#Sorpresa#
“Ma perché non
capisci?” urlò Fuu, in preda alla
disperazione.
La catena al suo collo sembrava
diventare sempre più
pesante.
Il colpo dell’ultima
ragazza rapita giaceva sul tavolo di fronte
a lei. Nessun rumore riusciva a svegliarla.
“Tutte le persone a cui
togliete la vita” continuò ad
urlare, fissando l’uomo con la lunga barba bianca, quasi
volesse colpirlo
fisicamente con le sue parole “sono persone che hanno una
famiglia. Ai loro
amici e parenti state infliggendo lo stesso vostro dolore!”
Scosse la testa :”Possibile
che tu non lo capisca? E’ un ciclo
che si ripete.”
L’uomo sembrava non aver
sentito nulla.
“Procedi”
tagliò corto, rivolto all’uomo con
l’ascia. Quest’ultimo
si avvicinò al corpo sul tavolo, ma prima che potesse
giungere abbastanza
vicino da tagliare il seno, Fuu si frappose tra lui e la ragazza.
“No!”
urlò. “Non te lo lascerò
fare!”
L’espressione calma di quel
rude chirurgo non mutò.
“Allora dovrai
morire.” Rispose.
“E’
fatta. E’ finita”
pensò Fuu, mentre l’ascia si librava in alto.
“Sto
per morire” si
disse, e non riuscì a trattenere una
lacrima mentre la lama si avvicinava alla sua testa.
CRACK!
Pezzi di legno volarono ovunque.
Come mai non c’era del
sangue? Che stava succedendo?
Poi vide Mugen, quasi a
mezz’aria.
“
… Mugen?”
Aveva sfondato la porta, e prima
ancora che se ne accorgesse
era davanti a lei, a farle da scudo.
“
E’ venuto. E’ venuto
a salvarmi”
La katana nella mano destra e il
sorriso da bastardo, aveva
girato appena la testa per guardarla.
“Ti stanno facendo di nuovo
piangere, eh?”
La ragazza sentì la
certezza di avere salva la vita, di nuovo.
“Non sto
piangendo” rispose, imbronciata.
#Incubo#
Il cuore le martellava nel petto,
sembrava che stesse per
esplodere. Ma Fuu
non poteva fermarsi.
Doveva continuare a correre.
Sentiva
le voci di
quelle persone , o meglio, quelle cose
dietro di lei.
Morti viventi.
Impossibile.
Eppure erano così reali. E
pericolosi.
L’immagine di quelle mani
che sbucavano con violenza fuori
dalla terra sembrava incollata davanti ai suoi occhi.
La ragazza inciampò sul
duro e grigio terreno.
“No!”
urlò, rialzandosi subito.
Morti viventi, vivevano della vita
altrui.
Volevano la sua vita, la loro
vita.
“Non puoi
scappare” urlò uno di loro.
Cosa poteva fare contro di loro?
Non sembravano nemmeno reali.
Tutto questo era assurdo.
Un Incubo.
Ma non poteva permettersi di morire.
Prima ancora che se ne accorgesse, il
suo nome esplose nella sua gola.
“Muuugen!”
“Mugen!”
L’unico uomo che non
avrebbe fallito. L’unico uomo che ai
suoi occhi era invincibile.
L’unico uomo a cui aveva
affidato la sua vita.
#Risate#
Jin era ancora su quella roccia, lo
sguardo fisso sull’acqua
e la canna da pesca in mano.
Era fermo in quella posizione da
così tanto tempo che
sembrava fosse diventato una statua.
Tra un boccone di pesce e
l’altro Fuu si girava a
controllare che fosse ancora vivo.
Mugen, invece, non se ne importava
nulla.
“Dai Jin, vieni qui a
mangiare!” urlò Fuu, che non
sopportava che qualcuno stesse in disparte.
“Ti do’ un
po’ del mio, se ne vuoi.”
“Lascia perdere”
bofonchiò Mugen, continuando a ingozzarsi.
“Ma non voglio che lui
…”
“Ma và, tutto
questo è divertentissimo.”
L’uomo allontanò
il pesce e si mise una mano sotto il mento.
“Oh,
no” pensò
Fuu.
“Lui era con noi, tutto
serio e pensoso…” cominciò Mugen .
“Non farlo” disse
la ragazza, controllando che Jin non
stesse sentendo la loro conversazione.
Ma era troppo tardi.
“ La pesca non è
altro che il rapporto dell’uomo con
l’acqua”
continuò Mugen, con il tono e l’espressione di Jin.
Fuu sentì la bocca
curvarsi in un sorriso.
“Ti prego, Mugen”
mormorò, tornando a guardare la schiena di
Jin.
“Per pescare basta farsi
guidare dai sensi” continuò lui,
imitando il bushido boy.
“Non
ridere. Non
ridere. Non ridere.”
“Dai, basta
…”
“ …E poi non ne
ha preso neanche uno!” disse Mugen,
esplodendo in una risata.
E Fuu non potè non fare
altrettanto. Perché l’imitazione di
quell’idiota era perfetta, e perché era vero che
Jin, che aveva “spiegato” loro
come fare, non aveva preso nemmeno mezzo pesce.
La ragazza si portò la
mano alla bocca, cercando di
mantenere una compostezza, mentre l’uomo rideva forte, quasi
a voler farsi sentire dall’altro.
Quando ebbe finito di ridere,
notò che Jin non era più sulla
roccia.
Il senso di colpa si
impadronì di lei in meno di un istante.
“Non avremmo riso un
po’ troppo?” chiese a Mugen, con una
nota di tristezza nella voce.
“Ma
và” rispose lui, tornando a mangiare il suo pesce.
Fuu lo osservò con la coda
dell’occhio. In
quel momento avrebbe dovuto odiarlo. Era
solo colpa sua se Jin si era offeso, no?
Lei gli aveva detto di fermarsi, ma
lui niente.
Faceva mai quello che gli chiedeva?
Ovviamente no.
Nonostante il senso di colpa,
però, la ragazza si sentiva
felice.
Come se quel teppista le avesse fatto
un regalo.
Eppure Fuu non era una
“musona” come Jin. Non era raro che
ridesse o fosse allegra.
Ma che cosa aveva di diverso il
ridere con Mugen?
Perché nella sua testa si
stava facendo strada l’idea che
quel momento fosse uno dei più belli della sua vita?
Poi, mentre lui si stendeva
sull’erba e cercava di
riposarsi, capì tutto.
Fuu lo odiava tanto, troppo.
Insomma, bastava guardarlo in quel
momento. A lui non
importava nulla dei sentimenti
degli altri.
E’ vero, probabilmente lei
stava esagerando a preoccuparsi
per Jin, ma sempre meglio del menefreghismo di quel teppista!
Ed era proprio per questo che le
risate con Mugen erano rare
… preziose.
Perché con lui ci litigava
e basta.
Un sorriso increspò le sue
labbra.
“
Guarda tu con chi ho
a che fare.”
#Unisono#
Jin era lì, davanti a lei.
Nel buio della notte, la pelle
bianca dell’uomo sembrava quasi fosforescente.
Lui le porse una delle sue scarpe.
La scarpa che aveva perso nel Fiume.
Un brivido le corse lungo la schiena.
La scarpa che aveva perso quando
stava per morire.
Si sforzò di mandare via
quella terribile sensazione.
Poi tornò a guardare Jin.
Le era mancato molto, non poteva
nasconderlo. La separazione
di quella mattina l’aveva fatta sentire molto triste e vuota.
“Che ci facevi con la mia
scarpa? La tenevi come ricordo?”
gli chiese, intenerita dal fatto che l’uomo ci tenesse a lei.
“Veramente, pensavo fosse
giusto metterla insieme al tuo
cadavere.” Rispose lui, atono.
“Ah” disse la
ragazza.
Mai che le dicessero qualcosa di
carino, quei due.
Due?
Non voleva pensare a lui.
Assolutamente no.
L’avrebbe evitato con tutta
se stessa.
“Comunque … alla
fine ci siamo rincontrati” disse lei,
cercando di evitare i lunghi silenzi dell’uomo.
“Mh” rispose lui,
come del resto la ragazza avrebbe dovuto
aspettarsi.
Fuu si guardò i piedi.
Chissà Mugen …
No.
Non ci voleva pensare.
Le cose che le aveva detto erano
state veramente orribili.
Si era proprio impegnato a fare lo stronzo.
Lui non era degno delle sue
preoccupazioni.
Lui non era degno dei suoi pensieri.
Lui non era degno dei suoi sentimenti.
“E’
un teppista, un
maschilista, un maniaco pervertito.
E di
lui non ci si puo’ fidare.”
Senza rendersene conto, aveva
cominciato a mordicchiarsi il
labbro.
Era divisa in due.
Da una parte c’era la sua
testa, e dall’altra c’era il suo
cuore.
Era sempre così, quando si
parlava di Mugen.
La confusione prendeva il
sopravvento. E la piccola Fuu non
capiva più nulla.
Tornò a guardare
l’uomo che le stava di fronte. Anche Jin
era perso nei suoi pensieri.
Sentendosi osservato, il bushido boy
la guardò.
C’era qualcosa di strano
nel suo sguardo.
Qualcosa che stavano condividendo, ma
senza neppure saperlo.
“ E lui?”
chiesero, all’unisono.
Fuu non era riuscita a trattenersi.
Maledizione.
“ Io … non
l’ho visto” rispose, a malincuore.
“Che
tu sia maledetto,
Mugen”
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