Ben
ritrovati a tutti e scusate per il ritardo e per il (rispetto agli
altri,) corto capitolo. Ho avuto dei problemi a tradurre certe parti
della storia abbastanza complicate, tanto che ho dovuto contattare
l'autore originale di "Torna da me...Tesoruccio" per farmele spiegare
meglio.
Avviso i
lettori di un particolare, nei prossimi due capitoli che verranno, i
nostri quattro protagonisti abbandoneranno completamente il mondo reale
perdendosi nel labirinto oscuro delle loro menti, da qui in poi
il susseguirsi di situazioni surreali e episodi mentali si fa
frenetico e inquietante, alternando a Lamù, Ataru, Mendo e Shinobu
rapidi lampi di serenità e orribili incubi che esploreranno le loro
paure ed insicurezze.
Dato che i
successivi due capitoli sono molto lunghi, e dato ne ho l'opportunità,
ho deciso di spezzarli in due parti ciascuno. Questo posso permettermi
di farlo perchè nella versione originale, nei prossimi due capitoli
verranno presi in considerazione i singoli casi di ognuno dei quattro
personaggi due alla volta. per semplificare le cose e per non opprimere
il lettore opterò per creare un capitolo dedicato ad ogni personaggio.
Per Kitsune No
Pao: hai ragione Kitsune la parte del ballo è effettivamente molto
somigliante a quella dell'episodio "Mondi paralleli" ma
ovviamente vi è un perchè. In quanto fanfiction psicologica, "Torna da
me...Tesoruccio" non si limita a proporre nuovi eventi, ma cerca di
analizzare quelli passati. In quell'episodio, Lamù si è limitata a
scegliere di continuare a stare accanto al suo brutto, stupido e
infedele Tesoruccio, piuttosto che al suo alter ego premuroso e
innamorato. La domanda è "perchè?". Perchè ha ascoltato il suo
cuore...ma se invece quella volta avesse dato retta alla mente,
piuttosto che al cuore? Se avesse usato la logica, invece delle
emozioni? E soprattutto, se quella scelta dovesse presentarsi
nuovamente?
Leggete e
saprete.
Episodio
5 (Parte Prima): Io Non Sono Te Non Sei Me Sono
Sottotitolo:
(Relazioni, Seconda Parte: Il Problema di Perdere Se Stessi)
Lo
Scenario "Mi Ami?"
"Tesoruccio,
tu mi ami?"
"Mi ami,
Tesoruccio?"
"Tesoruccio!
Non mi ami, Tesoruccio?"
"Tesoruccio..."
Shinobu
camminava tranquillamente sotto la pioggia con Shutaro, lui
teneva con una mano un ombrello nero per riparare entrambi e
stringeva la mano di Shinobu con l'altra, la ragazza fissava il suolo
mentre i due giovani passeggiavano tra le pozzanghere. Ad un tratto si
fermarono e Shinobu con speranzosi, ma sempre desolati occhi alzò lo
sguardo verso il bellissimo Shutaro. "Shutaro, tu mi ami?"
Shutaro
non abbassò mai gli occhi verso di lei. Al contrario, alzò il suo
sguardo solenne verso il cielo grigio, la pioggia picchiettava sul
marciapiede e sul suo ombrello, e rispose con voce distante, "Penso che
potrei...forse...un giorno."
Il
Caso di Shinobu Miyake (Il Progetto Shinobu Miyake)
Shinobu
stava volando; rise osservando Tomobiki, così in basso rispetto a lei,
per poi alzare lo sguardo allo splendente cielo blu che la circondava,
splendente come le due brillanti ali bianche che le spuntavano dalla
schiena. Il vento le soffiava tra i capelli e le scompigliava gli abiti
e la ragazza sorrise felice, inspirando profondamente l'aria fresca.
Svolazzò
per un po' per conto suo, zig-zagando nel cielo, attraverso le soffici
nuvole e poi giù, sorvolando i fiumi a malapena pochi
centimetri
sopra di essi, l'acqua sprizzava ai fianchi di Shinobu, sollevata dallo
spostamento d'aria provocato dalle sue ali. Poi riprese quota
piroettando, chiudendo gli occhi e ridendo felicemente.
Ciononostante, quando
li riaprì lo fece con disappunto. Il cielo era
ancora tiepido e splendente, ma improvvisamente si sentì solitaria
nella sua vastità, si guardò attorno sperando di trovare
qualcun'altro che stesse volando in cielo, tuttavia le probabilità di
trovare qualcuno erano piuttosto magre. Shinobu si portò le mani
attorno alle spalle con fare preoccupato e volse lo
sguardo
in basso verso la piccola cittadella suburbana di Tomobiki, che
appariva lontanissima e ancora più piccola del solito, facendo sentire
Shinobu ancora più sola.
Inaspettatamente,
Shinobu sentì una folata
di vento soffiarle sul retro della camicetta e sollevarle leggermente
le piume delle ali. Si voltò e vide che Lamù le era arrivata
volando alle spalle, come per incontrarla, con grande sollievo della
terrestre. Lamù si mise le mani dietro la schiena e sorrise a Shinobu.
"Coraggio! Seguimi!" disse facendole l'occhiolino prima di volare via a
tutta velocità.
Shinobu rise e
chiamò, "Aspettami, Lamù!" prima di
iniziare a inseguirla. Tuttavia, presto aggrottò le sopracciglia,
scoprendosi incapace di stare dietro a Lamù. "Aspetta, Lamù! Stai
andando troppo veloce!" gridò Shinobu, ma Lamù si limitò a sorridere e
accellerò. Ad un tratto, Shinobu avvertì che il vento sotto di lei non
la sorreggeva più.
"Lamù!" urlò,
iniziando a precipitare, le sue
brillanti ali bianche si dissolsero in polvere dorata, e cadde nel
vuoto verso Tomobiki, abbandonando il bellissimo cielo. Presto non
riuscì più a scorgere Lamù che volava sopra di lei; tutto quello che
vide fu il cielo...
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Shinobu
tamburellava le dita sul suo banco, con il mento sostenuto dall'altra
mano e un'espressione annoiata sul viso. Portò lo sguardo sull'orologio
appeso sopra la cattedra
dell'insegnante, ma non vi erano lancette sul quadrante. Sospirò e
osservò
l'aula. Notando che era vuota, corrugò la fronte e rabbrividì, sentendo
improvvisamente freddo, e si pose le mani a coprirsi le
spalle.
Fissò la porta, attendendo che qualcuno si facesse vivo. Dopo essersi
guardata qualche volta alle spalle, Shinobu si alzò e si diresse verso
la porta.
Uscì nel
corridoio, illuminato pallidamente da una
luce grigia e polverosa, e proseguì lungo di esso, sorpresa di vedere
quanto fosse vuoto. "C'è nessuno?" chiamò mentre in punta di piedi
sbirciava dalle porte delle aule solo per trovarle completamente
deserte. "Mmh..." pensò aggrottando le sopracciglia in perplessità.
"Forse sono tutti fuori..."
Quindi, si
accinse a scendere le scale e
uscì all'esterno, ma era deserto anche lì. "Dove sono tutti?" si chiese
ad alta voce. "Forse è Domenica o qualcosa del genere..."
Shinobu
allora lasciò il terreno scolastico e si diresse in città, per scoprire
che anche lì non vi era anima viva. Nervosa e ansiosa di trovare
qualcun'altro
oltre a sè stessa in tutta Tomobiki, Shinobu iniziò a correre,
gridando, "Ehi? C'è nessuno qui?"
Ad un tratto
si
fermò all'improvviso e voltò il capo per vedere un carnevale
di fronte a lei, anche se vuoto e senza vita come il resto della città.
Continuò a fissarlo con curiosità mentre si concedeva un attimo per
riprendere fiato. Poi, lentamente si incamminò verso di esso. Esitò,
sporgendosi in avanti per sbirciare dall'entrata, prima di
addentrarvisi all'interno. Shinobu esplorò il posto, osservando tutte
le bancarelle vuote, le giostre immobili e i sentieri desolati.
"Questo
posto è così familiare..." pensò tra sè e sè, quasi riconoscendolo.
Subito dopo i suoi occhi videro un grande cartello e
Shinobu lesse voce alta, "Il Carnevale Estivo di Tomobiki...?"
Improvvisamente
udì un suono di musica ed ingranaggi che giravano, sussultò,
voltandosi di scatto per vedere che il carosello aveva misteriosamente
preso a girare, con luci lampeggianti e una vivace musica cristallina.
Shinobu sbuffò altezzosamente e incrociò le braccia. Inclinando la
testa da un lato, dichiarò, "Che cosa infantile!"
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"Shutaro!
Shutaro, vieni!" chiamò con irritazione Shinobu in direzione delle
scale del soggiorno mentre mescolava con foga una ciotola di pasta
frolla, tenendo la ciotola sotto un braccio e mescolando con l'altro.
"Tra un po' è pronta la colazione!"
"Mamma!
Mamma!" la chiamò il suo figlioletto di cinque anni, tirandole il
grembiule.
"Non ora!"
sbottò Shinobu mentre tentava di tornare in cucina con suo figlio
ancora aggrappatole alla veste.
"Ma
mi ha colpito, mamma!" continuò il bambino, puntando il dito contro la
sorella di sette anni, che sedeva al tavolo in cucina.
" Perchè lui
mi ha colpita per primo!" contestò la sorella.
"Ho
detto non ora!" gridò Shinobu. "La mamma ha da fare!" Dopo di che
scosse
la testa, brontolando, "Perchè mai ho scelto di sposarmi giovane...o di
avere figli così presto, anche..."
"Ma mamma!"
suo figlio si lamentò e Shinobu si accigliò furiosamente, pronta a
sgridarlo di nuovo.
Sfortunatamente,
il suo piede urtò contro una
gamba di una delle sedie della cucina. Shinobu cacciò uno strillo
cadendo in
avanti, atterrando duramente sul pavimento di legno e sbucciandosi un
gomito ed entrambe le ginocchia,
mentre la ciotola di pasta frolla che teneva in mano si
frantumò al suolo, rovesciandone il contenuto in terra e contro la
parete. Shinobu guaì ed emise un gemito, con i capelli in
disordine sugli occhi si portò seduta quasi in lacrime mentre
si strofinò il gomito sbucciato. "Oh..." Poi, chiamò rabbiosamente,
"Shutaro! Vieni qui! Subito!"
"Si? Che c'è
questa volta?" rispose
seccata una voce familiare, tuttavia non era la voce familiare che
aveva in mente lei. Alzò lo sguardo e diede un ansito quando vide Ataru
Moroboshi in piedi sull'uscio, Shinobu spalancò gli occhi in
orrore appena prima di emettere un urlo terrorizzato.
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"Di
nuovo sola," si disse Shinobu, camminando sul lungomare deserto.
"Perchè sono sempre sola?" Sospirò cupamente fissando il vasto oceano.
"L'oceano...solitario come me in questo momento...probabilmente..."
"Ma
suppongo che sia meglio che essere sposata con Ataru Moroboshi,"
decise. "O, insomma, chiunque fosse quell'uomo. Mi chiedo cosa ci trovi
Lamù in lui, comunque. Mi chiedo cosa mai ci abbia trovato io..."
"Tesoruccio!"
chiamò la voce di Lamù.
"Uh?"
gli occhi di Shinobu si posarono sulla bianca spiaggia e fu
allora
che vide Lamù aggrapparsi al braccio di Ataru, ridendo felicemente
nello svolgere il gesto.
Shinobu
sospirò con un sorriso sognante
mentre si sporse in avanti per osservare i due, la brezza dell'oceano
le soffiò fra i capelli. I suoi occhi contemplarono nostalgicamente la
coppia, e desiderò che lei potesse essere loro in quel
momento.
"Andiamo,
Lamù! Vuoi lasciarmi stare?!" protestò Ataru, cercando di sottrarsi
alla presa di Lamù.
"Tesoruccio!"
esclamò furiosamente Lamù e subito la sua risata cessò, venendo
rimpiazzata dal suono di lei che fulminava Ataru.
Shinobu
corrugò la fronte e scosse la testa con disgusto. "No, no, loro
litigano troppo; non dureranno mai a lungo" disse lei con praticità, ma
un'espressione confusa le si formò allora sul viso. "Mi chiedo come
abbiano fatto a durare così tanto, tuttavia..." Dopo un momento passato
a pensarci su, e non riuscendo a trovare una risposta, sospirò e si
voltò.
Quando lo
fece, si ritrovò nuovamente di fronte al
carosello, anche se stavolta non in funzione. Le sue spalle si
abbassarono in delusione mentre lo fissava, successivamente lasciò
vagare lo sguardo lungo il vuoto carnevale. Sospirando, si sedette
sulla piattaforma del carosello, non sapendo cos'altro fare. "Vorrei
che Shutaro fosse nei dintorni," disse depressa guardandosi tetramente
intorno. "Mi sento come se non gli parlassi da un'eternità...però
questa quiete è così serena..."
Sorrise a
questo pensiero,
ascoltando il vento e godendosi il silenzio. "E' tutto così pacifico,"
ripetè prendendo un altro respiro d'aria fresca. "Forse questo
carosello non è poi così male dopo tutto. Almeno non devo preoccuparmi
di niente qui...posso semplicemente essere...me..."
Non
appena iniziò a godersi la sua solitudine, un suono le giunse alle
orecchie -
risate. Shinobu sollevò speranzosamente il capo, dimenticandosi della
serenità che la permeava, e saltò in piedi. Ascoltò per un altro
momento, e quando fu certa che si trattava di risate, sorrise ed iniziò
a scorrere nella direzione da cui arrivavano. Tuttavia, si fermò,
voltandosi verso il carosello che aveva inconsciamente abbandonato.
Sentendosi in colpa, lo fissò per qualche altro momento, per poi
riportare lo sguardo verso l'uscita del carnevale, desiderosa di
andarsene e seguire le voci delle persone. Shinobu emise un sospiro,
vergognandosi della sua debolezza, ma semplicemente non potè farci
niente, lanciò un ultimo sguardo al tranquillo carosello, e gli disse,
"Mi
dispiace, ma suppongo di non essere ancora pronta per te." Poi si
voltò, dirigendosi verso l'uscita. E non appena i suoi piedi
abbandonarono il suolo del carnevale e toccarono il marciapiede, il
carosello riprese a funzionare, girando allegramente con la sua bella
melodia e le sue luci brillanti.
Shinobu
scorse tre studentesse vestite con l'uniforme scolastica del liceo
Tomobiki girare l'angolo, le risate che provenivano da loro erano le
stesse che aveva sentito qualche momento prima. Rapidamente, Shinobu
corse loro dietro. "Ehi! Aspettate!" chiamò, ma nessuna delle tre parve
notarla.
"Aspettatemi!"
ripetè e fece per toccarne una sulla spalla,
ma invece la sua mano la attraversò, come se la ragazza fosse una sorta
di miraggio. Shinobu emise un grido nervoso e ritirò
immediatamente la mano, le braccia presero a tremarle.
"Cosa - cosa mi è successo?" chiese con voce tremula, poi scosse la
testa con determinazione, inseguendo le tre ragazze verso il liceo
Tomobiki.
"Ehi? Non
riuscite a vedermi? Per favore, qualcuno si
accorga di me!" gridò Shinobu correndo attraverso il cortile e
attraverso tutti gli studenti, come se non si trovasse nemmeno lì in
quel momento. Notando Ataru e Lamù seduti a chiacchierare sull'erba,
velocemente corse loro in contro. "Ataru! Lamù! Vi prego, notatemi!"
E cercò di scuoterli, ma le sue mani attraversarono anche loro.
I due
continuarono semplicemente a ridacchiare, immersi in una
conversazione che Shinobu, per qualche ragione, non poteva
sentire, e quasi scoppiò in singhiozzi per questo. Con lacrime di
rabbia agli occhi, Shinobu si rifiutò di arrendersi e fissò con astio
Ataru. "Ataru! Ataru, riesci a sentirmi? Dovresti essere capace di
percepire quando una ragazza è nei dintorni, giusto? E allora perchè
non avverti la mia presenza ora? Perchè non puoi essere lo stupido
pervertito che sei sempre?" Ma Ataru continuò semplicemente a parlare
con Lamù.
Shinobu scosse
la testa e spostò lo sguardo sulla Oni dai
capelli verdi, piangendo, "Lamù! Tu dovresti essere qualcosa di
speciale! Non riesci a vedermi? Ti scongiuro! Lamù!" Neanche da Lamù
giunse una risposta e Shinobu voltò loro le spalle, lacrime di rabbia
le colarono dagli occhi, e urlò, "Non c'è nessuno che riesce a
vedermi?!"
Ma
subito sussultò quando i suoi occhi scorsero Shutaro, in piedi sul
tetto della scuola intento ad osservare il cielo. Shinobu rise, ancora
con le lacrime agli occhi, e balbettò in speranzosa eccitazione, "Shu -
Shutaro! Lui mi noterà! Deve notarmi!"
Si affrettò
rapidamente su per
le scale e poi sul tetto, dove si trovava Shutaro, in piedi sul bordo,
sorridendo e osservando il cielo. "Shutaro!" esclamò Shinobu, correndo
verso di lui. Tuttavia, si il suo entusiasmo si smorzò quando lui non
le rispose.
"Shutaro?" ripetè, le sue speranze svanirono velocemente. Ma lui non si
voltò a guardarla e non si mosse nemmeno quando lei gli arrivò alle
spalle.
Shinobu
strinse gli occhi, dai quali scendevano lacrime di
assoluta rabbia, ed esclamò furiosamente, "Questa è tutta colpa tua! Tu
sei quello che dovrebbe notarmi!" E, ancora, lui non si voltò. Shinobu
emise un sospiro frustrato e continuò, "E' tuo dovere notarmi! Odio
quando mi ignori!" Seguì un silenzio nel quale Shinobu attese
disperatamente di ricevere una risposta. Poi, marciò in avanti per
portarsi di
fianco a lui e fissò ferocemente il suo volto. "Non t'importa
neanche? Perchè non mi rispondi?! Perchè nessuno mi risponde?!"
E Shutaro
inaspettatamente si voltò verso di lei e chiese con curiosità, "Perchè
hai così bisogno che qualcuno ti risponda?"
Shinobu
sussultò, le guance le divennero rosse mentre fece un passo indietro,
chiuse gli occhi e scosse la testa. "Io...io non sapevo che tu
potevi..." balbettò, prima di riaprire gli occhi per vedere che Shutaro
era tornato a fissare il cielo, come se non le avesse mai
rivolto la parola. "Shutaro?" chiese, sentendo la disperazione
ritornarle agli occhi. "Shutaro, ti prego, Shutaro..." priva di
speranza, la frase le morì in gola. Shinobu si disperò, piangendo
mentre fissava in basso. "Ho solo immaginato che mi stesse
parlando...?" si chiese ad alta voce, singhiozzando piano.
Ma Shinobu
scosse la testa per l'ennesima volta e la alzò per guardare Shutaro.
"Shutaro, so che puoi sentirmi! Shutaro, rispondimi! Shutaro!" poi,
sollevò una mano per toccarlo e, sorprendentemente, Shinobu la sentì
premersi contro la spalla di Shutaro e spingerlo in avanti. Lei diede
un ansito, i suoi occhi lentamente si spalancarono mentre Shutaro voltò
la testa per guardarla, i suoi piedi inciamparono e presto cedettero
sotto di lui, chiara confusione gli si lesse negli occhi.
"Shi...Shinobu?"
domandò in terrorizzato shock mentre lentamente iniziò a cadere verso
il suolo che ora sembrava più lontano che mai.
Shinobu battè
incredula le sue palpebre umide, la paura le squarciò il cuore mentre
fissò Shutaro cadere, scivolando dal tetto verso il vuoto.
"Shu...Shutaro?" balbettò, incapace di respirare mentre lo guardava.
Scosse la testa, con lacrime che le sgorgarono dagli occhi e
alzò
una mano verso di lui, urlando, "Shutaro!" ma le sue dita non lo
raggiunsero mai e lui precipitò verso il suolo buio e crudele.
Shinobu
cadde in ginocchio, singhiozzando, mentre il tetto intorno a
lei
si trasformò in una bellissima vallata, il sole brillava splendente e
una gentile brezza primaverile permetteva ai fiori di fluttuare
nell'aria. Una piccola lapide si formò di fronte alle sue ginocchia, vi
si leggeva, "Shutaro Mendo, che possa riposare in pace..."
"L'ho...l'ho
ucciso?" si domandò ad alta voce Shinobu fissando la lapide, le lacrime
le colavano copiose giù dalle guance.
Una
mano confortevole si posò allora sulla sua spalla e Shinobu alzò lo
sguardo per vedere uno straniero in piedi dietro di lei, aveva rossi
capelli ricci e un'espressione cupa negli occhi.
Shinobu fissò
l'uomo con curiosità, non sapendo come reagire alla sua presenza, prima
di riportare lo sguardo sulla tomba di Shutaro Mendo e sul
resto
della bellissima vallata...
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