Artemide rimase qualche
secondo a
guardarlo. Poi si ricompose, e si voltò verso Zeus.
“Effettivamente,
vostro figlio vi ha
detto la verità. Io... Vi devo delle scuse per come mi sono
comportata. Con te, mio signore, e con tutti voi.” fece
riferendosi
agli altri presenti. “Voi, mi avete accolta con amore e
calore e
io.... Come vi ho ripagato, ribellandomi e fingendo con tutti voi.
Senza alcun motivo, oltretutto. So che le parole non possono
sostituire il dolore che ho causato.... ma vi imploro comunque il
perdono. Sperando che serva a qualcosa.” finì lei
chinando la
testa e bagnandosi le guance, come per far capire di essere davvero
pentita. Zeus sorrise. E allargò le braccia.
“Per quanto mi
riguarda, tesoro...
sei perdonata.” la dea si gettò tra le braccia del
signore di
tutti gli dei, e le ragazze presenti tirarono un sospiro di sollievo
credendo al pentimento tanto ottimamente messo in scena dalla dea
della caccia. Artemide finse ancora qualche singhiozzo e Zeus
cercò
di consolarla.
“Stai
meglio?” le chiese poi.
“Sì....
Grazie... Ora sto meglio...”
fece sorridendo tra le false lacrime. Lo vide sorridente e lei
sorrise. Ci sei cascato... come tutti gli altri... benissimo.
Non
potevo chiedere di meglio. Vedrai in quanto poco tempo tu e il tuo
teatrino starete in piedi...
“Che
le danze
allora abbiano inizio!!” Artemide sorrise e iniziò
a ballare con
le altre ragazze. E poi come volevano le danze, i ragazzi iniziarono
a ballare con le ragazze, a coppie. Athena ballò con
Mercurio,
Artemide con Apollo, Afrodite con Marte, Persefone con Ade, Era con
Zeus, Demetra con Poseidone, Eos con Elios, Estia con Eolo.
“Sono
contento
che tu ci abbia ripensato, Artemide.” Come
pensavo... ve la
siete bevuta tutti.
“Ho
capito in
quei tre orribili mesi che avevo sbagliato, ed era mio dovere
chiedervi perdono.” lui le sorrise.
“Bentornata
a
casa, allora.” le mormorò all'orecchio per poi
baciarla sulla
guancia. Artemide ringraziò di sapere chi fosse il ragazzo
che aveva
davanti, altrimenti come qualunque altra fanciulla sarebbe caduta ai
suoi piedi. Suo fratello era davvero bellissimo; lui e Marte facevano
a gara in quanto a bellezza, ma in carattere di sicuro il fratello
era migliore. Lei gli sorrise.
“Grazie,
Apollo.”
“Prego.”
rispose lei.
Poi,
come previsto
dal ballo, ci fu il cambio coppie. Una, due, tre volte.
Finchè lei
non si ritrovò LUI di fronte.
“Perché
l'hai
fatto?”
“Perché...
devo
ammettere che è stato molto divertente... vederti chiedere
scusa. O
meglio... vederti fingere. Puoi ingannare gli altri ma non
me.”
“Sono
alla tua
mercé, puoi denunciarmi, che aspetti?”
“Il
momento
giusto, Febe.” lei lo guardò sorpresa per poi
accennare a un lieve
inchino quando la musica terminò.
“Eri...
tu?”
fece lei.
“A
far cosa?”
chiese lui.
“A...
avermi
portato da lui... a … avergli dato l'ambrosia per
guarirmi... Eri
tu...” lui sorrise ma poi scosse il capo.
“E
cosa me ne
veniva dal salvarti la vita?”
“E cosa te ne è venuto mentendo
a tuo padre?” chiese lei quasi ferita di rimando. Cosa
ti
aspettavi? Che lui si preoccupasse per te, e sprecasse tempo e
energie per salvarti invece di stare con la sua bella Afrodite?
Che... Nonostante il vostro rapporto... Stesse in pena per te?
Povera illusa!!! Nessuno ti ha mai voluta di loro... e nessuno ti
vorrà mai. Disse tra sé e sé.
“Niente.
Ma non
devo sempre avere un secondo fine per agire. L'ho fatto...
Perché lo
ritenevo giusto in quel momento”. Poi si fermò.
“Tutto bene?”
domandò lui vedendola con lo sguardo perso nel vuoto.
Probabilmente
non aveva neanche sentito la risposta...
“Sì.
Tutto
bene.” rispose meccanicamente riscuotendosi dai suoi
pensieri. E
sorridendo. “Ora devo andare... sono stanca. A
domani.” fece per
poi allontanarsi, una volta che ebbe salutato gli altri presenti.
La
risposta
effettivamente non era stata udita dalla divinità, che in
realtà,
al termine del banchetto, si avviò alle stalle per andare a
Sparta.
Galoppò finché la Luna non sorse in cielo. I
cavalli del dio della
guerra erano assai più veloci del suo. Arrivò
nella radura poco
lontana dalla città dove il ragazzo sarebbe dovuto
presentarsi. Era
il luogo dove l'aveva portata appena lei aveva recuperato le forze, e
dove l'aveva baciata.
***
Erano passati due
giorni dal
risveglio della ragazza e grazie alla misteriosa pozione che aveva
bevuto, ora la ragazza era totalmente in grado di camminare da sola,
senza il sostegno del bello spartano.
Quel mattino si
sentiva
particolarmente in forze. Si lavò, vestì e si
presentò in sala per
la colazione.
“Oh, ti
stavo aspettando... Come
stai?” le aveva chiesto Orione sorridente.
“Bene,
grazie. Oggi mi sento in
forze..” rispose chinando il capo un po' imbarazzata.
“Fantastico!!!
allora che ne
diresti se ti portassi a fare un giro in città... O magari
al fiume,
così non ti stanchi troppo...”
“Direi
che sarebbe meraviglioso!
Mi piace l'idea.” ribattè raggiante.
“Vedi di
non farla stancare
troppo.” lo ammonì la madre di lui.
“Tranquilla,
madre. Non ci
stancheremo...” rispose lui ancora.
“Bene...
Deve guarire. Quei tre
mesi devono essere stati terribili, per averla ridotta in questo
stato.” pronunciò la madre con compassione. Non ti
immagini
quanto,mortale. Pensò Artemide.
“Beh,
allora noi andiamo...”
affermò lui.
“D'accordo.”
fece la madre per
poi lasciarsi scappare un sorriso mentre li vedeva uscire.
Mai aveva avuto
qualcuno che si
preoccupasse così tanto per lei. Mai nella sua vita. Era
cresciuta a
Efeso, questo era vero. Ma nessuno per quanto si fosse comportato
gentilmente nei suoi confronti, l'aveva fatta sentire parte di una
famiglia. C'era sempre stato un velo, tanto trasparente quanto vero,
che l'aveva sempre tenuta distante, qualcosa incapace di sentirsi
totalmente a proprio agio con quelle persone, mortali o divine che
fossero.
E con Orione
sentiva quel velo piano
piano perdere consistenza.
Solo Orione la
faceva sentire amata,
in un certo senso. O forse si sentiva così perché
lei se ne era
innamorata. O se non altro si era presa una gran bella cotta.
Arrivarono alla
riva di un fiume.
L'acqua limpida e cristallina zampillava allegramente, i sassi
bianchi e la sabbia non facevano altro che risaltare la trasparenza
dell'acqua. I prati verdi erano rigogliosi e cosparsi di fiori. Un
salice faceva da tramite tra terra e acqua. E tutt'attorno si
sentiva il cinguettìo degli usignoli. Eppure si sentiva un
po'
sorvegliata. Come se qualcuno la stesse osservando. Ma non voleva
turbare Orione, così sorrise entusiasta, decisa a non far
trapelare
il suo umore.
“È..
stupendo questo luogo... mi
trasmette.. tantissima pace..”
“Già...
è stupenda...” fece
guardandola e facendola arrossire. Poi distolse lo sguardo. E
guardò
il fiume. “Scusa non volevo... metterti in soggezione,
Febe.”
“No...
tranquillo.. non fa..
niente..” rispose lei per poi guardarlo negli occhi. Scuri.
Caldi.
Orione la guardò. E sorrise. Per poi sporgersi e lasciarle
un tenero
bacio sulle labbra. Bacio cui lei corrispose.
“Non
stiamo.. correndo troppo?”
chiese lei staccandosi quanto bastava per guardarlo negli occhi. Con
il respiro caldo, il corpo pervaso da brividi e calore.
“Non
so.. se vuoi... smetto.”fece
lui.lei timidamente scosse la testa.
“Non ho
detto questo.” lui
sorrise. E la baciò. E lei corrispose felice. Il cuore era
come se
esplodesse di gioia. Era una sensazione stupenda, mai provata prima.
E sorrise.
“Tutto...
Bene?” le chiese lui
dolcemente.
“Sì..
magnificamente.” fece
lei.
“Bene.”
fece per poi stringerla.
E baciandole i capelli. Artemide felice si strinse a lui chiudendo
gli occhi e sorridendo. Non le sembrava vero di poter essere
innamorata e che qualcuno fosse innamorato di lei. Aveva alzato lo
sguardo appena oltre la spalla poi e aveva incontrato un'ombra, poco
lontano, che la guardava, senza però riuscire a
identificarla.
Appena i loro occhi si incontrarono l'ombra scomparve e per qualche
istante lei credette di essersela solo immaginata.
***
“Una dracma per i
tuoi pensieri.”
disse una voce dietro di lei. La dea sorrise al ricordo di quella
frase che mesi prima aveva sentito pronunciare dal dio della guerra e
si voltò sorridente. Il suo sorriso non mutò
quando vide Orione e
non il dio, ma forse per la frase che era identica a quella
dell'immortale, rimase un po' contrariata.
“Stavo pensando..
a questo luogo. A
cosa... È successo qui...”
“Erano pensieri
belli?” chiese lui.
“Oh
sì..” rispose lei sorridendo
anche se un po' imbarazzata.
“Che ne diresti
allora se... ti
proponessi di riconfermare il ricordo?” chiese lui con una
luce
negli occhi.
“Che sono
d'accordo.” rispose lei,
questa volta più sicura. Lui le carezzò il viso
con dolcezza. E poi
si sporse per baciarla. Lei sorrise e lo baciò
contraccambiando
serena e felice come non era mai stata.
“Come hai
trascorso questi giorni
senza di me? Ti sei trovata bene a casa?”
“Abbastanza bene,
grazie. Tu? Tutto
bene? Come sta tua madre?”
“Bene, grazie..
Stiamo tutti bene. Ci
manchi. Ma per il resto stiamo bene.” rispose con un sorriso.
E la
strinse a sé.
“Sono solo due
giorni che non ti vedo
e mi sembra di impazzire..”
“Anche tu mi sei
mancato molto..”
rispose lei per poi abbandonarsi al suo abbraccio. Lui dolcemente si
sedette all'ombra dell'albero. Tenendola sempre stretta a
sé. E lei
sorridendo si strinse a lui baciandolo.
Rimase stretta a lui tutta
la notte,
finchè i raggi rosei, tenui e pallidi dell'alba non
illuminarono la
radura. Lei alzò lo sguardo e sorrise vedendo che la
guardava.
“Come
stai?” le mormorò dolcemente
all'orecchio.
“Benissimo. Credo
però che ora io
debba andare, prima che tutti si accorgano della mia assenza.”
“Non
sapevo che non potessi uscire.”
“Infatti non
è che non posso. Solo..
non sapevano uscissi ieri sera.”
“Ah..”
fece per poi prenderla per i
fianchi e baciarla con dolcezza. “Allora è meglio
che tu vada..”
“Sì..
Immagino di sì.” fece
baciandolo dolcemente. Poi si staccò.
“Allora..
vai.” fece lui.
“ci vediamo
presto.” rispose ancora
lei. Poi prese il cavallo e montò. Gli sorrise e poi
partì alla
volta del monte Olimpo. Quando arrivò alle porte
smontò da cavallo
prendendolo per le briglie. Aprì la porta giusto quanto
bastava per
far passare lei e il cavallo. E la richiuse silenziosamente dietro di
sé. Cercando di non far rumore e raggiunse e stalle dove
ripose il
destriero. Uscì dall'uscita posteriore e si avviò
ai propri
appartamenti sn fare il minimo rumore.
Entrò in camera
e si sdraiò sul
letto. Giusto in tempo per sentir bussare alla porta.
Aspettò
qualche secondo e poi rispose.
“Chi
è?”
“Sono Apollo!!
Svegliati! È l'alba di un nuovo giorno!” e
che giorno!!
pensò sorridendo. Poi si vestì, o meglio.. fece
finta, e andò ad
aprire.
“Afferrato,
grazie, Apollo.”
sorrise lei. Fece una volta che ebbe aperto la porta.
“Sei...
Stupenda...” lei chinò il
capo e sorrise.
“Grazie.... Anche
tu” fratello.
Disse a sé.
“Andiamo a
colazione?” le chiese
lui.
“Sì.
Con molto piacere.” rispose
prendendo il braccio che lui le offriva.
“Bene.”
“Ma che carini
che siete.” fece
Marte vedendoli entrare. Lei lo guardò sfoderando uno dei
più
meravigliosi sorrisi che avevo.
“Vorrei poter
dire lo stesso di te,
ma non vedo la tua fidanzata, quindi temo che dovrò tenere
questo
complimento per quando la vedrò apparire al tuo fianco per
illuminarti.”
“Ringrazia di essere una
fanciulla.”
“Altrimenti?” chiese lei staccandosi dal
fratello e andando di fronte a lui. Il suo viso a pochi centimetri da
quello del dio.
“Ricordati la
scommessa.”
“Oh,
me la ricordo, tranquillo. E ho già la vittoria in
mano.” lui aprì
bocca per ribattere. Ma lei sorridendo gli pose l'indice sulle
labbra. “Sht, non parlare. Sei molto più bello
quando taci.” e continuando a sorridere, si
allontanò da lui e raggiungendo Athena.
Lasciando un Marte più che sorpreso.
“Ma... Come hai
fatto?” le chiese
Athena.
“Mi riesce..
naturale... spontaneo. È
più forte di me..” rispose sorridendo.
“Beh.... ti
riesce molto bene.
Continua così.” ribattè la dea della
sapienza.
“Lo
farò.” fece alzando il calice
sorridendo a Marte Apollo e Mercurio. Che le sorrisero.
“Attenta.
Afrodite è tanto dolce
quanto cattiva se gli tocchi il suo amore.”
“E io non sono da
meno.” fece lei.
Questo è solo l'inizio. Pensò.
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