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UN SECOLO PRIMA
2016
Roma
"E venne il giorno
della verità.
Tutto fu svelato e,
da quel momento, nulla fu più come prima.
Seguì un tempo in cui
cominciò la caccia a duplice direzione.
Il fratello uccise il
fratello non tanto per il colore della pelle quanto per il dio che venerava.
Era lo stesso, ma con
diverso nome, tuttavia, in suo nome, sangue fu sparso a fiumi per la supremazia
di una fede che stava morendo.
Non uscì un
vincitore.
Il Padre scomparve
per sempre.
Uomini, donne e
infanti non trovarono riparo e conforto neppure dietro le mura sacre.
Nessuno mosse un dito
per difendere il suo simile .Tutti uccisero tutti, per giorni, mesi ed anni
Poi, il massacro si
fermò.
Non erano rimasti in
molti ed i sopravvissuti si chiusero dietro le mura delle loro città e delle
loro dimore, occupandosi solo del proprio orto, senza più voler sapere nuove
neppure del vicino.
Troppe parole erano
state pronunciate; troppe parole avevano distrutto il piacere di pronunciarle e
scambiarle con il fratello.
Un secolo dopo
Roma, 2126 Interno
archivio segreto del Vaticano, non più segreto
Flavia Aloisi chiuse il tomo rivestito in pelle rossa, rifinita con preziose
decorazioni in oro, ma rimase seduta sulla comoda poltrona in velluto verde che
le abbracciava il corpo, in profonda meditazione.
Nella vastissima sala della Biblioteca Vaticana, in zona una volta segreta, -
adesso non più - , che occupava quasi tutto il sotterraneo del palazzo, regnava
un silenzio toccabile con mano.
Ora sapeva cos' era accaduto cento anni prima.
All'esterno, il mondo era tornato quasi alla normalità.
Il silenzio sacrale fu fiocamente interrotto dal ticchettio di un paio di
tacchi, proveniente dal fondo dell' amplissimo vano, e la sagoma scura femminile
della donna addetta alla sorveglianza ed alla consulenza comparve piccola contro
la luce diffusa che illuminava la stanza, lontano.
Con andatura rigida, quasi militaresca, la donna si avvicinò al tavolo dove
Flavia sedeva, fermandosi a pochi metri da lei, severa nel suo elegante tailleur
bordeaux, con i capelli neri raccolti dietro la nuca e tenuti a posto da un bel
fermaglio brillantinato.
L' espressione sul suo volto svelò a Flavia la sua perplessità ed un discreto
sconcerto.
"Cosa pensa, signorina?" le chiese infatti la donna, fissandola con l' intensità
dei suoi occhi neri.
Flavia si prese qualche secondo per rispondere.
In effetti, era un po' sgomenta, ma aveva capito.
"Credo sia stato un periodo difficile per l' umanità" rispose poi, distaccata.
"Indubbiamente. - convenne la donna - Ma è stato necessario".
"Certo. - accordò Flavia, in realtà poco convinta - Probabilmente sì".
"Non probabilmente. - si permise di correggerla la donna - Di sicuro. Purtroppo,
l' Uomo non ha innato il senso della misura, ed esagera. A questo punto occorre
un restart per riportare l' equilibrio. E a volte, la soluzione è molto
drastica. Dura e sanguinosa".
"Già" commentò Flavia, con amarezza.
Lo smartwatch trillò, dolce e discreto.
"Flavia, hai finito? - Era sua madre - Ti aspettiamo per il pranzo".
"Vengo, mamma" rispose Flavia, veloce, alzandosi e compiendo il gesto di voler
riporre il libro nel suo scaffale. La donna la fermò invitandola a non
preoccuparsi per questo e ad andare dove doveva.
Flavia la ringraziò, sorridendo.
"Torni pure quando vuole, signorina Aloisi. - le disse la donna, gentile - Tutti
questi libri sono a sua disposizione e a disposizione di chi vorrà consultarli".
Flavia ringraziò ancora solo col sorriso e lasciò la sala.
Verso casa
Fuori era primavera; una fine aprile tiepida, con un cielo non del tutto sgombro
da nuvole in cui il Sole faceva già sentire la sua forza anticipatrice della
buona stagione. Flavia si fermò in mezzo a Piazza San Pietro e gettò lo sguardo
attorno a sé. Il colonnato abbracciava la piazza, come sempre gremita di turisti
che però provenivano solo dal suolo Italiano. Al di là dell' Oceano Atlantico,
quasi nessuno sapeva che Roma c'era ancora. Lo sapeva lei e la sua famiglia,
trasferitasi da qualche anno nella Città Eterna dopo il lungo soggiorno in
Svizzera. Lo sapeva Stefano Aloisi che era stato eletto governatore di Roma a
suffragio universale. E lei era la figlia del governatore, ma il fanatismo che
prima sorgeva attorno a certe cariche era scomparso da un pezzo. Flavia
camminava per Via Cola di Rienzo, accompagnata dagli sguardi dei passanti,
incuriositi ed attratti più dalla sua bellezza che dall' illustre parentela. Nel
quartiere era conosciuta solo perché era stata vista spesso con suo padre,
niente di più. E di questo lei era felice. Non amava le luci della ribalta.
Ad attenderla nell' elegante appartamento di Via Paolo Emilio, c'era sua madre,
Annamaria che, dopo l' elezione del marito a governatore, aveva rallentato di
molto la sua attività di medico non essendo più necessario il suo apporto
economico al bilancio familiare. Aveva trovato un ruolo part-time in una piccola
clinica privata, nel quartiere, e tornava a casa per pranzo.
"Com' è andata la ricerca?" chiese subito alla figlia appena comparsa nel vano
della porta di casa.
"Bene, mamma. - rispose Flavia senza tuttavia mettere eccessivo entusiasmo nella
risposta - E' stata proficua" Ma Annamaria scorse un' espressione quasi triste
sul volto della ragazza.
"Stai apprendendo tutto, vero?" disse, seria.
"Già" confermò Flavia, laconica, depositando la borsa con i libri, sul divano di
pelle color miele.
"Non è stato bello".
"No".
"Ma da ora in poi andrà meglio, vedrai" la rincuorò Annamaria, accarezzandole le
braccia, guardandola dritto negli occhi.
"Papà?" chiese Flavia, desiderosa di cambiare velocemente argomento.
"Da quando è sul trono, l' abbiamo perso, tesoro mio!" rispose la madre,
allegra.
Qualche minuto dopo, la quiete della casa fu brutalmente interrotta dall'
irruzione degli altri tre figli, al ritorno da scuola.
Flavia frequentava l' ultimo anno di Scienze Storiche, nuovo ramo della facoltà
di lettere.
A Roma era iniziato un altro capitolo della vita della famiglia Aloisi.
Il televisore era acceso e l' immagine che stava passando colpì l' attenzione di
Flavia: un uomo con i capelli biondo scuro e un paio d'occhi di un azzurro fuori
dall' ordinario accesero nella ragazza il ricordo dell' ospite alieno,
conosciuto anni addietro in territorio elvetico. Non era lui, ma ci assomigliava
alquanto. Chissà dov'era! Chissà se l' avr4ebbero mai più visto!
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