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Autore: Nanyscia    06/02/2010    2 recensioni
Mode contro ELLE: una vecchia storia. Ma questa volta non basterà un abito o qualche tiro a softball per batterli.. molto più utili saranno un vecchio pulmino stile hippy, un vassoio di hamburger super plus e un gruppo di galeotte selvaggie. Ma se si mettono di mezzo questioni di cuore? [SPOILER alla fine della stagione 3!]
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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VIII

VIII.

 

“Avete bisogno di un passaggio?”

 

Improvvisamente il cielo si era oscurato sopra il mezzo ormai defunto, e una voce potente e roca aveva riecheggiato nell’aria.

 

L’unica che ebbe abbastanza coraggio da aprire il finestrino e mettere la testa fuori per vedere quale altra disgrazia li avesse colpiti fu Betty che, vedendo l’enorme donnone che aveva parlato loro dall’alto, subito rimpianse d’averlo fatto.

 

Riuscì comunque a mantenere abbastanza lucidità per constatare cosa esattamente avesse oscurato il sole: un enorme camion con rimorchio (color giallo fosforescente), caricato quasi nella sua interezza di auto di vario genere.

 

Betty gettò un’occhiata all’abitacolo dal quale il donnone era spuntato: campeggiava un enorme bandiera nera con tanto di teschio stampato sopra.

 

Ma poi vide qualcuno che le ridiede un po’ di speranza.

 

“Mrs. Meade?”

 

Chiamata in causa, Claire si decise ad affacciarsi anche lei dall’abitacolo con teschio.

 

“Oh, Betty! Finalmente vi abbiamo trovati. Stavo cominciando seriamente a preoccuparmi…”

 

“Il pulmino si è fermato, ancora. Ma lei che ci fa qui scusi?”

 

“Lo so, tecnicamente non faccio parte della squadra, ma quando ho visto il vostro mezzo... Beh, ho chiamato la mia amica Shirley e le ho chiesto se poteva accompagnarmi da voi. Ad ogni modo, sembra che anche voi ora abbiate bisogno di un passaggio.”

 

A quel punto si affacciò anche Daniel, che subito esclamò “Mamma! Che ci fai…quella chi è?”

 

“Come stavo dicendo a Betty, lei è la mia amica Shirley. Ha da poco trovato un remunerativo posto di lavoro nel campo dei trasporti, e fortuna ha voluto dovesse andare anche lei in Florida.”

 

“Vi siete conosciute in carcere?”

 

Le due donne annuirono. Daniel guardò meglio Shirley: alta, enorme, imponente, aveva il viso in parte nascosto da una folta e arruffata chioma rossiccia, e un ghigno un po’ inquietante sulle labbra.

 

“Insomma, alzate le vostre chiappette dorate e saltate su,” tuonò la grande rossa. “Ho un carico di auto da consegnare a Miami entro sera.”

 

Betty e Daniel guardarono Claire come per chiederle se ci si poteva fidare. Quella annuì sorridendo, poi aggiunse “Dite anche agli altri

 

“Davvero, stiamo esagerando adesso.”

 

Wilhelmina si era anche lei affacciata, seguita a ruota da Amanda e Marc, e così commentava la scena che le si presentava davanti.

 

“Tranquilla Wilhelmina, se vuoi rimanere qua in mezzo al nulla, non sarò di certo io ad impedirtelo.”

 

Willie alzò un sopracciglio “Non contarci” – lo sguardo si faceva infuocato – “Lo sai, mi hai appena convinto a salire su quell’affare.”

 

Claire ridacchiò: non c’era niente di più efficace, per convincerla, che servirle l’opportunità di tormentarla per qualche mezza dozzina di ore.

***

“Come mai questo soprannome, Senza-zucchero­?”

 

Ma in risposta Betty non ottenne da Shirley molto più di un grugnito.

 

“Credo ti odi,” le rispose invece Marc. “Praticamente le hai alitato sul collo.”

 

“Oh,” Betty cercò di mettere un po’ di spazio tra lei e la rossa, ma con poco successo: era una delle conseguenze di viaggiare in otto in uno spazio per tre.

 

“E’ perché è diabetica,” spiegò alla fine Claire. Nel sentirlo, Amanda strinse con gioia il leccalecca che l’era riuscito di rubare alla stazione di servizio dove si erano fermati: lo sguardo di fuoco lanciatole da Shirley, allora, le aveva fatto temere che volesse picchiarla per prenderselo lei.

 

Pochi secondi dopo, Wilhelmina diede una sonora gomitata a Daniel, seduto accanto a lei.


“EHI! Si può sapere che ti è preso?” esclamò lui.

 

“Cosa è preso a me? Vogliamo parlare di cosa è preso alla tua mano?”

 

“Ma di che parli?”


“Di quel peso morto che staziona da dieci minuti sulla mia coscia.”

 

“Uh-uh Danny,” ridacchiò Amanda. “Puntiamo in alto, ora.”


“Io... no, è solo che Marc mi sta addosso, e io sono finito un po’ troppo su di lei. Dovevo poggiarla da qualche parte, questa mano!”

 

“Sì, sotto la mia gonna, sgualdrina

 

“Ok,” intervenne Claire. “Direi che è ora di smetterla. Daniel, rimetti le mani a posto, da bravo.”

 

Il giovane Meade incrociò le braccia, imbronciato. “Bene, ma se tra cinque minuti anche Marc lamenta molestie, non prendetevela con me.”

 

“Oh, chi ti dice che me ne lamenterei?”

 

Daniel si voltò verso Marc, che aveva parlato, con uno sguardo carico di inquietudine.

 

“Oh mio Dio!”

 

Un secondo dopo tutti si erano voltati verso Matt, che lo aveva esclamato (praticamente urlato).

 

“Ok, so che probabilmente farete fatica a crederci ma.. ragazzi, credo siamo arrivati. Guardate laggiù,” e dicendolo, indicò un’enorme costruzione alla loro sinistra. “Vi presento l’Istituto Federale di Correzione di Tallahasse, Florida.”

 

Poco mancò che si commuovessero all’annuncio.

 

***

Così, dopo quaranta ore di viaggio (che chiamare infernali, tremende, terrificanti e degne nemmeno del peggior essere di questo mondo era poco), erano finalmente arrivati a destinazione. Mentalmente, ognuno di loro cercava di elencare tutti i peccati commessi fino alla mattina precedente, arrivando però sempre alla conclusione che qualunque divinità avesse deciso di infliggere quella pena aveva calcato decisamente troppo la mano.

 

E fosse stato almeno per una bella spiaggia o un esclusivo resort di Miami. No, quelle quaranta ore da incubo li avevano portati davanti a quella serie di costruzione tozze e rettangolari, color rosso arrugginito, circondate da ogni dove da muraglie e filo spinato.

 

Nonostante poi avessero incontrato bel tempo per praticamente tutto il viaggio, si resero conto ben presto che nei dintorni della prigione il cielo era completamente ricoperto da nubi grigie, gonfie, pronte a scatenare l’ira di Dio contro quel luogo di dolore.

 

“Secondo voi pioverà?” chiese Betty.

 

“Visto quanto ci è stata benevole la sorte fin’ora… è praticamente certo,” le rispose Daniel.

 

Il camion, intanto, si avvicinava lentamente al cancello principale. Quando furono abbastanza vicini, una guardia a terra fece loro cenno di fermarsi.

 

“Ehi voi!” urlò quella, una donnina piccola e minuta che quasi scompariva dentro un’enorme mantella scura. “Non vorrete entrare con quel’affare spero.”

 

“Siamo qui per la sfida contro ELLE,” le rispose Betty, urlando anche lei a squarciagola. “Abbiamo i materiali qua sopra, e sta per piovere... Rischierebbero di rovinarsi.”


“Non mi interessa, o scendete e raggiungete la prigione a piedi, o non vi lascio passare.”

 

Shirley grugnì.

 

Dovettero comunque arrendersi all’evidenza. Presto tutti scesero dal camion, e già Shirley, Daniel e Matt erano saliti sul rimorchio tentando di raggiungere il mezzo e recuperare i materiali, quando – come precedentemente previsto – le prime gocce di pioggia cominciarono a cadere.

 

Pochi secondi, e iniziò un vero e proprio diluvio.

 

Amanda scoppiò a ridere. “E vennero le acque a ripulire la terra!”

 

***

 

“Come... come avete detto che si chiama questo posto?” chiese Wilhelmina appena furono entrati, subito dopo aver fatto un profondissimo respiro (talmente profondo, a dire il vero, che Marc aveva temuto per un attimo di doverle prestare il suo inalatore per l’asma).

 

Dollar General, il condottiero dei tuoi risparmi!” rispose Betty, imitando la voce della mascotte all’ingresso.


“Betty,” Matt la guardò fisso negli occhi. “Ti prego, non farlo mai più.”

 

“Oh... ok.”

Intanto, Willie era ancora poggiata allo stipite della porta d’ingresso.

 

“Willie, tutto bene?” cercò di chiederle gentilmente Daniel.

 

“Non che non va bene, se mi costringete ad avanzare ulteriormente qualcosa tra me e il negozio prenderà fuoco, e non vogliamo sprecare ulteriore denaro in danni, vero?”

 

“Ah, ma smettila.” Con un gesto risoluto, Daniel l’afferrò per un polso e la tirò dentro. “Non è il momento di fare i capricci.”

 

Pochi passi più avanti, però, Wilhelmina riuscì a sciogliersi dalla presa.

 

“Non – osare – mai – più” sibilò, cominciando a indietreggiare “Chiaro?”

 

Daniel la osservò un attimo. Poi le riafferrò il braccio e riprese la via del corridoio dell’abbigliamento a basso costo.

 

“Daniel o Wilhelmina?”

 

Betty si voltò verso Marc che le aveva borbottato alle spalle.

 

“Cosa?”

 

“Daniel riesce a farla arrivare almeno fino in fondo al corridoio o Wilhelmina lo morde prima?”

 

“Dieci dollari sul morso prima che girino l’angolo,” Betty tese la mano per ratificare la scommessa.

 

“Però, come siamo audaci. Quindici che non arriva nemmeno all’angolo.”

 

“Affare fatto.”

 

Nel frattempo sopraggiunsero Amanda e Matt, già con le braccia cariche di vestiti e cianfrusaglie varie.

 

“Abbiamo fatto man bassa in quei cestoni laggiù. Un dollaro l’uno, ci crederesti?” esclamò giubilante Matt.

 

Marc tentò di dare un’occhiata a quanto i due avevano già recuperato, non prima di aver strappato a Betty la sciarpa, per usarla come difesa dal contatto diretto con quelle cose.

 

“E … Esattamente a cosa si suppone dovrebbero servire questi... affari? Non abbiamo pensato nemmeno a un tema, o-”

 

“Piratesse dei mari del sud,” lo interruppe Amanda. Alzando lo sguardo, Marc si accorse che un cappello nero a tre punte era finito sulla sua testa.

 

Due secondi dopo entrava in iperventilazione anche lui.

 

“Togli... immediatamente… quell’affare…” dovette ricorrere all’inalatore per proseguire, “dalla mia testa.”

 

“Uff, quante storie,” gli tolse il fastidioso accessorio, “vediamo come sta a te!”  …che finì a Matt.

 

“Uh, che carino!” finirono, poi, per civettare in coro con Betty.

 

“Oh, ma per favor—”

 

“Dio!”

 

Un urlo, di nuovo, aveva squarciato l’aria. Betty, Amanda, Marc e Matt portarono tutti istintivamente lo sguardo verso il corridoio dell’abbigliamento.

 

“Stavolta sono praticamente sicura che abbia a che fare con quei due...” cominciò Amanda.

 

“In effetti è la seconda volta che loro scompaiono, e noi sentiamo strane cose...” continuò Betty.

 

“Cosa state cercando di insinuare voi due?” finì Marc.

 

“Noi?” le due si scambiarono un veloce sguardo d’intesa “Noi? Niente.”

 

“Forse è meglio andare a cercarli...” interruppe Matt. “Non scommettevate su un morso, prima?”

 

Gli altri annuirono e insieme si avviarono. Non molto dopo si trovarono davanti Daniel, con la mano destra penzoloni e sanguinante. Wilhelmina gli era dietro, a qualche passo di distanza, con la faccia soddisfatta.

 

“Oh mio Dio, Daniel…” scoppiò subito Betty, “… dimmi, ti ha morso prima o dopo che svoltaste l’angolo?”

 

“Non è molto grave, per— come scusa?” Daniel si era accorto solo dopo del tono dell’interrogazione di Betty.

 

“Prima o dopo?” insistette Marc.

 

Rispose Wilhelmina “Prima. Lo avevo avvisato, voi testimoni.” E si avviò con passo risoluto verso l’uscita.

 

“Sono quindici dollari, Burrito,” Marc tese una mano verso Betty. “In contanti, prego.”

 

“Quando torniamo a New York…”

 

“Ok. Ma tengo la sciarpa come garanzia. Chanel...? Però, guadagniamo bene…”

 

“Veramente quella gliel’ho regalata io.” Marc si voltò verso Amanda che aveva parlato. “Betty, lo sai che se rimane il cartellino devi restituirla?”

 

“L’ho pagata, poi…”

 

“Immaginavo.  A proposito, mi raccomando, attenti a tutti i cartellini. Le cose più costose vediamo di non farle pesare troppo sul budget…”

 

“Lasciate stare i cartellini,” Daniel tentava di riportare l’attenzione su di sé. “Avevate scommesso su questo?” chiese, agitando la mano ancora un po’ sanguinolenta.

 

“Scusaci Daniel, ma la tentazione era troppo forte…” rispose soffocando una risata Betty.

 

Daniel però aveva voltato loro le spalle e si stava avviando altrove.

 

“Ora dove vai?”

 

“A cercare dei cerotti, non voglio ritrovarmi Charlie Brown anche sulla mano..”

 

***

 

“Da Charlie Brown a Paperino, complimenti Danny: stiamo facendo progressi.”

 

Entravano intanto nel corpo principale della prigione, completamente bagnati. Daniel si guardò la fasciatura a tema Disney, cercando un modo per contrattaccare.

 

“Non ne avrei avuto bisogno se qualcuno non mi avesse morso come una ragazzina di dodici anni…”

 

Un fulmine caduto poco lontano illuminò per un attimo il viso della direttrice creativa: righe nere di mascara a partire dagli occhi e un alone rosso intorno alle labbra, e uno sguardo che non annunciava nulla di buono.

 

“Come hai detto, scusa?” sussurrò la donna, così vicina al viso di Daniel che una goccia di mascara gli macchiò il colletto della camicia. “E tieni lontano Paperino da me” aggiunse, spostando lo sguardo su quella mano che repentina aveva raggiunto il suo fianco.

 

“Stavo solo cercando di tenerti, lontana, visto quello che sei capace di fare...”

 

Ma proprio mentre un sorrisetto beffardo si materializzava sul viso di Willie, la porta dietro di loro si aprì, colpendo violentemente una spalla di Daniel.

 

“Oh, scusa Daniel,” disse Betty entrando. “Puoi aiutarmi con questo?” aggiunse, indicando il sacco che si trascinava dietro.

 

“Certo, da’ qua,” rispose lui. “Però, è pesante...”

 

“Con il trucco dei cartellini Amanda è riuscita a portare fuori da quel posto un sacco di scarpe..”

 

Daniel sorrise mentre trascinava il sacco e se stesso lontano dalla porta e da Wilhelmina. A Betty, che gli stava accanto, non sfuggì lo sguardo che si erano lanciati.

 

“Daniel, che cosa sta succedendo tra te e Wilhelmina?”

 

“Eh?”

 

“Voglio dire, avete vinto la gara di tango, e stamattina siete scomparsi per Dio sa quanto tempo – senza contare quello strano urlo – poi lei ti morde, e poco fa le tenevi una mano sul fianco. Da quando si lascia toccare da te?”

 

“Betty, cosa stai cercando di insinuare?”

 

“Io? Assolutamente nulla, chiedevo soltanto…”

 

Chiedevi uh…? Allora posso chiederti anche io qualcosa, no? Che cosa sta succedendo tra te e Matt?”

 

Betty arrossì di colpo. “Perché me lo chiedi? 


“Andiamo, non litigate più, siete tornati a parlare tra voi... prima, sul camion, eravate seduti vicino, e quando ti sei addormentata ti ha lasciato dormire sul suo petto.”

 

“Beh, solo perché ha smesso di insultarmi non vuol dire che lui.. io, cioè tra noi..”

 

Daniel rise. “Ora è tutto chiaro...”

 

“Guarda chi c’è qui, il piccolo Meade e la sua burrosa assistente.”

 

Davanti a loro era improvvisamente apparsa la squadra di ELLE. A parlare era stata Robbie Myers, al centro del gruppo.

 

“E Wilhelmina?” continuò. “O la pioggia là fuori ha finalmente sciolto la nostra Strega dell’Ovest?”

 

Proprio mentre veniva nominata, lei e gli altri raggiunsero i due gruppi.

 

“Ciao Robbie, che piacere vederti. Dimmi, com’è stato il viaggio? Dove avete posteggiato i muli?”

 

Le labbra della redattrice capo ad ELLE si contorsero in una smorfia vagamente assimilabile a un sorrisetto. Accanto a lei Joe Zee sbuffò seccato mentre, dall’altro lato, la sua assistente, Teri – il cui ciuffo dal rosa shocking era passato al verde pisello – fissava Betty con occhietti cattivi. Quando questa se ne rese conto, non perse l’occasione di prendersi una piccola rivincita.

 

“Ciao Teri.”


“Oh Betsi, come va la vita?”

 

“Molto bene, grazie. Oh, a proposito, ti avevo già presentato Amanda?” prese la Sommers per un braccio tirandola a sé. “La mia assistente?”

 

Gli occhi di Teri raggiunsero dimensioni ai limiti dell’umano. Sbiancò di colpo, e perfino il ciuffo colorato sembrò perdere brillantezza.

 

“Ass.. Assistente?”

 

“Sai, ora sono editor. E tu invece, cosa mi racconti? Servi ancora caffè e rispondi al telefono?”

 

Amanda si accorse però che nel dare quest’ultima stoccata Betty le aveva stretto un po’ troppo violentemente il braccio: povera Chimichanga, non era abituata a rinfacciare i suoi successi.

 

“Bene,” le interruppe Claire. “Direi che è meglio per noi andare a prepararci. A dopo, e che vinca il migliore.”

 

Subito, con passo svelto, il gruppo di Mode superò quello di ELLE. Shirley, che ancora li seguiva trasportando il più grande dei sacchi, congedò gli avversari con un altro dei suoi grugniti rabbiosi.

 

***

“Ed esattamente chi le ha scelte?”

 

Nel dirlo, le sopracciglia di Wilhelmina raggiunsero nuove e inviolate vette.

 

“Fabia in persona,” le rispose Matt. “Beh dai.. hanno… stile in qualche modo.”

 

Gli occhi di Wilhelmina lasciarono le modelle, ancora in fondo al corridoio, e si portarono di scatto sull’Hartley.  “Stai scherzando vero?”

 

“Oh,” Matt deglutì. “Ehm, comunque volevo solo comunicarvi che c’è stato un cambio di programma.”

 

In un attimo il gruppo fu su di lui, ognuno temendo il peggio.

 

Matt fu spaventato dall’improvviso accerchiamento. “Guardate che è una bella notizia.”

 

“Parla,” gli ordinarono in coro.

 

“Non dovremmo organizzare più un photoshoot, ma una sfilata – in modo che Fabia e il suo entourage possano proclamare già oggi il vincitore. Possiamo comunque fare delle foto per un nostro servizio, e il fotografo ce lo offrono loro.”

 

“Ottimo, anche perché non abbiamo nemmeno una macchina fotografica,” commentò Wilhelmina.

 

Stavolta tutti guardarono lei. “Beh, siamo stati così occupati col pulmino, il cibo e i materiali che ce la siamo dimenticata. Suvvia gente, sembra che il karma abbia deciso di cominciare a ricompensarci.”

 

“Willie.” Timidamente, Marc le si avvicinò e poi indicò in fondo al corridoio, “le hai già dimenticate?”

 

“Dio Marc, sei riuscito a rovinare il mio primo momento di sollievo da quando dall’inizio di questa isteria collettiva.”

 

Allora le modelle cominciarono ad avvicinarsi, scortate dalla stessa piccola guardia che li aveva accolti al loro arrivo.

 

“Gente, queste sono le vostre ragazze. Da sinistra, Bunny, Amy, Rea, Morea, e Marta”

 

Sentendo i nomi, Amanda s’illuminò in volto. “Oh Mio Dio, sono le Guerriere Sailor!”

 

“Oh Mio Dio, è vero!” squillò subito dopo anche Marc.

 

Bunny, un enorme donnone con due lunghe code bionde che scendevano sulle spalle, avanzò di qualche passo.

 

“Chi dovremmo essere scusa?”

 

Amanda corse da lei e prese in mano le bionde trecce. “Le Guerriere Sailor! Guarda, tu hai anche i codini come Sailor Moon!”

 

Bunny le afferrò violentemente i polsi, costringendola a sciogliere la presa sui suoi capelli.

 

“Non – toccare – mai – più – i – miei  - capelli.”

 

Amanda, terrorizzata, corse da Marc. Bunny invece, non appena la piccola Sommers fu lontana, stranamente sorrise.

 

“Allora, quando si comincia?”

 

Prima di rispondere, Daniel si fermò un attimo a osservare anche le altre Sailor.

 

A fianco di Bunny stava Amy, una giovane di poco più di vent’anni, alta, snella, con corti capelli corvini e lineamenti dolci. Non fosse stato per lo sguardo assolutamente inquietante, e la consapevolezza – arrivata più tardi – che era dentro per aver ucciso ad accettate tre persone, si sarebbe potuta dire quasi bella.

 

Rea invece, al centro del gruppo, era stata probabilmente anche lei in giovinezza una bella ragazza, ma il suo viso ora era deturpato da una lunga cicatrice che le attraversava il viso dalla fronte al mento. (Dentro per traffico d’armi).

 

Morea aveva braccia, collo e petto ricoperte di tatuaggi, tra i quali svettava un grande teschio nero sulla spalla destra, scoperta perché le maniche della tuta d’ordinanza erano state strappate via. (Ladra di automobili).

 

Marta infine sfoggiava una lunga e fluente chioma biondo tinto che risaltava sulla carnagione ambrata. Aveva labbra rosse carminio, e gli occhi neri evidenziati da grandi ciglia. (Gestiva un bordello).

 

Daniel accennò un sorriso. “Prego signore, seguitemi.”

 

***

Due ore, trentaquattro cambi d’abito, quindici sedute di trucco, ottantaquattro prove di camminata sui tacchi (e sedici tacchi rotti), e venti minacce di morte e/o mutilazioni permanenti dopo, la squadra di Mode poteva dire di avere pronta la sua sfilata.

 

“Allora ragazze, è tutto chiaro?” chiese Claire.

 

Rea si sistemò il grande cappello nero che l’era stato dato sulla fronte. “Puoi contarci capo, saremo le più forti piratesse dei sette mari!”

 

Tutti sorrisero – e pensare che solo mezz’ora prima, cadendo per l’ennesima volta, aveva minacciato Betty con un tacco 12!

 

“Gente, è ora!” gridò Marc, di ritorno dalla ribalta.

 

Daniel fece un profondo respiro, poi si rivolse a Marta.

 

“Vai, tocca a te!” e prendendola per mano l’accompagnò fino all’uscita sulla passerella. “Matt, che parta la musica!”

 

Le note di una delle più classiche canzone d’ambiente piratesco (arrangiata però in chiave pop/rap) invasero gli ambienti dell’Istituto Federale.

 

Quindici uomini, quindici uomini, sulla cassa del morto!

Quindici uomini, quindici uomini, sulla cassa del morto!

E una bottiglia di RUM.

 

Marta, orgogliosa, prese la via della passerella. Ancheggiando voluttuosa ne raggiunse il termine, dove fece bene in modo di far risaltare ancora di più il prosperoso seno, già ben sponsorizzato dalla camicetta ricamata che indossava.

 

Hoy-oh!

 

E giusto di fronte alla giuria (Fabia, il suo cagnolino, e una decina di ragazzetti e ragazzette vestiti di nero) agitò a ritmo di musica la lunga gonna nera, ripetendo ancora “Hoy-oh!

 

Ridendo, e ancheggiando ancora, ritornò poi al punto di partenza.

 

“Non è stato troppo?” sussurrò Betty a Daniel.

 

“No, secondo me li ha conquistati,” sussurrò Matt, che era comparso alle loro spalle. “Quanta sensualità... non pensavo sapete, e inve—”

 

“E invece? Non stavi allo stereo tu?” gli rispose secca Betty. Matt non poté far altro che annuire e tornare al suo posto, accompagnato dalle risate di Daniel.

 

Dopo di lei uscirono Morea e Rea. Andò poi Amy a cui, sebbene fosse la più somigliante a una modella tra le Sailor, non spettò tuttavia il gran finale.

 

“Siamo sicuri che sia una buona idea?”

 

Per la prima volta in decenni di carriera Wilhelmina si sentì la fronte bagnata dal sudore. Sudava freddo, terrorizzata. Non l’avevano impaurita i continui incidenti col pulmino, gli equivoci personaggi che si erano trovati davanti o il fatto che quell’argentino aveva rischiato di uccidere metà dello staff. Non la impaurivano quelle energumene che avevano dovuto spacciare da modelle. La terrorizzava l’idea di perdere quell’opportunità, di far scivolare via Mode e la Meade sempre di più tra le mani degli Hartley, di quegli estranei.

 

Daniel le si avvicinò. “Non posso dartene la certezza, ma sì, credo sia una buona idea.”

 

“E cosa te lo fa credere esattamente? I suoi bicipiti pompati o i polpacci da wrestler?”

 

“Proprio quelli.”

 

“Stai scherzando, vero? Dimmi che stai scherzando.

 

“No, assolutamente. La sfida sta nel rendere modelle queste donne, no? E noi l’abbiamo fatto – guarda che belle!” (qui Wilhelmina si sentì di dissentire, ma tacque) “Mi rendo conto che Bunny non è la più avvenente tra le ragazze, ma facendola sfilare per ultima dimostreremo di aver preso sul serio la consegna: rendere modella qualcuno di norma lontanissimo da quel mondo.”

 

Daniel si accorse solo alla fine di aver parlato in modo forse un po’ troppo accalorato. Wilhelmina lo guardava più scoraggiata di prima, gli altri si erano voltati verso di lui nemmeno si fosse messo a cantare in tibetano.

 

“Chi te l’ha data questa geniale idea, ad ogni modo?” chiese infine la Slater.

 

“Oh, Betty. Le è venuto in mente ripensando alla sfilata per modelle in carne di due anni fa, durante la fashion week. Fu un grande successo, se ricordi.”

 

“Se lo dice Betty…”

 

Il capo redattore sorrise “Credo di avertelo giù detto… vuoi fidarti di me?”

 

Wilhelmina sospirò, buttando la testa all’indietro.

 

“Tanto ormai…!”

 

Meno di un minuto dopo, Bunny salì sulla passerella.

 

“E che la Luna sia con te!” le augurò Amanda mentre quella saliva.

 

Lassù, Bunny non si mosse subito. Tentennava, temendo che gli stivaletti con tacco che le avevano dato potessero cedere da un momento all’altro. Si sistemò il gilet ricamato, il grosso cappello da capitano dei pirati. Prese un bel respiro, guardò decisa davanti a sé, cercando di trovare lo sguardo dei giudici.

 

Non lo avrebbe mai ammesso, ma non era mai stata più orgogliosa di qualcosa in tutta la sua vita.

 

***

I was perched outside in the pouring rain
Trying to make myself a sail
Then I’ll float to you my darlin’
With the evening on my tail
Although not the most honest means of travel
It gets me there nonetheless
I’m a heartless man at worst, babe
And a helpless one at best

Dopo la gara, Morea si era offerta di dare un’occhiata al pulmino, così scortata da Francis (la guardia piccoletta di cui sopra) si era data da fare per una buona mezzoretta sul mezzo e alla fine, tra la meraviglia e l’entusiasmo generale, era riuscita a farlo ripartire.

 

Con quello, in teoria, avrebbero dovuto raggiungere l’aeroporto di Tallahasse, dove avrebbero preso il volo delle ventuno e trenta per New York, in posti prenotati e pagati dalla Fabia Cosmetics.  

 

Ma Marc, decisamente ormai troppo stanco per guidare, a un bivio aveva sbagliato strada, e così si erano ritrovati sulla costa. Era ormai quasi sera, quasi l’ora del tramonto, che da quelle parti dicevano fosse bellissimo da osservare dalla spiaggia. Naturalmente il temporale che ancora imperversava sulla Florida settentrionale quel giorno impediva ogni osservazione, ma avevano deciso lo stesso di fare una sosta in riva al mare.

 

Erano rimasti di nuovo in sei, dopo che Claire e Shirley li avevano salutati con il loro potente automezzo per proseguire verso Miami, dove la Senza-Zucchero, consegnato il suo carico, voleva passare un weekend di relax con la più altolocata amica (che con questa promessa ripagava del passaggio). 

 

Marc cercò di parcheggiare il mezzo tra le dune di sappia al meglio che potesse. Aveva temuto ritorsioni e rimproveri quando si erano dapprima accorti del suo errore, ma erano tutti talmente stanchi da non avere le forze di riprenderlo.

 

Non appena furono fermi, Amanda subito scese dal pulmino, nonostante la pioggia battente che ancora imperversava fuori. Marc ci mise qualche instante per capire cosa avesse intenzione di fare, ma poi, quando si accorse che si era già tolta le scarpe, e aveva cominciato a sbottonarsi la camicetta, aprì il finestrino di scatto.

 

“Cosa sta succedendo? Che vuoi fare?”

 

“Come, non è chiaro?” gli rispose l’amica, sfilandosi finalmente la camicia “vado a fare un bagno. Venite anche voi!”

 

“Ma sei pazza? Piove!”

 

“Appunto! E’ bellissimo fare il bagno sotto la pioggia... su dai, cos’hai, paura di bagnarti?” rise, sfilandosi la gonna e gettando tutte le sue cose dentro il pulmino “Io vado!”

 

E senza aspettare ulteriori risposte da parte di Marc corse verso l’acqua.

 

Darling I’ll bathe your skin
I’ll even wash your clothes
Just give me some candy, before I go
Oh, darling I’ll kiss your eyes
And lay you down on your rug
Just give me some candy
After my heart

 

“Però non ha tutti i torti.”

 

Marc si voltò verso Daniel, che aveva parlato.

 

“Stai scherzando?” gli rispose.

 

“No, assolutamente. Anzi, ora vado anche io.”

 

Stava già scendendo dal pulmino, quando si rivolse al resto del gruppo “Tutti sicuri di non volersi unire?”

 

Inaspettatamente, Matt rispose all’appello “Io ci sto.”

 

Scese anche lui, e mentre entrambi si liberavano di scarpe e camicie cercò a sua volta di convincere i rimanenti.

 

“Dai, è divertente! E non ditemi che non volete bagnare i vestiti, si sono già inzuppati una volta oggi... quindi oramai...” ma s’interruppe, avendo deciso di passare ad una persuasione più attiva. Afferrò Betty e la tirò verso di sé, fuori. “Andiamo!”

 

La giovane non se lo fece ripetere ancora. Aveva ragione lui dopotutto, cosa avevano ancora da perdere? Cominciò a svestirsi anche lei, mentre Amanda tornava verso il pulmino.

 

“Muovetevi, l’acqua è calda. E’ bellissimo.”

 

“Stiamo arrivando, un secondo,” le rispose Daniel.

 

“Su! E te? Dai, vieni anche te!”

 

Si era rivolta a Marc, trincerato al suo posto di guida. Non per molto ancora comunque, perché anche Amanda senza troppi complimenti aveva aperto e lo aveva tirato fuori.

 

“Mandy... non è il caso…”

 

Amanda non ascoltava scuse. Gli aveva già messo le mani addosso, determinata a ottenere quello che voleva, quando Marc, scossa la testa, si arrese anche lui. Fece appena in tempo a mettere in salvo le sue scarpe di Gucci e la cravatta di Marc Jacobs, poiché Amanda lo aveva subito preso per mano e trascinato verso le onde.

 

“E voi altri sbrigatevi!” urlò, ancora correndo.

 

Matt e Betty furono subito dietro di loro. Daniel inizialmente fece per seguirli, ma cambiò quasi subito idea. Non poteva di certo lasciarla lì…

 

Oh I’m often false explaining
But to her it plays out all the same
and although I’m left defeated
It get’s held against my name
I know you got plenty to offer baby
But I guess I’ve taken quite enough
Well I’m some stain there on your bedsheet
You’re my diamond in the rough

 

“Non vorrai restartene lì tutta sola spero.”

 

Wilhelmina inizialmente fece finta di non ascoltarlo. Da quando tutto il teatrino dei tuffi era cominciato, lei se n’era restata silenziosa nel suo angolo, continuando ad osservare la pioggia fuori (e se per questo, era quanto aveva fatto anche per tutto il tragitto precedente).

 

Daniel rientrò nel pulmino, tornò a sedersi accanto a Wilhelmina (anche se ora era scalzo, a petto nudo e già del tutto bagnato). Wilhelmina inizialmente tentò di scansarsi, rinunciando però quasi subito al proposito.

 

“Ancora giù di morale?”

 

“Beh, presumo sia normale.” Finalmente Wilhelmina lo degnò del suo sguardo. “Non so se ti rendi conto dell’opportunità che abbiamo perso. Abbiamo perso. Ti rendi conto sì o no delle conseguenze?”

 

“Me ne rendo conto. Ma starsene qua rintanati non aiuterà di certo a migliorare la situazione.”

 

“Aiuta a migliorarla buttarsi a mare come dei ragazzini?” sbottò lei. “Cosa credi, che giocare al campeggio possa farmi sentire meglio?”

 

Poche altre volte Daniel le aveva visto uno sguardo del genere. Nel momento in cui se ne rese conto, volle anche tentare di allontanarlo per qualche ora almeno.

 

Le tese una mano.

 

“Non lo so se servirà a qualcosa, ma tanto vale provare no? Dopotutto, è solo un bagno…”

 

Willie chiuse gli occhi per un secondo. Riaprendoli, decise ancora una volta di fidarsi di lui.

 

Darling I’ll bathe your skin
I’ll even wash your clothes
Just give me some candy
before I go
Oh, darling I’ll kiss your eyes
And lay you down on your rug
Just give me some candy
After my heart

Alla fine si erano ritrovati tutti e sei in acqua, con la pioggia che cadeva ancora copiosa su di loro. Ma d’altronde, come aveva giustamente notato Amanda all’inizio, ormai non era più una questione di bagnato…

 

In un momento si erano ritrovati a schizzarsi, a inseguirsi, a nascondere la testa dell’altro sott’acqua. Perfino Wilhelmina (che inizialmente si era limitata a starsene quieta sul bagnasciuga)  iniziato con uno spruzzo d’acqua a Daniel in risposta ad uno ricevuto, aveva finito col partecipare attivamente alla battaglia acquatica. Quando scoppiò in una fragorosa risata, Daniel non poté trattenersi dal dirle: “E’ la seconda volta che riesco a farti ridere in due giorni. Vincerò qualcosa?”

 

E improvvisamente smise di piovere.

 

Amanda sorrise, alzando gli occhi al cielo.

 

“Magari è questa la tua ricompensa.”

 

I know that there´re writings on the wall
But Darling I’ll bathe your skin
I’ll even wash your clothes
Just give me some candy
After my heart

Oh I’ll be there waiting for you…

Avevano steso qualche coperta sulla sabbia, vi si erano seduti sopra, si erano avvolti in altre coperte. (Grazie a Dio Lily era stata previdente con quelle).

 

Amanda si strinse a Marc, vicino al quale si era seduta. Poggiò la testa sul suo petto, e chiuse gli occhi.

 

“Quando parti?” chiese.

 

Lui la guardò sorpresa. Non si aspettava avrebbe trattato ancora l’argomento.

 

“Voglio organizzarti una grande festa,” riprese la ragazza. “Non vorrai andartene in silenzio... non ti si addice.”

 

“Mandy…”

 

Le alzò leggermente la testa, così da poterla baciare sulla fronte.

 

“Mandy, non c’è bisogno di nessuna festa. Non partirò.”

 

Amanda aprì di colpo gli occhi, guardò in quelli dell’amico per qualche secondo, e poi si riposò sul suo petto, sorridendo.

 

Oh I’ll be there waiting for you…

 

Accanto a loro stavano Betty e Matt. Silenziosi, da quando si erano seduti non avevano avuto il coraggio di guardarsi in viso.

 

“Betty?” si fece coraggio Matt

 

“Cosa c’è?” chiese lei, guardando ancora il mare.

 

“Oh… niente” rispose lui.

 

Ma poi le strinse una mano.

 

“E se ci riprovassimo?”

 

Oh I’ll be there waiting for you…

 

“Allora, come va ora?” chiese Daniel.

 

“Non pensavo l’avrei detto ma... un po’ meglio, grazie,” rispose Wilhelmina.

 

“Per quello che vale comunque, ti prometto che farò tutto quello che mi sarà possibile per salvare Mode. Non sei l’unica a cui sta a cuore, sai?”

 

Wilhelmina sorrise. “Lo so.”

 

“Oh, bene. Sai, questo è una gran cosa, abbiamo qualcosa in comune…”

 

“Shhhh,” lo interruppe lei, e a sorpresa si alzò.

 

Gli tese la mano. “Ti va un altro tuffo?”

 

Daniel annuì, afferrando la mano, e tornarono in acqua, insieme.

 

Oh I’ll be there waiting for you…

 

 

  
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