VIII.
“Avete bisogno di un passaggio?”
Improvvisamente il cielo si era oscurato sopra il mezzo
ormai defunto, e una voce potente e roca aveva riecheggiato nell’aria.
L’unica che ebbe abbastanza coraggio da aprire il finestrino
e mettere la testa fuori per vedere quale altra disgrazia li avesse colpiti fu
Betty che, vedendo l’enorme donnone che aveva parlato loro dall’alto, subito
rimpianse d’averlo fatto.
Riuscì comunque a mantenere abbastanza lucidità per
constatare cosa esattamente avesse oscurato il sole: un enorme
camion con rimorchio (color giallo fosforescente), caricato quasi nella
sua interezza di auto di vario genere.
Betty gettò un’occhiata all’abitacolo dal quale il donnone
era spuntato: campeggiava un enorme bandiera nera con tanto di teschio stampato
sopra.
Ma poi vide qualcuno che le ridiede un po’ di speranza.
“Mrs. Meade?”
Chiamata in causa, Claire si decise ad affacciarsi anche lei
dall’abitacolo con teschio.
“Oh, Betty! Finalmente vi abbiamo trovati. Stavo cominciando
seriamente a preoccuparmi…”
“Il pulmino si è fermato, ancora. Ma lei che ci fa
qui scusi?”
“Lo so, tecnicamente non faccio parte della squadra, ma
quando ho visto il vostro mezzo... Beh, ho chiamato la mia amica Shirley
e le ho chiesto se poteva accompagnarmi da voi. Ad ogni modo, sembra che anche
voi ora abbiate bisogno di un passaggio.”
A quel punto si affacciò anche Daniel, che subito esclamò
“Mamma! Che ci fai…quella chi è?”
“Come stavo dicendo a Betty, lei è la mia amica Shirley. Ha
da poco trovato un remunerativo posto di lavoro nel campo dei trasporti, e
fortuna ha voluto dovesse andare anche lei in Florida.”
“Vi siete conosciute in carcere?”
Le due donne annuirono. Daniel guardò meglio Shirley: alta,
enorme, imponente, aveva il viso in parte nascosto da una folta e
arruffata chioma rossiccia, e un ghigno un po’ inquietante sulle labbra.
“Insomma, alzate le vostre chiappette dorate e saltate su,”
tuonò la grande rossa. “Ho un carico di auto da consegnare a Miami entro sera.”
Betty e Daniel guardarono Claire come per chiederle se ci si
poteva fidare. Quella annuì sorridendo, poi aggiunse “Dite anche agli altri—”
“Davvero, stiamo esagerando adesso.”
Wilhelmina si era anche lei affacciata, seguita a ruota da
Amanda e Marc, e così commentava la scena che le si presentava davanti.
“Tranquilla Wilhelmina, se vuoi rimanere qua in mezzo al
nulla, non sarò di certo io ad impedirtelo.”
Willie alzò un sopracciglio “Non contarci” – lo sguardo si
faceva infuocato – “Lo sai, mi hai appena convinto a salire su quell’affare.”
Claire ridacchiò: non c’era niente di più efficace, per
convincerla, che servirle l’opportunità di tormentarla per qualche mezza
dozzina di ore.
***
“Come mai questo soprannome, Senza-zucchero?”
Ma in risposta Betty non ottenne da Shirley molto più di un
grugnito.
“Credo ti odi,” le rispose invece Marc. “Praticamente le hai
alitato sul collo.”
“Oh,” Betty cercò di mettere un po’ di spazio tra lei e la
rossa, ma con poco successo: era una delle conseguenze di viaggiare in otto in
uno spazio per tre.
“E’ perché è diabetica,” spiegò alla fine Claire. Nel
sentirlo, Amanda strinse con gioia il leccalecca che l’era riuscito di rubare
alla stazione di servizio dove si erano fermati: lo sguardo di fuoco lanciatole
da Shirley, allora, le aveva fatto temere che volesse picchiarla per
prenderselo lei.
Pochi secondi dopo, Wilhelmina diede una sonora gomitata a
Daniel, seduto accanto a lei.
“EHI! Si può sapere che ti è preso?” esclamò lui.
“Cosa è preso a me? Vogliamo parlare di cosa è preso alla
tua mano?”
“Ma di che parli?”
“Di quel peso morto che staziona da dieci minuti sulla mia coscia.”
“Uh-uh Danny,” ridacchiò Amanda. “Puntiamo in alto, ora.”
“Io... no, è solo che Marc mi sta addosso, e io sono finito un po’ troppo su di
lei. Dovevo poggiarla da qualche parte, questa mano!”
“Sì, sotto la mia gonna, sgualdrina”
“Ok,” intervenne Claire. “Direi che è ora di smetterla.
Daniel, rimetti le mani a posto, da bravo.”
Il giovane Meade incrociò le braccia, imbronciato. “Bene, ma
se tra cinque minuti anche Marc lamenta molestie, non prendetevela con me.”
“Oh, chi ti dice che me ne lamenterei?”
Daniel si voltò verso Marc, che aveva parlato, con uno
sguardo carico di inquietudine.
“Oh mio Dio!”
Un secondo dopo tutti si erano voltati verso Matt, che lo
aveva esclamato (praticamente urlato).
“Ok, so che probabilmente farete fatica a crederci ma..
ragazzi, credo siamo arrivati. Guardate laggiù,” e dicendolo, indicò un’enorme
costruzione alla loro sinistra. “Vi presento l’Istituto Federale di Correzione
di Tallahasse, Florida.”
Poco mancò che si commuovessero all’annuncio.
***
Così, dopo quaranta ore di viaggio (che chiamare infernali,
tremende, terrificanti e degne nemmeno del peggior essere di questo mondo era
poco), erano finalmente arrivati a destinazione. Mentalmente, ognuno di loro
cercava di elencare tutti i peccati commessi fino alla mattina precedente,
arrivando però sempre alla conclusione che qualunque divinità avesse deciso di
infliggere quella pena aveva calcato decisamente troppo la mano.
E fosse stato almeno per una bella spiaggia o un esclusivo
resort di Miami. No, quelle quaranta ore da incubo li avevano portati davanti a
quella serie di costruzione tozze e rettangolari, color rosso arrugginito,
circondate da ogni dove da muraglie e filo spinato.
Nonostante poi avessero incontrato bel tempo per
praticamente tutto il viaggio, si resero conto ben presto che nei dintorni
della prigione il cielo era completamente ricoperto da nubi grigie, gonfie,
pronte a scatenare l’ira di Dio contro quel luogo di dolore.
“Secondo voi pioverà?” chiese Betty.
“Visto quanto ci è stata benevole la sorte fin’ora… è
praticamente certo,” le rispose Daniel.
Il camion, intanto, si avvicinava lentamente al cancello
principale. Quando furono abbastanza vicini, una guardia a terra fece loro
cenno di fermarsi.
“Ehi voi!” urlò quella, una donnina piccola e minuta che
quasi scompariva dentro un’enorme mantella scura. “Non vorrete entrare con
quel’affare spero.”
“Siamo qui per la sfida contro ELLE,” le rispose Betty,
urlando anche lei a squarciagola. “Abbiamo i materiali qua sopra, e sta per
piovere... Rischierebbero di rovinarsi.”
“Non mi interessa, o scendete e raggiungete la prigione a piedi, o non vi
lascio passare.”
Shirley grugnì.
Dovettero comunque arrendersi all’evidenza. Presto tutti
scesero dal camion, e già Shirley, Daniel e Matt erano saliti sul rimorchio
tentando di raggiungere il mezzo e recuperare i materiali, quando – come
precedentemente previsto – le prime gocce di pioggia cominciarono a cadere.
Pochi secondi, e iniziò un vero e proprio diluvio.
Amanda scoppiò a ridere. “E vennero le acque a ripulire la
terra!”
***
“Come... come avete detto che si chiama questo posto?”
chiese Wilhelmina appena furono entrati, subito dopo aver fatto un profondissimo
respiro (talmente profondo, a dire il vero, che Marc aveva temuto per un attimo
di doverle prestare il suo inalatore per l’asma).
“Dollar General, il condottiero dei tuoi risparmi!”
rispose Betty, imitando la voce della mascotte all’ingresso.
“Betty,” Matt la guardò fisso negli occhi. “Ti prego, non farlo mai più.”
“Oh... ok.”
Intanto, Willie era ancora poggiata allo stipite della porta d’ingresso.
“Willie, tutto bene?” cercò di chiederle gentilmente Daniel.
“Non che non va bene, se mi costringete ad avanzare
ulteriormente qualcosa tra me e il negozio prenderà fuoco, e non vogliamo
sprecare ulteriore denaro in danni, vero?”
“Ah, ma smettila.” Con un gesto risoluto, Daniel l’afferrò
per un polso e la tirò dentro. “Non è il momento di fare i capricci.”
Pochi passi più avanti, però, Wilhelmina riuscì a
sciogliersi dalla presa.
“Non – osare – mai – più” sibilò, cominciando a
indietreggiare “Chiaro?”
Daniel la osservò un attimo. Poi le riafferrò il braccio e
riprese la via del corridoio dell’abbigliamento a basso costo.
“Daniel o Wilhelmina?”
Betty si voltò verso Marc che le aveva borbottato alle
spalle.
“Cosa?”
“Daniel riesce a farla arrivare almeno fino in fondo al
corridoio o Wilhelmina lo morde prima?”
“Dieci dollari sul morso prima che girino l’angolo,” Betty
tese la mano per ratificare la scommessa.
“Però, come siamo audaci. Quindici che non arriva nemmeno
all’angolo.”
“Affare fatto.”
Nel frattempo sopraggiunsero Amanda e Matt, già con le
braccia cariche di vestiti e cianfrusaglie varie.
“Abbiamo fatto man bassa in quei cestoni laggiù. Un dollaro
l’uno, ci crederesti?” esclamò giubilante Matt.
Marc tentò di dare un’occhiata a quanto i due avevano già
recuperato, non prima di aver strappato a Betty la sciarpa, per usarla come
difesa dal contatto diretto con quelle cose.
“E … Esattamente a cosa si suppone dovrebbero servire
questi... affari? Non abbiamo pensato nemmeno a un tema, o-”
“Piratesse dei mari del sud,” lo interruppe Amanda. Alzando
lo sguardo, Marc si accorse che un cappello nero a tre punte era finito sulla
sua testa.
Due secondi dopo entrava in iperventilazione anche lui.
“Togli... immediatamente… quell’affare…” dovette ricorrere
all’inalatore per proseguire, “dalla mia testa.”
“Uff, quante storie,” gli tolse il fastidioso accessorio,
“vediamo come sta a te!” …che finì a Matt.
“Uh, che carino!” finirono, poi, per civettare in coro con
Betty.
“Oh, ma per favor—”
“Dio!”
Un urlo, di nuovo, aveva squarciato l’aria. Betty, Amanda,
Marc e Matt portarono tutti istintivamente lo sguardo verso il corridoio
dell’abbigliamento.
“Stavolta sono praticamente sicura che abbia a che fare con
quei due...” cominciò Amanda.
“In effetti è la seconda volta che loro scompaiono, e noi
sentiamo strane cose...” continuò Betty.
“Cosa state cercando di insinuare voi due?” finì Marc.
“Noi?” le due si scambiarono un veloce sguardo d’intesa
“Noi? Niente.”
“Forse è meglio andare a cercarli...” interruppe Matt. “Non
scommettevate su un morso, prima?”
Gli altri annuirono e insieme si avviarono. Non molto dopo
si trovarono davanti Daniel, con la mano destra penzoloni e sanguinante.
Wilhelmina gli era dietro, a qualche passo di distanza, con la faccia
soddisfatta.
“Oh mio Dio, Daniel…” scoppiò subito Betty, “… dimmi, ti ha
morso prima o dopo che svoltaste l’angolo?”
“Non è molto grave, per— come scusa?” Daniel si era accorto
solo dopo del tono dell’interrogazione di Betty.
“Prima o dopo?” insistette Marc.
Rispose Wilhelmina “Prima. Lo avevo avvisato, voi
testimoni.” E si avviò con passo risoluto verso l’uscita.
“Sono quindici dollari, Burrito,” Marc tese una mano
verso Betty. “In contanti, prego.”
“Quando torniamo a New York…”
“Ok. Ma tengo la sciarpa come garanzia. Chanel...?
Però, guadagniamo bene…”
“Veramente quella gliel’ho regalata io.” Marc si voltò verso
Amanda che aveva parlato. “Betty, lo sai che se rimane il cartellino devi
restituirla?”
“L’ho pagata, poi…”
“Immaginavo. A proposito, mi raccomando, attenti a tutti i
cartellini. Le cose più costose vediamo di non farle pesare troppo sul budget…”
“Lasciate stare i cartellini,” Daniel tentava di riportare
l’attenzione su di sé. “Avevate scommesso su questo?” chiese, agitando
la mano ancora un po’ sanguinolenta.
“Scusaci Daniel, ma la tentazione era troppo forte…” rispose
soffocando una risata Betty.
Daniel però aveva voltato loro le spalle e si stava avviando
altrove.
“Ora dove vai?”
“A cercare dei cerotti, non voglio ritrovarmi Charlie
Brown anche sulla mano..”
***
“Da Charlie Brown a Paperino, complimenti Danny:
stiamo facendo progressi.”
Entravano intanto nel corpo principale della prigione,
completamente bagnati. Daniel si guardò la fasciatura a tema Disney, cercando
un modo per contrattaccare.
“Non ne avrei avuto bisogno se qualcuno non mi avesse
morso come una ragazzina di dodici anni…”
Un fulmine caduto poco lontano illuminò per un attimo il
viso della direttrice creativa: righe nere di mascara a partire dagli occhi e
un alone rosso intorno alle labbra, e uno sguardo che non annunciava nulla di
buono.
“Come hai detto, scusa?” sussurrò la donna, così vicina al
viso di Daniel che una goccia di mascara gli macchiò il colletto della camicia.
“E tieni lontano Paperino da me” aggiunse, spostando lo sguardo su
quella mano che repentina aveva raggiunto il suo fianco.
“Stavo solo cercando di tenerti, lontana, visto quello che
sei capace di fare...”
Ma proprio mentre un sorrisetto beffardo si materializzava
sul viso di Willie, la porta dietro di loro si aprì, colpendo violentemente una
spalla di Daniel.
“Oh, scusa Daniel,” disse Betty entrando. “Puoi aiutarmi con
questo?” aggiunse, indicando il sacco che si trascinava dietro.
“Certo, da’ qua,” rispose lui. “Però, è pesante...”
“Con il trucco dei cartellini Amanda è riuscita a portare
fuori da quel posto un sacco di scarpe..”
Daniel sorrise mentre trascinava il sacco e se stesso
lontano dalla porta e da Wilhelmina. A Betty, che gli stava accanto, non sfuggì
lo sguardo che si erano lanciati.
“Daniel, che cosa sta succedendo tra te e Wilhelmina?”
“Eh?”
“Voglio dire, avete vinto la gara di tango, e stamattina
siete scomparsi per Dio sa quanto tempo – senza contare quello strano urlo –
poi lei ti morde, e poco fa le tenevi una mano sul fianco. Da quando si lascia
toccare da te?”
“Betty, cosa stai cercando di insinuare?”
“Io? Assolutamente nulla, chiedevo soltanto…”
“Chiedevi uh…? Allora posso chiederti anche io
qualcosa, no? Che cosa sta succedendo tra te e Matt?”
Betty arrossì di colpo. “Perché me lo chiedi?
“Andiamo, non litigate più, siete tornati a parlare tra voi... prima, sul
camion, eravate seduti vicino, e quando ti sei addormentata ti ha lasciato
dormire sul suo petto.”
“Beh, solo perché ha smesso di insultarmi non vuol dire che
lui.. io, cioè tra noi..”
Daniel rise. “Ora è tutto chiaro...”
“Guarda chi c’è qui, il piccolo Meade e la sua burrosa
assistente.”
Davanti a loro era improvvisamente apparsa la squadra di
ELLE. A parlare era stata Robbie Myers, al centro del gruppo.
“E Wilhelmina?” continuò. “O la pioggia là fuori ha
finalmente sciolto la nostra Strega dell’Ovest?”
Proprio mentre veniva nominata, lei e gli altri raggiunsero
i due gruppi.
“Ciao Robbie, che piacere vederti. Dimmi, com’è stato il
viaggio? Dove avete posteggiato i muli?”
Le labbra della redattrice capo ad ELLE si contorsero in una
smorfia vagamente assimilabile a un sorrisetto. Accanto a lei Joe Zee sbuffò
seccato mentre, dall’altro lato, la sua assistente, Teri – il cui ciuffo dal
rosa shocking era passato al verde pisello – fissava Betty con occhietti
cattivi. Quando questa se ne rese conto, non perse l’occasione di prendersi una
piccola rivincita.
“Ciao Teri.”
“Oh Betsi, come va la vita?”
“Molto bene, grazie. Oh, a proposito, ti avevo già
presentato Amanda?” prese la Sommers per un braccio tirandola a sé. “La mia assistente?”
Gli occhi di Teri raggiunsero dimensioni ai limiti
dell’umano. Sbiancò di colpo, e perfino il ciuffo colorato sembrò perdere
brillantezza.
“Ass.. Assistente?”
“Sai, ora sono editor. E tu invece, cosa mi racconti? Servi
ancora caffè e rispondi al telefono?”
Amanda si accorse però che nel dare quest’ultima stoccata
Betty le aveva stretto un po’ troppo violentemente il braccio: povera Chimichanga,
non era abituata a rinfacciare i suoi successi.
“Bene,” le interruppe Claire. “Direi che è meglio per noi
andare a prepararci. A dopo, e che vinca il migliore.”
Subito, con passo svelto, il gruppo di Mode superò quello di
ELLE. Shirley, che ancora li seguiva trasportando il più grande dei sacchi,
congedò gli avversari con un altro dei suoi grugniti rabbiosi.
***
“Ed esattamente chi le ha scelte?”
Nel dirlo, le sopracciglia di Wilhelmina raggiunsero nuove e
inviolate vette.
“Fabia in persona,” le rispose Matt. “Beh dai.. hanno… stile
in qualche modo.”
Gli occhi di Wilhelmina lasciarono le modelle, ancora
in fondo al corridoio, e si portarono di scatto sull’Hartley. “Stai scherzando
vero?”
“Oh,” Matt deglutì. “Ehm, comunque volevo solo comunicarvi
che c’è stato un cambio di programma.”
In un attimo il gruppo fu su di lui, ognuno temendo il peggio.
Matt fu spaventato dall’improvviso accerchiamento. “Guardate
che è una bella notizia.”
“Parla,” gli ordinarono in coro.
“Non dovremmo organizzare più un photoshoot, ma una sfilata
– in modo che Fabia e il suo entourage possano proclamare già oggi il
vincitore. Possiamo comunque fare delle foto per un nostro servizio, e il
fotografo ce lo offrono loro.”
“Ottimo, anche perché non abbiamo nemmeno una macchina
fotografica,” commentò Wilhelmina.
Stavolta tutti guardarono lei. “Beh, siamo stati così
occupati col pulmino, il cibo e i materiali che ce la siamo dimenticata. Suvvia
gente, sembra che il karma abbia deciso di cominciare a ricompensarci.”
“Willie.” Timidamente, Marc le si avvicinò e poi indicò in
fondo al corridoio, “le hai già dimenticate?”
“Dio Marc, sei riuscito a rovinare il mio primo momento di
sollievo da quando dall’inizio di questa isteria collettiva.”
Allora le modelle cominciarono ad avvicinarsi,
scortate dalla stessa piccola guardia che li aveva accolti al loro arrivo.
“Gente, queste sono le vostre ragazze. Da sinistra, Bunny,
Amy, Rea, Morea, e Marta”
Sentendo i nomi, Amanda s’illuminò in volto. “Oh Mio Dio,
sono le Guerriere Sailor!”
“Oh Mio Dio, è vero!” squillò subito dopo anche Marc.
Bunny, un enorme donnone con due lunghe code bionde
che scendevano sulle spalle, avanzò di qualche passo.
“Chi dovremmo essere scusa?”
Amanda corse da lei e prese in mano le bionde trecce. “Le
Guerriere Sailor! Guarda, tu hai anche i codini come Sailor Moon!”
Bunny le afferrò violentemente i polsi, costringendola a
sciogliere la presa sui suoi capelli.
“Non – toccare – mai – più – i – miei - capelli.”
Amanda, terrorizzata, corse da Marc. Bunny invece, non
appena la piccola Sommers fu lontana, stranamente sorrise.
“Allora, quando si comincia?”
Prima di rispondere, Daniel si fermò un attimo a osservare
anche le altre Sailor.
A fianco di Bunny stava Amy, una giovane di poco più di
vent’anni, alta, snella, con corti capelli corvini e lineamenti dolci. Non
fosse stato per lo sguardo assolutamente inquietante, e la consapevolezza –
arrivata più tardi – che era dentro per aver ucciso ad accettate tre persone,
si sarebbe potuta dire quasi bella.
Rea invece, al centro del gruppo, era stata probabilmente
anche lei in giovinezza una bella ragazza, ma il suo viso ora era deturpato da
una lunga cicatrice che le attraversava il viso dalla fronte al mento. (Dentro
per traffico d’armi).
Morea aveva braccia, collo e petto ricoperte di tatuaggi,
tra i quali svettava un grande teschio nero sulla spalla destra, scoperta
perché le maniche della tuta d’ordinanza erano state strappate via. (Ladra di
automobili).
Marta infine sfoggiava una lunga e fluente chioma biondo
tinto che risaltava sulla carnagione ambrata. Aveva labbra rosse carminio, e
gli occhi neri evidenziati da grandi ciglia. (Gestiva un bordello).
Daniel accennò un sorriso. “Prego signore, seguitemi.”
***
Due ore, trentaquattro cambi d’abito, quindici sedute di
trucco, ottantaquattro prove di camminata sui tacchi (e sedici tacchi rotti), e
venti minacce di morte e/o mutilazioni permanenti dopo, la squadra di Mode
poteva dire di avere pronta la sua sfilata.
“Allora ragazze, è tutto chiaro?” chiese Claire.
Rea si sistemò il grande cappello nero che l’era stato dato
sulla fronte. “Puoi contarci capo, saremo le più forti piratesse dei sette
mari!”
Tutti sorrisero – e pensare che solo mezz’ora prima, cadendo
per l’ennesima volta, aveva minacciato Betty con un tacco 12!
“Gente, è ora!” gridò Marc, di ritorno dalla ribalta.
Daniel fece un profondo respiro, poi si rivolse a Marta.
“Vai, tocca a te!” e prendendola per mano l’accompagnò fino
all’uscita sulla passerella. “Matt, che parta la musica!”
Le note di una delle più classiche canzone d’ambiente
piratesco (arrangiata però in chiave pop/rap) invasero gli ambienti
dell’Istituto Federale.
Quindici
uomini, quindici uomini, sulla cassa del morto!
Quindici
uomini, quindici uomini, sulla cassa del morto!
E una bottiglia di RUM.
Marta, orgogliosa, prese la via della passerella. Ancheggiando
voluttuosa ne raggiunse il termine, dove fece bene in modo di far risaltare
ancora di più il prosperoso seno, già ben sponsorizzato dalla camicetta
ricamata che indossava.
“Hoy-oh!”
E giusto di
fronte alla giuria (Fabia, il suo cagnolino, e una decina di ragazzetti e
ragazzette vestiti di nero) agitò a ritmo di musica la lunga gonna nera,
ripetendo ancora “Hoy-oh!”
Ridendo, e
ancheggiando ancora, ritornò poi al punto di partenza.
“Non è stato
troppo?” sussurrò Betty a Daniel.
“No, secondo
me li ha conquistati,” sussurrò Matt, che era comparso alle loro spalle.
“Quanta sensualità... non pensavo sapete, e inve—”
“E invece? Non
stavi allo stereo tu?” gli rispose secca Betty. Matt non poté far altro che
annuire e tornare al suo posto, accompagnato dalle risate di Daniel.
Dopo di lei
uscirono Morea e Rea. Andò poi Amy a cui, sebbene fosse la più somigliante a
una modella tra le Sailor, non spettò tuttavia il gran finale.
“Siamo sicuri
che sia una buona idea?”
Per la prima
volta in decenni di carriera Wilhelmina si sentì la fronte bagnata dal sudore.
Sudava freddo, terrorizzata. Non l’avevano impaurita i continui
incidenti col pulmino, gli equivoci personaggi che si erano trovati davanti o
il fatto che quell’argentino aveva rischiato di uccidere metà dello staff. Non
la impaurivano quelle energumene che avevano dovuto spacciare da modelle. La
terrorizzava l’idea di perdere quell’opportunità, di far scivolare via Mode e la Meade sempre di più tra le mani degli Hartley, di quegli estranei.
Daniel le si
avvicinò. “Non posso dartene la certezza, ma sì, credo sia una buona idea.”
“E cosa te lo
fa credere esattamente? I suoi bicipiti pompati o i polpacci da wrestler?”
“Proprio
quelli.”
“Stai
scherzando, vero? Dimmi che stai scherzando.”
“No, assolutamente.
La sfida sta nel rendere modelle queste donne, no? E noi l’abbiamo fatto –
guarda che belle!” (qui Wilhelmina si sentì di dissentire, ma tacque) “Mi rendo
conto che Bunny non è la più avvenente tra le ragazze, ma facendola
sfilare per ultima dimostreremo di aver preso sul serio la consegna: rendere
modella qualcuno di norma lontanissimo da quel mondo.”
Daniel si
accorse solo alla fine di aver parlato in modo forse un po’ troppo accalorato.
Wilhelmina lo guardava più scoraggiata di prima, gli altri si erano voltati
verso di lui nemmeno si fosse messo a cantare in tibetano.
“Chi te l’ha
data questa geniale idea, ad ogni modo?” chiese infine la Slater.
“Oh, Betty. Le
è venuto in mente ripensando alla sfilata per modelle in carne di due
anni fa, durante la fashion week. Fu un grande successo, se ricordi.”
“Se lo dice
Betty…”
Il capo
redattore sorrise “Credo di avertelo giù detto… vuoi fidarti di me?”
Wilhelmina
sospirò, buttando la testa all’indietro.
“Tanto
ormai…!”
Meno di un
minuto dopo, Bunny salì sulla passerella.
“E che la Luna sia con te!” le augurò Amanda mentre quella saliva.
Lassù, Bunny
non si mosse subito. Tentennava, temendo che gli stivaletti con tacco che le
avevano dato potessero cedere da un momento all’altro. Si sistemò il gilet
ricamato, il grosso cappello da capitano dei pirati. Prese un bel respiro,
guardò decisa davanti a sé, cercando di trovare lo sguardo dei giudici.
Non lo avrebbe
mai ammesso, ma non era mai stata più orgogliosa di qualcosa in tutta la sua
vita.
***
I was perched outside in the pouring
rain
Trying to make myself a sail
Then I’ll float to you my darlin’
With the evening on my tail
Although not the most honest means of travel
It gets me there nonetheless
I’m a heartless man at worst, babe
And a helpless one at best
Dopo la gara,
Morea si era offerta di dare un’occhiata al pulmino, così scortata da Francis
(la guardia piccoletta di cui sopra) si era data da fare per una buona
mezzoretta sul mezzo e alla fine, tra la meraviglia e l’entusiasmo
generale, era riuscita a farlo ripartire.
Con quello, in
teoria, avrebbero dovuto raggiungere l’aeroporto di Tallahasse, dove avrebbero
preso il volo delle ventuno e trenta per New York, in posti prenotati e pagati
dalla Fabia Cosmetics.
Ma Marc,
decisamente ormai troppo stanco per guidare, a un bivio aveva sbagliato strada,
e così si erano ritrovati sulla costa. Era ormai quasi sera, quasi l’ora del
tramonto, che da quelle parti dicevano fosse bellissimo da osservare dalla
spiaggia. Naturalmente il temporale che ancora imperversava sulla Florida
settentrionale quel giorno impediva ogni osservazione, ma avevano deciso lo
stesso di fare una sosta in riva al mare.
Erano rimasti
di nuovo in sei, dopo che Claire e Shirley li avevano salutati con il loro
potente automezzo per proseguire verso Miami, dove la Senza-Zucchero, consegnato il suo carico, voleva passare un weekend di relax con la
più altolocata amica (che con questa promessa ripagava del passaggio).
Marc cercò di
parcheggiare il mezzo tra le dune di sappia al meglio che potesse. Aveva
temuto ritorsioni e rimproveri quando si erano dapprima accorti del suo errore,
ma erano tutti talmente stanchi da non avere le forze di riprenderlo.
Non appena
furono fermi, Amanda subito scese dal pulmino, nonostante la pioggia battente
che ancora imperversava fuori. Marc ci mise qualche instante per capire cosa
avesse intenzione di fare, ma poi, quando si accorse che si era già tolta le
scarpe, e aveva cominciato a sbottonarsi la camicetta, aprì il finestrino di
scatto.
“Cosa sta
succedendo? Che vuoi fare?”
“Come, non è
chiaro?” gli rispose l’amica, sfilandosi finalmente la camicia “vado a fare un
bagno. Venite anche voi!”
“Ma sei pazza?
Piove!”
“Appunto! E’
bellissimo fare il bagno sotto la pioggia... su dai, cos’hai, paura di
bagnarti?” rise, sfilandosi la gonna e gettando tutte le sue cose dentro il
pulmino “Io vado!”
E senza
aspettare ulteriori risposte da parte di Marc corse verso l’acqua.
Darling I’ll bathe your skin
I’ll even wash your clothes
Just give me some candy, before I go
Oh, darling I’ll kiss your eyes
And lay you down on your rug
Just give me some candy
After my heart
“Però non ha tutti i torti.”
Marc si voltò verso Daniel, che aveva parlato.
“Stai scherzando?” gli rispose.
“No, assolutamente. Anzi, ora vado anche io.”
Stava già scendendo dal pulmino, quando si rivolse al resto
del gruppo “Tutti sicuri di non volersi unire?”
Inaspettatamente, Matt rispose all’appello “Io ci sto.”
Scese anche lui, e mentre entrambi si liberavano di scarpe e
camicie cercò a sua volta di convincere i rimanenti.
“Dai, è divertente! E non ditemi che non volete bagnare i
vestiti, si sono già inzuppati una volta oggi... quindi oramai...” ma
s’interruppe, avendo deciso di passare ad una persuasione più attiva. Afferrò
Betty e la tirò verso di sé, fuori. “Andiamo!”
La giovane non se lo fece ripetere ancora. Aveva ragione lui
dopotutto, cosa avevano ancora da perdere? Cominciò a svestirsi anche lei,
mentre Amanda tornava verso il pulmino.
“Muovetevi, l’acqua è calda. E’ bellissimo.”
“Stiamo arrivando, un secondo,” le rispose Daniel.
“Su! E te? Dai, vieni anche te!”
Si era rivolta a Marc, trincerato al suo posto di guida. Non
per molto ancora comunque, perché anche Amanda senza troppi complimenti aveva
aperto e lo aveva tirato fuori.
“Mandy... non è il caso…”
Amanda non ascoltava scuse. Gli aveva già messo le mani
addosso, determinata a ottenere quello che voleva, quando Marc, scossa la
testa, si arrese anche lui. Fece appena in tempo a mettere in salvo le sue
scarpe di Gucci e la cravatta di Marc Jacobs, poiché Amanda lo aveva subito
preso per mano e trascinato verso le onde.
“E voi altri sbrigatevi!” urlò, ancora correndo.
Matt e Betty furono subito dietro di loro. Daniel
inizialmente fece per seguirli, ma cambiò quasi subito idea. Non
poteva di certo lasciarla lì…
Oh I’m often false explaining
But to her it plays out all the same
and although I’m left defeated
It get’s held against my name
I know you got plenty to offer baby
But I guess I’ve taken quite enough
Well I’m some stain there on your bedsheet
You’re my diamond in the rough
“Non vorrai restartene lì tutta sola spero.”
Wilhelmina inizialmente fece finta di non ascoltarlo. Da
quando tutto il teatrino dei tuffi era cominciato, lei se n’era restata
silenziosa nel suo angolo, continuando ad osservare la pioggia fuori (e se per
questo, era quanto aveva fatto anche per tutto il tragitto precedente).
Daniel rientrò nel pulmino, tornò a sedersi accanto a
Wilhelmina (anche se ora era scalzo, a petto nudo e già del tutto bagnato).
Wilhelmina inizialmente tentò di scansarsi, rinunciando però quasi subito al
proposito.
“Ancora giù di morale?”
“Beh, presumo sia normale.” Finalmente Wilhelmina lo degnò
del suo sguardo. “Non so se ti rendi conto dell’opportunità che abbiamo perso. Abbiamo
perso. Ti rendi conto sì o no delle conseguenze?”
“Me ne rendo conto. Ma starsene qua rintanati non aiuterà di
certo a migliorare la situazione.”
“Aiuta a migliorarla buttarsi a mare come dei ragazzini?”
sbottò lei. “Cosa credi, che giocare al campeggio possa farmi sentire meglio?”
Poche altre volte Daniel le aveva visto uno sguardo del
genere. Nel momento in cui se ne rese conto, volle anche tentare di
allontanarlo per qualche ora almeno.
Le tese una mano.
“Non lo so se servirà a qualcosa, ma tanto vale provare no?
Dopotutto, è solo un bagno…”
Willie chiuse gli occhi per un secondo. Riaprendoli, decise
ancora una volta di fidarsi di lui.
Darling I’ll bathe your skin
I’ll even wash your clothes
Just give me some candy
before I go
Oh, darling I’ll kiss your eyes
And lay you down on your rug
Just give me some candy
After my heart
Alla fine si erano ritrovati tutti e sei in acqua, con la pioggia
che cadeva ancora copiosa su di loro. Ma d’altronde,
come aveva giustamente notato Amanda all’inizio, ormai non era più una
questione di bagnato…
In un momento si erano ritrovati a schizzarsi, a inseguirsi,
a nascondere la testa dell’altro sott’acqua. Perfino Wilhelmina (che
inizialmente si era limitata a starsene quieta sul bagnasciuga) iniziato con
uno spruzzo d’acqua a Daniel in risposta ad uno ricevuto, aveva finito col
partecipare attivamente alla battaglia acquatica. Quando scoppiò in una
fragorosa risata, Daniel non poté trattenersi dal dirle: “E’ la seconda volta
che riesco a farti ridere in due giorni. Vincerò qualcosa?”
E improvvisamente smise di piovere.
Amanda sorrise, alzando gli occhi al cielo.
“Magari è questa la tua ricompensa.”
I know that there´re writings on the
wall
But Darling I’ll bathe your skin
I’ll even wash your clothes
Just give me some candy
After my heart
Oh I’ll be there waiting for you…
Avevano steso qualche coperta sulla sabbia, vi si erano seduti
sopra, si erano avvolti in altre coperte. (Grazie a Dio Lily era stata
previdente con quelle).
Amanda si strinse a Marc, vicino al quale si era seduta.
Poggiò la testa sul suo petto, e chiuse gli occhi.
“Quando parti?” chiese.
Lui la guardò sorpresa. Non si aspettava avrebbe trattato
ancora l’argomento.
“Voglio organizzarti una grande festa,” riprese la ragazza.
“Non vorrai andartene in silenzio... non ti si addice.”
“Mandy…”
Le alzò leggermente la testa, così da poterla baciare sulla
fronte.
“Mandy, non c’è bisogno di nessuna festa. Non partirò.”
Amanda aprì di colpo gli occhi, guardò in quelli dell’amico
per qualche secondo, e poi si riposò sul suo petto, sorridendo.
Oh I’ll be there waiting for you…
Accanto a loro stavano Betty e Matt. Silenziosi, da quando
si erano seduti non avevano avuto il coraggio di guardarsi in viso.
“Betty?” si fece coraggio Matt
“Cosa c’è?” chiese lei, guardando ancora il mare.
“Oh… niente” rispose lui.
Ma poi le strinse una mano.
“E se ci riprovassimo?”
Oh I’ll be there waiting for you…
“Allora, come va ora?” chiese Daniel.
“Non pensavo l’avrei detto ma... un po’ meglio, grazie,”
rispose Wilhelmina.
“Per quello che vale comunque, ti prometto che farò tutto
quello che mi sarà possibile per salvare Mode. Non sei l’unica a cui sta a
cuore, sai?”
Wilhelmina sorrise. “Lo so.”
“Oh, bene. Sai, questo è una gran cosa, abbiamo qualcosa in
comune…”
“Shhhh,” lo interruppe lei, e a sorpresa si alzò.
Gli tese la mano. “Ti va un altro tuffo?”
Daniel annuì, afferrando la mano, e tornarono in acqua, insieme.
Oh I’ll be there waiting for you…