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Autore: starlight91    27/09/2011    2 recensioni
La vita riserva molte sorprese per ciascun essere umano. Anche per Robert Langdon, nonostante sia un uomo libero e, nella quotidianità, spensierato, è in arrivo qualcosa in grado di cambiare la sua vita... c'è solo da vedere se in meglio o in peggio.
"Un'altra occhiata a quel bastoncino di plastica che aveva in mano. Cinquantaquattro giorni prima, dalla morte era germogliata la vita.
Stava per avere un figlio."
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Robert Langdon, Sorpresa, Vittoria Vetra
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ancora all' aeroporto





Vittoria si guardò intorno. Ricordava quel posto, c'era stata esattamente un anno e mezzo prima e non ne aveva un ricordo fantastico. Anzi, era stato un momento terribile, ma per fortuna si era lasciata tutto alle spalle, anche se con dolore.
Controllò il display, cercando di capire se il volo fosse atterrato o meno, ma ancora nulla.
Nonostante la stanchezza, era felice. Era il primo viaggio che faceva con Lea e, sebbene fosse breve, le preoccupazioni erano tante.
Innanzitutto aveva dovuto fare il check in con una bambina di nove mesi in braccio e tutti i bagagli, passeggino compreso. Poi, salita finalmente in aereo, aveva dovuto sedare una crisi di pianto della piccola, ormai infastidita da tutta la nuova situazione.
Infine, giunta lì, essendo ancora troppo presto per sedersi e attendere l'atterraggio dell'altro volo, ne aveva approfittato per noleggiare un'auto e, con l'ultimo sforzo, sistemarci i bagagli.
Vittoria carezzò i capelli scuri e lievemente mossi di sua figlia, seduta sulle sue gambe, che succhiava pacificamente un biscotto. Sembrava tranquilla adesso, ma non era riuscita a farla dormire nemmeno mezz'ora e da quando aveva iniziato a gattonare era impossibile tenerla a bada se non tenendola in braccio o, per l'appunto, quando dormiva.
La ragazza se la sistemò meglio addosso, sospirando.
"Ma quanto ci mette quel maledetto aereo ad arrivare?" Pensò, guardando nuovamente lo schermo. Vide parecchie persone abbracciarsi, altre tirar dritto con appresso i bagagli.
- Tuo padre si fa attendere, Lea… - disse poi, alzandosi per fare due passi e sgranchirsi la schiena. Era stufa di stare lì dentro, c'era troppa aria viziata e voleva solo potersi riposare. Lea iniziò a scalpitare, desiderosa di poter esplorare liberamente la zona.
- Dai smettila, non puoi. - Camminò a passo più spedito, sperando di distrarla, facendole guardare fuori attraverso le grandi vetrate.
Non si sarebbe mai aspettata di dover rimettere piede a Roma. Soprattutto non aveva mai pensato di poterci tornare con lui e la loro bambina.
Era stata scelta per la sua bravura e serietà da tutto lo staff, al CERN, per rappresentare il nuovo progetto ad una importante conferenza che si sarebbe tenuta due giorni dopo. Più che altro, l'avevano messa alla prova: volevano vedere se, anche con una figlia, era la stessa Vittoria, tenace, svelta e sempre disponibile. E di certo era una grande opportunità, dato che da quando era rimasta incinta tutti l'avevano quasi messa da parte, come se non fosse più in grado di svolgere il suo lavoro.
Pensando, Vittoria non si accorse che, alle sue spalle, si era fermata una persona. La guardava attraverso il riflesso del vetro e sorrideva.
- La disturbo, dottoressa? - Le disse, inarcando le sopracciglia.
La ragazza trasalì. Aveva sentito quella voce esclusivamente al telefono, per sei lunghi mesi, mentre adesso le era giunta alle orecchie così com'era, senza esser disturbata dalla linea e dall'eccessiva distanza.
Si voltò e finalmente lo vide, in carne ed ossa, e non poté fare a meno di fissarlo per qualche secondo. Il cuore iniziò a batterle all'impazzata.
- Robert! - Gli disse, prima di avanzare verso di lui. Aveva aspettato così tanto e finalmente era lì.
- Ho fatto un viaggio lungo quasi dodici ore… posso avere un abbraccio?
Vittoria non ci pensò due volte e gli si gettò al collo, nonostante tenesse la piccola su un fianco.
Langdon la strinse a se. Finalmente poteva farlo, l'aveva desiderato così tanto in quei mesi.
- Che bello rivederti… - Le disse all'orecchio, ad occhi chiusi e senza lasciarla andare.
- A chi lo dici.
Poi, finalmente, si guardarono negli occhi. Si avvicinarono ancora, per far incontrare anche le loro labbra, che rimasero incollate per parecchio tempo sotto gli occhi dei passanti, ma a loro poco importava. Erano di nuovo insieme dopo mesi, era giusto che si baciassero quanto e quando volessero.
Tuttavia, la piccola Lea protestò, essendo ormai costretta a stare semi schiacciata da quei due corpi. I suoi genitori, finalmente, si separarono di nuovo e i loro occhi si posarono su di lei.
Langdon poté osservare meglio la sua bambina: era così cambiata da quando l'aveva lasciata. Vittoria gli aveva mandato qualche foto, l'ultima con la data del ventidue agosto, ben due mesi prima. Eppure, in carne ed ossa, era totalmente diversa, se non per quegli occhi limpidi come il mare che teneva fissi su di lui, curiosa e attenta.
- Lea, tesoro… guarda chi c'è! - Vittoria, al settimo cielo, baciò anche la guancia rosea di sua figlia - E' papà…
L'uomo sorrise. Di sicuro non poteva riconoscerlo, aveva paura di spaventarla. Allungò una mano e si fece afferrare l'indice.
- Ciao piccola… - Disse, ancora incantato da quello sguardo serio ma allo stesso tempo dolcissimo.
- Prendila.
- Ho paura che si spaventi. Non sembra molto convinta…
- Mia figlia non ha paura di nulla… se non del rumore dell'aspirapolvere. Prendila.
Vittoria gli porse la bambina e Langdon l'afferrò per la vita.
- Caspita, è cresciuta davvero - Strabuzzò gli occhi, divertito, sentendo quando fosse aumentata di peso rispetto all'ultima volta.
- Ho la schiena a pezzi.
- Lo immagino… - Se l'appoggiò al petto, sperando di non vederla scoppiare a piangere. Lea continuava a fissarlo, ma cercava sempre con lo sguardo sua madre, per paura di restare da sola.
- Non credo le faccia piacere vedermi…
- Robert, tesoro, ti vede adesso dopo mesi. Deve abituarsi.
Langdon le carezzò una manina, ancora sotto l'occhio vigile di sua figlia stessa. Era in gamba la sua piccola, altri bambini al posto suo sarebbero già scoppiati a piangere. Le sorrise di nuovo e se la sistemò meglio in braccio.
- Non ti ricordi chi sono, eh, Lea…? - Le chiese poi, con una punta d'amarezza. Si era perso parecchie cose, oltre alla sua nascita. In quei sei mesi le erano spuntati quattro dentini, aveva imparato ad alzarsi in piedi e a gattonare, aveva detto 'mamma', 'palla', 'latte' e 'pappa'. Lui non era lì. E non sarebbe stato accanto a lei nemmeno quando avrebbe mosso i primi passi, mangiato da sola e, sì, magari sarebbe caduta per la prima volta, ma non ci sarebbe stato per consolarla e a rimetterla in piedi.
Più volte, al telefono, aveva detto a Vittoria quanto gli dispiacesse non poter essere li con loro. E lei, quindi, sapeva bene come si sentisse.
Lea guardò di nuovo sua madre, poi quell'uomo. All'improvviso, come era accaduto mesi prima, in quella culla, senza preavviso gli sorrise.
- Bravissima, amore! - Vittoria le battè le mani e la baciò di nuovo. Langdon, col cuore alleggeritosi parecchio, strinse la piccola e la baciò sull'altra guancia. Poi prese Vittoria e abbracciò di nuovo anche lei.
Gli erano proprio mancate le sue due donne…

Vittoria sedeva dal lato passeggero, con Lea in braccio. Aveva noleggiato un auto col cambio automatico, sapendo la difficoltà del compagno con il cambio manuale, e ora, impostato il navigatore, viaggiavano alla volta del residence in cui sarebbero stati quei dieci giorni.
Era a nord ovest, a pochi chilometri dal Vaticano, ed era di recente costruzione. Di certo, una soluzione ben più comoda rispetto a un albergo. Con una bambina piccola, c'era bisogno di una cucina, di una lavatrice e, soprattutto, di un ambiente adatto, che solo una casa poteva offrire.
- Sei sicura che questo coso funzioni? - Langdon guardava con sospetto il navigatore, che pareva fosse programmato solo per imbottigliarlo sempre più nel traffico.
- Sì, credo…
- Siamo in macchina da mezz'ora.
- L'aeroporto non è poi così vicino. E dobbiamo attraversare la città.
L'uomo provava uno strano effetto percorrendo di nuovo quelle strade. Un anno e mezzo prima aveva dovuto correre da una chiesa all'altra, vedendo cadaveri marchiati a fuoco, assassini e quant'altro. Ora era in villeggiatura con la sua famiglia.
- Penso che sarebbe meglio prendere un jet…
- Come? - Langdon si voltò appena verso la donna, ma capì immediatamente.
- Oh, Dio! Ma cosa… cosa le dai da mangiare?!
Vittoria rise.
- Pappine, frutta… non credevo che i bambini avessero questa capacità eccezionale di trasformarle in roba del genere!
- Lea dovresti imparare a usare il bagno!
- No, penso sia meglio che la cambi ora!
Lui la guardò esterrefatto.
- Ora?
- Sai quante volte l'ho dovuta cambiare in situazioni di emergenza…
Vittoria fece un movimento fluido, poggiando prima la bambina sul sedile posteriore e raggiungendola poi contorcendosi tra i due sedili anteriori.
Langdon, stanco, affamato e al momento anche disgustato dall'odore, continuò a camminare.
- Tutto bene la dietro? - Chiese, guardando dallo specchietto retrovisore.
- Preparati a dei giorni pieni di questa roba - La faccia della ragazza pareva più che disgustata.
- Se l'avessi saputo prima… magari a quest'ora sarei tranquillo a casa! - Scherzò. Lei gli diede un colpo alla spalla.
- Se io l'avessi saputo prima, invece, avrei preso la pillola caro mio…
- Come sei permalosa…
Finalmente riuscirono a percorrere le grandi strade senza fermarsi più di un minuto ogni volta, trovando tutti i semafori verdi e poca coda agli incroci. Pian piano, uscirono dal centro, diretti verso la periferia.
Quando Vittoria riuscì infine a infilarle il pannolino pulito, Lea emanò un gridolino gioioso.
- Ecco… finito…
- Menomale. Abbassa i finestrini!
- Dai, povera Lea… potresti ferire i suoi sentimenti! - Vittoria, sorridendo, si appoggiò allo schienale del sedile guidatore.
- Dovremmo essere arrivati.
- Infatti rallenta… ecco, gira qui! - Gli indicò una strada costeggiata da grandi alberi, riconoscendo il nome del residence stampato su un cartello di media grandezza. Accanto al cancello verde c'era una guardiola e, dopo aver passato la piccola a Langdon, scese dall'auto, scambiando qualche parola con l'uomo all'interno. Le diede le chiavi e il telecomando con cui aprì il cancello.
- Che dici Lea, papà ti fa guidare la macchina? Non è mai presto per imparare… - Tenendola per la vita, premette nuovamente l'acceleratore, entrando nel piccolo parcheggio e infilando poi l'automobile alla perfezione tra due strisce bianche.
- Accidenti che pilota! - Tirò il freno a mano, aprì la portiera e, slacciatosi la cintura, scese, trovandosi davanti a Vittoria.
- Cos'è? Vuoi che uno di questi giorni mi rubi le chiavi e scappi col fidanzato? - Gli chiese, divertita.
- Non prima dei trent'anni… qual'è la casa?
Lei gli indicò l'appartamento al pianterreno proprio di fronte alla macchina. C'erano bei fiori piantati accanto alla porta e, dall'esterno, sembrava un'abitazione rustica. Tuttavia, quando entrarono, si trovarono di fronte al più moderno degli appartamenti, provvisto di tutti gli elettrodomestici più all'avanguardia.
- Wow! - Esclamò, vedendo finalmente una casa completamente pulita e in ordine, cosa a cui lei non era più abituata - Credo che sia meglio che mi goda questo bel vedere prima che questo terremoto inizi ad esplorare la zona.
- Ne parli come se fosse una teppista… - Langdon baciò la piccola e la mise a terra. Non fece in tempo ad alzare gli occhi che già la vide dirigersi, gattonando, verso il tavolino nero laccato sotto il televisore al plasma, con l'intento di appropriarsi del telecomando.
- Forse è meglio scaricare i bagagli, così posso trovare qualcuno dei suoi giocattoli, prima che riempia di saliva tutto quanto…
Tornarono fuori, recuperando le valigie e quant'altro, ma al loro rientro Lea era sparita.
- Lea? -  Vittoria pareva abituata a doverla cercare, ma quando la casa non era sua e non la conosceva era abbastanza inquietante.
- E' qui… - Langdon la trovò in camera da letto, intenta a recuperare sotto uno dei comodini la presa della lampada.
- Te lo dicevo che è una peste. Tu non mi credi… - Li raggiunse e si chinò, porgendole un pagliaccio di stoffa - questo è più bello tesoro, prendilo…
Lea abbandonò la presa della corrente e afferrò il suo giocattolo, iniziando subito a mordergli un piede.
Vittoria si rimise in piedi e finalmente riuscì a guardarlo, con tranquillità.
- Allora? Sei ancora convinto che passare dieci giorni con noi sarà rilassante? - Gli cinse il collo con le braccia.
- Sicuro. Perché non dovrebbe?
- Perchè ci saranno almeno sei pannolini da cambiare giorno e notte, biberon, pappe, pianti e urla…
- Senti chi parla… tu non hai esigenze?
Nei suoi occhi apparve una luce maliziosa.
- Le mie non possono essere soddisfatte con lei in giro.
- Sempre la solita. Non parlavo di quello…
- Beh. Il divano sarebbe un posto comodo per dormire, sai? - Fece per sciogliere l'abbraccio ma lui glielo impedì.
- Solo se ci dormi anche tu!






  
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