In
risposta alla sfida di _Aras_
che
aveva richiesto una GeorgexKatie
in cui prompt doveva essere: «Un
semplice grazie sarebbe bastato». Non
credo di aver assolutamente centrato quello _Aras_ voleva, ma spero
che l'apprezzerà lo stesso. (:
Il
pairing GeorgexKatie
è one-sided.
*
Era
la mia migliore
amica
GeorgexKatie
926
parole
Katie
scrutò nuovamente l'amica: quei dieci anni non parevano
essere
trascorsi per Angelina con la stessa ferocia con cui erano trascorsi
per lei. La pelle scura era ancora liscia e lucente, il collo lungo e
affusolato, gli occhi vivi e spigliati senza nemmeno l'ombra di una
piccola ruga. Nonostante indossasse un comunissimo cardigan azzurro
piuttosto largo, Katie aveva notato immediatamente l'insolito
gonfiore del suo ventre.
«Vai
ancora a caccia di rovine magiche in Irlanda?»
domandò d'un tratto
Angelina, giocherellando pigramente con l'ombrellino infilato nel suo
Idromele.
«È
il mio lavoro» rispose brevemente.
«Te
la passi bene?».
«Direi
di sì».
«Bene».
«Sì».
Rimasero
in silenzio diversi minuti. Angelina continuò a sorseggiare
dal
proprio bicchiere, guardandosi attorno come se non avesse molta
importanza che lei fosse lì, seduta ad un tavolo del Paiolo
Magico
con quella che era stata probabilmente una delle sue più
care
amiche. Nemmeno Katie era certa che quello fosse il posto doveva
voleva essere, né che fosse proprio Angelina, in effetti, la
persona
con cui desiderasse parlare.
«Il
servizio è parecchio migliorato negli ultimi anni»
disse Katie con
tono leggero. «E anche il Paiolo Magico sembra più
allegro».
«Merito
di Hannah» spiegò Angelina, indicando con un breve
cenno del capo
la giovane strega dai ricciolini biondi che si stava affaccendando
dietro al bancone. «Ha rimodernato tutto, qui
dentro».
«Hannah
Abbott?» domandò, sporgendosi oltre la spalla di
Angelina per poter
osservare maglio la nuova titolare del Paiolo Magico.
«Accidenti. Se
non me lo avessi detto, non l'avrei mai riconosciuta».
«È
Hannah Paciock, in realtà».
Katie
dischiuse le labbra in un'espressione di muto stupore.
«Davvero
Neville è--?».
«Quasi
da quattro anni, ormai».
«E
quella bambina seduta vicino alle cucine è--».
«Sì.
L'hanno chiamata Alice».
Angelina
sollevò gli occhi scuri dal legno del tavolo e la
fissò con
espressione imperscrutabile. Katie cercò di restituire un
immagine
di sé che fosse altrettanto decisa, ma sapeva che ogni suo
tentativo
si sarebbe rivelato vano. Il ruolo da eroina imbattibile era sempre
toccato ad Angelina – la migliore sul campo di Quidditch, la
più
bella al Ballo del Ceppo, la più coraggiosa alla Battaglia
di
Hogwarts. Ed ora, quasi dieci anni dopo, signora Weasley.
«Lo
sapresti, se solo avessi avuto la creanza di tornare a Londra, ogni
tanto».
«Sai
perché non sono tornata».
«No,
Katie, non lo so» negò con durezza Angelina,
scuotendo il capo.
«Non so perché non sei più tornata.
Sinceramente, non so nemmeno
perché tu sia tornata adesso. Che cosa vuoi?».
«Non
lo so. Secondo te, io come dovrei comportarmi, ora? Nei miei panni,
Angelina, che avresti fatto?».
Angelina
assottigliò gli occhi come un felino.
«Di
cosa stai parlando?».
«Di
te che te ne fotti completamente di me e sposi George».
Angelina
si ritrasse come se Katie avesse appena tentato di scagliarle contro
una maledizione. I suoi occhi neri dardeggiavano verso di lei carichi
di furia e le mani che stringevano il bicchiere tremavano. Katie
assottigliò le labbra, cercando di mantenersi quanto
più
controllata e rigida possibile.
«Tu
che avresti fatto, Angelina?» ripeté.
«È
per questo che accettasti quella proposta di lavoro in
Irlanda?».
Katie
tentò di accusare il colpo al meglio delle sue
possibilità.
«No.
Era indiscutibilmente un'offerta vantaggiosa».
Angelina
annuì appena.
«Io
amo George, Katie».
«No»
sibilò fra i denti. «Tu amavi Fred».
L'effetto
delle sue parole fu micidiale: Angelina si alzò di scatto e
sbatté
entrambe le mani sul tavolo. Il bicchiere di Idromele si infranse a
terra con uno schianto e parecchi clienti si voltarono preoccupati
verso di loro.
«Non
osare...» la interruppe con voce glaciale. «Tu eri
la mia migliore
amica, ma io avevo bisogno di qualcuno che mi capisse.
C'era
solo George. C'eravamo solo noi. Solo noi, capisci? È
successo e
basta, poi tu sei sparita completamente senza darci una sola
spiegazione».
«Sapevi
che ero innamorata di George. Che diavolo volevi che facessi? La tua
damigella d'onore, forse?».
Angelina
rimase a fissarla senza muovere un muscolo, con le labbra strette fra
loro e gli occhi socchiusi.
«Credevo
che fosse soltanto una cotta adolescenziale».
«Hai
creduto male» disse Katie, alzandosi a sua volta in piedi.
«E ora,
se non ti dispiace, non credo ci sia più niente da dire. Non
so
nemmeno per quale motivo io ti abbia chiamato, oggi. È
evidente che
non c'è più niente che io e te possiamo dire o
non dire».
Afferrò
il mantello e aprì di scatto la borsetta alla ricerca del
portamonete: aveva una voglia matta di lasciarsi Angelina alle spalle
quanto più in fretta possibile.
«Lascia
stare, Katie» le disse. «Pago io».
«No»
ribatté duramente, lasciando cadere un paio di monete sul
tavolo.
«Sono io ad averti invitato».
Si
avviò di gran lena verso la porta senza aggiungere
nient'altro. Non
c'era niente da aggiungere.
«Un
semplice grazie sarebbe bastato!» le urlò
sprezzante Angelina.
Katie
si bloccò e le rivolse uno sguardo carico di accusa.
«No.
Non sarebbe bastato proprio niente».
|