CAPITOLO 7
“Finale”
“Mi dispiace Atsushi ma io sono
un uomo d’onore e ho dato la mia parola che ti ucciderò!” minacciò furente
Shunsuke.
“Ora basta Shun! Atsushi si può
sapere dove sei stato per tutto questo tempo, non presentandoti nemmeno alla
partita?” domandò Hidetoshi, innervosito anche lui.
Il più giovane dei fratelli
Miura, che da più di mezz’ora non aveva avuto alcuna possibilità di proferire
parola, attese ancora qualche secondo, per constatare se tutti in casa
riuscivano a mantere il silenzio.
“Ero con Suzuka…”.
“Oh perfetto! Noi ci rompevamo il
culo in campo mentre la mezza sega stava scopando beatamente!”
“Stai zitto Shun! Perché eri con
Suzuka Atsushi?”.
“Perché tra poco lei si dovrà
trasferire con i suoi e allora per me era l’ultima occasione per starle vicino,
anche se non nel modo che qualche rozzo animale qui presente ha in mente…”
rispose l’interessato, lanciando infine una frecciatina verso il più grande dei
fratelli.
“Cosa? Suzuka se ne va?”
s’intromise Hiroshi “E dove andrà? Come mai a noi non ha detto nulla?”.
Al termine della serata,
finalmente Atsushi riuscì a spiegare la sua scelta ai suoi fratelli i quali,
alla fine, perdonarono il suo abbandono temporaneo della squadra.
Istituto Hattori
“Beh se le cose stanno così…”
iniziò a dichiarare la sua decisione il mister Takahashi, una volta ascoltata,
insieme a tutti i suoi ragazzi, la storia del suo centravanti “Comprendo
benissimo che voi dobbiate vivere appieno la vostra giovinezza…”.
Poi l’allenatore si zittì.
“E dunque?” chiese l’attaccante
interessato, con tutti i suoi compagni che trattenevano il respiro.
“Va bene puoi rientrare in
squadra! Ma in finale ti voglio vedere giocare da vero fuoriclasse, anche per la
partita che hai saltato!”.
“Ok mister!”esclamò il giovane,
tornato finalmente a sorridere.
“Che dire tappo…ti è andata anche
troppo bene!” ironizzò Shunsuke dando una poderosa pacca sulla spalla al suo
fratellino Atsushi.
”Ahi! Beh alla fine me ne
importava il giusto della sua decisione…” sentenziò il capellone, mentre si
massaggiava la spalla offesa.
“In effetti anch’io non ero certo
della decisione che avrebbe preso il mister…” rivelò il capitano, finalmente
rilassato.
“Finalmente in quest’ultima
partita potremmo di nuovo giocare tutti assieme!” suggerì il portiere
occhialuto.
Mentre proseguivano nei loro
discorsi, i quattro si apprestavano a rientrare nella scuola per recuperare le
loro cose e ritornare finalmente a casa.
“Scusate, voi siete i fratelli
Miura?”.
Questo quesito proveniente dalle
loro spalle sorprese tutti e quattro i ragazzi che si voltarono quasi
all’unisono. Davanti a loro avevano una donna di mezz’età con dei capelli
talmente rossi e talmente ricci da sembrare una parrucca, occhiali da vista con
le lenti a forma di rombo ed un neo sulla guancia sinistra.
“Si…e lei chi sarebbe?” chiese a
sua volta Hidetoshi.
“Ora che vuole questa qua…”
sospirò infastidito Atsushi
“Secondo me è la nuova bidella?”
ipotizzò Shunsuke.
“Ma perché? doveva arrivare una
nuova bidella?” domandò sorpreso Hiroshi.
“Ma quale nuova bidella! Sono la
nuova insegnante di giapponese di questo istituto. Mi chiamo Orie Munakata, 35
anni, e non appena giunta qui mi sono fatta stillare un elenco di tutti gli
studenti, classificati secondo la media degli ultimi voti riguardanti la mia
materia. Ed indovinate chi sono risultati agli ultimi posti della lista…”
concluse con un ghigno satanico dipinto sul volto.
“Ma com’è possibile Hiroshi! Te
che vai male ad una materia scolastica!” proruppe incredulo Hidetoshi.
“Beh sai ultimamente con
l’infortunio ed il calcio…” cercò una scusante l’interessato.
“E poi le lezioni del vecchio
professore erano troppo pallose…” informò la nuova arrivata Atsushi.
“A me il giapponese serve solo
per segnare il nome delle mie vittime! Forza andiamo ragazzi non perdiamo tempo
con questa vecchia…” concluse il più grande del quartetto, mentre abbrancava gli
altri tre ripartendo con la camminata.
“FERMI LÌ DOVE SIETE!”.
Anche lo stesso energumeno si
bloccò a quest’ordine urlato.
“Se non sbaglio voi quattro fate
parte del club di calcio giusto?”.
I quattro si voltarono senza dare
alcuna risposto.
“Molto bene! Dunque vi comunico
che, se non recupererete almeno la sufficienza nella mia materia, non potrete
disputare la finale di sabato!”.
Casa Miura
“Fanculo ci mancava solo quella
vecchia troia!” imprecò Shunsuke tirando un poderoso pugno verso la parete di
camera.
“Calmati Shun così farai venire
giù tutta la casa!” esclamò Hidetoshi che poi si voltò verso un altro suo
fratello “Senti Hiroshi, non potresti darci una mano, te che sei il più studioso
di noi quattro, a studiare in vista di questo test di recupero?”.
“Si…certo…posso provare…” rispose
titubante il ragazzo con gli occhiali.
“Io so chi ci potrebbe davvero
aiutare in questo caso…” intervenne Atsushi, sdraiato comodamente sul suo
letto.
“Chi?” domandò il capitano.
“Suzuka potrebbe aiutarci” rivelò
il più giovane del quartetto.
“Si certo così, mentre noi tre
studiamo, tu te la scopi!” ironizzò maligno il più grande del quartetto.
“Che cazzo dici stronzo!” urlò il
capellone tirandosi in un attimo su.
“Ok fermi tutti! Te, Atsushi,
chiama Suzuka a casa e te, Shunsuke, sarà meglio se t’impegni nello studiare
piuttosto che nel dire cazzate!”
Dopo pochi minuti, Ikeda giunse a
casa loro con tutto l’armamentario dell’occasione.
“Bene ragazzi! Atsushi-kun mi ha
spiegato tutta la situazione, dunque preparatevi per queste intensive giornate
di studio con la straordinaria Suzuka sensei!” esclamò la ragazza facendo
l’occhiolino, presentando inoltre sulla fronte una hachimaki con su scritto
“Ganbare Miura Brothers!”
Per qualche secondo, sull’intera
stanza cadde un silenzio raggelante.
“Io gente esco! Impegnatevi anche
per me allora!” salutò tutti Shunsuke mentre stava aprendo la porta di
camera.
Poi un colpo violentissimo si
schiantò contro il suo collo muscoloso. Il gigante, dove aver per un attimo
barcollato, si girò infuriato trovando davanti a sé la stessa Suzuka con in mano
un enorme ventaglio. Per un momento rimase basito esclamando “Ma che caz…”
“Per questi pochi giorni a nostra
disposizione dovrete impegnarvi tutti al massimo! Sono stata chiara?! Non
dimenticate che non lo fate soltanto per voi, ma lo fate soprattutto per la
vostra squadra!” sentenziò senza alcun diritto di replica la moretta.
I quattro dunque cominciarono ad
impegnarsi in quella che sembrava di certo la loro sfida più difficile. Furono
anche costretti ad indossare a loro volta delle fasce sulla fronte su cui vi era
scritto “benkyo”, ossia studio.
“Atsushi-kun stai di nuovo
dormendo!” e nuovamente l’implacabile ventaglio si abbatté sulla testa piena di
capelli del giovane.
“Ahia! Così mi fai male
Suzuka-chan!”
“Ma è possibile che più di 5
secondi non riesci a stare sveglio!”.
“Scusami Suzuka…io avrei finito…”
s’intromise timidamente Hiroshi.
“Oh bene Hiroshi-kun fammi
vedere...” e la novella istruttrice controllò il quaderno che gli era appena
stato consegnato “Oh mio dio Hiroshi-kun ma è tutto perfetto! Ma com’è possibile
che tu abbia avuto un’insufficienza?”.
“Beh più che altro ho sofferto la
stanchezza dovuta agli allenamenti…” spiegò il ragazzo, passandosi nervosamente
una mano dietro il capo.
“Meglio così allora, con uno ho
già risolto! E te Hidetoshi-kun come va?”.
L’interpellato non rispose
immediatamente alla domanda della ragazzo dato che era totalmente concentrato
sui compiti. Poi alzò il suo sguardo verso di lei “Io Suzuka-chan…” ed infine
scoppiò in un pianto a dirotto “Non ci capisco nulla! Ma è possibile che per
dare calci ad un pallone devo imparare tutte queste! Dovrò rinunciare alla mia
fascia di capitano, alla finale…ed anche alla mia stessa vita…”.
“Oh andiamo Hidetoshi-kun non
sarà poi così impossibile su…” cerco di rincuorarlo mentre gli si avvicinava per
controllare meglio.
Nell’occasione controllo anche
l’operato del fratello più grande, che aveva quasi da subito rinunciato
chiudendo addirittura il libro. I due si scrutarono a vicenda.
“Dopo ce n’è anche per te
Shunsuke-kun…” gli disse con uno sguardo omicida.
Il giovane robusto spalancò gli
occhi, tremando quasi dalla paura.
I giorni di studio intensivo,
nonostante tutto, passarono e giunse infine il giorno del test di recupero.
Per l’occasione i quattro
fratelli si riunirono tutti in un'unica classe.
“Bene signori Miura, sono felice
di vederti tutti e quattro presenti quest’oggi…” li accolse malignamente la
professoressa Munakata “Finalmente sapremo quanto tenete al vostro club, dato
che di certo non lo fate perché apprezzate la mia materia” concluse dando ad
ognuno di loro il foglio con su scritto le domande dell’esame.
“Bene…potete cominciare!”.
Il test aveva la durata massima
di tre ore. Tre ore che sembravano interminabili per la povera Suzuka Ikeda, che
li attendeva impaziente fuori dalla classe.
Finalmente, al termine del tempo
disponibile, i quattro uscirono dalla stanza ma nessuno volle rispondere alla
domanda della ragazza “Allora com’è andata?”.
Il giorno dopo non solo lei ma
anche l’intera squadra, compreso anche l’allenatore Takahashi, era in attesa del
responso da parte della stessa insegnante. Quest’ultima, circondata
letteralmente circondata da tutta questa gente, alcuni non certo con in mente le
migliori intenzioni del mondo, sospirò sconsolata e parlò “Ce l’hanno fatta
tutti e quattro, per questa volta…”.
Ed arrivò finalmente il giorno
della finale. Da una parte, con maglia e calzettoni azzurri e calzoncini
bianchi, l’Istituto Hattori, una delle scuole meno rinomate della capitale
Tokyo. Dall’altra, in completo granata, l’Istituto Akita, campioni in carica del
torneo provenienti da Kashima, nella prefettura di Ibaraki.
Le formazioni erano le
seguenti:
1 Hiroshi Miura
1 Tetsuya Maki
2 Kenichi Sakai
2 Yuki Asano
3 Yusuke Hasegawa
3 Isao Ohkubo
4 Jun Endo
4 Masahiro Takada
5 Shunsuke Miura
5 Akira Ono
6 Kenji Maeda
6 Satoshi Yoshida
7 Yohei Nishiwaki
7 Takuya Kobayashi
8 Ryota Akiba
8 Yasuhiro Yanagisawa
9 Atsushi Miura
9 Shinya Imai
10 Hidetoshi Miura
10 Hiroki Takahashi
11 Takuya Wada
11 Kenji Matsushita
I ragazzi di mister Takahashi
sapevano che avevano davanti la migliore squadra di tutta la nazione. Già dal
riscaldamento si notava del nervosismo tra loro. Nonostante che in questo match
era tornati ad avere tutti e quattro i fratelli Miura in campo. Chi temevano di
più era il loro numero 10, il fuoriclasse, Hiroki Takahashi. A completare le
difficoltà c’era il fatto anche che si trattava del figlio del loro allenatore,
con il quale però non sembrava esserci un buon rapporto. Il calcio d’inizio fu
affidato ai campioni.
Ad appena 5 minuti dall’inizio
l’Hattori era costretta tutta sulla difensiva a causa del pressing asfissiante
dell’Akita. Sakai si ritrovò il pallone sulla destra.
“Kenichi dammela qui!” gli ordinò
Hide, che gli andava incontro privo di marcature.
Il terzino gli passò la sfera, ma
in un attimo il trequartista degli azzurri fu anticipato dal suo collega
granata, riconoscibile dai capelli biondi tirati su con il gel. Il primo scontro
fra i due capitani si concluse con Miura costretto ad atterrare da dietro
Takahashi. L’arbitro fischiò l’inevitabile punizione ma decise di graziare il
colpevole del fallo.
La posizione era delle migliori e
tutti sapevano chi sarebbe andato a calciare. Il biondo posizionò per bene la
palla, fece qualche passo indietro ed attese il fischio del direttore di gara.
La parabola fu delle migliore, proprio come le calciava anche Hidetoshi Miura, e
si andò ad insaccare nel sette alla destra di Hiroshi, che non tentò nemmeno
l’intervento in tuffo.
La partita era subito iniziata in
salita per l’Istituto Hattori che si trovava immediatamente sotto 1-0.
Nell’esultanza, Takahashi si era
pure tolto la maglia e, al termine dei festeggiamenti, non aveva potuto far
altro che ammonire il giocatore, come da regolamento. Nel rivestirsi, il
capitano squadrò con uno sguardo maligno il suo collega. La loro sfida era
appena iniziata.
Al 15’ il portiere che aveva
subito il gol si apprestava a rimettere il pallone in gioco da fondocampo. La
palla superò il centrocampo e riuscì ad arrivare sui piedi di Wada che la
stoppò. Su di lui però rinvenne subito il difensore Ono che gliela rubò in
scivolata. L’arbitro però considerò
troppo eccessivo l’intervento e sanzionò un nuovo calcio di punizione. La
posizione non era la sua preferita ma Hide si presentò sul pallone insieme al
fratello Atsushi. Ci voleva comunque provare.
Al fischio dell’arbitro partì con
la sua ricorsa e, una volta che fu sulla sfera, la saltò. Dietro di lui partì
anche il suo attaccante che calciò. Purtroppo la conclusione finì di poco alta
sopra la traversa.
“Merda!!” imprecò il numero
9.
“Non ti preoccupare Atsushi, la
partita è ancora lunga” lo spronò il numero 10.
Al 22’ Endo cambiò
intelligentemente il gioco verso l’altra fascia, dove si era decentrato Wada. In
un attimo però a seconda punta fu atterrata dal terzino sinistro Ohkubo. Il
direttore di gara fischiò una nuova punizione. A questo punto, l’ala destra
Kobayashi si avvicinò minaccioso verso di lui.
“Arbitro ma lasciaci giocare
almeno un po’! qualsiasi cosa succede tu fischi!” fu la protesta verbale del
calciatore.
“lei pensi a giocare che ad
arbitrare ci penso io!” fu la secca risposta del signor Takashi Noguchi, tra
l’altro il migliore esponente per i tornei giovanili.
Alla mezz’ora fu Hidetoshi,
decentratosi sulla destra, a vedersela contro Isao Okhubo. Il giocatore
dell’Akita riuscì ad anticipare di testa il capitano dell’Hattori. Il giovane
fissò con gli occhi sgranati l’uomo vestito di nero, sperando che non gli fosse
fischiato di essersi appoggiato sulle spalle dell’avversario. L’arbitro invece
optò per il calcio d’angolo. A battere il corner si apprestò Nishiwaki, che in
cuor suo sapeva che era giunto il momento di provarla.
Il numero 7 controllò il
movimento dei suoi compagni in area e poi calciò in mezzo. La sfera arrivò molto
alta in mezzo all’area. Poi su tutti si elevò una figura. Questa indossava la
maglia azzurra numero 9. Atsushi c’era finalmente riuscito. Realizzò una
rovesciata a due piedi in aria. Il portiere Maki non si mosse nemmeno. Con i
piedi ben piantati sulla linea di porta, Yuki Asano riuscì a colpire il pallone
di testa indirizzandolo in fallo laterale.
L’urlo di esultanza era morto in
gola a molti tifosi seduti sulle tribune, tra cui la povera Suzuka, ancora non
del tutto ripresasi dal suo personale “allenamento” a casa Miura.
“Cosa pensi di essere al circo?”
domandò il numero 2 avversario al più giovane dei quattro fratelli, mentre
recuperava da terra l’elastico per capelli con cui si rifece il suo personale
codino.
“Bastardo!” disse sottovoce il
centravanti tascabile.
Quest’ultima azione però aveva
dato all’Istituto Hattori nuova linfa vitale. I ragazzi divennero consapevoli di
poter raggiungere il pareggio contro l’Istituto Akita.
Al 36’ Takuya Wada trovò spazio
sulla sinistra, evitando proprio lo stesso Asano. Una volta raggiunto il fondo
la mise in mezzo, consapevole di poterla affidare in buone mani. Atsushi questa
volta evitò acrobazie quasi impossibili e, effettuando una finta di corpo per
liberarsi della marcatura di Yoshida, andò a colpire il pallone in tuffo di
testa.
“Questa volta è fatta!” pensò
raggiante il giovane, ancora in volo.
Ma con un riflesso felino il
portiere abbrancò e fece sua la sfera.
“È davvero il migliore!” pensò
Hidetoshi mentre osservava l’estremo difensore che si aggiustava il cappellino
in testa, pronto a rinviare il pallone.
Il primo tempo era agli sgoccioli
ma tutti allo Stadio Nazionale di Tokyo, impianto dove si svolgeva lo scontro,
sapevano che la partita non era certo finita.
Al 38’ Hasegawa raggiungeva
facilmente molto prima del suo avversario un passaggio troppo lungo e la dava
indietro al portiere. Hiroshi fermo con il piede la sfera e subito alzò lo
sguardo per vedere, attraverso le lenti dei suoi occhiali da gara, le posizioni
dei suoi compagni. Notò subito a chi darla.
“Vai capitano!” gridò mentre
lanciava lungo verso suo fratello Hidetoshi.
Tutti i presenti si sorpreso per
la precisione con cui la sfera arrivo al suo destinatario, in particolare
pensando che a calciare fosse stato un portiere. Il capitano stoppò di petto il
pallone e rapidamente si voltò. Di fronte a se si fece avanti in un attimo
Yoshida. L’arrivo del difensore fu così improvviso per il trequartista che
quest’ultimo, d’istinto, eseguì la prima giocata che gli venne in mente. La
veronica, o roulette marsigliese. Una volta superato, tra lo stupore del
pubblico, Hide alzò un attimo la testa pur sapendo subito cosa fare, con i
propri avversari con un solo centrale rimasto contro due punte. Il passaggio
filtrante fu preciso al millimetro per il fratello più piccolo, che però aveva
davanti Maki in uscita. Preso dalla furia, Atsushi riuscì a toccare appena con
la punta del piede il pallone. La sfera carambolò tra le gambe dell’estremo
difensore e, con un procedere lento ma inesorabile, superò di poco la linea di
porta.
L’arbitro fischiò l’intervallo e
i ragazzi in azzurro, quasi sorpresi, alzarono lo sguardo al tabellone
elettronico dell’impianto.
Il risultato era di 1-1.
Spogliatoio Hattori
Al rientro negli spogliatoi i
giocatori, comprese le riserve, erano nel più totale silenzioso. Ancora non
aveva ben chiara la situazione in cui si trovavano.
Il mister se ne accorse, lui
stesso non sapeva bene cosa dire ai suoi.
“Bene ragazzi…” tentò un primo
approccio Takahashi “nel primo tempo siete riusciti a riprendere in mano la
partita e…” di colpo s’interruppe, con gli sguardi di 18 giovani rivolti verso
di lui “Oh al diavolo siete stati davvero grandi! Stata pareggiando contro
l’Akita insomma! In molti ci davano già perdenti 5-0 nel primo tempo…state
giocando bene! Ed anche la stessa Akita se n’è accorta!” continuò sempre più
esaltato il suo discorso “Fidati quei ragazzi non si erano preparati per una
partita di questo genere, sapevano che con noi avrebbero vinto facilmente perché
non siamo né il Matsuda né l’Ono…ma noi abbiamo il nostro gioco!” tutti i
componenti della squadra erano coinvolti dall’enfasi del discorso “Allora
ragazzi vi chiedo soltanto di continuare a giocare in questa maniera e di
vincere questa partita!” concluse quasi alle lacrime l’allenatore.
“SSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”
urlarono tutti all’unisono.
Il calcio d’inizio toccava questa
volta agli azzurri. Nei loro sguardi era facile leggere la convinzione di
portare a casa un grande risultato. I primi dieci minuti, di fatti, l’Istituto
Akita non seppe far valere il suo gioco e si rese pericoloso solamente con un
tiraccio dalla lunga distanza da parte del centrocampista Yanagisawa, dai
capelli alquanto voluminosi.
Al 50’ esatto Hiroshi Miura
effettuò una rimessa da fondo campo giocandolo breve per Yusuke Hasegawa. Il
terzino avanzò per poi tentare la sciabolata lungo linea verso Takuya Wada. Ad
anticiparlo però arrivò Satoshi Yoshida che intervenne con una scivolata aerea,
con i suoi capelli rasta che si libravano in aria con lui. Toccando appena la
palla con lo stinco, riuscì a farla battere contro il ginocchio della punta per
poi proseguire verso la linea di fondo campo. Wada sapeva bene che, se la sfera
fosse uscita, sarebbe stata rimessa per l’Akita ed allora partì
all’inseguimento. in quella partita eseguì uno dei suoi migliori scatti di
sempre e, poco prima del varco della linea, riuscì ad effettuare il cross,
scivolando sul terreno di gioco contro i cartelloni pubblicitari. In area,
quando partì il traversone, non vi era nessuno della squadra che attaccava. Ma
un altro velocista era pronto alla scatto. Atsushi staccò in aria appena entrato
in area di rigore. Una volta in volo, ruotò il corpo mettendo la schiena in
direzione del terreno di gioco. Non era la prima volta che si vedeva questa
acrobazia, ma tutti rimasero comunque sorpresi. La rovesciata a due piedi.
Colpendo il pallone con entrambi i colli dei piedi, il pallone partì come un
proiettile indirizzato verso la rete. Dove alla fine s’insaccò, nonostante il
tuffo disperato di Tetsuya Maki.
L’Istituto Hattori era passato in
vantaggio sull’Istituto Akita 2-1. Questa volta l’esultanze furono tutte dei
ragazzi di mister Takahashi. I compagni si riversarono verso il loro centravanti
tascabile, autore di una straordinaria doppietta. Ma Atsushi Miura sapeva chi
andare a ringraziare. Con le mani mimò la forma del cuore e lo indirizzò in
tribuna verso Suzuka Ikeda.
La ragazza arrossì completamente
tutto d’un tratto. “Stupido…” bisbigliò infine con un dei suoi più splendidi
sorrisi.
Intanto l’Akita era già pronto
per riprendere il gioco da centrocampo.
“Forza ragazzi! Non possiamo
farci battere da quei bastardi!” urlò Hiroki Takahashi, catturando l’attenzione
sia dei propri compagni che degli avversari.
“Fatti sotto Hiroki!” lo invitò
spavaldo Hidetoshi Miura.
Una volta che l’arbitro ebbe
fischiato, l’attaccante Imai la passò al collega Matsushita, riconoscibile da
una fascia antisudore blu, che a sua volta la diede di prima al suo capitano.
Quest’ultimo, in un primo momento, fu tentato di andare all’uno contro uno verso
Hide, poi però decise di aprire sulla sinistra verso Ohkubo. Il terzino
sinistro, sempre con i suoi occhi ben spalancati verso il mondo, riuscì ad
avanzare, anche se a scatti, poco oltre la metà campo. Non trovando soluzioni,
tentò un cross dalla trequarti. Il povero Imai, che come altezza era simile ad
Atsushi, si trovò nettamente sovrastato dalla potenza fisica di Shunsuke, che
allontanò prepotentemente di testa la sfera. La palla raggiunse allora Asano
che, dopo essersi portato avanti un po’ il pallone, lo diede lateralmente al suo
capitano. Takahashi riconobbe subito chi aveva davanti, e sorrise.
“Fatti sotto!” ripeté il capitano
dell’Hattori.
L’avversario non perse tempo e
gli andò subito contro, cercando di dribblarlo prima con un doppio passo, poi
con delle finte del corpo laterali, portandosi dietro il pallone con la suola
della scarpa tacchettata, nel tentativo di fargli aprire le gambe il tanto che
basta per effettuare un tunnel. Ma niente da fare, il suo sfidante era ancora di
fronte a lui. Alla fine, con un repentino cambio di passo, riuscì a far passare
al fianco sinistro di Hide la palla. Ma Miura non si era per niente arreso e,
mettendo il suo piede destro dietro quello sinistro in stile rabona, riuscì a
toccare la sfera quel tanto che bastava per farla giungere a Nishiwaki, e far
partire il contropiede. Il suo fedele scudiero lanciò subito di prima per la
nuova corsa di Wada. La veloce punta si trovò una prateria davanti, dato che gli
avversari si erano rivoltati tutti all’attacco alla caccia del pareggio. Il
copione ormai lo conosceva bene: andare sul fondo e crossare. E così fece.
In area questa volta era presente
anche Hidetoshi, che aveva seguito l’azione, ed andò allo stacco. Dietro di lui saltò
anche Takahashi, tornato in copertura per recuperare il pallone al suo rivale. I
due cozzarono in volo, ma il primo a colpire di testa, un’altra sua specialità,
fu il capitano dell’Hattori. E Maki fu battuto per la terza volta.
A pochi minuti dalla seconda
marcatura, L’Istituto Hattori conduceva ora 3-1. Lo stadio esplose, mentre i due
capitani si rialzavano faticosamente.
“Non è ancora finita Hidetoshi lo
sai!”.
“Certo, lo so io e lo sa tutta la
mia squadra!”.
Poi Hide fu travolto da una marea
azzurra di compagni. Ovviamente molti complimenti furono fatti anche ad un
visibilmente esausto Takuya Wada, al suo secondo assist vincente in questa
partita.
Al 53’ l’Akita doveva nuovamente
battere il calcio d’inizio del match.
Dopo 5 minuti però il numero 11
azzurro crollò a terra. Vittima di crampi più che prevedibili dopo la sua
prestazione fatta di km e km percorsi sul campo.
Lo stesso Hidetoshi Miura se ne
accorse e, una volta data un’occhiata agli spalti, calciò proprio verso di essi
il pallone, permettendo così ai suoi sanitari di soccorrere il calciatore. A
sorpresa, ma non del tutto in fondo,
la palla andò a colpire in pieno volto la professoressa Munakata,
stranamente presente tra il pubblico di quell’evento.
“Colpita in pieno Hide!” urlò
entusiasta dalla difesa Shunsuke.
Allora anche Atsushi si avvicinò
agli spalti e disse “ lo scusi prof ma sa com’è…” concluse allargando le
braccia.
Intanto Wada, ancora una volta
complimentato dai suoi compagni, soprattutto dal suo fratellino Takashi in
panchina, lasciava definitivamente il campo. Al suo posto entrava Yusuke Sasaki,
che per la prima volta giocava insieme al suo collega/rivale Atsushi Miura.
A 20 minuti dal termine però
l’Istituto Akita si rifece nuovamente sotto.
Al 63’ Ohkubo diede il pallone
nel cerchio di centrocampo a Yanagisawa. Il regista ebbe tutto il tempo
necessario per ragionare, avanzando palla al piede e testa alta, con la sua
folta chioma che sobbalzava ad ogni suo passo. Notò subito il perfetto scatto in
profondità verso l’area di Matsushita e lo servì. Kenji Maeda fu preso
totalmente in contropiede ed allora tentò un ultimo disperato intervento.
Purtroppo riuscì solamente a colpire l’avversario che crollò a terra. L’arbitro
fischiò una grossa opportunità dagli 11 metri per i granata.
“Arbitro ma cosa fischi? Era
palla piena!” protestò subito Shunsuke.
“Smettila Shun!” ordinò il
capitano al nerboruto difensore, mentre si avvicinava al suo fratello
portiere.
“Dove mi butto Hide?” gli domandò
preoccupato il giovane con gli occhiali.
“Questo devi deciderlo tu
Hiroshi” gli rispose Hide, che poi fu costretto ad uscire dall’area, per
permettere l’esecuzione del penalty.
A battere andò ovviamente l’altro
capitano, Hiroki Takahashi.
Non ci fu niente da fare. Pallone
da un parte e portiere dall’altra. 3-2 per l’Hattori e c’erano ancora più di
dieci minuti da giocare.
“SSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”
urlò il realizzatore del rigore verso le tribune. Poi si avvicinò alla panchina
degli azzurri “Brutto bastardo ora te ne faccio anche un altro!” inveì
pesantemente contro niente meno che suo padre. Il direttore di gara chiuse un
occhio.
Fino alla fine l’Hattori si
rinchiuse tutta in difesa, lasciando totalmente il pallino del gioco ai campioni
uscenti del torneo. Poi arrivò l’ultimo minuto.
Endo aveva tentato una
conclusione da fuori, tra l’altro ottimamente indirizzata, ma Tetsuya Maki era
tornato la saracinesca di sempre. Ripartenza immediata dei detentori del titolo.
L’estremo difensore diede subito palla sulla corsa ad Asano. Il terzino destro
avanzò poco oltre la metà campo, ma già sapeva chi servire per questa ultima
azione di gioco. E così la sfera arrivò al biondo numero 10. Subito saltò in un
attimo Akiba che era andato a pressarlo. Poi si trovò davanti a sé il suo
rivale. E qui avvenne la magia. Il gesto tecnico ufficialmente si chiama
bicicletta e consiste, in pratica, nel portare dietro di sé la sfera, alzandola
trattenendola per un attimo con i piedi a tenaglia ed infine portarsela avanti
con un colpo di tacco volante. Hidetoshi fu totalmente scavalcato dal pallonetto
che ne seguì. Poi Takahashi mise a terra il pallone con un elegante stop a
seguire. Scattò di lato per evitare ad Hasegawa di poter intervenire. Notò
subito l’accorrere precipitoso di Maeda, che di solito lasciava queste
iniziative al suo collega di reparto Miura, e con un semplice tunnel mise fuori
gioco anche lui. L’ultima speranza per l’Istituto Hattori era proprio
l’energumeno pelato. Il fantasista lo saltò immediatamente con un doppio passo
portandosi la palla sul destro, pronto a scoccare il tiro. Shunsuke tentò con un
intervento spalla contro spalla ma l’avversario, seppur sbilanciato, riuscì
comunque a tirare in porta. Hiroshi riuscì a tuffarsi nell’angolo giusto con
un’ottima tempistica, e toccò il pallone con la punta delle dita. La sfera
s’impennò e colpì in pieno la traversa. Poi però stava ridiscendendo a pochi
centimetri dalla linea di porta. Atsushi, come una minuta scheggia, arrivò in
area, con un salto si aggrappò al legno superiore e, come fanno i ginnasti
nell’esercizio alla sbarra, si tirò su con tutto il corpo per colpire la sfera e
mandarla fuori in calcio d’angolo. Ma l’arbitro, invece che emettere un singolo
fischio, ne fece tre alla volta. La finale era conclusa.
Lo stadio scoppiò e il tabellone
non mentiva: Istituto Hattori 3 Istituto Akita 2.
Tutti gli azzurri alzarono le
loro braccia al cielo, la maggior parte non trattenendo le lacrime di gioia per
questa straordinaria impresa sportiva, soprattutto ripensando che, fino a pochi
mesi fa, questa squadra rischiava seriamente di non potersi iscrivere al
torneo.
Ma ora c’erano ed erano i
campioni!
Subito gli abbracci di tutti si
riversarono sul loro capitano, il quale aveva avuto un’ottima, se pur azzardata,
intuizione richiamando a giocare con sé i suoi tre fratelli. Ma subito il
ragazzo andò a stringere la mano al suo allenatore, che aveva creduto nella sua
particolare proposta. Anche gli stessi calciatori dell’Istituto Akita
cominciarono a fare i loro complimenti ai nuovi campioni.
“Cazzo siamo i campioni cazzo!”
urlò al cielo Shunsuke Miura, mentre gettava in aria le sue possenti
braccia.
Intanto Hiroshi Miura, che si era
tolto finalmente i guantoni, si stava asciugando nuovamente le lacrime sotto le
lenti degli occhiali che normalmente portava.
Mentre Atsushi Miura era già
scappato. Si era di nuovo arrampicato sugli spalti per abbracciare il suo
angelo, anche lei in un certo senso fondamentale per l’approdo a questa finale.
E finalmente riuscì a dirgli “Ti amo”.
I due allenatori, Takahashi e
Suzuki, si complimentarono a vicenda stringendosi la mano. Casa che a sua volta
fecero infine i due capitani.
“Beh Hide…ci si vede il prossimo
anno” disse il biondo.
“O magari in nazionale…” ribatté
il moro.
Finalmente, procedendo nel
protocollo, ad Hidetoshi Miura fu consegnata la bandiera della vittoria. Questa,
per un intero anno rimarrà nella bacheca dei trofei della scuola.
“Ed ora ragazzi?” chiese il
capitano ai suoi tre fratelli.
I quattro si scambiarono delle
occhiate d’intesa tra di loro e poi urlarono “Ognuno per sé!”
FINE
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