dei medici. Non c’era più battito.

- Presto, il defibrillatore! - esclamò scossa da un qualcosa che le diceva di continuare a tentare di salvarla.

- Trish non ne vale la pena. Probabilmente riporterà dei gravi danni cerebrali. - le disse il dottor Mendez, aiuto primario di chirurgia. Ignorando completamente il consiglio del collega, Trish continuava a scaricare scosse elettrica sul petto della ragazza.

- Trish ascoltami…è tutta fatica sprecata! -

- Non mi importa quello che dici. Dobbiamo riprenderla. E’ troppo giovane per morire, ha tutta una vita da vivere. - rispose aspra non degnandolo di uno sguardo. - Maledizione Loreta, non vorrai farmi fare brutta figura. Avanti, non darti per vinta, lotta insieme a me, ce la puoi ancora fare! Non puoi morire, hai solo sedici anni. - esclamò quasi in una supplica cercando di coinvolgere la ragazza. I colleghi la guardavano attoniti incapaci di proferire altro o prendere qualche decisione. Le lacrime le annebbiavano la vista ma non poteva permettersi quel gesto tanto sensibile quanto debole di fronte ai colleghi. Lei era Trish Hamilton, la dottoressa di ghiaccio, come molti la chiamavano per la sua persona integerrima e professionale.

- Dottore guardi, c’è di nuovo il ritmo cardiaco. - disse Carmen esterrefatta richiamando l’attenzione del dottor Mendez. Il medico sorrise e si avvicinò a Trish. Senza dir nulla, riprese a lavorare intensamente nel disperato tentativo di riportare in vita Loreta Curtiz.

La porta della sala 3 si aprì e Luis entrò chiedendo ragguagli sulla ragazza.

- Come sta il padre? - chiese Trish.

- L’abbiamo stabilizzato. Lo stanno portando su in chirurgia per operarlo. Speriamo in un miracolo. E la ragazza? -

- E’ grave…ma ce la farà…ne sono sicura. - disse senza alzare lo sguardo. - Se suo padre si salverà, anche Loreta lo farà. - sussurrò cercando di formulare un pensiero ottimista più per se stessa che per gli altri. Luis sentì quello che aveva detto Trish ma non riuscì a comprenderne il significato.

- Avanti, portiamola su in chirurgia. - disse il dottor Mendez spingendo la barella fuori dalla sala 2. - Trish! - esclamò voltandosi verso di lei. Era pronta ad un rimprovero sonoro per aver criticato l’aiuto primario dinanzi ai subalterni.

- Sì, dottor Mendez! - rispose guardandolo diritto negli occhi. Non gli importava di averlo contraddetto durante il soccorso. Erano riusciti a stabilizzare Loreta Curtiz e questo le bastava per sapere di aver fatto ancora una volta il suo dovere. La mente era confusa e il cuore intriso di ansia e angoscia. Non sapeva neanche lei cosa le stesse succedendo: era solo cosciente che doveva andar via e rifugiarsi nelle braccia di Oliver che sicuramente avrebbe saputo consolarla.

- Complimenti. Ottimo lavoro. - le disse allontanandosi verso l’ascensore. Luis e Trish tacquero temendo di non aver sentito bene l’ultima frase pronunciata da Mendez, noto per il suo carattere tanto irruente quanto polemico.

- Non posso crederci che tu abbia fatto breccia nel cuore di quell’uomo. Brava la mia adorata Trish. - le disse sorridente. La guardò e capì che la sua mente era totalmente assente. A cosa pensava quando si estraniava dal mondo intero? Avrebbe voluto essere il suo confidente e l’amante di quella bella donna sempre celata dietro una maschera perfettamente dipinta.

- Trish che cos’hai? Non ti senti bene? - le chiese dolcemente.

- Scusami Luis…no, ho un gran mal di testa e penso che me ne andrò a casa. Il mio turno è finito. -

- Per l’ennesima volta ti ripeto che dovresti prenderti una vacanza. Che ne diresti se ce ne andassimo tutti e due a fare una bella crociera sul Nilo? Ho visto una locandina presso un’agenzia di viaggi! Adesso il tempo è ideale: non fa molto caldo in Egitto. -. Lei gli sorrise amichevolmente. Il bel casanova dell’ospedale continuava a corteggiarla nonostante i suoi numerosi rifiuti. Le infermiere e le dottoresse avrebbero fatto carte false per essere al suo posto. Ma lei aveva un’altra persona nel cuore.

- Ti ringrazio Luis, sei un amico. -

- Trish! - esclamò lui afferrandole una mano. Lei comprese e si voltò verso di lui. I suoi occhi verdi erano così luminosi e quieti. Abbassò il capo per evitare di perdersi in quel mare di emozioni.

- Io…lo sai…a me piacerebbe davvero frequentarti…non solo come amico! Ma tu mi sembri così lontana, distante. Dimmi la verità così mi metterò il cuore in pace. C’è qualcuno nella tua vita? -. Era una dichiarazione. Già, il più bel medico dell’ospedale si era chinato al suo cospetto declamando il suo interessamento verso un rapporto ben più profondo dell’amicizia. Era contenta che qualcuno in quella struttura avesse capito che non c’era un pezzo di ghiaccio nel suo petto, ma un cuore che batteva e che attendeva solo di infiammarsi d’amore. Gli portò una mano al volto ben rasato e l’accarezzò gentilmente. Le labbra si unirono dolcemente per donargli il più sincero dei sorrisi.

- Ti voglio bene Luis…ma non potrei mai innamorarmi di te. -

- Come puoi dirlo se non ci proviamo? - le disse non demordendo.

- C’è già qualcuno nella mia vita e mi sento legata a questa persona in maniera profonda e inestricabile. -

- Non sarà mica quel giocatore? - le chiese quasi adirato. Trish non parlò e il suo tacere valse l’assenso. - Ma Trish, se non lo conosci neppure? Che cosa ha lui che a me manca? -

- Luis ti prego…mi sembra inutile far degenerare questa conversazione. Lui è nella mia vita, c’è sempre stato. L’ho scoperto quando ci siamo incontrati. C’è qualcosa di inscindibile che ci lega e adesso me ne sto rendendo conto. -

- Quindi…è proprio finita! -

- Luis…non è mai cominciata. Noi due siamo e resteremo sempre dei buoni amici. Io ti voglio bene sinceramente, ma…

- Ma non mi ami! -

- Sì. - gli disse definitivamente sperando che finalmente si mettesse il cuore in pace. Alzò le spalle, si staccò da lei e si avviò verso la porta senza proferire.

- Se ti vedrò soffrire a causa sua…non risponderò delle mie azioni! -. Le sue ultime parole rimbombarono nella stanza in maniera sonora. Sospirò cercando di far ristabilire al suo cuore il ritmo normale. Un brivido la percorse e sentì freddo. Si strinse nelle braccia cercando di cancellare quella sensazione scomoda e gelida. Guardò l’orologio appeso al muro della stanza. Erano passate le 19 e 30. Come sempre sarebbe uscita oltre l’orario di lavoro. Appena fu nel corridoio, Miguel, l’impiegato all’accettazione la richiamò.

- Dottoressa deve finire di aggiornare le cartelle? -. Lei lo guardò esausta. Non avrebbe potuto tenere neppure la penna in mano. Era troppo stanca per fare altro e sentiva il bisogno di un caldo bagno rilassante.

- No Miguel, se guardi bene quelle cartelle sono già state aggiornate. Le devi solo sistemare al proprio posto. -

- Ops…ha ragione, mi scusi dottoressa. -

- Non fa niente. Io sto andando via. Chi c’è di turno? -

- La dottoressa Stevenson e il dottor Arnau. -

- Bene…allora non chiamatemi fino a domani! -

- D’accordo. - gli rispose sorridendo a quella richiesta. Si diresse nel salottino riservato ai medici e si lasciò cadere sul divanetto. Chiuse gli occhi stremata dalla stanchezza.

 

- Devi smetterla di correre dietro a queste stupidaggini. La colpa è anche di tuo padre che alimenta le tue fantasie. - ribatté quasi urlando sua madre.

- Non sono stupidaggini. E’ la mia vita, la mia adolescenza e tu non puoi impedirmi di coltivare aspirazioni e sogni. -

- Tanto tra non molto la smetterai con questa storia del calcio. Non appena ci trasferiremo negli Stati Uniti, tu cambierai vita. -

- Te lo puoi solo scordare. Chiederò al giudice di farmi restare qui con papà. -

- Sai cosa ti dico? Fai come vuoi. Sono esausta di correrti dietro. Tu sei uno spirito ribelle. Spasimi per un ragazzo che non ha esitato ad abbandonarti e continui a coltivare la sua passione nella speranza che un giorno torni da te. - le urlò sua madre additandola. Le lacrime le sgorgarono spontanee.

- Tu non sai niente di noi. Pensi solo ed esclusivamente a te stessa…a seguire quello stupido del tuo compagno negli Stati Uniti. Hai mai pensato a me? Che se te ne vai mi abbandonerai? Certo che no perché è quello che vuoi. Allora sai cosa ti dico io? Vattene pure negli Stati Uniti, tanto non sentirai la mia mancanza! - gridò scappando via. Patty! Ancora lei, ancora un flashback. La ragazza oramai presente quotidianamente nella sua vita le era apparsa dinanzi agli occhi mentre litigava in maniera furente con la propria madre.

- Perché continuo ad essere ossessionata da questa ragazza? E’ la stessa che ho visto più volte con Oliver, la sua amica Patty, quella di cui mi ha parlato. Come faccio a conoscerla se non l’ho mai vita? Cosa ci lega? - si chiese mettendosi le mani al capo in cerca per l’ennesima volta di una spiegazione logica a quello che da qualche settimana le stava accadendo. Si alzò decisa ad andar via. Smise il camice bianco e lo stetoscopio e aprì il suo armadietto. Il profumo intenso delle rose inviatele da Oliver le ricordò che doveva aprire ancora l’altro pacco che qualcuno le aveva fatto recapitare. Guardò le rose e sorrise a quell’amore che stava nascendo e che la rendeva felice. Prese la borsa e la giacca e la indossò. Richiuse l’armadietto e mise la scatola sul tavolo. La guardò, la prese tra le sue mani e ne constatò il peso.

- Uhm…non è molto pesante. Forse è meglio aprirla così non dovrò portarmi insieme anche il cartone. - pensò cercando un taglierino tra gli articoli di cancelleria sistemati su un tavolino dove solitamente i medici si appartavano per completare la compilazione delle cartelle. Il cuore aveva ripreso a battere intensamente quasi a volerla preavvertire del contenuto della scatola. Rimase alquanto allibita quando constatò che altri non erano che una ventina di lettere ordinatamente custodite nelle rispettive buste. Le afferrò e si sedette colta da un’improvvisa fitta al cuore. Non c’era mittente, ma il destinatario era sempre lo stesso: Sig.na Patty Gatsby! Le mani tremanti reggevano a malapena le lettere. Le rigirò nervosamente cercando una traccia del mittente. L’unica cosa che si leggeva, seppur in maniera poco distinguibile, era il paese di provenienza. Le lettere erano state spedite tutte dal Brasile.

- Perché? Chi può avermi fatto recapitare queste lettere? Cosa ho a che fare io con Patty Gatsby? - si chiese intimorita sapendo che si trattava della stessa persona che spesso sognava e per la quale era stata scambiata da Oliver e dai suoi amici? Bruscamente prese una busta e ne svuotò il contenuto. Non avrebbe mai letto la corrispondenza altrui, ma qualcuno gliela aveva inviata proprio perché lo facesse. Era la prima lettera, oramai vecchia di circa tredici anni.

 

 

 

Mia carissima manager,

 

come stai? Qui in Brasile è tutto diverso dal Giappone. Dov’è il rigoroso ordine nipponico, le nostre case così particolari? Tu aggiungeresti anche: dove sono i miei ciliegi in fiore? Già, sono proprio in un altro mondo, ma mi piace. Grazie a Roberto mi sono ambientato subito ed ho conosciuto i miei compagni di squadra. Parto dalla panchina, sai?

Non ti arrabbiare, ti prego. Già ti ci vedo su tutte le furie rivolgerti al mister per farmi giocare come titolare. Devo guadagnarmi la loro fiducia se voglio diventare un titolare e ti prometto, Patty, che ce la farò.

Tra un po’ inizierà il campionato e vedrai che dopo un po’ riuscirò a partire tra gli undici che scenderanno in campo. Non importa quanto dovrò lavorare, non mi spaventano gli allenamenti. Sarai fiera di me.

 

Porto sempre con me il braccialetto che mi hai regalato…sarà il mio portafortuna, il legame con la mia terra e…con te.

 

 

Non ti deluderò Patty: quando avrò realizzato il mio sogno, quando sarò diventato un calciatore professionista, tornerò…

 

A presto,

 

Holly

 

p.s. Nella busta troverai un bigliettino da visita di Roberto completo di indirizzo a cui inviare la corrispondenza.

 

 

 

Trish guardò ancora quella lettera, scorse velocemente le righe. Holly e Oliver. La stessa persona. Aveva abbandonato la sua amica Patty per inseguire il suo sogno. Doveva amarlo tanto per non provare neppure ad opporsi alla sua partenza. Si era trasferito dall’altra parte del mondo per realizzare il suo sogno e lei gli era accanto sempre, anche se non fisicamente.

La corrispondenza era alquanto generica. Si parlava soprattutto di calcio e delle squadre brasiliane. Evidentemente Patty era un’ottima ascoltatrice e si intendeva di sport se lui le descriva particolari e tecniche accurate come se stesse parlando con il più esperto dei giocatori.

Era compiaciuto dei progressi della squadra di calcio che aveva lasciato, che Patty continuava a seguire; si complimentava con lei per gli ottimi risultati scolastici e per i suoi corsi linguistici pomeridiani. Cercava di consolarla quando lei gli scriveva dei pessimi rapporti che aveva con sua madre e con il suo compagno. Sempre più spesso desiderava trasferirsi da suo padre per poter vivere più serenamente.

Man mano che i mesi trascorrevano, Trish denotava nelle lettere maggior sentimento. Holly evidentemente stava cominciando ad accusare la sua mancanza e in una lettera le diceva anche che gli sarebbe piaciuto poterla riabbracciare in terra straniera.

Rovistando tra le buste, fu attratta da una lettera e da una busta chiusa.

 

 

“ Caro capitano,

 

i giorni passano e oramai siamo quasi a Dicembre. Natale si avvicina e presto le strade si riempiranno di candida neve. Il campionato scolastico procede a gonfie vele. Con il ritorno di Benji e Tom la squadra sta andando avanti di pari passo alla Toho. Penso che anche quest’anno la finale sarà tra di noi. Mark Lenders è migliorato molto e il suo tiro della tigre sembra sempre più inafferrabile. Per fortuna che abbiamo Benji in porta. Ci manca un attaccante come te…ci manchi tu.

Come sto io? Sempre al solito. Mi divido tra la scuola e il club di calcio e nel tempo che mi rimane, litigo sempre più spesso con mia madre e il suo “individuo”. Non lo sopporto proprio e conoscendo la mia proverbiale tolleranza dovresti riuscire a comprendere quanto saturo sia il mio livello di pazienza. Cerco di trascorrere più tempo possibile con mio padre. Con lui sto bene, mi capisce, gli parlo di me, della squadra, di te.

 

Holly…io…so che non è il momento giusto e che forse non dovrei dirti certe cose ma…mi manchi. Forse ho aspettato troppo per dirtelo e probabilmente avrei dovuto attendere ancora. La mattina spero sempre di poterti incontrare sul ponticello sulla via della scuola dove ci vedevamo prima. Oppure spero di scorgere la tua ombra sul campo di calcio mentre ti alleni in attesa che arrivino gli altri. La lontananza ha solo alimentato la tua mancanza.

Ti ringrazio per l’invito a raggiungerti in Brasile, ma temo che per quanto desideri saltare sul primo aereo, si tratti di un progetto da rimandare per il momento.

 

Adesso devo lasciarti perché abbiamo un’amichevole con la Flynet. A proposito, Jenny è tornata dagli Stati Uniti e finalmente lei e Philip stanno insieme. Sono contenta che abbiano potuto coronare il loro sogno.

 

Holly, ovunque tu sia, sappi che ti voglio bene e spero di cuore che tu possa realizzare i tuoi sogni.

 

 

Tua Patty “

 

 

 

Era solo un’adolescente eppure era così sicura dei suoi sentimenti. Anche se non riusciva a dirgli che l’amava, lui lo sapeva e corrispondeva il suo affetto. Sorrise pensando che in fondo erano solo due timidi innamorati che giocavano a nascondere i propri sentimenti dietro falsi giochi e dubbi amletici. Ripiegò la fotocopia e prese la busta chiusa sentendo qualcosa di metallico all’interno. Prese il tagliacarte e la aprì in maniera accurata rovesciando il contenuto sul tavolo.

- Ma questo…è il braccialetto che Oliver le fece fare prima di ripartire per il Giappone! Il bracciale uguale a quello che Patty gli aveva regalato prima della sua partenza. -. Senza attendere oltre spiegò la lettera.

 

 

Mia carissima Patty,

 

ho ricevuto oggi la tua lettera. Sono contento dei progressi della squadra e sapevo che con il ritorno di Benji e Tom anche quest’anno la New Team avrebbe disputato un ottimo campionato.

Mi dispiace che i rapporti con tua madre e il suo compagno siano così incrinati. Vorrei essere lì con te…per consolarti, come hai sempre fatto tu con me quando c’era qualcosa che non andava bene. Sai, mi sono infortunato. Durante una partita di campionato, l’avversario mi è venuto addosso scaricando tutta la sua potenza sul mio polpaccio sinistro. Dovrò saltare tre partite e poi ci sarà la sospensione per il Natale. Ho chiesto alla dirigenza se posso tornare in Giappone. Così potremo rivederci. Quando mi sono infortunato mi è venuto in mente l’episodio di qualche anno fa…alla fine del terzo campionato…finale con la Toho.

Ancora ricordo bene la tua espressione, le tue lacrime e le tue preghiere all’allenatore e al medico per farmi giocare seppur infortunato. Grazie Patty. Non ti ho mai ringraziata abbastanza per essermi stata sempre così vicina, per aver condiviso gioie e dispiaceri e perfino i miei infortuni. Cos’avrei fatto se tu non mi fossi stata accanto? Anch’io sento la vostra mancanza, ma soprattutto, mi manca qualcuno che mi inciti continuamente dagli spalti, che mi sorride durante gli allentamenti, qualcuno i cui occhi sono sempre su di me vigili e attenti…mi manchi Patty…non sai quanto…non ho mai trovato il coraggio di dirtelo, ma penso che sia giunto il momento per ringraziarti per tutti i sacrifici che hai fatto per me!

Nella busta troverai un piccolo regalo per te: si tratta dello stesso braccialetto che mi hai regalato tu ma con l’iniziale del mio nome…anzi del mio diminutivo. Quando sarai giù di morale, in qualsiasi momento ne avrai voglia, guardalo e io sarò con te.

Parto tra due settimane. Ti telefono per dirti a che ora arriverò. Non appena sarò a Fujisawa, devo parlarti di una cosa molto importante.

 

Ti abbraccio

 

Tuo Holly

 

 

p.s. Ehy manager! Non mollare, ricordati che ti voglio bene.

 

 

 

Finalmente Holly aveva cominciato a scoprire le sue carte e a rivelare i propri sentimenti alla sua cara Patty. Ma perché lei non aveva letto quella lettera? Cosa glielo aveva impedito?. Si alzò profondamente adirata e attratta dal profumo delle rose. I pacchi erano arrivati praticamente insieme. Era stato lui ad inviarle quelle lettere. Ma perché? Cosa voleva dirle? Un dubbio si insinuò nella sua mente. Dopo quella notte d’intenso amore, Oliver aveva subito i rimorsi di una coscienza che lo legavano ad una ragazza scomparsa. Inviandole le lettere aveva forse voluto dimostrarle quanto ancora amava Patty? E se invece aveva finto di amarla unicamente perché somigliava al suo grande amore perduto? Divenne rossa per la rabbia. Si sentì pervadere il corpo da un forte calore avvertendo il veloce fluire del sangue nelle sue vene. Si sentiva usata e derubata di un sentimento sincero che provava per quel ragazzo. Prese le lettere, le mise nella sua borsa e andò via di corsa.

Il vento del passato era tornato a spirare sulla storia di Patty e Holly e stranamente, quella brezza di ricordi stava lambendo la sua vita e quella di Oliver Hutton. Due coppie divise da dieci anni. Un vuoto spazio temporale nel quale le loro vite erano cambiate e si erano stranamente intrecciate. Possibile che il destino stesse cercando di riaffermare quanto aveva previsto per loro in un lontano passato? Cosa la accomunava a Patty Gatsby? Possibile che l’amore di Oliver Hutton per la sua amica Patty fosse così disperato da continuare a cercare la sua amata nel corpo di Trish?

 

 

 

 

 

  
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