la mente di Oscar
La mente di Oscar
Incapace di pensare, ignaro
di essere stato ad un passo dalla distruzione, il pianeta aveva
continuato la
sua abituale rotazione, permettendo ai primi pallidi raggi del sole di
scacciare la notte e invadere la Valle di Avalar con un’alba
perlacea.
Il bagliore diede una forma
indistinta alle cose, trasformando erba ed alberi in gioielli
d’argento, dove
grosse gocce di diamante andavano man mano evaporando con
l’aumentare della
temperatura, divenendo nebbia, inghiottendo ogni cosa in
un’atmosfera irreale,
dove la luce si diffondeva in maniera amorfa o si condensava in lame
affilate.
La collina erbosa sembrava
un’isola che spuntasse nel bel mezzo di un mare tumultuoso, che
si contorceva
in spirali ed innalzava evanescenti pinnacoli di vapore.
Due draghi viola stavano
dormendo profondamente alla sommità della modesta altura,
accucciati l’uno
accanto all’altra e cingendosi a vicenda con le ali per tener
lontano il freddo
della notte.
Di colpo il respiro regolare
di Pharnasius ebbe un impercettibile sussulto, mentre le pozze nere dei
suoi
occhi iniziarono inquietamente a muoversi da sotto le palpebre chiuse.
La dragonessa si svegliò e
con sua immensa sorpresa e confusione si ritrovò distesa su un
morbido ed
elegante divanetto, foderato di broccato rosso, dove una leggera
fantasia di
rose si susseguiva tra le pieghe del tessuto.
Pharnasius fissò sgomenta i
lunghi guanti di lucida seta nera che le cingevano gli avambracci ed i
gioielli
che le adornavano in collo, gli arti e la coda.
Brillavano come oro colato
alla luce del caminetto, con la loro opulenza di linee che
appartenevano ad un’epoca
passata da secoli, come d’altronde era ogni cosa che adornava la
stanza che la
circondava, dal servizio da tè in porcellana dipinta
d’azzurro, alle tende e le
librerie colme di vecchi tomi.
Un profumo intenso di
ginepro, con una lieve punta di rosa, le invase le narici,
minacciandola di
stordirla, mentre un panico bruciante trafiggeva Pharnasius con ondate
alternate di gelo, che la fecero rabbrividire nonostante la cappa di
calore che
aleggiava nella stanza.
No…. Non poteva essere vero!
Era soltanto un sogno, un brutto, bruttissimo incubo dal quale si
sarebbe
potuta svegliare con un pizzicotto…
-Oh Pharnasius, Pharnasius….
Non posso credere che tu sia caduta così in basso…-
Quella voce modulata e
melodiosa sembrò rimbombare nel piccolo salotto, facendo
sobbalzare la
dragonessa viola, che girò di scatto il capo verso il vano della
porta, dove la
sagoma aggraziata di Oscar aveva fatto la sua comparsa.
-… amoreggiare con un
individuo
così gretto e rozzo… sinceramente credevo che i tuoi
gusti fossero assai più
raffinati…-
-TU!-
Colta da uno strano
miscuglio di paura, odio e rabbia esplosiva, Pharnasius snudò
gli affilati
artigli con l’intento di gettarsi a capofitto sul l’altro,
per cancellargli una
volta per tutte quel sorrisetto strafottente dal muso; ma appena
tentò di
alzarsi, dal divano fuoriuscirono nastri di broccato, che le cinsero
gli arti
ed il corpo, scaraventandola sulla morbida imbottitura e tenendola
lì,
completamente immobilizzata.
Lei tentò furiosamente di
divincolarsi, ma senza successo e non potette far altro che soffiare
verso il
Burattinaio che entrava nella stanza, mostrando il suo arsenale di
bianche
zanne come un misero riflesso di ciò che avrebbe voluto fare.
-Faresti meglio a calmarti,
mia cara… in questo luogo è la mia volontà che
controlla ogni cosa-
-No, no… non può
essere… è
solo un sogno!-
Oscar si avviò con passo
armonioso verso una poltroncina posta di fianco al divano dove lei era
distesa.
-Per certi versi sì, visto
che tutto questo sta avvenendo solamente all’interno della tua
testa; ma
considerando quanto le tue percezioni siano vivide, potremmo
tranquillamente
affermare che tutto ciò stia accadendo realmente…-
Con immensa calma, il drago
viola si accomodò nella poltrona, allungando le mani verso il
tavolinetto lì
vicino per versarsi una tazza di tè, ogni sua movenza era il
frutto di un
perfetto controllo sul proprio corpo, una sorta di perpetua coreografia
che
andava a completare l’insieme dell’ambiente, in una
continua ed ossessiva
ricerca edonistica.
-oh, che sgarbato…
gradiresti una tazza di tè!-
-No-
-Come vuoi…-
E qui prese un cubetto di
zucchero e lo tuffò nella propria tazza, mescolandone
oziosamente il contenuto
con un cucchiaio d’argento, dove erano state rappresentate
minuscole figure di
draghi e fiori.
-Tè nero al bergamotto:
è
considerato lo champagne dei tè…-
Si portò la porcellana alle
sottili labbra scagliose e ne bevve un sorso.
-… perché sto
sprecando il
nostro tempo con queste osservazioni oziose? Credo che tu preferisca di
gran
lunga una qualche spiegazione riguardante la tua presenza nella mia
dimora, non
è così?-
Pharnasius non rispose, limitandosi
solamente a fissare l’altro drago con
l’inespressività di una sfinge.
-Diciamo che sono riuscito a
collegare i nostri rispettivi neuroni, utilizzando il mio programma di
realtà
virtuale come piattaforma comune-
-Ma come diavolo è
possibile! Visto che nessun dannato ripetitore è collegato alla
mia testa!?-
Oscar la guardò con
perplessità, per poi scuotere il capo con disappunto, facendo
oscillare i fini
barbigli che si curvarono le volute che decoravano la tazza che teneva
sospesa
tra gli artigli.
-Ti ho già detto di
calmarti… la rabbia non ti servirà a nulla, mia cara,
tranne che a renderti
così spiacevolmente volgare-
Appoggiò la tazza sul
tavolinetto, facendola leggermente tintinnare sul piattino, per poi
concentrare
la sua attenzione sul rigoglioso vaso di fiori che stava creando
meravigliosi
giochi di riflessi pastello, catturando le pozze di luce che filtravano
dagli
ampi finestroni.
-Devi sapere che sto
semplicemente utilizzando come ripetitore il ragazzotto che ti dorme al
fianco..-
-Cosa?!-
-Sai che i draghi di questo
mondo sono capaci di fare cose incredibili, utilizzando i loro poteri
magici?-
-Sì, l’ho
scoperto… e devo
dire che è una questione che mi fa rizzare le scaglie…-
Oscar perse interesse per i
petali di asfodelo che stava accarezzando, solo per catturarle lo
sguardo nelle
profondità delle sue fredde iridi verdi.
-Quella che loro chiamano
magia non sono altro che comunissime onde elettromagnetiche, la stessa
energia
ed il medesimo principio che alimentano la nostra tecnologia…-
-La biologia del pianeta
dove ti trovi è estremamente affascinante: ogni essere vivente
emette onde
elettromagnetiche, ma quei draghi sono capaci di creare onde di
incredibile
potenza e la cosa più sorprendente sta nel fatto che loro siano
capaci di
controllarle, manipolandole a seconda dell’evenienza … ed
ecco qua la magia!
Null’altro che un mero fenomeno fisico-
-Ora sto semplicemente
sfruttando l’energia emanata da quell’orso viola per
stabilire un contatto tra
di noi-
Pharnasius avrebbe dovuto
rimanere stupita, ma quella rivelazione aveva cancellato ogni suo
ribrezzo nei
confronti delle abilità dei draghi di quel mondo alieno, ora che
finalmente
sapeva una spiegazione razionale si celava dietro tutte quelle
assurdità che le
erano accadute.
-Ma guarda che bel sereno
abbiamo oggi! Perché non scendiamo in giardino per fare quattro
chiacchiere?-
Agile ed aggraziato, il
Burattinaio si alzò dalla poltrona, flettendo leggermente le ali
ed invitando
l’altra a seguirlo con un lieve cenno del muso delicato.
Senza volerlo, Pharnasius
sentì con orrore il proprio corpo che si muoveva contro la sua
volontà,
imprigionato come una marionetta ai fili che l’altro drago viola
stava ora
tirando a suo piacimento, facendola alzare e camminare al suo fianco.
Come comandato dal galateo
della vecchia società borghese, Oscar le porse lo snodo delle
falangi dell’ala
affinché Pharnasius vi potesse appoggiare il proprio, e con
quell’atto di
galanteria, che vista la paradossale situazione era più una
crudele derisione
che un atto di cortesia, accompagnò la rivale al di fuori della
villetta stile
neogotico.
L’immenso giardino che
cingeva la residenza virtuale di Oscar, era semplicemente stupendo:
un’opera
d’arte.
La calda luce mattutina
danzava sulla folta erba curata dei vialetti, trasformandola in
smeraldo.
Rocce ricoperte di muschi
spuntavano dalle sponde di limpidi ruscelletti, armoniose statue di
draghi
fiabeschi stavano a guardia di scroscianti cascate e piccole grotte
artificiali, mentre ovunque danzava la dolce fragranza di migliaia di
fiori, dalle
varietà più esotiche.
Passeggiando tra l’ombra
delle latifoglie ed il caldo dorato del sole, rapita da tanta bellezza,
Pharnasius non riusciva a dare un senso a tutto quello che vedeva.
Stranamente, tutta quella
vegetazione somigliava in maniera inquietante ad…
-I paesaggi alieni del
pianeta dove ti sei schiantata-
Concluse per lei l’odiato
accompagnatore, concretizzando in parole i pensieri di lei.
- Ti stai domandando il
perché della somiglianza di questo luogo con l’altro
pianeta, vero?-
Pharnasius annuì.
-La spiegazione è semplice:
secoli fa il nostro pianeta era tale e quale a quello in cui sei ora
intrappolata-
La sconcertante notizia
raggelò la guerriera viola, tanto che avrebbe smesso
all’istante di camminare
se solo la volontà dell’altro drago non le imponesse dio
continuare la loro
oziosa passeggiata.
-So che sei estremamente
confusa, che ti stai domandando il perché io abbia ridotto il
nostro mondo in
una distesa desertica mentre il mio amore per le bellezze naturali
hanno creato
questo piccolo paradiso… oh, sediamoci pure qui…-
I due avevano raggiunto un
salice piangente, le cui lunghe fronde, simili ai capelli di una dama,
scendevano mollemente fino ad increspare la superficie di uno stagno
tappezzato
da ninfee.
Oscar scelse di sistemarsi
all’ombra del salice, laddove si poteva godere della deliziosa
vista della
pozza luccicante, prima di continuare il discorso con quel suo consueto
tono
garbato che tanto urtava i nervi già tesi di Pharnasius.
-Vorrei raccontarti una
storia, mia cara…-
Si lisciò con noncuranza
un’ala, prima di puntare gli occhi smeraldini in quelli di lei,
enfatizzando
l’importanza delle parole che da lì in poi si sarebbero
susseguite.
-… una storia veramente
lunga, che ha inizio centinaia di anni fa, quanto il nostro mondo era
come
questo giardino.-
-Sono nato in una famiglia
borghese benestante, che aveva fondato la sua fortuna tramite il
commercio…-
-…mio padre si
adoperò in
ogni maniera affinché io ricevessi un’educazione degna di
tale nome. Dalle
lettere classiche alla scienza, dalla filosofia all’educazione
artistica,
passai la mia fanciullezza studiando sotto la guida che migliori
mentori che si
potessero trovare.-
-Quanto finalmente divenni
un giovane adulto, iniziò per me il piacere della vita di
società: ricevimenti,
teatro, gite all’aperto, dove la gente trasformava il mondo in un
universo
idilliaco, cercando la perfezione e l’appagamento estetico dei
sensi in ogni
azione, parola, attimo… facendo della propria esistenza
un’opera d’arte!-
Il ricordo di quei tempi
lontani, rapirono Oscar, cancellando il giardino e Pharnasius mentre
rivedeva i
luoghi e le persone della sua giovinezza.
-Poi però mi accorsi che una
tremenda maledizione scorreva nelle mie vene:
l’immortalità-
-Gradualmente, vidi le
persone a me care invecchiare mentre io rimanevo immutato, come se
avessero
scolpito le mie fattezze nel marmo-
-Non ci volle molto prima
che gli altri draghi scoprissero l’innaturale perdurare della mia
giovinezza,
rimanendone spaventati…. Venni allontanato e perfino la mia
famiglia mi
rinnegò-
Oscar afflosciò le spalle,
fissando senza vederla l’erba.
Il dolore di lui era così
evidente che Pharnasius provò una punta di pietà nei suoi
confronti, ora che
quella sua costante malizia si era momentaneamente dileguata, come
rugiada al
sole.
-Divenni un reietto, l’ombra
di me stesso mentre il mondo cambiava, si trasformava ed io non ero
altro che
un patetico scarafaggio che ne elemosinava le briciole, sperando in una
morte
che mai arrivava, maledicendo la mia giovinezza eterna…-
-… poi fecero la loro
comparsa i primi congegni elettronici, con le loro inesplorate
potenzialità che
non tardarono a catturare il mio interesse…-
-Cercai, da autodidatta, di
studiarli e di capirne il meccanismo, sperimentando nuovi meccanismi
con quello
che riuscivo a raffazzonare… fortuna volle che un famoso
ingegnere elettronico
si smarrisse un bel giorno nei sobborghi della città dove
momentaneamente mi
trovavo, e che cercando una via d’uscita da quello squallido
susseguirsi di
baracche, mi notasse, intento com’ero a sperimentare…-
-… quel generoso drago
capì
il mio talento e divenne il mio mecenate: mi tolse dalla strada e
pagò i miei
studi fino a quando non entrai a far parte del suo team di ricerca,
distinguendomi ben presto dal resto dei ricercatori e superando in
bravura il
mio maestro… fui io ad inventare la tecnologia della
realtà virtuale e fin da
subito capii che avevo tra gli artigli gli strumenti giusti per riavere
indietro ciò che avevo perso…-
-… tra anni di incessante
lavoro, convegni, conferenze e lezioni tenute in tutto il mondo…
la mia
creazione andava man mano perfezionandosi fino a soppiantare
perfettamente la
realtà fisica…-
-.... creai questa villa e
questo meraviglioso giardino, dove sempre più spesso mi ritiravo
per riposare
l’anima e godere della perfezione assoluta che solamente qui
potevo trovare…
pian piano capii che non vi era alcuna differenza tra la vita reale e
quella
virtuale, tranne solo che un piccolo particolare: la vita virtuale
aveva il
pregio di poter essere modellata a piacimento, eliminando così
tutto ciò che
era spiacevole … cancellando per sempre il dolore!-
Pharnasius ascoltava la
storia di Oscar un’espressione sconcertata man mano che i
vaneggiamenti del
drago viola ne tinsero la voce di un pericoloso tono acuto, che lo
faceva
somigliare ad un fanatico religioso che proclamasse il proprio credo
nella
piazza del mercato.
-… Ho trovato la chiave
della Felicità! Ti rendi conto della portata della mia scoperta?
Perché
continuare a vivere in un mondo spietato quando sarebbe stato
semplicemente
possibile crearsi il proprio paradiso in terra?... Gli altri draghi,
stupidi
come non mai, ovviamente non capirono ed inorridirono alla mia
proposta, così
decisi che era giusto che l’intera nostra razza vivesse senza gli
affanni del mondo
e che, se gli altri non mi avessero seguito di loro spontanea
volontà, li avrei
semplicemente costretti… facendo del mondo fisico un luogo
infernale ed
invivibile…-
L’orrore stappò un
gemito
allarmato dalle fauci spalancate di Pharnasius.
-Tu cosa?!-
Boccheggiò la guerriera.
Era pazzo, folle,
completamente fuori di testa, ormai Pharnasius non ne aveva più
il minimo
dubbio al riguardo.
La disgrazia stava
semplicemente del fatto che una mente così distorta, martoriata
da una
innumerevole serie di traumi, celasse una genialità incredibile,
che gli aveva
permesso di realizzare quei suoi sogni perversi, nell’assurda e
pericolosa
convinzione di agire per il giusto, per il bene di tutta la sua razza.
Oscar la squadrò con occhi
tristi, prima che la collera gli fece snudare le zanne.
-Anche tu non capisci?!-
Le ruggì contro con
veemenza, abbandonando ogni suo contegno per svelare tutta
l’aggressività che
nascondeva in una parte remota del suo essere.
Poi, veloce come si era
scatenato, il suo uragano interiore si calmò.
Oscar si ricompose con
estrema dignità, lasciando vagare lo sguardo verso il lontano
orizzonte
celestino del parco.
-Non importa… vorrei
solamente averti sempre al mio fianco e condividere con te questo
tesoro… tutto
qui… non so perché, ma gradisco particolarmente la tua
compagnia-
Pharnasius imprecò tra
sé e
sé: ora sapeva perfettamente come si sentivano i polli in gabbia
che
attendevano di essere cucinati nello spiedo che girava nel forno.
Oscar si era nuovamente
girato a fissarla, con quelle sue sembianze meravigliose che
nascondevano le
tumefatte bruttezze della sua assoluta follia.
Un accenno di sorriso gli
modellò le labbra in una curva armoniosa mentre le si avvicinava
con
esasperante lentezza.
-Ci vedremo presto,
Pharnasius-
Il Burattinaio le prese con
delicatezza la zampa, e con un atto di antiquata galanteria si
portò il dorso
della sua mano alle labbra.
Con quel bacio, Oscar la
restituì alla realtà.
La dragonessa viola si
svegliò di soprassalto con un urlo che scaricò tutta la
tensione che aveva
accumulato; poi si guardò febbrilmente attorno, temendo di veder
spuntar fuori
dal nulla l’odiato nemico, ma non vide altro che foreste, prati e
la massa
violacea di Malefor al suo fianco.
Il Maestro delle ombre si
stava scrollando di dosso il torpore del sonno, guardandola con estrema
confusione.
-Pharnasius…
tutto bene?-
Lei riuscì a stento a
reprimere un attacco isterico, raggomitolandosi su se stessa e
nascondendosi il
muso tra le grinfie contratte, tremando come una foglia.
Ali e braccia premurose la
cinsero…. quell’atteggiamento le ricordò Loki.
-Ehi! Pharny, che ti
prende?-
-M-mi ha trovata!-
Riuscì soltanto a
farfugliare con voce rotta.
-Lui è qui! È qui!-
Il solo rievocare a parole
la dura realtà, le diedero la sensazione che il suolo si stesse
sgretolando da
sotto le sue zampe.
Temendo di precipitare nel
vuoto, Pharnasius si aggrappò a Malefor così come un
naufrago tenta di ancorarsi
allo scoglio per sottrarsi alle onde della tempesta.
Poteva avvertire il vigoroso
battito cardiaco rimbombare nell’ampio petto di lui e questo le
bastò ad
acquietare le acquee tumultuose della paura che aveva lasciato che
avesse la
meglio su di lei.
Cosa stava mai facendo?! Lei
era una guerriera, mica una cucciola piagnucolosa!
-Pharnasius! Pharnasius! è urgente! Ho rilevato una
massa gigantesca
che sta entrando nell’atmosfera del pianeta…-
L’evanescente
sagoma di Belta si era materializzata , tradendo un
piccolo sussulto di sorpresa alla vista dell’aspetto scosso e
sconvolto della
sua padrona.
-Maledetto figlio di
puttana! Così quel damerino vorrebbe rovinare
anche questo mondo… no, non glielo permetterò… -
Pharnasius
pronunciò le sue parole con una tale ferocia
sanguinaria che perfino Malefor ne rimase sconcertato.
-Belta, fammi da
guida-
Lei si
divincolò con gentilezza dal suo abbraccio, spiccando
immediatamente un balzo che la portò a librarsi nel cielo e
lasciando il
confuso Maestro delle Ombre a cercare di dare un senso a quel che stava
accadendo… senza però avere
successo.
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