That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Chains - IV.004
- Alastor Moody
Mirzam Sherton
località sconosciuta, Shetland - sab.
25 dicembre 1971
Appena
Jarvis si smaterializzò via dalla grotta, il silenzio scese
attorno a noi. C’eravamo raccolti intorno a un fuoco, le
pareti
illuminate dal rosseggiare delle fiamme, le nostre ombre proiettate
nere e vivide sulla superficie ruvida e spigolosa della roccia, Sile
era al mio fianco, seduta vicina a me, gli occhi persi nel vuoto, senza
alcuna curiosità per l'altra persona presente nell'ambiente,
che
era rimasta sempre silenziosa e disinteressata nei nostri confronti. Al
contrario, io continuavo a studiarla di sottecchi: il nome, certi
tratti del viso, l'età apparente mi davano pochi dubbi su
chi
fosse, eppure troppe cose continuavano a non avere senso, era
semplicemente assurdo che Fear si fosse fatto carico della figlia
illegittima e mezzosangue di Orion Black, non capivo per quale motivo
avesse fatto una stupidaggine del genere. E mi chiedevo se
fosse
una Strega o, dopo essere rimasta per quasi una notte a Herrengton, non
fosse più nemmeno una Mezzosangue... Come aveva vissuto in
quegli anni? Possibile che fosse sempre rimasta con
Fear? Avevo anche la conferma indiretta che non ci trovassimo
più entro i territori delle Terre del Nord e dell'influenza
di
Habarcat, altrimenti “quella” non sarebbe riuscita
a
sopravvivere a lungo. Dov'eravamo? Perché
non ci
trovavamo nelle Terre? Che cosa era andato a prendere Fear per
“aiutarci”? E che cosa ne sarebbe stato di
noi a quel
punto?
Troppe domande, alle quali non sapevo se volevo avere una risposta,
domande che mi distraevano da questioni molto più
importanti,
dolorose, che cercavo di allontanare dalla mia mente. Che cosa
avrebbe fatto Sile? A cosa stava pensando? A quanto l'avessi
delusa? A quale tremendo errore avesse fatto, sposandomi?
Si
preparava a dirmi che ero un essere abbietto, un maledetto bugiardo,
che mi odiava, che...? Il pensiero che la mia vita fosse
finita in
nemmeno una settimana mi lasciava senza fiato e il fatto che stavolta
avessi combinato un casino per una buona causa, dopo i guai in cui mi
ero cacciato negli ultimi anni per semplice stupidità, non
mi
dava un pur minimo sollievo. Inoltre, nonostante fossi un idiota, io
l'amavo veramente, pertanto non potevo imporle una vita da fuggitiva
con me: anche se lei, per qualche assurda ragione, mi avesse perdonato,
dovevo essere un uomo, almeno una misera volta nella mia vita, e
accettare le conseguenze delle mie scelte, facendo tutto ciò
che
era meglio e giusto per lei, ovvero liberarla dalla mia dannosa
presenza. Avevo già creduto di essere disperato in altri
frangenti, ma mai prima di quel momento avevo realmente compreso il
significato della parola “disperazione”: l'unico
modo per
fare il bene della persona che amavo era uscire definitivamente dalla
sua vita.
“Prima dell'arrivo di Fear,
Sile... forse dovremmo chiarire alcune questioni... ”
Lo dissi quasi in un sussurro, Sile mi guardò indecisa,
assorta,
poi fissò la ragazza che stava muta davanti a noi, in piedi,
quasi avesse timore ad avvicinarsi, eppure osservando il suo sguardo,
era facile comprendere che non era tipo da aver paura di qualcosa: la
verità era che non aveva alcuna intenzione di lasciarci
soli,
non capivo se fosse spudoratamente curiosa o arrogante o eseguisse solo
gli ordini di Fear. Dopo un attimo di esitazione, Sile
annuì, si alzò e m’invitò a
seguirla, fuori
da quell'ambiente racchiuso e caldo, sulla via oscura che portava agli
scogli, di fronte al mare in tempesta, Margareth per fortuna non ci
seguì: era freddo, ma la tensione di quel momento, forse il
momento più importante della mia vita, non mi faceva
percepire
nulla, sembrava non avessi più un corpo, ero solo un cuore,
un
cuore prossimo a frantumarsi in miliardi di pezzi. Rimasi in
silenzio, a lungo, incapace di iniziare un discorso in modo convincente
e persino di guardarla, rimanevo a pochi passi da lei, che si
appoggiava alla parete e a sua volta non aveva alcuna intenzione di
sollevare lo sguardo o dire qualcosa. Alla fine, però,
sapendo
che con le parole ero un disastro e rischiavamo di restare sospesi in
quel limbo per il resto della nostra vita, prese coraggio e
affrontò la situazione di petto.
“Se ti stai chiedendo se credo
alle accuse che
ti muovono... no, non ci credo Mirzam... mi sono sbagliata spesso su di
te, è vero... ma so che non saresti mai capace di fare del
male
alla tua famiglia... se te ne credessi capace, non avrei mai accettato
di sposarti... lo sai... ”
“Beh… Quella
è proprio assurda
come storia, ma... io... io quell'uomo... quell'Auror, intendo... io...
quello... l'ho ucciso... davvero...”
“Lo so... ”
La fissai, ora anche lei guardava me, con quegli occhi chiari che
sembravano graffiarmi dentro, con tutto il dolore che vi vedevo
raccolto. Dolore, però, solo dolore, non disprezzo,
né
delusione. Sile era travolta come me, dall'incertezza, dalla
paura, dall'oscurità che si dipanava davanti a
noi, dalla
fragilità del nostro destino, in lei c'erano domande e
domande,
ed io non avevo nemmeno una risposta e anche se le avessi avute,
sarebbero state tutte sbagliate. Come sempre.
“Te l'ha detto Fear?
Maledizione!
Perché? L'ho spergiurato di lasciare a me questo compito...
almeno questo... Te lo dovevo, io... te lo... ”
“Fear non mi ha detto nulla,
Mirzam... non
chiedermi come, ma lo so, l'ho sempre saputo... ormai ti conosco
abbastanza, l'ho visto nel tuo sguardo, qualcosa di brutto ti aveva
tolto la serenità negli ultimi giorni… anche se
eri
felice, anche se stavi bene con me, sentivo che c'era qualcosa che ti
tormentava... Sapevo che era successo qualcosa, ma... Sono sincera...
non ho avuto il coraggio di chiederti niente... avevo paura di sentire
le tue risposte…”
Come darle torto? Ogni volta che avevo cercato di spiegarle
qualcosa… che avevo tentato di giustificarmi…
“Non volevo che accadesse,
Sile... te lo
giuro... non l'ho cercato, non l'ho... è stato un caso, uno
stramaledetto incidente... è caduto ma io non volevo che
cadesse, non sono riuscito a impedire che morisse... mi ha assalito, io
mi sono difeso, mi sono solo difeso... so difendermi, lo sai, senza
fare del male... io non volevo fargliene, volevo solo sfuggirgli... ma
lui... lui è inciampato ed è volato di sotto! Te
lo
giuro, Sile... te lo giuro sulla mia vita, anche se non conta niente...
ho provato a evitare che cadesse, ho provato a evitare che si
ferisse... ma non ho fatto in tempo a... ”
Mi stringeva la mano, forte. A ogni parola che pronunciavo,
sentivo il mio respiro e la mia voce farsi più debole,
sentivo
le forze abbandonarmi, sentivo la vergogna impossessarsi di me,
diventare tutt'uno con la colpa, ma quella mano, il calore della sua
mano attorno alla mia, al contrario si faceva più vivo,
più potente. La guardai, Sile mi dava una speranza,
lei che
era la mia costante e la mia certezza.
“Non volevo nascondertelo...
volevo dirtelo,
ma aspettavo il momento giusto, ammesso ne esista uno... Non per me...
non volevo apparire diverso da ciò che sono, il solito
idiota...
ma... non mi sembrava giusto rovinare queste giornate anche a te, con
una delle mie solite cazzate... ma sono un completo imbecille e sono
riuscito a distruggere tutto... ”
Sile salì sulle punte e mi scoccò un bacio sulle
labbra,
impedendomi di dire altro, di piangermi ancora addosso, mi
accarezzò lenta le Rune delle mani e se le portò
dietro
la schiena così che la sorreggessi, mentre si stringeva a
me: mi
abbandonai al suo abbraccio, respirando a fondo il profumo dei suoi
capelli, serrandola a me, scaldandomi col suo calore, illuminato dal
suo sguardo, assaporando le sue labbra con passione, lasciando che
tutto di lei, la sua bellezza, la sua bontà, la sua
dolcezza,
attutissero il dolore della mia consapevolezza, del mio essere inutile
e miserabile. La desideravo, con forza e disperazione, come si
può desiderare solo la vita che si sta per perdere: senza
pensare più ai miei buoni propositi, annodai le dita tra i
suoi
capelli, le sollevai il volto, perdendomi nei suoi occhi, bruciava come
me, di fame e desiderio, di disperazione e follia. Anche lei cercava
quell'unione completa, immersi com'eravamo in un futuro che
improvvisamente era diventato indefinito e oscuro, una perenne notte,
là dove fino a poche ore prima c'era almeno la speranza di
una
nuova alba da attendere insieme, di una vita insieme, di un futuro
insieme. Con una fretta che non mi apparteneva, le sciolsi
bramoso
e sbrigativo i lacci dell'abito, lasciandole la tunica aperta e
discinta addosso, senza spogliarla del tutto, mi feci spazio con il
viso, con la bocca, nel pizzo del suo corsetto, senza pensare al
rischio di essere visti, sentiti, interrotti. Affondai le
labbra
nella carne morbida del suo seno, strappandole nonostante la ruvidezza
dei gesti dei gemiti simili a fusa, inebriato dal profumo di donna,
della mia donna; con le mani, risalii sul suo corpo, afferrando e
strizzando la sua pelle, quasi a sincerarmi che fosse ancora vera, che
non fosse già solo un sogno. La sollevai, cingendo
le sue
gambe ai miei lombi, annullando tra noi tutta la distanza, volevo
immergermi in lei, subito, con decisione e fretta, nel suo calore,
serrandola con prepotenza con le dita, facendole persino male, come non
gliene avevo mai fatto, per lasciare dei segni che le ricordassero
almeno per un po’ di noi, di quei momenti perduti per sempre,
strisciandola persino contro la parete grezza, lasciando che rapidi,
ruvidi, disperati i miei movimenti, i miei gemiti, il mio respiro si
appropriassero del buio, fondendosi col suono del mare, tentando di
cancellare in lei, nella sua carne viva e accogliente, tutta la mia
tensione, la mia disperazione, la mia angoscia: in lei, che era il mio
nido, la mia culla ovattata, la mia ancora di salvezza, la mia sola
ragione di vita. Invece restavo immobile, attendevo nemmeno io
sapevo cosa, la mente persa nel delirio, immaginavo i suoi sospiri che
si univano ai miei, la sua carne violata che si adattava e si stringeva
intorno alla mia, iniettandomi le vene di fuoco e piacere, ma in
realtà restavo una statua inerte, incapace persino di
spogliarmi, preda della mia angoscia che, intatta, mi divorava sempre
di più, mi sovrastava, mi ricordava che se
l’avessi fatto,
quello sarebbe stato il nostro ultimo abbraccio, l'ultimo bacio,
l'ultima volta che sarebbe stata mia. Non poteva finire
così, no, non potevo averla così, macchiando il
ricordo
di ciò che avevo di più caro del colore turpe del
mio
fallimento e del mio dolore. Il senso di vuoto mi prese
definitivamente, mi chiesi cosa diavolo stessi cercando di fare, come
avessi potuto coinvolgere Sile, proprio Sile in un destino assurdo come
quello che avevo scelto, intrecciando in una serie di passi falsi la
mia vita a quella di un pazzo assassino, di un mostro. Sile
sentì la mia paura e la mia disperazione allontanarmi da
lei, si
strinse ancora di più a me, affondando le unghie nella mia
carne, stampando le labbra con più urgenza tra i miei
capelli,
si aggrappava al mio abbraccio, a me, che ormai lasciavo libere le mie
lacrime sul suo collo, come un bambino, lacrime di vergogna e dolore,
squassandole il corpo con i miei singhiozzi come avevo fatto tante
volte in quei pochi giorni con il nostro piacere. Quando le
sue
carezze mi avvolsero riportandomi con dolcezza a ricordi lontani,
quando le sue mani, sul mio capo, mi sfiorarono, trasmettendomi forza,
amore, protezione, i suoi baci mi sembrarono una cascata di petali di
vita sulla mia pelle: mi staccai dal suo collo, confuso per quella
strana Magia, consapevole che tentava di darmi coraggio e speranza, di
infondermi fiducia con il suo amore. Quello che restava della
mia
passione si stemperò in una sensazione diversa, nuova,
altrettanto potente e profonda, qualcosa che nasceva da lei, dalla sua
essenza, dalla sua unione di spirito e sangue, come la Magia
più
potente, e si espandeva su di me, travolgendomi come un’onda,
legandomi a lei, in un'entità indissolubile.
“Sile... ”
M'impedì di parlare, s’impossessò di
nuovo delle
mie labbra, in un bacio gentile, eppure appassionato come i nostri
primi baci rubati in riva al Lago Oscuro, poi scivolò con le
labbra sul collo e risalì fino al mio orecchio: la sua voce
sembrava un canto, nella lingua antica iniziò a ripetermi
come
un mantra ciò che mi aveva promesso appena pochi giorni
prima,
quando mi aveva accettato come suo sposo, e anche se io non potevo
permettere che si rovinasse la vita per un giuramento fatto senza la
piena consapevolezza dei guai in cui l'avevo cacciata, sentivo che
quelle parole, quelle promesse erano talmente sacre e potenti che
infrangevano, travolgevano qualsiasi calcolo, qualsiasi ragionevolezza,
qualsiasi logica.
“Sile...”
La fissai, anche i suoi occhi erano pieni di lacrime, ora, ma, al
contrario di me, le sue erano lacrime di fede e di speranza, non di
disperazione.
“Ricordi? “Vorrei
che questo istante durasse per tutta la mia vita, che la mia amica
più cara restasse per sempre tra le mie braccia e diventasse
la
mia donna, il mio sangue, la mia vita, il mio destino, fino alla fine
dei miei giorni…”(1)
Eravamo a Hogwarts, nel cortile, sotto un tappeto di stelle... Io le
porto scolpite dentro di me da allora, ho sempre creduto alle tue
parole Mirzam... anche quando tutto sembrava distrutto, dentro di me,
ho sempre saputo che la mia vita coincide con la tua. Ricordi il
bambino nell'acqua? Lo ricordi, Mirzam? Ricordi che è stato
il
nostro amore a salvarci? E allora non pensare nemmeno per un istante
che il mio bene sia lontano da te... Non esiste bene se siamo divisi.
Io non ti baratto con niente, ti seguirò ovunque,
affronterò con te qualsiasi cosa... ho già fatto
una
volta l'errore di lasciarti andare... non lo ripeterò mai
più…”
Mi baciò di nuovo, profondamente, mentre il suo viso si
bagnava
di lacrime e bagnava anche il mio, tremava tra le mie braccia ed io la
strinsi a me, nel buio e nel freddo di quella grotta, mentre fuori il
mare era in tempesta, mentre tutta la vita era ormai una furiosa
tempesta. E l'unico approdo sicuro, in quella vita maledetta,
era
proprio quell'abbraccio, quell'amore.
***
Alshain Sherton
Ospedale McCormacc, Inverness, Highlands - sab. 25
dicembre 1971
“Prego, signora, restate dove
siete… Il
mio nome è Moody, Alastor Moody, questi sono i miei uomini e
questo è il mandato di perquisizione firmato dal Ministro
Longbottom in persona... E ora, se non vi dispiace, le domande le
faccio io... dove si nasconde vostro figlio, Sherton?”
“Non m'interessa sapere chi
siete voi o chi vi
manda, né che cosa volete, se non abbassate immediatamente
le
bacchette, io vi giuro... ”
Guardai l'Auror dalle chiome leonine con la mia solita espressione,
quella che non ammetteva repliche, quella davanti alla quali tutti
ritraevano il passo, notai la solita soggezione in alcuni dei suoi
uomini, l'incertezza del Ministeriale che aveva avuto l'ardire di
puntare la bacchetta contro mia moglie, ma Moody no, non sembrava per
niente colpito dal tono della mia voce, dalla mia determinazione, dal
profondo odio che scaturiva da me verso chi minacciava la mia
famiglia. Ghignava anzi, come se stessi facendo quello che si
aspettava e, soprattutto, ciò che voleva: un mio passo
falso,
pur frutto di una provocazione, davanti a tutti quei testimoni, mi
avrebbe spalancato le porte di Azkaban. Deglutii la mia
rabbia,
cercando di tornare lucido, per quanto ci riuscissi in quel momento.
“... che la vostra carriera al
Ministero
finisce qui... Non crediate di poter entrare in un ospedale del Nord
trattando donne e bambini come fossero criminali e pensare di farla
franca! Sono sempre stato oltremodo corretto e pretendo altrettanta
correttezza nei miei confronti: se volete risposte alle vostre domande,
comportatevi in maniera civile!”
L'uomo, percepito il mio cambio di tono, compreso che, nonostante la
rabbia immutata, non avrei commesso una sciocchezza, non gli avrei dato
scuse per arrestarmi, fece un cenno appena percettibile al compare che
teneva sotto tiro mia moglie e il miserabile abbassò la
bacchetta, io continuai a fissarlo con tutto il risentimento che
sentivo in corpo, già esasperato da quella catena infinita
di
situazioni intollerabili, finché Deidra non mi
confermò
che era tutto a posto.
“Non siamo qui né
per le donne,
né per i bambini, Sherton, siamo qui per voi e soprattutto
per
vostro figlio Mirzam... Voglio sapere dove lo tenete
nascosto!”
“Io non tengo nascosto
nessuno, sono chiuso in
questo dannato ospedale da giorni, per quanto possa sapere, mio figlio
è nella sua casa di Maillag, in attesa di partire con la
moglie
per le Americhe... sempre che non siano già là,
la data
non era fissata e la Passaporta che il Ministro ci ha concesso era
stata incantata perché permettesse più di un
varco
durante la settimana... ”
“La Passaporta è
già stata
bloccata... e a Maillag non c'è nessuno, non fatemi perdere
tempo con le vostre menzogne, Sherton!
“È maggiorenne e
sposato, non deve
rendere conto a me dei suoi spostamenti, Moody! E non vedo
perché dovrebbe farlo sapere a voi... con tutti i problemi
che
ha il Ministero, è inaudito che perdiate tempo a impicciarvi
degli affari di due sposi in luna di miele!”
Lo fissai con tutto il mio disprezzo e una certa dose di sarcasmo,
mentre Deidra si avvicinava e mi sorreggeva, preoccupata: sentivo il
volto in fiamme e un leggero tremito che mi saliva lungo le gambe e mi
percorreva la schiena fino alle spalle, forse per rabbia, forse per
debolezza; Moody mi guardò inquietante e attento, stava
valutando quanto potesse approfittare del mio stato e, infatti,
ritornò subito alla carica.
“Se preferite rispondere
davanti al
Wizengamot, Sherton, fate pure... perché è
lì che
vi condurrò, data la situazione: vostro figlio, non
più
di due ore fa, è stato coinvolto in un attacco dei
Mangiamorte
contro alcuni Aurors. Due colleghi l'avevano fermato per interrogarlo,
sono stati attaccati e vostro figlio è fuggito... ”
“Salazar! Mirzam... ”
Strinsi Deidra, terrorizzata, a me, per farle forza e al tempo stesso
reprimere il mio stesso sgomento, ma anche per riflettere, dovevo
trarre informazioni da quell'uomo, senza dargliene a mia volta: che
cosa era davvero successo? Un attacco dei
Mangiamorte? Possibile che Milord fosse riuscito a
intercettare
Mirzam prima che Fear lo mettesse in salvo? No, non era
possibile... non potevo credere che la catastrofe fosse già
arrivata a tal punto… No, non era
possibile... Forse gli
Aurors, così tesi a legare il nostro nome a quello di
Milord,
avevano combattuto con Fear e ora andavano in giro a parlare di attacco
dei Mangiamorte: anche questo era uno scenario tragico, certo, ma era
quanto avevo già messo in conto e, soprattutto, questo
avrebbe
significato che mio figlio era in salvo.
“Se state dicendo che Mirzam
ha attaccato i
vostri colleghi facendo comunella con i Mangiamorte, non meritate
nemmeno una risposta, Moody, tanto la cosa è assurda! Se
invece
mio figlio è fuggito durante un attacco dei Mangiamorte,
come
presumo abbiano cercato di fare tutti i presenti... beh, non conosco
nessuno, sano di mente, che non farebbe almeno un tentativo di sfuggire
a quei criminali... o mi state dicendo che Azkaban è stata
riempita ultimamente di persone ree di aver provato a salvarsi la
vita?”
“Alshain... per favore...
non... ”
“Spero per voi, Sherton, che
tanta arguzia vi
sia di conforto quando passerete il resto dei vostri giorni in quella
prigione... ”
“Io invece spero per tutti voi
che mio figlio
e sua moglie non siano rimasti coinvolti in un attacco di quei
delinquenti a causa della vostra incompetenza! Perché potete
star certo che tutti i responsabili pagherebbero in maniera atroce per
le proprie colpe... e non esaltatevi, Moody… al contrario di
certi personaggi privi di fantasia e assetati di sangue, io conosco
metodi più che legali per rovinare i miei nemici…
Non
c’è nulla di più soddisfacente che
vedere
strisciare nel fango in una lunga agonia chi ci ha fatto del male,
vendicandosi secondo legge e giustizia!”
A quel punto, il mio tremore era diventato fin troppo evidente, tanto
che Murchadh Mackendrick, finora tenuto a distanza da me e Deidra da un
paio di Aurors, protestò per potersi avvicinare e darmi un
calmante; Moody, impassibile, ci osservò con la consueta
espressione sospettosa, ma alla fine gli concesse il permesso,
studiando fosco il mio Guaritore che mi propinò un infuso,
poi
riprese tutti i presenti con una ramanzina inviperita.
“Avete tutte le ragioni,
Guaritore, ma la
situazione è grave e richiede soluzioni gravi: dobbiamo
trovare
il ragazzo e per farlo sono autorizzato a usare ogni mezzo... Conoscere
la verità è anche un interesse della vostra
famiglia,
Sherton, e, date le vostre condizioni, decidersi a collaborare sarebbe
meglio per tutti: vostro figlio deve rispondere a molte domande,
dall’attentato di cui la vostra stessa famiglia è
rimasta
vittima...”
“Come potete solo pensare che
mio figlio abbia
cercato di fare del male a suo padre e ai suoi fratelli? E anche se ne
fosse stato solo a conoscenza… credete davvero che non
avrebbe
fatto nulla per impedirlo? Siete un folle, Moody!”
“Signora... ”
Deidra reagì subito alle accuse mosse a Mirzam, pronta a
sostenere l'assurdità di una storia che per altri aveva
logica,
persino per me, prima di conoscere la verità:
d’altra
parte noi eravamo esseri meschini, capaci di ragionare solo secondo
ragione e interesse, mentre lei… Lei era sua madre,
l'aveva
creato e cresciuto, allattato e curato, conosceva la sua vera indole,
era l'unica che non avesse mai dubitato del suo cuore,
perché
era al cuore di nostro figlio che lei parlava, alla sua essenza
più vera, riuscendo sempre a comprenderlo.
“I miei figli e mio marito si
trovano qui
perché siamo stati attaccati, noi, non il Ministro, dai
Mangiamorte, e... uno di loro, l'unico a essere stato finora
riconosciuto... sapete chi è? Proprio un vostro collega! Ora
ditemi, con quale coraggio venite qua a fare illazioni su mio figlio e
infastidire delle persone malate?”
“Se volete rispondermi al
posto di vostro
marito, signora, per me non c'è problema: dimostratemi che
sono
chiacchiere, ditemi dove si trova vostro figlio e noi toglieremo il
disturbo! Immagino che per una madre non sia facile sentire certe cose
sul proprio ragazzo, ma la situazione è questa, su Mirzam
Sherton pendono accuse gravi, sostenute da prove inconfutabili! Se come
dite vostro figlio è innocente, se è stato
incastrato, un
interrogatorio che fughi i sospetti farebbe bene a Mirzam prima che a
chiunque altro. Se invece continuerà a fuggire... ”
“Non sarebbe la prima volta
che il Ministero
decide di seguire la via più comoda, Moody...
perché
dovremmo fidarci ancora della vostra giustizia parziale? Di fronte
all'assurdità e alla follia di queste accuse, che cosa
può fare un innocente se non fuggire?”
“No, signora, vostro figlio
non è
innocente, per questo sta fuggendo e per questo vostro marito lo sta
coprendo: Mirzam Sherton è stato visto da un collega mentre
uccideva un Auror, Alfred Podmore, abbiamo inoltre un testimone che
afferma di avergli venduto un Athame che è stato utilizzato
negli ultimi mesi in una serie di efferate aggressioni. Questo
pugnale...”
Questa novità mi lasciò esterrefatto, Deidra si
mantenne
al contrario fredda e imperturbabile, mentre Moody ci consegnava una
pergamena: a una rapida occhiata, misi a fuoco il disegno di un
prezioso Athame, che non avevo mai visto, non capivo però se
il
fatto di non riconoscerlo fosse un motivo di conforto o, al contrario,
di nuova preoccupazione, se celasse qualche altra brutta sorpresa su
Mirzam, o fosse un'altra prova che qualcuno stesse cercando di
incastrarlo. Ricordai lo strano discorso di Fear su un oggetto
intriso di Magia Oscura nella sala di Habarcat, misteriosamente
sparito, e pur confusi, alcuni tasselli iniziarono a disporsi in un
qualche ordine; non avevo però un'idea complessiva di cosa
stesse realmente accedendo e questo mi preoccupava ancora di
più.
“Quest’oggetto mi
è completamente
sconosciuto, Moody: non ha mai fatto parte delle nostre collezioni,
né ora, né in passato, non è uno dei
cimeli che
sto cercando... né l'ho mai visto in una delle nostre
abitazioni, o presso quelle dei nostri amici... Mirzam non colleziona
nulla di simile, né mi risulta abbia altri motivi per
acquistare
pugnali... I suoi unici interessi sono il Quidditch e sua moglie. Spero
di esservi stato di qualche aiuto.”
“Burgin afferma di averlo
venduto a vostro
figlio alcuni mesi fa, lo ricorda bene, è un oggetto raro e
prezioso, di un potere magico e un valore economico non indifferenti,
difficile da dimenticare una trattativa simile … ”
“Capisco... ora il Ministero
si basa sulla
reputazione, sull’attendibilità e sulla
moralità di
uomini come Burgin, per decidere di infangare il nome delle persone
perbene... ”
“Abbiamo trovato riscontri
validi ai dettagli
che ci ha dato su quella compravendita, riscontri così
precisi
che il Ministro ci ha fornito dei mandati di perquisizione per
cercarlo... ”
“Allora che cosa ci fate
ancora qui? Cercate,
indagate, fate quello che dovete! Mi risulta che abbiate già
messo in disordine Herrengton, invano... vi concedo di fare altrettanto
ad Amesbury e Londra... Quando non troverete nulla, forse capirete
finalmente quanto siete stati stolti a dar credito a un malfattore!
Manderò subito un Patronus a uno dei miei legali
perché
possiate controllare ovunque, persino nella camera blindata alla
Gringott, già da adesso! La mia famiglia ed io non abbiamo
nulla
da nascondere...”
“Mi credete uno stupido,
Sherton? Come avete
nascosto vostro figlio, così avrete nascosto anche le prove!
Basta così, l'avete voluto voi: poiché vi
ostinate a
farmi perdere tempo e a non dirmi la verità, non ho altra
scelta... Proudfoot prepara il signor Sherton per il Siero...”
All'inizio rimasi impassibile, mentre un giovane Auror, finora rimasto
nell'ombra, rasente alla parete, mi prendeva titubante per un braccio e
cercava di condurmi verso una poltrona fatta sistemare in fondo al
letto, all'improvviso, però, lo strattonai, provocando la
reazione degli altri Ministeriali e un gemito angosciato del ragazzo:
fu il mio unico gesto di ribellione, non volevo dare loro la
soddisfazione di condurmi nemmeno per pochi passi, volevo avviarmi alla
poltrona da solo. Mi guardai attorno, seduto, fingendo
indifferenza e arroganza: il mio Medimago protestava contro Moody,
mentre lo sguardo di Deidra indicava quanto fosse terrorizzata all'idea
che il piano per salvare Mirzam fosse presto svelato, o che io mi
mettessi in pericolo nel tentativo disperato di resistere e coprirlo.
Approfittai di quel momento per concentrarmi, su me stesso, sui miei
pensieri, sulla necessità primaria di salvare Mirzam e la
nostra
famiglia: conoscevo molti metodi per resistere alla Legilimanzia,
mentre per mitigare gli effetti del Siero della Verità,
conoscevo varie piante. Ghignai, pensando a quanto fossi
fortunato
a trovarmi proprio lì, in un ospedale ben rifornito di tutti
quei filtri e quegli antidoti già pronti, e, soprattutto,
quanto
fossi stato previdente a fare un certo discorsetto a un caro, vecchio
amico... Osservai il ragazzo mentre, agitato, mi legava le
mani
alla poltrona con un incantesimo, quando mi fu abbastanza vicino da
potergli parlare all'orecchio iniziai a sogghignare, l'uomo si
allontanò da me, confuso e spaventato, io lo guardai
mostrandomi
ancora più irridente e aggressivo.
“Che cosa c'è da
ridere, Sherton?”
“Credevo che in Accademia,
Moody,
v’insegnassero che privarci della bacchetta non è
una gran
precauzione... che siamo più pericolosi con la bocca e lo
sguardo, che con le mani... ”
“Non quando si è
circondati da dieci Aurors pronti a tutto, Sherton...”
“Naturalmente... ma vedete,
con i veri
malintenzionati, anche venti Aurors potrebbero non bastare... a parer
mio, Moody, dovreste insegnare ai vostri giovani maggiore prudenza...
visto il vostro mestiere, una volta o l'altra potrebbe capitarvi di
catturare non uno dei soliti poveracci innocenti, ma un cattivo vero,
con delle vere cattive intenzioni, e allora...
addio…”
Ghignai, guardando il giovane Auror, di sicuro da poco uscito
dall'Accademia, rosso come un peperone mentre io gli prospettavo una
fine ingloriosa e il grande Alastor Moody lo riprendeva con
un'occhiataccia per l'atteggiamento imprudente, poi tornai a
concentrarmi sul mio avversario che, gradite poco le mie osservazioni,
avanzava minaccioso, determinato e, senza altre esitazioni, si
affrettò a propinarmi cinque corpose gocce di Siero.
“Spero ne abbiate
portato con voi una
dose abbondante, Moody... Non fatevi trarre in inganno da quanto dice
il mio Guaritore, mantengo intatta la mia proverbiale resistenza
fisica, la stessa di quando avevo vent’anni...”
“Non temete, Sherton... ne ho
abbastanza da
far cantare Salazar Slytherin dall’oltretomba... dove si
trova
vostro figlio?”
Non risposi, Moody versò altre cinque gocce di Siero e mi
costrinse a berle, io ghignai ancora di più, sfidandolo con
lo
sguardo.
“Posso versarne altre cinque e
poi altre
cinque e ancora cinque... fino a farvi svenire, se mi
costringete...”
“E a cosa vi servirei da
svenuto, o da morto,
Moody? Solo a peggiorare la vostra situazione quando la mia famiglia vi
denuncerà? Pensate che bella figura, Alastor! Voi, un uomo
tanto
morigerato, il castigo dei Maghi Oscuri, portato davanti al Wizengamot
per aver torturato un infermo in ospedale... Sapete che nemmeno i
peggiori Maghi Oscuri cui vi piace dar la caccia fanno questo genere di
cose? Cos'è, vi annoiate e volete provare una carriera
diversa?
Ahahah…”
Moody versò altre cinque gocce e fui costretto a bere anche
quelle, la mascella dell’Auror che vibrava appena di
nervosismo,
io respirai a fondo e aumentai la mia concentrazione.
“Dove si trova vostro
figlio?
“Quindici gocce di prezioso
Siero sprecate per
sentirmi dire quello che sapete già... per quanto ne so...
mio
figlio si trova a Maillag...”
Fui costretto a bere altre cinque gocce: il mio Guaritore
protestò vivacemente e pretese di avvicinarsi per
controllare le
mie condizioni, mentre Deidra, la sentii chiaramente dietro di me,
iniziava a singhiozzare, temendo per la mia salute.
“Dove si trova vostro
figlio?”
“Ve l'ho già
detto… ”
Moody preparò altre gocce, ne contai addirittura nove in
un'unica soluzione, lo guardai di nuovo con un'espressione irridente,
di sfida, mentre il Medimago gli dava del pazzo e lo minacciava che
avrebbe apposto anche la sua firma alla denuncia, perché la
dose
di Siero che mi era già stata propinata, già
venti gocce,
era più che sufficiente agli scopi e fin troppo pericolosa.
“Per il vostro
bene… non costringetemi,
Sherton... ditemi ora dove si trova vostro figlio... ”
Lo fissai, con la testa che iniziava a girarmi, la vista vagamente
appannata, ma ero ancora abbastanza lucido, a parte che, con quella
chioma leonina, lo sguardo indagatore e deciso, l'Auror di fronte a me
non appariva quasi più come un uomo, ma proprio con un che
di
animalesco, di ferino, una belva tesa su di me, pronta al balzo finale
della caccia.
“D’accordo,
Moody… ve lo dirò… secondo gli accordi
che avevamo...”
“Sì...”
La voce dell'uomo vibrava, ma non di trionfo ed eccitazione, non era
come Crouch, non avrebbe perso il controllo davanti alla mia sconfitta,
c’era invece una specie di sollievo, come se il suo spirito
non
fosse ancora assuefatto all’idea di dover fare del male, pur
per
una buona causa; io, al contrario, mi godetti con una lunga pausa il
momento, pregustandomi la sua delusione.
“… secondo gli
accordi deve trovarsi a
Maillag... o nelle Americhe, per il viaggio di nozze... ”
“Maledizione Sherton! Siete
uno sciocco arrogante, ma ve ne pentirete!”
Si preparò a farmi bere le nove gocce in una sola volta, ma
il
Medimago si slanciò su di lui e glielo impedì,
serrandogli la mano con le proprie.
“Per Merlino e tutti i
Fondatori! In quanto
responsabile dell’Ospedale ve lo impedisco! Siete impazzito?
Potete dargli tutto il Siero che volete, potete torturarlo quanto
volete, servirebbe solo a ucciderlo! Non capite che vi ha
già
detto la verità? Nessuno può resistere a quelle
dosi,
è solo la vostra stolta testardaggine che non ve lo fa
riconoscere! I coniugi Sherton sono qui da giorni, di tanti che sono
venuti a far loro visita, nessuno ha avuto modo di avvicinarsi o
parlare con Alshain, per precisa volontà della moglie... E
suo
figlio, nonostante sia stato convocato, non si è ancora
visto...
l'ultima volta che il mio paziente ha visto Mirzam è stato
durante la festa...”
Moody sembrò pronto a scagliarsi su Murchadh, preda
dell’ira, mentre due dei suoi colleghi gli si paravano
intorno
per dargli man forte, la bacchetta sguainata, ma fu appena un attimo,
subito la luce di follia che gli avevo colto nello sguardo
lasciò il posto alla consueta freddezza, non
considerò in
alcun modo il Guaritore e si rivolse a me, in mano la fialetta pronta
con le nove gocce.
“Se finirò ad
Azkaban per la vostra
morte, ne sarà valsa la pena… Il vostro piano era
uccidere il Ministro Longbottom, Sherton... Avete dato voi l'ordine a
vostro figlio di avvelenare il Ministro e poi nascondersi, ma qualcosa
è andato storto... dove doveva nascondersi, Sherton, secondo
i
patti?”
“State scherzando! Non ho
più impartito
ordini a mio figlio da quando aveva quindici anni, Moody... e non ho
alcun interesse a veder morto Longbottom, anzi, se morisse o perdesse
l'incarico al Ministero, la Confraternita ed io avremmo solo da
perdere...”
Moody fece un gesto verso due dei suoi per far allontanare il Medimago,
che fu riportato fuori dalla porta con gli altri Guaritori e gli
infermieri, ad altri due diede con una sola occhiata l'incarico di
tener buona e a distanza mia moglie, io cercai di divincolarmi per
impedire che la toccassero, ma non ci riuscii, ero troppo debole e
l’Auror era già chino su di me con la boccetta.
“Per l'ultima volta... dove si
nasconde vostro figlio?”
“Se Milord non l'ha
già catturato...
Mirzam si trova con Fear... cercate il vecchio e troverete nostro
figlio! Mi dispiace, Alshain, ma... non posso sopportare oltre... e se
devo perderlo, è meglio che lo trovi il Ministero piuttosto
che
il Signore Oscuro... è meglio che, pur innocente, finisca in
carcere, piuttosto che sotto terra... o che tu...”
La voce sottile e sofferta di Deidra esplose alle spalle dell'Auror,
disperata. Vacillò, in lacrime, ed io chiusi gli occhi:
tutta la
tensione che avevo accumulato per resistere a Moody di colpo si
liberò in un tremito profondo e in un sospiro, mentre
stringevo
gli occhi per impedire che vedessero che mi si stavano riempiendo di
lacrime, più di rabbia che di paura o
disperazione. Rabbia
verso me stesso, per aver permesso che Deidra restasse e assistesse:
era forte, molto forte, certo, ma ne aveva sopportate fin troppe, negli
ultimi giorni, per colpa mia, e ora… se qualcosa fosse
andato
storto, se avessero catturato Mirzam, si sarebbe persino sentita
responsabile, per tutta la vita, quando invece la colpa era, ancora una
volta, solamente mia. Moody si avvicinò, nonostante lei
indietreggiasse, fino a trovarsi la parete alle spalle, la
fissò, la scrutò a fondo, Deidra non
abbassò gli
occhi vitrei, il respiro difficoltoso e teso, la vidi deglutire, la
paura e la disperazione erano come sempre nascosti dietro il suo
cipiglio austero, una tigre ferita ma ancora pronta a difendere
ciò che ama.
“Dove li ha portati,
signora?”
“Io... io non lo so, non so
nemmeno se sono
riusciti a sfuggirgli... se ce l'hanno fatta, dovrebbero essere con
Fear... Lui e Sile... Milord dà loro la caccia,
perché… mio figlio l'ha... sfidato... per questo
abbiamo
chiesto a Fear di nasconderlo in un luogo sicuro! Se sono riusciti a
scappare, ora sono entrambi con il vecchio... ”
Moody la scrutò a fondo, per valutarne la
sincerità, poi
prese una sedia e la invitò a sedersi, chiamò un
infermiere e gli disse di portarle qualcosa da bere, si
chinò su
di lei, dicendole piano qualcosa che non riuscii a sentire, vidi solo
Deidra che annuiva appena. A quel punto la lasciò
in pace e
tornò da me, trattandomi questa volta in maniera meno ruvida
di
prima, forse si era convinto, ascoltando le parole di Deidra o
vedendone il comportamento, che non eravamo complici, ma vittime del
Signore Oscuro.
“In che posto deve portarli,
Sherton? Dove li deve nascondere, il vecchio?”
“Credete davvero che sia stato
così
stupido da farmelo dire, Moody? Non l'ho voluto sapere, non lo voglio
sapere, preferisco non vedere più mio figlio, che correre il
rischio di tradirlo di fronte a Milord, quando mi catturerà
e mi
torturerà per trovarlo... Voi, la vostra piccola miserabile
vita... Come potete capirlo? Io morirei per ognuno dei miei figli e
soprattutto per lui, per colui che ha già dimostrato di
saper
servire la Fiamma, per colui che può salvare la
Confraternita e
il nostro Destino!”
“Io non vi credo Sherton...
”
“Non m’interessa
cosa credete, Moody!
Cercate Fear... chiedete a Fear... se siete bravo come dicono, ci
metterete un po', tutta la vostra patetica e inutile vita... forse,
alla fine, per misericordia, il vecchio si farà trovare da
voi e
vi darà le risposte che cercate! Ora potete anche uccidermi,
non
m’interessa, non riuscirete a sapere
altro…”
Ghignai, debole e folle, gustandomi la faccia livida dell'Auror, di
fronte all’inevitabile e ormai conclamata sconfitta: Fear era
noto in tutto il Mondo Magico come un personaggio pericoloso e ambiguo,
si diceva che fosse fuggito in maniera rocambolesca a diversi tentativi
di cattura da parte del Ministero Bulgaro, che fosse rientrato
illegalmente nei territori inglesi e attraverso un abile ricatto, fosse
stato protagonista di un controverso patto con il nostro Ministero, che
gli aveva garantito una sorta d’immunità in cambio
di non
meglio precisati favori e informazioni. Era questo che si sussurrava di
lui in certi salotti, erano queste le menzogne che circolavano sul mio
Maestro, ed io avevo ancora più ribrezzo verso certi
personaggi,
per la loro patetica credulità, per l'incapacità
di molti
di usare logica e raziocinio: pochi sapevano che Fear non ragionava in
termini tanto meschini e materiali. La verità che
Moody
tanto agognava, però, ed era questo ciò che
contava in
quel momento, la verità che aveva creduto di aver a portata
di
mano, di fronte al cedimento di Deidra, diventò
improvvisamente,
di nuovo, una chimera lontana. Immaginai il volto di Milord, quando si
fosse trovato di fronte allo stesso vicolo cieco ed ebbi la piena
consapevolezza che sarei morto proprio quel giorno. Sarei
morto,
certo, ma col sorriso sulle labbra, godendo della sua sconfitta.
“... magari per allora avrete
anche capito che
non ha senso cercarlo, perché mio figlio è
innocente e se
sta scappando, non è certo da voi...”
“Non cantate vittoria,
Sherton... So di essere
nel giusto, so che vostro figlio è colpevole... e ora che so
che
cosa cercare, chi cercare... Ho già una mezza idea su come
trovarlo...”
“Perfetto allora…
avere mezze idee
è proprio il modo giusto per approcciare Fear…
Ahahah”
“Ci rivedremo presto,
Sherton… Vedremo
allora chi sarà a ridere… Andiamo... abbiamo
perso fin
troppo tempo qui!”
Gli Aurors, ai suoi ordini, ripiegarono rapidamente uscendo dalla
stanza a coppie, Moody fu l'ultimo, si trattenne il tempo di darci
un'ultima, sospettosa occhiataccia, capii subito che il prossimo
incontro non avrebbe tardato ad arrivare e sarebbe stato ancora
più ruvido di questo. Deidra mi affidò
in lacrime a
Mackendrick, il Guaritore verificò le mie condizioni e
benché non avessi nulla, m'impose di stendermi subito, nel
mio
letto, con una pezza in fronte e un tonico per riprendermi un po', poi
si affacciò sulla porta per congedare infermieri e colleghi,
che
non si erano mai allontananti da quando erano accorsi all'ingresso
impetuoso degli Aurors. Mia moglie andò alla finestra e
attese,
impaziente, contando i Ministeriali ad alta voce, fino a che anche
l'ultimo, Moody, non si smaterializzò al centro del cortile,
poi
si voltò di nuovo verso me e Murchadh, trepidante.
“Ti ringrazio per l'infuso
“calmante”, Murchadh...”
“Non potevo certo permettere
che il capo della
Confraternita morisse nel mio ospedale, ucciso dagli uomini del
Ministero... i tuoi seguaci mi avrebbero tagliato la testa e la guerra
sarebbe esplosa prima ancora che fosse l'alba!”
Sorrisi e strinsi nelle mie, con forza, le mani del mio vecchio
compagno di scuola, poi con una semplice occhiata gli feci capire di
voler restare da solo con Deidra e lui si affrettò a
ritornare
nel suo studiolo, per preparare un altro infuso che accelerasse la mia
ripresa. Mi sollevai a sedere sul letto, Deidra restava in
piedi
vicino alla finestra, la volevo accanto a me, la guardai con
insistenza, muto, pur controvoglia lei si avvicinò, le presi
la
mano, me la portai alle labbra, la baciai, restava assorta, lontana,
lottava con se stessa per non piangere.
“Dei... ”
Era rossa in volto, era vergogna, lo sapevo, sapevo quanto le fosse
costato parlare, tradire suo figlio, per salvare me.
“Non ce l'ho fatta, avevo
giurato a me stessa
che avrei fatto di tutto per salvare lui, mio figlio…
ma…
non ce l'ho fatta a vederti così... Io non ci riesco,
Alshain...
io non ci riesco a ... ”
“Mi dispiace…
averti fatto preoccupare
e spaventare così tanto... mi dispiace per tutto quello che
hai
dovuto sopportare in questi giorni... e per quello che dovremo vivere
in futuro... ma, se me lo permetti, forse posso aiutarti,
così
che... tu non sia più costretta a dire ciò che
non
vuoi…”
Mi fissò, sapeva fin troppo bene di quali orrori stessi
parlando, sapeva che non sarebbe mai riuscita a resistere davanti a
qualcosa del genere, annuì, quasi supplice,
affinché,
là dove il suo coraggio e la sua volontà non
l'avessero
confortata, fosse intervenuta, al momento opportuno, almeno la Magia,
così che i suoi segreti e i suoi sentimenti non potessero
più essere violati. La strinsi a me, per proteggerla,
soffocando
nel mio abbraccio, più forte di quanto mi sentissi, la mia
tensione e le sue lacrime: in mezzo a quel dolore, mi sentii felice,
perché era di nuovo con me, di nuovo la mia Deidra, non
sentivo
più quella freddezza carica di dolore e accusa con cui aveva
accolto le mie parole prima dell'arrivo dell'Auror... Ancora
una
volta, come innumerevoli altre volte nella nostra vita, eravamo
un’entità sola, pronti a sostenerci quando
qualcuno
tentava di ferirci, quando la vita provava a dividerci.
“Sto bene, Moody non
è riuscito a farmi
niente... A parte un po' di mal di testa, non ho mai corso alcun
rischio, Dei... avevo immaginato che avremmo ricevuto visite, Murchadh
era stato avvisato di un’eventualità del genere,
quando mi
ha visitato, prima, gli ho “suggerito”, senza che
se ne
accorgesse, di diluire un po' di salice, centella e ortica
nel
mio calmante, per aiutarmi a resistere, se avessero usato del Siero...
”
“Che cosa? Tu…?
Allora io... Allora io
ho tradito Mirzam per niente! Perché non... ”
La fissai negli occhi, sereno, sincero.
“Non ho fatto in tempo, ma...
non temere, non
hai tradito nessuno, Deidra... Stavo per cedere anch’io...
quando
ho capito che avrebbe fatto sul serio, che non ci avrebbe lasciati
andare senza delle risposte sincere, mi sono ripromesso di fargli
perdere tempo... Guarda fuori, Dei, ormai è l'alba... sono
certo
che Fear è riuscito a sottrarli ai Mangiamorte e al
Ministero, e
noi abbiamo trattenuto Moody qui il tempo necessario a farli
scappare... anche se trovassero Fear, Mirzam ormai avrà
fatto
perdere le sue tracce. Inoltre... ”
Mi guardava, carica di domande, sorprendendosi nel vedermi sereno e
ottimista.
“... ho imparato a mie spese,
a forza di
errori, che la verità è sempre la scelta
migliore, in
ogni momento della nostra vita, e sarà così,
anche in
questa situazione: sono sicuro che arriverà il giorno in cui
la
tua sincerità gioverà a nostro figlio, Deidra...
Moody
è un uomo burbero e deciso, ma è anche
profondamente
onesto, ragiona con la sua testa, non si limita a eseguire gli
ordini... terrà conto della tua reazione,
rileggerà le
prove e i fatti con senso critico... dobbiamo sperare che sia lui e non
Bartemious Crouch a dar la caccia a Mirzam... Lo prego con tutta
l'anima... ”
Deidra annuì, conosceva anche lei la nomea di Moody, il
marito
di sua sorella l'aveva conosciuto nei pochi anni che aveva lavorato al
Ministero, ne aveva sempre parlato come di un uomo ruvido, diretto, a
volte sgradevole e spiccio, ma sempre, autenticamente,
onesto. Al
contrario avevamo entrambi timore per Crouch, e per molti altri del
Ministero, che avrebbero colto l'occasione per scagliarsi
contro
la Confraternita per i loro scopi personali.
“Quando andrai da lui, vorrei
che... ”
Abbassai gli occhi, la strinsi ancora a me, da come tremò,
sentii che aveva già compreso.
“Non c'è
più tempo, Dei... Se
è andato tutto secondo i piani... se è in
salvo... Fear
aveva l'ordine di non aspettarmi... e forse… forse
è
meglio che sia andata così... Ce l'hanno fatta... sono in
viaggio ormai... e sento, Dei... lo sento davvero... che non
è
finita così… che avremo modo di dire a nostro
figlio
tutto ciò che abbiamo nel cuore, tutto l'orgoglio e tutta la
riconoscenza... e glielo diremo insieme, lo stringeremo tra le nostre
braccia, come il giorno che è venuto al mondo... ”
La strinsi a me, nascose il viso nel mio petto, sentii i suoi
singhiozzi vibrare contro il mio corpo, ognuno di quei singhiozzi mi si
conficcava dentro, sapevo quanto le avessi fatto del male, quanto ne
avrei fatto a Meissa e Rigel, appena si fossero resi conto della
realtà, ma il calore delle sue mani sul mio corpo, la forza
con
cui si teneva ancorata a me, mi davano non più solo la
speranza,
ma anche la certezza che avremmo affrontato e vinto anche quella
guerra, insieme. Avevo lasciato che gli eventi mi sfuggissero di mano,
avevo lasciato che Mirzam fosse costretto alla fuga, ancora una volta
privavo i miei figli e mia moglie di un sacro affetto, non ero riuscito
a evitarlo, ma quello sarebbe stato il mio ultimo errore, la mia ultima
indecisione. Le baciai il capo, in una tacita promessa, mentre
oltre la collina su cui sorgeva il castello di Inverness, riluceva il
grigiore perlaceo di un nuovo giorno: avrei reso Mirzam a tutti loro,
sano e salvo, e non avrei più permesso a nessuno, nemmeno a
me
stesso, di farci ancora del male. A qualsiasi costo, anche al
costo della mia anima, avrei salvato la mia famiglia. Tutta la
mia
famiglia.
“Alshain…”
La guardai, non c’erano più lacrime, solo
determinazione e preoccupazione nei suoi occhi.
“Magari mi sto sbagliando, ma
forse... forse so qualcosa di quel pugnale... ”
“Che cosa vorresti
dire?”
“Mirzam ha sempre scommesso
con i suoi amici… fin dai tempi di Hogwarts, lo
sai…”
“Certo, ma… quel
pugnale deve avere un
costo che supera troppo le cifre che scommette…”
“Se la controparte avesse
scommesso una
stupida verghetta di ferro, tu non ti saresti impegnato
nell’acquisto di un pugnale tanto prezioso?”
La fissai, non capivo cosa intendesse, o meglio, qualcosa
d’indefinito iniziava a sistemarsi nella mia mente, ma ancora
il
quadro era troppo fumoso, mi arrovellavo ancora sul fatto che Mirzam
potesse aver acquistato un oggetto intriso di Magia Oscura per
sé e non riuscivo a uscirne.
“Mi stai dicendo che Mirzam ha
comprato quel
pugnale perché ha perso una scommessa con Lestrange, in cui
Rodolphus si era giocato l’anello che volevo a ogni
costo?”
“Nostro figlio mi ha chiesto
del denaro questa
primavera dicendo che mi avrebbe reso tutto in tempi brevi, doveva solo
impedire che un oggetto fosse venduto… era eccitato e
felice, ho
pensato fosse un regalo per Sile, e non gli ho fatto
domande…
qualcosa però non è andato come previsto,
è
diventato nervoso, pensavo fosse per il rito, invece la situazione
è rimasta la stessa anche dopo… sul finire
dell’estate mi ha reso tutti i galeoni, dalla faccia poco
entusiasta che aveva, ho capito che il prestito non gli era servito per
Sile, ma stavo troppo male per indagare…”
“Il suo umore è
cambiato, però,
dopo che Orion ha portato la pietra e Sirius la fedina…
”
Deidra annuì.
“Se hai ragione, Rodolphus
Lestrange si
è fatto regalare quell’Athame da usare nelle sue
scorribande notturne e Mirzam è stato tanto ingenuo e
sconsiderato da metterci la sua faccia, così tutti ora
pensano
che a usarlo sia stato lui. Beh… in effetti solo se vuoi far
incastrare qualcuno, sventoli un pugnale così riconoscibile
davanti a una vittima e non fai di tutto perché poi non
renda
testimonianza. E probabilmente, se Fear ha ragione…
Rodolphus
l’ha anche riportato a Herrengton per incastrarci…
ma
allora chi ha portato via l’Athame da Herrengton? E
perché?”
“Qualcuno che voleva
proteggerci…
magari lo stesso che ha cercato di mettermi in guardia dai Lestrange,
che mi ha fatto giurare di tenere i nostri figli lontano da
loro…”
La guardai e la strinsi con forza a me: se aveva ragione, Orion
Arcturus Black, la persona più insospettabile e inadatta ai
gesti di coraggio, aveva dimostrato ancora una volta di essere un falso
coniglio. E di avere, tante, troppe cose da spiegarmi, chiuse
ermeticamente nel proprio cuore.
***
James Potter
Godric Hollow, West Country - sab. 25 dicembre 1971
Quando mi svegliai, capii subito che non era ancora la mattina di
Natale, non solo per la luce, nemmeno nella più uggiosa
giornata
scozzese il mattino, a Godric Hollow, era tanto oscuro, ma
perché non c'erano l'odore di frittelle che saliva dalle
scale,
né la voce brillante e festosa di mia madre, che durante le
festività di Natale diventava ancora più radiosa
del
solito. No, i rumori che salivano dalla cucina, erano suoni concitati:
pur ancora ottenebrato dal sonno, sentivo la voce di mia madre
squittire appena, rispondendo alla voce profonda di un
uomo. Presi
la vestaglia appoggiata in fondo al letto e l'indossai, rischiai di
inciampare infilando alla rovescia le ciabatte e raggiunsi, saltellando
mentre ritrovavo l'equilibrio, la ringhiera che dava sulle scale.
“Dorea, non ti preoccupare,
resterò io
qui con James, se vuoi... vai, parti subito, lascialo dormire,
domattina ti raggiungiamo al San Mungo... ”
“No... io... io ti ringrazio,
ma non credo sia
il caso... se si svegliasse… ci sarebbero troppe cose da
spiegare... e... no, no... pensa se lo venissero a sapere gli altri...
no… non posso permettere che tu finisca nei guai per me...
non
di nuovo… salgo a chiamarlo e poi partiamo... mi
raccomando...
ti prego di non dirgli… "
“Sì, lo so, anche
se non ti capisco,
davvero non capisco che problema tu abbia a dirgli che...”
“Alphard... ti prego, non
ora... non è
il momento… per favore… me l'hai
promesso...”
“Lo so... non ti preoccupare,
Dorea, so
già come mi devo comportare... l'importante è che
Charlus
si rimetta in fretta e che tu sappia che io sono sempre
disponibile… per qualunque cosa... ”
Non avevo idea di chi fosse quell'Alphard, non conoscevo nessun amico
della mamma o di mio padre che avesse quel nome, né avevo
idea
di quali problemi potessero avere questo tizio misterioso e mia madre,
o perché un estraneo volesse accompagnarmi al San Mungo, ma
non
me ne curai più di tanto, perché tutto era
scomparso di
fronte alla sconvolgente parte finale del discorso.
Che cosa è accaduto a mio padre? Perché
l’uomo ha pronunciato le parole “rimettersi in
fretta”?
Non vedevo papà dalla mattina precedente quando, al termine
del
funerale di Podmore, si era smaterializzato con Crouch: da allora non
aveva fatto ritorno, aveva solo mandato un Patronus all’ora
di
cena dicendo che avrebbe fatto tardi, che l’ispezione a
Maillag
non aveva dato frutti e che si dirigeva con Crouch e altri a Londra,
mentre Moody e il resto della squadra andavano a Inverness. Da
tutto questo, unito ai discorsi che avevo spiato tra lui e il suo capo,
deducevo che la missione riguardava ancora i Maghi del Nord, anzi,
peggio, il fratello e il padre di Meissa Sherton, le persone che Crouch
e in parte anche mio padre consideravano responsabili del recente
casino che era accaduto proprio al matrimonio del cercatore del
Puddlemere, durante il quale erano morti alcuni colleghi di
papà, il Ministro si era salvato da un avvelenamento per il
rotto della cuffia e altre persone erano ancora in
ospedale. Dopo
quel Patronus, in un crescendo di ansia e preoccupazione, non avevamo
saputo più nulla, la mamma mi aveva spinto con
difficoltà
in camera mia a dormire, assicurandomi che al mattino avremmo scartato
i regali di Natale tutti insieme, ed io avevo finito con
l’ubbidire, anche se avevo finito con il cedere al sonno solo
molto tardi, l’orecchio teso a seguire i suoi movimenti al
piano
di sotto, sempre nella speranza di cogliere anche la voce di mio
padre. E ora... Ora si parlava di San Mungo, di mio
padre che
si doveva rimettere... Mio padre aveva subito
l’assalto che
avevo temuto per tutto il tempo. Ed era rimasto
ferito… Dolore, paura, odio si fusero insieme e
ricacciai
indietro le lacrime a stento.
Mio padre...
Strinsi i pugni, confuso, cercando di annegare pensieri spaventosi
sulle sue condizioni in una rigida sequenza di azioni: mi dovevo
vestire rapidamente, non c'era tempo da perdere. Appena mia
madre
fosse salita, saremmo partiti, mi avrebbe trovato pronto a seguirla,
non ero più uno sciocco bimbetto che andava trattato da
poppante, che dormiva come Peter Pettigrew, a pancia all'aria, fuori
dalle coperte, a bocca aperta, mentre fuori sparavano le
cannonate. No... io non ero più un bambino, non
sarei
rimasto a casa, in attesa, mandando mia madre fuori da sola, ad
affrontare la verità al posto mio. Io dovevo
sapere, io
volevo sapere. Mi fiondai come una furia verso l'armadio, feci il mio
solito caos ma alla fine trovai tutto quello che cercavo, pantaloni
marroni di lana, caldi e morbidi, quelli che mi aveva regalato la mamma
prima della partenza per la scuola, aggiungendo che sperava di non
dovermeli aggiustare troppo per Natale -un invito indiretto a non
strafogarmi di cibo alle tavole imbandite di Hogwarts-, una camicia di
flanella color panna e un bel maglione candido, su cui era stato
tessuto, già prima della mia partenza, lo sapevo, lo
stemmino
rosso-oro della mia casa, Grifondoro. Mi aggiustai gli
occhiali,
immancabilmente storti, cercai di pettinare i miei capelli con le dita,
mi feci i laccetti perfetti alle scarpe, presi la sciarpa, me l'annodai
al collo, indossai il giaccone e lascia guanti e berretto a
disposizione, pronto a indossarli appena la mamma si fosse presentata.
O forse è meglio scendere senza aspettare?
Mentre mi dibattevo se, in presenza di estranei, fosse opportuno far
vedere che avevo spiato la conversazione, sentii i passi leggeri e
rapidi di mia madre lungo le scale, la percepii avvicinarsi lieve fino
al pianerottolo e lì esitare, forse per calmarsi e per non
farmi
spaventare troppo con la sua preoccupazione. Andai alla porta
e
l'aprii, proprio mentre lei alzava il pugno e si apprestava a bussare
piano.
“Sono già
pronto!”
Nulla andò come immaginavo, però: mi
bastò un solo
attimo e tutta la mia forza, il mio voler essere grande e coraggioso,
s’incrinò appena i miei occhi si posarono su di
lei, sui
capelli raccolti in uno chignon rigido, gli occhi cerchiati dal sonno e
dalla preoccupazione, in cui il luccicore denunciava le lacrime
asciugate appena pochi istanti prima. Partì subito un
singhiozzo
cui se ne aggiunse un altro e un altro ancora, infine scoppiai in
lacrime e mi fiondai tra le sue braccia, ero ancora sconvolto dal
funerale di Podmore, ero rimasto terrorizzato dai discorsi di Crouch e
per tutto il pomeriggio, non vedendolo ritornare, il mio cuore si era
gonfiato poco per volta, una goccia per volta, e ora le lacrime
sembravano un fiume in piena.
Ed io che volevo essere abbastanza forte da far coraggio a mia madre.
“Hai sentito tutto, piccolo
James… Non
devi temere, tuo padre ha solo una ferita lieve, un po' di pozione
Rimpolpasangue e sarà come nuovo... Bartemious non ha
nemmeno
ritenuto di dovermi avvisare di persona… mi ha rassicurata
con
un Patronus, non è successo nulla di grave...”
Stretto tra le sue braccia, immerso nel suo profumo e nel suo calore,
percepivo quelle parole ovattate, quasi fossero un sogno, annuii e mi
staccai lentamente da lei, ma per quanto cercasse di rassicurarmi, lo
vedevo dalla curva che avevano preso le sue labbra, nel suo cuore c'era
la stessa afflizione che turbava il mio.
“Partiamo subito
però!”
Lei annui e insieme scendemmo di sotto. Nel salottino, alla
luce
del caminetto e di varie lampade distribuite alle pareti, trovai l'uomo
di cui avevo sentito la voce, alto e imponente, in piedi vicino alla
finestra, a sbirciare qualcosa nell'oscurità, un sigaro in
mano,
distratto da chissà quali pensieri. Lo osservai di
sottecchi: vestiva una toga ricca e sontuosa, nera con intarsi argentei
che riconobbi come slytherin, da cui dedussi, sorpreso, fosse un agiato
purosangue, forse persino nobile; il volto era in ombra, vedevo solo la
folta chioma corvina, che scendeva liscia fino alle spalle, dove si
arricciava appena sulle punte; quando, sentendoci arrivare, si
voltò, vidi che aveva un’ampia ciocca brizzolata
che si
estendeva dalla tempia sinistra, tenuta intrecciata dietro
l’orecchio in una foggia strana. Solo a guardarlo
dava
l'idea di un uomo attivo e vitale, la sua era infatti una
corposità fatta di muscoli, non di vizi e pigrizia, ma
ciò che più mi colpì fu il suo volto,
illuminato
da occhi che sembravano due laghi di ghiaccio, avevano qualcosa
d’ipnotico e affascinante, e nei tratti severi e regolari,
qualcosa d’indefinibile eppure familiare: sapevo, sentivo di
conoscerlo, prima ancora di conoscerne il nome.
“James, ti presento Alphard...
Black,
un… collega e amico di tuo padre, lavora al Ministero,
all’Ufficio per la Cooperazione Magica
Internazionale...”
“Black…
come…”
“Piacere James...
Sì, sono proprio lo
zio del "tuo" Sirius... mio nipote mi ha parlato molto di
te...”
Per un attimo, il nome del mio migliore amico ebbe la
capacità
di cancellare tutto, la mia curiosità verso quell'uomo, il
timore per mio padre, l'odio che pur senza sapere cosa fosse davvero
accaduto, già provavo per gli Sherton e per tutta la
Confraternita del Nord. Hogwarts era il luogo in cui riuscivo a essere
pienamente felice, in cui certe brutture non arrivavano, in cui la cosa
più spaventosa che potesse succederci era finire nelle mire
della professoressa McGonagall, quando scorreva minacciosa
l'indice sul registro. E Sirius era il mio amico più caro,
quello con cui non vedevo l'ora di dividere le scorte di Cioccorane che
di certo avrei trovato sotto l'albero, quello con cui organizzare, me
l'aveva promesso, l'esplorazione e la conquista del castello di
Hogwarts. Avevo già deciso di confidargli il mio segreto,
Black
era abbastanza sveglio e fidato, da potergli raccontare che mio padre
mi aveva fatto un regalo speciale: il Mantello
dell’Invisibilità. Certo volevo bene
anche agli
altri, adorava Remus, mi piaceva Peter, ma Sirius... Sirius,
lo
sentivo già, dopo appena poche settimane di conoscenza, e
nemmeno sempre facile, era quel fratello che mio padre mi aveva
promesso avrei trovato a scuola, quello che il destino mi doveva da una
vita. E lui aveva parlato di me, proprio di me, addirittura a
suo
zio, quello zio che era l’unico parente cui faceva
riferimento
con un minimo di affetto.
“Credo sia meglio
andare...”
La mamma interruppe velocemente le presentazioni e i miei sogni a occhi
aperti, io di colpo mi ritrovai di nuovo sbalzato in quella
realtà che volevo conoscere ma di cui avevo, al tempo
stesso,
una paura fottuta.
“Dorea, magari tuo figlio
preferirebbe restare
qui e raggiungervi domattina… se preferisci, James, a me sta
bene tenerti compagnia, mentre tua madre va a Londra da tuo
padre...”
Lo guardai: quell'uomo, lo zio di Sirius, sembrava leggermi dentro e
propormi una via d'uscita allettante, sentire qualche aneddoto con cui
deridere Sirius una volta tornati a scuola, invece di andare in un
ospedale, ad affrontare una realtà che mi terrorizzava, era
forse quello che desideravo di più, nel profondo. Non potevo
cedere, però: ero grande ormai, non potevo, non potevo
più nascondere la testa nella sabbia.
“No, signore, vi ringrazio,
ma… voglio
andare subito da mio padre e vedere con i miei occhi come
sta!”
La mamma mi tese la ciotola con la polvere verde della Metropolvere
mentre il nostro ospite spegneva il sigaro nel posacenere di cristallo
accanto alla finestra e mi scrutava a fondo con i suoi occhi chiari e
penetranti, annuendo.
“Da grande, Dorea,
sarà un ottimo Auror, proprio come suo padre… ci
scommetto!”
“Spero proprio di
no!”
Mia madre, osservandolo con occhi carichi di rimprovero e di paura, mi
cinse le spalle con un braccio, possessiva: voleva difendermi, non
tanto da quell’uomo, ma dall’idea che aveva appena
espresso, temendo potesse instillarmi o conficcarmi più a
fondo
nell’anima, un desiderio che già temeva potessi
covare in
me, travolto dalla venerazione e dall’orgoglio che provavo
per
mio padre. La guardai, guardai quell’uomo, presi un pugnetto
di
polvere e pronunciai distintamente le parole “San Mungo,
Londra”, mentre altre parole, fatte di odio e determinazione,
mi
sorgevano dal cuore, ripetendole tra me e me come un mantra, dandomi la
forza di affrontare quello che mi aspettava nell’ospedale.
Sì,
vorrei diventare un giorno anch’io come mio padre,
perché
non c’è nulla di più giusto, nella
vita, che
liberare il mondo magico da tutti gli sporchi assassini, gente
senz’anima e senza cuore, come sono gli Sherton…
***
Mirzam Sherton
località sconosciuta, Shetland - sab.
25 dicembre 1971
“Non è il tempo di
pensare all'erede, Sherton! Sbrigatevi a ricomporvi, devo
parlarvi!”
La voce nota di Fear ci colpì come una pugnalata alle
spalle,
improvvisamente mi resi conto della situazione, aggiungendo altro
disagio a quel momento già duro per entrambi: se avessi dato
seguito ai miei desideri, Fear ci avrebbe beccati nudi come vermi, ci
avrebbe visti, sentiti, avrebbe percepito di Sile cose che
appartenevano solo a me, mi resi conto che la gelosia che provavo per
lei superava qualsiasi altro sentimento, persino in frangenti
drammatici come quello. Tutto questo mi mandava in confusione, mi
riempiva di nuova rabbia e frustrazione.
“Non credo ci abbia visto...
Deve aver immaginato il motivo per cui ci siamo
appartati…”
Guardai Sile, mi sorrideva intimidita e imbarazzata, ci separammo e
l’aiutai a risistemarsi le vesti rapidamente, ma continuavo a
essere nero in volto, fosco, arrabbiato e turbato; le feci strada,
deciso ad affrontare il vecchio, deciso a fargli capire che era finita
l'epoca in cui poteva disporre della mia vita a suo piacimento, come
quando ero un ragazzino, che per me Sile veniva prima di tutto il resto.
“Dov'è mio
padre?”
“Se non è qui,
è stato trattenuto, e noi non possiamo aspettare i suoi
comodi... ”
“Non crederai che mi bastino
queste quattro parole? Devi dirmi che cosa è
successo!”
“Lo sapresti da te, se non
fossi stato
impegnato solo a sfogare i tuoi ormoni come un ragazzino privo di
cervello! Tua madre ti ha supplicato per giorni di presentarti a
Inverness, ma tu... ”
Rosso in volto, preda dell'ira e della vergogna, non fui capace di
reagire, sentii Sile dietro di me avvicinarsi di più,
prendermi
la mano, cercare di farmi coraggio e di mediare con il vecchio.
“Per favore, Fear, dicci come
stanno gli altri.”
Fear la guardò con insolenza, un'occhiata che non mi piacque
per
niente, uno sguardo che l'accusava, perché non si era
comportata
in maniera diversa da me, perché aveva anteposto il suo
desiderio al bene della Confraternita, perché non aveva
fatto
nulla per correggermi, anzi a sua volta si era fatta travolgere da me e
dalle stupidaggini.
“Non ho tempo per le
chiacchiere, e voi due
avete bisogno di disciplina, non di qualcuno che soddisfi ogni vostro
capriccio, come hanno fatto per anni i vostri stolti padri…
D’ora in poi ognuno di voi due avrà un compito e
sarà bene... ”
“Sia chiaro che Sile viene con
me... non intendo trattare su questo, vecchio!”
Sile mi strinse ancora più forte la mano, mentre fissavo
deciso
Fear, che rimase senza parole a guardarci, con la strana pergamena che
aveva appena estratto dal suo pastrano stretta in mano.
“Sia chiaro che Sile viene con
me... non
intendo trattare su questo… Devo ridere? Sile DEVE venire
con
te, dove altro vuoi che vada, ormai? Sposandola, l'hai cacciata negli
stessi guai in cui ti trovi tu! Sei fortunato che lei sia altrettanto
stolta da volerti seguire, altrimenti avrei dovuto affatturarla per
tutto il resto della sua vita per farle accettare questa
disgrazia!”
“Ma che diavolo stai
dicendo?”
“Con chi credi se la
prenderebbero Milord e il
Ministero se la lasciassimo indietro? Da quando vi siete sposati, il
vostro destino è unico, lasciarla indietro significherebbe
mettere in pericolo te e tutti gli altri… Lei deve venire
con te
e a questo proposito… spero vivamente che comprendiate la
situazione e vi asteniate, e se proprio non ci riuscite, che almeno
siate prudenti... Già avrò problemi a tenervi in
vita,
sopravvivere con dei poppanti al seguito sarebbe impossibile!”
Diventai livido di rabbia e vergogna, perché Fear non
parlava
più con sarcasmo, non mi stava più prendendo in
giro, era
tragicamente serio ed io mi sentii ancora più umiliato
perché meritavo quel genere di trattamento.
“Tuo padre e i tuoi fratelli
sono
all’Ospedale di Inverness, si stanno lentamente riprendendo,
Meissa ha ancora dei problemi con la memoria, il tuo amico Lestrange,
è stato lui, ci scommetto, ci è andato pesante
con
lei… tuo padre ha bevuto del veleno ma Black gli ha dato un
Bezoar, ora ha dei problemi al cuore, che vanno curati…
infine
Rigel… lui non so come sia riuscito a sopravvivere,
è un
mistero anche per me… a meno di complicazioni, è
probabile che se la caverà! Ora… parliamo di cose
serie:
dovete osservare con attenzione questa mappa e
memorizzarla...”
Tremavo, ascoltando quell’elenco di disgrazie di cui non
sapevo
niente, che avevo volontariamente deciso di ignorare, la mente lontana,
presa all’idea dei miei cari, di mia madre sola ad affrontare
tutto, di mia sorella nelle mani di quella carogna di
Rodolphus. Strinsi i pugni quasi a ferirmi da solo, cercando
di
reprimere la rabbia omicida che sentivo crescermi dentro: non vedevo
l’ora di essere fuori di lì, di cogliere la prima
occasione possibile per farla pagare a quel dannato bastardo,
l’avrei ucciso con le mie mani… io…
“… dovete trarre
tutti i dettagli e
fissarla nel vostro io più profondo, perché d'ora
in poi
la vostra vita dipenderà da queste tracce... Nei prossimi
mesi,
starete con me, non in questo luogo, da quando è noto a
Jarvis e
Margareth non è più sicuro, andremo altrove,
sarà
un po' scomodo ma irrintracciabile... lì
v’insegnerò alcune… Arti... la vostra
mente
dovrà essere inviolabile, perché dovrete
custodire
ciò che di più sacro ha la
Confraternita…”
“Non potresti ricominciare
dall'inizio e dirci
dove siamo e dove intendi portarci? Quanto dovrà durare
questa
“storia”, quando potrò rivedere la mia
famiglia e
assicurarmi su Mei e Rigel... ”
Il vecchio scoppiò a ridere, una risata falsa, dolorosa,
pungente, quelle risate che avevo imparato a conoscere durante i lunghi
allenamenti nei sotterranei di Herrengton, quando mi piegava in ore e
ore di allenamenti per resistere alla Legilimanzia; strinsi Sile a me,
quasi credendo davvero di riuscire a proteggerla da
quell’uomo.
“Piccolo stolto…
non l'hai ancora
capito eh... Non li vedrai più, mai
più… tu non
sei più Mirzam Sherton, figlio primogenito di Alshain e
Deidra
Sherton, fratello di altri quattro marmocchi, cercatore talentuoso del
Puddlemere United... tu oramai sei solo una cosa… un losco
traditore… Sai che cosa ho appena fatto per te, mezzora
fa? Ho rubato e nascosto per te Habarcat in un luogo sicuro,
per
far credere a tutti che hai portato a compimento il
tradimento
contro tuo padre, che stai tramando nell’ombra per
rovesciarlo...
magari proprio in nome di Milord…”
“Che cosa? Sei impazzito? Che
diavolo di menzogne mi stai raccontando, vecchio?”
“Non c’è
bisogno che ti spieghi
perché l’ho dovuto fare… sapevi da te
che sfidare
il Signore Oscuro per salvare tutti gli altri comportava assumersi
anche questo ruolo indegno… sapevi da te che era
l’unica
strada… deve essere chiaro a tutti che siete su due fronti
opposti, altrimenti Milord potrebbe prenderli uno dopo
l’altro
per verificare un anello privo di poteri, davanti alla sacra
Fiamma… Questa mappa indica il percorso entro cui potrete
muoverti portando Habarcat con voi, per far rimanere le Terre comunque
protette dalla sua forza, e nel frattempo impedire agli uomini el
Signore Oscuro di individuarti…”
“Ma… ma
è impossibile... nessuno può muovere la
Fiamma...”
“Lo credono in molti, Sile, ma
si sbagliano...
vi spiegherò tutto a tempo debito, ma non ora...
avrò
bisogno dei vostri capelli, ne avrò continuamente
bisogno…”
“Per farne cosa?
Perché... ”
“La pozione Polisucco dovrebbe
esserti nota,
Sherton, o anche la tua nomea di pozionista è una cazzata?
Margareth ed io ci preoccuperemo di depistare, appariremo fuori delle
Terre, ci faremo notare, confonderemo le vostre tracce, faremo
intendere che avete un losco piano da portare avanti in
Inghilterra.”
“E dove altrimenti?”
“In questo momento, non siamo
nel
Regno… ma risponderò alle vostre domande solo
quando
saremo soli, non comprometterò Margareth per la tua
curiosità…”
“Io non ci sto capendo niente,
anzi, io non ti
credo proprio, io penso che tu sia impazzito, stavolta… e se
non
vuoi che vada immediatamente a Inverness a scoprire di persona che cosa
sta accadendo... ti conviene iniziare a darmi tutte le risposte... a
cominciare da questa Margareth… dimmi perché
dovrei
fidarmi di una sconosciuta!”
Lo fissai, Fear mi guardò con severità e ferocia
ed io
sentii le domande congelarsi subito dentro di me: no,
quell’uomo
non stava scherzando, quell’uomo era disposto a tutto e se mi
fossi opposto a lui, sarebbe finita male per me e per coloro che amavo.
“Quella è la
porta… se vuoi
morire, sei libero di farlo, Sherton… ma Sile resta qui con
me… ho promesso a suo padre di proteggerla, da tutto e da
tutti,
da te prima che da tutti gli altri… quindi dille addio e
vattene, se è questo che vuoi… se invece
preferisci
vivere, magari anche a lungo, e accanto alla persona che ami, smettila
di farmi perdere tempo! Emerson darà presto
l’allarme e
noi dovremo essere già molto lontani da qui, quando
accadrà… Sile, tagliati un po’ di
capelli e dalli a
Margareth, a Mirzam ci penso io...”
Mi voltai verso Sile, nei suoi occhi trovai un po' di fondato timore,
ma anche fermezza e determinazione, oltre a una tacita richiesta:
essere ragionevole e fare quello che mi chiedeva
Fear. Confuso,
non avevo capito molto di tutta quella storia, non avevo nemmeno
ricevuto una risposta pienamente soddisfacente, avevo solo infinite,
altre, nuove domande, tra le quali come avessero scoperto che il
traditore fosse proprio Emerson. Eravamo due folli, lo sapevo,
eppure, benché la nostra vita per colpa mia si fosse di
colpo
trasformata in una gigantesca incognita, benché avessi
appena
scoperto che del mio passato non sarebbe rimasto più nulla,
riuscivo a condividere quel fondo di serenità che leggevo in
Sile. Ci restava l'unica cosa che ci importasse, infatti,
intorno
alla quale ricostruire, pezzo dopo pezzo, tutto il resto: il nostro
amore, da vivere ancora insieme, con cui affrontare tutto insieme.
Fino a riconquistare la nostra vita e la nostra
libertà.
*continua*
NdA:
Ciao a tutti/e, il capitolo è molto lungo e la cosa tragica
è che non ho nemmeno scritto tutto quello che volevo. Ho
inserito alcuni dettagli su cui finora avevo evitato di pronunciarmi,
come l’aspetto fisico e il lavoro di Alphard, il suo legame
di
parentela con Dorea Potter, ecc. James non diventerà Auror,
ucciso troppo presto per affrontare una qualsiasi carriera: quello che
prova in questo momento sono le paure normali e i risentimenti normali
di un ragazzino di 11 anni che teme per il proprio padre e odia coloro
che ritiene responsabili, pronto a seguire la strada di Charlus per
mettere “le cose a posto”; tutto questo
avrà delle
conseguenze sui suoi rapporti con altri personaggi, ma il suo carattere
è modellato dall’esempio di suo padre, da una
buona dose
di testardaggine e dalla forza che trae dalla sua compagnia di amici.
Alshain si dibatte tra momenti di confusione e altri in cui
è
uno Slytherin fatto e finito, abbastanza astuto da anticipare le mosse
dell’avversario; Moody forse è stato ingenuo a non
controllare il tonico del guaritore, ma anche lui è un
essere
umano e magari, agli albori della prima guerra magica, non è
ancora portato a sospettare di chiunque, ovvero anche delle persone
“neutre” come poteva essere in questo caso il
Medimago. Ho
inserito il personaggio del giovane Proudfoot, per chi non lo
ricordasse sarebbe l’Auror che vediamo insieme a Nimphadora,
Savage e Dawlish nel 6^ libro impegnato nel pattugliamento di
Hogsmeade. La frase che ha ricordato Sile (1) è la prima
dichiarazione di Mirzam quando si sono messi insieme, alla fine del 6^
anno; l’idea che lui si blocchi al pensiero che sia
l’ultima volta che sta con Sile e non vuole sovrapporre quel
ricordo fatto di dolore e disperazione agli altri che ha condiviso con
lei, può sembrare fuori dalla realtà, ma dato il
soggetto, può starci anche questa bizzarria.
Non mi resta che salutare chi ha letto, recensito, aggiunto alle varie
categorie, e ringraziare AryYuna che mi ha dedicato uno dei suoi
lavori, potete vedere le sue meraviglie qui.
Un bacio.
Valeria
Scheda
Immagine
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