Libro 4
LIBRO 4 - Delitto e castigo
[Tom Petty &
The Heartbreakers
- Learning to fly]
Well I started out down a dirty road
Started out all alone
And the sun went down, as I crossed the
hill
And the town lit up, the world got still
Mi portò una coperta, mi preparò uno
dei suoi tè caldi e mi offrì quei deliziosi
biscottini al burro. Divorai tutti quelli nel piatto.
Io gli raccontai tutto, fra le lacrime.
-Così... la verità è più
dura di
quanto potessi immaginarti- mi disse, al termine del mio racconto.
Annuii. Avevo smesso finalmente di piangere.
-A volte la verità fa male... Ma
perlomeno hai chiarito. In tutte le cose c'è un lato
negativo e
uno positivo, anche se tendiamo a vedere solo il primo. Ora devi
chiarire i tuoi sentimenti, a far
chiarezza nel tuo cuore.
-Già fatto. Non posso continuare ad
andare dietro ad un tipo del genere. Anche se lo amo, lo
dimenticherò, nonostante io sappia benissimo che ci
vorrà
molto, molto tempo. Andrò avanti. Anche se sarà
dura, ci
sarà lei ad
aiutarmi, vero?
Lui sorrise e annuì. -Certo, Julie.
Julie. Che diminutivo grazioso.
-Tua madre dev'essere in pensiero. Vuoi
tornare a casa? Però è buio, se vuoi ti
accompagno...
-No, per favore. Non voglio tornare a
casa, oggi. Se non le dispiace, potrei restare qui per stanotte, per
favore? Se non disturbo...
Non vorrei sembrare inopportuna...
Lo vidi titubare, e non poco. Era comprensibile: ospitare una
studentessa minorenne! Sarebbe sembrato un porco pedofilo.
Però poi incontrò i miei occhi supplici e
desiderosi del
suo aiuto più di qualunque altra cosa... e sorrise.
-No,
nessun problema. Però telefona ai
tuoi genitori e dì loro... che starai da un'amica.-
Sospirò.
-Cavoli, non inventavo bugie del genere da... vent'anni? Anche
di più! Mi sento come un'adolescente.
Risi. -Vado a chiamarla. Finora non ho
risposto alle sue chiamate e avevo spento il cellulare: sarà
davvero molto preoccupata.
-Già. Dopo però va' a farti un bagno
caldo, o ti prenderai un raffreddore.
-Ma... Non ho niente da mettermi-
mormorai.
Lui si alzò, andò in un'altra stanza
e tornò poco dopo con in mano una felpa e un paio di
pantaloni.
-Questi erano di mia moglie, dovrebbero andarti bene. Vieni, ti
indico il bagno.
I'm learning to fly, but I ain't got wings
Coming down is the hardest thing
Fare il bagno fu un'idea grandiosa: era
davvero un uomo saggio e maturo e i suoi consigli non mi deludevano
mai. Anche parlare con Phil, in fondo, era stato positivo. Avevo capito
finalmente che dovevo superare la cosa, nonostante fosse doloroso.
Mi rilassai e mi sentii subito
meglio, anche se non volevo pensare troppo, o avrei ricominciato a
piangere e non ne avevo nessuna voglia.
Indossai i vestiti che mi aveva dato il
professor Spencer con un po' di malinconia (erano i vestiti della
moglie...) e tornai in salotto.
-Ho messo i tuoi vestiti ad asciugare-
mi disse.
Mi guardò e s'incupì; poi
distolse subito lo sguardo.
Sospirai. -Questi vestiti appartenevano
a sua moglie... Non dev'essere facile...
Se preferisce mi rimetto i miei...
Lui fece cenno di no con la testa e mostrò un amaro sorriso.
Mi bloccai. Non sapevo davvero cosa
dire.
Il professor Spencer portò le mani
indietro sui braccioli e si sedette sulla poltrona dietro di lui.
Alcune lacrime rigarono il suo volto.
Non l'avevo mai visto piangere. Mi
avvicinai piano. -Professore...
-Scusa... A quanto pare, è giornata di
pianti- Cercò di essere spiritoso, ma la sua battuta
ghiacciò la stanza.
Sospirai e lo abbracciai in silenzio. Non ci sono mai parole che
possano confortare abbastanza da una morte.
-Mia moglie... L'amavo tantissimo.
Anche lei mi amava tantissimo. Desideravamo un figlio, ma lei
scoprì
di essere sterile: ne soffrì moltissimo, si scusava spesso
con me, anche se le ripetevo che non ne aveva motivo. Le proposi di
adottare un
bambino, ma lei non volle. Dopo dieci anni di matrimonio... Di
ritorno da scuola la trovai
morta sul pavimento del bagno, questo giugno,
proprio quando tu sei stata lasciata da Phil. Per questo ho cambiato
scuola e mi sono trasferito nella tua... Lei stringeva in mano una
scatoletta di pillole antidepressive, vuota: le aveva ingerite tutte
insieme. Non sapevo nemmeno che le assumesse... Mi aveva tenuto
all'oscuro di tutto. Sapevo che soffrisse, ma non immaginavo che
volesse suicidarsi. Credo che non sopportasse più il dolore.
Sono
stato così cieco...
E' tutta colpa mia...
-Non è colpa sua, professore- dissi.
-Io... Pensavo di poterla consolare, di
poterla aiutare, ma non ci sono riuscito... Avrei dovuto confortarla e
proteggerla, era mia moglie, dopotutto! Era mio dovere. Non sono capace
di
aiutare nessuno.
-Lei ha aiutato me, professore. Mi ha
aiutato davvero tanto, e le sono infinitamente riconoscente. Sono
sicura che sua moglie l'abbia amata immensamente. Deve superare
questo dolore, deve andare avanti come mi ha insegnato.
-Non credo di esserne capace! Io...
Parlo bene, ma... sono solo un debole in realtà...
-Non dica così. E' umano soffrire: me l'ha detto lei stesso,
ricorda? Lei è un uomo
meraviglioso. Sono sicura che un giorno riuscirà e
risollevarsi... e
ad amare di nuovo.
Il prof Spencer non piangeva più. Si
asciugò il viso: era visibilmente imbarazzato. -Ti
ringrazio. Anche tu mi hai aiutato tanto,
Julie, con i tuoi sorrisi e la tua vitale gioventù.
Sorrisi amaramente. Non era ciò che vrei voluto sentirmi
dire. -Si figuri. Sono
felice di essere utile a qualcuno.
Lui comprese il mio stato d'animo, come
sempre. Sospirò. -Mi scuso se ti ho dato l'impressione
contraria, ma
non provo nessun sentimento d'amore nei tuoi confronti. Per me sei
una studentessa... un'amica, una confidente. Una ragazza intelligente
e una piacevole compagnia. Ma nulla di più. Io continuo ad
amare mia
moglie, come tu continui ad amare Phil. Noi due possiamo capirci, ma
non ci amiamo.
-Ha ragione. Io mi scuso per il mio
comportamento di ieri... Ho capito i miei sentimenti. Effettivamente,
ero confusa e anche io la penso come lei. Per me lei è un
professore
che stimo... un amico, un confidente. Un uomo adulto intelligente e
una piacevole compagnia. Ma nulla di più.
Non avevo mentito. La verità era quella, e l'avevo capito:
avevo fatto davvero chiarezza nel mio cuore. Quella sera avevo compreso
molte cose.
Mi caddero gli occhi sulla libreria. Il prof possedeva moltissimi
romanzi, ma mi colpì uno in particolare, uno che
-stranamente- non avevo mai visto.
Lo sfilai pian piano: era rilegato alla buona, aveva una semplice
copertina bianca con il titolo e l'autore, niente più.
-Professore, potrei
leggere il suo libro "La nebbia d'estate?"
-Cosa?- Il prof si agitò un po'. -Ma veramente io...
-La prego! Mi piacerebbe moltissimo.
Scrollò le spalle. -D'accordo, ma non aspettarti
chissà che. Quando lo scrissi ero giovane e immaturo...
-Lo sono anch'io: vorrà dire che lo comprenderò
meglio- sorrisi. -Ma prima di giudicare devo leggerlo. Le
farò sapere la mia opinione.
-Bene, si è fatto tardi e credo che
abbiamo bisogno entrambi di riposare: domattina suona la sveglia- disse
il prof.
-Puoi dormire in camera mia, io dormirò sul divano: l'ho
già
preparato...
-Oh, no: dormo io sul divano, ci
mancherebbe!
-Sicura?
-Certo. Mi sentirei troppo in imbarazzo... Sto già
approfittando troppo della sua gentilezza.
-Va bene, buonanotte allora- mi disse,
baciandomi la fronte come mio padre non aveva mai fatto.
-Buonanotte, prof.
Prima di dormire cominciai a leggere il
romanzo del professore, “La nebbia d'estate”. Era
proprio come se lui mi parlasse. A
quanto pare non era cambiato molto negli anni.
Passai tutta la notte a leggerlo.
La mattina seguente il professore si
alzò prestissimo. Non mi aveva notata: sbadigliò
rumorosamente, spalancando la bocca.
Risi. -Buongiorno, prof.
Fece un balzo per la sorpresa. -Buon...- Mi vide con il libro in mano,
incredulo. -Stai ancora leggendo? Non dirmi che non hai dormito?!
-Il suo libro è troppo bello,
professore.
-A che punto sei arrivata?
-Quasi alla fine. Lo
trovo bellissimo: non capisco davvero perché non lo abbiamo
pubblicato.
-Ti ringrazio. Te lo presto, finiscilo pure con calma. Cosa gradisci
per
colazione? Caffè, latte, cappuccino, tè,
cioccolata calda...?
-Uno dei suoi tè caldi, per favore. E
quei deliziosi biscottini al burro.
-Mi dispiace: temo che tu li abbia finiti tutti ieri sera- rise.
Risi anch'io. -Il tè basterà, grazie.
Avrei voluto che quella serenità durasse per sempre, ma,
come mi aveva insegnato, era impossibile.
Mi guardò. Fece una faccia strana.
-Che c'è? Qualcosa non va?- chiesi.
-Hai dei capelli davvero orrendi la mattina, Hendrix.
Well the good ol' days, may not return
And the rocks might melt & the
sea may burn
Uscimmo di casa, un po' imbarazzati.
-Beh, sarà meglio non andare a scuola
insieme...- disse.
-Già, assolutamente. Lei può andare in macchina
come
sempre, io andrò con l'autobus. Dov'è la fermata
più vicina?
-Oh, è proprio davanti alla
biblioteca.
-Allora è vicino.
-Vuoi che ti accompagni?
-No, grazie, non è necessario.
Ci salutammo e ci dividemmo.
Non avrei mai immaginato cosa sarebbe
successo. Di lì a poco, la serenità
che avevo ritrovato con tanto sforzo sarebbe andata in frantumi.
I'm learning to fly, but I ain't got wings
Coming down is the hardest thing
Qualche giorno dopo, a scuola,
cominciarono a girare strane voci. La gente, dopo tanti mesi di pace,
aveva ricominciato a
sparlarmi dietro... Ma questa volta non ridevano. Non sapevo
però cosa dicessero quei pettegolezzi.
Era ancora per Phil, dopo tutto quel tempo?
Il professor Spencer mi chiamò.
-Dobbiamo parlare. Riguarda quello che si dice su di noi...
-Su di noi? Pensavo riguardasse solo
me. Cosa si dice esattamente?
Il prof sbiancò. Deglutì. -Ci hanno
visti uscire insieme da casa mia, l'altra mattina.
Sgranai gli occhi. -Oh, cazzo. Ma non è
possibile! Chi?
-Patricia Marren. Abita vicino casa
mia, non lo sapevo...
-Cosa ha fatto, quella troia?!- Ero furiosa. Come si era permessa? Mi
odiava a tal punto da mettermi seriamente nei guai? O era talmente
stupida da non esserci arrivata col suo cervellino bacato? -Se lo
verrà a sapere il preside...!
Lui abbassò lo sguardo. -Temo che ne sia già al
corrente. Oggi
andrò personalmente a parlargli... Probabilmente ci
convocherà
tutti, domani, anche i tuoi genitori e Patricia.
-Che imbarazzo! Ma non abbiamo
fatto nulla!- Per quanto fossi disperata e terrorizzata, non riuscivo a
piangere. Ero troppo agitata e il cuore mi batteva a mille.
Cosa ne sarebbe stato di me e del professore? Non osavo immaginarlo.
-Calmati, Julie, spiegheremo la situazione. Vedrai, si
sistemerà tutto.
Well some say life will beat you down,
break your heart, steal your crown
So I've started out, for God knows where
I guess I'll know when I get there
Il giorno seguente, il
professor Spencer non si presentò a scuola.
Né sarebbe venuto il giorno dopo, né
quello dopo ancora. Non sarebbe venuto più, ma ancora non lo
sapevo, anche se lo temevo. Avevo un brutto, tremendo presentimento.
Così decisi di chiedere spiegazioni al
preside.
Lui mi rispose freddamente. -Il professor Herbert Spencer si
è
licenziato proprio ieri. Non mi ha dato spiegazioni, ma immagino sia a
causa
tua - mi disse, con sguardo accusatore. -Hai qualcosa da dire?
Non risposi. Corsi via dalla presidenza. “Lo sapevo! Si
è
licenziato prima ancora che ci convocassero. Ma avremmo spiegato
tutto!" Mi veniva da piangere, ma non lo feci. "No, non ci avrebbero
mai creduto. L'ha fatto solo per proteggermi... Che stupido!”
Mi precipitai a casa sua,
ma non lo trovai. Se n'era già andato, si era già
trasferito, mi
aveva già lasciata.
Ero nuovamente sola.
Non si presentò più nemmeno in
biblioteca. Non riuscivo a credere che fosse successa una cosa
simile per una sciocchezza del genere: noi non avevamo nessuna colpa,
era terribilmente ingiusto. “Non mi ha nemmeno salutata... E
adesso come farò senza di
lui?”
Mi sentii terribilmente depressa. Di
nuovo.
Il sole era sparito: era tornato il buio.
Così tornai lì, sezione C, terzo
corridoio a destra, quarta fila dal basso, sotto la
“S”.
“Suicidio”. Questa volta era al suo
posto.
Lo presi. Finalmente mi avrebbe dato qualche
spunto su come farla finita nel modo meno doloroso possibile. Avrei
dovuto farlo molti mesi prima, quel giorno di settembre. Avevo soltanto
posticipato l'appuntamento con la morte: se solo non lo
avessi incontrato, sarei stata già all'altro mondo. Non
volevo più soffrire.
Mi accomodai nella sala lettura della biblioteca e aprii il
libro.
Dalla prima pagina uscì un
fogliettino. Svolazzò, ondeggiando lentamente, e cadde
a terra. Lo raccolsi.
Il labbro mi tremò. Era un suo
biglietto.
Mia cara piccola Julie,
So che prenderai in prestito questo
libro dopo la mia partenza. Ti conosco troppo bene, sei come un libro
aperto per me. Non fare pazzie: vai avanti, vivi. Sei più forte di
quanto tu creda. Sono certo che riuscirai a superare anche questa
situazione.
Dobbiamo andare avanti entrambi, da
soli, con le nostre forze. Abbiamo fatto troppo affidamento l'uno
sull'altro ma dobbiamo essere coraggiosi. Vivere significa andare
avanti e
superare i propri timori.
Mi hai aiutato tanto, più di quanto
tu possa immaginare. Adesso so di poter continuare a vivere... E
anche tu lo sai.
Ti sarò sempre accanto. Con
affetto,
il tuo professore
Herbert Spencer.
Una lacrima cadde silenziosa sul foglietto. Lo
strinsi, lo misi in tasca e riposi il libro sullo scaffale.
A quanto pare non dovevo proprio leggerlo, quel
libro.
I'm learning to fly, around the clouds,
But what goes up must come down
I mesi passarono inesorabilmente: era
tornata la tempesta nel mio cuore e il sole non accennava a
ricomparire.
Passò un anno. Più di un anno.
Ero arrivata miracolosamente all'ultimo giorno di scuola superiore, non
so bene come in realtà. Finalmente mi sarei diplomata, con
un po' di fortuna,
e sarei evasa da quella scuola, quella prigione schifosa.
Continuavo ad andare in biblioteca ogni
giorno. Cominciò a frequentarla spesso anche un ragazzo, ma
non ci feci molto caso.
Un giorno mi si avvicinò nella sala lettura
e mi salutò. -Ehi, ciao. Vengo spesso qui e ti ho sempre
vista... Mi
chiamo Simon, e tu?
Alzai gli occhi. Lui stava leggendo
“Delitto e castigo” di Dostoevskij: interessante,
aveva buon
gusto. Sì, se pensate che sia una che giudica le
persone dai gusti
letterari... avete indovinato. -Julia – risposi, senza troppo
entusiasmo.
-Ciao, Julia – disse. Sorrise. -Che
buffo, sembriamo in una clinica di alcolisti anonimi! Che poi
perché
si chiama anonimi se ti chiedono il nome?
Risi. Dopo tanto tempo, risi. Era
simpatico, Simon. Sembrava soddisfatto che la sua battuta avesse
avuto successo. Era chiaro che gli interessassi: era pazzo?
-Vieni spesso anche tu per studiare?-
mi chiese.
-Oh, no, in verità sono una
divoratrice di libri. Tu vieni per studiare?
-Sì... Sai com'è, la maturità...
-Eh già, ci sto passando anch'io...
-Ah, anche tu? Hai la mia età? A che scuola vai?
Cominciammo a chiacchierare
tranquillamente. Discorsi semplici e concreti, nulla a che vedere con
quelli che intraprendevo con il professore. Discorsi da ragazzi
normali della mia età.
Stranamente anche Simon cominciò a
venire in biblioteca tutti i giorni, nei miei stessi orari...
Nonostante non gli dessi troppo spago, gli
piacevo davvero, me n'ero accorta.
-Ti va di uscire, uno di questi
giorni?- mi chiese infatti all'improvviso.
-Ehm... Veramente ho tanto da studiare
in questo periodo. Preferirei di no, scusa- risposi.
Ci rimase malissimo. -Ah. Okay.
I'm learning to fly, but I ain't got wings
Coming down is the hardest thing
A casa, mi gettai sul letto, tappandomi la testa con il cuscino.
Ripensai al mio conportamento... idiota.
Mi misi le mani in
tasca e trovai il bigliettino, quel
bigliettino: lo avevo conservato. Mi tornarono in mente
le parole del
professore e dopo tanto tempo ripensai seriamente a lui. Mi mancava
tantissimo. Lo rilessi, ma conoscevo già ogni parola a
memoria.
Mi alzai e aprii un cassetto. Dal suo fondo, tirai fuori un libro
impolverato. Soffiai sulla copertina bianca.
"La nebbia d'estate". Non lo avevo mai finito, da quella notte. Mi
mancavano solo venti pagine: le lessi tutte d'un fiato.
Chiusi il libro: lo avrei conservato per sempre come ricordo del mio
professore di storia e filosofia, anche se non avevo bisogno di oggetti
per ricordarlo.
Sospirai. Lui avrebbe sicuramente biasimato il mio comportamento
stupido e vigliacco.
Anche se mi era difficile fidarmi
degli uomini, dovevo andare avanti. Dovevo vivere, lasciarmi scoprire
per far tornare il sole.
In biblioteca Simon aveva smesso di
parlarmi. Probabilmente aveva pensato che non mi piacesse e non
voleva infastidirmi, ma continuava a venire solo per vedermi. Che
carino.
In
realtà non è che non mi piacesse... Avevo paura.
Ma avevo capito
che non dovevo aver paura di amare.
-Scusami, Simon... Per quanto riguarda
l'invito dell'altro giorno... È ancora valido?- gli chiesi,
titubante e in imbarazzo.
Lui era visibilmente sorpreso.
-Se non ti va più, lo capisco...
-No... Sì! Sì, mi va!- esclamò. La sua
ingenua semplicità era adorabile. -Domani?
Sorrisi. -Ci incontriamo qui e poi
andiamo a bere qualcosa?
-S-sì!- balbettò. Era davvero molto tenero.
Ci scambiammo i numeri di telefono e ci
salutammo.
I'm learning to fly, around the clouds,
But what goes up must come down
La mattina dopo, a scuola, dovevo
intraprendere il mio esame orale di maturità: gli scritti
non erano
andati un granché, quindi dovevo rifarmi.
Ero molto nervosa... Sarebbe andata
male, me lo sentivo.
-Hendrix, c'è un biglietto per te –
mi disse la bidella.
-Un biglietto? E di chi?
Non mi rispose. Le bidelle, come gli impiegati, sono una più
svogliata dell'altra. -Tieni.
Lo aprii.
Sorrisi.
In bocca al lupo!
Il prof Spencer.
Mi si alleggerì immediatamente il
cuore. Grazie a lui trovai il coraggio e la forza di farcela.
“Ti sarò sempre accanto” mi aveva
scritto in quel bigliettino che avevo conservato. Ed era vero.
Ancora una volta mi aveva aiutato, e
l'esame andò alla grande.
Sarei stata promossa: con 65, ma pur sempre promossa. Per fortuna: non
avrei resistito un anno di più a scuola. Non sapevo che fare
del
mio futuro, ma alla fine sarei andata a lavorare nell'azienda di
mio padre.
Quel pomeriggio dovevo uscire con Simon, però non sapevo che
fare. Ero
indecisa, non sapevo perché.
Alla fine non mi presentai. Sapevo di essere maleducata a dargli buca,
così pensai di inviargli
un sms almeno per avvertirlo che non sarei andata, che ci avevo
ripensato e
che mi scusavo tanto, ma non ne ebbi il coraggio.
In fondo io ero una vigliacca.
“Non devi scappare”. Il professore
mi avrebbe detto così. E lui aveva sempre ragione.
Ma ormai era troppo
tardi. Come sempre, mi accorgevo delle cose troppo tardi.
Era sera, era buio.
Andai lo stesso alla biblioteca, certa
che non lo avrei trovato.
E invece lui era lì. Simon era seduto
sulla solita sedia, quella su cui si sedeva sempre il
professore, e mi stava ancora aspettando dopo tante ore.
Vedendomi arrivare, si alzò immediatamente, raggiante.
Pensavo
che fosse arrabbiato e che non mi volesse più parlare, e
invece
era semplicemente felice di vedermi. -Temevo
che non saresti più venuta...
-Temevo che non mi avessi aspettata.
Scusa tanto il ritardo. Dovrai avere molta pazienza, con me.
Mi sorrise. -Io sono molto paziente.
Sorrisi anch'io.
Flebili raggi di sole cominciarono a far capolino nella
mia vita.
“Non so come andrà fra me e Simon.
Probabilmente ci lasceremo. Ma per ora, vivo il presente.
Me l'ha insegnato il mio professore.”
I'm learning to fly
I'm learning to fly...
Fine
/ Inizio
__________________
'Sera!
Non so se lo avete notato (credo di no), ma i colori dei titoli dei
capitoli diventano sempre più "caldi", come il cuore di
Julia
che si è sciolto.
Carina la foto in fondo, vero? Si chiama "book art". Per quanto
riguarda il titolo... "Delitto e castigo" non è scelto a
caso, perché c'è un "castigo" (addio del prof),
anche se il "delitto" in realtà non è stato
commesso.
In fondo ho scritto "fine/inizio" perché la storia
è finita, ma continua in realtà, no? (Come sono
ambigua...)
Allora, che ne pensate? Finale deludente? In tal caso mi spiace, ma
è stata concepita così fin dall'inizio e non ho
cambiato la fine. D'altra parte sono convinta che non può
andare sempre tutto rose e fiori! Forse perché a me non me
ne capita mai una giusta? xD
Però è finita proprio come doveva finire, credo.
Fin dall'inizio ho sempre sottolineato che tutto finisce, prima o poi,
e qualcosa di nuovo comincia. Inoltre Julia doveva crescere, andare
avanti con le sue forze. Doveva imparare a volare ("learning
to fly" è azzeccata a tal proposito, no?).
Bene bene, spero di non avervi annoiata. Grazie per avermi seguita per
questi 4 capitoli :)
Spero di riuscire presto a trovare il tempo per mettere per iscritto
un'altra delle storie che vivono nella mia testolina. Arg!
Gio.
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