Sufficit diei malitia sua
Ho
portato Lois nell'attrezzatissimo appartamento di Stryker.
Sdraiata su di un letto ora riposa, attaccata ad una flebo di soluzione
salina dentro una stanza che ho comunque chiuso dall'esterno. Per la
sicurezza di entrambi. Non eravamo a casa mia per due motivi: il
secondo, perchè il "covo" di Stryker era un posto sicuro,
relativamente fuori dai
radar e ben fornito di beni di qualsivoglia necessità. Era il
secondo motivo perché lo avevo scoperto solo dopo esserci
entrato. Il primo motivo, era perché avevo ricevuto della posta.
Quel tipo di posta che non credevo possibile. Che avevano molto
invadentemente lasciato su di un tavolo del soggiorno di casa mia,
costringendomi ad una lunghissima e minuziosa perlustrazione degli
interni seguita da una fuga improvvisata. Ed immotivata. Il messaggio
era di Stryker, che mi invitava senza mezzi termini al suo
appartamento. E che mi aveva condotto ad altra posta... quella assurda.
Non pensavo mi potesse succedere. In generale, che potesse succedere
veramente. Però le prime righe erano tanto chiare quanto
improbabili. Eppure vere. E pesanti. E ridicole. E tante altre cose. E
facevano così:
-Quando leggerai questa lettera, probabilmente sarò morto.-
E ci sono un sacco di cose che non hanno senso. Perché, vi confesso, non l'ho mai capito.
Quando qualcuno si prende la briga di lasciare un messaggio del genere
mi lascia sempre basito. Perché si aspetta quanto scrive. Ma
allora perché non fa qualcosa? Qualsiasi cosa? Scappare,
nascondersi. Aspettare in una stanza senza finestre e con una sola
porta, seduto dentro un carro armato pronto a fare fuoco al minimo
presagio di pericolo. Perché no? Eppure quando sento una
cosa del genere, mi aspetto sempre che non menta. Il mittente sa che quando il
destinatario leggerà, la profezia si sarà avverata.
Eppure, niente colpevole, niente movente. Che so: è stato il
Reverendo Green, in biblioteca con la spranga di ferro. No. Solo un
-probabilmente- che suona come un garbato eufemismo di -certo-.
Invece no. Una lettera. Tutto qui. Che parla più di me che
d'altro. Già. Perchè il fu William Striker mi aveva
lasciato qualcosa.
-Ultimamente mi sono dedicato ad un lavoro. Un
lavoro di cui nessuno sa niente. Nella cassaforte al primo livello
interrato ho lasciato una cosa per te. La combinazione è "l'anno
più bello della vostra vita". Scusa se mi sono permesso, ma
è della massima importanza. Dentro troverai una cosa che sono
certo ti aiuterà. Segui alla lettera le istruzioni. E forse ne
uscirà qualcosa di buono in tutto questo.-
Ne dubito vecchio amico. Non è nei piani di nessuno.
Lois dorme ancora. La stanza è chiusa. Il perimetro sotto
controllo, il frigorifero pieno e l'allarme inserito. Ora cerchiamo la cassaforte. Cosa
potrà avermi lasciato? Una rendita immobiliare? Titoli al
portatore? Lingotti d'oro? Che cosa? Un'altra arma tecnologicamente
avanzata? Dovevo crederci se diceva che poteva essermi d'aiuto. La
domanda era: in che modo? A fare cosa?
Sono davanti alla cassaforte. Digito i quattro numeri sul tastierino numerico che spicca sulla cassaforte e
subito qualcosa al suo interno si da da fare. Dei meccanismi lavorano,
qualcosa gira su se stesso ed infine, la pesante anta di metallo
si apre.
Al suo interno, una cartelletta delle dimensioni di un A4 riposa sopra
ad uno strano contenitore metallico. La cartelletta contiene un
solo foglio. Lo leggo. Breve, ma conciso. Fa così:
Ti troverai di fronte ad un contenitore di metallo nero, diviso in tre
alloggiamenti. Si tratta di un farmaco sperimentale dell'esercito,
studiato per aumentare le prestazioni dei soldati sul campo. E' un
esperimento portato avanti con la massima segretezza. Il farmaco si
trova dentro tre recipienti chiusi ermeticamente in un
liquido refrigerante e così dovrà rimanere fino al suo utilizzo.
Segui le mie istruzioni alla lettera, qualora tu voglia usufruirne. E'
molto importante, al fine di non compromettere la tua salute fisica.
Tuttavia, il procedimento è relativamente semplice.
I coperchi sono contrassegnati da numeri romani indicanti l'ordine da
seguire nella somministrazione. Il farmaco si trova stipato in fiale
dentro siringhe a pistola, immerse in un liquido che ne conserva le
proprietà.
Importante: Procedi all'estrazione SOLO nel momento immediatamente
precedente alla somministrazione. Una volta aperti i vani, hai solo un
minuto per l'iniezione, trascorso il quale il siero perderà la
sua efficacia. I benefici superano di gran lunga gli svantaggi e credo
ti potrà servire ad affrontare il percorso che hai davanti.
Siero 96X402 "Essere umano 2.0. -Homo Bellator-"
-Istruzioni per l'uso- Somministrare in ambiente controllato.
_Fase 1:
Aprire il primo coperchio (numero romano I). Estrarre la siringa ed
iniettare il farmaco nel braccio all'altezza di un tricipite (intramuscolare).
Accertarsi che la fiala sia completamente vuota. La fase 1 agisce sul
sistema muscolo-scheletrico, incrementando la massa muscolare tramite
sollecitazione dei tessuti ed irrobustendo la compatezza ossea del
soggetto. Durata trattamento: 96 ore (quattro giorni). Trascorsi i
quattro giorni è obbligatorio passare alla fase 2.
_Fase 2:
Aprire il secondo coperchio (numero romano II). Estrarre
la
siringa ed iniettare il farmaco nel braccio all'altezza di
un tricipite (intramuscolare). Accertarsi che la fiala sia completamente vuota. La
fase 2 implementa la fase 1 agendo sul sistema nervoso centrale e
periferico, aumentando la velocità della conduzione nervosa e la
risposta agli stimoli. Significativo intervento sul sistema immunitario. Durata
trattamento: minimo 96 ore (quattro giorni). Trascorsi i quattro giorni è necessario passare alla fase 3
_Fase 3:
Aprire il terzo coperchio (numero romano III). Estrarre
la
siringa ed iniettare il farmaco nel braccio all'altezza di
un tricipite (intramuscolare). Accertarsi che la fiala sia completamente vuota. La
fase 3 equilibra i sintomi manifestatisi in seguito alle
somministrazioni precedenti. Conclusione trattamento. La fase 3
determina l'assoluta cessazione degli effetti collaterali senza
compromettere in alcun modo gli effetti benefici finali del
trattamento.
_Benefici ed effetti collaterali:
n.b: i seguenti effetti collaterali sono da intendersi come soggettivi.
Fase 1: aumento della forza fisica, incremento agilità,
resistenza allo sforzo. Migliorata capacità di recupero e
resistenza agli urti.
Fase 2: Incremento delle capacità cognitive, riflessi, percezione
dello spazio. Rigenerazione dei tessuti migliorata. Immunità dalle malattie conosciute.
Bene bene, ecco svelato il mistero. Qualunque cosa sia, credo possa
essermi d'aiuto. E se è come descritto, non credo che
avrò problemi a seguire il procedimento. Nel complesso, non
dovrebbe portarmi via più di otto giorni. Perciò è
meglio iniziare subito. Ci ho pensato, mi fidavo di Stryker. E poi,
questa è "roba" destinata all'esercito, ed io ero nell'esercito.
Potrei avere a che fare con gente discutibile e, tutto sommato, i
benefici elencati mi torneranno utili.
Numero romano I, apro il coperchio. Subito esce del fumo, prodotto dal
liquido refrigerante. Immersa c'è una piccola fiala
inserita in una siringa. Inserisco l'ago nel mio braccio sinistro,
all'altezza del tricipite, come da istruzioni. Premo l'equivalente dello
stantuffo e la fiala si svuota velocemente. Fase 1, completata.
E passata un'ora e per il momento nulla è cambiato. Nessun
sintomo, nessun effetto, desiderato o meno. Sono esattamente come
un'ora fa. Ma Lois si è svegliata. Si è strappata la
flebo ed ha iniziato a picchiare contro la porta, cercando invano di
aprirla. Non ho pensato di legarla, quindi dovrò farlo adesso.
Non appena apro la porta lei cerca di scappare. L'afferro. Lei
scalcia, si dimena, urla. Non la sentirà nessuno, siamo
sottoterra in un ambiente pressochè insonorizzato. Riesco
finalmente a rimetterla sul letto senza farle più male del
dovuto e per evitare altre complicazioni, le ammanetto il polso
sinistro alla testiera. Il letto è imbullonato al pavimento.
Forse qualcuno lo aveva già usato per scopi uguali o simili. Le
dico che le dovrei rimettere la flebo, ma lei risponde in modo poco
cortese. Allora le spiego che le sarebbe d'aiuto e lei mi risponde di
nuovo a tono, dicendomi di infilarmela dove di solito è uso
chiedere a coloro che non ci stanno troppo simpatici. In effetti,
l'ultima cosa che mi renderebbe credibile dopo averla ammanettata, e
preoccuparmi di porgerle aiuto. Avvicino un tavolino al suo letto per
poterci appoggiare qualcosa da mangiare, in modo che lei possa
arrivarci con il braccio libero.
-Dovresti mangiare qualcosa, devi recuperare
energie.- Lei non risponde, non fa niente e non mi guarda. Provo ad
insistere. -E' meglio se mangi qualcosa, ti rimetterai più in
fretta.- Niente. Altro fallimento. Non demordo. -Senti, mangia pure.
Non pensare di dovermi qualcosa, approfittane e basta. Puoi mangiare davanti a me
anche senza parlare... i miei lo facevano sempre.-
Lois finalmente addenta un boccone. E' affamata e stremata. Beve un bicchiere e poi mi guarda.
-Mi rimetterò più in fretta dici?! E
per andare dove?! So benissimo che non andrò più da nessuna parte.-
-Io non c'entro niente con quello che ti è successo.-
-Come no. Pensi che io ti creda?!-
-Si. Io sono quello che ti ha portato via da quell'inferno...-
-Immagino per finire l'opera.-
-Tu non eri prevista. E mi dispiace che sia andata
diversamente. Ma ripeto: non è stata una mia decisione. E non ho
intenzione di finire nessun opera. Non sei mia prigionera.-
-E queste manette? Come le spieghi?-
-Per la tua incolumità. Sapevo che avresti
reagito male e non volevo complicazioni. Sei libera di andare. Ti
consiglio di aspettare qualche giorno, quando ti sarai ripresa. Hai
bisogno di essere in forze, ti servirà.-
-Mi servirà?-
-Per scappare. Lontano. E senza voltarti indietro. Non sei più al sicuro qui.-
-Adesso mi dai anche consigli?-
-Io non voglio farti del male...-
Lois improvvisamente si blocca. Appoggia il gomito destro sul tavolo e prima di prendersi la fronte mi dice: -Troppo tardi.-
Già. Troppo tardi. Se lo ricorda. Lo ha capito. Glielo hanno
detto. Sono responsabile, e parecchio. Clark. Eppure non so, non
piange. Cioè, si, piange. Ma non come ci si aspetterebbe da
colei che ha appena perso ciò che aveva di più
importante nella vita. Non urla, non maledice il mio nome. Non ha aperto i
rubinetti in un pianto fragoroso, no. E' più che altro un
singhiozzo.
-Hai ragione,- dico -te ne ho già fatto. Non ho intenzione di fartene dell'altro. Non fisico almeno. Mi dispiace
che tu soffra, ma non per tuo marito.-
Lois si asciuga le lacrime e con voce ancora temolante: -Non era mio
marito.- Ora addenta un nuovo boccone. -Perchè l'hai fatto...-
-E' complicato. Ma andava fatto.-
-Immagino cosa ci possa essere di complicato nella follia...-
-Mi chiedo da cosa scaturisca questa deduzione.-
-Ma dico, scherziamo? La cosa non è in discussione...-
-Ah si? E cos'è la follia?-
-La follia è quando un pazzo decide di
togliere la vita alla persona più amata di questo mondo.-
-Quello è omicidio. No... te lo dico io
cos'è la follia. La follia è ripetere sempre la stessa
azione ed aspettarsi un risultato diverso. E questo, è
il motivo per cui ci troviamo in questa situazione.-
-Immagino che il mondo ti ringrazierà.-
-Il mondo fa schifo. E scommetto che lo sapeva anche
lui. E la gente non può sempre contare sugli altri per risolvere
i propri problemi. Non funziona così il "mondo" che tanto vi va
a genio. Pensando che le cose si sistemeranno, da sole... forse, prima o poi. Se non fai
parte della soluzione, fai parte del problema.-
-E tu giudicavi Clark, un problema?-
-Non lui. La sua immagine. La sua e quella di tutti
i suoi "amici". Ora dormi. Non mi va più di parlarne.-
-No no aspetta- continua lei -Cosa sarebbe questa? Invidia, gelosia?-
-Non ci siamo capiti. La guardi dal punto sbagliato. Ora dormi.-
-Sei patetico. Tutto perchè ti sei svegliato ed hai capito di non essere alla sua altezza.-
Questa donna è ostinata e non sente ragione. Provo di nuovo a farglielo capire.
-Cosa si prova ad essere la fidanzata di Superman?-
Lei ammutolisce. Finalmente. Smette di mangiare, di parlare... di fare
qualsiasi cosa. L'ha capita. Mi avvicino, le ripeto di dormire. Le levo
le manette e lei rimane sul letto. Sembra stordita. Me ne vado,
chiudendo la porta a chiave dietro di me.
Immagino che sia difficile
condividere una relazione con il resto del
mondo. Ma a differenza di ogni relazione, lui era di tutti, non solo di
lei. All'inizio potrà sembrare uno spasso, poteva farla
camminare fiera. "Ehi, quella si porta a letto Superman!" Ma a me non
sembra divertente. Sei a cena e c'è un incendio? Lui deve
correre a salvare il mondo. E' il vostro anniversario è
c'è una rapina? Lui deve correre a salvare il mondo. Cazzo ma
pompieri e polizia?!
State
facendo sesso e un aereo viene dirottato? Non so se il mondo se lo
meriti davvero. Non si può amare con tutta questa incostanza. La
cosa che aveva maggior bisogno di essere salvata era proprio sotto ai
suoi occhi.
Sono nel letto, ma non riesco a
dormire. L'orologio mi dice che sono quasi due ore che ci provo. La
cosa mi sta facendo incazzare, così mi alzo. Viaggio per il
piano, ispeziono l'appartamento. Sembra un bunker addolcito ad
abitazione, anche se per certi versi ne conservava l'aspetto. Come
una stanza adibita a prigione per la detenzione di ospiti, ed una
sala ben fornita di armi. Dove riposano il mio fucile e la mia spada.
Vago ancora un po', finendo per passare davanti alla "stanza" di Lois.
Sento uno strano rumore provenire dall'interno. Un verso. Apro la
feritoia per sbiriciare cosa stesse succedendo. E ne ho la conferma:
quel verso era un conato di vomito. Lois sta rigettando dentro la tazza
di metallo in un angolo della cella. Decido di entrare per farle una
domanda del cazzo.
-Stai bene?-
-Secondo te?- mi risponde.
-So che è una domanda inutile, ma intendevo se hai qualche dolore.-
-Sto bene...- sibila, prima di voltarsi e prodursi in un'altra "gettata"
-Lo vedo.- mi avvicino. Prendo un fazzoletto e glielo porgo. Lei lo accetta come se non gli importasse molto da chi venisse. -Hai bisogno di qualche medicina in particolare?- continuo.
-No. Ti è tornata la voglia di parlare? Non avevi sonno?-
-Non riesco a dormire.-
-I sensi di colpa fanno quest'effetto. Ormai devi conviverci.-
-Fanno anche vomitare, a volte...-
Lei d'un tratto si rannichia su se
stessa, per terra, nell'angolo della stanza. E' seduta con le ginocchia
vicino al petto, chiudendo le braccia davanti e facendo affondare la
testa nel ventre, coperta dalla folta chioma castana. Dentro a
quell'angusto spazio che si è creata come unica difesa da
me, piano, comincia a piangere. Singhiozza piano, come se non volesse
farsi sentire da me, o come se non volesse attribuire verità a
tutto quello che le era successo, e che le stava ancora succedendo.
Provo a stabilre una conversazione, ma non c'è verso. Non
risponde e non parla più di niente. Rimane solo lì,
ferma, nel suo guscio. Non posso fare niente. Me ne vado.
Ritorno nel
letto, cerco di rimettere la testa sul cuscino ma qualcosa inizia a
squillare. Arriva dal mio cappotto. Sembra un cellulare, ma devo dire
che è assurdo, perchè io non ho un cellulare. Me ne sono
sbarazzato da tempo. Eppure, il mio cappotto squilla. Mi avvicino e
dalla sua tasca sinistra, con sommo stupore, ne estraggo un cellulare.
Un piccolo smart-phone che si illumina e che sullo schermo riflette
l'immagine di un Jolly, tipico del mazzo di carte.
-Sei un esaltato del cazzo.- dico rispondendo prima dell'interlocutore.
-Teatrale, ami-co...-
Quell'esaltato di Joker mi aveva piazzato addosso un cellulare chissà come, ed ora mi chiamava.
-Hai pensato alla mia, offerta?-
-A dire il vero, avrei bisogno di pìù dettagli.-
-Tra mezz'ora, al segnale.- e conclude la comunicazione.
Quale cazzo di segnale, sto pensando,
quando sul cellulare si attiva una sorta di navigatore che mi indica le
coordinare da seguire. Ho solo una parola: Esaltato.
Vado dove mi porta il segnale. Ovviamente, non disarmato. Con me ho una
pistola, una M9 nascosta in una fondina sotto il cappotto e la mia
spada, non nascosta, in un fodero cucito nel cappotto che poggia sulla
mia schiena. Sapete com'è: fidarsi è bene, non fidarsi,
può farti tornare a casa. Il posto non è nè vicino
nè lontano, decido di andarci in moto. Anche se più
pericolosa, può rendere anche più veloce un'eventuale fuga.
In un attimo percorro la distanza che mi separa dal luogo di ritrovo, in cui trovo ad attendermi, tra altra gente, Joker.
-Giusto in tempo...- mi accoglie -ma, e quella?- chiede, indicando la mia schiena.
-Teatrale, ami-co...- cerco di ricordargli.
-Oooh... Non siamo qui per combattere. Non ancora-
-Casomai a qualcuno venissero strane idee...-
-Stasera non ce le facciamo venire strane idee. Ma, proprio, no.-
-Allora? Che ci faccio qui?-
Joker mi spiega. Mi spiega che tra otto giorni ci sarà il
funerale pubblico di Clark. E che questo attirerà, ed in gran numero,
tutta la forza che la legge ha dalla sua parte.
-Quindi? Li vuoi colpire tutti insieme quel giorno? Ti vuoi suicidare per caso?- chiedo.
Joker, dopo avermi guardato storto, (o forse è il suo sguardo naturale, non saprei) mi confida invece che quello
è il giorno perfetto per agire su un altro fronte. Il fronte
"Presidente". Tutta l'attenzione rivolta alle ventuno salve di saluto in memoria di
Clark, permetteva di agire con maggiore discrezione.
Ubicazione? Sorveglianza? Dettagli dell'edificio? Joker stava
rispondendo a tutte le domande che gli ponevo. Sembrava aver studiato
il tutto con molta attenzione. Sapeva dove. Sapeva che la
sorveglianza sarebbe stata affidata a normali esseri umani, coadiuvati
però, da un paio di droni delle Stark Industries. E questo non era bene. Per quanto riguardava la
conformazione dell'edificio mi aveva detto che avrebbe aspettato
più tempo possibile. Alla mia richiesta di spiegazioni, risponde:
-Se non vuoi attirare pesci più grossi, non agitare le acque.-
-E come farai ad ottenere quel tipo d'informazioni?-
A questa domanda, Joker fa segno ad una persona di venirci incontro.
-Vedi, so chi è una delle guardie. E le ho
messo una persona... alle, costole. Se così possiamo chiamarle. Una persona che non definirei...
ordinaria.-
Dal fitto buio di quello scorcio d'isolato esce una ragazza. E subito capisco cosa intendeva con "non ordinaria".
-Wow...- dico. Perchè i miei occhi si posano
sopra qualcosa di straordinariamente attraente. Qualche decina di metri
fuori dal comune. Facciamo anche qualche centinaia. Se mi chiedessero
di descriverla in poche parole, non ce la farei. Ci proverò.
Carnagione olivastra, lunghi capelli scuri, occhi di ghiaccio, un metro
e settantacinque molto ben proporzionato, lineamenti docili, ma sguardo deciso, tanto da
chiedermi se non dovessi salvarla dall'essere abietto che le sta
accanto, oppure viceversa. Lei invece mi sorride, nonostante Joker,
facendomi capire in
che modo avrebbe persuaso la guardia a farsi dare delle informazioni.
Lei forse poteva anche badare alle sue costole, ma di certo lui si
sarebbe concentrato altrove.
-Terrorismo... del futuro. Colpiamo dove
l'uomo è più... vulnerabile. Permettimi di presentarti... Katrin.-
Katrin. In buona fede, pochi le avrebbero resistito.
Ed infine, la preda si sarebbe convinta che quella che si stava mettendo al collo, era solamente una cravatta.
Come diavoli... vestiti da angeli.