Nota
d’inizio: non posso non scusarmi per l’enorme
ritardo con cui pubblico questo capitolo. Purtroppo, come ho accennato
a chi mi ha chiesto novità negli scorsi mesi, sono stata
parecchio incasinata con gli esami, iniziandoli a maggio e finendo per
trascinarmene due a settembre, e durante le vacanze estive non ho
sempre avuto il pc a disposizione; senza contare che, anche stavolta,
più che una semplice correzione del capitolo si è
trattato di una ristesura completa. Ora che ho terminato gli esami ho
ritrovato il giusto tempo da dedicare alla storia e,
contemporaneamente, ho “partorito” una nuova
versione che mi soddisfa abbastanza; spero possiate perdonarmi e avere
pazienza, anche se ormai mancano pochi capitoli alla conclusione di
questa fic e, quindi, mi auguro davvero di riuscire ad ultimarla prima
della prossima sessione XD
Fine delle noiose
comunicazioni di servizio, vi lascio al capitolo.
Buona lettura.
Capitolo
17 – L’Ordine della Fenice
Mentre
si ride si pensa che c'è sempre tempo per la
serietà.
(Franz Kafka, Diari)
13
marzo 1978
Ci sono state delle
volte – diverse volte, in realtà, più
di quanto la maggior parte della gente sarebbe pronta a scommettere
– in cui mi sono reso conto che il mio infrangere le regole
si stava spingendo un po’ troppo oltre quanto fosse
mediamente consentito. Anche quando ero soltanto un bambinetto smilzo e
chiassoso che si divertiva a sperimentare, ogni volta, quante nuove
rughe riuscivano a comparire sulla fronte e ai lati della bocca della
professoressa McGranitt prima che esplodesse pronunciando le fatidiche
parole: “Signor
Potter, punizione!”.
Se ogni giorno facevo
casino per un minuto in più, il numero di rughe che
compariva prima dell’esplosione diminuiva. Se invece per un
paio di lezioni facevo finta di essere diventato improvvisamente buono
e tranquillo, la volta successiva ottenevo quasi di tirarla per le
lunghe fino al suono della campana. Ma non riuscivo quasi mai a farla
franca. Perché l’adorata Minerva era capace di
rincorrermi fino in capo al mondo, se necessario. Il numero di
punizioni scontate per lei nei miei sette anni di carriera a Hogwarts
era sostanzialmente infinito, anche se negli ultimi due le avevo dato
parecchia tregua. Ora che ci penso, in teoria, la cara e dolce Minerva
avrebbe dovuto abbracciarmi come un figlio e ringraziarmi
perché, finalmente, mi ero deciso a darmi una calmata e a
smetterla di tirare la corda contando le sue rughe.
Insomma, tutta questa
pappardella per spiegare che in teoria anch’io, James Potter
Malandrino di professione, so quando è il momento di
fermarmi.
Solo che, alla fine,
le circostanze non mi aiutano mai a concretizzare questa teoria.
È per questo che finisco nei guai, non perché io
sia così incosciente ed irresponsabile.
Qualche volta si
tratta di Sirius, al quale non so mai dire di no.
Quando poi,
finalmente, riusciamo a tirare in mezzo Remus, la voglia di non
fermarsi raddoppia.
Senza contare che
Peter ci incoraggia sempre, con il massimo dell’entusiasmo, e
diventa davvero difficile deluderlo.
Ok, questa volta non
c’era di mezzo nessuno di loro. Ho fatto tutto da solo.
In realtà
non è proprio vero: la parte divertente, in questo ennesimo
guaio in cui mi sono cacciato, è che Lily è
colpevole almeno quanto me. Perciò, per una volta, non
rischio di essere trucidato in Sala Grande o decapitato nel sonno o
centrato da una raffica di Bolidi liberati abusivamente
mentre mi alleno nel campo di Quidditch.
Questo, devo
ammetterlo, mi fa quasi venire voglia di ghignarmela immensamente.
Però poi
ripenso alle rughe della McGranitt e al fatto che, con quelle rughe ben
accentuate sul viso, ieri notte ci ha detto che verremo convocati da
Silente.
A me sembra davvero
molto, molto esagerato, che diamine.
Era più che
sufficiente una semplice punizione, come le innumerevoli che
già mi ha affibbiato nel corso degli anni. È
vero, forse se n’è dovuta inventare talmente tante
che ormai ha perso la fantasia. Però scomodare addirittura
Silente …
… e va
bene, lo sapevo che prima o poi questo momento sarebbe arrivato. Quello
in cui il nostro amabile Preside, di fronte alla nuda e cruda
realtà, dovrà rendersi conto di aver commesso un
terribile errore e, di conseguenza, per quanto gli dolga, sospendermi
dall’incarico di Caposcuola. Anzi, forse addirittura
sostituirmi. Sostituirmi con Snivellus, perché no. Questo
sì che mi farebbe desiderare istantaneamente la morte.
Però
suvvia, non è che io abbia combinato dei disastri clamorosi
in questi sei mesi d’incarico.
Sono sempre stato
super-mega-gentile con gli studentelli del primo anno –
sì, anche con i Serpeverde. Lily può
testimoniarlo. Non ho reagito neppure quando quelli del nostro anno me
ne hanno aizzati contro un paio durante un gruppo di ripasso prima
delle verifiche trimestrali (questo, ovvero obbligarmi a tenere delle
lezioni di ripasso di Trasfigurazione e Incantesimi a dei piccoli
odiosi Serpeverde, è stato uno degli ultimi colpi di genio
della McGranitt, prima che evidentemente la sua fantasia si esaurisse).
Ho sempre scortato con garbo le scolaresche fino ai confini di
Hogsmeade senza lanciarmi in avanti correndo come un ossesso per
arrivare primo da Mielandia. Ho portato comunicazioni
dall’uno all’altro professore, anche se
Kettlebourne ogni tanto si spaventa ancora nel vedermi comparire nel
suo ufficio. Non ho smesso di pattugliare regolarmente i corridoi
neppure adesso che sto ancora scontando l’odiosa, ingiusta e
meschina punizione di Slughorn, riuscendo comunque a mantenere alta la
mia media scolastica. Insomma, finora sono stato un dio Caposcuola.
Godric Grifondoro sarebbe stato fiero di me, eccome.
Nonostante
ciò, sono stato così sfortunato da essere beccato
in giro di notte oltre l’orario consentito in compagnia della
mia ragazza.
Già,
perché purtroppo non abbiamo il permesso di restare fuori
dai dormitori tutta la notte. Le dieci erano passate da un pezzo quando
è successo tutto il trambusto. Il motivo per cui ci siamo per così dire
trattenuti, posso assicurarlo, non è colpa mia: è
che Lily, ultimamente, con l’arrivo della primavera sta
diventando assatanata. Giuro, non scherzo. E quindi cosa dovrebbe fare
un povero diavolo come me, sobbarcato tutto il giorno di lezioni,
allenamenti, punizioni e compiti, che per giunta la notte è
costretto a rientrare in un dormitorio abitato da altri tre maschi
russanti (e di conseguenza totalmente privo di privacy)?
Certo, non le ho detto
di no. Anche se avevo guardato l’orologio e avevo visto che
era tardi. Va bene tutto, ma non sono mica scemo. E non ho nemmeno
l’autorità sufficiente a tenere fuori Sirius,
Remus e Peter dalla nostra stanza durante il giorno. Sempre se avessi
molto tempo per queste cose, durante il giorno.
Posso comunque
assicurare che avevamo pattugliato tutti i corridoi e i piani di nostra
competenza. Solo che, mentre ci accingevamo a tornare in dormitorio, ci
siamo ritrovati a passare (grazie ad una scala che non ne voleva sapere
di farci salire) nei pressi della Sala Grande. E lì
è finalmente accaduta una cosa che in sei mesi non si era
mai degnata di succedere: sono dovuto intervenire durante una ronda
serale.
Anche se in teoria si
era già conclusa da un pezzo, ma questi sono dettagli
irrilevanti.
Insomma, quello che
è successo è che, passando di lì,
abbiamo sentito delle grida, e come dei pugni che battevano sul
massiccio portone d’ingresso. Lily si è bloccata
con un’espressione piuttosto terrorizzata e io,
all’inizio, ho tentato di sdrammatizzare dicendole che,
probabilmente, si trattava soltanto del Barone Sanguinario.
Ma i colpi non
cessavano, le grida neppure, perciò cominciai a pensare che
forse c’era qualche problema serio.
“Dobbiamo
andare a vedere”, ho detto a Lily. Lei ha annuito e sfoderato
la bacchetta, e io ho fatto lo stesso, dopo aver creduto per un attimo
di averla persa – in realtà ce l’avevo
nella tasca sbagliata. Ho messo via il Mantello
dell’Invisibilità, dopodiché ci siamo
avviati verso l’ingresso. Man mano che ci avvicinavamo,
scendendo le scale di marmo dell’enorme atrio, ci rendevamo
conto che le grida e i colpi dovevano provenire per forza da fuori.
Qualcuno voleva entrare nel castello, disperatamente.
E chissà
chi diamine poteva mai essere, a quell’ora di notte.
A un certo punto,
però, la voce ha urlato “APRITE!”, e a
me è parso proprio che fosse quella di Hagrid. Ho dato una
gomitata a Lily e l’ho messa a parte del mio sospetto,
evitando di soffermarmi sulla sua occhiata fulminante.
“Può
darsi che tu abbia ragione, ma potrebbe essere una trappola”,
mi ha risposto lei, in un sussurro.
“Lo so, ma
Hogwarts dovrebbe essere ben protetta …”
“Non
possiamo dirlo con sicurezza”.
“…
inoltre, secondo te, quale persona con intenti poco amichevoli
è così idiota da venire a bussare direttamente
alla porta?”
“Dobbiamo
fare in modo che si faccia riconoscere, potrebbe benissimo aver preso
le sembianze di Hagrid per ingannarci”.
“Certamente.
Qualche idea su come fare?”
Lily non ha risposto.
I miei tentativi di rassicurare sia lei che me stesso non erano andati
molto bene. Ci siamo avvicinati ancora di più, mentre il
portone veniva scosso da colpi sempre più forti.
Quell’idiota di Gazza, dove si era cacciato in un momento
come questo? Non che potesse rivelarsi utile in qualche maniera, ma
chissà perché, invece, quando ero io quello che
faceva casino in giro per il castello lui finiva sempre per capitare
dalle mie parti …
“APRITE!”
“Oh,
accidenti, Lily, sembra nei guai, dobbiamo farlo!”
“E va bene,
James, va bene! Ma tieni la bacchetta alzata, prima che questa si
riveli l’idea peggiore che tu abbia mai avuto”.
Ovviamente non si
trattava di un inganno. Era veramente Hagrid: siamo rimasti immobili
per dieci secondi con le bacchette puntate, ma lui non ha fatto
assolutamente niente di pericoloso. Si è limitato a
guardarci con espressione disperata, chiedendo che lo portassimo da
Silente.
Ho notato subito che
trasportava una persona a forza di braccia: era una donna con uno
scialle verde, in stato di incoscienza.
“Che
è successo?” gli ho chiesto, incerto, mentre
avanzavamo nella direzione dell’ufficio di Silente.
“Mi spiace,
James, non posso dirvi niente”.
“Ma come?
Quella donna è ferita? Sta bene?”
“Non lo so,
è per questo che ho bisogno di Silente. Eravamo di
pattuglia, stanotte, io e lei e Dedalus, e poi siamo stati attaccati,
Emmeline ha perso i sensi e non ho idea di che tipo di incantesimo
l’abbia colpita … sapete, io … sono
stato espulso e certe cose … certe cose non le ho mai
imparate …”
Gli occhi di Hagrid
avevano iniziato ad inumidirsi di lacrime. Lily, a fianco a me, non
diceva una parola.
“Non volevo
che morisse solo perché io non sapevo cosa fare, lo capite,
vero? È per questo che sono scappato, non perché
avessi paura dei Mangiamorte. Ma quando sono arrivato davanti al
portone di Hogwarts mi sono ricordato di aver perso le chiavi qualche
giorno fa, per questo mi sono messo ad urlare …
scu-scusate”.
A dispetto del fatto
che avesse affermato di non poterci dire niente, Hagrid ci aveva appena
raccontato tra le lacrime quasi tutto ciò che era successo.
Quando eravamo quasi arrivati da Silente, tuttavia, abbiamo incontrato
la McGranitt. È stata lei a prendersi carico di Hagrid, ma
prima di allontanarsi con lui ci ha rispediti immediatamente a letto e
ha detto che domani ci avrebbe portati dal Preside.
Lily ha continuato ad
essere taciturna durante tutto il tragitto di ritorno fino alla Torre
di Grifondoro e non sono riuscito a renderla granché
partecipe della discussione – o meglio, del monologo
– su quale diamine fosse questa segreta occupazione di Hagrid
e sul perché si fosse trovato in una situazione del genere.
Probabilmente, era preoccupata di vedersi revocare il distintivo di
Caposcuola almeno tanto quanto me.
*
Il giorno dopo, mentre
usciamo dalla lezione di Erbologia, Lily aspetta un po’ prima
di farmi notare quanto sono stato eccezionalmente silenzioso durante
tutta la prima ora della mattinata. Mi sono accorto che lei, dopo
averci dormito su, sembra aver preso abbastanza con filosofia la
convocazione di stasera nell’ufficio del Preside, non essendo
incline all’impazienza come il sottoscritto; tuttavia, per me
la faccenda è un pochino diversa. L’ultima volta
che mi sono trovato faccia a faccia con Silente, lui mi ha praticamente
riassunto la mia vita senza in realtà avervi mai preso parte
in chissà che maniera.
“Lily”.
“Uh?”
“Non ti
è mai capitato di essere convocata da Silente da
sola?”
“In
effetti, ora che ci penso, no”.
“E la cosa
non ti spaventa neanche un po’?”
“Non riesco
a capire dove vuoi arrivare. Mi stai dicendo che dovrei avere
paura?”
Mi stringo nelle
spalle, lievemente contrariato.
“Io ne
ho”.
Ride. Lo sapevo, che
l’avrei fatta ridere. Mi si avvicina e mi prende
sottobraccio, accarezzandomi una guancia con il dorso della mano.
“Povero
piccolo. Non ti devi preoccupare, lo stregone cattivo non ti
farà del male. Ci penserà la mamma a proteggerti
…”
“Oh, come
sei rassicurante. Non potresti mai sperare di trarre in inganno tuo
figlio con questo tono così apertamente
sarcastico”, borbotto, scuotendo la testa. Nonostante si
tratti di una palese presa in giro nei miei confronti, non riesco a
fare a meno di emozionarmi ancora per qualche stupida carezza.
Sì, sono pazzamente innamorato, va bene? Non vedo
perché io debba sentirmi così ridicolo. La gente
cade dalle scale, si ustiona la lingua con il the bollente, riceve un
predicozzo dalla Vector durante una lezione noiosa, si perde a
Hogsmeade quando ci mette piede per la prima volta e si innamora anche
… non è mica così anormale, la mia
vita.
“Scherzi a
parte, perché hai paura di Silente?” mi chiede
Lily, ritornando immediatamente seria e fissandomi con la
curiosità nello sguardo. Io cerco di tergiversare,
bofonchiando qualche scusa e facendo smorfie incerte.
Ma lei non demorde.
“Dai,
dimmelo. Non ti prendo in giro”.
Le riserbo
un’occhiata scettica. Crede davvero che abbocchi
così facilmente?
“Davvero.
Promesso”.
“Aspetta a
promettere. Devo assicurarmi che non incroci le dita”.
“I cinque
anni li ho passati da un pezzo, James”.
“E va bene.
Ma se sento anche solo un accenno di risata, avrai il piacere di farti
un altro bagno insieme al sottoscritto”.
La osservo
trasformarsi in una maschera di rossore e mi metto a gongolare
silenziosamente. Evans zero, Potter uno.
“In fondo
non dovrebbe dispiacerti, l’altra volta ci siamo
divertiti”.
“L’altra
volta mi hai tolto i vestiti di dosso contro la mia
volontà!”
Due ragazze di
Tassorosso del quarto anno ci passano di fianco guardandoci di
sottecchi, nel tentativo di reprimere una risata maliziosa.
“Ben fatto,
cara. Ora tutta la scuola penserà che sono uno stupratore
provetto”.
“Che dovevo
fare, inventarmi su due piedi una versione edulcorata della
faccenda?”
“Ma hai
rovinato la mia, di reputazione! Crederanno sicuramente che tu sia
stata in grado di difenderti. Fidati, nessuno scoprirà mai
che in realtà alla fine hai capitolato e sei scivolata in
quella vasca di tua spontanea volontà …”
Non facciamo nemmeno
in tempo a girare l’angolo che ci troviamo davanti un gruppo
di ragazzi di Grifondoro del quinto anno, che cominciano a fischiare al
nostro passaggio.
Mentre continuo a
camminare, mi volto verso Lily. Sembra quasi non respiri, nello sforzo
di trattenere la rabbia.
“Ti conviene
stare molto attento alla prossima cosa che dirai, perché ho
la bacchetta a portata di mano e non ho paura di usarla”,
sibila, minacciosa. Io ridacchio, divertito.
“Grazie per
avermi avvisato”.
“Non
c’è di che!”
Imperturbabile, mi
avvicino e le metto un braccio intorno alle spalle.
“Non vuoi
sapere di Silente?”
“Oh, e va
bene, va bene”.
Sogghigno sotto i
baffi, soddisfatto. Evans zero, Potter due. Oggi è proprio
la mia giornata.
Tuttavia, adesso viene
la parte peggiore.
Ma James Potter
è coraggioso. James Potter è l’orgoglio
di Grifondoro. James Potter non ha paura del Preside.
“Uhm, ti
ricordi di quando ti è arrivato il distintivo di
Caposcuola?”
Lily annuisce.
“Come hai
reagito?”
La osservo chinare la
testa, facendo vagare lo sguardo sul pavimento in un attimo di
incertezza.
“Beh, ho
semplicemente tentato di nasconderlo alla mia famiglia,
perché volevo evitare altre manifestazioni di gioia che
avrebbero finito per farmi guadagnare di nuovo il disprezzo di mia
sorella. Non volevo seccature, mettiamola così”.
Rimango a fissarla in
silenzio, rendendomi conto che non mi aspettavo di certo una risposta
del genere. Avevo già intuito varie volte che i suoi
rapporti con la sorella non erano dei migliori, ma non avevo
esattamente idea di che cosa ci fosse che non andava. Pensavo si
trattasse di semplice antipatia familiare.
“Che
aspetti? Va’ avanti”, mi riprende lei un attimo
dopo, risvegliandomi di colpo dai miei pensieri. La mia innata sagacia
mi permette di comprendere che non ne vuole parlare, perciò
mi schiarisco la gola e ritorno al discorso iniziale.
“Bene, ecco,
la mia reazione è stata di pensare che Silente fosse
diventato pazzo. Gli ho scritto per chiedere chiarimenti e lui si
è presentato a casa mia, abbiamo parlato e … a
parte il fatto che è veramente
pazzo, mi ha detto delle cose di me, che non ho mai capito da che cosa
abbia potuto dedurre …”
Lily inarca lievemente
un sopracciglio.
“Che Silente
sia un Legilimens molto abile non è certo un
mistero”.
“Sì,
ma se mi ha già esaminato i pensieri una volta niente gli
impedisce di farlo di nuovo, e se lo fa, addio al nostro piccolo
segreto”.
“Vuoi dire
Remus?”
“Aha”.
“Quindi
vorresti metterti a studiare Occlumanzia in vista della convocazione di
stasera?”
“No, no
… sono solo un po’ nervoso”.
Mi infilo le mani in
tasca, rallentando il passo. Lily mi getta un’occhiata di
sbieco.
“Cosa ti ha
detto Silente di così terribilmente scioccante?”
“Beh, ecco,
niente di che … mi ha detto che ho scarsa stima di me
stesso, che sono maturato in questi anni, e poi qualcosa a proposito
della necessità di gettare la mia vecchia
maschera”.
Lily assume
un’espressione intenerita. Io mi sento terribilmente in
imbarazzo. Non mi piace pensare a com’ero e a come mi
comportavo prima di arrivare a capire che in quel modo ottenevo
soltanto di farmi detestare da lei, e soprattutto non mi piace
ricordarglielo. Probabilmente avrà anche fatto fatica a
sopportare tutte le volte in cui le sue amiche saranno andate a
chiederle cose del tipo “Ma
stai davvero con quell’idiota di James Potter? Ma mica lo
odiavi?”. Insomma, sono a disagio. Profondamente
a disagio.
“Chissà
che faccia devi aver fatto, povero piccolo”, mi dice lei,
accarezzandomi la nuca. Io stringo le labbra. I suoi istinti materni
oggi sembrano essere particolarmente acuti.
“Dev’essere
stato traumatizzante sentirsi dire la pura e semplice
verità, in effetti”.
“Non puoi
capire. Tu magari te l’aspettavi, io non me l’ero
nemmeno mai sognato di diventare Caposcuola. Mi sarei stupito di meno
se mi avessero detto che Vitious è cresciuto di trenta
centimetri”, bofonchio, indispettito. Lei mi sorride,
tenendomi la mano.
“Beh, mi
pare che finora tu non ti sia rivelato proprio un completo disastro.
Perciò smettila di essere così pessimista, muovi
le gambe e andiamo in classe”.
E va bene, va bene.
Evans uno, Potter due. Ma quello in vantaggio, per il momento, sono
sempre io.
*
Ultimamente mi succede
spesso di trascorrere una quantità considerevole del mio
tempo insieme a James, Sirius, Peter e Remus. Non saprei dire con
esattezza come ho fatto ad entrare nel giro, ma probabilmente
è stato merito di James: se lui non avesse deciso di darmi
fiducia agli occhi di tutti loro mettendomi a parte dei loro segreti,
non credo che mi avrebbero mai accolta in maniera assoluta
all’interno della cerchia più esclusiva di tutta
Hogwarts. L’alone di mistero che li ha sempre circondati ha
inevitabilmente interessato anche me, ogni tanto; era impossibile non
domandarsi mai per quale motivo, a un certo punto, avessero iniziato a
chiamarsi con degli strani soprannomi, o perché trovassero
così interessante andare sempre in giro per la scuola. Ora
che so tutto, inevitabilmente, non posso più considerarmi
una Caposcuola ligia al dovere. O forse, addirittura, dovrei iniziare a definirmi – come
dice James – il
quinto Malandrino.
Merlino, chi
l’avrebbe mai detto che sarei finita in una situazione del
genere.
In ogni caso, questo
nuovo cambiamento è piacevole: tutti e quattro messi insieme
sono spassosi e non cessano di esserlo neppure a fine giornata. Sono
terribilmente diversi l’uno dall’altro, eppure
condividono gli stessi ideali: è proprio per questo che io e
James non abbiamo avuto un attimo di esitazione nel correre da Sirius,
Remus e Peter per metterli al corrente di quanto Silente ci ha rivelato
durante il colloquio.
“Siete sicuri
di potercene parlare?” domanda Remus, con aria lievemente
incerta. Io faccio un gesto con la mano per tranquillizzarlo.
“Puoi contarci, ci ha
detto lui di discuterne con chi avessimo ritenuto degno di assoluta
fiducia”.
Lui annuisce,
dopodiché restiamo in silenzio per qualche secondo, seduti
sopra i letti del dormitorio maschile del settimo anno. La confusione
regna sovrana: cuscini sulle scrivanie, libri gettati dentro i
calderoni di Pozioni, pacchetti di caramelle di Mielandia sopra pile di
calzini piegati, figurine delle Cioccorane appiccicate sulle testate
dei letti, il manico di scopa di James infilato nel portaombrelli e
agghindato con un cappello e una sciarpa di lana. Sospiro tra me,
rassegnata; in fin dei conti, non c’era un altro luogo
privato dove svolgere quella conversazione senza infrangere il
coprifuoco serale.
“Beh, dai,
non teneteci sulle spine”, ci esorta Sirius. “Siete
riusciti a capire cosa sia successo esattamente ieri notte?”
“Sì,
diciamo di sì”, gli rispondo io. “La
donna che Hagrid ha portato al castello si chiama Emmeline Vance ed
è una persona che Silente conosce molto bene. È
stata ferita durante uno scontro, ma Silente e la McGranitt
l’hanno soccorsa in tempo. Ora si trova al San Mungo e
dovrebbe essere fuori pericolo”.
“E
perché Hagrid diceva che non poteva raccontarvi niente, se
Silente invece l’ha fatto?” domanda Peter, curioso.
“È
una storia piuttosto lunga”, gli rispondo. “Spieghi
tu, James?” lo invito, allungandogli un buffetto sul braccio.
Ci scambiamo un’occhiata d’intesa,
dopodiché lui inizia il suo discorso, calandosi in pieno
nella sua nuova parte: quella della persona seria.
“Insomma,
ragazzi … Silente ci ha raccontato un po’ di cose,
cose terribili, a dire la verità. Dice che tutte quelle
sparizioni misteriose, di cui parla il Profeta, sono persone che
vengono messe fuori gioco da un solo mago, quello che chiamano
Colui-che-non-deve-essere-nominato”.
“Nessuno
conosce il suo vero nome?” domanda Peter.
“Voldemort.
Si fa chiamare così”, risponde Sirius, attirando
tutti gli sguardi su di sé. Lui si stringe nelle spalle,
ostentando noncuranza.
“Non
stupitevi se vi dico che la mia famiglia lo sostiene da sempre. Sperano
che dia una bella ripulita al mondo magico, cacciando dalla
comunità tutti i figli di Babbani”.
“Allora
è per questo che tuo fratello sta con quella
gente?”
“Probabile,
anche se principalmente credo che lo faccia perché
è un povero scemo bisognoso di sentirsi qualcuno. Ma, ehi,
qui stiamo uscendo fuori tema. Dicevi, James?”
Lo osservo prendere
fiato, per l’ennesima volta.
“Insomma,
Silente ha detto che Voldemort …”
“Non
chiamarlo così, James, mette i brividi”, implora
Peter, con aria preoccupata.
“Andiamo,
Wormtail, se lo nomini non si Materializzerà di certo
davanti a te!” sbotta Sirius, sarcastico. Peter assume
un’aria contrita.
“Ci
sarà un motivo se nessuno lo chiama per nome
…”
“Non fa
niente, non è questo il punto”, riprende James.
“Il fatto è che la situazione è molto
più grave di quello che scrivono sui giornali.
Voi-sapete-chi non ha solo intenzione di conquistare il mondo magico:
ha anche intenzione di distruggere ogni contaminazione esistente fra i
maghi e i Babbani. Un sacco di sparizioni e omicidi di Babbani sono
collegate a lui, anche se i nostri giornali non ne parlano. Inoltre,
sta arruolando seguaci ovunque. Vuole avere dalla sua parte i Giganti,
i Dissennatori, i Vampiri e perfino gli studenti di Hogwarts
– quelli che secondo lui ne sono meritevoli,
ovviamente”.
“E vogliamo
provare ad indovinare quali siano questi studenti?” domanda
Sirius, retorico.
“Intendi
quelli di Serpeverde?” risponde Peter. “Sarebbe per
questo che hanno sempre quell’aria cospiratoria e che si
fanno chiamare ‘gli aspiranti’, perché
vogliono unirsi a Voi-sapete-chi?”
“Esatto.
Aspiranti Mangiamorte. È così che si definiscono
i seguaci di Voldemort – ehm, sì, scusa, Pete.
Comunque, Silente ha detto che i Mangiamorte non sono così
pochi come si legge sui giornali. Un sacco di persone nel mondo magico
stanno iniziando ad unirsi a Voi-sapete-chi, perché pensano
che le sue idee siano giuste”.
“Prongs, noi
potremmo fare dei nomi a Silente senza pensarci due volte”.
“Gliel’ho
detto anch’io, ma ha ragione lui … non si
può agire preventivamente contro qualcuno. In fondo, noi non
abbiamo prove. Sappiamo che usano le Arti Oscure, ma non assisteremo
certo alla loro iniziazione”.
Non posso fare a meno
di pensare che Severus sia uno di loro, e a quest’idea mi si
stringe il cuore. Non so davvero come ho fatto a non rendermene conto
fin dall’inizio, come ho potuto essere così cieca
ed ingenua.
“Ad ogni
modo, la donna che ieri sera è stata portata al castello da
Hagrid è rimasta ferita in uno scontro con i Mangiamorte.
Silente ci ha raccontato tutto perché ormai avevamo visto e
sentito ogni cosa, ma poi il discorso è andato avanti. Ed
è ora che inizia la parte più
interessante”.
Il silenzio che
è calato nella stanza è oltremodo innaturale. In
tutte le mie visite al dormitorio maschile non ho mai sentito una tale
calma, neppure nei momenti in cui abbiamo deciso di dedicarci allo
studio. Hanno tutti assunto la stessa espressione concentrata.
“Silente ci
ha spiegato che Emmeline Vance è rimasta ferita non
perché sia capitata per caso sulla strada dei Mangiamorte,
ma perché ha scelto di far parte di
un’organizzazione che cerca di combattere
Voldemort”.
Mi soffermo ad
osservare James, rendendomi conto che quasi non sembra lui. Non
c’è più alcuna traccia, sul suo volto e
nel suo tono di voce, della sua abituale ironia fanciullesca. Mi sembra
quasi di avere accanto un’altra persona, più
adulta, più matura.
“Che genere
di organizzazione?” domanda Remus.
“Niente di
ufficiale. Non dipendono dal Ministero. Silente ha radunato intorno a
sé gente di cui sapeva di potersi fidare, persone che non
avevano dubbi riguardo alla parte da cui stare. L’ha chiamato
l’Ordine della Fenice”.
“E cosa fanno
di preciso?” chiede Peter.
“Beh, un
sacco di cose”, risponde James. “Si infiltrano fra
i Mangiamorte, fanno in modo di prevedere i loro piani. Proteggono chi
si trova in pericolo. Cercano di evitare che la gente passi dalla parte
di Voldemort. Si impegnano per togliergli ogni arma possibile,
insomma”.
Sirius,
improvvisamente, solleva un angolo della bocca in un sorriso sghembo,
guardando James negli occhi.
“Credo di
aver capito dove vuoi arrivare”, gli dice, e James in tutta
risposta esibisce un sorriso molto simile, quasi speculare.
È incredibile il modo in cui questi due si riescono ad
intendere all’istante.
“Insomma,
qualcuno vuole spiegare anche a noi?” chiede Peter,
impaziente.
“Abbiamo
chiesto a Silente di entrarci”, gli spiego io. Lui sgrana gli
occhi, sorpreso.
“Cosa
… perché?”
“Beh,
perché sarebbe sicuramente meglio che stare a
guardare”, risponde James, semplificando in maniera efficace il
moto impulsivo che ci ha spinti, dopo esserci scambiati
un’occhiata, a non trattenerci dal fare quella proposta al
Preside.
“Ma
sarà pericoloso”, obietta Peter.
“Sarà
pericoloso in ogni caso, una volta che saremo usciti da Hogwarts. Chi
non è con lui è contro di lui, e non credo
proprio che nessuno di noi intenda stare dalla sua parte”.
“Questo
è assolutamente fuori discussione”, commenta
Remus, dando verosimilmente voce ai pensieri di tutti, nonostante
nessuno di noi, probabilmente, avesse mai pensato ad attuare una
prospettiva del genere una volta fuori da Hogwarts. Qui dentro siamo ci
sono mille cose di cui occuparsi che non riguardano il mondo esterno, e
noi siamo ancora gli studenti che beneficiano della protezione degli
adulti, anche se siamo ormai quasi tutti maggiorenni. Ma il giorno dopo
il diploma ci ritroveremo abbandonati a noi stessi, fuori da queste
mura, armati soltanto delle nostre bacchette e di ciò che
avremo imparato qui dentro.
“C’è
dell’altro, James?” chiede Remus, risvegliandomi
dai miei pensieri.
“Silente era
contento della nostra proposta, ma ha detto che dobbiamo pensarci bene.
L’importante è mantenere il segreto e avere
coscienza della responsabilità che comporta una scelta di
questo genere”.
“Quindi
potremo riparlarne una volta finiti gli esami”, osserva Remus.
“Sì,
penso sia meglio così”, rispondo io, poi torno a
guardare James negli occhi; fino a quel momento abbiamo parlato
entrambi, cercando di usare un tono consono ma non eccessivamente
allarmante, però ora ho bisogno di sentirmi rassicurata dal
suo sguardo, di leggervi calma e sicurezza. Dalla sua espressione mi
accorgo che lui sta cercando la stessa cosa in me, perciò
finiamo per rinfrancarci silenziosamente a vicenda, rendendoci conto
che abbiamo entrambi paura del futuro, di quel futuro.
Stringo forte le dita
intorno alle sue. È l’unica strada possibile:
nessuno di noi due accetterebbe mai di stare dall’altra parte.
Immagino che sia anche
per questo che lo amo.
“Comunque,
per quanto mi riguarda è già deciso”,
sentenzia Sirius, con solennità. “Combatteremo
insieme e poi probabilmente faremo una fine orrenda, ma non prima di
aver spaccato il culo ad un bel po’ di Mangiamorte”.
James scoppia a ridere
e l’attimo dopo lo imitano tutti quanti, rompendo
così la cappa di tensione che fino a quel momento gravava su
di loro. Forse è la reazione più giusta, per
quanto le parole di Sirius non avessero il sapore di una battuta: per
il momento siamo ancora a Hogwarts, possiamo concederci senza troppi
rimorsi gli ultimi mesi di spensieratezza.
Mi ritrovo ad
accarezzare il braccio di James con aria distratta, trovando conforto
nel suo sorriso di gratitudine per quel piccolo gesto.
Oh,
all that I know
There’s
nothing here to run from.
'Cos
yeah, everybody here's got somebody to lean on.
(Coldplay, Don’t
panic)
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