BB
Capitolo
1; Alla
deriva
BB
abitava in una villetta a Cardiff. Aveva
ottenuto una laurea con
ottimi voti
all’università di chimica che il carcere offriva
ai geni del crimine(tanto
erano sicuri che fosse impossibile evadere). Subito dopo, naturalmente,
era
evaso. Aveva fatto molto scalpore, e BB si
era molto compiaciuto quando, a distanza
di un anno, si era ritrovato fra le prime pagine del giornale come il
più
ricercato pluriomicida e decagiochista di tutti i tempi. Dopo essere
evaso,
aveva svaligiato diverse banche (uccidendo tutti coloro che si trovavano
sul
posto) nei più disparati paesi, creando il caos.
Dopodiché, raggranellato un
bel gruzzoletto, era scomparso nel nulla. Nessuno aveva immaginato che
avesse
fatto della sua passione un lavoro, poiché i suoi precedenti
omicidi erano
stati compiuti senza motivazioni se non la voglia di uccidere. Invece,
era
diventato un killer professionista, e a dire il vero, aveva surclassato
la
concorrenza. La sua villetta era su due piani, e la sua camera era al
secondo.
Verso le otto,
BB si
svegliò. Lesse distrattamente il giornale mangiando
marmellata alle
fragole. In prima pagina si parlava di una rivolta molto particolare di
studenti universitari: per protestare contro una serie di cose che non
si
soffermò a leggere, si erano trasferiti su un isola nota
solo a loro, e
interferivano sulle onde radio dando informazioni rassicuranti ai
parenti e
protestando a ben tre mesi. Dopo la colazione,
BB si
vestì e uscì. Raggiunse il punto in cui
avrebbe dovuto incontrare un nuovo datore di lavoro. Tornò a
casa e si preparò
a un nuovo omicidio. Sarebbe accaduto la sera stessa. Si
armò con alcune
pistole pesanti, una mannaia, alcune fiale di veleno e siringe per
iniettarli.
Poi, agguantò una decina di barattoli di marmellata alle
fragole e pranzò.
Giunta la sera, uscì e inforcò la sua Harley
Davidson. Percorse le strade
della
città assaporando
l’aria che gli arrivava in faccia attraverso il casco
integrale. Si sentiva vivo. Giunse alla strada in cui doveva tendere un
imboscata, e attese munito di un barattolo di marmellata. Era un
malfamato
vicolo di periferia, e l’oscurità si poteva
tagliare a mannaiate. Ad un tratto,
una figura emerse dall’ombra. Era un uomo alto e grosso, che
avanzava con
decisione. Impugnava un pistola. E la puntava contro BB. Il diretto
interessato, tranquillissimo, tirò fuori le due pistole e le
puntò con
precisione, una al cuore e una alla testa dell’uomo.
L’uomo si fermò, prese una
ricetrasmittente e diede ordine di accendere le luci: non vedeva con
chiarezza
i movimenti del soggetto. Una persona normale sarebbe scappata urlando
a
squarciagola dopo aver capito che l’uomo era li per ucciderlo
e non era solo,
ma non BB.
Che
infatti tolse la sicura alle pistole e si apprestò a
sparare. E l’avrebbe fatto
con successo sennonché le luci si accesero e capì
di essere circondato. Aveva
ucciso qualcuno di troppo. Lo volevano eliminare. Come lui aveva
eliminato gli
altri. Erano determinati. Erano troppi.
BB
non smise mai di lottare. Scaricò loro
contro le pistole. Lanciò loro la mannaia. Lanciò
loro contro i suoi barattoli
di marmellata. Li prese a pugni. Ma erano troppi. Anche se
faticosamente, lo
sopraffecero. Dopo averlo picchiato a sangue e rotto il braccio
destro(e non lo
consolò molto il fatto di essere mancino), uno di loro gli
sparò. Nel secondo
il cui il colpo partì, BB era pronto. Aveva capito. In quel
millesimo di
secondo, aveva capito. In tutta la sua vita aveva sopraffatto agenti
dell’FBI,
boss mafiosi, politici, e investigatori. Ma in quel secondo
capì che non c’era
più scampo. Sarebbe morto lì, in un vicolo, come
un cane rabbioso. I giornali
ne avrebbero parlato per un po’ e poi tutti avrebbero
dimenticato. Non solo
lui, ma anche tutte le vite che aveva spento sarebbero passati sulla
bocca di
tutti e poi sarebbero caduti nel silenzio. Chiuse gli occhi. Il suo
cuore si
calmò. Il respiro non era più affannoso. La sua
mente più chiara che mai.
Ripensò alla sua vita. Era pronto. Il tempo
ripartì e lui sentì un dolore
lancinante alla spalla sinistra. Perse conoscenza.
Non
fu come aveva immaginato. Non lo
lasciarono li. 5 di loro lo presero e lo buttarono in mare dal porto.
Gli altri
cancellarono anche la sola parvenza di qualche indizio. Quando BB
toccò l’acqua si svegliò. Aveva male
più o meno dappertutto. E non riusciva a
muovere bene il braccio sinistro. Dal porto la corrente lo trascinava a
largo,
in mare aperto. BB lottò con tutte le sue forze. Fu una
fortuna per lui,
trovare un pezzo di legno. Era un tronco, al quale si
aggrappò disperatamente.
Lottò contro il mare per ore e ore, nonostante il dolore, e
quando finì la
tempesta entro la quale(con la sua stramaledetta fortuna) era finito,
era
esausto. Non aveva niente, e probabilmente sarebbe morto. Ma decise di
concedersi un sonnellino. Bagnato fradicio, dolorante, senza futuro, ma
determinato a vincere sempre. Fu questo l’essere che le onde
cullarono fino a
che non crollò.
Erano
molti su quell’isola. Vi erano studenti
dell’università di chimica, lettere, fisica,
medicina, psicologia,
ingegneria, etologia,
criminologia,
istituti tecnici. Per ogni università c’era un
rappresentante. Erano venuti
anche alcuni professori. Alcuni ragazzi erano rimasti per manovrare una
nave che
portava rifornimenti di ogni tipo. Avevano costruito moltissimi
bungalow e un
paio di bagni pubblici. Una sala per gli strumenti e un palco per i
concerti
delle molteplici bande musicali degli studenti. Lei era la
rappresentante degli
studenti di chimica, che stavano eseguendo dei controlli
sull’acqua di una
sorgente trovata dal professore di lettere, per capire se era potabile.
Si
chiamava Mina e
era
al quinto anno di università. Come gli altri era decisa a
rimanere li finche le
cose non fossero cambiate, e ogni giorno ascoltava la radio per capire
cosa
succedeva nel mondo e se si parlava molto della loro rivolta. Insieme
con altri
studenti era riuscita più volte a interferire sulle onde
radio di varie
stazioni, e a spiegare la loro situazione. Ogni mattina, si alzava
presto,
verso le sei. Mangiava e si vestiva in 15 minuti scarsi e si
precipitava dalle
sue adorate chitarre. Ne aveva sette elettriche, cinque folk e otto
classiche.
Nella sala musica si potevano contare altre miriadi di chitarre, bassi,
batterie, violini, viole, contrabbassi e microfoni, ma la tacita regola
era che
se qualcuno toccava lo strumento di un’altra persona senza
permesso, quest’ultima
aveva il pieno diritto di fare un’eccezione alla filosofia
pacifista che
animava tutti e inseguire urlando a squarciagola con un coltello in
mano il
ladro/curioso/persona che per sbaglio aveva sfiorato uno strumento.
Comunque
sia, dopo averle pulite e suonate per un oretta, andava in una
calettina che
aveva scoperto da pochi giorni e faceva un bagno col suo cane (che per
tutto
questo tempo le è stata dietro). Più che un cane
era un lupo leggermente più
piccolo dell’originale, che Mina
aveva trovato in canile. Si chiamava
Nacho(pron. Nascio) e aveva un animo giocherellone. Giocavano come
scemi
schizzandosi e inseguendosi sulla spiaggia fino alle otto, ora verso
cui sia Mina
che
Nacho cominciavano ad avere fame, quindi facevano a gara a chi arrivava
al
bungalow per primo. Dopo una colazione sostanziosa, cominciava a
vedersi gente
in pigiama che girava chiedendo a tutti se avessero visto uno
spazzolino a pois
rossi. Mina si
recava al laboratorio di chimica (allestito un po’ alla
cavolo) per analizzare
campioni delle fonti d’acqua che il professor Depp sosteneva
aver trovato (anche
se per ora si era trattato solo di acqua di mare…?). Poi
c’erano bungalow da
costruire, spazzolini a pois da restituire, laboratori da allestire,
bisognava
esplorare meglio l’isola, stare alla radio e dissuadere Nacho
dall’assalire
TUTTI gli scoiattoli che passavano (e non erano pochi…).
Ogni giorno era pieno
e non lasciava spazio a pensieri inutili. La sera, si teneva un
concerto su una
grande spiaggia, sulla quale avevano costruito un palco. A turno
salivano le
band, e alla fine, salivano tutti e improvvisavano qualcosa. Mina
faceva parte della Royal Rock. Come si sarà capito, suonava
la chitarra
elettrica. Gli altri membri della band erano il suo migliore amico,
Mattia che
suonava il basso, Cristina al microfono, e Tom alla batteria. Aveva 25
anni, ed
era al quinto anno di università. Era orfana e aveva abitato
da sola per quattro
anni, prima che la band si trasferisse da lei. Aveva scritto due libri
con molto
successo, e aveva potuto permettersi di comprare la metà
delle chitarre che in
totale aveva. I suoi capelli erano tinti di blu acceso, e i vestiti che
di
solito portava si riassumevano in: jeans chiari e magliette scure,
più una
catena e un braccialetto con le borchie. Aveva due piercing
all’orecchio destro
in alto e un normale buco da orecchino all’orecchio sinistro.
Indossava sempre
degli anfibi originali dei colori più strani, ma sempre
perfettamente abbinati.
Dopo il concerto, di solito era stanca morta e non appena toccava il
letto
sprofondava nel sonno più profondo. Nessuno riusciva a
capire come facesse a
dormire in media quattro ore a svegliarsi alle sei e essere sempre
piena di
energia. Quella mattina, si contavano i tre mesi e un giorno di
residenza all’isola.
Si alzò come al solito presto, seguita da Nacho, che
attirava l’attenzione sul
fatto che era da più di un minuto che non vedeva scoiattoli.
Che fossero morti
per una misteriosa epidemia? Era ciò di cui il cane si
illudeva ogni mattina, e
Mina
non
ci fece caso. Dopo aver bevuto mezzo caffè(l’altra
meta era entrata non si sa
come in possesso di Nacho), si catapultò dalle chitarre. Le
esaminò una ad una,
e fu con orrore che scopri una ditata sulla sua preferita. In preda al
terrore
per la sua adorata chitarra corse al bungalow e agguantò la
prima spugnetta che
vedeva. Ritornò alle chitarre e pulì con infinita
cura quella ditata.
Tralasciando ciò, si può dire che
Mina
riuscì a suonare molto bene e fu con un
animo soddisfatto che si avviò alla caletta con Nacho che la
seguiva saltando
di gioia perché aveva visto uno scoiattolo e ora sapeva che
non erano tutti
morti e, secondo una logica indiscutibile, ciò che non
è morto e si muove, si
può cacciare. Corsero sulla spiaggia, e si rotolarono nella
sabbia. Stavano per
buttarsi in mare, quando Nacho si immobilizzò, fissando un
punto nell’acqua.
Mina si
avvicinò stupita e seguì lo sguardo del cane.
Vide così un tronco d’albero
piuttosto grande, con un ragazzo che non dava segni di vita sopra.
Senza
pensarci due volte si buttò in acqua e nuotò
verso di lui seguita dal cane, per
una volta serio. Non era molto lontano, e in una ventina di
bracciate/zampate,
erano arrivati. Il ragazzo era fradicio, tremava, ma sembrava aver
perso
conoscenza. Una cosa strana era che, pur essendo svenuto, stringeva
ancora il
tronco, e la cosa gli aveva salvato la vita. Mina
tentò di fargli allentare la presa, ma
invano. Così decise di trascinare direttamente il tronco a
riva. C’era vento, e
la cosa non aiutava neanche un po’. Nacho si rese il
più utile possibile
prendendo il tronco tra i denti e nuotando con tutte le sue forze, e
dopo
estenuanti sforzi, furono a riva. Il ragazzo era sempre inerte, e
Mina
non
sapeva come fare a portarlo nel loro piccolo quasi-ospedale. Si
chinò su di lui,
con l’intento di farlo rivenire (o almeno di provarci), ma si
bloccò. Per un
momento gli era sembrato L. Bisogna infatti sapere che L insegnava in
quasi
tutte le università ribelli, e aveva seguito i suoi studenti
con uno yacht
privato e un Watari. Ma ripensandoci, non vedeva occhiaie, e la stessa
espressione del viso era diversa. Lo scrollò un
po’, invano. Lo guardò meglio.
Ora che ci pensava, gli ricordava qualcosa. Ma non riusciva a ricordare
cosa.
Non ebbe il tempo di pensarci, che lui aprì gli occhi. Erano
rossi. Fu
impressionante il modo in cui la sua fredda volontà,
represse ogni segno di
debolezza. Smise di tremare, lasciò il tronco e
trasfigurò la sua espressione.
La guardò degli occhi, le sorrise in un modo che non le
piacque per niente, e
le fece provare l’impulso di darsela a gambe
"Ciao.
Dove siamo?" chiese con
voce calma e quasi ironica.
"Emm
… in un isola
nell’atlantico"
"Dev’essere
un posto molto freddo
…"
" No,
anzi, piuttosto è l’oceano che è
freddo"
Il
ragazzo la guardò un po’ male
(evidentemente si stava chiedendo come cavolo avesse fatto a finire in
un isola
in mezzo all’atlantico e cosa c’entrasse il fatto
che l’oceano fosse freddo),
poi si sedette, un’ombra di dolore passò sul suo
volto.
"Sei
ferito?" chiese lei.
"Secondo
te?"
In
effetti, prima, tutta presa dal fatto di
aver trovato un tizio mezzo morto nell’oceano atlantico su un
tronco, non aveva
notato quanti livide ferite, squarci avesse. Come se li era procurati?
Lui non
si preoccupò del suo sguardo a meta fra lo stupito e lo
spaventato. Senza
apparenti (e ripeto APPARENTI) sforzi, si alzò. Lei gli fu
subito di fianco per
sorreggerlo, e lui la guardò con uno sguardo di
così sincero stupore, che le
venne paura di averlo ferito nell’orgoglio. La sua
espressione non era più
troppo inquietante.
"Mi
stai … aiutando?"chiese
come se fosse una cosa mooolto strana.
"Sì,
perché?"
" È
la prima volta che qualcuno mi
aiuta … è strano"
Lei
lo guardò con stupore, e lui fece
altrettanto. In quel momento, Mattia sbucò dalla vegetazione
esclamando: <<
Mina,
sei
in ultra-ritardo, dobbiamo provare!!! Tom è letteralmente
shoccato, per non
parlare di Cristina!!! Mi hanno giurato che se non sei li entro cinque
minuti
toccheranno la tua chitarra preferita!!! Muoviti!!!>> in
quel momento notò
il ragazzo.
"E
quello chi è? E perché cavolo è
fradicio?"
" è
una lunga storia … Nacho ha visto
qualcosa in mare, che poi era lui, che non so come mai, andava alla
deriva su
un tronco, così l’ho portato a riva, poi si
è svegliato, e mi sono accorta che
è messo abbastanza male, così volevo aiutarlo a
andare al quasi-ospedale"
Mattia
la guardò in modo molto strano, ma le
credette, e la aiutò, facendo in modo che BB potesse contare
ben due aiuti. In
effetti lui non ne fu troppo felice, visto che non era mai andato in un
ospedale a parte quello del carcere, e non ci teneva a rifare
quell’esperienza.
Ma era debole, e non oppose resistenza. Se vi state chiedendo dove era
scomparso Nacho, sappiate che era sempre stato accucciato di fianco al
tronco
con aria preoccupata, e che ora seguiva il trio saltellando. Il suo
cambiamento
di umore, non era dovuto alla piega che aveva preso la storia, ma
più che altro
al fatto che mentre salvavano BB,
non aveva visto scoiattoli, e temeva già
un’esistenza infelice, ma ora che ne aveva scorti alcuni, era
di nuovo pimpante.
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