11 years
later…
1. Il triumvirato dei
mezzi.
“Sei
sicuro di quello che fai?”
chiese Sephiroth, guardandolo dall’alto della sua invidiabile
statura. Rise:
“Non ti preoccupare, mio caro Sephiroth. Non posso certo
tirarmi indietro, ora
che sono qui.”
Le
due figure, una alta e
muscolosa, l’altra piccola e quasi invisibile nella notte,
seguite da altre quattro
che non si riuscivano a definire per il mantello, si diressero con
rapidità
verso l’ingresso secondario del Ministero della Magia.
“Che
squallido.” Commentò l’uomo
dai capelli argentati: “Un’entrata in un
bagno.” Ma, nonostante quanto avesse
detto, infilò senza proteste i piedi nella tazza e
tirò la catena, seguito
dalla piccola figura che si celava ancora dietro un cappuccio di una
tunica
nera e rossa.
“Che
schifo!” squittì una voce
acuta e querula scappata da sotto uno dei quattro mantelli, e il
proprietario
di quella schifata esclamazione fece un passo indietro. Un altro degli
ammantati lo minacciò con qualcosa di molto simile ad una
spada: “Muoviti.” Gli
altri due sembrarono voler difendere il primo, ma la figura in tunica
li
redarguì con voce dura: “Non è il
momento di litigare, e per quanto non
possiate andare d’accordo dovete collaborare. Riku, riponi
immediatamente la
tua arma, prima che qualcuno ti veda.”
Gli
ordini giunsero secchi e
senza possibilità di replica agli orecchi dei quattro, che,
riposto ogni
bollente spirito, entrarono nei bagni e tirarono la catena.
Trovarono
Sephiroth e una vecchia
donna ad attenderli. La donna era davvero molto vecchia, sembrava
doversi
sgretolare tra le sue rughe da un momento all’altro, ma nei
suoi occhi ancora
traspariva ciò che si poteva definire energica e spassionata
determinazione.
“Sono
Bellatrix Lestrange.” Si
presentò: “Il Signore Oscuro mi ha incaricato di
portarvi nella sala del
consiglio.”
Sephiroth,
da brava guardia del
corpo del proprio padrone, si guardò intorno per captare
pericoli ma, a parte
l’aura maligna che permeava ormai su tutto il mondo magico,
non rilevò nulla.
La figura con la tunica aspettò che il suo sguardo si
facesse più tranquillo,
poi disse: “Va bene.”
Camminarono
attraverso le sale
lignee del Ministero della Magia con una sorta di aria
d’attesa che spirava dai
loro corpi, mista anche alla curiosità degli impiegati che
si affaccendavano
attorno a loro.
Procedettero
in silenzio e in
fila indiana per tutto il percorso fino alla sala del consiglio, e
lì furono
introdotti da qualche parola di Bellatrix, poi fu permesso loro di
entrare.
Era
una sala circolare piuttosto
grande con un soffitto altissimo, quasi invisibile, verso il quale
sembravano
volersi protendere le otto gradinate sulle quali avevano già
trovato posto una decina
di persone, in attesa. Quelli dovevano essere i principali generali del
Signore
Oscuro.
C’era
un uomo in particolare che
attirò la sua attenzione: era completamente ammantato da una
folta e bianca
pelliccia di babbuino e sedeva scomposto, con i piedi appoggiati sul
tavolo.
Doveva essere abbastanza importante, per potersi sistemare in una tale
maniera
senza ricevere un ammonimento.
Voldemort
stava al centro della
prima scalinata, su uno scranno intarsiato, e guardava con interesse il
piccolo
gruppo di persone che si era affacciato alla porta. Aveva capito che
quello che
doveva essere il capo era anche quello apparentemente più
piccolo e fragile di
statura, e cercò di capire di quale potere fosse capace per
ottenere
l’obbedienza di un guerriero come quello dai lunghi capelli
argentati, che
tutto sembrava tranne qualcuno incline alla cieca sottomissione.
Anche
l’uomo dalla pelliccia di
babbuino, da sotto il cappuccio peloso, sebbene sembrasse, dalla
posizione,
qualcuno con poca voglia di lavorare e concentrarsi, cercò
di focalizzare chi
era venuto a visitarli così all’improvviso.
Voldemort si accorse della sua
reazione, e avrebbe voluto chiedergli cosa ne pensasse, ma si rivolse
invece al
proprio ospite: “Chi sei?”
Lui
per tutta risposta si cavò il
cappuccio, mostrando il proprio liscio volto di impubere circondato da
una
folta chioma di capelli blu e pieni di boccoli che cadevano su due
iridi
smeraldo.
A
quella vista l’uomo con la
pelliccia di babbuino cominciò a ridacchiare, mentre
Voldemort, irritato sia da
quella risata profonda che dal fatto di essere stato disturbato a
riunire il
consiglio per uno stupido ragazzino, esclamò: “Non
ho intenzione di sprecare il
mio tempo a subire le chiacchiere di un moccioso! Aria!”
Il
ragazzo non si lasciò
intimorire dalle sue parole e, anzi, sorrise. Ma c’era
qualcosa di
terribilmente spaventoso nel suo sorriso, tanto che l’uomo
che prima rideva
smise immediatamente. C’era qualcosa di perverso e contorto
in quel sorriso
all’apparenza così innocente che il silenzio si
fece così fermo da risultare
soffocante.
Soddisfatto
per aver conquistato
l’attenzione del suo importante pubblico, cominciò
a parlare: “Il mio nome è
Aster e, a dispetto di ciò che dice il mio aspetto, ho
quarantasette anni.”
Il
silenzio di fece imbarazzato e
curioso. Un uomo piuttosto anziano dai capelli color platino
strabuzzò gli
occhi. Aster continuò il proprio discorso: “Sono
un mago che ha deciso di non
andare ad Hogwarts né ad altre scuole di magia per
sviluppare da autodidatta il
proprio potere, e vengo qui a proporre un’alleanza.”
“La
cosa si fa interessante.”
Commentò l’individuo impellicciato, levando i
piedi dal tavolo e posando un
gomito sulla scrivania, ancora seduto di sbieco. La sua voce era
così profonda
da risultare distorta, ma quasi nessuno ci fece caso, tanto erano
abituati a
sentire quel modo di parlare in cui qualsiasi cosa fosse stata detta
sarebbe
risultata spaventosa.
“Non
accetto alleanze con
chicchessia.” Sibilò il Signore Oscuro, ancora
diffidente. Aster ebbe modo di
allargare il suo sorriso: “Oh, ma avrete tempo per esaminare
le mie
straordinarie qualità, dopo che avrò
parlato.” Si godette appieno la reazione
alle proprie parole, poi tornò serio e cominciò a
spiegare il proprio
contratto: “So che voi state cercando di aprire
l’Abisso con le vostre forze,
ma io potrei collaborare con voi, dato che serve un mago abbastanza
potente da
incanalare tutta la magia che fuoriuscirà dalla
Porta.” ammiccò a Voldemort:
“So anche che voi volete rinascere per davvero, dato che ora
la vostra
esistenza è legata a uno Shinigami. Io potrei perfino
tagliare questo contatto
tra voi e il vostro tutore del mondo dei morti.”
Voldemort,
si alzò, irato e punto
sul vivo su quanto riguardava la sua terza esistenza sulla Terra:
“Come hai
fatto a radunare così tante informazioni, lurido
mezz'elfo?”
Uno
degli incappucciati al
servizio di Aster fremette, sapendo che il proprio padrone avrebbe
resistito a
tutto tranne che a quell’insulto, e strinse la mano al suo
compagno. Sephiroth
posò la mano sull’elsa della spada, pronto a
sedare una qualsiasi esplosione
sia dalla sua parte che da quella avversaria.
Aster
chinò il capo, e, quando lo
rialzò, il suo sguardo affabile e conciliante
risultò trasformato in una rabbia
incontenibile e furibonda, con così tanto veleno da domare
con un’occhiata il
Platano Picchiatore, una rabbia che lasciava presagire solo una morte
tra le
più atroci, uno sguardo tanto spaventosamente tenebroso da
far tremare un
momento la sicurezza di Voldemort, così temibile che perfino
le mura sembravano
voler crollare. Ma la cosa davvero preoccupante era l’aura di
magia che si
stava alzando da quel corpo all’apparenza fragile e minuto:
nemmeno Voldemort
era capace di tanta nera e nefasta capacità magica. Tutto
quello che un mago
ordinario possedeva – concentrazione, potere magico e buoni
riflessi – in
quella manifestazione di potere risultavano centuplicati e resi ancora
più
terribili dal largo uso di magia nera che ormai permeava ogni fibra dei
suoi
riccioli color crepuscolo, ogni muscolo e ogni singolo neurone che si
nascondeva dietro a quei tanto affascinanti occhi verdi.
Voldemort
scese dal suo scranno e
si precipitò di fronte ad Aster, facendo intendere che non
si sarebbe certo
fatto scoraggiare da quella straordinaria manifestazione di
malvagità, perché
infondo lui era capace delle stesse cose. Il fatto era che, seguendo il
consiglio di quel ragazzino, aveva partorito l’idea di
rinascere davvero, ma in
un modo tutto suo: avrebbe sfruttato al massimo il suo potenziale
magico e poi,
al momento giusto, lo avrebbe assorbito come aveva fatto con la Strega
Bianca.
“E,
in cambio di questa generosa
disponibilità tu cosa desideri?”
L’aura
magica sparì
all’improvviso, domata a perfezione: “Due cose:
voglio che facciate sterminare
tutti i mezz'elfi non ancora morti.” Silenzio:
“Poi, a Hogwarts, una
studentessa è un mezz'elfo ma ancora non è stata
riconosciuta, dato che si
tinge i capelli: il suo nome è Nihal Fromthewind. Sono stato
costretto da una
maledizione, la stessa che mi tiene il corpo in questo stato, a un
destino uguale
al suo, quindi se lei muore muoio anch’io.”
“Bella
magagna.” Commentò il tipo
avvolto nella pelliccia, avvicinatosi con un balzo. Aster
cercò di individuare
almeno gli occhi di quel nuovo interlocutore ma, trovando solo il buio
di un
cappuccio, si rivolse di nuovo a Voldemort: “Lei è
la Sheireen dei mezz'elfi, e
la sua missione è uccidere me. Come la mia missione
è uccidere lei. Voglio un
modo per rompere questa maledizione, dato che non può essere
spezzata dal
diretto interessato.”
Voldemort
guardò velocemente il
suo alleato nascosto dal mantello bianco, dopodiché, avendo
intuito un cenno
d’assenso, disse, con voce chiara:
“D’accordo. Ti nomino secondo in comando.”
Sephiroth
sembrò borbottare
qualcosa a riguardo del secondo in comando, ma non disse nulla di
particolarmente udibile.
“Loro
chi sono?” chiese
Voldemort, indicando i quattro incappucciati e Sephiroth. Aster mosse
una mano
per invitarli ad avvicinasi: “Lui” e
posò una mano sul braccio dell’uomo dai
capelli d’argento: “è la mia guardia del
corpo. Starà ovunque io sarò, quindi
non proverete nemmeno ad allontanarlo. Mentre loro” e
lì i quattro si levarono
il cappuccio, mostrando i volti di un giovane dai capelli chiarissimi,
e tre
ragazzi molto simili tra loro, uno basso con una lunga treccia nera,
uno mingherlino
ed effeminato e un uomo dai capelli a spazzola. “sono Riku,
Bankotsu, Jakotsu e
Suikotsu, apprendisti.” Poi guardò
l’interlocutore che ancora giaceva
nell’anonimato, in attesa di una presentazione.
“Oh,
giusto.” Ridacchiò lui,
alzando un braccio per levarsi il cappuccio, mostrando un viso
d’alabastro
incorniciato da una lunga chioma corvina mossa come il cupo vento della
notte
più fredda, un viso dalla sfumatura di perfida ironia sul
quale spiccavano due
braci rosse dall’anima calcolatrice e avida di potere.
“Io sono Naraku, e
sembra che saremo colleghi.” Si presentò, con un
ghigno per niente
rassicurante. Aster ricambiò con un sorriso ugualmente
pericoloso.
Voldemort
non poté non pensare
che si era scelto due alleati assai potenti e utili, ma che avrebbe
anche
dovuto concentrarsi per captare ogni minimo movimento,
perché di doppio gioco
ne aveva già subito uno e di sicuro non voleva fare la
stessa fine.
La
camera del consiglio, dopo
qualche minuto e un secco ordine di Voldemort, si svuotò
delle altre, inutili
persone che avevano svolto solo la funzione di muti spettatori,
lasciando i tre
componenti di quel pericoloso triumvirato da soli a squadrarsi.
Persino
Sephiroth fu congedato,
anche se rimase a vegliare fuori dalla porta mentre gli altri quattro
venivano
scortati alla mensa da Bellatrix, e appoggiò un orecchio
alla porta per captare
qualsiasi segnale di un litigio.
“Sei
un demone?” chiese Aster a
Naraku, che era tornato a sedersi in maniera scomposta su una delle
scalinate,
liberandosi dell’impiccio del mantello lanciandolo sullo
scranno del Signore
Oscuro.
Lui
non rispose subito, prima di
proferir parola si passò una mano in un punto preciso del
polso, come a voler
controllare la presenza di qualcosa. Stava per rispondere, ma il suo
superiore
lo anticipò: “È un
mezzodemone.”
Lo
sguardo del diretto
interessato si posò con ira sul volto bianco di Voldemort,
ma non disse nulla.
I
due maghi cominciarono a
discutere sulla maledizione che incombeva sul nuovo adepto, cercando di
carpirne i punti deboli senza entrare troppo nel particolare, e ben
presto si
persero in discorsi banali su bacchette e fabbricanti.
Naraku,
invece, sembrava tutto
assorto nelle proprie valutazioni: “Un mezz'elfo”
alzò l’indice, con un sorriso
misterioso, ammiccando ai propri alleati che erano stati interrotti
dalla sua
penetrante voce: “Un mezzodemone.” E
alzò il medio, a formare un vittorioso
due: “E un mago mezzosangue.” E a quel punto,
alzando l’anulare, fissò lo
sguardo sull’uomo a cui aveva giurato fedeltà:
“Curioso che siamo noi a voler
purificare la razza, no?”
Aster
valutò con scarso interesse
la constatazione del nuovo collega, provando a indagare più
che altro sulla sua
vera natura: gli era parso infatti che quell’essere dagli
occhi rossi fosse un
attore, che recitasse mille parti e che si divertisse a confondere la
gente con
i suoi volubili modi di fare, e che non avesse punti deboli proprio per
quello.
Quale sarebbe mai potuto essere il suo obiettivo?
Quando
le tre metà
Si
uniranno
L’oscurità
Divorerà
I
sette cuori
Della luce.
-
-
-
-
-
-
-
-
ed è qui che
mi domando: c'è qualcosa che non va nella storia? come mai
nessuno tiene a lasciare commenti? D:
dunque, qui i cattivoni
sono stati presentati >:D c'è Naraku, c'è
Aster, c'è Sephiroth, c'è Voldemort e io sono
tanto felice :DD (Larchy non ha mai tifato per i cattivi. noo) se
all'inizio può sembrare lento, vi garantisco che poi
prenderà una bella piega u.u
vorrei inoltre
ringraziare ReMShipping
e Targul
per aver messo la storia nelle seguite. grazie ^^
se volete inserire un
personaggio che vi sta a cuore, se non l'ho già fatto lo
farò.
sayonara!
|