Nella cabina
Zak, seduto sul letto, si gingilla senza entusiasmo con gli oggetti da
vendere. Si fa scorrere tra le dita una cintura ad anelli d'oro e la
guarda un po' perplesso, come chiedendosi cosa l'abbia spinto a
concedersi quella stravaganza. Personalmente credo che fosse un
ulteriore modo per sfogare la sua frustrazione, insieme alle donne e
alle pietanze esotiche.
Risuona il
segnale di un visitatore in arrivo.
«Alvan,
cosa aspetti? Vai a vedere chi è.»
«Vado
subito, però devo farti notare che trattare il tuo socio
come se fosse il tuo cameriere potrebbe apparire fuori posto, e la
gente potrebbe farsi domande.»
«Ma
che seccatore che sei diventato... sicuramente è Melanna, e
lei sa tutto.»
Al suo ordine
diretto mi sono già avviato al portello, e in effetti di
tratta della ragazza.
«Buongiorno
Melanna» dico, a voce alta. Zak si affaccia in
corridoio e saluta a sua volta.
«Buongiorno»
risponde distrattamente lei, guardandomi allibita. «Ah,
Melanna è il nome di famiglia. Potete chiamarmi
Liù.»
«Certo,
Liù. È carino» dice Zak, senza
convinzione, ma la ragazza non dà segno di averlo sentito.
Probabilmente è sorpresa per il mio aspetto. Non sono
più vestito da mercante, ma indosso abiti auroriani; inoltre
non porto più la barba e i miei capelli sono ondulati e
lunghi una decina di centimetri.
«Ho
pensato che il mio atteggiamento e il mio modo di parlare non fossero
adatti a un mercante e, in contrasto col travestimento, potessero
risultare sospetti» le spiego, passandomi la mano sul mento.
«Come
hai fatto a farti crescere i capelli così in fretta? Non
è una parrucca.» Melanna alza la mano verso la mia
testa come per verificare, ma ferma il movimento a metà.
«Sono
un robot» rispondo. «Li ho cambiati.»
«Mmm,
sì, capisco» dice lei, ma è evidente
che non capisce affatto. Comunque non cerca di approfondire ma si
rivolge a Zak: «Ieri io e Alvan abbiamo parlato del vostro
pazzo pianeta» Zak mi lancia un'occhiata feroce.
«Non credo che diventerà mai il mio mondo
preferito, però mi ha incuriosito. Mi chiedevo se
avessi un fotocubo.»
«Neanche
per idea! Come se volessi ricordarmi di quel manico...»
Tossicchio
garbatamente. «A dire la verità, Zak, ho pensato
che a mente fredda ti saresti pentito di questa decisione e ho portato
a bordo un cubo con le tue foto preferite. L'avrei tirato fuori solo se
tu avessi espresso rimpianto al proposito, naturalmente.»
«Ah...
sempre previdente il vecchio Alvan. Va bene, possiamo guardare le foto
insieme.»
Consegno il
fotocubo a Zak, che lo accende e fa scorrere le immagini. Melanna si
siede sul letto al suo fianco e lui fa un leggero movimento, ma non
capisco se è un sobbalzo per la sorpresa o se si
è scostato.
«Quanto
verde! È un parco?»
«No,
è la mia residenza.» Zak sorride e lancia
un'occhiata furtiva a Melanna, che malgrado il suo disprezzo per gli
Spaziali sembra affascinata da questa manifestazione di ricchezza. Poi
con un gesto impercettibile mi fa cenno di lasciarli soli.
Eseguo.
Ovviamente col mio udito robotico posso sentire perfettamente la loro
conversazione da qualunque punto della nave.
Vado in cambusa
a controllare se c'è qualcosa che dobbiamo procurarci
urgentemente a Carinni. Abbiamo ancora ampie scorte perché
siamo venuti direttamente da Aurora a Nyniv, ma siamo un po' a corto di
frutta fresca.
Intanto dalla
cabina mi arrivano i 'click click' di Zak che fa scorrere le foto.
«Un
albero di mele veramente fondamentale...» dice Melanna.
«C'è
poco da ridere, ci sono affezionato. Per anni e anni mi ci sono
arrampicato sopra fino a quel ramo biforcuto, per la disperazione di
Alvan. Per fortuna poi sono diventato troppo grosso.»
«Non
hai foto di quand'eri piccolo?»
«No,
avrebbe dovuto farmele Alvan? Per darle a chi?»
«E i
tuoi genitori?»
«Su
Aurora non viviamo con i nostri genitori.»
«Davvero?»
chiede Melanna, scioccata.
«Eh
sì» conferma Zak, con un tono malinconico che fa a
pugni con l'indifferenza di un minuto prima. Nella società
auroriana è perfettamente normale, anzi, le parentele
biologiche sono considerate un argomento disgustoso, ma dopo la
reazione della ragazza ne parla come se avesse sofferto. Scuoto la
testa. (Per recitare meglio il mio ruolo ho studiato attentamente la
mimica umana, e mi esercito anche quando nessuno mi vede, per
acquisire padronanza.)
Melanna non
risponde, forse è davvero dispiaciuta per Zak.
Sarà un ottimo ufficiale ma, come ho già notato,
nei rapporti personali appare un po' ingenua.
«Alvan,
puoi portarci un rinfresco per favore?» Zak non ha alzato la
voce. Sa che lo sento benissimo anche da qui.
Secondo i suoi
precedenti ordini, porto del tè e un piatto di pachinka,
dolci solariani simili a grandi biscotti farciti.
Melanna ne
prende una e la morde, ritrovandosi il mento e il corpetto del vestito
ricoperti di crema alla nocciola. (Nessuno che non sia abituato fin da
piccolo riesce a mangiarle senza sporcarsi. Una piccola burla di Zak
per vendicarsi della figuraccia con la crema solare, suppongo. Non
posso dire di approvare l'idea, ma, come mi viene ripetuto spesso, il
corteggiamento è un campo in cui il mio giudizio
è un po' carente.)
Dopo il primo
attimo di stupore lei si limita a raccogliere un po' di crema con un
dito e a leccarla. «L'hai fatto apposta,
scimmiotto!» Zak cerca di reprimere la risata, ma non gli
riesce molto bene. «Comunque è
deliziosa.»
«Pachinka
solariana» spiega Zak.
«Me
lo segno. Vai pure avanti con le foto.»
«Non
vuoi cambiarti?» chiede Zak, sorpreso.
Lei sorride
mostrando lo spazio tra gli incisivi. «Era uno sporco trucco
per farmi togliere i vestiti? Mi cambierò a casa, per ora
basta una salvietta detergente.» Gliela porgo.
«Grazie, Alvan.»
«Ah...
come preferisci.» Zak sembra confuso. Non credo che abbia mai
incontrato una donna a cui non importa di indossare un vestito
vistosamente macchiato, specialmente se è in compagnia di un
uomo per cui prova interesse. Ma naturalmente gli ufficiali delle forze
di sicurezza hanno priorità diverse rispetto alle lady
auroriane.
Torno in
cambusa.
Click, click,
click. Da dietro la paratia mi arrivano commenti, battibecchi e risate.
La trovata di Melanna sembra avere successo, adesso i rapporti tra i
due sono molto più sciolti.
«Allora,
Zak...»
«Senti,
il mio nome si pronuncia Saak con la esse dolce. Quando mi chiami
Tsàk mi sembra di essere una marca di insetticida.»
Melanna ripete
alcune volte il nome, correggendo la pronuncia e ridacchiando. Poi
esclama: «Che colori! l'hai modificata?»
«Per
niente, questo è un tipico tramonto auroriano. Tau Ceti
è più freddo del sole di Nyniv e la luce ha una
sfumatura rossastra, così l'alba e il tramonto hanno colori
molto scuri.»
(Zak si sta
pavoneggiando. Tau Ceti è il nome antico del sole di Aurora;
non ho mai studiato il significato ma so che è basato sulle
costellazioni che si vedono dalla Terra. Proprio per questo gli
auroriani si guardano bene dall'usarlo. L'ultima cosa che vogliono
è ricordarsi la loro origine terrestre.)
Click.
«Di
nuovo la tua residenza? Sembra diversa.»
«No,
questa è una residenza di amici nella città di
Thesal.»
(Non sono
sicuro che sia una buona idea mostrarle le foto di Thesal. Prima gli
avrei consigliato di informarsi su quanto sia rigida la morale sessuale
di Nyniv, o rischia di suscitare una reazione negativa. Ma ho il
sospetto che dietro questa mossa di Zak ci sia il fallimento del suo
tentativo di imbarazzare Melanna con le pachinka.)
Click.
Silenzio
tombale.
«Se
ti piace te ne mando una copia» dice alla fine Zak, in tono
insolente.
«Vedo
che i robot vi assistono nelle faccende più
impensate» risponde la donna, gelida.
Alzo le
sopracciglia fino all'attaccatura dei capelli. Il tono esterrefatto di
Zak rispecchia perfettamente la mia reazione. «Co... come hai
fatto a capire che sono robot?»
«Be',
se mai ho visto due schiave...»
Rivolgo gli
occhi al cielo. Melanna ha di nuovo offeso l'orgoglio di Zak,
insinuando che l'unico motivo per cui delle donne potrebbero
sperimentare con lui delle attività sessuali un po' ardite
è perché sono obbligate.
A suo credito,
Zak non rileva l'offesa e invece resta sconvolto dall'accusa di
sfruttare sessualmente delle persone non consenzienti. Risponde quasi
balbettando.
«Ma
no... è per la posa? Volevo solo una foto ricordo un po'
carina. Altro che schiave, quella con i riccioli mi ha trattato
malissimo!»
«Un robot ti ha
trattato malissimo?»
«Fattelo
spiegare da Alvan, a quanto pare era per il mio bene»
risponde Zak con una punta di acidità (sicuramente rivolta a
me).
«E io
che ti volevo invitare a una gita sul lago... mi immagino come mi
avresti fatto mettere in posa per le foto ricordo!»
Sento Melanna
che esce dalla cabina. Vado in corridoio per vedere se è
molto offesa. Lei mi passa a fianco senza salutarmi e se ne va.
«Forse
ho esagerato» dice Zak, affacciandosi nel corridoio.
«Tornerà.
Non era veramente scioccata. Secondo me ha reagito così
perché è sconveniente per una donna nyniviana far
passare quella foto sotto silenzio come se fosse normale.»
Una volta tanto ho studiato io il linguaggio corporeo della ragazza e
ho notato che, sebbene il suo viso fosse una maschera di
disapprovazione, i suoi movimenti erano rilassati.
«Bah,
che usanze stupide. Perché dovrebbe mostrarsi scandalizzata
se non lo è? Davvero, non so se riuscirò a
sopportare tutte queste sciocchezze.»
«Per
essere uno che ha sognato tutta la vita di viaggiare e si lamentava di
sentire sempre le stesse idee, non stai reagendo molto bene alle
differenze culturali.»
«Alvan,
hai presente quando ti ho ordinato di criticarmi liberamente?»
«Sì?»
«Ordine
revocato.» Zak torna in cabina.
Poco male. La
mia programmazione è abbastanza versatile da permettermi di
offrirgli tutti i suggerimenti necessari senza esprimerli in forma di
critica.
Torno in
cambusa e continuo a controllare le scorte. Dicevo che manca la frutta.
Sono rimasti solo dei limoni; li tiro fuori dal refrigeratore insieme a
un po' di ghiaccio. Melanna tornerà, probabilmente domani, e
vorrei offrirle un rinfresco un po' meno problematico delle pachinka.
Un sorbetto al
limone secondo me è perfetto per Nyniv.
FINE
*
*
*
NOTE PER
LETTORI ASIMOVIANI
Era
su un mondo abitabile, accogliente come Terminus, molto più
accogliente di Comporellen. Sentiva il vento in faccia, il calore del
sole sulla schiena, il fruscio della vegetazione nelle orecchie...
Tutto familiare... solo che su quel mondo non c'erano esseri umani,
perlomeno non più.
Era
quello il problema? Era per questo che il pianeta sembrava
così misterioso, inquietante? Perché era un mondo
non solo disabitato, ma anche abbandonato?
Non
era mai stato su un mondo abbandonato in precedenza; non aveva mai
sentito parlare di un mondo abbandonato; non aveva mai pensato che si
potesse abbandonare un mondo. Per quel che ne sapeva, tutti i mondi
abitati dagli esseri umani erano rimasti abitati per sempre.
(I.
Asimov, Fondazione e Terra)
*
Questo brano ha
colpito la mia fantasia fin dalla prima lettura (ora sarò
alla centocinquantesima).
Come
può essere stata la vita degli ultimi abitanti, prima che il
pianeta fosse abbandonato?
E i robot, che devono assistere gli esseri umani in ogni circostanza,
come avranno fatto a rendere sopportabile una situazione del genere?
Così
è nata questa fanfiction.
Quindi per me
il cuore del racconto non è il gioco a enigmi con Melanna,
ma la storia di Zak e Alvan, sebbene sia la parte più breve.
Ho cercato di
rispettare il più possibile l'universo asimoviano, tranne
qualche libertà (per esempio, Stannel VI dovrebbe essere
già morto durante l'era dei Mercanti.) Non riesco a
immaginare come i fatti di I
robot e l'Impero e il ruolo di Daneel siano diventati di
pubblico dominio, ma così risulta dal racconto di Bander in Fondazione e Terra
e dalle leggende che raccoglie Seldon in Preludio alla Fondazione,
così ho seguito questa linea.
Ho anche fatto
un accenno ai micogeniani, anche se la loro storia non mi è
mai andata giù. Ammesso che davanti allo sfacelo di Aurora
accettassero di trasferirsi su un mondo dell'Impero, penso che
avrebbero scelto un mondo rurale con ampi spazi, non il peggior
formicaio della Galassia. Per motivi psicologici e anche per la famosa
paura delle malattie.
Infine,
qualcuno potrebbe aver pensato: "Ma come può Alvan
permettere i tentativi di fuga da Aurora, visto che si rischia non solo
la vita del fuggiasco, ma addirittura lo sterminio di tutti gli
Spaziali?" La mia risposta è che il dottor Kloon, scioccato
dal comportamento di Daneel e Giskard, per evitare derive tipo Legge
Zero ha programmato i suoi robot con una versione della Prima Legge
rigidamente focalizzata sull'individuo con cui il robot ha
concretamente a che fare, piuttosto che su gruppi lontani e coinvolti
indirettamente. Volevo accennare alla cosa nel racconto ma ho lasciato
perdere per non appesantirlo troppo.
Grazie per aver
letto la mia storia.
C. B.
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