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Ancora all' aeroporto
Vittoria si guardò
intorno. Ricordava quel posto, c'era stata esattamente un anno e mezzo
prima e non ne aveva un ricordo fantastico. Anzi, era stato un momento
terribile, ma per fortuna si era lasciata tutto alle spalle, anche se
con dolore.
Controllò il display, cercando di capire se il volo fosse atterrato o meno, ma ancora nulla.
Nonostante la stanchezza,
era felice. Era il primo viaggio che faceva con Lea e, sebbene fosse
breve, le preoccupazioni erano tante.
Innanzitutto aveva dovuto
fare il check in con una bambina di nove mesi in braccio e tutti i
bagagli, passeggino compreso. Poi, salita finalmente in aereo, aveva
dovuto sedare una crisi di pianto della piccola, ormai infastidita da
tutta la nuova situazione.
Infine, giunta lì,
essendo ancora troppo presto per sedersi e attendere l'atterraggio
dell'altro volo, ne aveva approfittato per noleggiare un'auto e, con
l'ultimo sforzo, sistemarci i bagagli.
Vittoria carezzò i
capelli scuri e lievemente mossi di sua figlia, seduta sulle sue gambe,
che succhiava pacificamente un biscotto. Sembrava tranquilla adesso, ma
non era riuscita a farla dormire nemmeno mezz'ora e da quando aveva
iniziato a gattonare era impossibile tenerla a bada se non tenendola in
braccio o, per l'appunto, quando dormiva.
La ragazza se la sistemò meglio addosso, sospirando.
"Ma quanto ci mette quel
maledetto aereo ad arrivare?" Pensò, guardando nuovamente lo
schermo. Vide parecchie persone abbracciarsi, altre tirar dritto con
appresso i bagagli.
- Tuo padre si fa
attendere, Lea… - disse poi, alzandosi per fare due passi e
sgranchirsi la schiena. Era stufa di stare lì dentro, c'era
troppa aria viziata e voleva solo potersi riposare. Lea iniziò a
scalpitare, desiderosa di poter esplorare liberamente la zona.
- Dai smettila, non puoi. -
Camminò a passo più spedito, sperando di distrarla,
facendole guardare fuori attraverso le grandi vetrate.
Non si sarebbe mai
aspettata di dover rimettere piede a Roma. Soprattutto non aveva mai
pensato di poterci tornare con lui e la loro bambina.
Era stata scelta per la sua
bravura e serietà da tutto lo staff, al CERN, per rappresentare
il nuovo progetto ad una importante conferenza che si sarebbe tenuta
due giorni dopo. Più che altro, l'avevano messa alla prova:
volevano vedere se, anche con una figlia, era la stessa Vittoria,
tenace, svelta e sempre disponibile. E di certo era una grande
opportunità, dato che da quando era rimasta incinta tutti
l'avevano quasi messa da parte, come se non fosse più in grado
di svolgere il suo lavoro.
Pensando, Vittoria non si
accorse che, alle sue spalle, si era fermata una persona. La guardava
attraverso il riflesso del vetro e sorrideva.
- La disturbo, dottoressa? - Le disse, inarcando le sopracciglia.
La ragazza trasalì.
Aveva sentito quella voce esclusivamente al telefono, per sei lunghi
mesi, mentre adesso le era giunta alle orecchie così com'era,
senza esser disturbata dalla linea e dall'eccessiva distanza.
Si voltò e
finalmente lo vide, in carne ed ossa, e non poté fare a meno di
fissarlo per qualche secondo. Il cuore iniziò a batterle
all'impazzata.
- Robert! - Gli disse, prima di avanzare verso di lui. Aveva aspettato così tanto e finalmente era lì.
- Ho fatto un viaggio lungo quasi dodici ore… posso avere un abbraccio?
Vittoria non ci pensò due volte e gli si gettò al collo, nonostante tenesse la piccola su un fianco.
Langdon la strinse a se. Finalmente poteva farlo, l'aveva desiderato così tanto in quei mesi.
- Che bello rivederti… - Le disse all'orecchio, ad occhi chiusi e senza lasciarla andare.
- A chi lo dici.
Poi, finalmente, si
guardarono negli occhi. Si avvicinarono ancora, per far incontrare
anche le loro labbra, che rimasero incollate per parecchio tempo sotto
gli occhi dei passanti, ma a loro poco importava. Erano di nuovo
insieme dopo mesi, era giusto che si baciassero quanto e quando
volessero.
Tuttavia, la piccola Lea
protestò, essendo ormai costretta a stare semi schiacciata da
quei due corpi. I suoi genitori, finalmente, si separarono di nuovo e i
loro occhi si posarono su di lei.
Langdon poté
osservare meglio la sua bambina: era così cambiata da quando
l'aveva lasciata. Vittoria gli aveva mandato qualche foto, l'ultima con
la data del ventidue agosto, ben due mesi prima. Eppure, in carne ed
ossa, era totalmente diversa, se non per quegli occhi limpidi come il
mare che teneva fissi su di lui, curiosa e attenta.
- Lea, tesoro…
guarda chi c'è! - Vittoria, al settimo cielo, baciò anche
la guancia rosea di sua figlia - E' papà…
L'uomo sorrise. Di sicuro
non poteva riconoscerlo, aveva paura di spaventarla. Allungò una
mano e si fece afferrare l'indice.
- Ciao piccola… - Disse, ancora incantato da quello sguardo serio ma allo stesso tempo dolcissimo.
- Prendila.
- Ho paura che si spaventi. Non sembra molto convinta…
- Mia figlia non ha paura di nulla… se non del rumore dell'aspirapolvere. Prendila.
Vittoria gli porse la bambina e Langdon l'afferrò per la vita.
- Caspita, è
cresciuta davvero - Strabuzzò gli occhi, divertito, sentendo
quando fosse aumentata di peso rispetto all'ultima volta.
- Ho la schiena a pezzi.
- Lo immagino… - Se
l'appoggiò al petto, sperando di non vederla scoppiare a
piangere. Lea continuava a fissarlo, ma cercava sempre con lo sguardo
sua madre, per paura di restare da sola.
- Non credo le faccia piacere vedermi…
- Robert, tesoro, ti vede adesso dopo mesi. Deve abituarsi.
Langdon le carezzò
una manina, ancora sotto l'occhio vigile di sua figlia stessa. Era in
gamba la sua piccola, altri bambini al posto suo sarebbero già
scoppiati a piangere. Le sorrise di nuovo e se la sistemò meglio
in braccio.
- Non ti ricordi chi sono,
eh, Lea…? - Le chiese poi, con una punta d'amarezza. Si era
perso parecchie cose, oltre alla sua nascita. In quei sei mesi le erano
spuntati quattro dentini, aveva imparato ad alzarsi in piedi e a
gattonare, aveva detto 'mamma', 'palla', 'latte' e 'pappa'. Lui non era
lì. E non sarebbe stato accanto a lei nemmeno quando avrebbe
mosso i primi passi, mangiato da sola e, sì, magari sarebbe
caduta per la prima volta, ma non ci sarebbe stato per consolarla e a
rimetterla in piedi.
Più volte, al
telefono, aveva detto a Vittoria quanto gli dispiacesse non poter
essere li con loro. E lei, quindi, sapeva bene come si sentisse.
Lea guardò di nuovo
sua madre, poi quell'uomo. All'improvviso, come era accaduto mesi
prima, in quella culla, senza preavviso gli sorrise.
- Bravissima, amore! -
Vittoria le battè le mani e la baciò di nuovo. Langdon,
col cuore alleggeritosi parecchio, strinse la piccola e la baciò
sull'altra guancia. Poi prese Vittoria e abbracciò di nuovo
anche lei.
Gli erano proprio mancate le sue due donne…
Vittoria sedeva dal lato
passeggero, con Lea in braccio. Aveva noleggiato un auto col cambio
automatico, sapendo la difficoltà del compagno con il cambio
manuale, e ora, impostato il navigatore, viaggiavano alla volta del
residence in cui sarebbero stati quei dieci giorni.
Era a nord ovest, a pochi
chilometri dal Vaticano, ed era di recente costruzione. Di certo, una
soluzione ben più comoda rispetto a un albergo. Con una bambina
piccola, c'era bisogno di una cucina, di una lavatrice e, soprattutto,
di un ambiente adatto, che solo una casa poteva offrire.
- Sei sicura che questo
coso funzioni? - Langdon guardava con sospetto il navigatore, che
pareva fosse programmato solo per imbottigliarlo sempre più nel
traffico.
- Sì, credo…
- Siamo in macchina da mezz'ora.
- L'aeroporto non è poi così vicino. E dobbiamo attraversare la città.
L'uomo provava uno strano
effetto percorrendo di nuovo quelle strade. Un anno e mezzo prima aveva
dovuto correre da una chiesa all'altra, vedendo cadaveri marchiati a
fuoco, assassini e quant'altro. Ora era in villeggiatura con la sua
famiglia.
- Penso che sarebbe meglio prendere un jet…
- Come? - Langdon si voltò appena verso la donna, ma capì immediatamente.
- Oh, Dio! Ma cosa… cosa le dai da mangiare?!
Vittoria rise.
- Pappine, frutta…
non credevo che i bambini avessero questa capacità eccezionale
di trasformarle in roba del genere!
- Lea dovresti imparare a usare il bagno!
- No, penso sia meglio che la cambi ora!
Lui la guardò esterrefatto.
- Ora?
- Sai quante volte l'ho dovuta cambiare in situazioni di emergenza…
Vittoria fece un movimento
fluido, poggiando prima la bambina sul sedile posteriore e
raggiungendola poi contorcendosi tra i due sedili anteriori.
Langdon, stanco, affamato e al momento anche disgustato dall'odore, continuò a camminare.
- Tutto bene la dietro? - Chiese, guardando dallo specchietto retrovisore.
- Preparati a dei giorni pieni di questa roba - La faccia della ragazza pareva più che disgustata.
- Se l'avessi saputo
prima… magari a quest'ora sarei tranquillo a casa! -
Scherzò. Lei gli diede un colpo alla spalla.
- Se io l'avessi saputo prima, invece, avrei preso la pillola caro mio…
- Come sei permalosa…
Finalmente riuscirono a
percorrere le grandi strade senza fermarsi più di un minuto ogni
volta, trovando tutti i semafori verdi e poca coda agli incroci. Pian
piano, uscirono dal centro, diretti verso la periferia.
Quando Vittoria riuscì infine a infilarle il pannolino pulito, Lea emanò un gridolino gioioso.
- Ecco… finito…
- Menomale. Abbassa i finestrini!
- Dai, povera Lea…
potresti ferire i suoi sentimenti! - Vittoria, sorridendo, si
appoggiò allo schienale del sedile guidatore.
- Dovremmo essere arrivati.
- Infatti rallenta…
ecco, gira qui! - Gli indicò una strada costeggiata da grandi
alberi, riconoscendo il nome del residence stampato su un cartello di
media grandezza. Accanto al cancello verde c'era una guardiola e, dopo
aver passato la piccola a Langdon, scese dall'auto, scambiando qualche
parola con l'uomo all'interno. Le diede le chiavi e il telecomando con
cui aprì il cancello.
- Che dici Lea, papà
ti fa guidare la macchina? Non è mai presto per imparare…
- Tenendola per la vita, premette nuovamente l'acceleratore, entrando
nel piccolo parcheggio e infilando poi l'automobile alla perfezione tra
due strisce bianche.
- Accidenti che pilota! -
Tirò il freno a mano, aprì la portiera e, slacciatosi la
cintura, scese, trovandosi davanti a Vittoria.
- Cos'è? Vuoi che uno di questi giorni mi rubi le chiavi e scappi col fidanzato? - Gli chiese, divertita.
- Non prima dei trent'anni… qual'è la casa?
Lei gli indicò
l'appartamento al pianterreno proprio di fronte alla macchina. C'erano
bei fiori piantati accanto alla porta e, dall'esterno, sembrava
un'abitazione rustica. Tuttavia, quando entrarono, si trovarono di
fronte al più moderno degli appartamenti, provvisto di tutti gli
elettrodomestici più all'avanguardia.
- Wow! - Esclamò,
vedendo finalmente una casa completamente pulita e in ordine, cosa a
cui lei non era più abituata - Credo che sia meglio che mi goda
questo bel vedere prima che questo terremoto inizi ad esplorare la zona.
- Ne parli come se fosse
una teppista… - Langdon baciò la piccola e la mise a
terra. Non fece in tempo ad alzare gli occhi che già la vide
dirigersi, gattonando, verso il tavolino nero laccato sotto il
televisore al plasma, con l'intento di appropriarsi del telecomando.
- Forse è meglio
scaricare i bagagli, così posso trovare qualcuno dei suoi
giocattoli, prima che riempia di saliva tutto quanto…
Tornarono fuori, recuperando le valigie e quant'altro, ma al loro rientro Lea era sparita.
- Lea? - Vittoria
pareva abituata a doverla cercare, ma quando la casa non era sua e non
la conosceva era abbastanza inquietante.
- E' qui… - Langdon
la trovò in camera da letto, intenta a recuperare sotto uno dei
comodini la presa della lampada.
- Te lo dicevo che è
una peste. Tu non mi credi… - Li raggiunse e si chinò,
porgendole un pagliaccio di stoffa - questo è più bello
tesoro, prendilo…
Lea abbandonò la presa della corrente e afferrò il suo giocattolo, iniziando subito a mordergli un piede.
Vittoria si rimise in piedi e finalmente riuscì a guardarlo, con tranquillità.
- Allora? Sei ancora convinto che passare dieci giorni con noi sarà rilassante? - Gli cinse il collo con le braccia.
- Sicuro. Perché non dovrebbe?
- Perchè ci saranno almeno sei pannolini da cambiare giorno e notte, biberon, pappe, pianti e urla…
- Senti chi parla… tu non hai esigenze?
Nei suoi occhi apparve una luce maliziosa.
- Le mie non possono essere soddisfatte con lei in giro.
- Sempre la solita. Non parlavo di quello…
- Beh. Il divano sarebbe un posto comodo per dormire, sai? - Fece per sciogliere l'abbraccio ma lui glielo impedì.
- Solo se ci dormi anche tu!
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