Capitolo 3 - Scoperta
Capitolo 3 - Scoperta
Beatrice si sedette al fianco di suo marito, appoggiata
all’alto schienale del suo trono dorato: gli sorrise e gli strinse la mano,
guardandolo negli occhi scuri, felice; erano mesi che lo specchio non si
illuminava la notte, mesi che non doveva più preparare di nascosto le provviste,
tre splendidi mesi in cui sua figlia si era sposata con il ragazzo che amava,
tre mesi in cui aveva trascorso moltissimo tempo con suo marito, a chiacchierare
o a trascorrere i pomeriggi in silenzio nel loro salotto.
Quel giorno Aurora e Filippo sarebbero tornati dalla loro lunga
luna di miele, e i loro genitori, accettuata la madre del ragazzo, a casa alle
prese con i fratellini del giovane principe e con l’ultimo nato, erano
impazienti di rivederli e li stavano aspettando nella sala del trono del
castello di re Stefano.
"I ragazzi stanno tornando, eh, Stefano?"
"Si, Uberto"
"E avranno tante cose da raccontarci!"
"SI, Uberto"
La regina Beatrice sorrise divertita, cercando di non farsi
vedere: Uberto era un loro carissimo amico, il migliore amico di Stefano, ma a
volte era troppo espansivo e gioviale e portava all’esaurimento la mente
tranquilla e riservata del re, come stava accadendo in quegli istanti: colto
dalla gioia irrefrenabile per il ritorno dei figli, il piccolo sovrano paffuto
imperversava per il castello dall’alba, schizzando qua e là come una trottola
impazzita, mentre un disperato re Stefano cercava di calmarlo, inutilmente.
Guardò fuori della finestra, una giornata bellissima e
soleggiata: desiderava ardentemente che la moglie di Uberto, Amanda, potesse
essere lì con lei, ma i suoi bambini erano ancora troppo piccoli per affrontare
un viaggio così lungo in così poco tempo, sebbene i due regni confinassero; cosa
poteva andare storto?
Un paggio entrò di corsa, senza fiato, ansimando pesantemente e
reggendo una pergamena arrotolata: fece per porla al suo re, ma stramazzò
rantolante sullo scalino che rialzava i troni; Stefano si alzò di scatto,
allungando un braccio alla sua sinistra come a difendere la moglie da un
pericolo che sentiva tangibile e presente. Uberto si chinò sul ragazzetto, gli
prese il rotolo e spaccò il sigillo di ceralacca della guarnigione reale dopo
aver ricevuto il permesso da un’occhiata di Stefano.
"E' della guardia esterna, Stefano"
Uberto lo guardò un po’ perplesso
"Pare abbiano una prigioniera"
Stefano lo guardò a mezzavia tra il crucciato e il sorpreso: una prigioniera?
Cosa era successo? Una ladra, qualcuno aveva cercato di introdursi nel loro
castello? Avevano fatto del male ad Aurora?
"Fatela entrare"
Passarono alcuni istanti, tesi e nervosi, mentre tutti si
domandavano cosa stesse per accadere; Beatrice era inquieta: chiamò piano suo
marito, stringendogli la mano, voleva parlargli, dirgli della sua inquietudine,
ma lui si limitò a sorriderle dolcemente, non voleva farla preoccupare
inutilmente, era chiaro.
Entrò una squadriglia di guardie, trascinando qualcosa che
somigliava ad un fagotto nero, una persona accucciata che cercava di proteggersi
dei raggi del sole e dagli sguardi, che nascondeva il volto non per vergogna, ma
per puro terrore. Lo gettarono per terra e il mucchio di stracci si mosse,
alzando il viso e gli occhi neri e profondi cercandone un paio di blu scuro, in
cerca di aiuto.
Il re s’irrigidì e si mise di fronte alla moglie, deciso a
difenderla fino in fondo, oscurandole la visuale; lei vide però Uberto
indietreggiare di scatto e le guardie mettersi in assetto da battaglia, qualcosa
non andava: una sensazione di gelo le attenagliò il cuore e provò a spostarsi,
invano.
"Malefica"
Alle parole del marito, il cuore di Beatrice sprofondò nel
terrore: avevano arrestato sua sorella, e se lei aveva parlato, Beatrice era
finita, sarebbe stata trattata come una traditrice, l’avrebbero messa a morte,
il suo Stefano l’avrebbe odiata. S’alzò barcollando e spostò il re di lato,
guardando terrorizzata negli occhi della sorella, cercando disperata una
conferma del fatto che non l’aveva tradita, una muta supplica negli occhi blu
spaventati.
Malefica le restituì lo sguardo, il più fieramente possibile, e
Beatrice ebbe la conferma: non aveva parlato, nessuno sapeva nulla. Ora doveva
solo trovare un modo perchè non venisse uccisa senza esporsi troppo.
Il capo della squadra armata stava parlando, ma lei non lo
udiva.
Guardava invece il volto della sorella trasformarsi pian piano
in una maschera d’orrore, ma non ne capiva il motivo: Malefica sillabò qualcosa,
ma Beatrice non capiva; uomo? Che uomo? Un uomo che parlava? Una missiva?
Un uomo che leggeva una missiva reale!
La regina boccheggiò per qualche istante, capendo troppo tardi
il pericolo che stavano correndo, il disastro che stava accadendo davanti a
loro.
"Abbiamo le prove che qualcuno ha aiutato la strega, Maestà"
Lei guardò il soldato che stava parlando e lui ricambiò lo
sguardo, per qualche istante beffardo e superiore a lei, lo conosceva,
quell’uomo la odiava, non l’aveva mai ritenuta la sua regina, lei era una
straniera, era persino di famiglia poco nobile, quella guardia faceva parte di
quella buona parte di popolo che non l’aveva mai ritenuta la loro sovrana.
"Qualcuno all’interno del castello, Maestà"
Stefano impallidì appena e si spostò di fronte alla moglie,
come per difenderla da un’accusa tanto grave e pericolosa; Beatrice gemette
piano e cercò lo sguardo della sorella, sperando in un aiuto, ma incontrò
solamente uno sguardo sconfitto.
"Chi è il traditore?"
"La regina, Maestà"
***
"Cosa?"
"E' stata la regina ad aiutare la strega Malefica, Vostra
Maestà. Ne abbiamo le prove"
Stefano si girò a guardarla, stupefatto: sua moglie, la sua
bella e dolce moglie, aiutare Malefica? Non era possibile! La strega aveva
tentato di uccidere la loro unica bambina! Non poteva essere stata Beatrice ad
aiutarla!
"Non è possibile"
Re Stefano fulminò il capo delle guardie di fronte a lui.
"Mia moglie non farebbe mai una cosa simile"
"Ci sono le prove, Maestà"
L’uomo, untuoso e servile, si chinò al sovrano, porgendogli un
fascio di fogli, e su alcuni di essi sia Beatrice che Stefano riconobbero la
delicata calligrafia della regina: il re li prese, li scorse rapidamente,
l’espressione del volto seria ed immutabile, li lesse di fretta, sfogliandoli
rapidamente e di malagrazia. Sua moglie tratteneva il fiato, spaventata. Uberto
fece un segno brusco con la mano, invitando i presenti ad andarsene: la guardia
scelta fece per lamentarsi, ma il re paffuto la fulminò con lo sguardo e il
gruppo di soldati, insieme agli altri, fortunatamente pochi, funzionari presenti
nella stanza, si affrettò a lasciare la stanza, trascinando fuori una reticente
Malefica che, per la prima volta dopo anni, temeva per la vita della giovane
sorella. Uberto andò con loro, chiudendo silenziosamente la porta e lanciando
uno sguardo preoccupato alla coppia di amici.
Stefano rimaneva in silenzio, continuando a leggere le carte
che teneva tra le lunghe mani, come a cercare un appiglio riguardo l’innocenza
dalle moglie; i minuti passavano, ma il re non parlava.
"Stefano, ti prego, dì qualcosa"
Lui la guardò, grave.
"Perchè?"
Beatrice impallidì: era deluso, ferito, quasi disgustato,
sapeva di averlo perso per sempre. Allungò una mano verso di lui, ma si
ritrasse, non voleva toccarla. La regina abbassò gli occhi, colpevole e in
lacrime.
"E' mia sorella, Stefano"
Lui annuì, sorridendo sarcastico, e il cuore di sua moglie
sprofondò ancora di più: dunque era quella la vera natura di sua moglie, aveva
sposato la sorella di una strega, della strega che aveva cercato di uccidere
Aurora, una donna che allora lo aveva sposato solo per il suo potere.
"Non mi hai mai amato"
Non era una domanda, era una mera affermazione, piatta, amara e
sofferta.
"Stefano, non-"
"Taci. Mi ero anche fidato di quella bella fanciulla straniera.
Mi ero innamorato. Ci sono cascato, eh?
Come un imbecille. Quanto ve la siete risa tu e tua sorella in
tutti questi anni? Le hai detto tu dov’era Aurora? Vi siete divertite?"
Beatrice lo guardò sconvolta, balbettando in silenzio: lui
pensava davvero tutto questo di lei? Quanto più temeva si era realizzato, e lei
non sapeva come far fronte alla delusione e al dolore di suo marito, gli
sembravano cosÏ grandi e terribili!
"Stefano, ti prego…"
Ammutolì di fronte allo sguardo cupo di lui, ma si fece
coraggio, c’era una cosa che doveva dirgli assolutamente, qualcosa che forse
l’avrebbe aiutato a perdonarla.
"Devo dirti una cosa importante, Stefano, per favore-"
"Vattene"
La regina barcollò all’indietro, colta alla sprovvista, ferita
nel profondo.
"Cosa?"
"Vattene"
- Ci sono. Ci sono. Chiedo umilmente scusa per il ritardo, mi faccio
schifo da sola -.-" comunque, eccomi!! Terzo capitolo, spero di scrivere presto
gli altri. Una piccola delucidazione... questa storia è dedicata a Re Stefano
(con la "e" stretta, come lo pronuncia Malefica, prego) e la Regina Beatrice;
Aurora comparirà spesso e volentieri più avanti, e capirete perchè. Ora, spero
solo di fare in fretta. Un bacio!-
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