LA
CHIAVE DEL TEMPO
Epilogo
Teddy fu svegliato
da un rumore insolito.
Anzi,
no; Teddy fu svegliato da un rumore familiare, sovrapposto a un rumore
insolito.
Tutto sommato, però, anche il rumore in sottofondo era
familiare. Forse.
Doveva
essere la nonna che rassettava la cucina. Ma la nonna che ci faceva
lì?
No,
era il mare a produrre quel fruscio familiare e insolito al tempo
stesso.
Il
mare? Non poteva essere il mare. Non c'era il mare vicino alla casa
della nonna; il
rumore del mare non poteva essere familiare. Ma lo era.
Perché
vicino alla casa di mamma e papà c'era, il mare.
Sconcertato,
Teddy spalancò gli occhi.
Un
grosso e
arruffato gufo bruno picchiettava insistente il becco contro il vetro
della finestra. Finestra che non era dove doveva essere, tra l'altro.
Anzi, sì. Era sempre stata lì, in effetti...
Teddy
si
stropicciò vigorosamente il viso, nella speranza che la sua
mente si schiarisse e venne assalito da ricordi indefinibili
riguardanti strane chiavi, fenici pulsanti e orrori assortiti;
ricordi di un sogno, probabilmente. O forse no.
Sempre
più
confuso, il ragazzo allungò una mano verso il comodino,
giusto
per scoprire che il comodino non c'era; non lì, per lo meno,
perché stava dalla parte opposta, dove era sempre stato, o
no?
Chiedendosi
un po'
allarmato chi potesse averlo sottoposto a un Incantesimo Confundus,
Teddy riuscì ad afferrare il proprio orologio;
sbirciò
assonnato gli eleganti numeri romani che risaltavano neri sul quadrante
perlaceo e si accigliò, studiando pensoso il cinturino di
pelle
scura impreziosito da una piccola fibbia d'oro. Gli piaceva
quell'orologio regalatogli, il giorno in cui era diventato maggiorenne,
da nonna Andromeda. Era molto fiero di indossarlo,
perché era appartenuto a nonno Ted; a quel nonno che lui non
aveva mai conosciuto ma di cui portava il nome e che tutti descrivevano
come una persona molto speciale. E Teddy non faticava a crederlo: aveva
sfidato la nobile e antichissima casata dei Black al completo, nonno
Ted, non era da tutti. Per non parlare della forza d'animo dimostrata
non facendosi annichilire dalla notevole personalità di
nonna
Andromeda... impresa ancora più ammirevole, forse.
Ma,
quella
particolare mattina, l'orologio del nonno pareva in qualche modo
estraneo a Teddy; nella sua mente si stagliava, nitida e prepotente,
l'immagine di un altro orologio, molto più semplice:
d'acciaio,
con numeri argentati che spiccavano su di uno sfondo blu notte...
l'orologio di suo padre.
Sempre
più
perplesso, il ragazzo si alzò a sedere e, sbirciando il
comodino, notò un oggetto sconosciuto. E familiare. Uno
strambo
aggeggio dorato che sembrava un incrocio tra un grosso medaglione e un
antiquato orologio da taschino: una Chiave del Tempo. La sua Chiave del
Tempo, per la precisione. Quella che aveva usato la sera precedente.
Ora sì che tutto aveva senso!
Non
era vittima di un Incantesimo Confundus... era solo reduce da
un'incursione nel passato.
Era
riuscito a
salvare i suoi genitori, realizzò con un improvviso brivido
di
euforia: la sua attuale confusione era dovuta all'accavallarsi di due
vite che tentavano di fondersi in una sola.
Aveva
ricordi
bellissimi di sua madre che lo sfidava scherzosa a copiare le buffe
protuberanze in cui tramutava il naso, per esempio, o di suo padre che
gli mostrava entusiasta un mostriciattolo verdognolo racchiuso in un
piccolo acquario trasparente... solo che si sovrapponevano a quelli,
meno esaltanti per la verità, di caparbi tentativi di
imitare la
madre che, in una foto un po' sgualcita, si esibiva in una fantasiosa
sarabanda di appendici nasali, o dell'immagine di un Avvincino trovata
per caso sfogliando un vecchio, polveroso libro del padre nella
solitudine della biblioteca di Casa Tonks.
Era
un po'
sconcertante avere i ricordi di due vite - constatò Teddy,
indossando soprappensiero l'orologio del nonno - non spiacevole, solo
un po' sconcertante.
La
decisione di
usare la Chiave del Tempo aveva portato grossi cambiamenti nella sua
vita, ma erano cambiamenti positivi che, tutto sommato, si era
aspettato. Andava tutto bene, quindi.
Sorrise,
ripensando al suo primo, imprevisto viaggetto su una vera scopa
volante - la Firebolt di Harry - bruscamente conclusosi tra le braccia
forti e rassicuranti di qualcuno che era, contemporaneamente, Arthur
Weasley e Remus Lupin. Sconcertante, certo, ma piacevole.
Poi,
all'improvviso, le enigmatiche parole pronunciate quella notte dalla
voce ipnotica e profonda di un centauro si sovrapposero al ricordo e
Teddy trasalì, chiedendosi preoccupato quali altri
cambiamenti
da lui non previsti si fossero effettivamente avverati.
Il
grosso gufo bruno diede l'ennesimo, rabbioso colpo di becco contro il
vetro.
Teddy
si
alzò dal letto, raggiunse la finestra, la aprì e,
respirando a pieni polmoni l'aria fresca e profumata di pino e di
salmastro,
prese il rotolo di pergamena fissato alla zampa del contrariato
volatile che se ne volò subito via indispettito. Il giovane,
avendo
riconosciuto l'elegante calligrafia di Victoire, non ci fece molto
caso, però, e sorrise trasognato, mentre veniva sommerso da
ricordi intriganti su di lei... su di loro. No, quello non era
affatto
cambiato. Per fortuna.
Ciao
Teddy,
Ti
chiederai il
perché di questa lettera scritta in piena notte (considerato
anche che, tra poche ore, ci vedremo per la Commemorazione dei
Cinquantacinque Caduti della Battaglia di Hogwarts). Be', togliti pure
quel sorrisetto compiaciuto dalle labbra, tesoro, perché gli
incantesimi per debellare gli Inferi non c'entrano nulla. Davvero. Li
ho imparati. Più o meno. Diciamo che per i M.A.G.O. li
saprò
eseguire alla perfezione!
Il
motivo di questa
lettera è (sei pregato di non ridere) un sogno stranissimo
che
ho appena fatto. C'eri tu (e questo non è affatto strano, lo
ammetto) che seguivi una grossa chiave con le lancette in un tunnel
popolato da Inferi e da unicorni e, spalleggiato da una fenice, sfidavi
una creatura incappucciata per salvare due Patroni sfolgoranti... non
ha molto senso, vero? Lo so che è solo un sogno, ma mi sono
un
po' impressionata... starò diventando come la Cooman? No,
deve
esserci sicuramente una spiegazione più razionale. Il
nervosismo
per i M.A.G.O. ormai molto prossimi, magari (questo spiegherebbe la
presenza degli Inferi, se non altro). O, più probabilmente,
l'angoscia di dover tenere a bada un'intera orda di Weasley-Potter
senza il tuo aiuto (anche questo potrebbe spiegare gli Inferi, se ci
pensi bene). La Torre di Grifondoro sembra una succursale della Tana
ormai, manchi solo tu. Che ti sei perso questa incantevole esperienza:
ti ho mai detto che sei una persona molto fortunata?
In
questo preciso
istante, ad esempio, sono tutti qui, malgrado sia notte fonda. Rose
è sull'orlo di una crisi di nervi, temo, perché
sono
appena stati tolti 30 punti a Grifondoro. Tutti in una volta. Per
qualcosa che ha a che fare con un Frisbee Zannuto, alcune crostatine
alla crema, qualche Serpeverde e, indovina un po? James! Che ora se ne
sta sprofondato nella tua poltrona preferita - quella davanti al camino
- sogghignando soddisfatto. Albus sta camminando su e giù,
esibendosi in una delle sue celebri arringhe filosofico/esistenziali il
cui succo è, più o meno: va bene irridere i
Serpeverde,
è un nobile passatempo, in fondo, ma potresti anche evitare
di
farti sempre scoprire! Fred sta ridendo come un pazzo rotolandosi sul
tappeto; spero solo che si ricordi di respirare, prima o poi.
Neville
non
apprezzerebbe se pietrificassi tutta la compagnia, vero? E non mi pare
proprio il caso di farsi togliere altri punti, cedendo così,
con
quasi matematica certezza, la Coppa delle Case ai Corvonero... no, per
questa volta dovrò evitare. Peccato.
Un bacio! Victoire
Ps: Per
domani, anzi,
oggi per essere precisi, ho certi piani che coinvolgono anche te e NON
comprendono incantesimi per debellare gli Inferi... ma potremmo
sfiorare il discorso, che ne dici? Solo per qualche minuto.
Ps
del Ps: Poi,
naturalmente, ci concentreremo sugli altri miei piani. E se James ci si
piazza tra i piedi anche questa volta giuro che, se non lo schianti tu,
lo farò io. E pazienza se altri punti verranno tolti ai
Grifondoro, il buon Godric mi comprenderà!
Ma,
ora che ci penso,
forse non sarà necessario: c'è sempre la
concreta possibilità che James non sopravviva alla furia di
zia Ginny.
Teddy
ridacchiò divertito, neppure quello era cambiato. James era
sempre James, con i suoi piani fantasiosi e spericolati...
chissà che si era inventato questa volta. E Albus era sempre
Albus, con i suoi vibranti discorsi pieni di buon senso e di strategia.
Non era meno Malandrino di James, Albus. Era solo diversamente
organizzato.
A
Teddy dispiaceva
un po', però, che Victoire non ricordasse nulla della Chiave
del
Tempo e avesse esorcizzato tutto con un sogno delirante. Gli dispiaceva
più di un po', in effetti.
Sospirando,
arrotolò la pergamena e si guardò attorno
incuriosito; la
sua camera era molto cambiata in quei vent'anni (o in quella notte, a
seconda dei punti di vista).
Una
parte di lui
faticò a riconoscerla, ma il dipinto del lupo e della ninfa
era
ancora al suo posto, rassicurante e familiare: la tonda luna appena
calante continuava a illuminare placida la radura dove la ninfa,
canticchiando il ritornello di “Schianta la Manticora”,
spazzolava con energia il lupo che, coprendosi affranto il muso con le
zampe anteriori, sopportava il tutto con stoica rassegnazione. Teddy,
guardando meglio, notò che lo sconsolato animale era coperto
da
innumerevoli treccine e non poté impedirsi di ridere: un
lupo
Rasta non si vedeva tutti i giorni.
Tentando
di
ricomporsi, posò la pergamena sulla vecchia cassettiera
bianca.
Nel punto esatto dove vent'anni prima troneggiava la fenice di peluche
regalatagli da Kingsley, si trovava ora una grossa fotografia racchiusa
in una sottile cornice di bambù. Incuriosito dalla folla di
gente festosa che vi era ritratta e abbagliato da un tripudio di vivido
arancione, il ragazzo la prese in mano e si sedette sul letto,
studiandola interessato. Riconobbe subito se stesso all'apparente
età di un paio d'anni. Era in braccio a Emrys e, agitando
con
entusiasmo una bandierina arancione in stridente contrasto con il
turchese brillante dei capelli, sbirciava incuriosito Ron che se ne
stava lungo e disteso su quella che sembrava la tribuna di uno stadio,
più bianco della pergamena che Ambrosius gli sventolava
pensoso
sotto il lungo naso; poco più in là Dylan,
paludato in
una tunica dello stesso sfolgorante arancione della bandierina,
brandiva sorridendo una coppa d'oro, circondato da sei sconosciuti
vestiti in identico modo e da uno sciame di ragazzine adoranti.
«Una
foto
interessante, quella. Era più di un secolo che i Cannoni di
Chudley non vincevano la Coppa di Quidditch e il povero Ron non ha
retto all'emozione. Ambrosius ha faticato parecchio per farlo tornare
in sé».
Udendo
quella voce
roca e dolce, Teddy sollevò lo sguardo dalla foto e lo
fissò sul nuovo venuto: Remus Lupin, perfettamente a suo
agio in
un elegante pigiama blu inchiostro, stava appoggiato, con rilassata
noncuranza, allo stipite della porta, la mano sulla maniglia e un
sorriso malandrino sulle labbra.
Appariva
piuttosto
diverso dall'uomo che Teddy aveva salvato vent'anni prima; era
decisamente meno pallido e i suoi capelli, ancora folti come allora,
erano quasi totalmente ingrigiti. Ma il cambiamento più
evidente
e profondo era negli occhi: quelli che lo fissavano ora erano gli occhi
di un uomo realizzato e assolutamente in pace con se stesso.
Forse
un po'
allarmato dal silenzio del figlio, Remus si avvicinò cauto
al
letto e si accovacciò davanti al giovane cercandone lo
sguardo.
«Stai bene, Ted?»
Il
ragazzo si
riscosse e annuì. «Sì. E' solo
che...»
sospirò incerto, fissando intensamente la parete dipinta.
Remus,
fissandola
a sua volta, inarcò un sopracciglio con contrariata ironia.
«Cosa? Non apprezzi il lupo con le trecce? Neppure io, in
effetti. Mi chiedo ancora perché tua madre non abbia dipinto
un cucciolo di unicorno o qualcosa del genere...»
Teddy
ridacchiò. «No, mi piace il lupo con le trecce,
papà. Ha un suo indubbio fascino. Sono solo un po'...
confuso,
credo. Ho in testa ricordi che sono miei ma mi sembrano estranei. E non
so bene quali...» esitò, non trovando le parole
per
spiegare quella sconcertante sensazione.
«Non
sai bene quali di quei ricordi ti sono estranei e quali ti sono
familiari? Ti sembrano tutti entrambe le cose?»
Teddy
annuì, sorpreso dalla perspicacia del padre.
«Sì.
E' proprio così. Ma tu come fai a...» si
bloccò di
colpo, scrutando gli occhi del mago e scorgendo una comprensione
totale, istintiva, non del tutto umana agitarsi nelle
profondità
di quelle iridi ambrate. «Oh».
«Sono
un
licantropo, Ted. Ho anch'io ricordi che sono contemporaneamente
familiari ed estranei. Ricordi vissuti con un diverso punto di vista,
ma senza ombra di dubbio miei. E' una sensazione che conosco bene.
Posso solo dirti che ci farai l'abitudine e imparerai a conviverci con
questo tuo... doppio» sospirò amaro, una nota di
doloroso
rammarico nella voce. «Mi dispiace, è il prezzo
che hai
dovuto pagare per avere accanto tua madre e me».
«Non
è certo un gran prezzo, papà! L'avervi qui con me
lo
ripaga ampiamente. Non è una brutta sensazione, è
solo un
po' strana... del resto avevo previsto dei cambiamenti» Teddy
si
incupì leggermente, pensoso. «Sai papà,
quando ho
lasciato il Castello mi sono imbattuto in un centauro. Sapeva
cos'ero».
«Sapeva
cos'eri?»
«Sì,
ha detto qualcosa a proposito di Sirio e di un'anomalia temporale. E ha
concluso che ero io, l'anomalia».
«E
questo ti preoccupa?»
«No.
Sì» mormorò Teddy, sfiorando distratto
l'orologio che cingeva il polso del padre. «Non è
tanto il
fatto che il centauro mi abbia riconosciuto a preoccuparmi. Ma ha detto
che la mia scelta avrebbe portato cambiamenti che io non avevo
previsto. E questo mi preoccupa».
«Capisco»
Remus fermò la mano del figlio che aveva
cominciato a giocherellare nervosamente con il cinturino d'acciaio del
suo orologio e la strinse con dolcezza. «Cambiamenti che non
hai
previsto ci saranno stati sicuramente, Ted. Interagire con il corso del
tempo è sempre imprevedibile, ma ho buoni motivi per credere
che
tu non abbia portato sconvolgimenti macroscopici».
Teddy
lo guardò accigliato. «Hai buoni motivo per
crederlo?»
Remus
si
allungò verso il comodino e prese la Chiave del Tempo.
«Sì, ottimi motivi per crederlo. Sai come si
comporta una
Chiave del Tempo dopo essere stata usata, Ted?»
Il
giovane
aggrottò la fronte, sforzandosi di ricordare. «La
pergamena non era molto chiara in proposito. Diceva che, probabilmente,
ogni Chiave poteva essere usata una sola volta perché, dopo
l'attivazione, il suo delicato equilibrio si sarebbe alterato, e il
serpente, approfittando della momentanea scomparsa della fenice,
avrebbe preso il
sopravvento. Secondo l'autore molti degli oggetti che noi crediamo
semplici monili decorati con serpenti sono, in realtà,
Chiavi del
Tempo usate».
Remus
annuì piano e porse la Chiave al figlio.
«Guardala, Ted, cosa vedi?»
Teddy
la prese e
la studiò con attenzione: il serpente nero cingeva il bordo
come
ricordava, non si era mosso, mentre al centro, al posto della superba
fenice di corallo, si trovavano alte fiamme di un argento sfolgorante.
Tra quelle fiamme una minuscola figura cominciava ad apparire
timidamente.
«Il
serpente
è ancora al suo posto. Al centro c'è
qualcos'altro»
mormorò Teddy, cercando di mettere a fuoco la figuretta
circondata dai bagliori d'argento. «Sembra quasi un...
pulcino di
fenice».
Remus
si
avvicinò, guardando a sua volta la Chiave. «Credo
proprio
che lo sia. Per vent'anni ci sono state solo le fiamme; ma questa
notte,
quando ti ho tolto la Chiave dal collo, qualcosa ha cominciato ad
apparire. La fenice sta rinascendo dalle sue ceneri, Ted! Il serpente
non ha affatto preso il sopravvento. La Chiave è intatta e
si
sta ricaricando. Prima o poi sarà pronta per essere usata di
nuovo». Sorrise, dando un colpetto affettuoso sul ginocchio
del
ragazzo e si alzò in piedi.
«Ma,
come...»
Remus
sospirò, sedendosi sul letto accanto al figlio.
«Ah, non
lo so, figliolo, non sono un esperto in Chiavi del Tempo. Posso fare
delle ipotesi, però. Da quello che ho dedotto dalle varie
leggende penso sia tutta questione di equilibrio. Un equilibrio solo
simboleggiato da serpente e fenice. Secondo me tu non hai compromesso
il delicato equilibrio della linea del tempo e, di conseguenza, non hai
danneggiato la Chiave. L'hai usata con molta saggezza, Ted».
«Anche
il centauro ha parlato di uso saggio. E di scelte giuste»
ricordò Teddy con scarsa convinzione.
«Sai,
un
vecchio mago di mia conoscenza, un po' stravagante ma assolutamente
geniale, avrebbe detto che l'hai usata saggiamente perché
l'hai
usata per amore, Ted. Non per odio, per vendetta o per brama di potere.
Solo per amore. E lui era convinto che l'amore fosse la più
potente delle magie e che una scelta non poteva che essere giusta e
saggia se portava un po' di amore in più al mondo»
Remus
esitò, imbarazzato, poi proseguì, la voce un po'
più roca del normale. «Be', ci ho messo un po' di
tempo,
ma ora sono assolutamente convinto che quel vecchio mago avesse
ragione. Come sempre, del resto».
Teddy
annuì, sfiorando la figuretta sempre più nitida
al centro
della Chiave. «Ma chissà di quali cambiamenti
parlava il
centauro?»
«Temo
che tu
sia il solo a poterlo scoprire, Ted. Ma ho buone ragioni di pensare che
alcuni riguardino i licantropi».
«Oggi
sei pieno di buone ragioni, noto».
Remus
sbuffò, facendo scivolare una mano nella tasca del pigiama
ed
estraendone una piccola spilla con la testa di un lupo disegnata sopra.
Teddy la guardò incuriosito. «Una spilla del
C.A.L.D.O.?»
si fermò, pensoso, una parte di lui non
riconosceva affatto quella spilla.
«La spilla del C.A.L.D.O., Ted.
Quella che mi hai dato tu vent'anni fa. L'unico esemplare
esistente».
«L'unico...
oh, ma certo. Non ho fondato il C.A.L.D.O.
in questa realtà! Non
ne avevo motivo. Kyle... lui non ti ha mai insultato. Non ha mai detto
una sola parola contro i licantropi. Kyle è un fan scatenato
dei
licantropi! Mi stupisce che non l'abbia fondato lui, il
C.A.L.D.O.»
Remus
rise.
«Già. Kyle è un fan scatenato dei
licantropi
perché anche suo padre lo è. Kenneth Addams
è un
ottimo pozionista, ha apportato grandi miglioramenti alla Pozione
Antilupo ed è stato uno dei più ferventi
sostenitori
dell'integrazione dei licantropi. Credo sia merito di...»
«Ambrosius!»
esclamò Teddy con ispirato entusiasmo. «Ambrosius
lo ha
guarito! Nella mia altra realtà il padre di Kyle odiava i
licantropi perché uno di loro lo aveva reso invalido; ma
Ambrosius lo ha guarito. E lo ha potuto fare perché tu gli
hai
chiesto di curare il signor Bones. Tutto è partito da
lì!»
Remus
annuì. «Lo credo anch'io. Quella mia semplice
richiesta ha portato
significativi cambiamenti» guardò il figlio con
intensità. «Ha portato un po' di amore in
più al
mondo, affrettando, probabilmente, l'integrazione dei licantropi.
Kingsley ha fatto molto in veste di Primo Ministro».
«Kingsley
ha fatto molto anche nell'altra realtà, papà. Ma
suppongo avesse meno appoggi».
«Probabile.
E non era in contatto con...» Remus sorrise imbarazzato.
«l' Alfa del branco locale di licantropi. Kingsley... be',
diciamo che mi ha fatto un'offerta che non ho potuto
rifiutare».
Teddy
lo
guardò allibito. Ma certo, suo padre non era più
disoccupato da un pezzo. Lavorava per il Ministero, per Kingsley.
Naturale che ora sembrasse un uomo realizzato!
«Sicuro
che
non l'hai potuta rifiutare, Responsabile dei Rapporti tra Maghi e Esseri!»
***
«Ho
sempre
pensato che questo incarico spettasse ad Ambrosius, ma lui ha preferito
riprendere il suo posto di guaritore. Del resto...»
guardò
la fotografia che Teddy teneva ancora in grembo e indicò il
vecchio accovacciato accanto a Ron. «E' quello che
è sempre stato».
Teddy
sorrise
soddisfatto, cozzando affettuosamente la sua spalla contro quella del
padre. «Be', se i cambiamenti imprevisti sono questi sono
contento. Ambrosius se lo merita. E anche Dylan. Cacciatore dei Cannoni
di Chudley!»
Remus
scosse il
capo, scrutando le ragazzine adoranti che saltellavano eccitate nella
foto. «Ah, Dylan... Dylan ha abbattuto anche altre barriere,
non
limitandosi a cacciare Pluffe. La realtà è che
tutte
amano Dylan».
«Tutte
eccetto Ginny, vorrai dire» sogghignò Teddy,
assalito da
ricordi assai poco edificanti che avevano per protagonisti Dylan e
l'infuocata mogliettina di Harry. «Non le va proprio
giù
che i Cannoni abbiano soffiato tanto spesso la vittoria alle
Arpie».
Remus
ridacchiò. «Va bene, te lo concedo, tutte meno
Ginny. Mi
dispiace per lei, ma sono felice per Dylan» si fece
improvvisamente serio. «Aveva già firmato un
contratto con
le Vespe, sai? Lo avevano contattato appena uscito da Hogwarts, una
carriera brillante si prospettava davanti a lui. Interrotta prima di
cominciare dal morso di Greyback. Le Vespe ancora si mangiano le mani
per avere reciso quel contratto».
Teddy
annuì. «La maggior parte della gente ha accettato
i
licantropi, ora. E Ambrosius e Dylan hanno avuto un certo peso nel
processo».
«Sì.
Come Emrys».
Teddy
corrugò la fronte, frugando nei suoi ricordi e ripescando un
cantastorie scarno e gentile che intratteneva i ragazzini ai bordi di
una strada polverosa, poi notò un grosso
volume abbandonato ai piedi del letto; sulla copertina di pelle cremisi
c'era il nome del licantropo scritto in lettere dorate e i ricordi di
Teddy cambiarono. Al lacero cantastorie si sovrappose un uomo sereno e
appagato che, accomodandosi sulla sedia a dondolo posta accanto al suo
lettino, gli raccontava storie avvincenti, popolate da licantropi e da
altre creature fantastiche, mostrandogli le immagini contenute in
variopinti libri incantati.
«Emrys
è uno scrittore!»
Remus
assentì. «Più famoso di Allock. Altro
che "A spasso
coi licantropi"! I libri di Emrys hanno spiegato la
licantropia alla
gente molto meglio dei dotti trattati degli ultimi duecento anni. In
fondo, comprendere i sentimenti e le sensazioni di un licantropo
è più interessante che conoscere dettagliatamente
cosa lo
differenzia da un lupo comune, no? E, a proposito»
ridacchiò indicando il grosso volume con un cenno del capo.
«Emrys non si è limitato al mondo magico. Era
davvero
stanco del trattamento che gli scrittori Babbani riservano ai
licantropi, descrivendoli o come mostri crudeli e sanguinari o come
insipidi mutaforma regolarmente surclassati da vampiri che definire
idealizzati è un eufemismo. Sono assolutamente d'accordo con
lui, devo dire».
Teddy
rise, preparando una risposta degna di quella decisa affermazione, ma
una voce allegra e squillante lo precedette.
«E
hai
perfettamente ragione, amore mio. Nessun essere tecnicamente morto
potrà mai surclassare un licantropo, non se ne parla
proprio!»
Ninfadora
Tonks,
infilata in un sorprendente pigiamino giallo zafferano disseminato da
piccoli snasi dello stesso rosa acceso dei suoi capelli, si stava
avvicinando al letto, portando in precario equilibrio un vassoio di un
abbagliante color ciclamino.
«Grazie,
Dora» rispose educatamente Remus guardando, un po'
apprensivo, il
bicchiere ricolmo di succo di zucca che oscillava allegramente sul
vassoio e togliendo furtivo il libro di Emrys dalla traiettoria della
moglie. «Apprezzo molto il tuo sentito appoggio».
La
strega gli
rivolse un sorriso radioso, immediatamente esteso anche al figlio.
«Ti
sei svegliato, finalmente, Teddy. Ti ho portato la colazione. Non ci
fare l'abitudine, ma un ringraziamento te lo dovevo».
Il
ragazzo assottigliò gli occhi, sospettoso. «Un
ringraziamento? Tu sai...»
«Sì»
lo interruppe sbrigativa la strega, appoggiando con un po' troppo
slancio il vassoio sul comodino. «So. E sarei venuta prima se
una
cospicua parte del mondo magico non avesse deciso di contattarci via
camino» scrutò i due maghi, curiosa. «Di
cosa
stavate parlando?»
«Oh,
della
differenza che può fare un po' di amore in più al
mondo» rispose Remus, asciugando con un sapiente colpo di
bacchetta il succo di zucca che si era appena riversato sul vassoio e
minacciava di raggiungere l'invitante fetta di torta che giaceva,
inerme, su un piattino celeste.
Tonks
scrutò il marito con una punta di scetticismo e,
afferrandogli
il mento con una mano, lo costrinse senza troppi complimenti a
guardarla. «Sembrerebbe che tu abbia finalmente imparato la
lezione di Albus Silente, Remus».
Il
mago le rivolse
un sorriso timido e annuì. «Sembrerebbe,
sì. Quale
parte del mondo magico ci ha contattato via camino,
esattamente?»
«Oh,
prima
di tutto mia madre, mattiniera come sempre. Voleva avvisarci di non
passare da casa sua perché ieri sera è rimasta a
dormire
da Harry. Pare avesse promesso a Lily di raccontarle integralmente la
storia di Teddy e del raffinato
portaombrelli; poi è stata la
volta di Hermione...»
Teddy
la
interruppe bruscamente, scoccando un'occhiata di fuoco al padre.
«Ehi, non dovevi impedirmi di rompere il raffinato
portaombrelli
di nonna Andromeda, tu?»
Remus
abbassò lo sguardo, mortificato. «Ah,
io... ci ho provato, Ted, davvero. Quando hai compiuto sei anni ho
fatto notare alla nonna che quel portaombrelli era troppo raffinato per
stare dov'era, ma lei ha frainteso clamorosamente le mie
intenzioni» sospirò affranto. «Pensando
che mi
piacesse da impazzire, colta da un impeto di generosità e
deliziata dal mio spiccato buon gusto, me lo ha regalato - si intonava
perfettamente al suo dono di nozze, la lampada qui fuori, secondo lei -
è venuta a casa con me e lo abbiamo sistemato in soggiorno.
Tu
stavi leggendo "Incantesimi
senza Bacchetta" di Caius Charmed seduto
sul divano...e...»
«E
pronunciando ad alta voce uno di quegli incantesimi lo hai fatto
esplodere» concluse allegra Tonks, scompigliando, palesemente
orgogliosa, i capelli al figlio. «Il mio maghetto! Talentuoso
come il suo papà!»
«Sì,
e tempestivo come la sua mamma».
«Remus...»
«La
verità Ted è che non ho nemmeno potuto ripararlo,
lo
avevi praticamente disintegrato! Non c'erano più pezzi da
rimettere assieme».
Tonks
annuì
compiaciuta. «Nonno Ted sarebbe stato contentissimo. Anzi,
sono
convinta che ci abbia messo lo zampino lui, da
lassù»
ammiccò ai due maghi che la scrutavano incuriositi.
«Be',
detestava quel raffinato
portaombrelli. Aveva tentato in tutti i modi
di piazzarlo in luoghi strategici, vale a dire frequentati da me. L'ho
rotto parecchie volte, infatti. Ma mai in maniera irreparabile come sei
riuscito a fare tu, tesoro. E al primo tentativo!»
Teddy
sorrise
divertito, mentre la scenetta appena raccontata dai genitori si
sovrapponeva a quella, omologa, dove lui era solo, in balia di una
nonna Andromeda che ricordava vagamente una Banshee arrabbiata. Nella
nuova versione accanto a lui c'erano anche mamma e papà, un
po'
imbarazzati, ma chiaramente divertiti; la cosa era stata molto meno
traumatica. Non era un brutto ricordo, tutto sommato.
«L'allievo
ha superato il maestro» concluse irriverente.
«Direi
proprio di sì» concordò Tonks,
sedendosi accanto a
Remus che, fissando come ipnotizzato il pigiamino della moglie, chiese
con garbato interesse: «Cosa voleva Hermione,
Dora?»
«Oh,
solo
avvisarti che oggi a Hogwarts dovresti scambiare due chiacchiere con i
centauri; sono un po' insofferenti ultimamente, perché un
branco
di Thestral ha invaso il loro territorio. Colpa del nuovo cucciolo di
Hagrid, sembra».
Remus
la guardò inquieto. «Hagrid ha un nuovo
cucciolo?»
«Sì.
Un incrocio tra non è ben chiaro cosa».
Il
mago socchiuse
gli occhi, avvilito. «Sarà sicuramente qualcosa
dotato di
zanne, pungiglioni e altre fantasiose armi improprie strategicamente
sistemate nelle più impensabili parti anatomiche».
La
strega
ridacchiò, scostandogli con comprensiva tenerezza una ciocca
di
capelli dalla fronte. «Hermione aveva il tuo stesso
entusiasmo,
sai? Mi ha anche raccontato uno strano sogno riguardante un tetro
portale aperto da un antiquato orologio da taschino. Teddy lo
attraversava cavalcando un Thestral e spargendo Pozione Polisucco su un
branco di lupi mannari rosa. Oh, il tutto sventolando una bandiera
bulgara. Non so se era più innervosita dal sogno o dal nuovo
cucciolo di Hagrid».
Teddy
arrossì lievemente e mormorò: «Temo di
essere io la causa del
sogno. Prima di venire nel passato le ho parlato della Chiave del Tempo
e del mio progetto di utilizzarla. Anche Victoire ha fatto un sogno
simile» disse, indicando con un gesto vago la pergamena
appoggiata sulla cassettiera.
Remus
si
sfregò il mento, pensieroso. «E' possibile...
l'orologio
da taschino e il portale attraversato da Teddy potrebbero essere in
qualche modo collegati al discorso da lui fatto all'Hermione dell'altra
realtà. Certo, mi sfugge il significato dei lupi mannari
rosa
inondati da Pozione Polisucco... per non parlare della bandiera
bulgara».
Tonks
guardò incuriosita il figlio. «Per caso lo hai
raccontato anche a Harry, il tuo piano, tesoro?»
Il
ragazzo
annuì e Tonks sorrise. «Questo spiega anche il suo
di
sogno, allora. Era già pronto a rinfrescare le sue doti di
occlumante».
«Ha
chiamato anche Harry?» chiese Remus, sorpreso.
«Sì.
Ha raccontato confusamente anche lui un sogno caratterizzato da un
antico medaglione
d'oro che risucchiava Teddy, mentre tu e io spuntavamo da una pietra...
oh, ha detto anche che ha bisogno di
parlare con te, Remus».
«Con
me? Non sono mai stato granché come interprete di
sogni».
«Non
del sogno! Gli sono arrivate alcune lettere da Hogwarts. Riguardano
James, a quanto ho capito».
«James,
un
frisbee zannuto, alcune crostatine alla crema e qualche Serpeverde, per
la precisione» specificò Teddy sogghignando.
«Me lo
ha scritto Victoire».
Tonks
rise
deliziata. «Harry voleva un tuo consiglio su come affrontare
con
Ginny la spinosa questione. Sostiene che gli dispiacerebbe parecchio
vedere il suo primogenito trasfigurato in un portaspilli».
Remus
si
alzò dal letto, sospirando. «Sì, posso
immaginare.
Sarà meglio che gli parli subito, allora. Ah,
Jamie...»
scosse la testa, una luce divertita e malinconica nello sguardo.
«Lo avevo detto a Harry che non mi pareva un'idea
così
brillante chiamare quel bambino James Sirius».
«James
Albus sarebbe stato meglio» convenne Tonks.
Remus
ci
pensò per un istante. «Forse sì, ma poi
Sirius
Severus sarebbe diventato uno psicopatico dalla personalità
multipla e con accentuati istinti autodistruttivi. No, è
stato
meglio così, tutto sommato».
Fece
per uscire ma la moglie, alzandosi di scatto, lo fermò
trattenendolo per un polso.
«Aspetta,
Remus, hai già deciso cosa indosserai oggi?»
chiese la strega con noncuranza.
Remus
la guardò sospettoso. «No».
«Bene,
pensavo che potresti indossare la tunica che ti ha regalato mamma per
il tuo compleanno. Sarebbe perfetta con questa, non trovi?»
disse
la strega, piazzandogli sotto il naso una cravatta fucsia cosparsa da
una miriade di agitati gattini turchesi. Remus la fissò
ammutolito e Teddy scorse chiaramente un lampo di raccapricciato panico
attraversargli gli occhi, ma fu questione di un istante, si riprese
subito e sfoggiò il più tenero e dispiaciuto dei
sorrisi: «Ah, amore, sarei onorato di indossarla, ma a questo
punto del ciclo lunare non posso proprio. Il lupo è troppo
nervoso per sopportarla» così dicendo si
chinò a
sfiorare con un rapido bacio le labbra della moglie e, sotto lo sguardo
ammirato del figlio, lasciò la camera.
Altro
che fascino
Black, pensò Teddy adocchiando il calendario appeso al muro,
era
il fascino Lupin quello davvero irresistibile!
Tonks
si
sfiorò la bocca e sogghignò. «Che
spudorato! In
questa fase del ciclo lunare il lupo è troppo
nervoso?»
sbuffò indicando il calendario. «Non ci
sarà
neppure la luna questa notte... è la fase del ciclo lunare
in
cui il lupo è più tranquillo».
«Oh,
lo hai notato...»
«Certo
che sì, tesoro. Seguo le fasi lunari con la sua stessa
attenzione. Proprio come fai tu».
Teddy
ci
pensò un istante e realizzò che era vero. Da
quando aveva
memoria tutti i Lupin seguivano il ciclo della luna con estrema cura.
Condividendo con Remus anche le notti di plenilunio, quando
riuscivano a vincerne le assurde resistenze. In fondo, grazie alla
Pozione Antilupo potenziata, era più innocuo del cagnetto
del
signor Peabody: aveva sicuramente un carattere migliore.
«Sai
che non metterà facilmente quella cravatta, vero
mamma?»
«Facilmente?
So per certo che non la metterà neppure morto, questa
cravatta.
Ma mi diverte punzecchiarlo un po'. E' così divertente
punzecchiare il tuo
papà».
Teddy
la
guardò, poco convinto. «Se lo dici tu. Ma... ti ha
raccontato tutto? Della Chiave del Tempo, intendo. E della mia
intrusione nel passato».
La
strega lo studiò un istante, seria, poi, posando la cravatta
sul comodino, gli si sedette accanto.
«Sì,
tesoro, mi ha raccontato tutto. Un paio di giorni dopo la Battaglia di
Hogwarts mi ha mostrato la Chiave, mi ha spiegato come funzionava e mi
ha rivelato la vera identità di Dorian Johnson»
tacque un
istante, un po' mortificata. «Non devo averti fatto una
buonissima impressione quella sera. Crollare così, neanche
fossi
stata vittima di dieci Schiantesimi in contemporanea... davvero una
grande Auror devo esserti sembrata!»
«Eri
solo stanca, mamma! Ma il modo in cui hai steso Bellatrix... certo che
mi sei sembrata una grande Auror».
«Ero
molto
stanca, sì. Tuo padre aveva ragione, non avrei dovuto andare
a
Hogwarts, quella sera» lo guardò mesta, gli occhi
scuri
attraversati da un lampo di rimorso. «Sarei dovuta restare a
casa
della nonna, con te. Ma non ci sono proprio riuscita. Non potevo
lasciare solo Remus. Non potevo non combattere per il tuo futuro...
meno male che sulla nostra strada è comparso Dorian Johnson.
L'ho subito trovato simpatico, sai? Aveva un naso interessante. E
splendidi occhi...»
«Hai
parlato a papà degli occhi di Dorian Johnson?»
«No.
Non me
ne ha dato il tempo. E' stato lui il primo a introdurre il
discorso» sorrise. «Era... è
così orgoglioso
di te, tesoro. Ha dovuto parlarne, credo... o sarebbe esploso.
Così, alla fine, eravamo in due a essere orgogliosi di
te».
«Oh»
Teddy abbassò gli occhi, un po' turbato.
«Qualcosa
non va?»
«No.
E' solo
che capisco papà. Il fatto che ti abbia raccontato tutto,
intendo. Anch'io lo avevo fatto con Victoire, ma ora lei non ricorda
nulla. Solo quel sogno delirante che mi ha descritto. Un po' mi
dispiace...»
Tonks
gli prese il
viso tra le mani, costringendolo a guardarla. «E tu
ridiglielo.
Fai quello che papà ha fatto con me, mostrale la Chiave e
raccontale tutto».
«Ma...»
«Nessun
ma,
tesoro, non nasconderti da chi ami. Mostrati per quello che sei. Non
alzare barriere, non negarti, neppure se pensi che sia per proteggere
chi ti sta accanto. Non commettere gli errori che ha commesso tuo
padre. Non infliggerti le sofferenze che si è inflitto
lui».
Teddy
guardò la madre, meravigliato. «Io non sono
papà,
non sono mai stato ferito come lo è stato lui».
«E'
vero. Ma
gli assomigli molto, Teddy. Moltissimo. Non solo fisicamente. E bada
che è un complimento» affermò la strega
strizzandogli un occhio sbarazzina.
«Non
avevo
dubbi, mamma. Ma stai tranquilla» la rassicurò il
ragazzo,
virando i suoi capelli a un turchese brillante. «Somiglio
molto
anche a te».
«Sì,
somigli molto anche a me» concordò la strega,
prendendo
dal vassoio il piattino con la fetta di torta miracolosamente
sopravvissuta al piccolo tsunami di succo di zucca. «Sei come
questa torta, Teddy».
«Cosa?»
La
strega rise e porse il dolce al figlio. «Conosci la sua
storia?»
Teddy
si
concentrò un istante e annuì: era la
specialità
indiscussa del signor Peabody, conosciuta anche come Torta di Teddy.
«Il
signor Peabody l'ha creata per voi due».
Tonks
annuì. «Vero. Era esasperato delle continue
schermaglie
che tuo padre e io inscenavamo nella sua linda pasticceria per decidere
tra torta al cioccolato e torta alla cannella. Così decise
di
tentare un esperimento e, il giorno del tuo primo compleanno, ci
annunciò che aveva creato la torta che ci avrebbe messo
d'accordo e l'aveva dedicata a te. Be', aveva ragione, da allora tuo
padre e io non abbiamo più avuto dubbi sulla torta da
prendere:
questo fantastico trionfo di cannella e cioccolato!»
Teddy
addentò con gusto quella torta dal profumo delizioso e,
lasciandosi conquistare dalla sua consistenza perfetta, ne
assaporò estasiato il gusto ricco e speziato, adorando il
modo
in cui il brioso pizzicore della cannella s'intrecciava all'avvolgente
dolcezza del cioccolato, esaltandola e venendone a sua volta esaltato.
Nessuna torta alla cannella o al cioccolato poteva davvero competere
con quella perfetta e armoniosa unione di sapori contrastanti.
«Il
signor
Peabody ha ragione. La Torta di Teddy, perfetto miscuglio di cioccolato
e cannella, è davvero buonissima. Migliore degli elementi di
partenza».
Tonks
annuì
sorridendo. «Un vero capolavoro, sì. Come te,
perfetto
miscuglio di tuo padre e di me. Migliore degli elementi di
partenza».
Teddy
posò
la torta sul vassoio, pronto a ribattere a quell'ultima affermazione
con una fiera e vibrante protesta. Troncata però sul nascere
dalla madre che, afferrata bruscamente la cravatta, gliela
piazzò sotto il naso, proponendo convinta: «Per
caso la
vuoi indossare tu, tesoro? Sono sicura che a tuo padre non
dispiacerà».
Teddy
serrò
la bocca, sbarrò gli occhi e guardò la madre un
po'
agghiacciato: lui non era bravo come il padre a contrastare quegli
attacchi di follia stilistica. «Eh... ecco, io... non credo
che...»
Tonks
esplose in
quella risata allegra e irresistibile che una parte di Teddy conosceva
alla perfezione e abbracciò con entusiasmo il figlio.
«Scherzavo, sciocchino».
«Oh»
Teddy sospirò sollevato e si rannicchiò nel suo
morbido
abbraccio profumato di mughetto, godendosi quella sensazione nuova e
familiare. La strega parve rendersene conto e rafforzò la
stretta, mormorando divertita: «Ehi, che succede, Teddy, non
ti
allontani protestando sdegnato?»
Teddy
scosse la testa. «Mai. Potrai abbracciarmi tutte le volte che
vorrai, mamma. Non protesterò mai».
La
strega sorrise intenerita e lo scostò da sé con
dolcezza.
Teddy
la
guardò, incerto se renderla partecipe di una cosa di cui si
era
appena ricordato, poi rammentò il discorso appena fatto sul
non
nascondersi da chi si ama e prese la sua decisione.
«Sai
mamma,
ci sono alcune cose che non sono cambiate, nelle mie due vite. Una di
queste è il solo motivo per cui, da bambino, ho vivacemente
discusso con Victoire. Lei sosteneva che nessuna mamma era bella come
la sua. Io non sono mai stato d'accordo. Ho sempre pensato che tu lo
fossi molto di più».
Tonks
sgranò gli occhi, incredula, poi sorrise lusingata,
mascherando
l'imbarazzo con un pizzico d'irriverente ironia. «Sei proprio
uguale a tuo padre. Anche lui ripete da sempre la stessa, insostenibile
cosa».
«L'
ho sempre detto che papà è dotato di un
impeccabile buon gusto».
Tonks
rise,
scompigliando teneramente i capelli, ancora di un turchese abbagliante,
del figlio. «Ah, fascino Lupin unito a fascino Black. Chi
potrebbe resisterti? Ti stanno bene i capelli di questo colore, tesoro.
Perché non li tieni così per oggi?»
«Ecco...
è solo che...» Teddy arrossì
vivacemente, guardando
in tralice la madre. «A Victoire piaccio al naturale... lei
mi
trova... uh... bello».
«L'
ho sempre detto che Victoire è dotata di un impeccabile buon
gusto».
Il
ragazzo
sogghignò, riportando i capelli al colore naturale e sua
madre
sospirò melodrammatica. «Peccato, però,
sarebbero
stati d'incanto con questa cravatta... a proposito, chissà
se
tuo padre ha finito con Harry» fissò la porta,
pensosa,
poi scoccò un bacio sulla fronte del figlio e si
avvicinò
alla porta. «Finisci la colazione e preparati, Teddy, ci
vediamo
dopo».
«Mamma».
La
strega si voltò incuriosita.
«Sii
buona con lui. Mi piace avervi attorno interi, sai?»
«Tranquillo...
voglio solo indagare un po' su questa faccenda del lupo
nervoso»
gli strizzò complice un occhio e, sfoggiando un ghigno
più inquietante di quello di una sfinge, se ne
uscì dalla
stanza.
Teddy
fece
spallucce e, preso il bicchiere non più così
colmo di
succo di zucca, studiò interessato la fotografia appesa
sopra la
testata del letto, tra un poster delle Sorelle Stravagarie e un
gagliardetto di Grifondoro. Ritraeva tre persone. Al centro c'era un
ragazzino un po' nervoso, ritto in piedi accanto a un grosso baule
nuovo di zecca, una gabbia contenente un'elegante civetta argentata
stretta in una mano e una bacchetta magica nell'altra; alle sue spalle
si stagliava la locomotiva fumante dell'Espresso di Hogwarts. Era lui,
quel ragazzino, ma aveva qualcosa di diverso. Aveva lo sguardo di un
bambino sereno e completo. Lo stesso sguardo che avevano i figli di
Harry, ma che lui non aveva mai avuto prima. Al suo fianco Harry gli
porgeva complice una vecchia pergamena ingiallita, sorridendo
impertinente a Remus che, scuotendo il capo si chinava a mormorare
qualcosa all'orecchio del figlio, prima che tre bacchette colpissero
all'unisono la pergamena.
Le
labbra di Teddy
si curvarono nello stesso sorriso malandrino che Harry sfoggiava nella
fotografia. Posò il bicchiere ormai vuoto sul comodino,
aprì il cassetto e ne estrasse una vecchia pergamena
ingiallita: Harry aveva già ritardato a sufficienza quel
momento, era giunta finalmente l'ora che nuovi Malandrini
scorrazzassero per i meandri più misteriosi di Hogwarts e
dintorni. Chissà, magari avrebbero aggiunto nuove
informazioni
alla Mappa del Malandrino, come aveva fatto lui con il passaggio
segreto sul
retro di Mielandia.
Non
sarebbe venuto
meno alla promessa fatta al padrino, del resto. Non avrebbe dato la
Mappa a James prima del Natale del suo terzo anno al Castello; la sua
intenzione era quella di darla ad Albus, infatti. E Harry non aveva
posto alcun veto, in proposito.
«Remus
John
Lupin!» la voce squillante della madre gli giunse argentina
all'orecchio, era molto vicina, probabilmente appena fuori dalla porta.
«Sappi
che
sei nei guai. E in guai molto grossi, anche! Il lupo furioso per la
fase del ciclo lunare, eh? Ma se non ci sarà neppure la luna
questa notte!»
La
voce del padre sembrava un poco più distante. «Ah,
attenta alla lam...»
Il
rumore sinistro e familiare di qualcosa di fragile andato in frantumi
fece sogghignare Teddy.
«...
pada, Ninfadora». La voce di Remus si era avvicinata, ora.
«Uff.
Ma
perché non abbiamo mai pensato di piazzare Teddy, armato del
tuo
libro d'Incantesimi senza Bacchetta, nei pressi di questa raffinata
lampada?»
«Non
saprei. Perché non volevi che perdessi il mio tocco con gli
Incantesimi di Riparazione?»
«Forse...
oh
no, non ci provare, Lupin, non mi farò distrarre
così
facilmente. Che stai facendo con quella bacchetta, ora?»
«Sto
accingendomi a sostenere il mio allenamento quotidiano nell'Incantesimo
Reparo, Ninfadora. Ecco fatto. Dicevi?»
«Non
c'è luna piena questa notte».
«No.
Non
c'è. Non ho mai detto che ci fosse, in effetti. Ho solo
constatato che in questa fase lunare il lupo è troppo
nervoso
per indossare quell'adorabile cravatta. E lo è, fidati,
Ninfadora».
«Ninfadora?
Sei arrabbiato?»
«No.
Nemmeno un po', Ninfadora». La voce del padre vibrava di puro
divertimento.
«Oh,
e io sono arrabbiata?»
«Lo
stai chiedendo a me? Suppongo di sì».
«Supponi?»
«Suppongo».
«Sei
sempre stato una frana nelle supposizioni, Remus».
«Non
è vero».
«No?
Non
funzionerebbe tra noi, sono troppo vecchio, troppo povero e troppo
pericoloso, suppongo; i licantropi non sono fertili, suppongo; questo
bambino sarà un licantropo, suppongo; questo bambino mi
odierà o, nella migliore delle ipotesi, si
vergognerà di
me, suppongo...»
«Va
bene, va
bene, ho afferrato il concetto. Non sono molto bravo nelle supposizioni
che riguardano noi due, ne convengo. Devo quindi supporre che neppure
tu sei arrabbiata?»
«Uhm...
pare che tu stia migliorando nelle supposizioni».
«Vedi?
Se mi applico. Oh, che stai facendo con quella cravatta,
Ninfadora?»
Teddy
ascoltò sconcertato il tremolio improvviso nella voce del
padre.
Merlino, che la madre avesse deciso di strangolarlo con la cravatta?
«Ah,
ecco. Adorerei assecondarti, Ninfadora, ma non credo ce ne sia il
tempo».
«Oh,
è ancora presto, abbiamo tutto il tempo, suppongo».
«Supponi?»
«Suppongo».
«Sei
sempre stata bravissima con le supposizioni, tu. Non vedo
perché dovresti sbagliarti proprio ora».
Una
risata
argentina si levò squillante, subito accompagnata da una
più profonda, poi passi affrettati e il cigolio di una
porta,
seguito dall'inconfondibile ronzio di un Incantesimo Muffliato ben
assestato. No, qualsiasi cosa avesse in mente di fare sua madre con la
cravatta non era strangolare il consorte.
Teddy
sorrise divertito. Era davvero felice che, dopo vent'anni, il suoi
genitori fossero ancora innamorati fino a quel punto.
Il
mondo era
davvero un po' migliore grazie alla Chiave del Tempo. La sua scelta era
stata una buona scelta, dopo tutto. Perché aveva portato un
po'
di amore in più al mondo. Nella sua vita, certo, ma anche in
quella di Harry e di Andromeda, per esempio. E in quella dei licantropi
e degli Addams, anche. Ma, soprattutto, in quella dei suoi genitori.
Quell'amore
caparbio e totale che Remus e Tonks provavano l'uno per l'altra e che
riversavano, amplificato, su di lui non poteva che avere reso il mondo
un posto un pochino migliore.
Teddy
si
ricordò che, a un certo punto, la notte della Battaglia di
Hogwarts, osservando i genitori si era chiesto come potessero amarsi
due persone tanto diverse tra loro. Ora lo sapeva. Perché
suo
padre e sua madre erano davvero diversi come il giorno e la notte, come
il sole e la luna, come lui e Victoire, ma erano proprio queste
diversità a rendere tanto speciale la loro unione.
Perché
erano complementari, perché, pur essendo fantastici presi
separatamente, insieme lo erano di più. Perché si
esaltavano e si completavano a vicenda - inghiottì l'ultimo
pezzetto della torta, gustandone l'armonica dissonanza di speziato e di
dolce – come la cannella e il
cioccolato.
Fine
***In
"Animali fantastici:
dove trovarli" (libretto minuscolo ma molto
istruttivo) J.K. ci informa che all'Ufficio Regolazione e Controllo
delle
Creature Magiche vi sono tre divisioni: la Sezione Animali, la Sezione
Spiriti e la Sezione Esseri. Intentendo con Essere "qualunque
creatura
dotata di intelletto sufficiente da apprendere le leggi della
comunità
magica e da assumersi parte della responsabilità di stilare
quelle
leggi" (pag. XII). Ecco, nella mia storia Remus lavora con dette
Creature Magiche. Licantropi compresi.
Ed ecco l'Epilogo. Siamo
arrivati alla fine della mia piccola storia.
Missione compiuta. Remus e Dora, vivi e vegeti, hanno potuto vedere
quel Mondo Migliore che hanno cercato di ottenere con tutte le loro
forze; e si
sono potuti godere il loro amore e il loro bambino. Teddy è
riuscito nel suo nobile intento (ringraziamo tutti il talento di
zio Alphard nello scegliere i regali di nozze) e io spero di essere
riuscita nel mio.
Solo alcune precisazioni.
Ebbene sì, lo confesso, sono Grifondorofila e non ci posso
fare
nulla - ognuno ha i suoi difetti, in fondo - lo so che gran parte del
Fandom auspica una diaspora degli eredi del trio tra le varie Case...
ma io non posso fare a meno di vederli tutti riuniti nella Sala Comune
dei Grifondoro. Come Harry, Hermione e Ron. E, ancora prima, come
Remus, James e
Sirius. Ma ribadisco che non ho nulla contro le
altre tre Case, anzi. E se, un giorno, la Rowling ci
comunicherà
di avere diviso i rampolli nelle quattro Case mi andrà
comunque
benissimo. Ma fino ad allora...
So anche che la maggior parte di coloro che "resuscitano" Remus e Tonks
tende poi ad allietarli con una schiera di allegri e variopinti
frugoletti;
dando vita a storie deliziose che adoro leggere. Anch'io ho preso in
seria considerazione l'idea di regalare a Teddy almeno un fratellino (o
una sorellina), e già mi immaginavo un vispo Dorian (o
Doriana,
magari) che piombava in camera e svegliava lo sventurato fratellone
sfoggiando un tatto tipicamente tonksiano... ma non ce l'ho
proprio fatta. La Rowling ha deciso che Teddy fosse figlio
unico e non me la sono sentita di contraddirla anche in questo.
Già le ho negato la morte di due personaggi, suvvia! E poi,
in
fondo, nella saga di Harry Potter i figli unici hanno una gloriosa
tradizione e, nel bene o nel male, tendono a risultare piuttosto
speciali, quindi può andare anche così, direi.
A un certo punto, Teddy parla di un lupo Rasta. Non so se i
maghi
conoscano questo particolare "stile". Ma Teddy - specialmente il Teddy
cresciuto da Tonks - può plausibilmente conoscerlo. A
differenza
di Remus che, infatti, si limita a parlare di un "lupo con le trecce".
Chiedo poi perdono ai fan dei Vampiri per le irrispettose opinioni di
Emrys, Remus e Tonks in proposito. Non ho nulla contro le suddette
creature della notte... ma tendo a prediligere irrimediabilmente i
licantropi. E gli scrittori "Babbani" - con la doverosa eccezione
di J.K. Rowling - non mi danno molta soddisfazione. ;-)
E infine due parole sulle Chiavi del Tempo. Ho tentato di renderle
credibili (per lo meno credibili quanto possono esserlo simili strambi
manufatti) e mi piaceva l'idea di assoggettare anche loro ai concetti
che permeano tutta l'opera della Rowling: la potenza dell'Amore e
l'importanza delle Scelte. Inoltre, parlando di Tempo ho deciso
d'introdurre anche il concetto di equilibrio. Spero di essere riuscita
a creare un oggetto non troppo assurdo. Ma se qualcosa non dovesse
tornare siate buoni e comprendetemi: anch'io, come Remus, non sono
un'esperta di Chiavi del Tempo... posso solo avanzare delle
ipotesi! ;-)
Grazie a tutti i membri dell'Esercito dei Silenti. Siete davvero
tantissimi! Mi avete indubbiamente sorpresa!
E un grazie ancora più sonante a tutti coloro che hanno
avuto la
bontà di dirmi cosa ne pensano della mia storia: mi ha fatto
molto piacere, non me li aspettavo tanti commenti! Spero vivamente che
l'Epilogo non vi abbia troppo deluso... ma non è
facile
scrivere un Epilogo. Tirare tutte le somme e tentare di immaginarsi le
conseguenze di un Viaggio nel Tempo è piuttosto impegnativo.
Jadis96:
Ciao! Sono
contenta che la Jadis "con il numerino" sia tornata a recensirmi. E
sono anche più contenta che la Jadis "con il numerino" abbia
apprezzato il capitolo! Spero le piaccia anche l'Epilogo.^^ E'
vero, è finita... però chissà, potrei
sempre
tornare. Ma per ora: Fatto il misfatto! ;-)
fri rapace:
Ciao! E
come avrei mai potuto non dedicare spazio ai licantropi? Tenuto conto
che io la penso esattamente come Emrys, Remus e Dora, tra l'altro! La
difficoltà è stata, piuttosto, quella di
impedirmi di
dedicare loro ancora più spazio...
Harry racconterà sicuramente a Remus che è stato
salvato
da un incantesimo lanciato da Severus (certo, George
avrebbe preferito un po' più di mira da parte del suo
unticcio
professore di Pozioni, eh... ^^) ma in un momento più
opportuno. Prima di questo i due avranno cose più "urgenti"
da
chiarire. Tipo chi potrà coccolarsi Teddy per primo,
magari... ma
poi affronteranno sicuramente la questione Severus.
Per quanto riguarda
il "cattivo tanto imbastito da suicidarsi" non posso che dirmi
d'accordo. Ma, a parer mio, Voldemort non poteva che morire in modo
tanto assurdo... ucciso dalla sua stessa arroganza e dalla sua
incapacità di comprendere quale immenso potere abbia
l'amore.
Purtroppo per lui non ha mai co,preso la lezione di Albus Silente, a
differenza di Remus. ;-)
Per quanto riguarda la storia... be' ci hai
azzeccato per metà. Remus e Dora sono vivi, sì. E
hanno
potuto crescere il loro bimbo (come avrei potuto privarli di questa
gioia, del resto) e Teddy ha ricordi meravigliosi del suo passato
accanto a mamma e papà... ma si ricorda perfettamente della
Chiave del Tempo e del suo passato senza mamma e papà. Spero
che
anche questa versione ti possa piacere e, magari, commuovere.
E non preoccuparti per le tue domande: a me fanno piacere. E sappi che
il titolo di "Rompipluffe
Massima" resta comunque di Dora. Ti distacca
di parecchie lunghezze, temo. ;-)
Kamen:
Grazie! Mi fa
davvero piacere che anche il capitolo quinto ti sia piaciuto. E, per
quanto mi riguarda, è assolutamente lampante che Tonks
è
sì adorabile, ma è tutt'altro che incapace:
è un
Auror,
suvvia. Solo i migliori riescono a diventarlo! Ed eccoti l'Epilogo,
spero ti piaccia quanto gli altri capitoli.
fennec:
Grazie! Mi fa
piacere che tu abbia apprezzato l'intrecciarsi della mia storia con gli
eventi narrati dalla Rowling. E' importante, perché
è la
stessa Battaglia descritta da lei, solo vista da un altro punto di
vista. Anche a me sarebbe piaciuto molto descrivere il primo
approccio di Harry con il piccolo Lupin. Sarebbe stato tenero e
divertente... ma purtroppo avrebbe scombussolato un po' la mia
storia, visto che avrei dovuto giostrare due Teddy contemporaneamente,
mentre il Portale del Tempo si chiudeva inopportunamente. Ed eccoti
l'Epilogo. Spero che la tua trepidante attesa non sia andata troppo
delusa.
lyrapotter
: Ed eccoci
qui. Grazie per la telecronaca e per i complimenti rinnovati! Teddy
è un personaggio strepitoso da maneggiare, e non
è
davvero difficile farlo amare. Fa tutto da solo! Basta
assecondarlo. Però penso anch'io che, per una serie di
motivi,
un personaggio adulto ha un fascino differente di un
bambino/adolescente.
La faccia di Dora in quella situazione deve essere
stata sicuramente degna di nota... fortunato Remus che ha potuto
ammirarsela per benino. ^^ Per quanto riguarda i licantropi... ti
svelerò un segreto: anch'io devo essere affetta dalla tua
stessa
patologia, sai? Perché vengo a mia volta affascinata da ogni
esemplare portatore "civilizzato" di Piccolo Problema Peloso. Diciamo
che condivido totalmente le idee di Emrys, Remus e Dora al riguardo.
;-) Mi fa particolarmente piacere che tu abbia apprezzato il trio
mannaro, come avrai visto hanno una certa importanza anche in questo
capitolo, pur non comparendovi di persona. E mi fa altrettanto piacere
il fatto che tu abbia apprezzato la chiacchierata tra Harry e Remus; ho
adorato scriverla, il loro rapporto mi ha sempre interessata e
mi
sono divertita parecchio ad esplorarlo. Così come mi sono
divertita a
studiare gli effetti collaterali dei colpi da "sfera di cristallo",
sì.
Diciamo che Remus, di tanto in tanto, ha bisogno di una bella scossa...
ma pare abbia finalmente capito che il ciclico spintare di orecchie
pelose e coda non pregiudica assolutamente il suo
essere un padre fantastico. Dora, d'altro canto,
è una madre alternativa e fantasiosa... ha uno stile tutto
suo,
diciamo: Teddy si divertirà molto.
Ora sono io a lasciarti. Dopo
questa risposta, aggiunta al chilometrico Epilogo - che spero sia stato
di tuo gradimento - ti vedo anch'io piuttosto provata. ;-)
dirkfelpy89:
Ciao! E
grazie per la nuova recensione! Sì, credo anch'io
che Harry
avrebbe passato del tempo con Remus dopo la Battaglia, se J.K.
non avesse deciso di rendere impossibile la cosa... mi fa piacere di
non essere la sola a pensarla così. Spero che anche questo
capitolo, pur essendo lunghetto, non abbia troppi tempi
morti e ti abbia divertito.
KELLINA:
Bene. Allora
spero che anche l'Epilogo ti sia piaciuto! Non vorrei mai essere
scivolata proprio sul finale.
Sì, mi hai scoperta! E' vero, ho
amato moltissimo i personaggi della saga. Tutti, dal primo all'ultimo;
certo, ci sono quelli che mi suscitano umana simpatia e quelli che mi
fanno saltare i nervi appena compaiono sulla scena, ma li amo comunque
tutti così come sono. Di conseguenza, ho tentato
disperatamente di non "snaturarli
o deformarli", e sentirmi dire che ci sono riuscita... be', mi fa
davvero un immenso piacere. E credo proprio che, prima o poi, mi
vedrai rispuntare con qualche altra piccola storia. Scrivere questa mi
ha già dato idee per altri brevi racconti. Evidentemente le
fanfiction sono come le ciliegie: una tira l'altra.
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