Crossover
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Autore: macchese    16/04/2011    1 recensioni
"Superman è morto" annuncia un attonito giornalista dentro uno schermo. Ed il mondo vacilla. Le cause vengono insabbiate, ma un uomo sa. Brutal. Un uomo che ha perso tutto ciò che aveva di prezioso. In uno scenario corrotto, vile, che si vende al migliore offerente, un solo desiderio. Dimostrare perchè il mondo non ha bisogno di eroi.
Genere: Azione, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fumetti, Telefilm
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Sufficit diei malitia sua Quella volta avevo ricevuto della posta. Della posta assurda.



Sufficit diei malitia sua

Ho portato Lois nell'attrezzatissimo appartamento di Stryker. Sdraiata su di un letto ora riposa, attaccata ad una flebo di soluzione salina dentro una stanza che ho comunque chiuso dall'esterno. Per la sicurezza di entrambi. Non eravamo a casa mia per due motivi: il secondo, perchè il "covo" di Stryker era un posto sicuro, relativamente fuori dai radar e ben fornito di beni di qualsivoglia necessità. Era il secondo motivo perché lo avevo scoperto solo dopo esserci entrato. Il primo motivo, era perché avevo ricevuto della posta. Quel tipo di posta che non credevo possibile. Che avevano molto invadentemente lasciato su di un tavolo del soggiorno di casa mia, costringendomi ad una lunghissima e minuziosa perlustrazione degli interni seguita da una fuga improvvisata. Ed immotivata. Il messaggio era di Stryker, che mi invitava senza mezzi termini al suo appartamento. E che mi aveva condotto ad altra posta... quella assurda.
Non pensavo mi potesse succedere. In generale, che potesse succedere veramente. Però le prime righe erano tanto chiare quanto improbabili. Eppure vere. E pesanti. E ridicole. E tante altre cose. E facevano così:

    -Quando leggerai questa lettera, probabilmente sarò morto.-

E ci sono un sacco di cose che non hanno senso. Perché, vi confesso, non l'ho mai capito.
Quando qualcuno si prende la briga di lasciare un messaggio del genere mi lascia sempre basito. Perché si aspetta quanto scrive. Ma allora perché non fa qualcosa? Qualsiasi cosa? Scappare, nascondersi. Aspettare in una stanza senza finestre e con una sola porta, seduto dentro un carro armato pronto a fare fuoco al minimo presagio di pericolo. Perché no? Eppure quando sento una cosa del genere, mi aspetto sempre che non menta. Il mittente sa che quando il destinatario leggerà, la profezia si sarà avverata. Eppure, niente colpevole, niente movente. Che so: è stato il Reverendo Green, in biblioteca con la spranga di ferro. No. Solo un -probabilmente- che suona come un garbato eufemismo di -certo-.
Invece no. Una lettera. Tutto qui. Che parla più di me che d'altro. Già. Perchè il fu William Striker mi aveva lasciato qualcosa.

    -Ultimamente mi sono dedicato ad un lavoro. Un lavoro di cui nessuno sa niente. Nella cassaforte al primo livello interrato ho lasciato una cosa per te. La combinazione è "l'anno più bello della vostra vita". Scusa se mi sono permesso, ma è della massima importanza. Dentro troverai una cosa che sono certo ti aiuterà. Segui alla lettera le istruzioni. E forse ne uscirà qualcosa di buono in tutto questo.-

    Ne dubito vecchio amico. Non è nei piani di nessuno.

Lois dorme ancora. La stanza è chiusa. Il perimetro sotto controllo, il frigorifero pieno e l'allarme inserito. Ora cerchiamo la cassaforte. Cosa potrà avermi lasciato? Una rendita immobiliare? Titoli al portatore? Lingotti d'oro? Che cosa? Un'altra arma tecnologicamente avanzata? Dovevo crederci se diceva che poteva essermi d'aiuto. La domanda era: in che modo? A fare cosa?
Sono davanti alla cassaforte. Digito i quattro numeri sul tastierino numerico che spicca sulla cassaforte e subito qualcosa al suo interno si da da fare. Dei meccanismi lavorano, qualcosa gira su se stesso ed infine, la pesante anta di metallo si apre.
Al suo interno, una cartelletta delle dimensioni di un A4 riposa sopra ad uno strano contenitore metallico. La cartelletta contiene un solo foglio. Lo leggo. Breve, ma conciso. Fa così:

Ti troverai di fronte ad un contenitore di metallo nero, diviso in tre alloggiamenti. Si tratta di un farmaco sperimentale dell'esercito, studiato per aumentare le prestazioni dei soldati sul campo. E' un esperimento portato avanti con la massima segretezza. Il farmaco si trova dentro tre recipienti chiusi ermeticamente in un liquido refrigerante e così dovrà rimanere fino al suo utilizzo. Segui le mie istruzioni alla lettera, qualora tu voglia usufruirne. E' molto importante, al fine di non compromettere la tua salute fisica. Tuttavia, il procedimento è relativamente semplice.
I coperchi sono contrassegnati da numeri romani indicanti l'ordine da seguire nella somministrazione. Il farmaco si trova stipato in fiale dentro siringhe a pistola, immerse in un liquido che ne conserva le proprietà.
Importante: Procedi all'estrazione SOLO nel momento immediatamente precedente alla somministrazione. Una volta aperti i vani, hai solo un minuto per l'iniezione, trascorso il quale il siero perderà la sua efficacia. I benefici superano di gran lunga gli svantaggi e credo ti potrà servire ad affrontare il percorso che hai davanti.

Siero 96X402 "Essere umano 2.0. -Homo Bellator-"
-Istruzioni per l'uso- Somministrare in ambiente controllato.
_Fase 1:
Aprire il primo coperchio (numero romano I). Estrarre la siringa ed iniettare il farmaco nel braccio all'altezza di un tricipite (intramuscolare). Accertarsi che la fiala sia completamente vuota. La fase 1 agisce sul sistema muscolo-scheletrico, incrementando la massa muscolare tramite sollecitazione dei tessuti ed irrobustendo la compatezza ossea del soggetto. Durata trattamento: 96 ore (quattro giorni). Trascorsi i quattro giorni è obbligatorio passare alla fase 2.
_Fase 2:
Aprire il secondo coperchio (numero romano II). 
Estrarre la siringa ed iniettare il farmaco nel braccio all'altezza di un tricipite (intramuscolare). Accertarsi che la fiala sia completamente vuota. La fase 2 implementa la fase 1 agendo sul sistema nervoso centrale e periferico, aumentando la velocità della conduzione nervosa e la risposta agli stimoli. Significativo intervento sul sistema immunitario. Durata trattamento: minimo 96 ore (quattro giorni). Trascorsi i quattro giorni è necessario passare alla fase 3
_Fase 3:
Aprire il terzo coperchio (numero romano III).
Estrarre la siringa ed iniettare il farmaco nel braccio all'altezza di un tricipite (intramuscolare). Accertarsi che la fiala sia completamente vuota. La fase 3 equilibra i sintomi manifestatisi in seguito alle somministrazioni precedenti. Conclusione trattamento. La fase 3 determina l'assoluta cessazione degli effetti collaterali senza compromettere in alcun modo gli effetti benefici finali del trattamento.
_Benefici ed effetti collaterali:
n.b: i seguenti effetti collaterali sono da intendersi come soggettivi.
Fase 1: aumento della forza fisica, incremento agilità, resistenza allo sforzo. Migliorata capacità di recupero e resistenza agli urti.
Fase 2: Incremento delle capacità cognitive, riflessi, percezione dello spazio. Rigenerazione dei tessuti migliorata. Immunità dalle malattie conosciute.



Bene bene, ecco svelato il mistero. Qualunque cosa sia, credo possa essermi d'aiuto. E se è come descritto, non credo che avrò problemi a seguire il procedimento. Nel complesso, non dovrebbe portarmi via più di otto giorni. Perciò è meglio iniziare subito. Ci ho pensato, mi fidavo di Stryker. E poi, questa è "roba" destinata all'esercito, ed io ero nell'esercito. Potrei avere a che fare con gente discutibile e, tutto sommato, i benefici elencati mi torneranno utili.
Numero romano I, apro il coperchio. Subito esce del fumo, prodotto dal liquido refrigerante. Immersa c'è una piccola fiala inserita in una siringa. Inserisco l'ago nel mio braccio sinistro, all'altezza del tricipite, come da istruzioni. Premo l'equivalente dello stantuffo e la fiala si svuota velocemente. Fase 1, completata.


E passata un'ora e per il momento nulla è cambiato. Nessun sintomo, nessun effetto, desiderato o meno. Sono esattamente come un'ora fa. Ma Lois si è svegliata. Si è strappata la flebo ed ha iniziato a picchiare contro la porta, cercando invano di aprirla. Non ho pensato di legarla, quindi dovrò farlo adesso. Non appena apro la porta lei cerca di scappare. L'afferro. Lei scalcia, si dimena, urla. Non la sentirà nessuno, siamo sottoterra in un ambiente pressochè insonorizzato. Riesco finalmente a rimetterla sul letto senza farle più male del dovuto e per evitare altre complicazioni, le ammanetto il polso sinistro alla testiera. Il letto è imbullonato al pavimento. Forse qualcuno lo aveva già usato per scopi uguali o simili. Le dico che le dovrei rimettere la flebo, ma lei risponde in modo poco cortese. Allora le spiego che le sarebbe d'aiuto e lei mi risponde di nuovo a tono, dicendomi di infilarmela dove di solito è uso chiedere a coloro che non ci stanno troppo simpatici. In effetti, l'ultima cosa che mi renderebbe credibile dopo averla ammanettata, e preoccuparmi di porgerle aiuto. Avvicino un tavolino al suo letto per poterci appoggiare qualcosa da mangiare, in modo che lei possa arrivarci con il braccio libero.

    -Dovresti mangiare qualcosa, devi recuperare energie.- Lei non risponde, non fa niente e non mi guarda. Provo ad insistere. -E' meglio se mangi qualcosa, ti rimetterai più in fretta.- Niente. Altro fallimento. Non demordo. -Senti, mangia pure. Non pensare di dovermi qualcosa, approfittane e basta. Puoi mangiare davanti a me anche senza parlare... i miei lo facevano sempre.-
Lois finalmente addenta un boccone. E' affamata e stremata. Beve un bicchiere e poi mi guarda.

    -Mi rimetterò più in fretta dici?! E per andare dove?! So benissimo che non andrò più da nessuna parte.-

    -Io non c'entro niente con quello che ti è successo.-

    -Come no. Pensi che io ti creda?!-

    -Si. Io sono quello che ti ha portato via da quell'inferno...-

    -Immagino per finire l'opera.-

    -Tu non eri prevista. E mi dispiace che sia andata diversamente. Ma ripeto: non è stata una mia decisione. E non ho intenzione di finire nessun opera. Non sei mia prigionera.-

    -E queste manette? Come le spieghi?-

    -Per la tua incolumità. Sapevo che avresti reagito male e non volevo complicazioni. Sei libera di andare. Ti consiglio di aspettare qualche giorno, quando ti sarai ripresa. Hai bisogno di essere in forze, ti servirà.-

    -Mi servirà?-
   
    -Per scappare. Lontano. E senza voltarti indietro. Non sei più al sicuro qui.-

    -Adesso mi dai anche consigli?-

    -Io non voglio farti del male...-

Lois improvvisamente si blocca. Appoggia il gomito destro sul tavolo e prima di prendersi la fronte mi dice: -Troppo tardi.-

Già. Troppo tardi. Se lo ricorda. Lo ha capito. Glielo hanno detto. Sono responsabile, e parecchio. Clark. Eppure non so, non piange. Cioè, si, piange. Ma non come ci si aspetterebbe da colei che ha appena perso ciò che aveva di più importante nella vita. Non urla, non maledice il mio nome. Non ha aperto i rubinetti in un pianto fragoroso, no. E' più che altro un singhiozzo.

    -Hai ragione,- dico -te ne ho già fatto. Non ho intenzione di fartene dell'altro. Non fisico almeno. Mi dispiace che tu soffra, ma non per tuo marito.-

Lois si asciuga le lacrime e con voce ancora temolante: -Non era mio marito.- Ora addenta un nuovo boccone. -Perchè l'hai fatto...-

    -E' complicato. Ma andava fatto.-

    -Immagino cosa ci possa essere di complicato nella follia...-

    -Mi chiedo da cosa scaturisca questa deduzione.-

    -Ma dico, scherziamo? La cosa non è in discussione...-

    -Ah si? E cos'è la follia?-

    -La follia è quando un pazzo decide di togliere la vita alla persona più amata di questo mondo.-

   -Quello è omicidio. No... te lo dico io cos'è la follia. La follia è ripetere sempre la stessa azione ed aspettarsi un risultato diverso. E questo, è il motivo per cui ci troviamo in questa situazione.-

    -Immagino che il mondo ti ringrazierà.-

    -Il mondo fa schifo. E scommetto che lo sapeva anche lui. E la gente non può sempre contare sugli altri per risolvere i propri problemi. Non funziona così il "mondo" che tanto vi va a genio. Pensando che le cose si sistemeranno, da sole... forse, prima o poi. Se non fai parte della soluzione, fai parte del problema.-

    -E tu giudicavi Clark, un problema?-

    -Non lui. La sua immagine. La sua e quella di tutti i suoi "amici". Ora dormi. Non mi va più di parlarne.- 

    -No no aspetta- continua lei -Cosa sarebbe questa? Invidia, gelosia?-

    -Non ci siamo capiti. La guardi dal punto sbagliato. Ora dormi.-

    -Sei patetico. Tutto perchè ti sei svegliato ed hai capito di non essere alla sua altezza.-

Questa donna è ostinata e non sente ragione. Provo di nuovo a farglielo capire.

    -Cosa si prova ad essere la fidanzata di Superman?-

Lei ammutolisce. Finalmente. Smette di mangiare, di parlare... di fare qualsiasi cosa. L'ha capita. Mi avvicino, le ripeto di dormire. Le levo le manette e lei rimane sul letto. Sembra stordita. Me ne vado, chiudendo la porta a chiave dietro di me.

Immagino che sia difficile condividere una relazione con il resto del mondo. Ma a differenza di ogni relazione, lui era di tutti, non solo di lei. All'inizio potrà sembrare uno spasso, poteva farla camminare fiera. "Ehi, quella si porta a letto Superman!" Ma a me non sembra divertente. Sei a cena e c'è un incendio? Lui deve correre a salvare il mondo. E' il vostro anniversario è c'è una rapina? Lui deve correre a salvare il mondo. Cazzo ma pompieri e polizia?!
State facendo sesso e un aereo viene dirottato? Non so se il mondo se lo meriti davvero. Non si può amare con tutta questa incostanza. La cosa che aveva maggior bisogno di essere salvata era proprio sotto ai suoi occhi.


Sono nel letto, ma non riesco a dormire. L'orologio mi dice che sono quasi due ore che ci provo. La cosa mi sta facendo incazzare, così mi alzo. Viaggio per il piano, ispeziono l'appartamento. Sembra un bunker addolcito ad abitazione, anche se per certi versi ne conservava l'aspetto. Come una stanza adibita a prigione per la detenzione di ospiti, ed una sala ben fornita di armi. Dove riposano il mio fucile e la mia spada. Vago ancora un po', finendo per passare davanti alla "stanza" di Lois. Sento uno strano rumore provenire dall'interno. Un verso. Apro la feritoia per sbiriciare cosa stesse succedendo. E ne ho la conferma: quel verso era un conato di vomito. Lois sta rigettando dentro la tazza di metallo in un angolo della cella. Decido di entrare per farle una domanda del cazzo.

    -Stai bene?-

    -Secondo te?- mi risponde.

    -So che è una domanda inutile, ma intendevo se hai qualche dolore.-

    -Sto bene...- sibila, prima di voltarsi e prodursi in un'altra "gettata"

    -Lo vedo.-  mi avvicino. Prendo un fazzoletto e glielo porgo. Lei lo accetta come se non gli importasse molto da chi venisse. -Hai bisogno di qualche medicina in particolare?- continuo.

    -No. Ti è tornata la voglia di parlare? Non avevi sonno?-

    -Non riesco a dormire.-

    -I sensi di colpa fanno quest'effetto. Ormai devi conviverci.-

    -Fanno anche vomitare, a volte...-

Lei d'un tratto si rannichia su se stessa, per terra, nell'angolo della stanza. E' seduta con le ginocchia vicino al petto, chiudendo le braccia davanti e facendo affondare la testa nel ventre, coperta dalla folta chioma castana. Dentro a quell'angusto spazio che si è creata come unica difesa da me, piano, comincia a piangere. Singhiozza piano, come se non volesse farsi sentire da me, o come se non volesse attribuire verità a tutto quello che le era successo, e che le stava ancora succedendo. Provo a stabilre una conversazione, ma non c'è verso. Non risponde e non parla più di niente. Rimane solo lì, ferma, nel suo guscio. Non posso fare niente. Me ne vado.
Ritorno nel letto, cerco di rimettere la testa sul cuscino ma qualcosa inizia a squillare. Arriva dal mio cappotto. Sembra un cellulare, ma devo dire che è assurdo, perchè io non ho un cellulare. Me ne sono sbarazzato da tempo. Eppure, il mio cappotto squilla. Mi avvicino e dalla sua tasca sinistra, con sommo stupore, ne estraggo un cellulare. Un piccolo smart-phone che si illumina e che sullo schermo riflette l'immagine di un Jolly, tipico del mazzo di carte.


    -Sei un esaltato del cazzo.- dico rispondendo prima dell'interlocutore.

    -Teatrale, ami-co...-

Quell'esaltato di Joker mi aveva piazzato addosso un cellulare chissà come, ed ora mi chiamava.

    -Hai pensato alla mia, offerta?-

    -A dire il vero, avrei bisogno di pìù dettagli.-

    -Tra mezz'ora, al segnale.- e conclude la comunicazione.

Quale cazzo di segnale, sto pensando, quando sul cellulare si attiva una sorta di navigatore che mi indica le coordinare da seguire. Ho solo una parola: Esaltato.

Vado dove mi porta il segnale. Ovviamente, non disarmato. Con me ho una pistola, una M9 nascosta in una fondina sotto il cappotto e la mia spada, non nascosta, in un fodero cucito nel cappotto che poggia sulla mia schiena. Sapete com'è: fidarsi è bene, non fidarsi, può farti tornare a casa. Il posto non è nè vicino nè lontano, decido di andarci in moto. Anche se più pericolosa, può rendere anche più veloce
un'eventuale fuga.
In un attimo percorro la distanza che mi separa dal luogo di ritrovo, in cui trovo ad attendermi, tra altra gente, Joker.

   
-Giusto in tempo...- mi accoglie -ma, e quella?- chiede, indicando la mia schiena.

    -Teatrale, ami-co...- cerco di ricordargli.

    -Oooh... Non siamo qui per combattere. Non ancora-

    -Casomai a qualcuno venissero strane idee...-

    -Stasera non ce le facciamo venire strane idee. Ma, proprio, no.-

    -Allora? Che ci faccio qui?-
Joker mi spiega. Mi spiega che tra otto giorni ci sarà il funerale pubblico di Clark. E che questo attirerà, ed in gran numero, tutta la forza che la legge ha dalla sua parte.

   
-Quindi? Li vuoi colpire tutti insieme quel giorno? Ti vuoi suicidare per caso?- chiedo.
Joker, dopo avermi guardato storto, (o forse è il suo sguardo naturale, non saprei) mi confida invece che quello è il giorno perfetto per agire su un altro fronte. Il fronte "Presidente". Tutta l'attenzione rivolta alle ventuno salve di saluto in memoria di Clark, permetteva di agire con maggiore discrezione.
Ubicazione? Sorveglianza? Dettagli dell'edificio? Joker stava rispondendo a tutte le domande che gli ponevo. Sembrava aver studiato il tutto con molta attenzione. Sapeva dove. Sapeva che la sorveglianza sarebbe stata affidata a normali esseri umani, coadiuvati però, da un paio di droni delle Stark Industries. E questo non era bene. Per quanto riguardava la conformazione dell'edificio mi aveva detto che avrebbe aspettato più tempo possibile. Alla mia richiesta di spiegazioni, risponde:

   
-Se non vuoi attirare pesci più grossi, non agitare le acque.-

    -E come farai ad ottenere quel tipo d'informazioni?-

A questa domanda, Joker fa segno ad una persona di venirci incontro.

   
-Vedi, so chi è una delle guardie. E le ho messo una persona... alle, costole. Se così possiamo chiamarle. Una persona che non definirei... ordinaria.-
Dal fitto buio di quello scorcio d'isolato esce una ragazza. E subito capisco cosa intendeva con "non ordinaria".

   
-Wow...- dico. Perchè i miei occhi si posano sopra qualcosa di straordinariamente attraente. Qualche decina di metri fuori dal comune. Facciamo anche qualche centinaia. Se mi chiedessero di descriverla in poche parole, non ce la farei. Ci proverò. Carnagione olivastra, lunghi capelli scuri, occhi di ghiaccio, un metro e settantacinque molto ben proporzionato, lineamenti docili, ma sguardo deciso, tanto
da chiedermi se non dovessi salvarla dall'essere abietto che le sta accanto, oppure viceversa. Lei invece mi sorride, nonostante Joker, facendomi capire in che modo avrebbe persuaso la guardia a farsi dare delle informazioni. Lei forse poteva anche badare alle sue costole, ma di certo lui si sarebbe concentrato altrove.

   
-Terrorismo... del futuro. Colpiamo dove l'uomo è più... vulnerabile. Permettimi di presentarti... Katrin.-

Katrin. In buona fede, pochi le avrebbero resistito.
Ed infine, la preda si sarebbe convinta che quella che si stava mettendo al collo, era solamente una cravatta.
Come diavoli... vestiti da angeli.

  



 
   
  
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