Quarto
Credo che il tempo sia utile solo a farci capire quanto siamo arrivati tardi.
Una legge degli Eroi e...
Terrorismo del futuro. Colpiamo l'uomo dove è più vulnerabile.
Joker... Che figlio di madre nubile. In un'altra circostanza, l'avrei
anche potuto definire un genio. Ma non c'è un'altra
circostanza. Quindi...
Sono appena tornato nell'appartamento di Stryker, che per
comodità da ora chiamerò "casa mia". Penso a quel gran pezzo d'arte umana
di Katrin, e di come mi sono incazzato quando, in seconda media, quella
stronza della mia "fidanzatina" mi ha mentito, lasciandomi per un amico. Ora che ci penso, ci sono menzogne peggiori. La
cosa mi da da pensare: Fiducia non è altro che il nome che diamo all'illusione che ci sta rendendo felici.
Lois è ancora nella sua "cella". Ha appena finito di mangiare ed
io, sto facendo un po' di zapping giornalistico. In tv, la solita litania, come su
internet. Il mondo ha preso un revolver e se lo è messo in
bocca. Prima o poi, uscirà il numero giusto sulla "roulette".
E' tempo di fare piani. Bisogna pensare ad un sacco di cose. Ma prima, devo
aspettare che Joker si faccia sentire con qualche informazione che possa definirsi decente.
Prenderò parte alla liberazione di questo "Presidente"
perché la cosa ormai, mi ha incuriosito. Se è veramente
così bravo, non vedo l'ora di sapere cosa sa fare.
Passeggio
per la casa, pulisco qualche arma. Ho intenzione di fare un
po' di pratica nel piccolo poligono presente un piano più sotto.
Sto pulendo un grosso revolver, quando vengo interrotto da uno strano
rumore. Lo seguo. Arrivo davanti alla cella di Lois, proviene dal suo
interno. Non mi è nuovo. L'avevo già sentito in
precedenza. Guardo dentro.
Cazzo. Lois sta vomitando. Ancora. Entro nella cella per mettere un po'
d'ordine e vedere come sta.
-Tu non stai bene.-
-Che spirito d'osservazione...- risponde seccata.
-E non credo che non sia niente. Che ti succede?-
-Vattene.- Cerco di tirarla in piedi e accomodarla sul letto ma lei mi urla addosso -Non toccarmi! Vattene!-
Si accascia a
terra e sfocia in un altro pianto, stavolta più forte...
più rabbioso. Ma che succede? Faccio due calcoli, e realizzo.
-Mio Dio... non può essere...-
Lei
piange, ed io
sono uno stronzo. Siamo in due in questa stanza, ed io sono quello che
ci è arrivato per secondo. Ed ora, lei vede i miei meccanismi
mentali mettersi in moto come un vecchio trattore. Due indizi. Ne
voglio un terzo. Mi avvicino e le
metto una mano sulla fronte, poi sulla guancia. In quel momento, lei mi
fissa negli occhi.
E' molto calda, più del normale. E capisce che ho capito. Ma
quando?
Quando è stato? La risposta è ovvia, ed io ho paura che
sia proprio quella. Ma lo devo fare. Lo devo chiedere. Ed il suo
silenzio, pesa ogni secondo di più. Figli di puttana.
-Devi andartene da qui. Appena ti sentirai un po'
meglio, ti porterò via.- le dico, facendola sedere sul letto.
-E per andare dove?- Le note della sua voce suonano ancora di lacrime.
-A casa tua, da un amica. Dove vuoi. Ovunque, ma non
qui. Non puoi più stare, non ti ci voglio.- Lei fissa il fazzoletto che tiene tra le mani.
-Mi hai sentito?!-
-Sai benissimo che non ce la farò la fuori.-
-Non ce la farai?! E perché? La gente ti conosce, troverai chi può darti una mano.-
-Non può.-
-Non può? Non capisco. E le tue amicizie?- dico, enfatizzando l'ultima parola.
-Chi può aiutarmi, non sarà
abbastanza. E chi lo sarebbe, non può farlo. E' così.-
-E così? Cosa?-
-Fa parte della loro legge.-
-Legge?!- ora sono confuso.
-La chiamano legge dello "Scacco Matto"-
Legge dello Scacco Matto. O legge di Banner, da cui ha origine. Cazzo, questi
hanno anche uno statuto adesso? Un eroe non può intervenire
nelle questioni personali di un altro eroe. Questo per mantenere
un profilo oggettivo, evitando falle nel sistema. Non sia mai che qualcuno possa sentirsi eticamente impugnabile...
Detta anche legge di
Banner, per via di Bruce Banner. Il primo ad aver evidenziato, suo
malgrado, il rischio delle relazioni personali, quali familiari e,
soprattutto, fidanzate. Lois, rassettatasi il necessario, inizia a raccontare.
-Anni fa, la ragazza di Bruce, Betty, venne rapita. Lo scopo era quello di usarla come polizza
nella buona riuscita di una rapina in una banca, da parte di
un
gruppo di ladri principianti. Dato il "noto" caratteraccio di Bruce, fu
deciso, di comune accordo, che ad intervenire dovesse essere una
squadra speciale supervisionata da Tony Stark, che mise a disposizione
due delle sue armature speciali. La prima, l'avrebbe pilota lui stesso, che
sarebbe intervenuto direttamente nello scambio mentre l'altra, un
membro della sua squadra, Mike. Doveva essere una passeggiata. Inutile
dire
che le cose non andarono come previsto. Nel momento in cui si sarebbe
dovuto fare lo scambio denaro/Betty, uno dei criminali...- Lois si
ferma. Probabilmente le stanno tornando in mente delle immagini, e questo
la fa titubare. Si porta una mano alla bocca, chiude per qualche istante gli occhi e poi prosegue - uno dei criminali decise che
Mike si era avvicinato troppo. Vedendolo, imbracciò un
lanciarazzi e fece fuoco. Il proiettile centrò in pieno
l'armatura, che venne scaraventata violentemente...- altra pausa, deglutisce
-violentemente verso Betty. Venne centrata in pieno,
finendo schiacciata contro un muro. Per un momento, il mondo si era
fermato. Mike, quando fu in grado di rialzarsi, capì subito la
gravità della situazione. Ma era tropppo tardi. Perché
nel frattempo, Bruce, che si era
sistemato all'esterno del cordone, era già diventato verde. Fu
un
disastro. Se la prese con tutto e tutti. Sbriciolò completamente
l'atrio, sotterrando due dei criminali. Si avvicinò a Betty,
esanime. Con un dito, cercò di smuoverla. Cercò un segno
di vita. Tutto con una dolcezza... innaturale. Ma non c'era più
niente da fare, ed era solo questione di tempo. Poi comprese. Comprese il fatto e si girò nella
direzione di Mike,
a sua volta fermo, impotente. Si guardavano. Bruce, o quello che ne rimaneva sepolto sotto
rabbia e muscoli, allungò un braccio e...- Lois stringe un pugno - lo schiacciò.
Come una lattina. Ne rimase un grumo di metallo e sangue, in un
silenzio surreale. Poi ci fu un urlo terrificante. Ira. Pura. Il terzo
criminale fu investito da un calcinaccio. Penso che non se ne accorse
nemmeno. Infine venne la volta di Tony. Appena capì che era il
prossimo, si levò in volo, allontanando Bruce da vittime
collaterali. Ritrovarono Bruce molti
giorni
dopo, su un'isola molte miglia al largo della costa, disidratato, in fin di
vita. Ci era andato
a morire.-
Ora il silenzio surreale è nella cella. Detto in parole povere, è la legge
"sono cazzi tuoi". A volerlo trovare, un senso lo aveva. Ma era una vera
porcata. Se la regina era sotto scacco, solo il suo re poteva mettersi in
mezzo. La legge dello Scacco Matto.
Passano parecchi secondi di silenzio. Oppure mesi. Non so. Forse era
veramente fottuta. Anche se non è certo che dovessero andare a
cercarla, era comunque un bel sassolino nella scarpa.
-Ti servono cure mediche, un letto decente e anche
cibo decente. Per la prima non posso fare molto, ma posso fornirti le
altre due.-
La sollevo dal letto e la porto fuori dal quel tugurio. Lei mi
guarda. In un'altro frangente avrei detto che fosse stupore, ma
poteva essere qualsiasi cosa. La faccio accomodare in una stanza degna
di tale nome, con un bagno che non sia solo un eufemismo di "buco
nel pavimento". Comincia a farmi pena. Non si merita questo. Nessuno si
merita questo. E la cosa mi fa incazzare. Poi mi ricordo che anche io sono
parte del suo dolore, almeno, fino ad adesso.
Perciò, coinvolgimento ridotto al minimo indispensabile.
La lascio nella sua nuova camera, da sola. Siamo sotto terra, non ci
sono finestre ed ogni accesso all'esterno è subordinato a
tastierini elettronici, sicché nessuna serratura può
muoversi di un millimetro senza una combinazione numerica. E poi, non
sembra aver molta voglia di scappare.
Non so se è per educazione o abitudine, ma le è scappato
anche un grazie. Ridicolo. Forse vuole solo fottermi il cervello.
Il tempo passa. I minuti diventano ore, il sole ha ormai
completato la sua discesa, intenzionato ad atterrare dietro
l'orizzonte. Mi sono fatto una doccia e riflessi nello specchio, non ho visto
grossi cambiamenti nella mia struttura fisica. Nessun effetto
collaterale, buono o cattivo che sia. A parte la stanchezza, dovuta in
gran parte da una giornata al quanto pesante. Mi sdraio nel grande letto a due piazze,
sperando che il sonno possa prendersi un po' cura di me.
Proiettili, proiettili ovunque. Piove metallo, in tutte le direzioni.
L'elicottero sopra di me sta pisciando bossoli sulle nostre teste.
"Andiamo" urlo. La mia squadra si infila nel riparo offerto da un alto
edificio vicino. "Tenente, due uomini. Ripulite il piano".
Il tenente sale le scale. I soldati si sporgono dal riparo
offerto dall'angolo. Seguono spari. "Libero, maggiore". Prendiamo il
controllo del piano. "Voi qui. Supporto. Johnson, Barry, con me." I
soldati mi seguono al piano superiore. Pulito. Sto per ordinare di
ricongiursi al resto della squadra ma un soffitto crolla. Di colpo mi
ritrovo solo. Un tizio mi corre incontro, brandendo una spranga di ferro
come arma impropria. Cerca di colpirmi. Mi difendo. Evito i fendenti,
mi riparo con una sedia che va in pezzi. Il tizio sferra un calcio.
Barcollo. Mi appende al muro con quel ferro, cerca di strozzarmi. Lo
sento, sotto il collo, mi da fastidio. E'... è freddo. Cerco di levarlo, ma
cos'è? Cerco di toccarmi la gola, poi sento una voce:
-Fermo.-
Sussulto, non poco. Ma vengo bloccato. C'è la canna di una 357
sotto il mio mento, che prosegue nel calcio, stretto forte in una mano
delicata. Il mio sguardo segue il braccio fino ad arrivare ad un volto.
Lois. Mi sembrava già tutto assurdo, ma ora capisco di non stare
più sognando. La sensazione è reale, il metallo, freddo.
E' sdraiata accanto a me, sul fianco sinistro e con la mano destra
tiene saldamente la pistola sotto il mio mento. Il suo dito è
solamente appoggiato, al grilletto. Per ora.
-Cosa si prova?- mi sussurra.
-Cosa vuoi fare?- le chiedo, come se servisse
chiedere le intenzioni a qualcuno che ti ha spianato una pistola sotto il mento.
-Voglio liberare il mondo dall'erba cattiva. Come fai tu.-
-Molto nobile. Ma sei sicura che quella pistola sia carica?-
-Credi che non sappia usare una pistola?-
-Non è così facile come sembra. Non basta vederlo fare...-
-Allora pensi sia una messa in scena...-
-Beh, potrebbe ess...-
Lois esplode un colpo. A farne le spese, il cuscino sotto la mia testa. E' decisamente carica.
-Cazzo...- piano
piano, il silenzio torna a
sostituirsi all'unico fischio che mi aveva trapanato l'orecchio per
qualche secondo. Lei riporta la canna sulla mia gola, ustionandomi la
pelle. Ed io sono pazzo. Al mio fianco c'è una donna che ha
tutte le ragioni per odiarmi. Ed ha una pistola. Da quella distanza
potrebbe tranquillamente trasformare la mia faccia in un Picasso. Ed io
penso a tutto,
tranne che a quello che mi potrebbe succedere. C'è una donna al
mio fianco. Non un soldato, nemmeno un sicario. Una donna. Una bella
donna, ammettiamolo. Una bella donna che non dovrebbe pensare quello a
cui sta pensando. Non dovrebbe fare quello che sta facendo. Una bella
donna, a cui il caso ha fatto un bello sgambetto. E' incredibile vedere
fino a dove ci si può spingere, quando si è costretti in
un angolo.
-Ora mi credi?-
-Hai vinto. Allora... Facciamola finita.-
-Come?-
-Premi il grilletto. La pistola farà il resto.-
-Vuoi farmi credere di non aver paura di morire?- Lois spinge ancora un po' contro la mia trachea. La sua voce vibra di rabbia.
-Tutti hanno
paura di morire. Per quanto possano fare i duri, dentro saranno sempre
come bambini sperduti nella notte. Differentemente, io non ti faccio
perdere tempo. Mi sono già guadagnato un posto all'inferno. Andiamo. Non è facile come uccidere un sacchetto
di piume, ma la vendetta è l'unico movente che sappiamo
perdonarci.-
-Prima voglio sapere come hai fatto.- il mio sguardo chiede cosa -Come lo hai ucciso.-
-Ma come, non lo hai visto?-
-Sarei
così sadica? Non mi hanno fatto avvicinare. L'ho guardato solo mentre
lo portavano via, da dietro una transenna...-
-Ma... credev...-
-Dimmelo!- urla. Dal suo occhio sinistro scende una lacrima. -Dimmelo...- ora quasi sottovoce.
-Gli ho sparato. Un proiettile fatto di roccia verde. Nella spalla. Poi...- lei mi guarda. Vuole il resto. -...poi, una spada, nel petto.- La lacrima le solca lo zigomo, giù per la guancia, cadendo sul mio collo.
-Perché lo hai fatto.-
-Perché dovevo.-
-Non è un motivo.-
-Lo è. E' la mia guerra.- Lois
mi guarda ancora. Con il pollice alza il cane. Sembra volermi dare
un'altra possibiltà per rispondere. Poi stringe con forza la
pistola. Appoggia l'indice sul grilletto. E si... lo preme.
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