Tieni i tuoi amici vicino
Note:
Il titolo è una citazione tratta da Il Padrino parte II.
Disclaimer:
Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia
contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.
Tieni
i tuoi amici vicino…
Era una tragedia, di più: un’autentica catastrofe.
Napoleone non riusciva a capacitarsi di come gli eventi fossero potuti
precipitare a quel modo. Fino a qualche mese prima vivevano in perfetta
tranquillità, se per perfetta tranquillità
s’intendeva una routine fatta di polemiche stantie, attacchi
proditori e piccole scaramucce di poco conto. Poi una bufera sotto
forma di bipede profumato e chiassoso si era abbattuto su tutti loro
polverizzando le antiche consuetudini. Il Professore era di solito una
persona pacata ed abitudinaria, i cui interessi erano circoscritti ai
libri ed altre cose parimenti inerti e di rado le sue passioni
oltrepassavano i limiti di un innocuo entusiasmo; come quando aveva
avuto la malaugurata idea di adottare quel petulante di Garibaldi che,
tuttavia, aveva finito per adeguarsi anche lui ai ritmi di quella
convivenza. E così i coinquilini si erano adattati ad una
comoda quotidianità, confortevole come una vecchia
pantofola.
All’inizio, dunque, Napoleone
e Wellington non si erano preoccupati della nuova conoscenza del
Professore. Garibaldi, al solito, non era stato consultato dato che per
Wellington la sua opinione era del tutto ininfluente. Napoleone aveva
in realtà più di un dubbio al riguardo, anzi, era
stato proprio il pennuto a dare le prime, inascoltate avvisaglie di
pericolo, come quel tesoro ripetuto in maniera quasi ossessiva e
accompagnato invariabilmente da una risatina dell’ospite e un
tossicchiare imbarazzato del Professore. Non che fosse una
novità avere degli ospiti, sebbene il Professore non fosse
una persona dalla vita sociale intensa e quelle visite non erano mai
inaspettate, ma preparate con cura. Veniva tirato fuori dalla credenza
in cucina il servizio da tè buono mentre la
Signora delle Scope veniva incaricata di procurare dei biscotti. Oppure
il Professore offriva bicchieri di vino e crackers al formaggio che
Wellington rubacchiava puntualmente mentre l’ospite era
distratto dalle feste del compagno. Napoleone, infatti, apprezzava di
solito queste variazioni della routine mentre Wellington manteneva,
quando non era intento a sgraffignare cibo altrui, un atteggiamento di
sostenuta indifferenza.
Ma quella umana in particolare sembrava
aver leso ogni facoltà intellettiva del Professore che si
aggirava attorno a lei con sguardo adorante e le aveva permesso delle
libertà che nessuno si sarebbe mai sognato di prendersi
prima di allora: sedersi sulle sue ginocchia, posto notoriamente
riservato a Wellington, lunghe passeggiate romantiche durante le quali
in apparenza non c’era tempo per lanciare una stupida palla e
altre amenità del genere. Francamente Napoleone non la
poteva soffrire. Guardò sconsolato l’uscio chiuso
e uggiolò piano in preda alla frustrazione: a quanto
sembrava il Professore non aveva nessuna intenzione di farlo uscire da
quella stanza. Batté due volte la coda sul pavimento di assi
di legno e sbuffò roco. E tutto ciò solo per un
piccolo malinteso: non era certo sua intenzione aggredire quella donna,
forse era stato solo un po’ irruente nel suo tentativo di
zittirla. D’altra parte Wellington lo diceva sempre che
tendeva ad abbaiare con troppa foga, non era certo una
novità per il Professore che i suoi latrati fossero
stentorei e non aveva avuto niente da ridire al proposito fino a quel
momento. E non era affatto vero che fosse saltato addosso alla donna,
l’aveva salutata con l’espansività che
lo contraddistingueva. Non era forse una delle critiche che gli
rivolgeva più spesso Wellington, quella di essere troppo
estroverso? Napoleone sollevò
un orecchio nell’avvertire il rumore di una porta che si
apriva, si alzò fiducioso e si avvicinò
all’uscio chiuso, i sensi all’erta, con la segreta
speranza che la punizione fosse terminata. Ma non ci fu nessun rumore
di passi ad annunciargli che il Professore stesse per liberarlo,
così girò su sé stesso un paio di
volte e cigolò sconsolato. E poi non era vero che le avesse
ringhiato: un cane come lui, così corretto e ben addestrato
che perfino Wellington aveva dovuto ammetterlo, non si sarebbe mai
lasciato andare a un’azione così disdicevole!
Ecco, aveva scoperto i denti, quello sì, ma solo in un
momento di lecito nervosismo. Era stato l’istinto atavico del
lupo che era in lui ad averlo costretto a reagire a quel modo
nell’annusare la paura dell’umana e contro la
natura non c’era addestramento che tenesse.
Gliel’aveva confermato anche Wellington che in quanto felino
aveva tutta una serie di problemi nell’affrontare quel tipo
di ammaestramento, che pure il Professore aveva tentato
d’insegnargli, molti anni prima. Non che ci tenesse in
particolar modo, al contrario Wellington andava fiero di quella sua
selvatichezza appena dissimulata da una raffinata urbanità e
sembrava anzi che questa fosse parte del suo fascino.
Dunque Napoleone non riusciva a
spiegarsi come il compagno felino avesse potuto derogare alle sue
abitudini con tanta facilità: egli stesso provava un moto di
fastidio nel vederlo strusciarsi contro le gambe della donna, farsi
vezzeggiare da lei in modo sdolcinato, cosa che non avrebbe mai
concesso ad altri umani che il Professore e lo aveva sentito perfino
fare le fusa. Su quest’ultima affermazione non avrebbe potuto
giurarci sopra, ma era ragionevolmente sicuro che quel suono ronfante
fossero proprio fusa! Napoleone annusò l’aria
percependo l’usta di Welington dietro la porta, tese le
orecchie al miagolio sommesso del gatto che sembrava ammonirlo, una
volta di più, per i suoi modi eccessivi. Altri sentori si
aggiunsero a quello del gatto: l’odore familiare del
Professore, colonia, sapone e tabacco da pipa e il profumo intenso e
frizzante della donna che lo fece starnutire.
- Hai davvero intenzione di liberare
quella bestia?
- Ma cara, non aveva intenzione di
aggredirti sul serio: credo si fosse solo innervosito.
- Non capisco perché quel
cane sia così scontroso. Mentre questo micetto è
così adorabile. E’ vero piccolino che sei
adorabile? Ascolta, tesoro: fa le fusa!
- Tesoro! Tesoro! Tesoro!
Le voci dietro la porta si allontanarono e Napoleone guaii in maniera
miserevole. Ripensandoci, Wellington si era lasciato scappare una sorta
di spiegazione al suo comportamento e Napoleone non l’aveva
compresa fino a quel momento: tieni i tuoi nemici ancora più
vicino.
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