Ad
Egle e Nina.
Perché
senza di loro non ci sarebbero
mai
state Edith e Posh.
E
alla persona speciale
che
mi ha chiesto di scrivere questa
storia
strampalata.
Alla
fine, anche se in ritardo,
l'ho
finita.
Per
i ringraziamenti alla cassa giù infondo alla pagina ^^
Epilogo
Capitolo
60: Almost famous. Quando il successo ti cambia la vita.
Orlando
guardava il visino corrucciato di David che lo osservava quasi
domandandosi che cosa volesse quel signore con i capelli ricci
davanti a lui e che gli sorrideva nonostante stesse piangendo. O
almeno questo era quello che si chiedeva Orlando guardando il piccolo
che gli rivolgeva quello strano sguardo.
“David!”
sorrise Jude facendolo saltellare sulle ginocchia.
Subito
il bambino prese a ridere, buttando la testa all'indietro per vedere
meglio il viso di quello che da quando era nato aveva considerato suo
padre. O quello che definiscono padre i bambini di sei mesi.
Orlando
ricordava ancora quello che le aveva detto Sam, sua sorella:
“Non
è cresciuto con te. Non lo hai mai visto se non in qualche
foto nei giornali scandalistici. Ti prego, OB! Non rovinare quello
che hai per seguire qualche cosa che sai è finito da troppo
tempo per ricominciare!”
Orlando
aveva riflettuto parecchio. Sam aveva ragione, indubbiamente. Lui
aveva Miranda, il piccolo Flynn a cui badare. Perché
corrucciarsi per un bambino che nonostante fosse suo, portava il
cognome del suo peggior rivale.
Ma
se bene pensava, Orlando, in quei giorni la sua vita era cambiata.
Aveva pensato che Edith fosse morta in un incidente, salvo poi
trovarla appesa ad un filo al Chelsea & Westminster Hospital.
Ella ora stava a casa con lui, chiedendo spesso e volentieri se la
mamma avesse smesso di fingere di dormire e fosse tornata nella casa
di Jude.
In
tutto questo putiferio, la storia con Miranda era quella che ne stava
uscendo peggio.
La
modella, infatti, una volta saputo che David era il figlio di Orlando
aveva cominciato a sbraitare. Aveva detto prima che Edith lo aveva
fatto apposta per farli lasciare, che nemmeno ci credeva a
quell'incidente e non si sarebbe stupita se avesse scoperto che era
solo una farsa. Poi, aveva cominciato a sbraitare contro Orlando
dandogli del libertino e dicendogli che l'aveva delusa profondamente
e che quello che aveva fatto poteva costargli la custodia di Flynn.
Orlando,
inutilmente, cercò di farla ragionare in tutti i modi. Lei e
il piccolo partirono per l'Australia per quella che si chiamava una
pausa di riflessione, mentre Robin raschiava il fondo della vicenda
cercando qualcuno che potesse spulciare nella vita di Jude ed Edith e
farle avere più notizie possibili nel quale affondare i suoi
artigli smaltati.
Disgustato,
Orlando si era chiuso in sé stesso. Aveva deciso di vivere il
dolore per lo stato di Edith nel più totale silenzio, senza
che né Robin, né Miranda e tanto meno sua madre si
mettessero in mezzo.
E
dopo tutti questi cambiamenti, ecco il più grande. Era da
quando Edith aveva avuto l'incidente che lui si teneva tutto dentro e
in quel momento, mentre Jude sorrideva giocherellando con quello che
in realtà era suo figlio, Orlando sentì il peso di
tutte le sue emozioni represse comprimergli il cuore, fargli
esplodere la testa.
Jude
sollevò lo sguardo su Orlando. Dentro di sé anche Jude
stava vivendo una battaglia personale. Nonostante non ci fosse una
sola persona -almeno tra quelle a conoscenza del suo segreto- che
dicesse che aveva sbagliato a dire tutto ad Orlando, Jude si sentiva
come in bilico. Sapeva di essere in equilibrio su di un filo e sapeva
di non essere un buon funambolo. Bastava quindi solo un passo falso e
sarebbe caduto nel vuoto, senza nessuna rete a bloccare la sua
caduta, ad ostacolare la fine di tutto.
Si
schiarì la voce. Guardò Orlando e gli domandò:
“Lo
vuoi tenere?”
Orlando
sollevò la testa di scatto e guardò Jude dritto negli
occhi, stupito da quella richiesta. Rimase un attimo in silenzio,
visibilmente titubante sul decidere di prendere o no quel piccolo
bambino dagli occhi identici ai suoi.
“Orlando,
smettila! È tuo figlio, dovrai pur abituarti a questo!”
esclamò Jude serio.
Orlando
rimase qualche secondo in silenzio poi, allungando le braccia, prese
il piccolo David in braccio.
Il
bambino rimase qualche attimo rigido tra le braccia del padre, poi,
guardando il naso lo afferrò con le piccole dita e lo strinse.
Quel gesto, piccolo e insignificante, fece sciogliere un po' di quel
gelo che Orlando sentiva dentro il cuore e ridendo, con gli occhi
pieni di lacrime esclamò:
“Ciao
David. Io sono Orlando. Il tuo papà!”
Sadie
rise di cuore. In effetti, a quella risata che non celava il sarcasmo
della sua ex moglie, Jude preferiva il silenzio lungo ed estenuante
che l'aveva preceduta.
“Dimmi
che stai scherzando ti prego!” esclamò ridendo sempre
più forte Sadie.
“Non
ci trovo niente di divertente, sai?” disse tra i denti Jude,
che non era divertito dal comportamento della ex.
“Ti
rendi conto. Sono diventata una credente! Allora è vero quando
dicono che Dio vede e provvede. Ti ha ripagato con la stessa moneta!”
replicò Sadie divertita.
“Sono
venuto a chiedere un consiglio non a farti ridere a crepapelle!”
mormorò contrariato Jude.
Sadie
asciugò un occhio con la punta di un dito e ispirando affondo,
tornando seria disse:
“Scusa!
È che non mi immaginavo che il piccolo David non fosse tuo.
Non vi frequento tanto a te e a tua moglie per rendermi conto di
queste differenze!”
“Sadie!
È palese che non mi somigli nemmeno per sbaglio quel bambino!”
esclamò Jude che cominciava davvero a perdere la pazienza.
“Jude!
Anche se me ne fossi resa conto al momento della nascita, che vuoi
che ti dica? Quel bambino sarà la chiave di volta di tutta
questa storia. Mi chiedi un consiglio ora? Sai che ti rispondo?
Quante possibilità ci sono che Edith Norton si svegli dal
coma? Praticamente pochissime. Se hai detto ad Orlando che il bambino
non è tuo perché non te la senti di fargli da padre,
hai fatto bene. Ma guardala con gli occhi di una persona che non è
implicata in questo assurdo triangolo. Tu hai Edith. La sposi. Lei
mette al mondo un bambino che sai non essere tuo. Lei ti implora di
non dire nulla al padre di David. Lei ha un incidente quasi mortale e
tu che fai? Dici tutto ad Orlando. Molti avrebbero taciuto. E sai
perché?”
Jude
guardò Sadie che lo scrutava come fa una maestrina severa che
spiega qualche cosa ad un alunno particolarmente stupido.
“Illuminami!”
rispose lui con sarcasmo.
Lei
sospirò e concluse:
“Se
Edith si sveglierà... Tra di voi nulla sarà come prima.
È inutile chiedermi un consiglio Jude. Hai già fatto
tutto da solo. E hai sbagliato. Mi spiace. In questo gioco esci
perdente stavolta!”
Jude
sollevò lo guardo sulla ex moglie che alzandosi dalla poltrona
dove era stata seduta per più di un'ora ad ascoltare la storia
dell'attore, disse poggiandogli una mano sul braccio:
“Mi
spiace Jude. Ma come dice Justin Timberlake... Quello che fai torna
sempre indietro. E io, in una piccola parte del mio cuore, aspettavo
questo momento da quando siamo andati assieme in Thailandia e ti ho
chiesto se mi amavi... E quella volta non mi hai risposto...” e
senza dire altro lasciò Jude da solo che cacciando le mani tra
i capelli sospirò frustrato, trattenendo a stento le lacrime.
Miranda
stava seduta nella cucina della sua casa, guardando Flynn che dormiva
placido nel port enfant. In una piccola parte del suo cuore sentiva
di aver sbagliato a mettere al mondo quel bambino. Per la sua
carriera in primis, dal momento che Kim Kardashian stava avendo più
successo di lei ed era richiestissima. Per il fatto che lei ed
Orlando non si amavano più come i primi periodi e Flynn era
capitato per puro caso in un momento di distensione tra i due.
E
poi, la cosa che la faceva rabbrividire, era quella farsa messa su da
Robin. Ogni volta che ci pensava si sentiva terribilmente in colpa.
Era stata lei a costringerli a sposarsi in segreto, senza nemmeno i
loro genitori, per una scelta di marketing. Scelta che Miranda ancora
non capiva visto che Robin aveva spiattellato tutta la loro storia
con improbabili paparazzate ad ogni settimanale di gossip.
Per
il resto, quando i brutti pensieri la coglievano, bastava che
guardasse il piccolo sorridere incerto, ancora quasi completamente
cieco, che si affidava al suo olfatto per riconoscere lei o Orlando
per capire quanto era fortunata e quanto amava quella creatura. E
subito si rendeva conto di quello che aveva pensato e l'ennesimo
senso di colpa si sommava alla lunga lista che aveva aperto
dall'estate 2010.
Dei
passi dietro di lei annunciarono l'arrivo di sua madre. Miranda si
voltò sorridendo e mormorò:
“Tranquilla!
Sta dormendo!”
La
madre della giovane sorrise e mettendosi a sedere disse:
“Non
stavo pensando al bambino. Stavo pensando a te. Non hai mangiato un
solo boccone oggi. E non fai altro che piangere... Miranda... Non ti
fa bene. Lo sai!”
Miranda
sospirò passando una mano sulla faccia.
“Credo
di aver fatto un po' di errori ultimamente mamma!”
La
donna aggrottò la fronte e non disse nulla.
“Credo...”
continuò Miranda. “... di aver sbagliato a pensare che
tra me e Orlando le cose potessero andare bene...”
“Lo
si pensa sempre all'inizio di un matrimonio...” si intromise la
donna ma venne bloccata dalla figlia che disse:
“Mamma...
Io non lo amo più. E non è per la storia del figlio che
ha avuto con Edith. Le cose non andavano bene da prima che nascesse
Flynn, da prima che ci sposassimo...”
“Forse
avete fatto le cose troppo in fretta... Ma non pensi che ora c'è
il bambino e fare di questi discorsi fa male non solo a te, ma anche
al piccolo. Vuoi che abbia una vita divisa da due genitori che si
sono separati quando lui era piccolo?” cercò di farla
ragionare la madre.
Miranda
guardò Flynn e pensò ad un futuro senza Orlando. Nel
fatto affettivo non le importava. Sentiva che avrebbe trovato un
altro uomo che le avrebbe dato un po' di sicurezza. Quello di cui
aveva paura era che suo figlio non accettasse la fine della loro
relazione, anche non avendola vissuta in prima persona.
Non
voleva che diventasse uno di quei ragazzi con mille problemi che
finiscono a drogarsi per colpa dei genitori.
Ma
lei voleva lottare per una persona che la stava costringendo a vivere
una relazione a metà?
Doveva
imparare di nuovo ad innamorarsi di Orlando?
-Dove
sono?-
Edith
stava camminando. O almeno sentiva la eco dei suoi passi. Ma in quel
mondo senza un confine, senza dimensione, dove tutto era nero, Edith
non era sicura di camminare. Poteva levitare, nuotare, strisciare che
non se ne sarebbe resa conto.
-Deve
esserci una fine. Non può durare in eterno...- pensò
lei.
Sentiva
un ticchettio continuo che rimbombava nella eco di quel niente, di
quel nulla. Un ticchettio come quello di tacchi in una stanza grande
e vuota, con il pavimento di marmo. O come quello di una goccia che
cade ripetutamente dentro un recipiente.
-Sto
impazzendo! Oh! Dove sono Orlando e Jude?-
Respirò
affondo e gridò:
-JUDE!
ORLANDO!-
Era
inutile. Aveva gridato ma non aveva sentito la sua voce.
Al
contrario, nell'aria, in quell'oscurità opprimente, sentì
un rumore.
L'allegro
scrosciare di acqua sulle rocce.
Il
canto di un usignolo.
La
risata di una donna.
Edith!
-Che
sta succedendo?-
Edith
cominciava ad aver paura. Voltò la testa da una parte
all'altra, più volte, ma quasi sentiva di non avere il
controllo del suo corpo. Quasi sentiva che quello che stava intorno,
quel nulla, quel vuoto, stesse entrando in lei e la stesse
disgregando.
Edith!
Sono qua!
-Chi
sei?-
Come?
Non mi riconosci?
Ok!
Non poteva essere vero. Quella che sentiva non poteva essere la
stessa voce-
-Sì!
È ufficiale! Sto impazzendo!-
No!
Non stai impazzendo. Sono vicino a te. Non lo senti?
Edith
si voltò di nuovo. Non aveva la percezione del luogo, del suo
corpo. Ma aveva dei ricordi, sentiva ancora delle emozioni. Ed era
felice. Non spaventata.
-Grand-mère?-
Mi
sarei offesa, sai, se non mi avessi riconosciuta?
La
risata allegra rimbombò nell'oscurità. Non era
spettrale, né sinistra. Era dolce, tranquilla.
-Nonna?
Dove sono?-
Non
ottenne nessuna risposta.
-Nonna?-
Non
sei. Ecco tutto.
Edith
sentì il cuore perdere un battito.
-Non
sono morta, vero nonna?-
No!
Non ancora. Sei nel limbo, quello spazio che sta tra la vita e la
morte. Nel non essere. Ecco dove sei, piccola.
Edith
portò una mano alla bocca. Solo allora si rese conto di non
sentire il tatto, il contatto della pelle delle mani contro le
labbra. Era come se fosse nulla, puro spirito.
Pensò
ad Ella. A David. Voleva piangere ma non ci riuscì.
-Posso
vederti?-
Non
puoi. Sono qui per guidarti. Sei appesa ad un filo. Lo sai?
Edith
sentì il cuore mancare un battito di nuovo. Stava per morire.
Ma perché non era spaventata? Perché si sentiva come
quando a scuola la professoressa diceva che doveva spiegare invece di
interrogare?
Lo
sai che quando ti sveglierai nulla sarà come prima?
-Che
vuoi dire?-
Dovrai
decidere. Te lo chiederanno loro stessi.
Edith
stavolta sentì il terrore invaderla da dentro. Non voleva. Non
poteva scegliere tra i due uomini che amava.
-Io
non posso scegliere!-
Non
solo puoi farlo. Devi...
Edith
sospirò nervosa.
-E
se ti chiedessi di portarmi con te?-
Edith
non ottenne di nuovo nessuna risposta.
-Nonna!-
Potrei.
Ma devi fare un cammino prima. E dopo di quello deciderai, piccola.
Edith
aggrottò la fronte. Non aveva capito.
-In
che senso?-
Non
posso portarti via senza che tu abbia aperto gli occhi, Edith. Anche
se questa è la fine, per te. Devi capire Edith. Capire...
Edith
socchiuse gli occhi e sospirò rassegnata. La resa dei conti
era arrivata.
“Non
posso negare che ci sia la possibilità che la signora Law non
si svegli dal coma. Il problema è che se lo farà non
sappiamo quanto e come si rimetterà. Ci sono persone che si
riprendono piuttosto in fretta... Altre ci mettono anni... Altre
ancora non ci riescono nemmeno in una vita...”
Jude
socchiuse gli occhi. Orlando era entrato grazie all'intervento di
Jude che aveva detto al dottore che essendo il padre di Ella doveva
sapere anche lui cosa sarebbe successo ad Edith.
Stava
seduto dalla parte opposta a quella di Jude e ascoltava quello che
diceva il dottore con la testa china.
“Ma
si potrà risvegliare!” esclamò Emma concitata.
Tutto
quello che era successo per lei era snervante. Sua sorella stava male
e nemmeno qualche giorno prima aveva scoperto di essere rimasta
incinta per la prima volta.
Il
dottore scosse la testa e rispose:
“Ci
sono delle possibilità che lo faccia... Ma non siamo sicuri...
Ed è per questo che vi abbiamo chiamato qua... Potreste dover
prendere una decisione importante... Nel caso la paziente non ce la
faccia, dobbiamo chiedervi se sapete o no se voleva che venissero
donati gli organi. La signora Law è una donna sana...”
“Voleva.
Ne stavamo parlando una sera...” disse Jude.
Il
medico annuì e stava per rispondere, quando il cerca persone
prese a suonare.
L'uomo
sorrise imbarazzato scusandosi e subito, dopo un'occhiata veloce, si
scurì. E sollevando la testa verso i presenti disse:
“Vi
prego di seguirmi, signori. Credo che ci sia qualche problema in sala
rianimazione...”
Nell'oscurità
dove aveva vagato fino a quel momento vide una luce fioca, fatta di
mille colori.
Questa
luce si avvicinò a lei. Non cresceva né diminuiva.
Volava come una piuma nel vento e si avvicinò a lei. Al suo
petto.
Edith
la guardò mentre levitava davanti a lei.
-Cosa
è?-
I
tuoi ricordi.
Edith
sospirò. Aveva tutto il tempo del mondo, ma non sapeva se era
pronta a ricordare. Se era pronta ad affrontare quella cosa che le
faceva più paura del futuro: il passato.
Ma
la luce non si curò dei suoi sentimenti. Senza cerimonie entrò
nel petto di Edith che cadde, o levitò a sua volta,
nell'oscurità.
E
in un attimo vide una tenda rossa. Edith conosceva quel posto. Era un
auditorium. C'era qualche esibizione.
Con
lo sguardo cercò se stessa tra la folla di piccoli geni del
piano e vide una ragazzina magra, in disparte. Era lei a tredici
anni.
Non
doveva essere, infatti più tardi del 1992, visto i vestiti che
portava. Quasi se ne vergognava. Aveva una gonna lunga nera. Un top
dello stesso colore che lasciava la pancia scoperta e sopra uno
spolverino bianco di tulle, legato sotto il seno. I capelli erano
lunghi, divisi a metà da una riga in mezzo simmetrica,
bloccati da due forcine colorate ai lati e gli occhi truccati con un
lieve accenno di matita e un velo di rimmel. Solo la bocca era
segnata da un rossetto rosso mattone con i tratti delle labbra
delineati.
Sorrise
guardando le mani che battevano i tasti del pianoforte nonostante non
ci fosse nessuna tastiera. La Edith adulta e quella bambina stavano
una vicino all'altra.
-Non
amavo esibirmi. Non l'ho mai amato, sai?-
Lo
so! Lo facevi per tuo padre.
Edith-adulta
sospirò e vide Davide Lorenzetti che guardava la sua
controparte ragazzina da lontano. Non c'era odio in quello sguardo,
ma la stessa espressione dolce che Edith avrebbe visto a Verona
qualche anno più tardi.
-Non
dirmi che...?-
Sì!
Era già innamorato di te. Solo che non sapeva come dirtelo.
Edith
sorrise e la scena vorticò. Le luci divennero confuse. Edith
era come finita dentro una centrifuga. I colori si sovrapponevano,
correvano, guizzavano, saltavano fuori come l'acqua smossa dentro un
vaso di fiori.
Poi
tutto divenne nitido. Era di fronte al balcone di Giulietta. Davide
era davanti a lei. Stavolta era sé stessa. Era dentro il corpo
della sedicenne a cui batteva il cuore per la sua prima vera
dichiarazione d'amore.
Davide
la guardava. Sorrideva. E serio disse:
“Io
credo di essermi innamorato di te, Edith Norton. Anche se è un
po' difficile capirlo. Non lo sono mai stato prima. E volevo che tu
sapessi che voglio passare il resto della mia vita con te. Voglio che
diventiamo famosi entrambi... Che ci sposiamo nel duomo di Verona. E
che un giorno, quando saremo pronti, prenderemo una bellissima villa
sul mare e andremo a vivere con il nostro bambino...”
Edith
sorrise commossa. Come aveva fatto quella volta, dopo quelle parole.
Guardò gli occhi di Davide e dentro quell'oscurità
venne risucchiata.
Era
di nuovo in mezzo al nulla. Da sola.
Questo
eri quello che dovevi diventare. Una pianista famosa. La moglie del
tuo degno rivale. Ma sei tornata in Inghilterra. Hai lasciato il tuo
primo amore. Non vi siete più sentiti e i sogni di entrambi
sono diventato solo dei fuochi fatui.
-Non
eravamo destinati ad amarci, forse...-
La
voce non rispose. Una nuova luce corse vorticando in quel nulla privo
dello spettro dei colori ed entrò nel cuore di Edith. E
stavolta le fece male.
“Sofferenza
cardiaca...”
Jude
guardava da fuori il vetro quello che stavano facendo i dottori.
Non
ci voleva credere. Quella ragazza colta dagli spasmi era sua moglie.
Quella piccola roccia che se ne fregava di tutto e di tutti. E lui la
stava perdendo.
Si
voltò e vide Orlando, con gli occhi lucidi, che scuoteva la
testa. Accanto a lui Eloise in preda ai singhiozzi.
Voltò
lo sguardo. Il monitor segnava i battiti.
Novanta...
Ottantacinque... Ottanta...
“Defibrillatore.
Pronti!”
Jude
sentì le persone intorno al letto di Edith sbraitare ordini.
Guardò
le placche metalliche posarsi sul petto di Edith.
“Carica!”
la scossa. Il corpo percorso dalla corrente ancora inerme.
Edith
conosceva il posto in cui era finita. Era un ufficio. Uno dei più
in vista di tutta Londra. Almeno qualche anno prima.
L'ufficio
di Brian Stephensons. Entrò ticchettando e vide un uomo alto,
con gli occhi fissi sul computer, mentre leggeva qualche cosa che
Edith non sapeva cosa fosse e dava ordini al telefono.
Edith
guardò le décolleté
nere a punta e la gonna dello stesso colore che la copriva fino al
ginocchio. Era il giorno in cui aveva intervistato Brian.
Il
giorno in cui si erano conosciuti.
Lui
si sollevò dalla sedia. Sorrise. Allungò la mano e
disse:
“Brian
Stephensons. Con chi ho l'onore?”
“Edith
Norton!”
Una
fitta al cuore fece vorticare di nuovo i colori. Di nuovo macchie di
luce sulla tavolozza di un pittore disordinato. I colori accesi di un
mazzo di fiori presero forma davanti ai suoi occhi. Ma l'immagine era
disturbata.
“Che
significa?”
Edith
si meravigliò che la sua voce apparisse disincarnata, quasi
lontana mille miglia. Era un ricordo. Lei non era veramente lì
in quel momento. Il suo corpo era in un letto, inchiodato a
macchinari che lei non vedeva. E la sua mente era invasa dai ricordi.
O dal sangue del trauma cranico?
“Vuoi
sposarmi?”
Il
bacio come la voce di Brian produsse una eco spettrale che gelò
il sangue nelle vene.
E
la sua risposta rimbombò infinite volte:
“Non
sono ancora pronta… Non sono ancora pronta… Non sono
ancora pronta… Non sono ancora pronta… Non sono ancora
pronta…” e i colori cominciarono di nuovo a vorticare
dolorosamente.
“Carica!”
Una
nuova scossa. Il corpo di nuovo mosso dall'elettricità
indotta.
Orlando
guardava Edith. In silenzio. Con gli occhi pieni di lacrime. Allora
era così che doveva finire? Era stato così stupido
pensare che Edith fosse persa per sempre dopo il matrimonio con Jude.
Solo
in quel momento, mentre i dottori facevano il tutto e per tutto per
salvarla si rese conto che la stava perdendo davvero. E dolorosamente
tutto il tempo perduto tornò a galla.
E
faceva male da morire.
Di
nuovo il buio.
Di
nuovo da sola.
Ma
per quale ragione quel dolore che sentiva nel petto non andava via?
-Nonna!-
Edith
non capiva ma sentiva quel dolore trapassarla da parte in parte.
Eppure
lei doveva essere fatta solo di puro spirito.
Materia
impalpabile.
Perché
sentiva quel dolore.
Non
credo che tu abbia mai veramente amato Brian, sai?
-Nonna!
Ti prego! Fallo smettere. Mi sta facendo male!-
Non
dipende da me. Sono quelli là fuori che stanno facendo tutto.
-Nonna!
Portami via!-
Edith
non sopportava quel dolore. Non le importava di nulla. Voleva solo
che tutto finisse. Il dolore. I ricordi. La paura.
È
ancora troppo presto.
Edith
avrebbe voluto piangere, gridare. Non ci riuscì. Vide un'altra
volta la luce correre verso di lei. Entrarle dentro e farle male.
Era
al Hard Rock Caffè di Londra. Orlando stava davanti a lei.
“Scusi?
Potrei avere un espresso e una mezza minerale naturale, per favore!”
La
sua voce disincarnata risuonò di nuovo. Stavolta anche i
movimenti erano lenti. Come quelli di una persona febbricitante. Era
quella l'agonia allora?
Poi
i colori presero di nuovo ad accavallarsi e solo quando si bloccarono
vide Orlando, in piedi che parlava con Patrick:
“Conosco
Edith da ottobre. E non è cominciata bene. Per niente... ma
poi mi sono reso conto di quella che è veramente. Una che
lotta per far vedere come vanno le cose in un continente che non è
il suo. Una che prende una macchina e ti porta a Parigi per aiutarti
a far pace con la tua ragazza e quando scopre che non è
possibile, ti porta a vedere il Louvre e a mangiare sotto la Torre
Eiffel. Una che manda a monte una storia non solo per aver scoperto
di essere stata tradita, ma perché, la persona che stava con
lei, in mezzo a tutta quella bagarre che aveva creato, ci aveva messo
in mezzo anche me... Edith è una ragazza che ti fa rischiare
un incidente d'auto solo per salvare un gattino, che ama la nipotina
Charlotte come pochi possono amare un bambino che non è loro.
E aspetta il figlio che Jen sta per avere. Perché, ne sono
certo, lo amerà come ha amato la figlia di Rachel. E ancora...
Edith è un'amica fidata. Che ti distrugge con le sue battute
pungenti, che riesce a ridurti in briciole solo con una delle sue
osservazioni... Edith è uno spettacolo anche nei suoi difetti!
E non capisco come lei non riesca ad amarla. Perché credo che
una volta che ci si avvicina lei, in un modo o in un altro, si
finisce per innamorarsene davvero...”
-OB!-
Ti
ama ancora lo sai?
-Lo
so!- rispose Edith.
Una
nuova fitta la fece piegare sulle ginocchia. Cosa diavolo le stavano
facendo?
Sei
sempre stata orgogliosa, lo sai?
Se
il dolore non fosse stato troppo forte, Edith avrebbe sorriso.
-E
cosa vorresti dire con questo?-
La
nonna sorrise. Una nuova nube colorata si avvicinò ad Edith
che si trovò di nuovo, dolorosamente trasportata dai colori e
dalle luci.
Si
trovò in mezzo a della gente che non conosceva. Guardò
il suo corpo, fasciato in un abito rosso e molto più snello.
Non c'erano dubbi. Stava ricordando fatti risalenti a prima delle sue
due gravidanze e quello in particolar modo era legato alla festa a
L.A di Giorgio Armani.
Sentì
la voce di Orlando gridare qualche cosa che non capì e poi una
frase:
“Ti
presento una mia carissima amica. Si chiama Edith Norton ed è
inglese come noi!”
Edith
si voltò e lo vide. Aveva i capelli un po' lunghi e la sua
solita faccia da schiaffi.
“So
chi è! Ho aspettato anni che mi intervistasse, ma
evidentemente non ero abbastanza famoso!”
La
mano di Jude sollevò dolcemente quella di Edith e l'avvicinò
alla bocca, senza nemmeno sfiorarla. Gli occhi azzurri la fissarono a
lungo mentre diceva:
“Incantato!”
Questo
è Jude, vero?
La
voce di sua nonna arrivò come una freccia che le gelò
il cuore portandola nell'indefinita oscurità da cui era
partito tutto.
Edith
annuì. Sentì la nonna sorridere. E dopo qualche istante
di silenzio disse:
Ti
ama, Edith. Anche lui.
-Lo
so!-
Quanto
avresti dato perché rivolgesse a te uno di quegli sguardi che
rivolgeva alle sue partner femminili nei film. Alla fine ci sei
riuscita, vero?
Edith
sollevò la testa. Una nuova scossa.
Cadde
in ginocchio di nuovo implorando:
-Basta!
Vi prego!- e la luce la imprigionò di nuovo.
“BASTA!
VI PREGO!”
Orlando
si voltò e vide Jude, con gli occhi pieni di lacrime che
sbatteva i pugni contro il vetro della camera di riabilitazione.
Se
avessero smesso sarebbe finita. Edith non si sarebbe svegliata. Come
poteva volere questo?
Guardò
Eloise che abbracciava il genero che disperato ripeteva:
“Non
voglio perderla. Ma non voglio nemmeno che soffra...”
Orlando
guardò il vetro. Il corpo di Edith veniva percorso da un'altra
scossa.
Fu
una frazione di secondo. I dottori guardarono il monitor. Anche tutti
i presenti dall'altra parte del vetro fecero lo stesso.
Jude
voltò gli occhi pieni di lacrime verso il letto. Orlando fece
lo stesso.
Il
cuore aveva ripreso a battere.
Le
immagini presero a vorticare. Jude e i suoi tre figli che camminavano
per le strade innevate prima di Natale. Jude che beveva cioccolata e
la guardava sorridendo.
Poi
la luce del camino nella casa da scapolo di Jude. Lui vicino,
tremendamente vicino che le accarezzava una guancia. E quello
sguardo... Proprio come al cinema.
“Diciamo
che le cose non sono cambiate e che penso che, forse, è
arrivato il momento che tu lo sappia! Ti ho vista stare con lui,
essere felice con lui. Ho pensato che non fosse altro che un fuoco di
paglia, poi la notizia della tua gravidanza. E quando ti vidi, il
Natale scorso, ti fermai per saperne di più di quello che
dicevano i giornali. E vidi che eri felice. E, diciamocela... Quando
hai detto a Rafferty che poteva stare tranquillo, perché tra
di noi non ci sarebbe stato nulla, allora ho capito che dovevo
lasciar perdere! Impossibile che tu non l'abbia mai capito? Mi piaci
da impazzire Edith Norton!"
Edith
portò una mano alla bocca. Il dolore era fortissimo ancora.
Sentiva quasi che se l'avessero solo toccata avrebbe sofferto.
Nonostante questo si sentiva triste. Terribilmente triste.
Solo
ora si rendeva conto che Jude era stato quasi messo in mezzo a quella
storia. Che lo aveva preso in giro alle volte, dicendo di non amare
Orlando, quando invece non era vero. E la vita l'aveva punita
facendola innamorare perdutamente anche di lui, facendolo diventare
parte integrante della sua vita.
Suo
marito.
Non
ti sei comportata bene con lui. Eppure alla fine, ora, non puoi fare
a meno della sua presenza. E non come amico. Non ti basterebbe più...
Edith
guardò la nuova palla di luce che si avvicinava a lei.
E
quando la rapì sentì la musica dei Maroon5 invadere il
silenzio.
Lei
era vestita da sposa e quasi a memoria sussurrò:
“Non
sei venuto fin qui solo per dirmi questo, vero?”
“Ti
amo Edith. E voglio che tu venga con me. Voglio che tu non sposi
Jude. Voglio che tutto ricominci da capo. E giuro... Stavolta lascerò
Miranda, davvero!”
Edith
sentì quelle parole scivolarle addosso come l'acqua. E una
domanda le venne in mente.
-E
se lo avessi seguito quella mattina?-
Saresti
stata felice di sapere Jude con il cuore spezzato?
Ci
mise qualche secondo per rispondere. E poi, guardando gli occhi di
Orlando rispose:
-No!-
“Non
ti credo più, OB. Ormai non ti credo più!”
-L'ho
perso per sempre quel giorno, vero?-
Nulla
è perso per sempre... Almeno fino a che si ha la possibilità
di sistemare le cose.
“ASPETTO
UN BAMBINO DA LUI, ORLANDO!”
-Lui
sa del bambino?-
Non
posso dirtelo.
-Lo
sa, vero?-
La
nonna non rispose. Orlando si smaterializzò e da lontano
arrivò una voce. I colori si accavallavano ma vedeva sagome
distinte, tante, tutte strette in abiti eleganti. E la chiesa dove si
era sposata.
“Ora
basta sceneggiate. Hai trent'anni Edith. Devi decidere tu... Nessuno
ti sta obbligando a sposare Jude. Nessuno ti costringe a non farlo.
Quello che ti chiedo però da padre, da uomo e da marito è
di prendere una decisione e lasciare uno di questi uomini fuori dalla
tua vita... Per sempre...”
La
marcia nuziale rimbombò sinistra nell'oscurità.
-Mi
aveva chiesto anche papà di scegliere. E io non l'ho fatto!-
Nulla
è definitivo ancora. Dipende solo da te.
Arrivò
la fine della navata. Prese la mano di Jude e il prete chiese:
“E
tu, Edith Isabel Norton, vuoi prendere David Jude Law come tuo
sposo?”
“I
will!”
Edith
portò le mani alle orecchie e cadde carponi implorando di
nuovo:
-Basta!
Non ce la faccio più!-
Divenne
di nuovo tutto buio. Il vagito di un bambino. Le ricordava Ella
quando piangeva i primi periodi. In un modo isterico, quasi volesse
per sé e solo per sé le attenzioni di tutti.
“Perché
ti amo e so che lo farò per sempre. Perché sei la madre
di mia figlia e non solo. Perché sei speciale e mi fai ridere.
Perché ti desidero come ho desiderato poche donne... Perché
voglio che sia per sempre. Vuoi sposarmi Edith Norton?”
-Orlando?-
Non
ottenne risposta. Nemmeno la nonna parlò. Era di nuovo sola in
quel buio che cominciava a farle paura.
-Nonna!-
Niente
solo il silenzio e la eco ripetuta della sua voce.
Poteva
essere passato solo un minuto da quando tutto era cominciato. Un'ora
o un giorno. Edith non lo sapeva. Sapeva solo di essere terribilmente
stanca.
Nell'oscurità
riecheggiò la voce di Jude.
“Non
piangere. Oggi è nato nostro figlio!”
-Jude!-
disse e cadendo, finalmente pianse.
E
sentì la risata di Ella e la sua piccola voce che la chiamava:
“Mamma!
Dai mamma, svegliati. Ti sto aspettando!”
E
la risata di David.
Fu
allora che vide una luce bianca. Si sollevò e la guardò.
La investiva e i contorni del suo viso e del suo corpo venivano
risucchiati via. Stava diventando luce. Forse se ne stava andando.
Guardò
la fonte di quello splendore indefinito che quasi l'accecava dopo
tanta oscurità.
“Mamma!”
-Ella!-
I
tratti del suo corpo venivano risucchiati via. Stava morendo allora?
Per
la prima volta si rese conto di aver paura. Non voleva lasciare Ella
e David. Non voleva più.
Hai
deciso?
Edith
aguzzò la vista e vide la nonna che si avvicinava a lei.
Sorrise
e rispose:
-Sì!-
Edith
guardò il panorama tranquillo davanti a lei.
Dopo
essersi svegliata dal coma, aveva deciso di prendere i suoi due figli
e di andare a vivere a Kendal, nella Lake District.
Da
ormai tre mesi, Edith aveva trovato la sua calma e stava lavorando ad
un nuovo libro, 'Il segreto di Iris' che raccontava la storia di una
ragazza che a sedici anni si trova immischiata in quella che era la
Seconda Guerra Mondiale.
In
questo romanzo, Edith, aveva messo molto di sé stessa. Iris la
rappresentava in tutto e per tutto. Era volitiva, sarcastica e
dispotica proprio come lei. Era una ragazza poco convinta dell'uomo
che doveva sposare, un uomo ricco e viziato che non aveva a cuore la
sua fidanzata ma solo il proprio tornaconto.
Iris
si trovava coinvolta nella seconda guerra mondiale perdendo tutto
quello che aveva e trovando l'appoggio di un ragazzo ebreo che lei
stessa aiutava a nascondersi facendolo passare per suo marito.
Con
questo ragazzo mise al mondo una bambina che venne battezzata
nonostante la religione paterna.
Ed
era questo il segreto di Iris. Questo amore travagliato, quasi
impossibile, si dissolse quando il ragazzo ebreo partì in
cerca dei suoi famigliari. E dopo un anno di lettere, i contatti tra
i due si persero.
Sola
perché ripudiata dalla sua famiglia, Iris e sua figlia vissero
il triste dopoguerra costellato di fame e privazioni. Fino a che
nella vita di Iris arrivò un ufficiale inglese biondo che dopo
qualche capitolo la chiederà in moglie.
Qui
Edith si era bloccata. O meglio, dopo una serie di avvenimenti più
o meno drammatici era arrivata al terribile dilemma se far morire o
no la sua protagonista. E da come si stavano mettendo le cose, visto
anche quanto cominciava ad odiarla, Edith la voleva davvero morta.
Aveva
abbandonato quindi il suo romanzo e aveva deciso di passare le sue
giornate in tranquillità, nell'attesa che l'amore per la sua
protagonista e l'ispirazione tornassero a lei. Apatica verso la
pagina bianca di Word che con la sua linea al bordo sinistro della
pagina chiedeva silenziosamente che qualche pensiero venisse
formulato.
E
in quella apatia i mesi cominciarono a passare, intorpidendo Edith,
lasciandola priva di ogni voglia.
E
nel mentre l'inverno si succedette alla primavera e riempì di
colori la valle tranquilla.
Quella
mattina Edith stava guardando il lago, in silenzio. Pensava alle cose
che aveva lasciato a Londra e non ne provava nessuna nostalgia.
Dopo
il suo risveglio, Orlando si era detto disposto a sposarla. Jude le
aveva chiesto di andare a fare una lunga vacanza e fare un bambino.
Per
la prima volta in cinque anni Edith si sentì spaventata e
decise di fare qualche cosa per sé e di andare a stare lontano
da Londra, a Kendal appunto, nel Distretto dei Laghi, senza dire a
nessuno dei due uomini dove fosse.
Quello
che a Edith faceva più paura era il dover ammettere a tutti,
perfino a sé stessa, di essere caduta in depressione.
C'erano
tutti i segnali: inappetenza, poca sopportazione dei figli, pianti
continui, crisi di panico, sonno a singhiozzo di notte e stanchezza
di mattina.
Aveva
dovuto prendere una governante per svolgere i vari compiti di casa e
controllare suoi figli. Aveva il terrore di lasciare il confine della
casa e di essere trovata da Orlando o Jude, pronti a costringerla a
tornare a casa. E sapeva che se il suo libro non trovava un finale
era solo perché aveva paura di decidere anche per il destino
dei suoi protagonisti cartacei.
Aveva
fatto scappare la sua protagonista, proprio come aveva fatto lei. Ed
ora che era lontana non riusciva a prendere una decisione. E vagava
nello stesso buio, nella stessa oscurità che aveva avvolto
Edith quando era incosciente.
Nonostante
però si rendesse conto che qualche cosa non andava, Edith non
aveva la forza di reagire. Dentro di sé sapeva di essere
depressa, ma non lo voleva ammettere con nessuno, perché aveva
paura che se lo avesse detto ad alta voce, allora tutto sarebbe
precipitato.
Stava
guardando il bellissimo panorama senza provare la minima emozione,
fusa in un unico essere in quel silenzio naturale, quando sentì:
“Mamma?”
Edith
si voltò e vide Ella. Era maledettamente simile ad Orlando.
Gli stessi occhi, gli stessi capelli, perfino lo stesso modo di
sorridere. Ringraziava Dio solo che l'avesse resa femminile già
da piccola oppure sarebbe bastato davvero poco perché la
scambiassero per il padre una volta cresciuta.
“Dimmi?”
disse Edith sorridendo facendo sedere la figlia nel dondolo accanto a
lei.
“David
sta dormendo. E io mi annoio!” ammise triste Ella arrotolando
un ditino nel piccolo boccolo color cioccolata.
“Chiama
Lucy e dille che vuoi giocare!” le propose Edith cercando di
evitare la domanda di sua figlia. Non aveva voglia di giocare con
lei.
“Ha
detto che sta preparando il pranzo e non può giocare con me!”
mise il broncio Ella.
Edith
sospirò e disse:
“E
se andassi a colorare in camera?”
“David
ha strappato tutti quaderni mentre giocavamo. Mi sono messa anche a
piangere ma tu dormivi...” rispose Ella con una punta di
rimprovero nella voce.
Edith
sentì una morsa nello stomaco. Stava diventando uno zombie e
non stava facendo nulla affinché non accadesse.
“Amore!”
cercò di scusarsi Edith: “La mamma non sta bene...”
“Perché
non mi insegni a scrivere?”
Edith
aggrottò la fronte. Ed Ella aggiunse:
“Io
da grande voglio diventare brava come te. E anche bella come te.
Voglio scrivere tante storie e voglio essere forte come te...”
Quelle
parole, gli occhi luminosi di Ella mentre le parlava, furono come un
raggio di sole che buca le nuvole. Edith la guardò e sorrise e
abbracciandola, la strinse al petto e piangendo le disse:
“Amore!
Hai appena detto alla mamma la cosa più bella che le sia mai
stata detta, lo sai?”
Ella
la guardò senza capire e disse:
“Mamma
ma perché piangi. Non puoi insegnarmi?”
Edith
scosse la testa e disse:
“Certo
che posso. E ti dico di più. Scriverà anche la mamma...
E ti dedicherà quello che ha scritto...”e baciandola le
prese la mano e per la prima volta da quando era arrivata a Kendal
sorrise felice, tanto che Lucy, che si stava pulendo le mani con uno
straccio vecchio mentre usciva dalla cucina, la guardò senza
capire.
Qualche
settimana dopo.
Londra.
Orlando
e Jude stavano seduti nella stessa camera. Da quando Edith se ne era
andata via loro due non si erano più visti né parlati.
Trovarsi
quindi fianco a fianco nella stessa camera li rese un po' nervosi e
al contempo innaturalmente silenziosi.
Un
uomo alto entrò nella stanza, spezzando un po' di quella
tensione invisibile ma palpabile e sedendosi nella scrivania di
fronte alla loro, disse:
“Una
nota casa editrice, ci ha contattati. Vogliono fare un esperimento,
qualche cosa di mai provato prima. Vogliono che un libro di un famoso
scrittore, esca quasi contemporaneamente con il film che ne verrà
estratto!”
“Una
mossa azzardata!” si intromise Jude.
“La
storia è molto bella. Si pensa che si sta parlando del miglior
libro che questo scrittore abbia mai scritto!” rispose l'uomo.
“E
noi che c'entriamo?” chiese giustamente Orlando.
“E
questo è il punto. Abbiamo letto la sceneggiatura e i due
personaggi maschili vi rispecchiano completamente. Uno moro e con i
capelli ricci. L'altro biondo e con gli occhi verdi. Abbiamo pensato
subito di chiamarvi e di proporvi il contratto. La nostra casa di
produzione è disposta a tutto pur di avervi per questo
film...”
Orlando
e Jude si guardarono negli occhi e sospirarono.
“Ne
dovremo parlare con i nostri manager!” dissero all'unisono.
L'uomo
sorrise e rispose:
“L'ho
già fatto ed entrambi hanno detto che l'idea è buona.
Ed abbiamo pattuito un prezzo...” e porse due fogli ai due.
Orlando
e Jude il presero e lessero un compenso con molti zeri per entrambi.
“Allora
vi alletta come offerta?”
I
due guardarono i fogli. Diavolo! Certo che era un'offerta allettante!
Anche per uno che è abituato a guadagnare un sacco di soldi
vedere tanti zeri messi assieme fa gola.
“Io
vorrei sapere una cosa! Ma chi è questo scrittore?”
chiese Jude.
“Vero!
Non ha mai fatto il suo nome!” aggiunse Orlando.
L'uomo
si schiarì la voce e disse:
“Il
mio cliente è uno uomo molto riservato. Lo incontrerete
direttamente alla premiere del film...”
Jude
e Orlando si guardarono ancora. Non fecero altre domande. Presero
entrambi una delle due penne che l'uomo stava offrendo loro e
firmarono il contratto.
Nel
frattempo, a Kendal.
Il
telefono squillò nella casa dove la eco delle risate dei
bambini e della voce di Edith che implorava a David ed Ella di
smettere di farle il solletico riempiva il silenzio delle grandi
camere.
Lucy,
sorridendo, si avvicinò al telefono e rispose:
“Casa
Norton!”
“Vorrei
parlare con la signora se è possibile!” disse una voce
dall'altra parte.
Lucy
annuì e andando verso la camera disse, bussando appena sulla
porta aperta:
“Missis
Norton. C'è qualcuno che vuole parlare con lei!”
Edith
si alzò e portando i capelli indietro con una mano rispose:
“Pronto?”
“Missis
Norton. Sono Robert Barlow. L'ho chiamata per informala che il signor
Bloom e il signor Law sono andati via dal mio ufficio proprio in
questo momento...”
“Hanno
firmato?”
“Tutti
e due”
“E
hanno voluto sapere chi era lo scrittore?”
“Sì!
Ma li ho liquidati con una risposta adeguata. Il film si farà.
E uscirà a Natale. Come previsto!”
Edith
saltò sul posto felice. Il suo piano aveva inizio.
Natale
2011
Le
riprese erano state frenetiche. Il film doveva essere finito in tre
mesi e molte delle cose da fare era state fatte in digitale.
Orlando
e Jude non ebbero problemi a lavorare così e nemmeno Angelina
Jolie, loro partner sul set, ne ebbe dal momento che tutti e tre
avevano girato dei film con questa tecnica.
Lavorarono
febbrilmente, ventiquattro ore su ventiquattro, a stretto contatto
gli uni con gli altri: attori, costumisti, scenici, truccatori,
cameraman e regista. Senza sosta, senza lamentarsi. Così per
tre mesi
Poi,
quando tutto fu finito fu messa in moto la macchina della pubblicità.
Sia il libro che il film erano attesi come gli eventi del secolo. E
per i trailer e le anticipazioni sul libro lo sembrava davvero.
Ma
la storia usata dai giornali era un'altra. Dopo essere stati rivali
in amore, Jude e Orlando erano diventati ottimi amici.
Si
vedevano spesso, mentre stavano girando il film in Germania, andare a
cena assieme e fare scherzi anche sul set, nonostante il clima
piuttosto caotico che si respirava.
Una
volta finite le riprese si erano anche tenuti in contatto,
alimentando il gossip e creando una notevole aurea di curiosità
attorno al film.
Non
sapevano che dietro tutto questo stava Edith che dalla sua casa a
Kendal guardava l'evolversi della situazione attraverso i giornali. E
vedeva chiaramente che tutti i suoi intenti stavano giungendo a buon
fine.
Jude
e Orlando, fasciati in un completo Versace, il primo e in uno Armani
il secondo, stavano seduti in una stanza, aspettando che lo scrittore
si venisse a congratulare con loro, come aveva detto Robert Barlow.
Orlando
stava tamburellando le dita sul bracciolo della poltrona nervoso,
quando disse:
“Sai
che ho pensato che lo scrittore non sia un uomo ma una donna?”
“Anche
io!” sorrise Jude che cominciava a dare segni tangibili del suo
nervosismo.
“Ma
non una donna qualunque, OB!” continuò Jude.
Orlando
si grattò la testa e rispose:
“Credo
che stiamo pensando alla stessa cosa, dude!”
Jude
si sollevò e ammise:
“Forse
l'ho pensato solo perché non la vedo da quasi un anno ormai!”
“E
come avete fatto per il divorzio?” domandò Orlando
interessato.
“Non
siamo divorziati. Abbiamo deciso di stare separati. O almeno è
quello che mi ha detto il suo avvocato a marzo...” rispose
amaro Jude.
Orlando
passò una mano sul viso e replicò:
“Io
vedo Ella e David due fine settimana al mese. E ogni cinque settimane
ne passano una con me, Miranda e Flynn. Ma anche io non so nulla di
lei da dopo l'incidente...”
“David
ed Ella!” sorrise malinconico Jude. “A Rudy ed Iris
mancano molto. Come stanno?”
“Bene!
Crescono tutti i giorni. Quando li vedo mi sembrano diversi da quando
li ho visti solo qualche settimana prima!” sorrise Orlando.
“E
come fai? Se non vedi Edith da tanto...?” domandò Jude.
“Rachel.
O Jen. Almeno prima che morisse Tom. Da quando è morto il
padre, Jen si è un po' lasciata andare...” spiegò
Orlando.
“L'ho
vista qualche giorno fa da Harrods. Stava facendo le compere per
Natale!” lo interruppe Jude.
“Sì!
Lo so! John mi ha detto che aspetta un bambino e che questo, almeno
un po', la sta aiutando!” finì Orlando.
“Rachel
invece l'ho vista che presentava il telegiornale delle dieci. Alla
fine ce l'ha fatta!” sorrise Jude soddisfatto, quasi fosse una
sua personale conquista.
Orlando
sorrise e rispose:
“Beh!
Con il terzo figlio che sta arrivando mi sembra più che
normale!”
Jude
spalancò la bocca e disse:
“Chi
lo avrebbe mai detto!” e aggiunse: “Ho sentito Emma. So
che ha avuto una bellissima bambina che ha chiamato Helen. Dice che
Clay è impazzito di gioia!”
Orlando
annuì:
“Paul
ha aperto uno studio grafico. Me lo ha detto John. E Jessy tornerà
a lavorare a breve... Ha preso il negozio della sorella...”
Jude
si grattò il mento e disse:
“Abbiamo
aspettato un anno per parlare di loro, OB! Ci frequentiamo da un
sacco di tempo e non abbiamo mai parlato di persone che hanno fatto
parte della nostra vita per anni!”
Orlando
annuì e rispose:
“Forse
era Edith il collante che ci univa a loro. Onestamente, del gruppo di
amici di Edith frequento solo John e Rachel, ma loro sono i miei
migliori amici... Gli altri un po' meno...”
Jude
annuì e rispose:
“John
è una brava persona. Lo stimo davvero...”
Orlando
guardò Jude e ammise:
“Credo
che sia reciproco!” e sorridendo per la battuta lasciò
qualche secondo di silenzio e poi aggiunse: “Mi mancano gli
anni in cui stavo con Edith. Mi sto rendendo conto giorno per giorno
che con lei ero molto più vicino alla realtà di quanto
non lo sia adesso!”
Jude
sospirò e si mise a sedere:
“Io,
invece, avevo messo radici. Sembrava quasi che avessi smesso di
andare a cercare una donna diversa ogni notte... Invece...”
“Ti
lamenti del fatto che sei tornato ad essere un mandrillone? Vedi che
almeno lo puoi fare senza che qualcuno a casa si renda conto che hai
un profumo diverso addosso!” replicò Orlando.
“Tradisci
ancora Miranda!?” esclamò divertito Jude.
“Se
non ami completamente alla fine lo fai. E io, che ho tradito anche
Edith...”
Stava
per finire quando qualcuno aprì la porta. I due si voltarono e
videro una donna, bellissima. Era fasciata in vestito rosso di
Valentino e ai piedi portava scarpe dello stesso colore. Aveva i
capelli piegati in una coda che scendeva sulle spalle. Il ciuffo
davanti all'occhio era stavo arricciato con spazzola e fon. Gli occhi
truccati di scuro e le labbra laccate con un lucidalabbra chiaro.
“Edith!”
esclamarono i due guardandola.
Edith
sorrise e unendo le mani disse:
“Allora
ce l'ho fatta! Siete diventati amici... Allora posso dirvi finalmente
cosa ho deciso!”
Ci
fu un attimo di silenzio. Poi Jude si alzò dalla sedia e
disse:
“Scusa?”
“Ripeto!”
rispose Edith mettendosi a sedere al posto di Jude e accavallando le
gambe: “Siete diventati amici. E non c'è più
nessun livore tra di voi. Quindi, posso comunicarvi che cosa ho
deciso!”
Orlando
sollevò un sopracciglio e disse, esprimendo ad alta voce il
pensiero di Jude:
“Ti
rendi conto che non sappiamo più niente di te da Febbraio! E
siamo a Dicembre?”
“E
allora?” chiese Edith voltando la testa verso Orlando e facendo
brillare i grandi orecchini di bigiotteria.
“E
allora!” esclamò Jude. “Edith... Io e te siamo
ancora marito e moglie!”
“Lo
so!” rispose Edith calma.
“Lo
sai!” rimbeccò Jude. “E sai anche che non ti sei
più fatta sentire con il padre di tuoi figli? Che Ella e David
sono stati recapitati a Londra come dei pacchi postali? Edith! Ti
rendi conto che hai trentadue anni e ti comporti come una bambina?”
Orlando
annuì ed Edith incrociando le braccia, tranquilla, rispose:
“E
voi lo sapevate che dopo l'incidente sono entrata in depressione e
che non riuscivo ad uscire di casa senza avere una crisi di panico?”
I
due rimasero in silenzio ed Edith continuò:
“Sono
stata da sola. Per la prima volta dopo tanto tempo mi sono presa un
lungo periodo per me, per capire che cosa volevo, chi doveva essere
l'uomo della mia vita. Prima ho pensato che uno di voi avrebbe fatto
di tutto per scucire la mia destinazione segreta a Rachel, John, Jen.
Ma in tutti questi mesi nessuno si è mai presentato alla mia
porta. E onestamente, visto come stavo, per me è stata davvero
la manna dal cielo. Poi, grazie ad Ella, ho deciso di finire di
scrivere questa storia. Non sarei stata io a decidere. O almeno non
vi avrei fatto capire cosa avrei deciso a parole... Ho scritto questa
storia perché volevo che capiste, recitando la parte dei due
protagonisti maschili, quale è la mia decisione. Che è
la stessa di Iris!”
I
due la guardarono sbigottiti e Orlando disse:
“Vuoi
dire che il finale del libro...?”
“Il
finale del libro è il finale di questa storia insensata che si
è creata tra noi tre!” replicò Edith tranquilla.
Jude
aggrottò la fronte e domandò:
“Il
finale del film corrisponde a quello del libro?”
“Non
cambia di una virgola!” rispose Edith sorridendo.
Orlando
e Jude si guardarono stupiti ed Edith aggiunse:
“Naturalmente,
per mettere fine a tutto questo odio, ho voluto che il film venisse
girato in tempi brevi. E da qui l'idea che è piaciuta alla
casa editrice e a quella cinematografica: far uscire il libro e il
film assieme. Io invece volevo solo che tornaste ad essere amici come
lo eravate prima di conoscermi. E ci sono riuscita!” e
sospirando disse: “Avete capito allora?”
I
due scossero la testa ed Edith ammise:
“Io
amo entrambi. Ma entrambi mi avete ferito. Ed io ho ferito voi con i
miei comportamenti immaturi. Scegliere uno di voi due significherebbe
perpetuare lo stesso errore!” e sollevandosi aggiunse: “Non
voglio stare con un altro uomo, sia chiaro. Ma non voglio nemmeno
decidere. O meglio non posso. Uno è il padre di miei figli.
L'altro è l'uomo che ho deciso di sposare! Anche volendo non
posso prendere una decisione definitiva!” e dolcemente
aggiunse: “Io voglio crescere, viaggiare da sola, scoprire
cosa, dove e come ho sbagliato e quante persone ho ferito. Ma non
voglio perdervi!”
“Comodo!”
intervenne Orlando.
“Infatti!
Per me è come stare con due piedi in una staffa!”
continuò Jude.
Edith
sospirò e rispose alla provocazione con un secco:
“Sentite!
Avete voglia di essere mandati al diavolo tutti e due? Mi venite a
parlare di avere due piedi in una staffa, ma caro Orlando, tu non hai
lasciato Miranda per venirmi a cercare. E tu Jude non sei stato un
marito modello! Sbaglio o sei stato a letto con quale modella e
qualche starletta del piccolo e grande schermo negli ultimi mesi?”
e approfittando del silenzio continuò: “Vi sto chiedendo
del tempo. Del tempo per crescere e per non fare scelte che tra un
mese o due vi faranno diventare di nuovo rivali e che mi renderanno
lo spettro di me stessa, divisa tra voi due!”
“Vuoi
dire che non scegli nessuno?” chiese Orlando.
“Iris
non lo fa!” rispose Edith in un soffio.
I
due rimasero in silenzio qualche secondo. Jude fu il primo a parlare
e a chiedere:
“Ma
non sarà per sempre. Cioè... Dopo che ti sarai
ritrovata... Deciderai chi dei due vuoi al tuo fianco per tutta la
vita?”
Edith
annuì e rispose:
“Ma
voi mi dovrete dimostrare che tenete a me come io tengo a voi. Niente
più bugie, tradimenti, promesse impossibili da mantenere,
figli nascosti! Niente passi falsi, o cercare di mettere fuori gioco
l'altro... Siete tornati amici. Se per caso dovreste litigare per
colpa mia, salterà tutto. Non voglio che quello che è
successo si ripeta di nuovo. Sto cercando di cambiare. E pretendo che
lo facciate anche voi. Potete farlo?”
I
due si guardarono negli occhi per qualche secondo.
'Mi
chiamo Edith Norton. Sono una giornalista. Da un anno vivo a Kendal,
nel Lake District. Ho trentadue anni e posso definirmi soddisfatta
della mia vita...'
Edith
teneva a braccetto Orlando e Jude sorridendo davanti all'Odeon.
“Edith!
Un sorriso per consacrare il tuo ritorno!” gridò un
paparazzo.
“Ma
io non sono mai andata via!” sorrise Edith.
'…
Ho avuto tutto quello che ho sempre voluto. Ho fatto un lavoro che mi
piaceva e ho scritto storie, come sognavo quando ero una bambina. Ho
lavorato in Vanity UK e l'ho anche diretto per qualche tempo, salvo
poi andare a vivere a New York e prendere la direzione di Vanity
US...'
“Orlando?
Miranda sa che sei qua con Edith!” chiese un paparazzo
riprendendo i tre.
“Lo
vedrà domani suoi giornali!” rispose divertito l'attore
di Canterbury.
'…
Ho sempre sognato di avere una famiglia. E l'ho costruita. Sono una
mamma di una bambina di quattro anni e di un bambino di quasi due.
Ella e David, la mia vita! Per loro farei tutto quello che posso!
Anche gettarmi nel fuoco, come credo tutte le mamme farebbero...'
“Jude!
Allora tu e tua moglie siete tornati assieme?” domandò
qualcun altro.
“Chiedilo
alla diretta interessata!” rispose Jude con uno sguardo
d'intesa con Edith.
'…
Nella mia vita ho sempre amato con forza. Ho amato mio padre, mia
madre e i miei fratelli, anche quando mi hanno voltato le spalle, mi
hanno tradito... Ho amato il mio primo amore, che mi ha insegnato
cos'è il sesso. Ho amato Brian Stephensons che mi ha convinto
ad essere una sua proprietà con regali e belle parole...'
“Edith.
Ma ora sei felice?”
Edith
sospirò.
'…
Ma ho realmente amato solo due uomini. Gli unici due che mi hanno
messa in gioco, che mi hanno costretta a riscrivere quello che avevo
sempre dato per certo. Orlando Bloom e Jude Law. Qualche anno fa,
quando la mia storia è cominciata, non immaginavo che io,
Edith Norton, stella nascente del giornalismo inglese, sarei
diventata il bersaglio preferito dei miei colleghi della carta
stampata... O almeno di quelli che si occupano del gossip. Ma è
successo. Ed ora sono qua... A vivere la storia che tutte le donne
vorrebbero vivere. La favola perfetta. Contesa da due uomini
bellissimi e innamoratissimi. Ma come tutti saprete, ormai, nel
Ventunesimo secolo le fiabe non hanno sempre un lieto fine e hanno un
lato oscuro che rende tutto terribilmente difficile e pauroso...'
“Scusa?”
chiese Edith.
“Sei
felice Edith?” domandò di nuovo il paparazzo.
'…
Ho fatto tanti errori. Non posso negarlo. Ma questo mi ha reso la
persona che sono oggi. Una donna che sa che deve trovare sé
stessa prima di capire chi dei due uomini più importanti della
sua vita deve stare al al suo fianco per sempre... Ho fatto scelte
sbagliate o troppo affrettate. Ma di alcune cose non mi pento
affatto. Perché ogni scelta era figlia di un travaglio
interiore che mi ha fatto capire che posso essere felice anche da
sola, con accanto Jude e Orlando. Anche se nessuno dei due è
il mio compagno... Ho capito solo ora che sono una donna libera prima
della donna di... Strano! E pensare che non ho fatto
altro che scappare da questo stereotipo per tutta la vita! Non mi
rendevo conto di essere una sua schiava invece...'
Edith
guardò i sue due accompagnatori e sorrise. Un sorriso che si
allargò agli occhi e alla bocca.
'…
Qualcuno mi chiede se sono felice. Io vi rifaccio la stessa domanda:
che cos'è la felicità? Che cosa significa essere
felici? Si può essere felici anche solo per un secondo, anche
per un giorno, o per tutta la vita. La felicità te la può
dare la tua gatta quando gioca in una maniera divertente con un
gomitolo di lana; il sorriso di tuoi figli che corrono con te in un
prato; la felicità è vedere riuniti due uomini che non
erano più amici per merito tuo... Ecco cos'è la
felicità! La felicità è in ogni cosa, in ogni
singolo giorno, attimo della nostra vita. Sta a noi custodirla...'
“Certo
che lo sono. Ho tutto quello che volevo. Una bella casa, due figli
sani, la mia famiglia che mi ama...” e sussurrò: “...
i miei due uomini... Le uniche spalle su cui posso contare...”
e salutando i fotografi, tutti e tra entrarono all'Odeon.
'…
So che non mi importa quello che diranno domani i giornali. Forse non
mi è mai davvero importato. Voglio solo essere sicura di aver
fatto tutto quello che era possibile per essere felice...'
“Domani
sarà un bel casino!” disse Orlando mettendosi a sedere.
“Non
dirlo a me. Chissà come ne uscirò con miei figli!”
fece eco Jude.
Edith
che stava in mezzo ai due disse:
“Mah!
A me non importa...” e tranquilla domandò: “Progetti
per Natale?”
'Mi
chiamo Edith Norton, ma se siete arrivati fino a qua credo che lo
sappiate. Sono una giornalista, una scrittrice e una grandissima
stronza. Sì! Avete capito bene, ho detto proprio stronza. Ma
sono anche una madre affettuosa e un'amica sincera. Delle persone amo
i difetti, visto che i pregi a lungo andare annoiano. Ed è di
questo che la mia storia parla. Di difetti, di passione e di dolore.
Di gioia e di paura. Di morte e di malattia. E di tradimenti. Come la
vita di ognuno di voi. Forse un giorno sentirete narrare ancora di
me. Forse nemmeno vi interesserà sapere cosa mi è
successo, dopodomani, quando vi sveglierete. Non so nemmeno se mi
importa. Spero solo di avervi fatto capire che ho cercato di vivere
la mia vita al meglio.
E
se qualche volte non vi è piaciuta, mi spiace, ma è la
mia vita e non la cambio di una virgola.
Sono
e rimarrò per sempre una giornalista quasi famosa, anche se ho
la certezza di avere fama e successo. Non voglio dire di essere
famosa. Fa snob e poi il successo ti cambia la vita in maniera
definitiva. E credetemi, in questo sono un'esperta. So solo che,
infondo, se non ci si considera arrivati, si cercherà sempre
di migliorare. Ed io chiedo il meglio a me e a tutti quelli che mi
amano.
Sono
e rimarrò una donna che ha lottato per diventare quella che è
e che lotterà sempre, anche se può avere le cose in
regalo.
Mi
chiamo Edith Norton... E questa è la mia storia!'.
http://4.bp.blogspot.com/_lvi8v0oRk2g/SawtiyT-HBI/AAAAAAAAAF0/3D71aidg7YU/s400/abito+rosso+gritti.jpg
(vestito di Edith alla prima del film)
Quasi
non ci credo. È finita. Oddio. Anche se dire finita con un
finale aperto è un po' un esagerazione. Prendetevi questo però
di finale. Altrimenti vi sareste trovati Edith morta.
Per
il fatto del romanzo di Edith 'Il Segreto Di Iris' sappiate che non
c'entra nulla con 'Almost Famous', anzi sono due storie e due
ambientazioni differenti. In comune hanno solo l'amore travagliato di
una donna donna verso due uomini.
Bene.
Passare ai ringraziamenti credo che sia d'obbligo.
Ringrazio
prima di tutto Black Pearl. Ebbene sì! Io ero tornata per
finire una storia, prima e lei mi ha dato la forza di riprendere in
mano questa fan fiction che per me segna un po' un'epoca di
passaggio, dal momento che l'ho scritta prima di andare in Gran
Bretagna. Qualsiasi reclamo, quindi, rivolgersi a lei. Scherzo.
Grazie davvero!
Ringrazio
Enris che mi ha recensito quando stavo per mollare tutto, visto che
nessuno mi lasciava una recensione. Lei non solo ha recensito ma mi
ha aiutata a vedere tutti gli errori, orrori che facevo.
Ringrazio
Mandy che ha corretto qualche capitolo di 'AF'.
Ringrazio
Klood che ha cominciato a recensire sempre la mia storia e ha colto
tutte quelle sfumature non proprio positive che ho messo dentro.
Ringrazio
coco1 che ha recensito con fervore qualche capitolo, ma poi è
sparita.^^
Ringrazio
chiaretta, ovvio, lei la ringrazio sempre^^. Se non ci fossero state
le tue recensioni non avrei riso come una matta.
Ringrazio
Federica ^^. Ma quanto ti ho rotto le scatole nelle ultime settimane?
Hai visionato 4 e dico 4 finali di AF e li hai giudicati. E dillo tu
a chiaretta che il pezzo della morte di Edith era bello.
Ringrazio
BrianneSixx che credo di aver fatto arrabbiare a morte con la storia
di Jude e di Edith. Non mi odiare per questo finale ti prego! ^^
Ringrazio
Shige/Uriko... Tu sei una delle prime lettrici e non sai quanto onore
e piacere specialmente mi ha fatto ritrovarti tra le recensioni. *__*
me commossa.
Ringrazio
Court. E gli esami? Come sono andati???
E
poi ringrazio Mibter che mi ha recensito negli ultimi capitoli^^
aspetto la tua long su Orlando eh!
Ringrazio
la_marty che mi ha recensito da poco e che so ha letto tutta la
storia in un solo giorno O.O complimenti!
Ringrazio
chi me ne ha cantate quattro su Edith e sulle sue scelte. Scelte che
poi erano le mie. Anche questo mi ha dato la forza di continuare.
Ringrazio
chi mi ha messo nella lista dei preferiti, ricordati, seguiti. Grazie
davvero.
E
ringrazio chi mi ha tolto da qualsiasi lista conosciuta, perfino da
quella del telefono ^^.
Ringrazio
chi è passato e ha letto ma non ha recensito fino alla fine.
E
chi è arrivato fino a qui.
Forse
un giorno sentirete ancora parlare di Edith.
Nel
frattempo io ringrazio anche Orlando Bloom, Flynn Bloom, Kate
Bosworth, Miranda Kerr, Sonia e Samantha Bloom, Colin Stone. Tutti i
personaggi citati sono parenti di Orlando Bloom e non mi
appartengono. Ho scritto su di loro solo per divertire e non per
specularci. Da questa storia non guadagno nulla, vorrei ricordare^^.
In
egual modo Jude Law, Rafferty, Iris,Rudy, Sophia Law, Sadie Frost,
Peter, Maggie e Natasha Law, Sienna Miller, Ewan McGregor e Samantha
Burke sono parenti, amici ex e non di Jude Law e come per Orlando
Bloom sono stati usati solo a scopo narrativo. Non voglio speculare
su di loro e non ho nessuna intenzione di farlo.
E
ringrazio i Take That per le loro canzoni che ho citato assieme ai
loro nomi. Anche loro non mi appartengono e non ci speculo sopra^^.
E
grazie a Edith, Rachel, John, Paul, Patrick, Eloise, Emma, Jessy,
Fred, Charlotte, David, Ella, Lizzy, Kevin, Jael, Posh, Ayko,
Charlie, i due capi di Los Angeles, Brian Stephensons, Laura , Tom e
tutti gli altri... Loro non esistono. Ma mi mancheranno davvero
tanto.
Bene.
Siamo agli sgoccioli.
Si
chiude il sipario...
Si
accendono le luci...
L'applauso.
È
stavolta...
Fine.
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