Ringrazio tutti coloro che mi hanno espresso il loro
piacere e apprezzamento nel leggere i primi capitoli della mia ff.
Il vostro entusiasmo e le vostre critiche spronano a fare
sempre meglio.
Vi abbraccio tutti e ad maiora!
CAPITOLO III
“La pioggia è il tuo vestito.
Il fango è le tue scarpe.
La tua pezzuola è il vento.
Ma il sole è il tuo sorriso e la tua bocca
e la notte dei fieni i tuoi capelli.
Ma il tuo sorriso e la tua calda pelle
è il fuoco della terra e delle stelle.”
(C. Govoni)
Era mattina presto ma al campo sportivo gli allenamenti
della nazionale erano iniziati da un pezzo e i giocatori erano in pieno
fermento in vista della prima partita del quadrangolare, che si sarebbe svolta
di lì a due settimane.
La primavera piovosa aveva lasciato il posto alle prime
calde giornate estive caratterizzate da uno splendido cielo azzurro nel quale
era possibile scorgere solo di tanto in tanto qualche nuvola solitaria.
Patricia Gatsby, o Patty come la chiamavano tutti gli
amici, era emozionantissima. Sebbene ormai fossero passati più di dieci anni
dai tempi in cui faceva la manager della New Team, le sembrava quasi di
rivivere quei momenti, quando, ragazzina, si occupava del benessere della
squadra prima di ogni partita. Ancora adesso, incapace di stare ferma per un
solo istante, si era aggregata ai preparatori atletici e in quel momento si
stava dando da fare con gli asciugamani e le bottiglie di integratori.
Seguì con lo sguardo i giocatori in campo e immediatamente
individuò la coppia formata da Oliver Hutton e Tom Becker.
La Golden Combi procedeva al riscaldamento correndo lungo
la pista di atletica che circondava il campo sportivo e il viso di Holly era
profuso di gioia per la possibilità di potersi ancora allenare con il suo
vecchio compagno di squadra e rinsaldare così l’amicizia che, nonostante la
lontananza e i rispettivi impegni professionali, non era mai venuta meno.
Patty sorrise: Holly era nel suo elemento. Era nato per
giocare a calcio e aveva passato la maggior parte della sua vita sui campi in
erba, tralasciando tutto il resto e concentrandosi ad inseguire il suo grande
sogno: giocare con la nazionale giapponese e sollevare la Coppa del Mondo ai
Mondiali.
"Boru wa Tomodachi" amava ripetere lui, quando
era ragazzino, e Patty nel suo intimo era convinta che lo pensasse ancora.
Per lei quegli anni avevano avuto un prezzo.
Quando Holly non era ritornato da Parigi, dopo aver vinto
la Coppa del Mondo Juniores, era stato come se qualcosa fra loro si spezzasse,
come se il tacito e fragile legame che fino ad allora avevano condiviso si
fosse dissolto come neve al sole.
Da quando lo aveva conosciuto, Patty aveva ascoltato Holly
parlare ininterrottamente di strategie di gara, tattiche di gioco, avversari da
affrontare, campionati da vincere. Giorno dopo giorno, instancabile, lo aveva
incitato durante gli incontri e si era sempre presa cura di lui dopo ogni
infortunio. Gli era stata accanto come un soldato fedele, elemosinando le
briciole del suo affetto, travolta e soggiogata dall’entusiasmo, dalla passione
che lui aveva per il calcio.
In quegli anni Patricia Gatsby non era mai esistita.
Nessuno, tanto meno Holly, perso dietro al suo sogno
personale, si era mai preoccupato di cosa veramente desiderasse. E forse
neppure lei era consapevole di avere dei sogni e delle ambizioni che non
rispecchiassero quelli di lui. Davanti al meraviglioso fuoco che solo l’amore
dell’adolescenza sa dare, Patty si era abbandonata, ignorando i propri desideri
e perseguendo la felicità di Holly come se fosse stata la sua.
Quante lacrime aveva versato la notte, mordendo il
cuscino, in preda alla frustrazione per quelli che temeva fossero sentimenti
non ricambiati! Oh, e quanti giorni era ritornata a casa scintillante di gioia
perché lui le aveva rivolto un sorriso che le era parso più speciale del
solito!
Era andata avanti così, nutrendo il suo amore di speranze,
alimentandolo con la forza e le emozioni che sentiva palpitare dentro ogni
qualvolta posava gli occhi su di lui.
Poi tutto era improvvisamente finito in pochi secondi.
Non aveva avuto modo di prepararsi ad affrontare il dolore
e gli eventi inarrestabili che l’avevano travolta, come una valanga che
l’avesse colpita in pieno.
All’aeroporto, in mezzo alla gente, aveva aspettato con
ansia al cancello di sbarco che Holly e gli altri giocatori della nazionale
juniores scendessero dal volo che, da Parigi, li aveva riportati in Giappone
campioni. Aveva cercato febbrilmente, con le guance rosse per l’emozione, il
volto di lui tra gli altri, più o meno conosciuti, che si accavallavano davanti
ai suoi occhi, mentre il desiderio di stringerlo e mormorargli “bentornato
campione!” le aveva fatto quasi dolere braccia. Quando aveva capito che Holly
non era lì, aveva sentito il cuore contrarsi in una stretta, proprio lì, in
mezzo al petto, come se qualcuno l’avesse trapassato con una lama invisibile.
Gli occhi avevano bruciato per le lacrime trattenute e il respiro le si era
fermato per un istante, soffocato dal peso di quel tradimento inaspettato.
Nessuna parola di consolazione era arrivata dagli amici,
né il suo orgoglio ferito avrebbe potuto accettare i loro sguardi pietosi.
Aveva trasformato il suo volto in una maschera di pietra e le sue labbra si
erano tese in un sorriso, per salutare calorosamente il rientro dei campioni
del mondo, i suoi amici più cari.
I giorni successivi al rientro della squadra erano stati
un incubo fatto di festeggiamenti a cui lei era stata costretta a partecipare.
Suo malgrado aveva invidiato Amy e Jenny… erano così felici!
Si era sentita meschina per quel sentimento
incontrollabile che nasceva dritto dal suo dolore e dalla sua umiliazione:
erano delle amiche fantastiche e a loro volta avevano passato dei momenti molto
difficili. Prima Amy, così dolce e forte, sempre in ansia durante tutta la
malattia di Julian. Per quanto tempo aveva avuto il timore che Julian potesse
non farcela a causa di quel cuore ballerino che aveva sempre impedito al
giovane attaccante di praticare il calcio con l’agonismo che avrebbe
desiderato!
Poi Jenny… lei e Philip Callaghan si erano lasciati con la
sola promessa di rivedersi, strappata all’ultimo momento, il giorno della
partenza di lei per gli Stati Uniti. Tra loro si frapponeva un’età acerba, un
intero oceano a dividerli e solo un giovane amore a legarli l’uno all’altra.
Eppure proprio quel sentimento così immaturo aveva resistito alla lontananza e,
quando si erano riabbracciati, tutti avevano potuto vedere come gli occhi del
fiero capitano della Flynet brillassero di lacrime di gioia nel baciare con
amore la testolina bruna della sua Jenny.
Per Patty quelle due ragazze erano state l’unica ancora di
salvezza in mezzo al caos della sua esistenza. Le erano state accanto e avevano
condiviso con lei quei terribili momenti, ben sapendo che cosa significasse per
lei quell’abbandono senza spiegazioni, la solitudine nella quale si era trovata
catapultata in mezzo a tutta quella profusione di gioia.
Allora non sapeva perché Holly non fosse rientrato in
Giappone dopo la vittoria. Lo aveva scoperto più tardi, nel modo peggiore,
attraverso i giornali, leggendo le interviste che lui aveva rilasciato al
termine della partita della Coppa del Mondo e poi quando ormai si trovava in
Brasile e aveva iniziato a giocare nel San Paulo allenato da Roberto Sedinhjo.
Degli amici di Holly solo Benji aveva rifiutato di fare
finta che tutto procedesse a meraviglia e aveva affrontato il suo dolore,
cercando di aiutarla a superarlo.
Era rimasto seduto accanto a lei in silenzio, per ore,
davanti al campo vuoto degli allenamenti, fino a quando il cielo non aveva
iniziato a tingersi di rosso. Allora si era alzato in piedi e le aveva teso la
mano guardandola con il suo strano ed indecifrabile sorriso - Tornerà. -
Lei era scoppiata a ridere, una risata amara e un po’
isterica che l’aveva lasciata vuota e inerte come una bambola di pezza.
- Tornerà?! – aveva urlato dando sfogo al tormento che
aveva nel cuore, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime cocenti – Credi
che sia importante adesso? Cosa ti fa pensare che tutto sarà come prima? Che io
lo perdonerò per quello che mi ha fatto? -
Benji l’aveva attirata a se soffocando il suo pianto
contro il suo petto, accarezzandole i capelli come una bambina – Lo farai. –
aveva mormorato mostrando una sicurezza che lei era ben lontana dal provare –
Perché sei forte e troverai la tua strada anche senza di lui. Quando Holly
ritornerà tu lo perdonerai. –
- Tu stai scherzando! – Patty lo aveva guardato con
ferocia, attraverso le lacrime che colavano inarrestabili, ma lui aveva assunto
quell’atteggiamento caparbio che tanto la faceva infuriare quando erano
ragazzini.
- Lo perdonerai perché lo ami. – aveva ribattuto e lei lo
aveva guardato come se fosse impazzito e aveva continuato a crederlo, anche
dopo che Benji se ne era andato, anche dopo aver ricevuto la prima lettera di Holly.
Oh…si, le aveva scritto! Una lunga lettera piena di
spiegazioni inaccettabili che lei aveva strappato in preda a un dolore e a una
furia che solo una donna innamorata può provare.
Un’altra sarebbe rimasta a crogiolarsi nella disperazione
ma non lei, non Patricia Gatsby!
Dopo un periodo di comprensibile smarrimento aveva preso
in mano le redini della sua vita e aveva iniziato a girare il Giappone facendo
quello che era sempre piaciuto fare, trasformando un semplice hobby in una
professione vera e propria.
La fotografia l’aveva sempre affascinata fin da ragazzina
e se prima i suoi soggetti preferiti erano le azioni dei giocatori durante le
partite di calcio, e uno di loro in particolare, in seguito aveva messo a
frutto la sua particolare abilità, andando a fotografare la natura e i suoi
abitanti anche nei luoghi più sperduti. Possedeva una sensibilità particolare
per le forme e le luci e le sue fotografie erano state immediatamente
apprezzate e richieste. Nel tentativo di dimenticare Holly si era gettata a
capofitto in quell’unica cosa che sembrava darle un po’ di serenità e ben
presto aveva iniziato a godere dei frutti del suo impegno e della sua
abnegazione.
Si, perché Patricia Gatsby non faceva mai le cose a metà.
Animata dallo stesso fuoco che aveva dimostrato quando seguiva la carriera di
Hollly, aveva iniziato a collaborare con riviste prestigiose del calibro di
National Geographic e la sua vita professionale si era arricchita anno dopo
anno di esperienze eccezionali.
Piano piano aveva smesso di interessarsi al calcio, di
seguire con apprensione ogni successo di Holly, e dopo alcuni anni riusciva
anche a trascorrere anche un’intera giornata senza che il pensiero di lui le si
affacciasse alla mente.
Convinta di essere completamente guarita da quella che
ormai giudicava solo una cotta da ragazzini, non aveva esitato un solo istante
ad accettare il servizio che le era stato commissionato in Brasile.
Non aveva mai saputo chi lo avesse avvertito del suo
arrivo, forse sua madre o addirittura Bruce, ma la terza mattina del suo
soggiorno a San Paolo, assieme al vassoio della colazione, aveva ricevuto in
camera un enorme cesto di gigli bianchi e un invito a cena.
Il cuore aveva preso a batterle all’impazzata ma lei lo
aveva ignorato cercando di convincersi che tutta quell’emozione era dovuta solo
al piacere dell’invito e al desiderio di rivedere un vecchio amico.
Erano passati anni da quella malaugurata finale della
Coppa del Mondo Juniores ed entrambi non erano più ragazzini alle prese con i
loro confusi sentimenti. Per quello che ne sapeva Holly poteva anche essere
felicemente fidanzato o sposato!
Nonostante tutto si era preparata a quell’incontro con
cura, indossando un abito corto di un turchese acceso che faceva risaltare la
sua figura slanciata e il colore ambrato della sua pelle leggermente abbronzata
dal sole sudamericano.
Quando Holly l’aveva vista entrare, puntualissima, nella
sala da pranzo del lussuoso ed esclusivo ristorante, aveva dovuto fare uno
sforzo su se stesso per impedirsi di rimanere assai poco elegantemente a bocca
aperta. Non era possibile che quella giovane donna d’aria sicura e sofisticata
fosse la Patty che lui ricordava ancora adolescente in Giappone.
Eppure lei lo aveva stupito una volta di più: smessi i
panni della ragazzina scalmanata, gli aveva parlato della sua professione con
una dedizione e una passione del tutto simili a quelle che lui aveva sempre
manifestato per il calcio.
Lo aveva incantato con i racconti dei suoi viaggi e presto
lui si era accorto di non seguire più il filo del discorso, perso come era ad
ammirare la curva gentile del suo viso, il sorriso luminoso, i movimenti agili
ed eleganti delle sue mani che sottolineavano le parole.
Avevano trascorso una serata piacevolissima, ricordando
gli anni del liceo, ridendo degli episodi buffi. Senza che nessuno dei due se
ne accorgesse il lieve sentimento che li aveva sempre legati come un filo
invisibile era di nuovo lì, tra loro, come se quell’incontro ne avesse
rispolverato l’esistenza, rendendolo più forte e più vero.
Il giorno seguente avevano passeggiato come due vecchi
amici. Holly l’aveva condotta a vedere il campo dove si allenava con il San
Paolo e la sera l’aveva invitata a cena a casa sua.
Aveva cucinato lui e Patty lo aveva preso in giro di
fronte a quella dote inaspettata, dovendosi poi ricredere al primo assaggio
della squisita paella. Quando dopo
cena si erano trasferiti in salotto con in mano un bicchiere di vino bianco,
Patty si era sentita così felice e rilassata come non le accadeva da tempo. Era
lì, nell’unico posto dove desiderava essere, accanto all’uomo che aveva cercato
disperatamente di dimenticare. Di fronte al sorriso gentile di Oliver e alle
sue affettuose premure tutte le difese che aveva eretto con tanta cura erano
crollate come un banale castello di carte.
Quando lui le si era avvicinato, togliendole di mano il
bicchiere e posando le proprie labbra su quelle di lei in un gentile invito,
non aveva trovato motivo di ritrarsi. Era quello che aveva sempre desiderato,
quello che le aveva sempre impedito di innamorarsi di nuovo di un altro uomo.
Compiacente gli aveva fatto scivolare le braccia sottili
attorno al collo e non aveva protestato quando lui l’aveva presa fra le braccia
e l’aveva portata in camera da letto.
Tutti quegli anni di amore represso erano esplosi in
quell’unica sera in cui Patty aveva finalmente ritrovato il suo amore. Nei suoi
gesti non c’era stata incertezza o timore ma solo un infinito desiderio di
donarsi, di essere, almeno una volta, parte di lui. L’aveva stupito con la sua
passione, andandogli incontro con grazia, allettandolo, seducendolo come solo
una donna innamorata sa fare.
Colmati dal vento. Spazzati dal lampo.
Era rimasta fra le sue braccia tutta la notte,
crogiolandosi nel calore di lui, guardando con crescente preoccupazione la
sottile lama di luce del sole filtrare tra le imposte accostate. Mano a mano
che l’alba si faceva più vicina, l’incredibile luminosità del giorno che
nasceva aveva posto fine a quell’incredibile notte che aveva aspettato per
tutta la vita.
La mattina si era alzata in silenzio e si era rivestita
nella penombra della stanza. Aveva gettato un ultimo sguardo a Holly,
profondamente addormentato, ed era uscita dalla stanza e dalla sua casa con il
cuore gonfio di pena.
Non sapeva che cosa quella notte significasse per lui. Per
lei era stata l’esperienza più sconvolgente della sua vita ma non ne era
pentita. In quel momento sapeva che negli anni a venire avrebbe avuto almeno il
ricordo di quell’unica notte perfetta in cui aveva sentito di appartenergli completamente.
La mattina stessa aveva chiamato la compagnia aerea e
aveva trovato un volo per il Giappone. Preoccupata e confusa, aveva fatto i
bagagli in fretta e furia ed era partita, ignara che Holly stesse rivoltando
l’intera San Paolo per cercarla.
Scostò dal viso una ciocca dei suoi lunghi capelli e non
poté trattenere un sorriso nell’osservare il cross preciso che Holly aveva
fatto partire in direzione di Tom.
Adesso il suo lavoro come fotografa continuava ad avere la
priorità su ogni altra cosa ma le partite di calcio avevano ripreso ad avere il
loro fascino particolare.
Sì… da quando un Holly esausto e disperatamente innamorato
era arrivato direttamente dal Brasile, il giorno dopo la fine del campionato, e
aveva bussato alla sua porta in un’assolata mattina di giugno di un anno prima.
Era furibondo e Patty non l’aveva mai visto tanto
arrabbiato. Quando aveva scoperto che lei era fuggita, ritornando in Giappone,
si era sentito franare la terra sotto i piedi. A causa dei suoi impegni con la
squadra non aveva potuto inseguirla immediatamente e aveva dovuto aspettare la
fine del campionato, procrastinando, come lui stesso aveva affermato con un
lampo di furia negli occhi scuri, “l’immenso piacere di darle una sculacciata
come si sarebbe meritata”.
Lei era in partenza per un servizio sui Monti Kitami e
lui, che da quando aveva iniziato a giocare a calcio non aveva trascorso un
solo giorno della sua vita lontano da una sfera a scacchi, aveva preso i suoi
bagagli senza battere ciglio e l’aveva seguita rifiutandosi di posticipare
quello che riteneva un chiarimento necessario.
Patty sorrise al ricordo. Quello che era iniziato come un
viaggio in cui entrambi si guardavano in cagnesco e non perdevano occasione di
rimbeccarsi a vicenda, si era rivelato la migliore delle medicine per il loro
rapporto incerto. Lontani da tutti erano riusciti a trovare il coraggio di
aprire il loro cuore e per la prima volta da quando si conoscevano Holly le
aveva confessato i suoi sentimenti e il suo timore di perderla. L’aveva corteggiata,
stuzzicata, lusingata, ricolmandola di tutto l’amore e le attenzioni che le
aveva fatto mancare in quegli anni e Patty aveva capito che, nonostante quello
che le aveva fatto, il suo cuore sarebbe sempre stato indissolubilmente legato
a quello di lui.
Certo rimanevano ancora delle difficoltà da superare,
perché Holly continuava a giocare in Brasile e lei viaggiava per tutto il mondo
a fotografare la natura che tanto amava ma con il tempo tutto si sarebbe
sistemato.
La Patty, scatenata tifosa della New Team, non avrebbe
esitato un solo istante ad abbandonare tutto per seguire Holly in Brasile e
aiutarlo a realizzare il suo sogno ma la nuova Patricia Gatsby, così
indipendente e sicura di sé, aveva scelto di realizzare le proprie aspirazioni
e un Oliver fiero e orgoglioso l’aveva appoggiata in tutto e per tutto.
Si guardò lo splendido anello che portava all’anulare
della mano destra e il ricordo della voce di Holly, emozionata e colma d’amore,
le risuonò nella mente.
Avrebbero trascorso insieme questo periodo prima che lui
facesse ritorno in Brasile per l’inizio del campionato e per tutto l’anno
seguente, lei avrebbe fatto, come al solito, la spola tra il Sud -America e il
Giappone. L’anno prossimo ci sarebbero stati i Mondiali al termine di quali lei
gli avrebbe dato la sua risposta.
Il grido dell’allenatore la distolse dalle sue
considerazioni e, dopo aver gettato un’occhiata ad un compiaciuto Freddy
Marshall, riportò la sua attenzione alla partita di allenamento.
Holly ricevette il passaggio da Tom agganciandolo al volo
e caricò il tiro. Il pallone andò ad insaccarsi nell’angolino in alto a destra
della porta, alle spalle di Alan Crocket che non aveva neppure provato a
pararlo. Il portiere recuperò il pallone e con un calcio lo rinviò a Mark Landers perché lo posizionasse al
centro del campo.
La Golden Combi si scambiò un’occhiata soddisfatta e Mark
non poté trattenere una battuta sarcastica
- Guardali lì i due gemelli siamesi! Sono schifosamente
affiatati come se avessero continuato a giocare insieme in tutti questi anni! -
- Invidioso, Landers? – Bruce Harper superò l’attaccante
ridendo e Mark calciò il pallone prendendo in pieno Bruce sul fondoschiena.
- Non fino a quando posso prendere a calci te Harper!-
esclamò la Tigre provocando la risata incontenibile dei presenti.
- Non sei cambiato per niente, Landers, sempre a
prendertela con quel poveraccio. Possibile che tu non abbia imparato niente
alla Juventus?-
Una voce profonda alle loro spalle li fece voltare tutti
quanti verso l’alto uomo bruno in piedi accanto alla panchina di Freddy.
- Benji! – L’urlo di Patty attirò l’attenzione di tutti i
giocatori in campo. In un attimo gli furono tutti intorno, abbracciandolo e
stringendogli la mano.
- Come stai? – Philip Callaghan lo aveva raggiunto per primo.
- Quando sei arrivato? – chiese Tom battendogli pacca
amichevole sulle spalla
- Benissimo. Sono arrivato una settimana fa, giorno più
giorno meno. -
- Perché non ti sei fatto vivo? – il tono di Lenders era
volutamente provocatorio, in ricordo dei loro memorabili scontri.
- Avevo alcune
cose da sistemare. – rispose concisamente sistemandosi la visiera del cappello.
- Adesso che la squadra è al completo possiamo davvero
iniziare ad allenarci seriamente! – Holly era al settimo cielo.
- Infatti. - Benji sogghignò – A quanto pare non hai perso
il tuo entusiasmo. -
- Eh, no. – Landers dette una spintarella a Holly
facendogli perdere l’equilibrio – Il nostro Hutton ha l’energia di un
ragazzino! -
Il sorriso ironico di Benji si allargò - Tu invece mi
sembri un po’ infiacchito, Mark! – esclamò prendendolo in giro.
- Cosa? – la Tigre alzò la testa punta sul vivo – Stai
scherzando, Price! Aspetta che i rifili uno dei miei tiri da fuori area! -
Gli altri risero. Erano anni che Mark Lenders e Benji
Price si affrontavano e la loro competizione continuava anche fuori dai campi
di calcio con battute sarcastiche e osservazioni pungenti.
Da ragazzi erano venuti più volte alle mani, sfogando
nell’unico modo possibile il loro temperamento irascibile, ma dietro alle continue
reciproche provocazioni c’era fra di loro un profondo rispetto e, anche se
entrambi lo avrebbero decisamente negato, una solida amicizia.
Erano due solitari, due caratteri duri e violenti, due
dominatori, troppo simili per non entrare continuamente in competizione.
- Sono qui per questo, Mark. – lo sguardo di Benji non
tradiva incertezze.
- Appunto! – Freddy Marshall battè le mani con forza
attirando l’attenzione di tutti – Dal momento che adesso anche Benji è qui con
noi ci alleneremo insieme. Vogliamo vincere contro la Thailandia, vero? E
allora tornate ad allenarvi! – esclamò.
Ubbidienti alle sue esortazioni si diressero tutti verso
il campo correndo e Benji prese posto tra i pali della porta, infilandosi i
guanti. Si sistemò la visiera del berretto e piegò leggermente le ginocchia
allargando le braccia.
Era lì, pronto a guardare in faccia l’attaccante, pronto a
vedere nei suoi occhi la determinazione e il fuoco della sfida. L’adrenalina
gli scorreva nelle vene come il primo giorno in cui aveva iniziato a giocare.
Vide Mark Lenders avvicinarsi pericolosamente all’area si rigore e guardò la
furia dell’attaccante pronto a dominarla. Uno scintillio gli corse negli occhi,
preparandosi a parare.
Più tardi, al termine dell’allenamento, i giocatori
indugiarono pigramente negli spogliatoi rinnovando l’amicizia ed il cameratismo
di sempre.
- Benji, sei davvero in gran forma! – disse Holly,
fregandosi vigorosamente il capo con un asciugamano. Il capitano era pienamente
soddisfatto. Con l’arrivo Price la squadra sembrava molto più motivata. Quel
portiere era davvero carismatico, riusciva a spronare tutti con la sua sola
presenza.
- Grazie Holly, anche tu mi sembra che ti sei ripreso
perfettamente dopo quel piccolo infortunio. - rispose l’altro infilandosi la giacca
della tuta
- Già. – il capitano fletté il braccio e la spalla con
attenzione – Sembra che sia tornato tutto a posto – confermò.
- A dire il vero siamo tutti in ottima forma – replicò Tom
uscendo dalle docce con solo un asciugamano stretto in vita.
- Abbiamo ottime probabilità di vincere questo
quadrangolare – disse Mark dando voce alle speranze di tutti.
- Già. E’ un’ottima opportunità per prepararci in vista
dei Mondiali dell’anno prossimo – intervenne Philip
- Si. Dobbiamo fare del nostro meglio anche perché il
capitano ci tiene particolarmente a fare una bella figura. – Il corpo di Tom
era scosso da un risolino a malapena trattenuto – E non solo per il motivo che credete voi! – aggiunse mentre il
viso del campione diventava paonazzo.
In un attimo l’attenzione di tutta la squadra venne
calamitata su Holly che, imbarazzato, rovistava nel suo armadietto.
- Dai Holly! – Bruce era il più agguerrito – Cosa sa Tom
che noi non sappiamo? -
- Niente, niente. – il giocatore cercava di sfuggire
inutilmente alla curiosità dei suoi compagni.
- Vuoi vedere – il tono di Lenders era a metà strada tra
lo stupito e il divertito – Che quel pappamolle di Hutton ha trovato finalmente
il coraggio di dichiararsi? – sparò con improvvisa intuizione.
Lo sguardo di fuoco di Holly e la risata incontenibile di
Tom confermò agli altri che Mark aveva centrato nel segno.
Se possibile Holly diventò ancora più rosso – Ti avevo
detto di tenertelo per te!- sibilò irato rivolto all’atra metà della Golden
Combi.
- Dai Holly non prendertela! – Tom non riusciva a smettere
di ridere – Una notizia così bella non potevo tenermela per me. -
- Holly! –
Bruce aveva le lacrime agli occhi per l’ilarità – Vuoi dire che finalmente hai
trovato il coraggio di sposare quella scatenata di Patty? -
Philip gli
battè una manata sulle spalle – E bravo il nostro capitano! -
- Taci Philip!
– la pazienza di Holly si andava esaurendosi – Non mi sembra che tu sia in una
posizione migliore della mia! – gli ritorse contro.
Il calciatore
fece le spallucce con aria tranquilla – La mia storia con Jenny è cosa nota ed
io non ne faccio certo mistero. Lo sanno tutti che abbiamo intenzione di
sposarci prima dell’inizio del prossimo campionato. – replicò calmo.
- Siete dei
rammolliti. – Mark scosse la testa con una smorfia di disapprovazione – Tutti
persi dietro a qualche sottana. -
- Tu no,
Lenders. Non c’è pericolo che qualcuna ti prenda, scontroso come sei! – esclamò
Bruce, prontamente zittito da un asciugamano bagnato, scagliato sulla sua
faccia da una Tigre impermalita.
Tutti risero.
Benji sollevò
il borsone sulla spalla e si avviò alla porta.
- Benji…- il
tono serio di Holly lo fermò quando già aveva posato una mano sulla maniglia –
Aspetta un attimo ti devo chiedere una cosa… -
Il portiere si
fermò e trattenne inconsciamente il fiato, già sapendo quello che l’altro stava
per dire.
- Ecco… - il
capitano, solitamente sicuro e deciso nelle questioni che riguardavano la sua
squadra, sembrò esitare - Tutti noi siamo molto felici che tu sia arrivato. Ti
aspettavamo con ansia anche se non speravamo che venissi. Freddy si è rifiutato
di parlarcene, ma noi abbiamo letto i giornali… credevamo…- iniziò incerto
- Cosa vuoi
sapere, Holly? – il tono di voce di Benji era secco e innaturale – Vuoi sapere
se faccio uso di sostanze proibite? -
- No! –
Benji si girò
sorpreso. Era stato Lenders a parlare con la sua grinta abituale – Vogliamo sapere perché non hai tirato
fuori le palle e non ti sei difeso da quelle accuse infamanti. – affermò con la
sua solita schiettezza.
Un lampo d’ira
di accese negli occhi del portiere – Quando vorrò una lezione su come tenere i
rapporti con la stampa, Mark, stai pur tranquillo che verrò ad interpellarti –
ribatté aspro.
- Non hai
risposto alla mia domanda. – l’attaccante incrociò le braccia sul petto
possente – Qui non si tratta di un malinteso con i giornalisti. Non credere di
potertela cavare con i tuoi soliti giochetti. -
- Lascia
perdere Lenders… - la voce di Benji era secca come una frusta ma Mark non era
certo intenzionato a soprassedere
- Spiegaci
perché te ne stai zitto e buono quando in altri momenti avresti fatto fuoco e
fiamme per molto meno. Stai lasciando che la stampa ti faccia a pezzi senza
opporre la minima resistenza. – continuò il cannoniere.
Benji lo
ignorò e fece per aprire la porta dello spogliatoio ma Mark fu più veloce di
lui e la richiuse con un tonfo secco, facendola sussultare sui cardini – Non
vorrai dire che lascerai credere a tutto il mondo che le boiate che hanno
scritto su di te sono vere! – esclamò la Tigre al colmo dell’esasperazione.
- Sono vere,
Mark! –
Gli occhi di
Benji fiammeggiavano e le parole gli uscirono di bocca come tante staffilate –
Almeno nella parte in cui dicono che Liesel è morta e che io non ho fatto nulla
per impedirlo! Se avessi fatto qualcosa adesso non troverei a fare da tutore ad
una neonata di appena tre mesi! -
Aprì la porta
con tale veemenza che il pannello sbatte contro il muro con un rumore che nel
silenzio assoluto dello spogliatoio rimbombò come una fucilata.
I giocatori
fissarono allibiti il vano della porta ormai vuoto mentre cercavano di
assimilare quella notizia stupefacente. Lenders fu il primo a riaversi dallo
stupore lasciandosi cadere su una panca – Oh cielo! Perché non lo ha detto
prima? –
Benji guidò
fino a casa furibondo.
L’ automobile
rispondeva ad ogni sua minima sollecitazione ed egli spingeva il potente mezzo
fino al limite, scaricando la rabbia che aveva accumulato.
Non era
arrabbiato con Mark per ciò che aveva detto ma piuttosto perché sapeva che lui
aveva ragione. Eppure non poteva fare diversamente. C’erano in gioco troppe
cose… l’affidamento di Martine e l’assoluta necessità di dover trovare al più
presto una moglie per ottenerlo, lo stavano facendo impazzire.
Eppure non
sapeva come comportarsi con la bambina. I suoi sentimenti per lei erano ancora
troppo contrastanti e confusi. Non era abituato a dividere la propria vita con
qualcuno. Era sempre stato solo e il fatto che all’improvviso ci fosse un
esserino che avesse bisogno di lui in maniera così totale lo impauriva e lo
sconcertava.
Frenò sul
vialetto di entrata della villa e scese dall’auto mentre il maggiordomo gli
apriva la porta e gli andava incontro prendendogli dalle mani il borsone
sportivo.
Benji lo
salutò con un cenno del capo – Martine e la signorina Miller? -
- Sono di
sopra nella nursery, signore. -
Incredibilmente
il viso perennemente serio di Jameson si aprì in un sorriso – Se posso
permettermi, signore, quella bambina ha portato la gioia in questa casa -
Benji non
replicò e iniziò a salire rapidamente le scale. Si fermò stupito sull’ultimo
gradino.
Una risata
melodiosa, come un tintinnio di tante campanelle proveniva dalla porta aperta
della nursery.
Clare era
china sul fasciatolo e stava cambiando il pannolino a Martine facendole un
leggero solletico sul pancino. La piccolina muoveva manine e piedini e
gratificava Clare di tutta una serie di risatine che andavano a mescolarsi al
divertimento della giovane donna.
Fu come se Benji avesse ricevuto un pugno in testa. Il
volto ridente di Clare era come un faro luminoso che lo attirava verso la luce
e il calore.
Improvvisamente sentì il rabbia abbandonarlo. Quella donna
aveva il potere di calmare il suo animo inquieto con la sua sola presenza e si
scoprì a desiderare di andarle più vicino per godere appieno di quella gioia
incredibile che emanava, come un affamato che desiderasse di avvicinarsi ad un
suntuoso banchetto.
Lei si volse e
lo vide, fermo sulla soglia della nursery. Smise di ridere ma un dolce sorriso
continuò ad illuminarle il volto - Buonasera Mr. Price, è venuto per vedere
Martine? – gli chiese continuando a cambiare la bambina con gesti rapidi e
sicuri.
Lui si ritrovò
ad annuire e si avvicinò lentamente al fasciatoio, accostandosi alle spalle di
lei.
– Oggi è stata
buonissima. – lo informò lei mentre Martine gorgogliava contenta.
Clare alzò lo
sguardo e vide gli occhi dell’uomo puntati su di sé. Poteva avvertire
distintamente il sentore di pulito che emanava e il profumo amarognolo della
sua colonia e inspiegabilmente il suo cuore accelerò i battiti.
Benji fece
scorrere la punta dell’indice sua una delle morbide manine della bambina,
meravigliandosi quando le piccole dita si strinsero con forza attorno al suo in
una stretta tenace.
- Adesso
dovrei darle da mangiare …- mormorò Clare incapace di distogliere lo sguardo da
quello penetrante ed enigmatico di lui – Se vuole può tenere un po’ in braccio
la bambina mentre io preparo il biberon. -
- No. – la
risposta negativa di lui non si fece attendere – Ho alcune cose importanti da
fare. Non posso trattenermi. Metta pure Martine nella culla. –
Poi non
riuscendo a sostenere lo sguardo di rimprovero di Clare si avviò verso la
porta.