Crossover
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Autore: macchese    29/04/2011    1 recensioni
"Superman è morto" annuncia un attonito giornalista dentro uno schermo. Ed il mondo vacilla. Le cause vengono insabbiate, ma un uomo sa. Brutal. Un uomo che ha perso tutto ciò che aveva di prezioso. In uno scenario corrotto, vile, che si vende al migliore offerente, un solo desiderio. Dimostrare perchè il mondo non ha bisogno di eroi.
Genere: Azione, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fumetti, Telefilm
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Quarto
Credo che il tempo sia utile solo a farci capire quanto siamo arrivati tardi.


Una legge degli Eroi e...




    Terrorismo del futuro. Colpiamo l'uomo dove è più vulnerabile.
Joker... Che figlio di madre nubile. In un'altra circostanza, l'avrei anche potuto definire un genio. Ma non c'è un'altra circostanza. Quindi...
Sono appena tornato nell'appartamento di Stryker, che per comodità da ora chiamerò "casa mia". Penso a quel gran pezzo d'arte umana di Katrin, e di come mi sono incazzato quando, in seconda media, quella stronza della mia "fidanzatina" mi ha mentito, lasciandomi per un amico. Ora che ci penso, ci sono menzogne peggiori. La cosa mi da da pensare: Fiducia non è altro che il nome che diamo all'illusione che ci sta rendendo felici.
Lois è ancora nella sua "cella". Ha appena finito di mangiare ed io, sto facendo un po' di zapping giornalistico. In tv, la solita litania, come su internet. Il mondo ha preso un revolver e se lo è messo in bocca. Prima o poi, uscirà il numero giusto sulla "roulette".
E' tempo di fare piani. Bisogna pensare ad un sacco di cose. Ma prima, devo aspettare che Joker si faccia sentire con qualche informazione che possa definirsi decente. Prenderò parte alla liberazione di questo "Presidente" perché la cosa ormai, mi ha incuriosito. Se è veramente così bravo, non vedo l'ora di sapere cosa sa fare.
Passeggio per la casa, pulisco qualche arma. Ho intenzione di fare un po' di pratica nel piccolo poligono presente un piano più sotto. Sto pulendo un grosso revolver, quando vengo interrotto da uno strano rumore. Lo seguo. Arrivo davanti alla cella di Lois, proviene dal suo interno. Non mi è nuovo. L'avevo già sentito in precedenza. Guardo dentro. Cazzo. Lois sta vomitando. Ancora. Entro nella cella per mettere un po' d'ordine e vedere come sta.

    -Tu non stai bene.-

    -Che spirito d'osservazione...- risponde seccata.

    -E non credo che non sia niente. Che ti succede?-

    -Vattene.- Cerco di tirarla in piedi e accomodarla sul letto ma lei mi urla addosso -Non toccarmi! Vattene!-
Si accascia a terra e sfocia in un altro pianto, stavolta più forte... più rabbioso. Ma che succede? Faccio due calcoli, e realizzo.

    -Mio Dio... non può essere...-
Lei piange, ed io sono uno stronzo. Siamo in due in questa stanza, ed io sono quello che ci è arrivato per secondo. Ed ora, lei vede i miei meccanismi mentali mettersi in moto come un vecchio trattore. Due indizi. Ne voglio un terzo. Mi avvicino e le metto una mano sulla fronte, poi sulla guancia. In quel momento, lei mi fissa negli occhi. E' molto calda, più del normale. E capisce che ho capito. Ma quando? Quando è stato? La risposta è ovvia, ed io ho paura che sia proprio quella. Ma lo devo fare. Lo devo chiedere. Ed il suo silenzio, pesa ogni secondo di più. Figli di puttana.

    -Devi andartene da qui. Appena ti sentirai un po' meglio, ti porterò via.- le dico, facendola sedere sul letto.

    -E per andare dove?- Le note della sua voce suonano ancora di lacrime.

    -A casa tua, da un amica. Dove vuoi. Ovunque, ma non qui. Non puoi più stare, non ti ci voglio.- Lei fissa il fazzoletto che tiene tra le mani.
    -Mi hai sentito?!-


    -Sai benissimo che non ce la farò la fuori.-

    -Non ce la farai?! E perché? La gente ti conosce, troverai chi può darti una mano.-

    -Non può.-
   
    -Non può? Non capisco. E le tue amicizie?- dico, enfatizzando l'ultima parola.

    -Chi può aiutarmi, non sarà abbastanza. E chi lo sarebbe, non può farlo. E' così.-

    -E così? Cosa?-

    -Fa parte della loro legge.-

    -Legge?!-  ora sono confuso.

    -La chiamano legge dello "Scacco Matto"-

Legge dello Scacco Matto. O legge di Banner, da cui ha origine. Cazzo, questi hanno anche uno statuto adesso? Un eroe non può intervenire nelle questioni personali di un altro eroe. Questo per mantenere un profilo oggettivo, evitando falle nel sistema. Non sia mai che qualcuno possa sentirsi eticamente impugnabile...
Detta anche legge di Banner, per via di Bruce Banner. Il primo ad aver evidenziato, suo malgrado, il rischio delle relazioni personali, quali familiari e, soprattutto, fidanzate. Lois, rassettatasi il necessario, inizia a raccontare.


    -Anni fa, la ragazza di Bruce, Betty, venne rapita. Lo scopo era quello di usarla come polizza nella buona riuscita di una rapina in una banca, da parte di un gruppo di ladri principianti. Dato il "noto" caratteraccio di Bruce, fu deciso, di comune accordo, che ad intervenire dovesse essere una squadra speciale supervisionata da Tony Stark, che mise a disposizione due delle sue armature speciali. La prima, l'avrebbe pilota lui stesso, che sarebbe intervenuto direttamente nello scambio mentre l'altra, un membro della sua squadra, Mike. Doveva essere una passeggiata. Inutile dire che le cose non andarono come previsto. Nel momento in cui si sarebbe dovuto fare lo scambio denaro/Betty, uno dei criminali...- Lois si ferma. Probabilmente le stanno tornando in mente delle immagini, e questo la fa titubare. Si porta una mano alla bocca, chiude per qualche istante gli occhi e poi prosegue - uno dei criminali decise che Mike si era avvicinato troppo. Vedendolo, imbracciò un lanciarazzi e fece fuoco. Il proiettile centrò in pieno l'armatura, che venne scaraventata violentemente...- altra pausa, deglutisce -violentemente verso Betty. Venne centrata in pieno, finendo schiacciata contro un muro. Per un momento, il mondo si era fermato. Mike, quando fu in grado di rialzarsi, capì subito la gravità della situazione. Ma era tropppo tardi. Perché nel frattempo, Bruce, che si era sistemato all'esterno del cordone, era già diventato verde. Fu un disastro. Se la prese con tutto e tutti. Sbriciolò completamente l'atrio, sotterrando due dei criminali. Si avvicinò a Betty, esanime. Con un dito, cercò di smuoverla. Cercò un segno di vita. Tutto con una dolcezza... innaturale. Ma non c'era più niente da fare, ed era solo questione di tempo. Poi comprese. Comprese il fatto e si girò nella direzione di Mike, a sua volta fermo, impotente. Si guardavano. Bruce, o quello che ne rimaneva sepolto sotto rabbia e muscoli, allungò un braccio e...- Lois stringe un pugno - lo schiacciò. Come una lattina. Ne rimase un grumo di metallo e sangue, in un silenzio surreale. Poi ci fu un urlo terrificante. Ira. Pura. Il terzo criminale fu investito da un calcinaccio. Penso che non se ne accorse nemmeno. Infine venne la volta di Tony. Appena capì che era il prossimo, si levò in volo, allontanando Bruce da vittime collaterali. Ritrovarono Bruce molti giorni dopo, su un'isola molte miglia al largo della costa, disidratato, in fin di vita. Ci era andato a morire.-

Ora il silenzio surreale è nella cella. Detto in parole povere, è la legge "sono cazzi tuoi". A volerlo trovare, un senso lo aveva. Ma era una vera porcata. Se la regina era sotto scacco, solo il suo re poteva mettersi in mezzo. La legge dello Scacco Matto.
Passano parecchi secondi di silenzio. Oppure mesi. Non so. Forse era veramente fottuta. Anche se non è certo che dovessero andare a cercarla, era comunque un bel sassolino nella scarpa.

    -Ti servono cure mediche, un letto decente e anche cibo decente. Per la prima non posso fare molto, ma posso fornirti le altre due.-
La sollevo dal letto e la porto fuori dal quel tugurio. Lei mi guarda. In un'altro frangente avrei detto che fosse stupore, ma poteva essere qualsiasi cosa. La faccio accomodare in una stanza degna di tale nome, con un bagno che non sia solo un eufemismo di "buco nel pavimento". Comincia a farmi pena. Non si merita questo. Nessuno si merita questo. E la cosa mi fa incazzare. Poi mi ricordo che anche io sono parte del suo dolore, almeno, fino ad adesso. Perciò, coinvolgimento ridotto al minimo indispensabile.
La lascio nella sua nuova camera, da sola. Siamo sotto terra, non ci sono finestre ed ogni accesso all'esterno è subordinato a tastierini elettronici, sicché nessuna serratura può muoversi di un millimetro senza una combinazione numerica. E poi, non sembra aver molta voglia di scappare. Non so se è per educazione o abitudine, ma le è scappato anche un grazie. Ridicolo. Forse vuole solo fottermi il cervello.

Il tempo passa. I minuti diventano ore, il sole ha ormai completato la sua discesa, intenzionato ad atterrare dietro l'orizzonte. Mi sono fatto una doccia e riflessi nello specchio, non ho visto grossi cambiamenti nella mia struttura fisica. Nessun effetto collaterale, buono o cattivo che sia. A parte la stanchezza, dovuta in gran parte da una giornata al quanto pesante. Mi sdraio nel grande letto a due piazze, sperando che il sonno possa prendersi un po' cura di me.

Proiettili, proiettili ovunque. Piove metallo, in tutte le direzioni. L'elicottero sopra di me sta pisciando bossoli sulle nostre teste. "Andiamo" urlo. La mia squadra si infila nel riparo offerto da un alto edificio vicino. "Tenente, due uomini. Ripulite il piano".  Il tenente sale le scale. I soldati si sporgono dal riparo offerto dall'angolo. Seguono spari. "Libero, maggiore". Prendiamo il controllo del piano. "Voi qui. Supporto. Johnson, Barry, con me." I soldati mi seguono al piano superiore. Pulito. Sto per ordinare di ricongiursi al resto della squadra ma un soffitto crolla. Di colpo mi ritrovo solo. Un tizio mi corre incontro, brandendo una spranga di ferro come arma impropria. Cerca di colpirmi. Mi difendo. Evito i fendenti, mi riparo con una sedia che va in pezzi. Il tizio sferra un calcio. Barcollo. Mi appende al muro con quel ferro, cerca di strozzarmi. Lo sento, sotto il collo, mi da fastidio. E'... è freddo. Cerco di levarlo, ma cos'è? Cerco di toccarmi la gola, poi sento una voce:

    -Fermo.-
Sussulto, non poco. Ma vengo bloccato. C'è la canna di una 357 sotto il mio mento, che prosegue nel calcio, stretto forte in una mano delicata. Il mio sguardo segue il braccio fino ad arrivare ad un volto. Lois. Mi sembrava già tutto assurdo, ma ora capisco di non stare più sognando. La sensazione è reale, il metallo, freddo. E' sdraiata accanto a me, sul fianco sinistro e con la mano destra tiene saldamente la pistola sotto il mio mento. Il suo dito è solamente appoggiato, al grilletto. Per ora.

    -Cosa si prova?- mi sussurra.

    -Cosa vuoi fare?- le chiedo, come se servisse chiedere le intenzioni a qualcuno che ti ha spianato una pistola sotto il mento.
 
    -Voglio liberare il mondo dall'erba cattiva. Come fai tu.-

    -Molto nobile. Ma sei sicura che quella pistola sia carica?-

    -Credi che non sappia usare una pistola?-

    -Non è così facile come sembra. Non basta vederlo fare...-

    -Allora pensi sia una messa in scena...-

    -Beh, potrebbe ess...-
Lois esplode un colpo. A farne le spese, il cuscino sotto la mia testa. E' decisamente carica.

    -Cazzo...- piano piano, il silenzio torna a sostituirsi all'unico fischio che mi aveva trapanato l'orecchio per qualche secondo. Lei riporta la canna sulla mia gola, ustionandomi la pelle. Ed io sono pazzo. Al mio fianco c'è una donna che ha tutte le ragioni per odiarmi. Ed ha una pistola. Da quella distanza potrebbe tranquillamente trasformare la mia faccia in un Picasso. Ed io penso a tutto, tranne che a quello che mi potrebbe succedere. C'è una donna al mio fianco. Non un soldato, nemmeno un sicario. Una donna. Una bella donna, ammettiamolo. Una bella donna che non dovrebbe pensare quello a cui sta pensando. Non dovrebbe fare quello che sta facendo. Una bella donna, a cui il caso ha fatto un bello sgambetto. E' incredibile vedere fino a dove ci si può spingere, quando si è costretti in un angolo.

    -Ora mi credi?-

    -Hai vinto. Allora... Facciamola finita.-

    -Come?-

    -Premi il grilletto. La pistola farà il resto.-

    -Vuoi farmi credere di non aver paura di morire?- Lois spinge ancora un po' contro la mia trachea. La sua voce vibra di rabbia.

   -Tutti hanno paura di morire. Per quanto possano fare i duri, dentro saranno sempre come bambini sperduti nella notte. Differentemente, io non ti faccio perdere tempo. Mi sono già guadagnato un posto all'inferno. Andiamo. Non è facile come uccidere un sacchetto di piume, ma la vendetta è l'unico movente che sappiamo perdonarci.-

    -Prima voglio sapere come hai fatto.- il mio sguardo chiede cosa -Come lo hai ucciso.- 

    -Ma come, non lo hai visto?-

    -Sarei così sadica? Non mi hanno fatto avvicinare. L'ho guardato solo mentre lo portavano via, da dietro una transenna...-

    -Ma... credev...-

    -Dimmelo!- urla. Dal suo occhio sinistro scende una lacrima. -Dimmelo...- ora quasi sottovoce.

    -Gli ho sparato. Un proiettile fatto di roccia verde. Nella spalla. Poi...- lei mi guarda. Vuole il resto. -...poi, una spada, nel petto.- La lacrima le solca lo zigomo, giù per la guancia, cadendo sul mio collo.

    -Perché lo hai fatto.-

    -Perché dovevo.-

    -Non è un motivo.-

    -Lo è. E' la mia guerra.- Lois mi guarda ancora. Con il pollice alza il cane. Sembra volermi dare un'altra possibiltà per rispondere. Poi stringe con forza la pistola. Appoggia l'indice sul grilletto. E si... lo preme. 






  
   



 

  
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