Thinking Underage

di jas_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Bethany si lasciò andare sul letto dell’amica osservandola da quella posizione mettere in ordine ogni oggetto fuori posto in quella stanza.
«Non sta arrivando la regina Elisabetta a trovarti» la prese in giro poi, portandosi le braccia dietro la nuca «ma solo tuo fratello.»
«Il che è anche peggio» rispose prontamente Claire, decidendosi finalmente di porre fine alle pulizie e sedersi sul bordo del letto.
Bethany alzò un sopracciglio, «vuoi dire che viene in camera tua a controllare se hai pulito tutto alla perfezione?» domandò.
«Sono solo agitata» la interruppe l’altra, «e per calmarmi devo fare i mestieri.»
«Se vuoi c’è anche camera mia che è un porcile.»
Claire la guardò truce, Beth si rese allora conto che forse stava esagerando con gli scherzi, decise quindi di rimanere in silenzio.
«Non lo vedo da Natale e mi manca da morire» ammise Claire, lasciandosi andare ad un sospiro sconsolato.
Bethany si alzò dalla sua posizione andando a mettersi accanto a lei e cingendole le spalle con un braccio, «tra poco lo vedrai, sbaglio o mi hai detto che rimarrà qua un mese?»
La ragazza annuì, «so già che tra un paio di giorni non ci sopporteremo già più ma sarò felice di averlo un po’ tra le scatole.»
In quel momento qualcuno suonò al campanello, Claire guardò l’orologio terrorizzata prima di alzarsi di scatto dal letto. «Ma è in anticipo!» esclamò poi in preda all’ansia andando ad aprire la porta della stanza e precipitandosi di sotto ad aprire.
Bethany la seguì con molta più calma e quando giunse al piano inferiore vide l’amica già avvinghiata ad un ragazzo che doveva essere Pierre. Era felice di poterlo conoscere, finalmente. Erano sei mesi che si era trasferita a Montréal da Londra e non aveva ancora avuto il piacere di conoscere il quarto membro della famiglia Bouvier, per quanto Claire le parlasse sempre di lui con gli occhi che le illuminavano.
«Beth» la voce dell’amica la fece rinvenire dai suoi pensieri, «lui è mio fratello Pierre.»
La ragazza gli strinse la mano salutandolo educatamente e facendogli una vera e propria radiografia.
Notò dalle maniche della camicia arrotolate ai gomiti un tatuaggio che gli copriva il braccio sinistro fino al polso, ma la cosa che la colpirono di più furono il suo sorriso così aperto e caloroso e i suoi occhi color nocciola proprio come quelli della sorella.
Cercò di trovare in lui qualche segno dei suoi trent’anni suonati ma si accorse che se non avesse saputo la sua età l’avrebbe scambiato per un ventenne. Forse era il suo modo di vestire ancora molto giovanile, i capelli corti ma lasciati sbarazzini, o forse era davvero quel sorriso così innocente e spontaneo che la fece subito sentire leggermente disagio, come se si stesse trovando di fronte a un suo coetaneo.
«E’ un piacere conoscerti» ammise Pierre sincero, «mia sorella mi ha parlato molto di te..»
Beth si sentì avvampare e lanciò uno sguardo rapido a Claire che sembrava aver avuto una paralisi facciale da quanto sorrideva e guardava suo fratello con ammirazione, «beh, ha fatto la stessa cosa con me, quindi..» borbottò Bethany.
Pierre si lasciò andare ad una risata cristallina, «dov’è la mamma?» domandò poi alla sorella mentre si dirigeva in cucina.
«Allora, che ne pensi?» chiese subito Claire, curiosa, non appena il fratello si fu allontanato abbastanza da non poterle sentire.
Bethany ci pensò un po’ su, non poteva certo dirle che lo trovava particolarmente attraente e – da quello che aveva potuto appurare da quei pochi minuti di conversazione – anche simpatico.
«Non male» disse semplicemente con sufficienza, «solito fascino da cantante di una boy band.»
«E basta?»
«Cos’altro dovrei aggiungere?» squittì Beth.
«Non so, lui ha detto che ti trova carina» buttò lì Claire con un’alzata di spalle.
Nell’udire quelle parole Bethany si sentì avvampare, nonostante non fosse una fan dei Simple Plan, e li avesse scoperti da quando aveva conosciuto Claire, sapere che un personaggio famoso la trovava carina era pur sempre un onore e.. no, ha trentatré anni si ripeté mentalmente, scuotendo la testa.
«Beth, ti fermi a cena?»
La ragazza si voltò di scatto verso la cucina, da dove la madre di Claire l’aveva chiamata.
«Ecco, non so, dovrei ancora avvertire i miei..»
«Oh, non credo ci saranno problemi per i tuoi genitori, poi è tornato Pierre stasera!» insistette Louise.
«Avrete molte cose da raccontarvi, non vorrei essere di disturbo..» borbottò Beth leggermente a disagio.
«Ho già apparecchiato per cinque, troppo tardi» intervenne Claire, con ancora in mano piatti e posate.
Beth annuì prendendo il cellulare dalla tasca e andando nel giardino sul retro per chiamare sua madre e avvertirla che non sarebbe tornata a cena.
 
«Come sta Seb?» domandò Claire con la bocca piena.
Pierre sorrise scuotendo la testa divertito, «bene, dovremmo incontrarci domani se non cambia idea come suo solito..»
«Ma non ti stanchi di averli tra i piedi per giornate intere? Ora che sei qui dovresti cercare di passare del tempo con la tua famiglia» lo riprese il padre severo.
Claire lo fulminò con lo sguardo, tuttavia l’uomo non si accorse di ciò, troppo intento ad osservare il figlio in attesa di una risposta.
«Tranquillo papà, è solo un’uscita in nome dei vecchi tempi!»
«Posso venire anch’io?» gli domandò Claire con gli occhi che le illuminavano.
Beth trattenne una risata bevendo un sorso d’acqua, oltre che sapere delle imprese eroiche di suo fratello in tour, la sua amica non le aveva risparmiato una descrizione dettagliata di Sébastien Lefebvre, chitarrista dei Simple Plan e sua cotta epica dalla tenera età di sei anni.
Pierre sorrise lanciando un rapido sguardo a Beth prima di rispondere, «non so.. Dovremmo discutere di alcuni affari importanti e privati della band..»cominciò.
«Oh, fanculo» borbottò Claire.
Pierre si trattenne dallo scoppiarle a ridere in faccia, «stavo scherzando, certo che puoi venire.»
L’espressione della sorella, nel sentire quelle parole, si trasformò repentinamente da cupa a solare, con un sorriso che le attraversava il volto.
In quel momento il cellulare di Pierre squillò, costringendolo ad alzarsi da tavola per rispondere.
«Non vedo l’ora di farti conoscere Seb» sussurrò Claire a Bethany, senza riuscire a nascondere la sua felicità.
«Solo una curiosità, quanti anni ha?» chiese Beth.
L’amica non rispose subito, messa leggermente a disagio. «Trentuno» borbottò poi.
«Non ti sembra troppo grande per te?» domandò Beth, leggermente preoccupata.
Claire alzò le spalle, «lo conosco da quando sono nata praticamente, poi è come mio fratello, trent’anni li dimostra soltanto sulla carta d’identità.»
«Sì ma sono comunque i suoi anni effettivi, secondo me sono troppi» ammise.
«Non preoccuparti, non credo potrà mai interessarsi a me in una maniera diversa da “la sorella di uno dei suoi migliori amici” quindi non ci sono problemi» spiegò Claire, senza preoccuparsi di nascondere la tristezza che le causava quella situazione.
Beth annuì rimanendo in silenzio senza sapere cosa dire, da una parte le dispiaceva per l’amica ma dall’altra non poteva non pensare che così si sarebbero risparmiati molti problemi. Oltre che per il disappunto che provava lei, era certa che i genitori di Claire non avrebbero sicuramente approvato quella relazione, specialmente suo padre, bigotto com’era.
«Allora, dessert?» domandò Louise allegra alzandosi dal tavolo non appena vide Pierre tornare.
Bethany guardò l’orologio che teneva al polso accorgendosi che erano già le dieci di sera. Il tempo era letteralmente volato e il giorno dopo aveva scuola, doveva andare subito a casa altrimenti il mattino seguente era certa che non si sarebbe mai svegliata.
«Io devo andare..» disse, togliendosi il tovagliolo dalle gambe e appoggiandolo sul tavolo.
Louise la guardò sorpresa e allo stesso tempo dispiaciuta, «aspetta che ti do una fetta di torta da portare a casa» la avvertì scomparendo in cucina.
«Arrivano i tuoi a prenderti? E’ buio fuori» domandò il padre di Claire leggermente in pensiero.
Bethany scosse la testa, «non fa niente, tanto in cinque minuti sono a casa..»
«Ti accompagno io» si offrì volontario Pierre.
Beth fu presa alla sprovvista da quella proposta e ci mise un po’ a formulare una risposta, tuttavia Réal la anticipò trovando l’idea perfetta.
«Ecco, tieni», Louise le porse una fetta di torta accuratamente avvolta nella carta stagnola, Beth si mise la giacca e prese il dolce ringraziando tutti prima di uscire di casa seguita da Pierre.
Non riusciva a spiegarsi il perché di quel disagio che provava in sua presenza, aveva timore persino di parlare quando c’era lui ad ascoltarla, cosa che per una persona chiacchierona ed estroversa come lei era alquanto strana.
«Dove abiti?» domandò Pierre nascondendo la bocca all’interno della giacca scura che indossava.
«In fondo alla via a destra» spiegò Beth semplicemente.
Udì una risata sommessa da parte di Pierre, «due passi, in pratica.»
Bethany si fece contagiare da quell’allegria, «diciamo che sono molto apprensivi i tuoi» scherzò.
Il ragazzo annuì, «ci tengono molto a te, e anche mia sorella. Quando chiamavo a casa mentre ero in tour, di qualunque cosa parlassimo si finiva sempre per tirare in ballo o te o la tua famiglia» ammise.
«Allora mi parlavate alle spalle!» esclamò Beth, fingendosi indignata.
Pierre scoppiò a ridere, osservandola con gli occhi socchiusi, «posso dire a mia discolpa che hanno sempre parlato bene di te, quindi..»
Beth sorrise, rendendosi conto che erano arrivati a casa sua.
«Abito qui» disse, rompendo il silenzio che si era venuto a creare.
Pierre si voltò verso la villetta a schiera bianca che la ragazza aveva indicato, «beh, allora.. buonanotte» disse incerto.
«Buonanotte e.. grazie per la compagnia» rispose Beth prima di aprire la porta di casa e scomparire dietro di essa.
Si guardò intorno alcuni secondi, il corridoio era avvolto nell’oscurità così come il soggiorno, si appoggiò alla parete chiudendo gli occhi e respirando profondamente un paio di volte alla disperata ricerca del motivo per cui la presenza di Pierre le causava tutto quel disagio. Il silenzio in quel momento era così pesante che riusciva a sentire i battiti del suo cuore più accelerati del solito e si rese conto che mentre rifletteva su ciò il viso del fratello di Claire le apparve nella mente.
«Beth, sei tu?»
La voce del padre la fece sussultare, e il timore che ciò che le frullava per la testa potesse in un qualche modo essere scoperto le provocò i brividi.
«Sì, sono io» rispose incerta prima di correre in camera sua con la speranza che il giorno dopo sarebbe stata meno confusa.

 

***

 
HELLO!
Oddio non so che dire, sono nuova su questo fandom HAHAHA
Dopo aver intasato la sezione dei One Direction ho deciso di scrivere una fan fiction anche sui Simple Plan, o meglio, su Pierre Bouvier e un po’ anche su Seb.
Ci tengo a precisare che non sono una fan accanita dei Simple Plan, li conosco da Welcome To My Life ma non è che li ho mai ascoltati molto poi da un mese a questa parte a furia di vedere il video di Summer Paradise ho preso un’ossessione per Pierre e diciamo che ho dovuto sfogarla in un qualche modo HAHAH
Tutte le cose vere sulla band le so grazie al web, altre sono inventate di sana pianta un po’ perché servono per la storia e un po’ perché non so la vera realtà dei fatti quindi se trovate cose che non stanno né in cielo né in terra sono tutte frutto della mia fervida immaginazione :D
Spero che questo primo capitolo vi abbia incuriosite, nonostante sia estate credo di essere più occupata di quando andavo a scuola ma cercherò di postare il più costantemente possibile (:
Fatemi sapere che ne pensate!
Jas 

P.S. Ringrazio la meravigliosa Egg___s per il meraviglioso banner :)

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***



 

«Cos’hai? Mi sembri con la testa tra le nuvole stamattina..» osservò Claire chiudendo con veemenza il proprio armadietto, felice che non lo avrebbe riaperto fino al giorno successivo.
Beth alzò le spalle mettendo nella borsa il libro di storia dato che il giorno seguente sarebbe stata interrogata, «niente..» disse poi, incamminandosi con l’amica verso l’uscita.
Claire fece finta di crederci, infondo se Beth non voleva parlarne non l’avrebbe obbligata lei a farlo. «Spero vivamente di vedere Seb oggi» disse invece in un sospiro sognante.
Bethany scosse la testa ridendo divertita da quella scena, quando il suo sguardo si posò su quello di Pierre che la osservava appoggiato alla sua Audi scura. Sentii il suo cuore fare alcune capriole prima di tornare al proprio posto, lei fu costretta a deglutire per cercare di calmarsi.
«Credo proprio che sarà così» disse poi, facendo a Claire un cenno della testa in direzione di suo fratello.
La ragazza si fermò di scatto come in paralisi, «oddio è lui!» esclamò poi entusiasta, senza essere in grado di trattenere un sorriso.
Beth osservò di nuovo Pierre confusa, accorgendosi soltanto in quel momento che accanto a lui c’era un altro ragazzo che doveva essere Sébastien. Era stata così presa da Pierre che non si era nemmeno accorta della presenza di un’altra persona, patetica, pensò. Prima che potesse vergognarsi ulteriormente di sé stessa per quanto quel tipo – non adatto a lei – l’avesse presa sin da subito, Claire la prese per un braccio trascinandola nella loro direzione, senza preoccuparsi di nascondere a Sébastien il suo entusiasmo nel vederlo.
«Piccola Bouvier!» esclamò quest’ultimo allegro aprendo le braccia per abbracciare la ragazza. Claire non se lo fece ripetere due volte e lasciò il polso dolorante di Beth per rifugiarsi tra le braccia del chitarrista. «Tutto bene?» le domandò poi, spettinandole leggermente i capelli con fare fraterno.
Claire annuì sorridente, «tu invece?»
Seb si grattò la nuca spettinandosi leggermente i capelli prima di annuire, «diciamo che si va avanti, mi mancavano le fanciulle canadesi» ammise, salutando con un cenno un gruppo di ragazze poco lontano da loro.
Claire si mise a braccia conserte improvvisamente rabbuiata, lanciando uno sguardo di fuoco non a Sébastien ma bensì a Pierre che alzò le spalle facendole capire che non poteva farci niente.
«Beh, io vado..» disse a un certo punto Beth, rimasta in silenzio fino ad allora.
Soltanto in quel momento Seb si accorse della sua presenza e non ci pensò su due volte prima di presentarsi, «piacere sono Sébastien Lefebvre, e tu sei..?»
Beth rimase sconcertata per alcuni secondi dalla sfacciataggine di quel ragazzo prima di rispondere. «Bethany Collins.»
Non le piaceva per niente quel tipo, e le dispiaceva pure per Claire che perdeva tempo ed energie dietro ad un vero e proprio idiota come quello. Non che le avesse fatto qualcosa ma il suo atteggiamento troppo spavaldo e sicuro le dava sui nervi, soprattutto perché tutto quell’egocentrismo che lo circondava gli impediva di accorgersi che una ragazza splendida per la quale molti uomini avrebbero pagato gli sbavava dietro da anni ormai..
«Dove scappi?» le chiese Claire, confusa.
«Devo studiare storia» borbottò Beth, sentendosi lo sguardo di Pierre addosso.
«Vieni a mangiare con noi! Studi dopo..» intervenne Sébastien.
La ragazza fece per rispondere ma Claire l’anticipò, «Seb ha ragione, andiamo da qualche parte a pranzare insieme poi al massimo ti lasciamo a casa» cercò di persuaderla.
Beth sospirò accettando quasi costretta, conosceva Claire da abbastanza tempo per sapere che era una persona molto testarda e che se si metteva in testa qualcosa era difficile farle cambiare idea. Forse era per quello che aveva la fissa per Sébastien da troppo tempo, pensò Beth.
«Allora, dove andiamo?» domandò Pierre accendendo l’auto.
«Ho bisogno di roba ipercalorica del tipo Mc Donald, ti prego» disse Seb, aprendo il finestrino.
«Ragazze?»
Pierre alzò il viso verso lo specchietto retrovisore incontrando lo sguardo di Beth, «per me va bene» intervenne Claire.
Il ragazzo si destò da quegli occhi color cioccolato tornando a prestare attenzione alla strada. Scosse la testa cercando di cacciare quei pensieri poco convenevoli che gli passavano per la testa. Bethany era troppo piccola per lui, avrebbe dovuto considerarla come una sorellastra piuttosto che come un’ipotetica ragazza. Si sentiva quasi un pedofilo a pensare certe cose su una diciassettenne nonostante, nel caso fosse successo qualcosa tra di loro, non sarebbe stato perseguibile dalla legge.
«Allora, sei fan dei Simple Plan o no?» le domandò Seb.
Claire tirò una leggera gomitata a Beth – troppo assorta nei suoi pensieri per capire che le era stata rivolta una domanda - facendola sussultare.
«Cosa?» domandò poi confusa.
«Ti ho chiesto se ti piacciono i Simple Plan» ripeté Sébastien.
«Non sono esattamente una fan ma diciamo che ascolto alcune canzoni da quando ho scoperto che Pierre era fratello di Claire» ammise sincera lei.
«Del tipo?»
Beth ci pensò su un attimo, «ho ascoltato solo l’ultimo album, credo che la mia canzone preferita sia “Never Should’ve Let You Go”.»
«Molto allegra come canzone» scherzò Sébastien, causando una risata generale da parte di tutti.
«Però devo ammettere» continuò Beth, «che anche le cover di Moves Like Jagger, Dynamite e Sexy And I Know It non sono male.»
«Soprattutto i balli di Pierre» intervenne Claire, osservando il fratello che si finse concentrato sulla strada.
«Secondo me piace alla gente soltanto quando sculetta o si tocca le parti basse, perché per il resto è scoordinato al massimo» lo prese in giro Sébastien scoppiando in una fragorosa risata, «tu che ne dici?» domandò poi a Beth.
«Beh, diciamo che condivido il tuo pensiero» ammise lei, facendosi contagiare dall’allegria che c’era nell’aria e rendendosi conto soltanto dopo che aveva implicitamente ammesso che le piacevano le mosse provocanti di Pierre. Sprofondò leggermente nel sedile voltandosi a guardare fuori dal finestrino cercando di nascondere il suo viso diventato rosso mentre si malediceva mentalmente per essersi messa a cercare esibizioni live dei Simple Plan durante l’ora di informatica e incappando proprio in quella. L’aveva riguardata più volte fino a quando non era stata costretta a chiudere la pagina di You Tube a causa dell’insegnante che vagava tra i computer, e non era riuscita a nascondere a sé stessa la strana sensazione che aveva provato quando aveva visto Pierre divertirsi su quel palco con quelle mosse provocanti e a quanto si era vergognata persino per lui quando si era messo in ridicolo ballando a dir poco male.
Soltanto quando l’auto si fermò nel parcheggio del fast food Beth distolse lo sguardo dal finestrino scendendo dalla macchina silenziosamente.
«Facciamo a gara di chi mangia di più?» domandò Sébastien estasiato con gli occhi che gli brillavano. Pierre lo guardò truce prima di lasciarsi scappare un sorriso, «affare fatto.»
 
«Chi ha vinto?» domandò Claire divertita, osservando Sébastien e Pierre esausti.
Quest’ultimo si lasciò scappare un rutto prima di alzare le spalle con una smorfia nauseata. «So soltanto che non riesco a muovermi da qua» ammise poi, lanciando uno sguardo quasi schifato alle patatine avanzate sul vassoio.
Bethany scosse la testa sconsolata alzandosi dal tavolo per buttare via tutto, Pierre la seguì alzandosi con fatica dalla sedia.
«Sei sicura di essere sazia? Non hai mangiato niente..» osservò.
Beth sussultò sentendo la sua voce così vicina a lei, e quando si voltò lo trovò esattamente alle sue spalle.
«Anche se non ho mangiato tanto quanto te non significa che stia morendo di fame» ribatté lei divertita, alludendo all’elevata quantità di scatole vuote di hamburger che aveva sul vassoio.
«Beh, devo mantenere la mia pancetta» scherzò lui, battendosi alcune volte la mano sull’addome piatto.
Bethany scosse la testa sorridendo prima di tornare al tavolo.
«Ragazzi io devo andare» disse poi, guardandosi in giro alla ricerca della propria borsa.
«L’hai lasciata in macchina» l’avvertì Pierre, accorgendosi di cosa stava facendo.
Beth gli sorrise grata prima di salutare tutti ed uscire dal Mc Donald.
«Meno male che ti sei accorto dove l’ho appoggiata, svampita come sono avrei potuto rimanere lì a cercarla per ore» ammise poi, mentre Pierre apriva la sua Audi e si sporgeva all’interno di essa per prendere la tanto ricercata borsa.
«Figurati» le disse semplicemente lui, allungando il braccio verso il sedile posteriore.
In quell’istante l’occhio di Beth cadde sul petto di Pierre lasciato leggermente scoperto dalla maglietta a maniche corte che indossava, su cui si intravedeva l’enorme tatuaggio che gli ricopriva il lato destro del corpo.
Non era la prima volta che lo vedeva, Pierre non era il tipo di persona da definire timida o introversa e non si vergognava mostrare il proprio fisico. Nonostante ciò, avere a pochi centimetri di distanza ciò che aveva sempre visto sul monitor di un computer era alquanto strano e Beth fu costretta a deglutire per calmarsi.
«Che c’è?» domandò Pierre accorgendosi del suo disagio, mentre si alzava porgendole la borsa.
La ragazza scosse la testa con veemenza, «niente..» borbottò poi mantenendo lo sguardo basso.
Non sarebbe stata in grado di incontrare i suoi occhi dopo che aveva appena smesso di fare strani pensieri su di lui.
Pierre alzò le spalle lasciando perdere, «se lo dici tu..» affermò chiudendo l’auto.
Bethany annuì improvvisamente in imbarazzo, «allora.. ci vediamo» buttò lì.
Pierre le sorrise spensierato, «è stato un piacere vederti di nuovo» ammise poi sincero, prima di rientrare.
Beth rimase ferma alcuni istanti, osservandolo attraversare il parcheggio, per poi riprendersi e camminare velocemente verso casa.
Non sapeva che cosa le prendeva in sua presenza, l’unica cosa di cui era certa era dell’effetto che ciò che provava aveva fisicamente su di lei. La sua personalità estroversa lasciava spazio ad una Bethany che aveva il perenne timore di parlare o dire la cosa sbagliata, il che non andava bene.
Accelerò leggermente il passo per arrivare prima a casa e non essere costretta ad alzarsi presto il giorno successivo per ripassare storia, ma fu costretta ad arrestarsi tutt’ad un tratto.
«Beth!» esclamò il ragazzo che le si era parato davanti, con alcuni dei suoi soliti scagnozzi alle spalle.
La ragazza sussultò a quella vista, «Luke» disse poi secca e ben poco educatamente.
Lui sorrise, scostandole una ciocca di capelli dal viso, «dove vai così di fretta?»
«A casa» borbottò lei.
In quel momento avrebbe desiderato che Pierre ci avesse impiegato cinque minuti in più a prenderle la borsa oppure che si fosse offerto di accompagnarla a casa anche se sapeva già che lei avrebbe rifiutato.
«Vuoi che ti accompagni?» domandò Luke, mostrandole uno di quei sorrisi che fino ad alcuni mesi prima avrebbero sprigionato le farfalle nel suo stomaco.
Beth scosse la testa velocemente, «devo andare a studiare, scusa. Ci vediamo a scuola» disse frettolosamente prima di continuare per la sua strada, questa volta senza che nessuno glielo impedisse.
Soltanto quando voltò l’angolo si accorse di quanto il cuore le stava battendo in quel momento. Beth si appoggiò al muro di un negozio portandosi la mano sul petto e cominciando a respirare profondamente con gli occhi chiusi.
Luke non le aveva mai fatto niente di male – ad eccezione di farsela col capitano delle cheerleader – ma tanto era l’odio che provava per lui che solo a ripensare al tempo che avevano passato da soli le venivano i brividi e non riusciva ancora a capire come avesse fatto a non rendersi conto prima di che razza di viscido fosse.
Scosse la testa cercando di ricacciare nei meandri della sua mente quei brutti ricordi, infondo ormai quello era passato e avrebbe dovuto soltanto imparare dai suoi vecchi errori. A quel pensiero la sua mente corse direttamente a Pierre, Beth si sentiva impotente davanti a quelle sensazioni che provava, tuttavia erano mille volte meglio di Luke.
 

***


HELLO!
Scusate per il leggero ritardo nel postare ma nonostante avessi il capitolo già scritto mi sono dimenticata di pubblicarlo AHAHA
Il problema è che ho lo stage e arrivo a casa che mi butto sul divano a guardare Jersey Shore e non mi muovo fino a quando non mi addormento quindi.. Comunque ora sono qui! :D
L’ho scritto lo stesso giorno in cui – vagando per You Tube – mi sono imbattuta in Pierre che si crede i LMFAO e ho rischiato l’infarto. In realtà avrei potuto riscrivere il capitolo in maniera diversa ma alla fine sono io che scrivo e mi piace il fatto che quello che mi succede davvero influenzi l’andare dei fatti – non so se mi sono spiegata HAHA
Fatemi sapere che ne pensate, vi scongiuro!
Intanto ringrazio le persone che seguono – preferiscono – ricordano la storia e, ovviamente, chi recensisce! Non pensavo che avrei ricevuto così tante recensioni già al primo capitolo, grazie mille, davvero! Siete stupende! E se state scrivendo qualcosa sui Simple Plan linkatemi tutto che sono curiosa di leggere uù
Jas 

P.S. Mi sono dimenticata di dirvi che se qualcuno vuole essere avvertito quando aggiorno non deve fare altro che dirmelo! O qui oppure direttamente su Twitter, sono @xkeepclimbing :)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


 

Beth appoggiò la testa sul tavolo della mensa osservando assonnata il piatto colmo di cibo a due centimetri dal suo naso senza tuttavia incuterle fame. Quella mattina si sentiva più esausta del solito nonostante la sera prima fosse andata a letto presto e, per di più, l’interrogazione di storia non era andata abbastanza bene da avere una media sufficiente indi per cui si sarebbe dovuta impegnare ancora di più.
Vide in lontananza Claire avvicinarsi con un vassoio in mano, ma non ci fece molto caso fino a quando la sua amica non lo lasciò cadere con molta poca delicatezza sul tavolo, costringendola ad alzarsi.
«Che hai?» chiese subito la ragazza curiosa, mangiando una patatina dal piatto.
Beth alzò le spalle, «sono solo stanca. E depressa» disse coincisa.
Claire aggrottò le sopracciglia confusa, «cos’è successo?» domandò poi.
«Mi hanno interrogata in storia» borbottò, «e ho preso a malapena la sufficienza. Non ho idea di come recuperare il votaccio dell’ultima verifica» sospirò affranta.
Claire le appoggiò una mano sul braccio sorridendole rassicurante, «non pensarci troppo, tu continua a fare il tuo e vedrai che sarai ripagata. Piuttosto, tieniti libera per il week-end.»
Bethany la guardò con sguardo interrogativo, non c’era mai niente di interessante da fare in quel posto e non capiva il motivo di tutto quell’entusiasmo da parte dell’amica. Le poche feste che venivano organizzate dai loro coetanei includevano sempre il gruppo di persone della scuola che Beth voleva evitare dopo la fine della sua relazione con Luke mentre gli altri eventi o erano per vecchi oppure per gli sfigati, e lei non era ancora caduta così in basso. Inoltre, per quanto Claire potesse essere allegra e simpatica, non le piaceva passare la serata in giro solo con lei – e la cosa valeva anche al contrario – e dato che non avevano un giro di amici troppo vasto, da alcuni mesi a quella parte si erano ridotte o a frequentare il cinema o ad andare l’una a casa dell’altra a guardare film e mangiare schifezze.
«Cosa dovremmo fare questo fine settimana?» domandò finalmente, destandosi dai suoi pensieri.
Claire non riuscì a trattenere un sorriso raggiante mentre iniziava a raccontare, gesticolando animatamente.
«Ieri, dopo che sei andata via è saltato fuori il discorso “concerti” e Seb e mio fratello mi hanno detto che si sarebbero esibiti per beneficienza questo sabato. Ovviamente io sono invitata e Pierre mi ha chiesto di chiederti se ti andava di venire, giusto per fare qualcosa di diverso. Che ne dici?»
Beth rimase in silenzio, incapace di proferire parola. Il suo cervello era rimasto fermo alle parole “Pierre mi ha chiesto di chiederti se ti andava di venire”.
Annuì con veemenza deglutendo a fatica mentre sentiva il cuore batterle come un martello pneumatico nel petto. Non riusciva a ignorare quella sensazione ma allo stesso tempo si rendeva conto di quanto fosse sbagliata e si vergognava, in parte, di ciò.
«Dove si esibiscono?» chiese, fingendo indifferenza per quanto dentro di sé stesse esultando.
«Dove si esibisce chi?»
Sia Beth che Claire si voltarono di scatto verso la persona che si era appena intromessa nella loro conversazione, notando con tristezza che era Luke.
«Che vuoi?» domandò Bethany scocciata, mettendosi a braccia conserte.
«Gentili come al solito, Collins» osservò lui sarcastico. «Allora, di che cosa stavate parlando?» insistette.
«Non ti interessa» ribatté acida Beth, «mio fratello» la sovrastò Claire.
Luke sorrise leggermente alla ragazza, «è tornato in città?» chiese, poi.
Lei annuì, sotto lo sguardo truce di Beth che in quel momento avrebbe voluto strozzarla con le sue stesse mani. Per quanto fosse amica di Claire, lei non conosceva così bene Luke come pensava e non avrebbe mai dovuto coinvolgerlo nella conversazione nonostante non gli avesse detto nulla di male.
Quel ragazzo sapeva essere pesante se voleva, doveva essere come un estraneo a cui non si doveva dare confidenza. Sapeva ingannare le persone e fingere di essere chi non era per il semplice gusto di prenderti in giro e utilizzarti a suo piacimento.
«Sono felice» disse lui semplicemente, alzandosi dal tavolo. «E’ stato un piacere parlare con voi, ci vediamo in giro.»
«Cosa ti è saltato in mente?» domandò Beth furiosa non appena Luke si fu allontanato.
«Non ho fatto niente di male!» si difese Claire, «mi ha fatto una domanda e io gli ho risposto, secondo me tu esageri con lui. Va bene che non si è comportato molto bene con te ma mi sembra che stia cercando di rimediare e anche se non vuoi tornarci insieme, il che lo capisco, potresti almeno essere educata nei suoi confronti» la riprese.
Beth la guardò incredula, «è così che la pensi? Secondo te sono io ora quella cattiva o devo ricordarti cosa mi ha fatto lui?»
Claire sospirò, «non sto dicendo che sei tu in torto, anzi, a mio parere però porti troppo rancore, tutto qui.»
Bethany non rispose, non aveva intenzione di litigare e conoscendo la testardaggine dell’amica sapeva che se avessero continuato con quel discorso sarebbero finite per discutere animatamente.
«Se lo dici tu» si limitò a borbottare, racimolando le proprie cose ed alzandosi dal tavolo.
«Allora, ci sei o no?» le chiese Claire, con la bocca piena.
«Ci devo pensare, ti farò sapere» le rispose Beth prima di lasciare l’amica.
In quel momento era troppo alterata per pensarci su ed era certa che se fosse stata costretta a dare una risposta, questa sarebbe stata sicuramente negativa nonostante fosse già consapevole del fatto che se ne sarebbe pentita l’attimo dopo. Doveva far sbollire la rabbia prima di risponderle, benché stesse già pensando a come sarebbe stato vedere Pierre cantare dal vivo.
 
Pierre saltò giù dal palco con fare agile per prendere una bottiglietta d’acqua dalla cassa appoggiata lì per terra. Nonostante quello per cui si stavano preparando fosse un concerto di beneficienza non significava che dovesse essere organizzato peggio degli altri, motivo per cui stavano provando dalle dieci di quella mattina. Sebbene non si esibisse da poco più di una settimana, in quel momento i trentatré anni che si portava sulle spalle gli pesavano alquanto. Si lasciò andare su una sedia accanto alle riserve d’acqua bevendo un lungo sorso dalla bottiglietta che aveva appena aperto inumidendosi anche leggermente la faccia.
«Pierre!» si sentì chiamare.
Si voltò di scatto in direzione di Seb che improvvisava un assolo di chitarra tenendo lo strumento dietro la testa, per quanto gli costasse ammetterlo, era davvero bravo, pensò Pierre.
«Che ne dici se lo faccio in concerto?» chiese poi il ragazzo, in estasi come un bambino il giorno di Natale.
Il cantante alzò le spalle troppo esausto per pensare ad una provocazione da cui sarebbe scaturito uno dei tanti battibecchi che nascevano tra di loro ma che poi si concludevano sempre in un abbraccio.
«Forza ragazzi, i cinque minuti di pausa sono finiti. Riprendiamo da Jet Lag» li avvertì un tizio, che non faceva altro che impartire ordini da quando era arrivato.
Pierre si alzò a fatica dalla sua comoda postazione risalendo sul palco e prendendo in mano il microfono, in attesa che le prime note del loro primo singolo del nuovo album si diffondessero nell’arena.
Nell’istante preciso in cui cominciò a cantare tutta la stanchezza che aveva addosso fino ad alcuni attimi prima sparì, lasciando spazio alla solita carica di adrenalina che si impossessava di lui ogni qualvolta cantava.
Si avvicinò con fare provocante a David, che si divertiva ad fingersi Natasha Bedingfield quando non c’era nessuno a cantare la parte femminile, cominciando ad accarezzargli i capelli e arrotolando alcune ciocche attorno alle dita.
«Sono geloso!» sentì dire da Seb, dall’altra parte del palco.
Pierre scoppiò a ridere proprio quando fu il turno di David di cantare la propria parte di strofa, così che non disturbò nemmeno l’esibizione.
In mezzo a quell’atmosfera allegra, nelle successive due ore provarono svariate volte tutte le canzoni della scaletta fino a quando non fu annunciato loro – con grande sollievo – che potevano andare a casa.
«Finalmente!» esclamò Chuck, dando un ultimo colpo alla batteria prima di alzarsi dalla sua postazione. «Ci facciamo una birra?» chiese subito dopo.
Tutti annuirono alla proposta e nel giro di pochi minuti furono riuniti in un bar poco lontano dal luogo delle prove con una media a testa.
«A cosa brindiamo?» domandò Jeff, alzando il bicchiere in aria.
«Alle nuove conoscenze» affermò Sébastien convinto, lanciando un’occhiata a Pierre, sotto lo sguardo confuso degli altri.
«Che conoscenze?» s’intromise curioso David, facendo muovere gli occhi più volte da Seb a Pierre, troppo intento a fulminare il colpevole con lo sguardo.
«Confessa» lo istigò Sébastien, divertito.
«Confessare cosa?», il tono di Pierre era alquanto irritato.
«L’amica di tua sorella» borbottò il chitarrista, schiarendosi leggermente la voce per nascondere le parole.
«Non so di cosa parli..» insistette il cantante con fare ingenuo.
«Dai Pierre, ho visto come te la mangiavi con lo sguardo. Ammettilo che sei attratto da lei.»
«Ma da chi?!» intervenne di nuovo David spazientito.
«Un’amica di mia sorella» spiegò Pierre, «Seb è convinto che sia interessato a lei ma non è vero! Non so neanche se è maggiorenne!» esclamò, allargando le braccia.
«Ma è carina?»
«Beh, non è male» borbottò il cantante, rigirandosi la birra tra le mani in evidente disagio.
«E’ matura per la sua età?» domandò Chuck.
«Beh, io.. Non la conosco così bene.»
«E’ per quello che ho brindato alle nuove conoscenze» intervenne Seb, sottolineando il termine “nuove”.
«Secondo me non dovresti lasciare che il fattore età ti blocchi, prova a conoscerla senza farti influenzare da ciò e poi valuti se ne vale la pena» spiegò Chuck serio, «come hai detto che si chiama?»
«Non l’ho detto» borbottò Pierre scocciato.
«Bethany, ma per gli amici Beth» lo interruppe Sèbastien, alquanto entusiasta e divertito dalla scena.
«Come fa di cognome? Posso aggiungerla su Facebook?» domandò David, tirando fuori l’iPhone dalla tasca.
«Non ne ho idea» ribatté secco Pierre.
In quel momento il telefono che aveva appoggiato sul tavolo cominciò a vibrare, notando il numero di casa sua si ricordò che doveva andare a cena dai suoi nonni.
«Ragazzi devo andare» disse, alzandosi.
«Da Beth?» chiesero, quasi in coro.
Pierre si lasciò andare a un sorriso, «se siete scemi..» affermò, scuotendo la testa.
«Usa le protezioni!» gli gridò David, ricevendo in risposta il dito medio di Pierre, prima che sparisse dietro la porta del locale.
Nonostante all’inizio avrebbe voluto uccidere Sébastien per aver intavolato un discorso che non aveva il diritto di tirare in ballo, alla fine i suoi amici erano ancora riusciti a farlo ridere di una situazione piuttosto strana.
Doveva ammetterlo, quella ragazza lo prendeva in una maniera strana, era in grado di fargli palpitare i cuore come non gli succedeva da quando aveva conosciuto Genevre. Si sentiva patetico, a trentatré anni suonati si ritrovava a pensare come un adolescente di un’adolescente quando invece avrebbe dovuto iniziare seriamente a cercare la donna con cui avrebbe voluto passare il resto della sua vita. Il problema era che Pierre non voleva prendersi una responsabilità tale, era della filosofia che le cose più belle succedono quando meno te l’aspetti e andare alla ricerca disperata dell’anima gemella avrebbe attratto come una calamita le persone meno adatte. Bethany invece era entrata a far parte della sua vita come un fulmine a ciel sereno, la conosceva “indirettamente” da mesi ormai, durante le conversazioni con sua sorella veniva nominata spesso da lei per qualcosa che avevano fatto mentre erano insieme o che era loro successa ma Pierre non avrebbe mai pensato che avrebbe potuto interessarsi e lei. L’aveva già vista in foto prima, e sapeva a grandi linee anche il suo carattere e alcune cose su di lei ma quando l’aveva vista.. beh, lì era tutta un’altra storia.
Scosse la testa cercando di darsi un contegno. Nonostante i suoi compagni gli avessero dato, in un certo senso, la loro benedizione lui non si sentiva sicuro di ciò a cui sarebbe potuto andare incontro e, cosa più importante, non aveva idea di come la pensasse Beth. Avrebbe potuto partire in quarta, ma se lei non avesse ricambiato? O, peggio, se si fosse lamentata con i suoi genitori? Avrebbero potuto denunciarlo, o fare qualunque altra cosa che avrebbe tirato in ballo avvocati e quant’altro e l’ultima cosa che voleva Pierre era dover avere a che fare con la giustizia. Che figura ci avrebbe fatto con la stampa? Si immaginava già il titolo “Il cantante dei Simple Plan Pierre Bouvier denunciato dai genitori di una 17enne”, per quanto sembrassero andare di moda a quei tempi le differenze di età lui non voleva assolutamente avere problemi e non era certo che ne sarebbe valsa la pena.
Salì sulla sua macchina accendendo la radio e chiudendo per alcuni secondi gli occhi cercando di rimettere insieme le idee.
In quel momento sentì il cellulare suonare: un nuovo messaggio da parte di Claire.
Prendi due biglietti per il tuo concerto, io e Beth ci saremo! :)”
«Cominciamo bene» borbottò Pierre tra sé e sé, accendendo l’auto. Nonostante tutto però, infondo sentì un guizzo di gioia farsi spazio dentro lui.
 

***


Eccomi qua con un capitolo leggermente più lungo degli altri :)
Ho cercato di parlare un po’ più di Pierre e ho inserito anche gli altri membri della band caratterizzandoli un po’ come me li immagino. Dalle interviste che ho visto Chuck mi sembra un po’ il più intellettuale del gruppo, nelle impressioni del tour europeo, per esempio, era lì che si interessava ai monumenti delle città che visitavano mentre gli altri facevano gli idioti HAHAHA
David e Seb mi sembrano quelli un po’ più pazzerelli (?) mentre Jeff devo ancora inquadrarlo bene, ma mi sembra un tipo abbastanza tranquillo, no?
Oddio spero di non aver sparato stronzate assurde ma queste sono state le mie impressioni poi boh.
In qualunque caso io me li tengo così i personaggi però mi piacerebbe sapere come sono davvero nella realtà quindi vi prego fatemi sapere se non ho fatto delle figure assurde! AHAHA
E poi, fatemi anche sapere che ne pensate del capitolo, ovviamente :)
Io intanto cercherò di aggiornare al più presto, I promise.
Jas
 
P.S. Volevo ringraziarvi tutte per le meravigliose recensioni che mi lasciate e i commenti anche su Twitter! Grazie di cuore, sul serio :)

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***



Quando Claire e Beth arrivarono al luogo del concerto, questo era già gremito di gente in attesa di entrare.
«Saremmo dovute arrivare qua un pelo prima» borbottò Bethany affranta.
«Per avere dei posti decenti saremmo dovute arrivare qua all’alba» ribatté l’amica. «Ma essere la sorella del cantate della band che si è venuti a vedere ha i suoi vantaggi» aggiunse tranquilla, superando la fila per dirigersi nel retro dello stabile.
«Dove stiamo andando?» domandò Beth smarrita e guardandosi in giro leggermente preoccupata.
Quel posto non le ispirava per niente fiducia. Era nella periferia della città, stava diventando buio e in quel vicolo stretto circondato da muri alti e grigi non c’era anima viva ad eccezione di loro due.
«Da questa parte» l’avvertì Claire trascinandola per un braccio verso una porta d’emergenza lì vicino.
Un uomo grande e grosso le accolse con fare burbero ma non appena riconobbe il viso di Claire si lasciò andare a un enorme sorriso.
«Piccola Bouvier, che piacere vederti!» esclamò raggiante, lasciandole passare all’istante.
Claire ricambiò il saluto prima di avventurarsi per i corridoi che portavano a diverse stanze tra cui i camerini dei ragazzi.
«Dove stiamo andando?» domandò Bethany smarrita e allo stesso tempo agitata.
«Ad augurare buona fortuna ai ragazzi» rispose Claire tranquilla, prima di bussare alcune volte su una porta bianca su cui era scritto a caratteri cubitali “Simple Plan”.
Abbassò la maniglia senza preoccuparsi di sentire qualcuno rispondere “avanti” e quella che si presentò davanti ai loro occhi fu una scena a dir poco surreale.
«Pierre!» esclamò Claire indignata, rivolgendosi a suo fratello.
Solo in quel momento i ragazzi si accorsero della presenza delle due che li guardavano sconcertate.
Chuck lasciò cadere a terra le bacchette della batteria che teneva in mano, producendo un rumore sordo, mentre Pierre scese con cautela dalla schiena di Seb.
«Cosa stavate facendo?» chiese Claire, quasi timorosa della risposta che avrebbe potuto ricevere.
Pierre si grattò la nuca leggermente a disagio, più per la mancanza di una risposta ragionevole che per essere lì in mutande.
«Ci stavamo riscaldando per l’esibizione» lo anticipò David, accordando la propria chitarra.
Pierre annuì convinto sorridendo a Bethany, «ciao Beth» le disse poi, sventolando leggermente la mano in aria.
«Allora è lei la famosa Bethany!» esclamò Jeff, rimasto in silenzio fino ad allora ad armeggiare con il cellulare.
«Come fate a conoscerla?» domandò Claire curiosa.
Beth si limitò a guardare confusa chiunque prendesse parola, troppo a disagio in quel momento per aprire bocca. Per quanto non si definisse fan dei Simple Plan trovarsi lì con loro la metteva comunque un po’ in agitazione per non parlare di Bouvier in mutande che probabilmente si era dimenticato di esserlo dato che non voleva accingersi a vestirsi. Non che le sarebbe dispiaciuto, ma avere quel fisico invidiabile da un Dio greco così sotto gli occhi non faceva altro che contribuire al suo imbarazzo.
«Beh, Pierre ci ha..» prima che potesse concludere la frase, David si beccò un colpo secco da parte del diretto interessato in pieno petto, «ci ha detto che avresti portato una mica» concluse, con la voce strozzata dal dolore.
Claire annuì, la sua motivazione non faceva una piega.
«Beh, eravamo passate per augurarvi buona fortuna, ora vi lasciamo preparare che manca poco all’inizio» disse poi, lanciando un’occhiata breve ma intensa a Seb.
«Ci vediamo dopo allora» rispose Pierre, alzando la mano in segno di saluto e facendo l’occhiolino a Beth.
La ragazza sorrise imbarazzata e tirò un sospiro di sollievo quando si ritrovò nel corridoio di prima viva e vegeta.
«Sei molto loquace stasera» osservò Claire, superando con destrezza tutte quelle persone e porte che le separavano dal parterre dal quale avrebbero visto il concerto.
«Cosa dovevo dire con tutta quella gente famosa che mi osservava?» rispose Beth stizzita, cercando di nascondere il più possibile il motivo di tutta quell’agitazione.
Claire alzò le spalle, «forse hai ragione. Scusa. Ormai io ci ho fatto l’abitudine, alla fine sono tutti dei ragazzi normali, un po’ svitati, ma normali. Il fatto è che a volte mi dimentico di chi siano “per gli altri” e che quindi possono mettere un po’ a disagio le persone.»
Beth le sorrise ringraziandola tacitamente per essere così espansiva da aver trovato lei una risposta – non corrispondente alla realtà – plausibile.
 
Quando le ultime note di Perfect riecheggiarono nell’aria un boato si alzò dal pubblico e Beth si voltò sorridente verso Claire, troppo intenta ad applaudire e acclamare la band per prestarle attenzione.
Nonostante non sapesse ogni singola parola di ogni singola canzone che avevano cantato Bethany si era davvero divertita e si era resa conto di aver sottovalutato leggermente quella band. Anche dal vivo erano perfetti e riuscivano a creare un legame con il pubblico per cui era impossibile non cantare a squarciagola e dimenarsi come dei pazzi.
Nel bel mezzo di quei pensieri Beth si sentì prendere per una mano prima di essere trascinata controcorrente, verso il palcoscenico, a differenza di tutta le gente che si dirigeva verso l’uscita.
Quando la luce chiara e forte dello stesso corridoio in cui erano prima colpì in pieno viso Beth, fu costretta a socchiudere le palpebre e permettere agli occhi di abituarsi a quella luminosità.
«Allora come siamo stati?» sentì qualcuno domandargli alle spalle.
Bethany si voltò di scatto, incontrando lo sguardo di Pierre mentre si asciugava il viso dal sudore e, ovviamente, senza maglietta.
«Dove sono gli altri?» chiese subito Claire, senza preoccuparsi di rispondere.
Il fratello le fece un cenno con la testa verso una stanza ad alcuni metri da lì e, senza preoccuparsi di Bethany, la ragazza si diresse verso i restanti membri della band.
«Devo ammettere che non siete male» ammise Beth con sufficienza, mordendosi leggermente il labbro.
«Non siamo male?» ripeté incredulo Pierre, appoggiandosi l’asciugamano sulla spalla. «Ogni volta che ti guardavo sembravi starti divertendo un mondo» commentò poi divertito.
Bethany si sentì avvampare, come aveva fatto a vederla? Il pubblico era stato nella penombra durante tutto lo spettacolo e lei e Claire non si erano piazzate proprio in prima fila, com’era riuscito a scovarla in mezzo a tutta quella folla?
«Ma come.. ?»
«Sono un falco» la interruppe Pierre, cogliendo al volo la causa dello smarrimento della ragazza.
I due si raggiunsero in silenzio gli altri, intenti a commentare animatamente tutto il concerto per accorgersi del loro arrivo.
«Ragazzi andiamo a bere qualcosa dopo?» domandò Seb, alzandosi di scatto dal divano.
«Se paghi te subito» ribatté David.
«Forse prima è meglio se ci facciamo una doccia» osservò Chuck, alzandosi dal divano.
«Prima io!» esclamò David, anticipando l’amico e dirigendosi in fretta e furia verso il bagno.
I ragazzi lo guardarono smarriti prima di guardarsi in faccia a vicenda ed alzare le spalle, «perché tutta questa fretta se ci sono abbastanza bagni per lavarsi ognuno in santa pace?» domandò Pierre confuso, grattandosi la nuca.
Jeff scosse la testa puntandosi l’indice alla tempia mostrando tacitamente l’intelligenza del suo amico.
«Dieci minuti e siamo pronti» disse Chuck alle ragazze, prima di sparire, seguito dagli altri, nei bagni.
Bethany si lasciò andare sul divano appoggiando comodamente la testa e chiudendo gli occhi.
«Io non so se ho voglia di venire» borbottò poi, lasciandosi andare a uno sbadiglio.
«Beth ti scongiuro, mio fratello berrà di sicuro e diventerà meno oppressivo e io potrò stare con Seb» disse Claire tutta d’un fiato mettendosi di fronte all’amica.
«Non puoi andarci solo tu?»
«No, non mi va di lasciarti sola.»
«Ma dovrai pur stare da sola, se vuoi stare con Seb» osservò cautamente Bethany.
Claire ci pensò su un attimo prima di rispondere, «hai ragione. Beh, poi torniamo comunque a casa insieme.»
Beth annuì poco convinta alzandosi dal divano e lasciandosi scappare l’ennesimo sbadiglio.
«Vado fuori a prendere una boccata d’aria altrimenti mi addormento. Chiamami quando sono pronti» avvertì l’amica prima di dirigersi fuori.
Ovviamente Bethany si era dimenticata di quanto fosse macabro quel posto e si pentì dell’idea che aveva avuto l’istante stesso in cui mise piede in quel vicolo buio e silenzioso. Decise di spostarsi sull’entrata principale, dove almeno alcuni lampioni illuminavano l’ampio piazzale circostante.
Vide ancora un gruppo di ragazzi – probabilmente fan – chiacchierare nella penombra ma non ci diede molto peso fino a quando non notò Luke avvicinarsi a lei.
«Pensavo che Claire mi avesse detto una bugia, non ti vedevo..» disse, dando un tiro alla sigaretta che teneva in mano.
Beth si mise a braccia conserte assottigliando lo sguardo per vedere meglio il ragazzo.
«Non dovrebbe interessarti» borbottò acida.
Luke le prese una mano, che Bethany si affrettò a lasciare con uno strattone secco.
«Senti – il ragazzo sospirò passandosi una mano tra i capelli tendenti al rossiccio – sto cercando di rimediare a quello che è successo ma tu non me ne dai la possibilità!» esclamò, alzando notevolmente il tono della voce verso la fine della frase.
Beth sussultò spaventata da quella reazione esagerata, notando che anche il gruppetto con cui era venuto si era zittito completamente e in quel momento si limitava a guardare loro due con discrezione parlottando sottovoce.
Luke prese un respiro profondo, «scusa» disse poi, «è che mi dispiace per questa situazione. Io ti amo e lo so che tu non mi credi perché se ti avessi amata non avrei fatto quello che in effetti ho fatto. Però devi fidarti di me quando ti dico che mi pento del mio passato e che sono pronto a ricominciare se solo tu..»
«Basta» disse secca Beth, con gli occhi ormai pieni di lacrime.
Si odiava per la sua emotività in quelle situazioni, odiava se stessa perché doveva ammettere che sotto sotto provava ancora qualcosa per Luke. Non lo amava, certo, e non lo aveva mai amato ma l’odio che provava nei suoi confronti era così forte da riuscire a cambiarle l’umore inoltre, anche l’odio era un sentimento. Avrebbe voluto avere un cuore di ghiaccio, incapace di sentire le emozioni così da poter essere stata in grado di non farsi abbindolare dal più figo della scuola che non si sa per quale motivo aveva notato lei, la ragazza più comune che potesse esistere. Avrebbe voluto essere insensibile, mostrare soltanto disprezzo nei confronti di quel verme che non meritava neanche una goccia delle sue lacrime invece si ritrovava ad avere le guance umide senza essere in grado di smettere.
«Lo sai già come stanno le cose, e sai già che niente potrà cambiare tra di noi quindi ti chiedo – per l’ennesima volta – di lasciarmi in pace Luke, sono stanca.»
Beth sussurrò quasi quelle parole, ormai sfiancata dal numero di volte che le aveva ripetute, ma quando si voltò per andarsene sentì essere presa per un polso con forza.
«Adesso mi ascolti» digrignò Luke, con una luce negli occhi che fece venire i brividi a Beth, «se non fosse stato per me non saresti mai andata al ballo l’anno scorso, non saresti mai diventata reginetta e non avresti mai capito il termine popolarità, quindi tu sei in debito con me, Collins e l’unico modo per pagarlo e fare quello che dico io.»
«Lasciami!» gridò Bethany disperata, cercando – senza successo – di scappare da quella morsa dolorosa.
«Beth, c’è qualche problema?» sentì qualcuno chiamarla.
La ragazza si voltò vedendo Pierre arrivare nella sua direzione. Luke si affrettò a mollare la presa asciugandosi le mani sudate sui jeans e regalando un sorriso falso al cantante che ricambiò il saluto.
Bethany approfittò di quell’attimo per asciugarsi le lacrime e fare un respiro profondo, tentando di riprendersi.
«Me lo fai un autografo?» domandò Luke, con l’aria più da bravo ragazzo che potesse avere, cercando nello zaino che aveva con sé un pezzo di carta e una penna.
Pierre firmò sorridente e ignaro di cosa stesse succedendo prima di rivolgersi a Beth, «andiamo?»
Lei annuì, seguendo Pierre verso la macchina.
«Ehi, tutto bene?» domandò poi lui, preoccupato.
Bethany annuì, morendosi il labbro tremante cercando di fermare le lacrime che minacciavano di scendere.
Non riuscì a trattenere un singhiozzo che Pierre sentì. Il ragazzo si fermò di scatto costringendo Bethany a voltarsi verso di lui, «ma stai piangendo.. Bethany dimmi cos’è successo» affermò Pierre serio ma allo stesso tempo preoccupato.
La ragazza tirò su con il naso non riuscendo infine a trattenersi e scoppiando in un pianto sfrenato.
Pierre si guardò un attimo intorno indeciso sul da farsi, non era mai stato bravo nel consolare ma alla fine lasciò che Beth si stringesse a lui e si sfogasse. Il suo esile corpo era scosso dai singhiozzi, per quanto lui si impegnasse a rassicurarla non sembrava voler smettere. Sentiva la sua maglietta di cotone leggero umida delle sue lacrime ma quello era l’ultimo dei suoi pensieri, mentre le accarezzava dolcemente i capelli.
Bethany poi, improvvisamente, si staccò da lui con uno scatto, quasi come se fosse imbarazzata da ciò che aveva fatto. Pierre cercò di sorriderle rassicurante, infondo non ci trovava niente di male, l’unica cosa per cui era preoccupato era il motivo per cui Beth era così scossa.
«Tutto bene?» domandò Pierre, col tono di voce più dolce che potesse avere.
Bethany annuì velocemente, tirando su col naso.
«Ti va di parlarne??»

 

***

 

Eccomi!
E’ un po’ presto, lo so, ma attualmente sto scrivendo il sesto capitolo e dato che questo era già pronto ho deciso di postarlo per ringraziarvi perché QUESTA STORIA E’ LA PRIMA TRA LE SCELTE DI QUESTO FANDOM.
Grazie mille, davvero! Cioè, con soli tre capitoli è già la fan fiction che è tra i preferiti di più persone, non so come ringraziarvi, sul serio dfvbrthegsf
Ma ora passiamo al capitolo uù
Ci tengo ad avvertirvi che questo Luke causerà molti problemi a Pierre e Beth ma allo stesso tempo secondo me tra un po’, per qualche strano motivo, vi ritroverete a ringraziarlo HAHAHA
Diciamo che Pierre che consolava Beth non era previsto nella scaletta ma mentre scrivevo mi è uscita sta cosa e l’ho lasciata. In realtà molte delle cose che programmo accadano, in realtà alla fine subiscono variamenti quindi fateci l’abitudine e.e
Altra cosa, non sono certa che l’ultima canzone che i Simple Plan cantano nel tour sia Perfect – ammetto di aver cercato in Internet ma sono alquanto restia riguardo l’affidabilità del sito che ho trovato cwc – quindi nel caso non sia così, chiedo venia :D
Credo di aver detto tutto, nel prossimo capitolo si parlerà anche di Claire e Seb e succederanno un po’ di cose.. Diciamo che la storia comincia a movimentarsi!
Fatemi sapere che ne pensate,
Jas

 

     

 (per ringraziarvi di nuovo, vi lascio un sexy Bouvier che balla :D)    

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***



 

Beth bevve un lungo sorso del tè al limone che aveva ordinato sotto lo sguardo preoccupato di Pierre che la stava guardando da tutta la serata, come se perdendola d’occhio per un secondo le potesse succedere qualcosa di male.
In realtà Bethany si era pentita subito del crollo emotivo che aveva avuto ma l’insistenza di Pierre non aveva fatto altro che contribuire alla rabbia che ribolliva in lei fino a quando non era riuscita più a resistere. Alla fine gli aveva raccontato velocemente tutto ed era riuscita a rimettersi in sesto prima dell’arrivo degli altri così da dover evitare di dare spiegazioni.
«Stai bene?»
La voce di Pierre riscosse Beth dai suoi pensieri, lo guardò smarrita per alcuni secondi prima di annuire frettolosamente.
«Forse però è meglio che vada a casa, non sono dell’umore per stare in giro..» continuò, guardando il suo bicchiere ormai mezzo vuoto.
Il ragazzo annuì comprensivo, «allora ti accompagno» disse prima di alzarsi, segno che non avrebbe accettato un “no” come risposta.
Guardò per alcuni istanti gli altri, troppo intenti a chiacchierare animatamente per accorgersi che loro si erano alzati, del resto si erano comportati così per tutta la serata, non chiedendo spiegazioni né a Bethany né a Pierre per essere stati così silenziosi.
«Gente, noi andiamo, ci vediamo domani» decise di interromperli, prima di passare velocemente in rassegna tutti i volti che popolavano il pub in cui avevano deciso di andare, alla ricerca di Claire.
«Ma mia sorella?» domandò poi, non trovandola.
«E’ uscita con Seb a fumare» spiegò Jeff, prima di tornare alla conversazione con Chuck.
Pierre e Beth salutarono tutti senza ricevere troppe attenzioni, prima di dirigersi fuori dal locale, «ma non c’è nessuno» borbottò il ragazzo corrucciato non trovando né sua sorella né il suo amico.
«Forse si sono spostati» osservò Beth, dirigendosi verso l’angolo della strada.
La ragazza si arrestò di scatto, scioccata dalla scena che le si era presentata davanti agli occhi.
«Ma..» mormorò Pierre incredulo, che nel frattempo l’aveva raggiunta.
Seb si staccò immediatamente da Claire, spingendola via da sé bruscamente come se così facendo nessuno si sarebbe accorto di nulla.
«Ma cosa stavate facendo?» chiese Pierre, non badando alla stupidità della domanda ma bensì alquanto irritato.
Sua sorella si passò una mano tra i capelli quasi più scocciata per essere stata interrotta che imbarazzata per essere stata colta in flagrante.
«Secondo te cosa stavamo facendo?» ribatté sfacciata.
«Andiamo Claire» disse serio il fratello, stringendo i pugni.
Lei scosse la testa mettendosi a braccia conserte, «arrivo dopo» affermò con tono di sfida.
Pierre fece per ribattere ma Beth gli prese la mano facendogli cenno con la testa di andare. Lui esitò un attimo prima di obbedire e andarsene, viola dalla rabbia.
«Stai tranquillo» sussurrò Bethany quasi timorosa dopo alcuni minuti di silenzio. Lasciò bruscamente la mano di Pierre quando si accorse che la stava ancora stringendo, prima di passarsi la propria sulla maglietta.
Lui scosse la testa inquieto, troppo infuriato per accorgersi del volto di Bethany diventato rosso per la vergogna. «Mi sembra di vedere me baciare mia sorella, il che non è una bella cosa» si lamentò, «e poi quanti anni hanno di differenza? Tredici? Quattordici?»
Beth sussultò, sentendosi ferita da quelle parole che infondo riguardavano anche loro due.
Quanti anni di differenza avevano? Sedici. Ciò significava che per lui non ci sarebbe potuto essere qualcosa tra di loro, osservò affranta.
«Non credo che importi» osò dire, aspettando alcuni secondi prima di andare avanti, per vedere la reazione di Pierre a quelle parole, che tuttavia si limitò al silenzio. «A tua sorella piace Seb, e forse dovresti soltanto concentrarti sulla sua felicità.»
«Non è la differenza di età il vero problema» spiegò lui aprendo l’auto, «è chi sono, e cosa significano per me. T’immagini se le cose andassero male? Da che parte dovrei stare? Claire è mia sorella e so che la difenderò sempre e comunque, ma Seb è uno dei miei migliori amici e una delle persone con cui lavoro. Dobbiamo evitare il più possibile di avere problemi tra di noi per la band, sai quanti gruppi si sono sciolti a causa delle ragazze?»
«Secondo me ti stai fasciando la testa prima di romperla» osservò Bethany, «dovresti lasciarli vivere e vedere come vanno le cose.»
Pierre dissentì, «non capisci, anch’io l’avrei pensata così alla tua età ma quando cresci devi cominciare a pensare anche alle conseguenze delle tue azioni, devi cominciare a proiettare ciò che fai oggi in quello che sarai domani, e io sento che se le cose tra quei due andranno avanti domani sarà un bel disastro.»
«Da quando sei così profondo?» osservò Beth sarcastica, senza tuttavia non covare un fondo di tristezza in quelle parole. Ecco come la vedeva lui, come una bambina, un’immatura.
Avevano due linee di pensiero completamente diverse, che non si sarebbero mai potute scontrare nemmeno accidentalmente, pensò.
Pierre alzò le spalle, «di solito sono molto più infantile, è che..» il ragazzo ci pensò un po’  su, «boh.»
Bethany cercò di sorridere nonostante si sentisse leggermente a disagio in quella situazione. Voltò la testa verso il finestrino, appoggiandola sull’avambraccio e cominciando ad osservare la città di Montréal scorrere veloce davanti ai suoi occhi.
«Tu ce l’hai il ragazzo?»
La voce di Pierre la riscosse dai suoi pensieri, Beth si voltò di scatto verso di lui osservando il suo profilo concentrato alla guida prima di rispondere. Sembrava allegro, quasi rilassato in quel momento, e Bethany si chiese come avesse fatto a cambiare così repentinamente umore. Forse era tipico dei trentenni, pensò.
Il suo volto era illuminato a intermittenza dai fari delle auto che andavano nella direzione opposta, mettendo in evidenza i suoi occhi che sembravano luccicanti in quell’atmosfera.
«No» mormorò flebilmente, osservando attentamente la reazione di Pierre che parve completamente indifferente. «Tu?» continuò.
Pierre scosse la testa, «non più.»
Bethany rifletté su quella risposta che a suo parere implicava una voglia di raccontare qualcosa, di sfogarsi. Avrebbe potuto tranquillamente dissentire, o dire semplicemente “no”, perché invece “non più”?
Pensò seriamente di stare impazzendo, o di stare cambiando.
Da quando in qua si faceva così tanti problemi per una risposta che probabilmente Pierre aveva dato senza pensarci particolarmente? Forse era perché quando si trovava con lui aveva il perenne timore di fare qualcosa di sbagliato allora cercava di analizzare ogni singola parola che pronunciava così da essere certa di non fare figuracce ma bensì di dire la cosa giusta al momento giusto.
«In che senso non più?» chiese, rendendosi conto della stupidità e dell’inutilità della domanda soltanto dopo che fu pronunciata.
«Nel senso che avevo una ragazza e ora non ce l’ho più.. ?» osservò Pierre, confuso.
«Sì scusa, è che..»
Beth si sventolò una mano davanti al viso facendo segno che quello che aveva detto era stato completamente inutile, Pierre sorrise stranamente divertito dalla scena.
«Stai tranquilla, comunque è finita bene, se è questo che volevi chiedere.»
Bethany annuì, apprezzando la capacità di Pierre di metterla subito a proprio agio quando capiva che c’era qualcosa che non andava e nonostante non si sarebbe mai permessa di fargli domande sulla sua vita privata apprezzò la sua confidenza.
«Ci siamo praticamente lasciati in contemporanea, siamo cresciuti insieme e siamo arrivati alla soglia dei trenta prima di capire che non eravamo più gli stessi di quando ci eravamo conosciuti e che le cose tra di noi non sarebbero più funzionate.»
Beth annuì pensando alle sue parole che non riusciva a capire fino in fondo visto che la relazione più lunga che aveva avuto era stata quella con Luke che non aveva superato un anniversario.
«Meglio così» borbottò, «nel senso.. Se non stavate più bene insieme è meglio che vi siate lasciati piuttosto che continuare a soffrire a costo di stare insieme» farfugliò, senza capire nemmeno lei il senso di ciò che stava blaterando.
Pierre sorrise, «tranquilla, ho capito. Invece io presumo che il tuo ultimo ragazzo sia stato quel..»
«Luke» finì lei la frase.
«Luke. Certo.»
«Comunque sì, e credo che per un po’ me ne starò da sola. Non ho intenzione di avere altri problemi, poi sto bene anche così. Non capisco questo perenne bisogno che hanno quasi tutti di stare con qualcuno, si può vivere anche senza avere un ragazzo quando esistono gli amici e la famiglia. E’ solo un impegno in più non vale sempre la pena di assumersi, secondo me.»
Pierre annuì sicuro, rallentando alla fine di una via abitata, «condivido perfettamente» disse, prima di fermare definitivamente la macchina. In realtà non era per niente così ma non aveva intenzione di ribattere e continuare a discutere, non perché non avesse intenzione di parlare con Beth ma bensì perché aveva appena accostato davanti a casa sua e rimanere con la macchina ferma a continuare a chiacchierare gli pareva una situazione troppo intima con la migliore amica di sua sorella.
Nonostante ciò non riuscì a non chiedersi come mai fosse così scettica riguardo il sesso opposto, insomma, sapeva meglio di lei gli individui che c’erano in giro ma non riusciva a capire come potesse essere arrivata ad essere così pessimista a soli diciassette anni. Probabilmente era per Luke, anzi, ne era quasi certo, ma avrebbe voluto dirle che quando si è adolescenti ogni problema sembra la fine del mondo ma alla fine quando si cresce e ci si riguarda indietro viene quasi da ridere a pensare a ciò che anni a dietro si pensava fosse una tragedia. Si dava del ridicolo da solo nel pensare come un uomo vissuto ma Pierre credeva lo stesso di avere fermamente ragione, e la cosa più strana era che nonostante facesse pensieri alquanto “paterni” nei confronti di Beth sotto sotto non poteva negare a sé stesso che lo attraeva sia fisicamente che, cominciava a scoprire, anche caratterialmente.
«Siamo arrivati» annunciò, battendo leggermente la mano sinistra sul volante e voltandosi finalmente verso Bethany, cercando di accantonare quei pensieri scomodi nei meandri della sua mente.
«Grazie mille» disse lei, «per tutto» aggiunse poi.
Pierre scosse la testa, «non devi ringraziarmi. Sei una brava ragazza e quel coglione non ti merita, anzi, se dovesse importunarti di nuovo non esitare a chiamarmi» la rassicurò, «e poi è bello parlare con te» ammise sincero.
Beth si sentì avvampare a quelle parole, e ringraziò la luce fioca che c’era in quel momento che le nascose in parte le sue guance che probabilmente in quel momento sembravano esserle andate a fuoco.
Increspò leggermente le labbra, «ci vediamo in giro» disse, aprendo la porta.
Pierre annuì salutandola di nuovo con un gesto della mano aspettando che entrasse in casa per andarsene.
 

***

 
Potete picchiarmi çwç
Lo so che questo capitolo fa leggermente ribrezzo ed è corto ma dovevo pur far avvicinare in qualche maniera sti due ragazzacci. Sappiate che tra non molto le cose si movimenteranno quindi.. resistete! :D
Intanto io vi ringrazio per aver aggiunto la storia tra le seguite/preferite/da ricordare, per avere recensito ma anche soltanto per aver letto ed apprezzato. Significa molto per me, grazie mille <3
Fatemi sapere che ne pensate – come al solito – e.. niente, cercherò di aggiornare il più presto possibile come sempre :)
Jas

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***



 

Bethany si mise la borsa a tracolla sulla spalla mentre si dirigeva verso la biciletta appoggiata al muro di casa sua. Guardò l’orologio che aveva al polso, erano soltanto le tre del pomeriggio e avrebbe avuto tutto il tempo di andare da Claire, copiare gli appunti che non aveva preso e tornare a casa a studiare per il compito di recupero che avrebbe avuto a giorni. Cominciò a pedalare velocemente verso casa Bouvier e alcuni minuti dopo era già davanti alla porta che suonava al campanello ancora ansimante a causa dello sforzo che aveva fatto. Chiuse gli occhi cercando di far tornare il proprio respiro regolare ma fu costretta a riaprirli quasi subito perché qualcuno arrivò a rispondere.
«Ah, Pierre..» disse, sorpresa.
Lui sorrise leggermente imbarazzato con ancora un asciugamano tra le mani, Bethany fece scorrere lo sguardo su di lui accorgendosi dei capelli ancora umidi.
«Scusa ma stavo facendo la doccia. Avevi bisogno?»
Beth rimase in silenzio alcuni secondi senza sapere cosa dire, nella mente aveva il vuoto e dalla sua bocca non sembravano uscire parole.
«Io.. Ecco..» borbottò, «c’è Claire?» domandò poi, riprendendosi.
Pierre scosse la testa spostandosi dalla porta, «vieni dentro» la invitò poi, facendole strada in cucina e abbandonando l’asciugamano sul divano.
«E’ uscita un’ora fa, più o meno» spiegò poi, sedendosi. «Ma se non sbaglio ha detto che veniva da te..»
Dal suo tono incerto si capiva quanto confuso fosse e Bethany annuì in silenzio cercando di pensare a cosa le avesse detto ultimamente all’amica, soprattutto se le aveva chiesto di coprirla mentre lei non le prestava attenzione. Era ovvio che ci fosse sotto qualcosa ma per quanto si stesse impegnando a ricordare era quasi certa che Claire non le avesse detto niente riguardo bugie da raccontare ai suoi genitori o quant’altro.
La ragazza cominciò a guardarsi in giro leggermente in imbarazzo, era stata talmente concentrata sugli appunti che non le era passato nemmeno per la mente in fatto che avrebbe potuto incontrare Pierre o che, peggio ancora, Claire non sarebbe stata in casa.
Si accorse – a sua sorpresa – di molti particolari in quella casa che le erano passati inosservati fino ad allora. Per esempio, non aveva mai fatto caso alla collezione di calamite di ogni stato messa in mostra sul frigorifero, o a una foto di tutta la famiglia appoggiata sopra il forno a microonde, e si chiese se quelle cose erano sempre state lì. Solitamente era una persona molto minuziosa, a cui i particolari non passavano inosservati, invece in quel momento si rese conto che non aveva mai guardato particolarmente bene quella casa. Non che fosse curiosa ma era sempre stata una sua specie di “fissa”, quella di guardare tutto.
Pierre si schiarì rumorosamente la voce, e Beth fu distolta dai suoi pensieri. Si accorse di avere lo sguardo di Pierre addosso, e quel particolare bastò a farla andare in agitazione, più di quanto non lo fosse già.
«In realtà non ero venuta per Claire» esordì, il ragazzo sussultò sorpreso da quelle parole ma Beth non esitò un attimo prima di chiarire. «Cioè, nel senso.. Mi servirebbero i suoi appunti di storia, posso prenderli anche se non c’è..» spiegò, cominciando ad andare in panico.
Pierre sorrise fermando le mani di Beth – che gesticolava – tra le sue, «stai tranquilla, vai pure. Anzi, la strada la sai meglio di me.»
Bethany annuì con foga prima di alzarsi dalla sedia, che produsse un rumore sordo quando fu trascinata sul pavimento, e correre su per le scale sentendosi ad ogni passo più leggera. Quando aprì la porta della camera dell’amica scoprì di avere di nuovo il fiatone e si portò una mano sul petto, sentendo il cuore che le batteva all’impazzata. Attese alcuni secondi prima di guardarsi intorno cercando di ricordare dove Claire lasciasse tutte le sue cose di scuola.
«Dovrebbero essere in quel cassetto.»
Beth sussultò chiudendo poi gli occhi e ringraziando il cielo che fosse solo Pierre, che l’aveva seguita e le stava indicando un armadio di fronte a loro. La ragazza annuì avvicinandosi immediatamente e cominciando ad aprire tutti i quaderni che si trovava sottomano fino a quando non trovò ciò che cercava.
«Eccolo!» squittì, alzando trionfante il quaderno verso Pierre, che era rimasto ad osservarla appoggiato allo stipite della porta.
«E’ meglio che provi a chiamare Claire» esordì il ragazzo, cominciando a scendere le scale per tornare in cucina. Beth lo seguì e si sedette di nuovo al tavolo osservando Pierre comporre velocemente il numero e portarsi la cornetta all’orecchio. Sbuffò.
«E’ acceso ma non risponde, avrà messo il silenzioso come al solito.»
Bethany estrasse il proprio cellulare dalla borsa per mandarle un sms.
Dove sei? Tuo fratello è preoccupato, pensava fossi da me. Cosa devo dirgli?”
La risposta non tardò ad arrivare, “inventati qualcosa, sono da Seb!”
Beth sussultò leggendo quelle parole e buttò immediatamente il telefonino nella borsa quasi spaventata che Pierre potesse leggere il messaggio. Sentì una vampata di calore avvolgerle il corpo, lei non era mai stata brava con le menzogne e i sotterfugi, i segreti non facevano per lei e non aveva idea di cosa fare per coprire la sua amica.
«Adesso che ci penso» Beth si schiarì la voce, «Claire mi aveva parlato di uno strano incontro per il giornalino della scuola» buttò lì senza nemmeno rendersi conto di cosa stava dicendo. La sua voce era particolarmente stridula, segno che stava dicendo baggianate, e tremante. Non ci sarebbe voluto un genio a capire che stava mentendo spudoratamente. «Sai.. Il giornalino..» bofonchiò di nuovo.
Pierre sorrise sincero, e Bethany sentì una morsa stringerle il cuore. Si sentiva in colpa per le bugie che gli stava inculcando ma cercò di convincersi che era per il bene di Claire. Già suo fratello non aveva reagito bene quando, alcune sere prima, aveva visto la sua sorellina con Seb, figuriamoci se avesse scoperto che continuavano a frequentarsi. In realtà Beth rimase un po’ delusa dal fatto che Claire le avesse nascosto tutto fino a quando non era stata costretta a rivelare la verità, sapeva che poteva fidarsi di lei e il legame che c’era tra di loro non avrebbe mai fatto sì che andasse a dire anche solo mezza parola a Pierre.
«Smettila di cacciare balle» la riprese Pierre, ridacchiando.
Bethany sussultò, sentendo la sua voce irrompere nei suoi pensieri, prima di aggrottare le sopracciglia confusa non capendo immediatamente a cosa stesse alludendo.
«Oh.» La sua bocca assunse la forma di una O, e probabilmente se la mascella non fosse stata attaccata al resto del viso le sarebbe caduta per terra producendo un rumore sordo. «Ma tu come.. ?»
«Dai Beth» Pierre sghignazzò, «ho capito che ti metto un po’ in soggezione ma la storia del giornalino era alquanto.. Facilmente desumibile» concluse, cercando con fatica le ultime parole.
Bethany si sentì avvampare, era davvero così una pessima attrice? Ma soprattutto, adesso cos’avrebbe fatto? Non avrebbe confessato niente per nulla al mondo ma allo stesso tempo non aveva la minima idea di come comportarsi. In quel momento avrebbe voluto soltanto darsela a gambe levate e allontanarsi da casa Bouvier il più velocemente possibile, soprattutto da Pierre.
«Allora, cos’è che mi state nascondendo voi due?» continuò il ragazzo.
Beth deglutì, sentendosi essere messa alle strette cominciando a formulare una serie di risposte che sembravano una peggio dell’altra fino a quando non decise di rimanere muta. Non avrebbe detto niente, così da non dare strani indizi a Pierre, che sembrava il mago delle intuizioni.
«Chiedilo a Claire» borbottò. Si sentiva un po’ stronza a scaricare tutta la colpa su di lei ma d’altra parte non aveva idea di cosa fare, quella le sembrava la scelta migliore in quel momento. Se la sarebbero sbrigata loro in casa, Claire ci sapeva fare in quelle cose.
«Lo farei, se rispondesse al telefono» ribatté Pierre, con fare ovvio.
Bethany sbuffò, si sentiva senza via d’uscita e aveva la netta sensazione che non sarebbe uscita da quella casa fino a quando non avrebbe convinto Pierre di qualcosa, qualunque cosa. Cercò di pensare il più velocemente su una via d’uscita da quella situazione e non accantonò l’idea di confessare tutto. Infondo, non aveva ucciso sua sorella dopo che l’aveva vista con Seb, avrebbe potuto dirgli la verità cercando di addolcire la pillola in una qualche maniera, limitando il più possibile i danni. Infondo Claire sapeva della sua pessima capacità di recitare e l’avrebbe sicuramente perdonata.
«E’ con Sébastien» soffiò, tutto d’un colpo.
Aveva addolcito la pillola il più possibile.
La smorfia che fece Pierre nell’udire quelle parole fu indescrivibile, all’inizio sembrava incredulo, poi sorpreso e alla fine furioso. Probabilmente se fosse stato Hulk in quel momento avrebbe cominciato a diventare verde e a ingrossarsi, e i suoi vestiti a strapparsi, pensò Beth.
«Stai scherzando, vero?»
La voce di Pierre era calma, ma soltanto apparentemente. Aveva le guance arrossate – più del solito – e Bethany notò le sue mani chiudersi in due pugni, come per cercare di scaricare la rabbia che lo stava pervadendo in quel momento.
La ragazza scosse la testa impaurita, «me l’ha detto adesso, non dovresti nemmeno saperlo quindi ti prego, fai finta di niente.»
«Come riesco a fare finta di niente?» sbottò Pierre, allargando le braccia e cominciando a misurare a grandi passi la stanza. Aveva la fronte aggrottata, e quell’espressione, pensò Beth, tradiva la sua solita aria spensierata e allegra. Pierre sospirò più volte, passandosi la mano tra i capelli ancora umidi prima di dirigersi verso la porta senza proferire parola.
«Dove stai andando?» domandò Bethany, preoccupata che potesse andare da Sébastien.
«Mi serve aria» bofonchiò lui, abbassando la maniglia.
«Vengo con te» dichiarò decisa Beth, alzandosi e raccogliendo lo zaino e gli appunti.
«Non dovevi studiare?»
La ragazza ci pensò su un attimo, aveva ancora le ultime settimane di maggio per recuperare, sarebbe stato un tentativo un po’ estremo ma dato il danno che aveva già fatto il minimo che potesse fare nei confronti di Claire era limitarne le conseguenze.
«Non è poi così urgente» spiegò, seguendolo fuori di casa.
 

***

 

Altro capitolo che non è il massimo della lunghezza, lo so çwç
Però vi prometto che se resistete ancora un paio capitoli entreremo nel vivo della storia. Seb e Claire all’inizio non avrebbero dovuto far parte così tanto della fan fiction ma poi la gelosia fraterna di Pierre mi ha dato lo spunto per farlo avvicinare a Beth quindi ho deciso di lasciare così. Più in là comunque diciamo che verranno messi in disparte, ma non posso dirvi nient’altro altrimenti vi racconto tutta la storia! HAHAHA
Vi ringrazio come sempre per le recensioni, i preferiti e le seguite e.. basta D:
Non ho riletto quindi se trovate errori vi chiedo scusa ma sono un po’ di fretta, avrei dovuto aggiornare ieri e.e
Grazie ancora!
Jas

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***




 

Camminavano in silenzio da un buon quarto d’ora, Bethany non aveva idea di dove fossero finiti, quella era una zona di Montréal che non aveva mai visto ma, dopotutto, si fidava di Pierre.
«Allora, ti sei calmato?» esordì, cercando di fare un po’ di conversazione.
Il ragazzo si voltò verso Beth di scatto, probabilmente era così assorto nei suoi pensieri che si era perfino dimenticato di non essere da solo.
«Non ho capito..»
«Ho chiesto se ti sei calmato» ripeté lei, paziente.
Pierre alzò le spalle, «è adulta e vaccinata ormai, può fare quello che vuole Claire, l’importante è che poi non venga a piangere sulla mia spalla e pretenda di non sentirsi dire “te l’avevo detto”.»
Bethany sorrise leggermente, non sapendo cos’altro fare. Non conosceva Sébastien così bene da poter giudicarlo, lo aveva visto ben poco ma le era parso una persona esuberante e allegra allo stesso tempo.
«Tu piuttosto come stai?» domandò Pierre, cambiando argomento.
Bethany alzò le spalle, «si va avanti, come al solito.»
«E con.. Luke, giusto?» continuò titubante lui.
La ragazza annuì, «niente di che, meno lo vedo e meglio è. Poi tra poco finisce anche la scuola, motivo in più per stargli alla larga, credo che a  settembre si sarà persino dimenticato di me. O almeno lo spero.»
Pierre si fermò di scatto e Bethany non poté fare a meno di contemplare la meraviglia di quel posto in cui erano andati a finire.
Si trovavano in un parco pieno di alberi in fiore, ma lì dove si erano fermati, di fronte a loro si stanziava un’enorme fontana che sarebbe potuta essere tranquillamente confusa per un lago, se non fosse stato per il monumento che risiedeva al suo centro e da cui sgorgavano schizzi d’acqua.
«E’ meraviglioso» disse semplicemente Beth, guardandosi intorno ancora meravigliata dalla bellezza di quel posto e dal fatto che non ne avesse mai sentito parlare né tantomeno visto.
«E non lo hai ancora visto di sera» osservò Pierre, andando a sedersi su una panchina poco distante.
«Cosa intendi?»
«Quando è buio» spiegò lui, «vengono accese tutte delle luci colorate sul fondo della fontana che danno all’acqua dei riflessi strani, di solito vengo qua quando voglio stare da solo. Nonostante i paparazzi non mi inseguano giorno e notte come fanno con altra gente, qua so di essere tranquillo. Per quanto questo posto possa essere bello, non è molto conosciuto.»
«Ho notato» osservò Beth, Pierre si voltò a guardarla con sguardo interrogativo, «nemmeno io sapevo della sua esistenza fino ad oggi» continuò lei.
Il ragazzo annuì, «beh, adesso lo sai» le sorrise.
Bethany annuì, mettendosi a posto una ciocca di capelli che il vento le aveva spostato in faccia.
In quel momento, quando tutta l’ansia per Claire era sparita, cominciava a sentirsi un po’ in imbarazzo, soprattutto perché solo allora si era davvero resa conto che si trovava nel posto più romantico del mondo con niente meno che Pierre Bouvier.
Un brivido le percosse la schiena ma cercò di ignorarlo, concentrandosi invece sulle chiome degli alberi che emettevano un fruscio, mosse dalla leggera brezza.
Pierre si voltò leggermente a guardarla, contento di quanto quel posto la stesse affascinando. Si rendeva conto che era stata una mossa azzardata gironzolare per Montréal con lei ma alla fine non stavano facendo niente di male. Era un’amica di sua sorella, qual era il problema? Cercò di convincersi.
In quel momento il cellulare di Beth squillò, rompendo il silenzio che si era venuto a creare.
«Pronto?» domandò lei, quasi timorosa.
Pierre cominciò a guardarsi in giro, con l’intento di non sembrare interessato alla conversazione nonostante in realtà stesse ascoltando.
«Oh, ciao mamma» continuò lei dopo un attimo di silenzio, «sono con..» si voltò a guardare Pierre in cerca di una scusa plausibile da rifilare a sua madre, «sono da sola in un negozio di dischi a comprare un cd.»
«Ecco, sto ancora scegliendo.»
Pierre guardò di sottecchi Bethany che continuava a spostare lo sguardo da una parte all’altra mentre si mordeva un labbro nervosa. Non la biasimava se sua madre si preoccupava se spariva un pomeriggio dato che aveva solo diciassette anni, e nemmeno se ometteva il fatto che si trovava lui.
«Ci vediamo dopo, ciao» la sentì dire, prima di riattaccare e tirare un sospiro di sollievo.
«Tua mamma?» domandò Pierre, con l’intento di fare conversazione.
Bethany annuì, «è alquanto opprimente.»
Il ragazzo sorrise scuotendo la testa, «è soltanto preoccupata per te» cercò di difenderla.
Beth ci pensò un po’ su, annuendo poco convinta.
«Forse è meglio che vada a comprare un cd, non vorrei fregarmi con le mie stesse mani tornando a casa a mani vuote.»
«Può darsi che tu non abbia trovato niente d’interessante» osservò Pierre.
Lei ci pensò un attimo su, «non sarebbe da me uscire da un negozio di musica senza comprare niente.»
«Beh, allora è meglio che andiamo. Conosco il negozio di dischi migliore di Montréal.»
 
Bethany rallentò leggermente il passo dopo un buon quarto d’ora di cammino. Non era stanca, o forse un pochino, ma la colpa era tutta di Pierre e del suo passo lungo che costringevano la povera Beth quasi a correre.
«Pierre» lo chiamò lei, «ti prego rallenta.»
Il ragazzo si fermò di scatto voltandosi indietro prima di lasciarsi andare ad un sorriso.
«Scusa» disse poi, passandosi una mano tra i capelli, «non mi ero accorto che fossi rimasta così indietro.»
Bethany si strinse nelle spalle raggiungendolo, prima di proseguire più lentamente.
«Come mai tutta questa fretta?» domandò poi.
Pierre guardò l’orologio, «tra mezz’ora dovrei trovarmi con i ragazzi per alcune prove per il tour che riprenderemo.»
«Siete ancora in tour?» domandò Beth, sorpresa.
Pierre annuì, «poco dopo il 20 Maggio partiamo per il Vietnam dove ci esibiremo per MTV, poi riprenderemo le tappe del tour in Australia ed Europa per poi tornare in Canada, ma sempre in tour.»
Bethany inarcò le sopracciglia, «pensavo aveste finito, insomma… Da quant’è che siete in giro per il mondo?»
Pierre si strinse nelle spalle, «ormai non ci faccio più caso, sono diventato uno zingaro ma è la mia vita. Adoro viaggiare, e fare il cantante mi permette di farlo, conosco nuove persone, nuove culture, faccio ciò che amo fare e cioè esibirmi. Non credo che ci sia niente di più bello.»
«E non ti manca la tua famiglia?» domandò Bethany, sorprendentemente interessata all’argomento.
«Sarei un ipocrita se dicessi di no» ammise Pierre sincero, «ma alla fine so che loro sono a casa ad aspettarmi, e poi quando si è in tour si hanno così tante cose da fare che ci si dimentica quasi del resto. Anche la sera, quando potrei rilassarmi e riflettere, mi addormento non appena tocco il letto e devo ammettere che questo rende tutto più facile.»
Beth annuì pensierosa, «boh, forse hai ragione, però io non saprei se ne sono in grado.»
«Ti piacerebbe» disse Pierre, fermandosi finalmente davanti alla porta di un negozio ed aprendola.
«Bouvier!» esclamò un uomo sulla sessantina, alzandosi dallo sgabello su cui era seduto per salutare Pierre. «Sei tornato dal tour?» continuò, dando delle pacche amichevoli sulla spalla del ragazzo.
Lui annuì, «diciamo che sono in pausa. A fine mese riparto.»
L’uomo annuì pensieroso, prima di posare i suoi occhi verdi su Bethany, rimasta in disparte fino ad allora.
«Non mi presenti questa fanciulla?» domandò poi, arzillo.
Pierre sorrise, «Edward, lei è Bethany. Beth, lui è Edward, il proprietario del negozio.»
«Te la sei scelta bene la ragazza» scherzò.
Bethany avvampò, mentre Pierre si affrettò a chiarire, «non è la mia ragazza, è.. un’amica» concluse poi.
Edward si limitò ad osservare i due di sottecchi prima di sghignazzare e annuire poco convinto per poi tornare al suo posto.
Pierre cominciò a gironzolare per il negozio, prendendo in mano qualche cd ogni tanto e leggendo le track-list per poi rimetterli a posto e andare da Bethany, che si limitava a leggere i titoli degli album.
«Trovato qualcosa di interessante?»
La voce inaspettata di Pierre alle sue spalle fece sussultare Beth, «in realtà non ne ho idea. Non c’è nessun cd che voglia particolarmente. Tu cosa mi consigli?»
Il ragazzo analizzò lo scaffale che gli si parava di fronte prendendosi il mento tra l’indice e il pollice, «mmh, non saprei..» rifletté tra sé e sé.
Bethany cercò di trattenere un sorriso mentre osservava la sua smorfia pensierosa così da vicino. Alcune rughe gli solcavano la fronte aggrottata, e non poté fare a meno di notare le sue guance leggermente arrossate, come anche alla fine del concerto, si ricordò. In realtà Beth le trovava adorabili, era convinta che rendessero Pierre più giovane di quanto in realtà non fosse, gli davano quell’aria spensierata e allegra da adolescente che tanto l’affascinava.
Bethany si voltò di scatto verso i cd, cercando di porre fine a quei pensieri inappropriati che si stavano facendo spazio nella sua mente. Continuava  a ripetersi quanto fosse sbagliato pensare a Pierre come qualcosa di più che un amico, c’era una lista infinita di motivi per i quali lui si sarebbe potuto definire il ragazzo sbagliato, tuttavia, ogni volta che lo guardava, non riusciva a fare a meno di pensare a tutto il contrario.
«Trovato!» esclamò tutt’ad un tratto lui, prendendo entusiasta un cd dallo scaffale e porgendolo a Bethany.
«Get Your Heart On?» lesse sorpresa Beth, alzando un sopracciglio. «Il tuo album? Dovrei compare il tuo album?» chiese, quasi incredula.
«Che c’è di strano? Non hai mai detto di averlo e poi, avrai l’autografo del cantante in omaggio, che non è poco.»
Beth scosse la testa divertita, «hai ragione, potrei venderlo su e-bay e diventare ricca.»
Pierre arricciò le labbra contrariato, «mi spezzeresti il cuore» ammise poi.
Bethany scoppiò a ridere buttando piegandosi leggermente in avanti a coprendosi la bocca con una mano, «sì ma io diventerei ricca» ammise, avvicinandosi alla cassa.
«Lo compri sul serio?» domandò Pierre, sorpreso.
«Certo, perché non dovrei?», Bethany prese il portafoglio dalla borsa ma Pierre le bloccò la mano con la propria porgendo ad Edward una banconota da cinquanta sterline.
«Ma che fai?»
«Non posso farti pagare il mio cd sotto i miei occhi» spiegò Pierre, prendendo il resto e porgendo il sacchetto a Bethany, ancora allibita.
«Non mi pare giusto» si lamentò, mettendosi a braccia conserte prima di salutare il proprietario del negozio ed uscire.
Pierre sorrise, «prendilo come un regalo da parte della band. Potrei procurarti un’altra copia gratis in qualunque momento ma così abbiamo fatto guadagnare qualcosa anche ad Edward. Vedila così, abbiamo compiuto la buona azione della giornata.»
Beth sospirò affranta, non conosceva troppo bene Pierre ma aveva già capito che era praticamente impossibile fargli cambiare idea.
Il cellulare di Pierre squillò, e il ragazzo si affrettò a rispondere.
«Cinque minuti e sono lì» disse semplicemente prima di riattaccare.
«Era qualcuno della band?» domandò Bethany.
Pierre annuì, «dovrei già essere alle prove» ammise.
«Allora non ti trattengo, ci.. Vediamo in giro.»
Il ragazzo annuì, «aspetta che ti chiamo un taxi» la avvertì, ma Bethany scosse la testa.
«Preferisco fare quattro passi» ammise.
«Okay, allora alla prossima!»
Beth sorrise e Pierre si affretto a far fermare un taxi per sé.
«Pierre!»
Bethany lo chiamò un secondo prima che salisse sull’auto ferma sul ciglio della strada.
Il ragazzo si voltò verso di lei, «grazie per il cd!» gli disse semplicemente.
Pierre si limitò a uno dei suoi soliti sorrisi sinceri prima di salire in macchina e Bethany sentì una strana sensazione all’altezza dello stomaco.

 

***

 

Capitolo un po’ di merda, lo so çç Inoltre non ho riletto quindi se trovate errori madornali perdonatemi :)
Non succede niente di che, e nemmeno il prossimo sarà molto eccitante ma vi prometto che da quello dopo ancora le cose cominceranno ad andare come volete voi quindi non demordete uù
Vorrei ringraziare chi ha messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate, chi recensisce e chi legge in silenzio ma apprezza comunque :)
Siete davvero meravigliose e mi riempite il cuore di gioia.
Jas

p.s. Lunedì parto per l'Irlanda dove ci rimarrò per due settimane quindi dovrete aspettare il mio ritorno per il nuovo capitolo. Spero che nel frattempo non vi dimentichiate di me, godetevi le vacanze! ;)

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***




Quando Pierre varcò la porta della sala d’attesa si trovò davanti tre paia di occhi che lo scrutavano severi.
«Scusate ragazzi» ansimò, con ancora il fiatone per le tre rampe di scale che aveva appena fatto, «ma ho avuto un contrattempo» si giustificò prima di sedersi di fianco a David, che non aveva intenzione di smettere di guardarlo.
«Dove sei stato?» domandò sicuro, e con una punta di asprezza nella voce.
Pierre si guardò in giro prima di rispondere, «Seb dov’è?» chiese, ignorando la domanda dell’amico.
Era furioso per la sua  assenza. Si stava divertendo così tanto con sua sorella da saltare la riunione con il manager? La poca calma e il poco autocontrollo che era riuscito ad acquisire riguardo quell’argomento erano andati completamente all’aria a causa della sua assenza. Lui aveva abbandonato Bethany per esserci e lui? Era chissà dove a spassarsela con sua sorella proprio come un bambinone piuttosto che assumersi le sue responsabilità.
«Pierre?»
Era così immerso nei suoi pensieri che non si era nemmeno reso conto che Chuck lo stava chiamando, probabilmente gli aveva posto una domanda e stava aspettando risposta.
«Eh?» chiese il cantante, confuso.
«Cos’hai?»
Pierre scosse la testa, «ero sovrappensiero. Seb dov’è?» insistette.
«Ti abbiamo detto che non lo sappiamo» spiegò Jeff cauto, quasi come se avesse paura della reazione di Pierre.
Quest’ultimo prese un respiro profondo, sbuffando anche, e cominciando a battere nervosamente le mani sulle cosce a tempo di una canzone anche a lui sconosciuta.
«Tu invece come mai sei arrivato in ritardo?» chiese di nuovo David.
Pierre ci pensò su un attimo, non aveva voglia di parlare ma conoscendo il suo amico sapeva già che avrebbe insistito fino a quando non avrebbe ottenuto risposta.
«Ero in giro..» cercò di rimanere vago.
«Con.. ? Aspetta! Non dirmelo!» David schioccò le dita mentre pensava ardemente a ciò che doveva dire, «mi sfugge il nome della ragazza. Com’era? Brittany? No! Britney! No, impossibile, se si fosse chiamata come la Spears me lo sarei ricordato..» rifletté tra sé e sé.
«E’ Bethany» osservò Pierre, quasi scocciato.
«Sì!» esclamò David, agitando un braccio, entusiasta di esserci arrivato. «Allora, eri con lei?»
Pierre ci rifletté su un attimo, avrebbe potuto tranquillamente mentire e negare spudoratamente ma odiava le bugie e, anche se sarebbe stato costretto a spiegare tutto, decise di dire la verità.
Si limitò ad annuire flebilmente, quasi timoroso della reazione che avrebbero potuto avere i suoi amici.
«Racconta!» sbottò David, con la voce più alta di un’ottava.
Pierre si strinse nelle spalle, «non c’è niente da dire. Oggi pomeriggio è arrivata a casa mia alla ricerca di Claire perché le servivano degli appunti ma lei non c’era così  le ho detto che poteva tranquillamente andare in camera sua e prendere ciò che serviva ma poi..» Pierre s’interruppe, alla ricerca del modo migliore per spiegare la situazione con Sébastien.
«Non ti sei trattenuto e le sei saltato addosso e l’avete fatto sul letto di tua sorella?» domandò David, tutto d’un fiato.
Jeff emise un verso strano, tentò invano di trattenersi mordendosi il labbro ma alcuni istanti dopo scoppiò in una fragorosa risata che contagiò immediatamente sia Chuck che David.
Pierre scosse la testa, «in realtà c’è una storia che risale ad alcuni giorni fa» iniziò, ma in quel momento fu interrotto dalla segretaria che fece capolino nella stanza avvertendo i ragazzi che potevano entrare nell’ufficio del manager.
I tre si buttarono sul divano posto di fronte alla scrivania dietro la quale stava seduto un uomo paffuto sulla cinquantina, prima di ascoltare con interesse tutti i dettagli riguardo date, alloggi e mezzi di trasporto del tour che avrebbero ripreso di lì a poche settimane.
 
«Allora, cosa stavi dicendo prima che fossimo interrotti?» si affrettò a domandare David, non appena uscirono dall’ufficio del loro manager.
Pierre sussultò leggermente, sorpreso dalla memoria dell’amico che non si era dimenticato per niente il discorso che avevano lasciato sospeso più di un’ora prima.
«Dov’ero arrivato?» chiese, confuso.
«Che l’hai fatta andare in camera di tua sorella» rispose prontamente Jeff.
Pierre sospirò uscendo per primo dall’ascensore su cui erano saliti e dirigendosi verso l’uscita dell’edificio, «che ne dite se andiamo da qualche parte a bere qualcosa? E’ una storia lunga.»
David ci rifletté su un attimo, «va bene» assentì semplicemente, seguito da Chuck e Jeff.
Cinque minuti dopo i quattro si trovavano in un bar poco distante con una birra a testa, Pierre bevve un lungo sorso dalla propria prima di riprendere il racconto da dove l’aveva lasciato.
«Non vi ho detto che la sera dopo il concerto» si schiarì la voce, «quando sono uscito dal pub, ho trovato Seb e Claire che si stavano..» le parole gli morirono in gola. Non riusciva nemmeno a pronunciare la parola baciando, se riferita a sua sorella e a uno dei suoi migliori amici.
La bocca di David assunse la forma di una O, mentre Chuck schioccò la lingua evidentemente dispiaciuto. Jeff si limitò a bere metà della sua birra.
«E tu che hai fatto?» chiese il batterista, cercando di non essere troppo invasivo.
Pierre sospirò, «in quel momento avrei voluto saltare addosso a Sébastien e prenderlo a pugni, ma fortunatamente c’era Beth con me che mi ha.. trattenuto. Alla fine me ne sono andato e li ho lasciati lì. Ma non è finita. Oggi, quando Bethany è arrivata a casa mia era convinta di trovare lì Claire ma lei non c’era perché era da..»
«Non dirmelo!» lo interruppe David, «era da Seb!» disse contento per aver indovinato.
«Ma va?» lo prese in giro Chuck, prima di tornare a concentrarsi su Pierre.
«Cosa dovrei fare?» chiese consiglio quest’ultimo, confuso.
«Lasciarli stare, secondo me» esalò Chuck, girandosi il bicchiere ancora pieno tra le mani. «Insomma, Séb è abbastanza grande da affrontare la situazione, tua sorella sa a cosa va incontro. Come va, va.»
«E se va male? E se io portassi rancore nei confronti di Seb e questo influenzasse la band?»
«Troppi se, Pierre» intervenne David e, per una volta, non aveva sparato qualcosa completamente fuori tema ma bensì un’osservazione più che lecita.
«Hai ragione» annuì Pierre, abbassando la testa. «Il problema è che.. Sono preoccupato» sospirò.
Chuck gli mise una mano sulla spalla, «stai tranquillo, piuttosto pensa a te stesso. E a Beth.»
Al batterista scappò un sorriso, che contagiò immediatamente anche il cantante.
«Allora, cos’è successo dopo? Sbaglio o eravate da soli a casa tua?» gli domandò.
Pierre alzò le spalle, «io volevo andare a fare un giro e lei si è offerta di accompagnarmi. Alla fine siamo andati in un negozio di dischi e.. Niente. Poi son dovuto venire qua.»
Il ragazzo omise volontariamente la parte della fontana – un posto troppo romantico, per cui sarebbero sorti commenti troppo insistenti da parte dei suoi amici – e quella del cd – anche quella troppo sdolcinata. Infondo loro non erano lì per capire che in realtà non c’era niente di romantico in quello che avevano fatto. Pierre era ancora troppo scosso per sua sorella e Seb per rendersi davvero conto di cosa faceva e Beth era semplicemente preoccupata per la sua migliore amica, temendo che si sarebbe potuta ritrovare il fratello che spaccava la faccia al ragazzo che le piaceva.
«Uscirete di nuovo?» chiese Jeff.
«Ma stai scherzando?» La voce di Pierre si alzò di un’ottava. «E’ stato un episodio isolato, poi è stata un’uscita non programmata, insomma, è capitato e basta. Non la inviterei mai ad uscire è.. Potrebbe essere mia figlia!» esclamò, gesticolando animatamente.
David lo guardò scioccato mentre Chuck scoppiò a ridere sporgendosi leggermente sul tavolo.
«Okay che siamo vecchi, ma non così tanto.»
«Abbiamo quindici anni di differenza, può darsi che qualcuno abbia un figlio a quell’età» dichiarò serio Pierre, aggrottando leggermente la fronte.
«Non fare così che sembri più vecchio di quanto tu non sia. Non vorrai mica sfigurare alla tua prossima uscita con Beth» lo riprese David.
Pierre sussultò, «non ci sarà un’altra uscita» borbottò, sentendosi leggermente a disagio.
Stavano parlando di Claire e Seb, perché erano finiti a parlare di lui e Beth? Ma soprattutto, perché i suoi amici insistevano così tanto su di lei? E fu proprio quello che domandò loro.
«Perché si vede che ti piace» rispose prontamente Chuck.
E quello fu proprio ciò che Pierre non avrebbe mai voluto sentirsi dire, soprattutto da Chuck perché sapeva che lui era sempre consapevole di ciò che affermava. Se l’avesse detto David o chiunque altro, sarebbe scoppiato a ridere all’istante ma Chuck era il cervello della band, lui rappresentava la ragione per eccellenza e non diceva mai nulla a sproposito.
«Chiedile di uscire, seriamente» continuò, notando il silenzio del cantante, ancora scosso dalle sue parole. «Stai certo che non rifiuterà, se glielo imponi. Ti presenti da qualche per te e le dici, “andiamo da qualche parte a bere qualcosa” senza accettare obiezioni. Poi vedi come va, se ne vale la pena insomma.»
Pierre annuì pensando tra sé a sé a quello che Chuck gli aveva appena detto, sotto lo sguardo vigile di David e Jeff, in attesa di una risposta.
Pensandoci bene non era una cattiva idea, avrebbe saputo una volta per tutte se ne valeva la pena o meno. Così da potersi mettere il cuore in pace quando avrebbe confermato i suoi pensieri, e cioè che la differenza d’età era troppa perché riuscissero a trovare degli interessi comuni o qualche argomento su cui la pensavano allo stesso modo.
«Va bene» disse semplicemente, prima di sentire il peso di David addosso a sé.
Pierre gli diede alcune pacche amichevoli sulla schiena prima di costringerlo quasi con la forza a staccarsi.
«Tanto andrà male, me lo sento.»
«Smettila di parlare soltanto per dare aria alla bocca» lo riprese David.
«Ha parlato quello giusto!» lo prese in giro Jeff, beccandosi un’occhiata truce.
«Mi sentirò un pedofilo per tutto il tempo, lo so» borbottò Pierre, prima di finire in un sorso la poca birra rimasta in un bicchiere.
«Ma smettila» lo riprese Chuck.
«Tanto tra poco più di un mese fa i diciotto, quindi sei a posto» lo avvertì David, tranquillo.
Jeff, Chuck e Pierre si voltarono di scatto verso di lui, «e tu come fai a saperlo?» domandò quest’ultimo, sorpreso.
«Ve l’ho detto che l’avrei aggiunta su Facebook.»
«Non ci credo..» borbottò Chuck tra sé e sé passandosi una mano sul viso mentre scuoteva la testa.
«Almeno ti ha accettato?» chiese Pierre, divertito.
«Chiediglielo tu quando uscirete insieme. Un qualcosa in più su cui parlare.»
«Vaffanculo.»
«Je t’aime aussi.»
 

***

 
SORPRESAAA!
Del tipo che ho appena finito di fare le valigie, ho la sensazione di avere dimenticato qualcosa, mi sto addormentando ma viste le 11 recensioni già raggiunte nel precedente capitolo non potevo non premiarvi quindi eccomi qua uù
Prima di tutto ringrazio @turntojawaad su Twitter per l’aiuto della traduzione dell’ultima frase dall’italiano al francese. Meno male che l’ho studiato due anni a scuola e che vado a Parigi 3545432 volte l’anno oò
Ma passiamo al capitolo :D
So che mi avete detto che i Simple Plan non usano Facebook ma ho inserito la battuta della data di nascita giusto per collegarmi a un po’ di capitoli indietro. Spero che la battuta vi abbia fatto ridere, l’ho scritta alle undici di sera, sapete com’è :D HAHAHAHA
Dal prossimo si comincia ad entrare nel vivo, ci saranno MOOOLTE parti dedicate a Beth e Pierre, mentre per Seb e Claire non credo di aver previsto delle parti completamente dedicate a loro, credo. Ma siccome me le avete chieste vedrò di inserirle da qualche parte e non di parlarne solo indirettamente :)
Vi ringrazio immensamente per recensire la storia, mi rendete davvero felice, ma anche per aggiungerla tra le ricordate, seguite e preferite. Siete stupende :’)
Ora aggiornerò sul serio tra due settimane, la smetto di rompervi le palle HAHAHA
Jas
 
P.S. Non ho riletto – strano – quindi chiedo scusa per eventuali errori :)

 

fanculo qua doveva esserci una gif stupenda di Bouvier consigliata da @thankyoucyrus ma Tinypic non collabora e-e
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***



 

Vorrei dedicare questo capitolo  a @thankyoucyrus 
perché.. bo, perché mi va :)


Bethany depositò con calma i propri libri nell’armadietto prima di attraversare il corridoio della scuola ormai deserto. L’ultima campanella era suonata da soli cinque minuti ma nessuno studente voleva fermarsi in quell’edificio più del dovuto, indi per cui alle tre si svuotava alla velocità della luce.
Beth non aveva nessuna fretta, quel pomeriggio sarebbe stato all’insegna del relax più totale dato che non aveva niente da fare. Era intenzionata a guardare un film, oppure, nel caso fosse stato abbastanza caldo, a portare uno sdraio nel giardino sul retro e prendere un po’ del pallido sole che colpiva Montréal a maggio, mentre leggeva un buon libro.
Mentre fantasticava su come trascorrere il resto della giornata, uscì dalla porta principale osservando alcuni ragazzi fermi nel cortile a chiacchierare per poi passar loro accanto per andare a casa. Quando fu a metà del viale che portava al maestoso cancello che dava sulla strada notò, proprio davanti a sé, un’Audi scura a lei famigliare e il suo proprietario appoggiato ad essa a braccia conserte che la osservava stranamente sorridente.
Beth si strinse nelle spalle e avanzò verso di lui leggermente a disagio nel sentirsi i suoi occhi addosso.
«Ciao Pierre» gli disse, quando gli fu abbastanza vicina.
«Ciao Bethany» la salutò lui, senza perdere il sorriso.
La ragazza si guardò un attimo intorno senza sapere cosa dire, «Claire non c’è, si è dovuta fermare ad una riunione con gli insegnanti dato che è rappresentante di classe» gli spiegò poi, chiedendosi allo stesso tempo cosa ci facesse lui lì.
Pierre annuì, prima di guardare oltre le spalle di Bethany e cambiare repentinamente espressione. Beth si voltò, seguendo lo sguardo del ragazzo, incuriosita da che cosa, o meglio, chi, fosse in grado di incupirlo così velocemente.
Doveva aspettarselo.
Vide Luke passar loro accanto, seguito dalla solita mandria di animali che somigliavano più a delle pecore che seguivano fedelmente il pastore. Il problema era che anche il pastore, era dotato di un cervello più piccolo di quello degli elementi del suo gregge. Il ragazzo si limitò a squadrare Pierre e Beth con un sguardo sprezzante poi, senza nemmeno accennare ad un saluto, li superò.
Pierre lo ignorò non appena se ne fu andato, tornando a concentrarsi su Bethany che sembrava, invece, seguire ancora con lo sguardo il suo ex ragazzo.
«Lo so che Claire non c’è» riprese il discorso Pierre, facendo destare Beth dai suoi pensieri. «Sono venuto per te.»
Bethany sussultò nell’udire quelle parole che le rimbombarono alcune volte in testa. Aprì la bocca per dire qualcosa ma non le uscì niente, così si limitò ad abbassare lo sguardo imbarazzata.
Pierre si guardò in giro, messo conseguentemente a disagio pure lui da quella situazione. In realtà era molto sicuro di sé stesso fino a un minuto prima, si aspettava che Bethany avrebbe accettato e che sarebbe salita in macchina, oppure che avrebbe negato perché poteva avere altri impegni per il pomeriggio. Invece aveva fatto la cosa peggiore: era rimasta muta. E Pierre era andato in panico.
Non voleva sembrare oppressivo o maleducato, ma decise di mettere in atto il piano di Chuck così almeno, nel caso non avesse funzionato, avrebbe avuto qualcuno con cui prendersela.
«Forza, sali in macchina» disse, cercando di farlo sembrare il meno possibile un ordine.
Bethany aggrottò le sopracciglia confusa e per un istante incontrò gli occhi seri di Pierre, prima che lui distogliesse lo sguardo per aprirle la porta. Era il minimo che poteva fare, pensò, per essere stato così poco educato.
Beth esitò un attimo, più perché era ancora spiazzata da ciò che era successo che perché non volesse uscire con Pierre. In realtà quella domanda non se l’era nemmeno posta, non perché la risposta fosse scontata ma perché non sapeva nemmeno lei quale fosse quella giusta.
Non poteva negare che Pierre l’avesse sempre attratta sin da quando le si era presentato stringendole la mano all’entrata di casa sua, ma allo stesso tempo aveva sempre cercato di reprimere qualunque cosa provasse nei suoi confronti per la semplice convinzione che fosse sbagliato. Lui era il fratello della sua migliore amica, e in qualunque film che si rispettasse tutte le storie tra una ragazza e il fratello della sua migliore amica andavano a finire male, con la conseguenza che pure l’amicizia si rovinava. Claire non sembrava infastidita da Pierre e Beth, anzi, aveva anche cercato di spingere l’amica tra le braccia del fratello ma era proprio la diretta interessata ad essere restia a riguardo. Inoltre, Pierre era famoso, passava metà della sua vita in giro per il mondo e l’altra metà la viveva da trentenne qual era. Forse non proprio visto che in quel poco tempo che l’aveva visto, a Beth Pierre sembrava più un ragazzo normale che qualcuno con dieci anni più di lei, ma in qualunque caso la differenza di età era comunque troppa, ed era certa che sarebbe stata solo questione di tempo prima che avrebbero trovato qualcosa su cui discordavano, semplicemente per i modi di pensare differenti a causa, appunto, della diversa età.
Nonostante tutti i dubbi che le affollavano la mente, Beth salì sull’auto sorridendo a Pierre attraverso il finestrino quando le chiuse la porta prima di dirigersi verso il posto di guida.
Il ragazzo s’immise sulla strada, canticchiando con le labbra chiuse la canzone che stavano trasmettendo alla radio in quel momento.
«Allora, dove andiamo?» domandò poi, a un certo punto.
Beth si voltò sorpresa verso di lui,«come dove andiamo? Ora dove stiamo andando?»
Pierre alzò le spalle, «da nessuna parte, sto girando a caso. Tu dove vuoi andare?»
Bethany scosse la testa, rendendosi conto che per quanto potesse essere più grande di lei, talvolta Pierre sembrava un suo coetaneo. Si guardò in giro alla ricerca di un’ispirazione, qualunque cosa che potesse suggerirle qualcosa d’interessante da fare, fino a quando un manifesto attaccato a un lampione non attirò la sua attenzione.
«Luna Park!» esclamò entusiasta.
Pierre si voltò di scatto verso di lei, rallentando leggermente, «vuoi andare al Luna Park?»
Beth annuì entusiasta, «non sapevo che fosse in città. L’ultima volta che ci sono andata è stata a Londra, voglio vedere se le montagne russe canadesi sono migliori di quelle inglesi» spiegò.
Pierre parve pensarci su un attimo,«okay» disse semplicemente, prima di svoltare a destra.
 
Pierre si sentiva un diciottenne in quel momento. Non che solitamente si comportasse come uno della sua età, ma l’ultima volta che era andato al Luna Park probabilmente non aveva ancora nemmeno un capello grigio e i ricordi lo fecero tornare indietro nel tempo. Abbassò leggermente la visiera del cappellino che portava e inforcò gli occhiali da sole con l’intenzione di mimetizzarsi il più possibile in mezzo a tutta quella gente nonostante il tatuaggio sul braccio messo in vista dalla maglietta  a maniche corte che indossava lo tradisse.
Qualunque fan un po’ sveglio, infatti, l’avrebbe riconosciuto all’istante, ma Pierre cercò di non preoccuparsene concentrandosi piuttosto su Bethany che sembrava essere finita nel paese dei Balocchi.
«Cos’è, non hai mai visto un Luna Park?» la prese in giro.
Beth sorrise, smettendo finalmente di guardare giostre e quant’altro ma scrutando il viso di Pierre, ben nascosto da tutti quei gingilli che indossava.
«In realtà sto osservando tutto quello che c’è da fare, prima o poi dovremo andare da qualche parte. E’ da un quarto d’ora che gironzoliamo senza meta e credo che abbiamo quasi finito di visitare il parco.»
«Allora scegli cosa fare, e io ti seguo.»
Beth ci pensò un po’ su, «c’è qualcosa in particolare che consigli? Abbiamo l’imbarazzo della scelta.»
«Non volevi provare le montagne russe canadesi?» la prese in giro Pierre, sorridendo.
«Sì, ma credo che dovresti toglierti occhiali e quant’altro se non vuoi perderli durante la corsa.»
Il ragazzo arricciò le labbra, perché quella frase gli sapeva tanto di presa per il culo? Forse perché era proprio così, e il sorriso malizioso che si dipinse sul viso di Beth ne fu la prova.
«Io queste cose le posso togliere in qualsiasi momento ma a te ci vorrà un attimo a riprenderti dallo spavento che prenderai quando faremo il giro della morte.»
Bethany alzò un sopracciglio sarcastica, «tu dici?»
Pierre annuì sorridente, avvicinandosi alla cassa quando una coppia davanti a loro se ne andò. Prese i biglietti e ne porse uno a Bethany, lasciandola salire per prima, da vero gentiluomo.
«Ultime parole famose?» le chiese, quando le cinture di sicurezza furono allacciate.
«Non gridare come una donna, potrebbe andarne di mezzo tua reputazione.»
Pierre sorrise, divertito dal sarcasmo di Beth, che sembrava essersi finalmente ripresa dallo shock iniziale causato dall’essersi trovava un cantante all’uscita della scuola per proporle di uscire.
Prima che potessero aggiungere altro, il vagone su cui erano si mosse, cominciando a salire per una ripida salita, alla quale sarebbe seguita, da un momento all’altro, un’altrettanta drastica discesa, a una velocità che sarebbe stata moltiplicata.
Quando il fatidico momento arrivò, Bethany alzò le braccia al cielo gridando esaltata dal vento che sentiva in faccia, a Pierre scappò un urlo spaventato inizialmente, ma poi cercò di trattenersi onde evitare di essere preso in giro. Chiuse gli occhi e si morse il labbro inferiore, fino a quando non si fermarono.
«Oddio è stato favoloso!» esclamò Beth, entusiasta, Pierre si finse altrettanto contento quando in realtà, aveva seriamente avuto dubbi sulla sua incolumità, durante la corsa. Scesero e si incamminarono verso altri giochi – meno spaventosi – fino a quando, stremati, non si sedettero su una panchina all’ombra di un albero.
«Vuoi lo zucchero filato?» domandò Pierre, notando un bambino che lo stava mangiando passare davanti a loro.
Bethany scosse la testa, «non riuscirei mai a mangiarne così tanto» osservò.
«Dai, ne dividiamo uno» propose il ragazzo, alzandosi per dirigersi verso il chiosco a pochi metri da loro. Beth lo seguì, aspettando in silenzio. Pierre diede i soldi al cassiere che gli porse un bastoncino con una nuvola rosa attaccata ad esso. Diede un morso prima di porgerlo a Beth, «vuoi?» domandò, con la bocca piena e appiccicosa.
La ragazza annuì, avvicinandosi per fare un morso ma proprio quando aprì la bocca Pierre mosse lo zucchero a velo facendoglielo finire in faccia.
«Bouvier» lo chiamò, cercando di mantenere la calma, «questa me la paghi.»
Prima che potesse aggiungere altro, gli fu addosso ma il ragazzo fu più veloce di lei e cominciò a correre in mezzo alla gente che affollava il Luna Park. Nonostante i suoi trent’anni suonati riusciva ancora a far mangiare fumo a una diciassettenne, pensò fiero di sé stesso, mentre evitava con attenzione le persone che ostacolavano il suo cammino. Dopo alcuni minuti si fermò, voltandosi alla ricerca di Beth che sembrava essere sparita. Si guardò intorno alcune volte chiedendosi se fosse stato così veloce da seminarla subito e, soprattutto, quando l’avrebbe ritrovata in mezzo a tutta quella folla. Si passò una mano tra i capelli rimpiangendo di essere stato così veloce, senza tuttavia riuscire a trattenere una risata pensando a come aveva appena battuto una ragazza che avrebbe dovuto essere atletica il doppio di lui.
Proprio quando pensava di avergliela fatta, sentì qualcuno saltargli sulle spalle e una sostanza fredda spalmarsi sulla sua faccia. Una risata non nuova a lui gli rimbombò nelle orecchie, Pierre si tolse il gelato dagli occhi giusto in tempo per vedere Bethany, col viso mezzo rosa e appiccicoso, piegata in due dal ridere.
«Siamo pari» riuscì a dire la ragazza, tra una risata e l’altra.
Pierre scosse la testa alquanto divertito, «me l’hai fatta» ammise poi, ridendo.
«Sei proprio vecchio» lo prese in giro lei, «pensavi davvero di avermi seminata così facilmente?»
«In realtà non ti facevo così perspicace» ammise lui.
Bethany gli fece il verso, avvicinandosi a una fontana lì vicino per pulirsi la faccia, «è il primo appuntamento in cui il ragazzo mi imbratta di zucchero a velo» ammise spensierata, mentre si asciugava malamente il viso con le mani.
Si accorse soltanto dopo di quello che aveva detto, era un appuntamento quello? Si chiese.
Tecnicamente sì, dato che Pierre l’aveva invitata a uscire; tuttavia le sembrava alquanto strana la cosa, o meglio, le suonava strano pensare la parola appuntamento accostata al nome di Pierre.
«E’ un appuntamento questo?» chiese, spontaneamente.
Pierre aggrottò le sopracciglia non capendo il motivo della domanda, «beh.. Credo proprio di sì, no?»
Bethany alzò le spalle, «sono io che te l’ho chiesto.»
«Beh, per me sì. Però non so visto che io sono vecchio» disse, scandendo per bene l’ultima parola, «non so come funziona tra voi giovani d’oggi» ammise.
«Dai, non dirmi che te la sei presa per così poco» borbottò lei, mettendosi a braccia conserte.
«Per cosa? Il vecchio?»
Beth annuì, Pierre la osservò sconcertato alcuni istanti prima di scoppiare in una fragorosa risata.
«Certo che no!» esclamò, «io non sono vecchio, perché me la dovrei prendere?»
«Beh..» borbottò lei.
«Dai, ammettilo. Quanti anni mi avresti dato?»
Bethany si fermò di scatto osservandolo, «a primo impatto, venticinque, forse. Poi però osservandoti» fece un passo verso di lui scrutandolo attentamente, «avrei notato alcune piccole rughe ai lati degli occhi e sulla fronte che avrebbero tradito la mia ipotesi. Poi anche quei due o tre capelli bianchi sulle tempie, ma quelli sono soggettivi e poi devi guardare col microscopio per notarli. Sei avvantaggiato, nonostante questi piccoli indizi sulla tua età, il tuo sorriso malandrino, i capelli lasciati così come sono quando ti svegli la mattina, il tuo stile strano nel vestire e le guance paffute ingannano parecchio» conluse.
Pierre inarcò le sopracciglia, «wow, un’analisi degna di quella che Robert Downey Jr. ha fatto alla fidanzata di Watson in Sherlock Holmes» scherzò.
«Sei tu che me l’hai chiesto» si difese Bethany, riprendendo a camminare. «E poi dai tuoi comportamenti si vede che sei un po’ arrugginito» aggiunse, «non capisci i giovani d’oggi.»
«Cosa vorresti insinuare con questo?»
«Cosa fai il sabato sera?» lo interruppe Bethany, ignorando la sua domanda.
Pierre ci pensò su un attimo, «beh..»
In realtà non si ricordava l’ultimo sabato sera che aveva passato a Montréal dato che in quel periodo era sempre stato impegnato nel tour o in eventi per l’album. Però ricordava che era solito uscire con gli amici e andare in qualche bar o pub a bere e chiacchierare.
«Di solito andavo al pub, credo. E’ da un po’ che non ho un sabato sera libero» ammise sincero.
Bethany strabuzzò gli occhi, «non vai mai in discoteca?»
«Ti sembro un tipo da discoteca?» domandò retorico Pierre, indicandosi.
Beth arricciò le labbra, «beh, non proprio. Ma qua ci vanno tutti» spiegò.
«E tu? Tu ci vai?»
La ragazza sussultò sentendosi porre quella domanda, «no» fu costretta ad ammettere. «O meglio, non più. Da quando mi sono lasciata con Luke. Tutti quei posti frequentati dalle persone più “in” sono off-limits per me.»
«Cosa stai dicendo?» chiese Pierre confuso, mentre l’odio verso quel Luke che nemmeno conosceva troppo bene aumentava.
«No non fraintendere» si affrettò a chiarire Beth, «non che lui mi impedisca di andarci. Sono io che non voglio. Lui è il più popolare della scuola, lo conoscono tutti e stanno tutti dalla sua parte, se andassi in quei posti frequentati dai suoi amici mi sentirei troppo presa di mira e osservata mentre io voglio solo stare tranquilla. Poi meno lo vedo meglio è, ormai sai com’è insistente e oppressivo. Non capisce che tra di noi è finita, e soprattutto quando beve diventa peggio di quello che è da sobrio.»
«Quand’è che c’è la prossima festa imperdibile da queste parti?» chiese subito Pierre.
Bethany lo guardò confusa non capendo cosa c’entrasse quell’informazione con ciò che gli aveva detto, «questo sabato, credo» disse poi, titubante.
«Bene, vestiti bene che io e te sabato sera andiamo in discoteca. Voglio vedere come si divertono i giovani d’oggi» spiegò sorridente, lasciando intendere dal suo tono che non era accettato un no come risposta.
 

***

 
WOOO! Finalmente il tanto atteso appuntamento.
Visto che la pazienza viene ripagata? Ho finito di dirvi “resistete”, d’ora in poi la strada sarà tutta in discesa – balla colossale ma fa niente HAHAHA
I tempi dei capitoli corti e di passaggio sono finiti, questo era lungo tipo una pagina in più del solito, amatemi uù
Vi anticipo già che nel prossimo ci saranno i tanto attesi Claire e Seb, di cui mi chiedete dal quarto capitolo, circa. Per la discoteca dovrete aspettare l’undici, le idee che ho mi piacciono, spero di riuscire a raccontarle bene D:
Sto postando in leggero ritardo rispetto a quando sono tornata da  Dublino – Lunedì – ma perché il pc mi ha preso un virus  e mi si è cancellato TUTTO! Dio grazie le fan fiction le avevo anche sulla chiavetta ma tutte le foto, canzoni, Photoshop craccato e soprattutto i pattern e le texture sono andati persi çwwwwwwwwç
Okay la smetto di deprimervi con le mie disgrazie, vi ringrazio immensamente per le recensioni, i commenti su Twitter e per aver aggiunto la storia tra i preferiti/seguiti/da ricordare.
Vi amo immensamente <3
Jas

P.S. Visto che mi sono dimenticata di dirlo nel capitolo precedente, ho cambiato banner, ovviamente fatto da quel genietto dell'Agata! (Egg___s
Grazie Agh :)

   


   
(ringrazio @thankyoucyrus per la gif :3 - ce l'ho fatta! ahaha)

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***



Claire aspettò che suo fratello uscisse di casa prima di sgattaiolare fuori anche lei, in punta di piedi. Dopo l’ultima scenata che si era dovuta subire per colpa della scarsa propensione al raccontar bugie di Bethany doveva stare attenta il doppio a quando incontrava Seb. Non si era mai sentita una ragazza tenuta sotto controllo o “oppressa” dalla famiglia ma si era resa conto solo da quando aveva cominciato a frequentare un ragazzo non esattamente alla sua portata quanto fosse invece difficile fare le cose di nascosto.
Cominciò a camminare velocemente verso la fermata del pullman non molto distante da casa sua guardandosi in giro con aria furtiva, come se anche solo vedendola camminare su un marciapiede alle tre di pomeriggio potesse destare sospetti. Aveva categoricamente impedito a Sébastien di venirla a trovare a casa sua o comunque di avvicinarsi troppo alla zona a meno che non fosse d’accordo con suo fratello, i loro “appuntamenti” consistevano nel rimanere chiusi nell’appartamento del chitarrista a chiacchierare del più e del meno, guardare film oppure fare altro. In realtà Pierre era l’ultimo dei loro problemi, per quanto si fosse dimostrato contrario a quella “accoppiata”, Claire sapeva che il fratello infondo voleva solo il suo bene e che prima o poi sarebbe lasciato convincere. Il vero problema in realtà erano i paparazzi, i fan, e il resto della sua famiglia, che Claire non sapeva bene come avrebbero reagito alla notiziadi lei che usciva con un tizio che poteva essere effettivamente suo papà. Non ci aveva mai pensato davvero, in tutti quegli anni che aveva sognato una possibile relazione con Sébastien, a quanto la loro differenza di età potesse costituire un problema, forse perché agli occhi di Claire quel ragazzo era sempre rimasto il solito che andava a casa del fratello a strimpellare con la chitarra dopo la scuola, quello che aveva sfondato la macchina in fondo alla via il terzo giorno in cui aveva la patente, quello che l’aveva consolata quando in prima superiore nessuno l’aveva invitata al ballo, incolpando i suoi coetanei di essere ciechi e stupidi, perché se fosse stato lui, la prima ragazza a cui avrebbe chiesto di essere la sua accompagnatrice era proprio Claire.
La ragazza sorrise tra sé e sé ripensando a quei momenti passati, in cui non avrebbe mai pensato che il rapporto che c’era tra di loro sarebbe potuto diventare qualcosa di più di un’amicizia “fraterna”, mentre allora si rendeva conto che Seb era soltanto suo. Così suo che erano costretti a rimanere nascosti dal mondo, a mantenere i loro sentimenti racchiusi dentro una sfera fredda ogni qualvolta si incontravano per non destare sospetti nelle persone. Sapeva che non le andava bene così, che avrebbe voluto avere un vero e proprio appuntamento con lui, passeggiare mano nella mano per le vie di Montréal e fare tutte le cose che facevano le coppie normali, ma allo stesso tempo sapeva che loro non erano una coppia normale, loro erano speciali a modo loro e si sarebbero arrangiati in un qualche modo. L’avrebbero affrontata con calma, tuttavia era ancora presto, Claire voleva fare le cose con calma, un passo alla volta. Avrebbero avuto tutto il tempo, si convinse.
Quando scese dall’autobus si diresse a passo affrettato verso la palazzina in cui viveva Seb, un edificio vicino al centro della città. Aprì la porta senza nemmeno bussare, sapendo che lui la stava aspettando ma quando mise piede in salotto lo trovò vuoto. Claire perlustrò gli altri locali della casa senza tuttavia trovare il ragazzo, ma mentre tornava verso il punto da cui aveva iniziato le ricerche si sentì cingere la vita da qualcuno.
«Aaaaahh!»
Le scappò un urlo prima che potesse davvero rendersi conto di cosa stava facendo, si tappò la bocca quasi immediatamente sorpresa da sé stessa per la reazione spropositata.
«Ehi! Sono io!» cercò di tranquillizzarla Sébastien, accarezzandole dolcemente la schiena, nonostante stesse trattenendo a stento le risate.
«Mi hai fatto prendere un colpo» si giustificò lei, rilassandosi leggermente e riprendendo a respirare regolarmente.
«Chi pensavi che fosse in casa mia, scusa?»
Claire alzò le spalle, «dato che non ti ho trovato pensavo fosse un ladro, cosa ne so io!»
Seb scoppiò a ridere sporgendosi leggermente in avanti, «ero solo andato dal vicino a fare quattro chiacchiere mentre ti aspettavo! Non hai visto la porta aperta?»
La ragazza scosse la testa, non aveva fatto caso a quel particolare, «no, e poi non mi metto a guardare se le porte sono aperte o chiuse» bofonchiò, mettendosi a braccia conserte.
Seb la strinse a sé dandogli un dolce bacio tra i capelli, ancora divertito dalla scena.
«La prossima volta ti preparerò un bigliettino» la prese in giro.
Claire gli tirò un pugno sul petto che tuttavia fu come una carezza per Seb, «vaffanculo» borbottò, prima di sentirsi stringere ancora di più.
«Dai non essere arrabbiata, stavo scherzando.»
Sébastien si allontanò leggermente da Claire, prendendole il viso tra le mani e guardandola negli occhi, prima di darle un tenero bacio sulle labbra.
La ragazza cedette subito, per quanto cercasse di mantenere un certo autocontrollo, questo andava letteralmente a farsi fottere nel momento esatto in cui sentiva gli occhi di Seb puntati sui di lei, il suo respiro caldo sul collo, le sue labbra morbide sulle proprie e le sue mani sui fianchi. Si lasciò andare ad un sospiro sconsolato e leggermente amaro per essere così poco influente su se stessa in quelle situazioni senza tuttavia riuscire ancora a opporre resistenza a Sébastien. Era come una calamita per lei, le era impossibile stargli lontano e più volte aveva pensato, mentre era in tour, a quanto sentisse la sua mancanza. Perfino più di Pierre. Si sentiva leggermente in colpa nel pensare quelle cose ma allo stesso tempo sapeva di non poter mentire a sé stessa e fingere che non fosse così.
Controvoglia si liberò dalle braccia di Sèbastien, andando a sedersi sul divano.
«Non posso fermarmi qua molto» esordì Claire, accendendo la televisione, «non ho detto a Pierre dove andavo perché è diventato peggio di un carabiniere ma nemmeno lui mi ha voluto dire dove andava quindi è meglio se tra un’ora vado a casa» spiegò.
Seb annuì accomodandosi accanto a lei e cingendole le spalle con un braccio attirandola a sé, «dobbiamo risolvere anche questo problema. Capisco stare lontano dai paparazzi, ma anche da tuo fratello..»
Claire annuì pensierosa, «secondo me è solo questione di tempo. Che gli da fastidio non è la differenza di età tra noi due, ma cosa significhiamo entrambi per lui, capisci?»
«Non ne sono sicuro» farfugliò Sébastien leggermente confuso dal ragionamento della ragazza.
«Non possono essere gli anni che abbiamo di differenza a dargli fastidio dato che lui ha qualcosa sotto con Bethany anche se non riesco ancora a capire che cosa, il problema è che io sono sua sorella e tu uno dei suoi migliori amici e se va male.. La sua è semplicemente paura di rovinare i rapporti con uno di noi due.»
«E come facciamo a fargli cambiare idea?»
Claire alzò le spalle, avvicinando il suo viso a quello di Seb, «non ne ho idea. L’unica cosa che so è che tra tre quarti d’ora devo essere a casa e che non voglio sprecare il tempo a disposizione» sussurrò, prima di posare le proprie labbra su quelle del ragazzo.
 
«Non so cosa fare, dannazione!»
«Amico, calmati che non sta finendo il mondo. Piuttosto pensa a sederti, respirare, magari bere un bicchiere d’acqua così che riesci a mettere insieme una frase di senso compiuto e spiegarmi con calma cos’è successo.»
Pierre smise di camminare avanti e indietro per il grande salotto in cui si trovava arrestandosi davanti al divano, osservò il posto libero senza tuttavia occuparlo.
«Non mi va» borbottò freddo.
Chuck alzò gli occhi al cielo rassegnandosi all’ennesimo tentativo di far calmare l’amico. Rimasero entrambi in silenzio per alcuni secondi, fu Pierre il primo a parlare.
«Quella ragazza mi sta facendo impazzire. Da una parte la vedo come la migliore amica di mia sorella, quasi una sorellina pure lei, soltanto più carina e simpatica, ma dall’altra, la vedo come una ragazza matura per la sua età, qualcuno che voglio conoscere meglio e con cui voglio passare il mio tempo. E’ così angosciante non sapere cosa fare» sospirò.
«Tutto qui il problema?»
«Tutto qui?!» ripeté Pierre, incredulo,«io mi sto scervellando da giorni e tu mi sminuisci così?»
Chuck si difese stringendosi nelle spalle, «secondo me non è un problema questo, la sai già la risposta.»
Pierre alzò gli occhi al cielo, «ma non vale, tu sei di parte. So già come la pensi.»
«Beh, allora se non ti fidi di me ti basta pensare a quale delle due parti prevale, se quella della migliore amica di tua sorella o quella della ragazza matura.»
Il cantante alzò gli occhi al cielo, «come fai ad essere così.. Così..»
«Bello? Simpatico? In gamba? Intelligente?»
«Volevo dire razionale. Dispensi consigli a destra e a manca a tutti, ma la cosa più allarmante è che sono validi.»
«Forse perché rifletto, prima di parlare. A differenza di qualcuno..» spiegò Chuck.
«A proposito, nel dubbio ho proposto a Beth di portarmi in una discoteca dei giorni d’oggi a vedere come funziona.»
«Appunto.»
Pierre aggrottò le sopracciglia, confuso.
«Ti sei già risposto da solo, Bouvier, invitandola una seconda volta. E poi non dire così che mi fai sentire vecchio, infondo quanti anni di differenza abbiamo con lei?»
«Ti prego non chiedermelo, che mi sento un pedofilo solo a pensarci.»
Chuck trattenne una risata soffocata, «non sei pedofilo, se lei ha più di sedici anni ed è consenziente.»
«Fa lo stesso, potrebbe essere mia figlia.»
«Beh, tecnicamente..» il batterista ci pensò un po’ su, «okay hai ragione, potrebbe essere tua figlia.»
«Grazie per il supporto!» sbottò Pierre, allargando le braccia, «io vengo qua alla ricerca di un po’ di comprensione e tu che fai? Mi smonti più di prima.»
«Ti sei tirato la zappa sui piedi da solo, amico» lo avvertì Chuck, alzandosi dal divano e andando in cucina alla ricerca di qualcosa da mangiare.
«Piuttosto, lei come sembra? Ci sta?» gridò dall’altra stanza per farsi sentire da Pierre.
«In che senso?» il ragazzo fece capolino alle spalle di Chuck.
«Nel senso che non vorrei che tu ti facessi tanti problemi per una che non ti vuole. Lei come l’ha presa questa cosa dell’età?»
Pierre alzò le spalle, «non lo so, non ne abbiamo mai parlato. Abbiamo sempre trattato altri argomenti, secondo te dovrei chiederglielo?»
«Devi vedere tu se è necessario. Più che altro non vorrei che tu ti stia facendo tanti problemi per una che non ti vuole. Anche se, se ha accettato di uscire con te probabilmente un interesse c’è.»
Nel sentire quelle parole Pierre tirò un leggero sospiro di sollievo, infondo non si era mai posto quella domanda ma sentirsi dire che c’era un margine di possibilità che lui le piacesse lo faceva sentire al settimo cielo.
«Glielo chiederò sabato, promesso. Magari dopo che ho bevuto un paio di bicchieri così che mi sarà più facile.»
Chuck lo guardò truce, «non vorrai bere, spero. Farsi reggere dalla ragazza  con cui si esce perché si è troppo ubriachi per stare in piedi non è una bella cosa.»
«L’ho già fatto» esalò Pierre trionfante, «con Genevre.»
«Infatti si è visto com’è finita» borbottò Chuck sottovoce, tuttavia quelle parole arrivarono alle orecchie dell’amico che cercò di far finta di niente.
«Forse ora è meglio che vada, ci sentiamo Chuck.»
«Fammi sapere come va!»
«Certamente» e con queste parole, Pierre uscì dall’appartamento dell’amico.
 

***

 
C'è una congiura contro di me, me lo sento HAHAHA
E' tipo tutto il giorno che cerco di aggiornare, prima non mi va internet, poi non ho più il computer, poi quando ho il computer non mi va il sito di efp e ora sembra funzionare tutto ma non ci metterei la mano sul fuoco uù
Il capitolo non mi convince molto, l'ho scritto di getto facendo una fatica madornale perché sinceramente sono innamorata della coppia Pierre+Beth ma non troppo di Seb+Claire quindi ovvio che voglia scrivere solo su Bouvier haha
Però visto che ci sono alcuni fan di Ceb (?), Slaire (?) - oddio che schifo ahah - mi sono sforzata ewe
Non ho riletto e non ho intenzione di farlo, potrei rischiare di morire a causa degli orrori che potrei trovare quindi se avete trovato robe senza senso chiedo scusa :)
Ho la netta sensazione che il prossimo capitolo vi piacerà quindi resistete!
Aggiornerò il più presto possibile, sempre che non mi scoppi prima il computer, voi però recensite! Ci tengo a sapere che ne pensate :)
Jas

P.S. Mi sto fomentando per ask.fm quindi se volete farmi domande, sono ben accette! Cliccate
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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***



 

«Che ne dici?»
Claire alzò gli occhi dalla rivista che stava sfogliando per posare lo sguardo su Pierre, che allargò leggermente le braccia per farsi guardare.
«Togli il cappello che sembri uno sfigato.»
Il ragazzo obbedì all’istante, passandosi una mano tra i capelli e spettinandoseli un po’. «Ora?»
Claire strinse le labbra in una smorfia concentrata, «può andare. Anzi, sono convinta che farai cadere ai tuoi piedi tutte le ragazzine della discoteca.»
Pierre la guardò serio, prima di mettere in bella mostra il dito medio.
«Ah no è vero scusa, ti interessa solo di Beth» si corresse Claire scoppiando in una fragorosa risata.
«Allora vuoi proprio morire» la minacciò Pierre divertito.
«Dai, vai che la tua dama ti aspetta. Divertiti!» lo congedò la sorella salutandolo con la mano e tornando a leggere la rivista.
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte prima di sparire dietro la porta e salire in macchina.
Più si avvicinava verso casa di Beth più sentiva l’agitazione aumentare, proprio come uno scolaretto. Accese la radio cercando di distrarsi ma appena la vide attraversare il vialetto diretta verso la strada, qualunque canzone avesse sentito non sarebbe stata in grado di distrarlo da quella visione.
Cominciò improvvisamente a insultare mentalmente sua sorella per averlo fatto uscire di strada con un semplice paio di jeans, una maglietta nera e scarpe comode quando Bethany era vestita di tutto punto.
Una canottiera nera e stretta e una gonna bianca a vita alta con gli orli di pizzo le fasciavano il corpo sinuoso, i capelli solitamente legati erano sciolti mentre la frangia legata indietro.
Accostò davanti a lei abbassando il volume della radio e aspettando che salisse in macchina per salutarla.
«Buonasera» la accolse con un sorriso.
Beth ricambiò, «anche a te.»
«Sei bellissima» ammise lui sincero, senza rendersi davvero conto di cosa blaterava.
Vide il viso di Bethany avvampare all’improvviso e Pierre si pentì amaramente delle sue parole. Non che fosse un insulto ma sapeva come lei fosse timida e insicura e dirle proprio così impulsivamente, ad inizio serata che era bellissima forse non era la mossa più appropriata.
«Grazie» la sentì mormorare.
Pierre cercò di sorriderle rassicurante prima di inserire la prima e partire.
«Devi spiegarmi dov’è questo posto che io non me ne intendo» ammise, rallentando ad un semaforo.
Beth annuì, «devi andare verso Jacques-Cariter Bridge, è a un minuto da lì.»
«Ah sì, ho presente la zona, non sapevo ci fosse una discoteca da quelle parti.»
«Non ne sono sorpresa» ridacchiò Bethany.
Pierre finse di fulminarla con lo sguardo, anche lui però divertito. «Scusa se non sono un frequentatore assiduo di certi posti!» cercò di difendersi.
«Perché io sì? Se non fosse stato per la tua idea strampalata, a quest’ora sarei stata a casa sul divano a guardarmi un bel film piuttosto che a imprecare mentalmente per queste scarpe che mi fanno male.»
Pierre abbassò lo sguardo sulle decolleté nere che Beth indossava, «toglile» disse semplicemente.
«E poi come vado in giro? A piedi nudi?»
«Tanto arriveremo tra un quarto d’ora come minimo, così almeno per un quarto d’ora non soffri.»
Bethany si limitò a guardare scettica Pierre per alcuni secondi prima di obbedire. Si lasciò andare ad un sospiro di sollievo mentre sgranchiva le dita indolenzite, «ora non ho niente di cui lamentarmi» ammise sorridente.
 
Nonostante fossero le dieci e mezza, abbastanza presto per una discoteca, questa straripava di gente anche all’entrata che rideva e chiacchierava con un cocktail in mano e una sigaretta nell’altra. Bethany avanzò lentamente dietro a Pierre che camminava sicuro di sé guardandosi in giro con un sorriso da ebete dipinto in faccia. Nonostante la folla iniziale, non c’era molta coda per entrare nel locale e in pochi minuti la musica frastornante invase loro le orecchie.
«Cos’è questo schifo?» si lamentò Pierre, cercando di stapparsi un orecchio.
Beth sorrise, «la musica dei giovani d’oggi» lo scimmiottò facendo il segno delle virgolette con le dita.
Il ragazzo arricciò il naso in segno di disappunto, «ma si riesce a ballare?»
Bethany scoppiò a ridere, «vuoi ballare? E poi certo che sì, altrimenti la gente in pista cos’è lì a fare?»
Pierre alzò le spalle non sapendo cosa pensare. Per lui quella era l’antipodo della musica, dei suoi puramente elettronici messi insieme ad un certo ritmo, niente sentimento o traccia di persona umana dietro quel “suono”. Le conosceva anche lui le canzoni da discoteca per quanto poco frequentasse quei posti ma non ricordava che fossero così, oppure quella discoteca faceva un po’ schifo. Eppure straripava di gente..
«A che pensi?» La voce di Bethany irruppe nei suoi pensieri.
«A quanto non mi piaccia questo posto.»
«Possiamo andarcene se vuoi..» cercò di persuaderlo lei.
«Certo che no!» squittì Pierre, riacquisendo tutto l’entusiasmo, «andiamo a prendere qualcosa da bere e poi balliamo!» e senza aspettare risposta prese Bethany per mano fino al bancone.
La ragazza sussultò sentendosi trascinare, poi però il tocco caldo della mano di Pierre la fece tranquillizzare e solo in quel momento si chiese davvero cosa stessero facendo.
Guardando attentamente la situazione, dall’esterno, erano un ragazzo e una ragazza che uscivano insieme “ufficialmente” per la seconda volta. E avevano quindici anni di differenza. Quindici.
Eppure Bethany non poteva negare di trovarsi bene con lui. Chiacchieravano tranquillamente, ridevano e scherzavano e quando erano insieme per lei il tempo passava che era una meraviglia. Erano buoni amici, ottimi amici. E non c’era niente di male, nonostante la differenza di età, cercò di convincersi Beth mentre Pierre le porgeva un bicchiere di un liquido colorato.
«Mi sono preso il diritto di ordinarti io da bere» le sorrise.
«Che cos’è?»
«Sex on the beach, spero ti piaccia. Piace a tutte.»
Bethany aggrottò le sopracciglia, a tutte.
«A tutte?» domandò con la voce più alta di un’ottava. «A quante ragazze hai ordinato da bere in vita tua?»
Pierre rise, bevve un sorso del suo cocktail osservando Beth leggermente irritata da sopra il bicchiere prima di rispondere.
«Gelosa?»
La ragazza strabuzzò gli occhi incredula. «Gelosa? Certo che no! Però da come parli sembra che tu ne abbia qua una diversa ogni settimana» ribatté stizzita.
«Hai capito male allora, è che di solito il Sex è un cocktail che piace alle ragazze in generale perché è dolce e non troppo forte. Le uniche ragazze a cui ho ordinato da bere saranno mia sorella, Geneve, e te.»
Bethany sorrise a labbra chiuse, «smettila di prendermi in giro. Non ci credo.»
«Okay forse fai bene» ammise lui, «però è un numero molto limitato comunque.»
«Va bene, ti credo» concesse lei, lasciandosi andare ad un sospiro. «E per la cronaca, ci hai azzeccato.»
Pierre aggrottò le sopracciglia confuso.
«Adoro il questo cocktail» spiegò, prima di cominciare a guardarsi in giro.
Alcune delle persone che vedeva frequentavano la sua scuola e le conosceva di vista. In realtà quel locale era il più “gettonato” tra i giovani poiché chiedevano i documenti all’entrata solo raramente. A lei, per esempio, non lo avevano chiesto. In realtà, più si guardava intorno più si rendeva conto che le persone che popolavano la pista erano quasi tutte sotto i venticinque anni circa. Strano che Pierre non si fosse ancora lamentato per quello.
In quel momento lo sentì darle alcuni colpetti nei fianco, «guarda chi c’è» borbottò poi.
Bethany si voltò nella direzione indicata, Luke si strusciava con Juliet, la cheerleader con cui l’aveva tradita mentre stavano insieme. O peggio, con cui la tradiva mentre stavano insieme.
«Oh bene» disse semplicemente Beth, nascondendo la rabbia e la tristezza che si erano impossessate di lei.
Non era vedere il suo ex-ragazzo ballare con un’altra che la faceva stare male, per quanto le importava a lei Luke avrebbe potuto tranquillamente decidere di andare in ritiro spirituale dall’altra parte del globo, il vero problema erano i ricordi che quell’immagine le suscitavano.
Luke l’aveva umiliata davanti a tutta la scuola. Durante le lezioni, il pomeriggio e il sabato sera uscivano insieme come una coppia felice, e Beth credeva davvero di esserlo. Poi però nel tempo restante lui si divertiva con la cheerleader a fare quello che Bethany non si sentiva ancora pronta di fare. E questo tutta la scuola lo sapeva, e lei ci faceva la figura della fessa senza saperlo. Ecco perché odiava Luke, non perché l’aveva tradita con un’altra ma perché l’aveva presa in giro e si era approfittato di lei per tutto il tempo per cui la loro relazione era durata.
«Forse non avrei dovuto indicartelo» mormorò Pierre, più tra sé e sé che a Beth, ma lei sentì.
«Tranquillo, tanto non mi cambia niente. Preferisco mille volte essere qui con te» si sforzò di sorridere. «Allora, mica hai detto che volevi ballare?» cercò di cambiare argomento, «questa canzone sembra decente.»
Pierre osservò il contenuto del suo bicchiere prima di finirlo in un sorso, «andiamo!» esclamò entusiasta prendendo Beth per mano e trascinarla in mezzo alla pista.
In realtà entrambi odiavano ballare ma Bethany moriva dalla voglia di vedere Pierre scatenarsi come faceva sul palo e lui voleva soltanto divertirsi.
Il ragazzo cominciò a muoversi a ritmo, spostando la testa a destra e sinistra e facendo movimenti strani con le braccia. Quando si accorse di Beth che rideva ormai a crepapelle si fermò.
«Ehi!» gridò, fingendosi infastidito.
«Scusa..» disse Beth tra una risata e l’altra, «è che..» lo indicò.
Pierre alzò un sopracciglio ridendo anche lui prima di prenderla per mano e farle muovere il braccio in aria mentre lui iniziava a sculettare come suo solito.
«Forza, balla!» la spronò.
Beth alzò gli occhi al cielo cominciando a muoversi anche lei, prima di essere spinta bruscamente da qualcuno addosso al corpo di Pierre.
«Va bene, se preferisci ballare così..» scherzò lui, appoggiando le mani sui suoi fianchi e continuando a dondolare contento.
Sembravano due imbecilli, non andavano per niente a tempo ma Bethany doveva ammettere che si stava divertendo come non faceva da un po’, inoltre i commenti di Pierre su chiunque gli capitasse all’occhio la facevano letteralmente piegare in due dal ridere.
«Che ne dici se usciamo un attimo? Comincia a mancarmi l’aria», Beth alzò lo guardo vedendo Pierre che si sventolava una mano davanti al viso.
«Certo» acconsentì lei, e quasi automaticamente gli prese la mano.
Un po’ per non perdersi in mezzo a tutta quella gente, un po’ per non sentirsi sola e un po’ perché le piaceva sentire la pelle di Pierre a contatto con la sua.
«Tu fumi?» le domandò Pierre, una volta fuori.
Bethany scosse la testa, «tu?»
«Ogni tanto, tipo adesso avrei voglia di una sigaretta.»
«Provo a scroccarla» lo avvertì lei divertita, voltandosi alla ricerca di qualcuno dalla faccia simpatica a cui chiedere.
L’attenzione le cadde su un ragazzo non molto distante da lei, dagli atteggiamenti molto femminili che chiacchierava gesticolando animatamente con un gruppo di persone.
Bethany si avvicinò titubante e gli toccò la spalla per richiamare la sua attenzione. «Scusa, non è che hai una sigaretta?» gli domandò, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi.
Il ragazzo la squadrò da capo a piedi prima di tirare fuori il pacchetto dalle tasche, «a una condizione però» la avvertì, «voglio che mi presenti il tuo amico» disse, indicando con un cenno della testa Pierre.
Bethany rimase impalata senza sapere cosa dire ma il ragazzo scoppiò in una fragorosa risata che la fece rilassare leggermente.
«Stavo scherzando!» esclamò lui porgendole la sigaretta, «tieni, e per la cronaca, bella scelta» disse, alludendo a Pierre e facendogli l’occhiolino.
Beth lo ringraziò prima di tornare velocemente da Pierre che aveva assistito alla scena da lontano.
«Hai fatto colpo su un gay» lo prese in giro.
«Ho notato, e grazie per questa» disse lui, prendendo la sigaretta che Beth gli stava porgendo.
«Di niente» sorrise lei, prima che lo sguardo le cadesse alle spalle del cantante. «Oddio no» aggiunse poi, cambiando completamente espressione.
«Che c’è?» Pierre si voltò preoccupato, vedendo Luke che si avvicinava a loro.
«Andiamocene ti scongiuro» lo pregò Beth prendendolo per un braccio ma Pierre non l’ascoltò.
«Aspetta, voglio vedere che vuole.»
«Guarda chi si vede!» esclamò Luke entusiasta, «la nuova coppia dell’anno! Vedo che non hai perso tempo, Bethany.»
Beth non rispose, non aveva intenzione di sprecare altro fiato per lui e nemmeno Pierre avrebbe dovuto invece si ostentava a rimanere lì.
«Neanche te vedo» ribatté.
«Cos’è, ti hanno mangiato la lingua Beth? Che fai rispondere il tuo amichetto?»
«Forse non è che non ti vuole parlare? E nemmeno vedere? Forse ti conviene andartene e continuare la tua serata tranquillamente» gli consigliò Pierre con voce dura.
«Chi sei tu? Mio padre? Ah beh, in effetti quasi.. Quanti anni hai?»
Pierre strinse i pugni, per evitare di scagliarglieli in faccia a quel coglione che si ritrovava davanti.
«Hai sentito cosa ti ho detto o te lo devo ripetere?» ignorò la provocazione.
«Altrimenti?» lo istigò Luke, avvicinandosi.
«Altrimenti ce ne andiamo noi» spiegò tranquillo Pierre facendo un passo indietro.
Non aveva intenzione di fare a botte con un ragazzino, peraltro non in piena facoltà di intendere e di volere. Per lui erano finiti i tempi delle risse per le ragazze, in quel momento voleva solo andarsene ma non riuscì a finire il pensiero che sentì un dolore lancinante sulla guancia sinistra. Luke gli aveva tirato un pugno.
 

***

 
Per chi mi conosce e ha letto anche altre mie storie sa che sono innamorata delle risse. Tra maschi, tra femmine, mi manca solo un maschio contro una femmina e sono a posto HAHAHAHA
Però state tranquilli che non è finita qui, anche il prossimo capitolo sarà sulla serata e succederanno cose più interessanti :)
La finisco qui altrimenti vi spoilero tutto e-e
Ah, comunque per la cronaca, la parte dei balli di Pierre l’ho aggiunta dopo apposta per voi visto che nelle recensioni mi avete detto che volevate vedere Bouvier all’opera uù
Ora però per il prossimo capitolo dovrete aspettare una settimana come minimo visto che domani parto per il Marocco #yay e poi quando torno il giorno dopo parto di nuovo e non vi garantisco che riuscirò a postare :o
Comunque farò del mio meglio, lo prometto :)
Voi però fatemi sapere che ne pensate, ci tengo davvero molto!
Jas
 
P.S. Ho aperto livejournal se vi va di darci un’occhiata uù Più che altro è per postare i banner che faccio e per ricevere le "richieste" perché su Twitter altrimenti impazzisco HAHA –
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(Questo è Bouvier che balla in discoteca HAHAHAHA)

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***



 

Pierre rimase immobile per alcuni istanti, gli ci volle un attimo per mettere bene a fuoco cos’era successo ma non appena si rese conto di Luke davanti a lui con il pugno a mezz’aria, gli saltò addosso. Non gli importava se quel ragazzo aveva poco più della metà dei suoi anni ed era in mezzo ai suoi amici che l’avrebbero difeso. Voleva prenderlo a pugni anche se sapeva che lui ne avrebbe presi il doppio. Luke fu preso alla sprovvista e perse l’equilibrio, reso già instabile dall’alcol, cadendo a terra. Pierre si mise a cavalcioni su di lui e iniziò a prenderlo a pugni fino a quando non sentì qualcuno prenderlo per le braccia. Cercò di liberarsi con degli strattoni ma la presa era troppo forte, una fitta allo stomaco gli fece mancare il respiro. Vide un ragazzo poco più basso di lui tirargli un pugno in pieno volto prima di perdere i sensi.
 
«Pierre? Pierre ci sei?»
Il ragazzo aprì lentamente gli occhi mugugnando qualcosa.
«Oddio finalmente! Mi hai fatta preoccupare!»
Beth prese il viso di Pierre tra le mani e lo alzò leggermente verso di lei come per controllare che quello che stava succedendo non fosse un’allucinazione.
«Dove siamo?» farfugliò lui, cercando di tirarsi leggermente su, ma bloccando il movimento sentendo un dolore lancinante in tutto il corpo.
«Nel retro della discoteca, ti ci ho trascinato dopo che quel cretino di Jaden ti ha fatto perdere i sensi. Anche tu però potevi evitare di scagliarti così addosso a Luke quando ti ho detto che questo posto è pieno zeppo di suoi amici che come aspirazione nella vita hanno quella di coprirgli le spalle quando lui vuole fare il figo ma non ne è in grado. Te la sei andata a cercare e poteva finire peggio! Meno male che mi sono messa in mezzo e ho pure rischiato di prendermi un cazzotto in faccia per fargli smettere di malmenarti. Dovevi vederti!»
Bethany continuò ad alzare la voce fino a quando non si lasciò andare ad un sospiro, «lasciamo perdere» concluse. «Tu come stai?» domandò poi, addolcendo il tono.
Pierre fece una smorfia che doveva assomigliare ad un sorriso, «tu come credi che stia?»
Beth scosse la testa, «sei un coglione. Anzi, un ragazzino. Hai trent’anni suonati ma sei ancora un ragazzino» lo riprese.
E forse è per questo che non riesco a starti lontana, pensò. Ma questo non lo disse.
«Dovremmo andare» osservò Pierre guardandosi in giro, Beth annuì e si alzò porgendogli una mano per aiutarlo.
«Riesci a guidare?» domandò Bethany, mentre raggiungevano la macchina.
«Devo riuscirci.»
Pierre aprì l’auto e si mise seduto con cautela, «riesco ancora a schiacciare due pedali» scherzò poi.
Beth appoggiò la testa contro il sedile e chiuse gli occhi alcuni secondi, «ti conviene farti medicare quando arrivi a casa se non vuoi che l’occhio ti si gonfi ancora di più.»
«Non crederai mica che vada a casa conciato così!» esclamò Pierre indicandosi il volto con un dito, «già mia madre è debole di cuore, le darei il colpo di grazia.»
«E cosa vuoi fare? Andare in ospedale?»
Pierre scosse la testa, «ti porto a casa e poi vado in un appartamento che ho non molto lontano da qui.»
«Vengo con te» proclamò decisa Bethany.
«No.»
«Sì, devi mettere del ghiaccio su quell’occhio e sull’addome e ti usciva pure sangue dal naso prima quindi.. vengo con te.»
Pierre scosse la testa rassegnato uscendo dal parcheggio della discoteca con l’auto. Si sentiva tutto indolenzito ma il dolore lancinante che provava fino a dieci minuti prima sembrava essere già diminuito. Non capiva tutta quell’insistenza da parte di Beth a venire con lui, era mezzanotte passata e nonostante non avesse accennato ad alcun coprifuoco Pierre sapeva che non poteva presentarsi a casa alle tre del mattino.
Il viaggio proseguì in silenzio, pure la radio era spenta e l’unico rumore che si sentiva era quello provocato dall’aria che entrava dal finestrino che Bethany aveva aperto.
«Siamo arrivati» proclamò Pierre dopo nemmeno cinque minuti accostando l’auto davanti a un portone scuro.
Beth scese in silenzio e Pierre fece lo stesso senza bisogno di alcun aiuto, aprì la porta e chiamò l’ascensore senza proferire parola.
«Come mai vivi con i tuoi se hai un appartamento in pieno centro?» domandò Beth.
Pierre si strinse nelle spalle pigiando sul pulsante del quarto piano, «non so, sono un mammone?» scherzò.
Bethany sorrise nonostante sapesse che c’era qualcosa che lui le stava nascondendo ma se non aveva voglia di parlargliene non avrebbe insistito a riguardo.
Un suono proveniente dall’ascensore indicò che erano arrivati, Pierre aprì la porta dell’appartamento e si diresse immediatamente verso il divano buttandosi a peso morto su di esso.
«Fai come se fossi a casa tua» avvertì Beth, prima di togliersi le scarpe e sdraiarsi completamente.
Bethany si guardò in giro alcuni secondi indecisa sul da farsi. La casa non era completamente arredata, c’erano la cucina e gli elettrodomestici ma il resto dei mobili era coperto da lenzuola e circondato da scatoloni ad eccezione del divano su cui era sdraiato Pierre. Sembrava che quell’appartamento fosse stato abbandonato a metà di un trasloco, pensò Beth mentre si dirigeva verso il frigorifero alla ricerca di qualcosa di fresco da mettere sull’occhio di Pierre.
Trovò una busta di verdure surgelate e una scatola di ghiaccioli, prese uno straccio che trovò sul piano cottura lo inumidì leggermente e tornò in salotto.
«Non è che ci sia molta scelta in questa casa, mi sono dovuta arrangiare» si giustificò, sedendosi accanto a Pierre e mettendogli una scatola sull’occhio e l’altra sul naso.
«Non ci vengo quasi mai, di solito solo quando voglio stare un po’ per conto mio. Non è che sia messa benissimo ma ci si può sopravvivere per alcuni giorni.»
«Come mai tutti questi scatoloni?» osò chiedere Bethany.
Sapeva che non erano affari suoi e che Pierre pareva abbastanza restio a riguardo ma la curiosità era troppa e voleva, anzi, doveva sapere.
«Sono le cose che ho portato qua ma che non ho mai avuto né tempo né voglia, ma soprattutto voglia, di mettere a posto.»
Beth annuì, continuava a girarci intorno ma decise che non sarebbe andata oltre, se non voleva parlarne non  poteva obbligarlo.
Si mise in ginocchio davanti a lui e gli tolse la scatola di ghiaccioli dal naso, «devo pulirti» spiegò, «sei tutto sporco di sangue.»
Cominciò a sfregare col panno il più delicatamente possibile ma Pierre fece una smorfia di dolore così smise quasi subito, «scusa» mormorò.
«Sei una pessima infermiera» la prese in giro lui ridacchiando.
«Almeno io non mi metto contro mezzo locale sapendo che non posso fare altro che prenderle.»
«Volevo fare il cavaliere, e comunque intanto Luke un paio di cazzotti se li è presi.»
«Sì, anche tu però» gli fece notare Beth.
«I ragazzi malmenati fanno più scena, ora mi verranno dietro più ragazze del solito» osservò Pierre con una punta di orgoglio.
Bethany scosse la testa mentre si alzava per andare a sedersi sul divano, «parlando seriamente, non dovevi. Non hai visto che lui ha fatto apposta a provocarti? Quello è il suo passatempo, tu non devi dargli corda, non puoi abbassarti al suo livello devi essere superiore.»
«Come? Non frequentando gli stessi posti che frequenta lui?»
Beth strabuzzò gli occhi colpita da quell’insinuazione, «non intendevo quello» farfugliò imbarazzata ma allo stesso tempo arrabbiata.
«Scusa» mormorò Pierre pentendosi delle sue parole, «non intendevo quello, solo che..»
«Lascia perdere» lo interruppe Bethany, «hai ragione, mi faccio troppo condizionare ma cos’altro potrei fare?»
«Senti» Pierre si mise seduto accanto a lei, «ne è pieno il mondo di tipi come lui, sono tutti uguali. Devi dimostrargli che senza di lui stai meglio, devi andare a tutte le feste più importanti che vengono organizzate e divertirti un mondo, frequentare chi vuoi, fare quello che vuoi e se osa dirti qualcosa semplicemente mandarlo a quel paese.»
Pierre si avvicinò leggermente a lei, «devi impedirgli di subentrare nella tua vita, ha già fatto abbastanza danni mentre stavate insieme, tu sei tremila volte meglio di lui» le scostò una ciocca di capelli che le era caduta sul viso.
Beth alzò leggermente gli occhi ritrovandosi davanti quelli scuri di Pierre, nonostante uno fosse un po’ socchiuso e malconcio non riuscì a fare a meno di pensare a quanto fosse bello e vicino a lei. Le sarebbe bastato protendersi solo leggermente verso di lui per baciarlo eppure si sentiva come immobilizzata da una forza superiore. Le sembrava talmente perfetto da essere irraggiungibile, o irreale.
«Una come te se la sogna la notte» continuò lui, «oppure mentre si fa le seghe davanti a un qualche giornalino porno» aggiunse, prima di scoppiare a ridere.
«Cazzo!» imprecò subito dopo toccandosi la pancia, «ad ogni movimento brusco che faccio mi fa male l’addome» si lamentò alzando la maglietta.
Bethany deglutì, cercando di concentrarsi sul livido che aveva e non sugli addominali appena accennati e su quel tatuaggio che la mandava in tilt più di quanto non facesse la sola presenza di Pierre.
«Sembra solo una botta» osservò, «aspetta che vado a vedere se c’è qualche altro surgelato da metterci su anche se dubito che possa fare qualcosa.»
Bethany si alzò e si diresse in cucina tirando un sospiro di sollievo quando l’aria gelata del congelatore le investì il viso, stava scoppiando di caldo. Come previsto questo era vuoto così tornò di là senza nulla.
«Niente, forse però domani è meglio se vado in farmacia a prenderti qualcosa così che ti passi prima.»
Pierre annuì, «grazie, per tutto.»
«Grazie a te per la meravigliosa serata prima che arrivasse quel coglione a rovinare tutto.»
Il ragazzo sorrise, «forse è meglio che ti chiami un taxi ora, i tuoi potrebbero iniziare a preoccuparsi.»
Bethany annuì e lui si alzò lentamente alla ricerca del cellulare, chiamò il tassista e accompagnò Beth alla porta.
«Potevi anche rimanere sul divano» osservò lei, mettendosi la borsa in spalla.
«Figurati, è il minimo» le sorrise.
Lei ricambiò sovrappensiero, «ah, forse è meglio se ti lascio il mio numero così in caso di bisogno hai chi chiamare.»
Pierre annuì e le porse il cellulare, «grazie dottoressa.. Qual è il tuo cognome?»
«Collins» rispose Beth divertita, «sono la dottoressa Collins.»
«Bene, allora grazie per tutto Collins, e buonanotte.»
«Notte Bouvier.»
Bethany stava per voltarsi ma Pierre le prese la mano e si sporse verso di lei dandole un leggero bacio sulla guancia prima di sorriderle cordiale. Lei ricambiò incerta il sorriso chiudendosi la porta alle spalle e sentendo uno strano calore nel punto in cui le labbra di lui avevano toccato la sua pelle. Si sentiva ridicola mentre scendeva le scale, pure un semplice e casto bacio sulla guancia la faceva delirare ormai, non sapeva cos’aspettarsi se fosse successo qualcos’altro anche se era praticamente impossibile perché uno, lui era famoso e con l’imbarazzo della scelta che aveva nelle ragazze lei sarebbe stata l’ultima, e due, anche se fosse stata così fortunata sarebbe stato comunque impensabile. Aveva trentatré anni, era eticamente scorretto, pensò salendo sul taxi con ancora il cuore a mille.

***

Eccomi qua :D
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se Pierre le ha prese un po' HAHAHA
In realtà qua doveva esserci il bacio tra lui e Beth e invece ......
Ma arriverà, don't worry. L'ho già scritto.
Ecco, a proposito di scrivere: ho un blocco. E' da tutta la settimana che sono ferma su un capitolo cazzuto e non riesco ad andare avanti, spero che mi passi cwc
Vabbè non vi rompo le scatole coi miei problemi, grazie per recensire e avere la storia tra le seguite/preferite/ricordate.
Se siete fan dei One Direction, o comunque vi va, vi ricordo che ho appena pubblicato una long su Nialler e Harreh. Cliccate nel banner sotto :)
Jas

 





(Pierre che lotta HAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA okay basta.)

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***




 

“Buongiorno! Puoi passare a casa mia a prendermi un po’ di vestiti? Chiedi a mia sorella. Pierre.”
Bethany sorrise automaticamente appoggiando il telefono sul comodino e cercando di riaddormentarsi. Purtroppo, quel messaggio l’aveva svegliata nonostante fossero le otto di domenica mattina, quindi decise di alzarsi e di vestirsi per andare da Claire.
Raccolse i capelli in un groviglio insensato e si truccò leggermente prima di prendere la borsa e uscire di casa nel silenzio più assoluto. I suoi l’avrebbero uccisa, prima tornava a casa tardi e poi sgattaiolava via la mattina presto, non si sarebbe sorpresa se verso le nove e mezza l’avrebbero chiamata infuriati. Decise di non pensarci, mandò un messaggio a Claire avvertendola che aspettava che le venisse ad aprire certa che sarebbe arrivata nel giro di alcuni minuti. Teneva sempre il cellulare acceso e con la suoneria, l’avrebbe insultata per cinque minuti ma poi le sarebbe passato e avrebbe iniziato a fare domande insistenti sulla serata precedente.
La porta di aprì di scatto, mostrando una Claire assonnata e ancora in pigiama.
«Spero per te che sia successo qualcosa del tipo che gli alieni ti hanno bruciato la casa per svegliarmi alle otto di mattina» borbottò lei stropicciandosi gli occhi e mettendosi da parte per fare accomodare Beth.
«Non proprio, mi servono dei vestiti di Pierre» borbottò lei.
«Eh?» la voce di Claire si alzò di un’ottava e Bethany le tappò la bocca spaventata.
«Non fare casino» bisbigliò, «ieri sera Luke e Pierre si sono picchiati e Pierre era conciato un po’ male così è rimasto nella sua casa in centro a dormire per non fare spaventare tua madre e mi ha chiesto se posso portargli dei vestiti puliti» spiegò la ragazza velocemente.
«Ah sì, l’appartamento suo e di Genevre.»
«Eh?»
Questa volta fu la voce di Beth ad alzarsi di un’ottava.
«Ops...» Claire si morse un labbro, «non lo sapevi?»
«No ma fa niente, non è che mi interessi» bofonchiò Bethany mettendosi a braccia conserte.
Non sapeva nemmeno lei perché, ma nel sentire quelle parole aveva percepito un moto di gelosia infondato. Alla fine loro si erano lasciati, quell’appartamento era... un appartamento. Niente di che. E Pierre lo usava soltanto quando gli serviva, se ci avesse tenuto davvero l’avrebbe sistemato, arredato meglio e reso più accogliente. Invece a Beth era sembrato soltanto un insieme di locali vuoti, con le cose essenziali ma nemmeno utilizzabili perché coperte da lenzuola impolverate.
«Dai, che ti do un po’ di roba.»
La voce di Claire la distolse dai suoi pensieri, la seguì in silenzio su per le scale fino alla stanza di Pierre.
Non era molto grande, più piccola di quella di sua sorella, ci stavano a malapena il letto la scrivania e l’armadio. I muri erano stranamente immacolati, senza né poster né qualunque altra cosa di personale, che potesse far capire a chi ci entrava qualcosa su chi dormiva in quella camera.
«Molto personale direi...» osservò sarcastica Beth, mettendosi a braccia conserte.
«Fino ad un po’ di mesi fa questa stanza era piena di poster e tanta altra roba di mio fratello, poi ha tolto tutto perché pensava di andarsene ma... è tornato.»
Bethany capì all’istante che c’era qualcosa che l’amica le stava nascondendo, e aveva la sensazione che quel qualcosa avesse a che fare con l’appartamento in centro, di cui Pierre aveva omesso le “origini”. Cercò di non farci caso, infondo non era niente di che, forse era lei che stava dando troppa importanza a qualcosa di futile anche se infondo voleva saperne di più.
Prese in mano i vestiti che Claire le porse, «grazie» disse mettendoli nella borsa.
«Vai da lui ora?» Beth annuì.
«Non divertitevi troppo, se sai cosa intendo» le fece l’occhiolino.
Bethany avvampò, «cosa stai dicendo?»
«Andiamo, la vedrebbe anche un cieco l’attrazione che c’è tra voi due, è solo questione di tempo perché succeda qualcosa. Anzi, sono sorpresa che mio fratello non ti sia ancora saltato addosso. Conoscendolo...»
Beth scosse la testa, «tu sei pazza» borbottò dirigendosi verso l’uscita.
«Come vuoi tu, tanto lo so che ti piace» canticchiò Claire, tornando in camera sua.
 
Bethany aveva riflettuto sulle parole dell’amica per tutto il viaggio fino a casa di Pierre. Non era così ingenua da non riconoscere i suoi sentimenti, era attratta da Pierre senza ombra di dubbio. Ciò che le tartassava la mente però, era la convinzione di Claire anche su quello che provava suo fratello. E tutta la storia di Genevre.
Moriva dalla curiosità di saperne di più, avrebbe voluto chiedere direttamente ma da come Pierre aveva sempre omesso certi particolari sapeva che lui non voleva parlargliene. Ed anche lì le sorgevano i dubbi, perché?
Il rumore dell’ascensore la distolse dai suoi pensieri, bussò alla porta cercando di non far cadere i caffè e i muffin che aveva comprato per strada. Nel giro di alcuni secondi arrivò Pierre ad aprirle.
Indossava soltanto un paio di boxer, aveva il volto ancora un po’ gonfio e leggermente assonnato ma quelli erano gli ultimi particolari che saltarono all’occhio di Bethany.
Rimase incantata per alcuni secondi ad osservare i tatuaggi messi in bella mostra dall’”outfit” del ragazzo. Quello sul braccio sinistro, sul fianco destro che arrivava fino alla caviglia, deglutì sentendo una vampata di calore invaderle il corpo.
«Tutto bene?»
La voce di Pierre la riportò alla realtà, «ti ho portato la colazione» borbottò, porgendogli il sacchetto che teneva in mano e un bicchiere di caffè.
Pierre sorrise visibilmente felice, «stavo morendo di fame» ammise, andando a sedersi sul divano e sbirciando nel sacchetto con la stessa impazienza di un bambino mentre scarta i regali la mattina di Natale.
«Mangiali pure tutti e due i muffin, io non ho fame» disse Beth, mettendosi accanto a lui.
«Sicura?»
Lei annuì, e Pierre non se lo fece ripetere due volte prima di mordere avidamente un dolce.
«Sono squisiti» disse a bocca piena, e Bethany non poté fare a meno di ridere un po’ per quelle guance più paffute del solito e un po’ per la smorfia strana che gli usciva mentre masticava, aggravata dai lividi.
«Ah, ti ho preso anche i sacchetti per il ghiaccio» si ricordò Beth, alzandosi e dirigendosi in cucina per metterli nel congelatore.
«E i miei vestiti?» gridò Pierre dal salotto.
«Sono nella mia borsa», Bethany fece capolino nella stanza, «Claire mi ha dato anche il tuo spazzolino da denti» disse, appoggiando tutto sul tavolino.
Pierre annuì deglutendo un boccone e bevendo un sorso di caffè, «grazie Beth» disse sincero, voltandosi a guardarla.
La ragazza si sentì il viso andarle in fiamme mentre le parole di Claire di quella mattina continuavano a ronzargli in mente, «non c’è di che» mormorò.
«Ti hanno detto qualcosa i tuoi per ieri?» domandò Pierre, cambiando argomento.
Beth scosse la testa, «erano già a letto quando sono tornata, mio padre mi ha solo chiesto se andasse tutto bene gli ho detto di sì. Stamattina sono uscita prima che si svegliassero ma credo mi aspetti una bella strigliata.»
«Mi dispiace... Se può servire a qualcosa posso parlarci io con loro, sai, magari si tranquillizzano.»
«Stai scherzando? Mi segregherebbero in casa!»
Pierre ci pensò un po’ su, «in effetti hai ragione» osservò.
Il problema era che quando stava con lei si dimenticava della differenza di età che avevano, e non sapeva se era perché lui era rimasto indietro con gli anni oppure perché lei era più matura rispetto ai suoi coetanei. Gli faceva strano pensare persino che aveva la stessa età di sua sorella, sua sorella si ripeté mentalmente.
Gli tornarono in mente le parole di Chuck, o la va o la spacca pensò, prima di formulare la domanda.
«Tu come la vedi questa storia dell’età?» chiese.
Beth s’irrigidì, sorpresa dalle parole di Pierre.
«Non so...» rispose sinceramente. «In realtà non ci penso molto, o meglio, cerco di non farlo. L’unica mia preoccupazione è ciò che potrebbero pensare i miei, ecco» ammise.
Pierre tirò un sospiro di sollievo, era quello che sperava infondo.
Gioii dentro di sé mentre giochicchiava con le mani, sentire quelle parole fu come togliersi un peso dallo stomaco. Improvvisamente sentì il desiderio di provare ad esporsi un po’ di più con lei, ma quando aprì la bocca per parlare Beth si alzò di scatto dal divano.
«Vado a prendere un po’ di ghiaccio, anche se non sarà proprio solidificato bisogna mettere qualcosa su quell’occhio.»
Pierre si lasciò andare addosso allo schienale chiudendo gli occhi e respirando profondamente, portandosi le mani alle tempie e massaggiandosele lentamente.
«Ti fa male la testa?»
La voce preoccupata di Bethany lo fece ritornare alla realtà, «no, stavo solo pensando.»
La premura e l’inquietezza di quella ragazza lo lasciavano sbalordito. Lo stava trattando come se non potesse muoversi né fare niente senza l’aiuto di qualcuno, se sua madre avesse fatto così era certo che a quel punto l’avrebbe già mandata a quel paese mentre lei... Con lei era diverso.
Beth si sedette accanto a lui e gli appoggiò il ghiaccio sull’occhio, osservando il naso che sembrava essersi sgonfiato. Alzò lo sguardo incontrando quello di Pierre che la guardava serio, i suoi occhi erano come una calamita. Non riusciva a guardare altrove e, per una volta, nemmeno lei sembrava volerlo fare, diversamente dal solito. Beth sentì il respiro farsi più corto, nonostante non stesse accadendo nulla. La semplice vicinanza di Pierre la faceva impazzire, il suo cuore cominciava a battere all’impazzata e l’ansia di fare o dire qualcosa di sbagliato s’impossessava di lei. Perdeva letteralmente il controllo di sé stessa come non le era mai capitato in vita sua.
Pierre le prese la mano, togliendo il ghiaccio dall’occhio senza distogliere lo sguardo da lei. Si avvicinò lentamente, quasi impaurito di poterla spaventare o suscitare qualsiasi altra reazione sbagliata in lei. Sentì il suo respiro caldo e accelerato sul viso prima di azzerare la distanza tra di loro e appoggiare le proprie labbra sulle sue. Si staccò poco dopo, restio su come comportarsi. Beth era rimasta rigida come un palo e questa sua reazione lo fece leggermente allarmare. Aveva paura di aver sbagliato qualcosa, di aver frainteso i suoi comportamenti e i suoi modi di fare. Forse lei non provava davvero niente e lui aveva appena rovinato tutto e fatto la figura dello stupido dandole un ridicolo bacio a stampo. Non riuscì a finire il pensiero perché le labbra di Bethany erano di nuovo sulle sue, questa volta però lui non aveva fatto niente. Era stata lei a sporgersi verso di lui con molta più prepotenza, gli accarezzò la guancia dischiudendo le labbra e cercando avidamente la sua lingua. Pierre sentì un brivido attraversargli la spina dorsale, appoggiò una mano sulla schiena di Beth avvicinandola ulteriormente a sé ed approfondendo il bacio. Passò dalle sue labbra al suo collo, alla spalla destra senza staccare le labbra nemmeno per un secondo. Il peso di lei lo fece andare indietro e si ritrovò mezzo sdraiato sul divano con Bethany che lo sovrastava. Gli scappò un gemito quando lei appoggiò la mano sull’addome ancora dolorante.
«Oddio, ti ho fatto male?» domandò spaventata, staccandosi bruscamente.
Pierre scosse la testa, «sono un duro io, cosa credi?»
Beth sorrise mordendosi il labbro inferiore, Pierre non seppe resisterle e si riappropriò di nuovo della sua bocca. Bethany gli passò una mano tra i capelli già spettinati di per loro, mentre lui le accarezzò la schiena da sotto la maglietta fino ad arrivare al gancetto del reggiseno. Non sapeva se spingersi oltre, Bethany però non sembrava opporre resistenza e lui non voleva fermarsi proprio lì.
Il suono acuto del campanello bloccò il flusso dei suoi pensieri. Beth si alzò di scatto dal divano mettendosi apposto la maglietta e toccandosi alcune volte i capelli con le mani con la speranza di renderli presentabili.
«Chi è?» domandò, quasi in ansia.
«Sono Claire! Chi vuoi che sia?»
Beth tirò un sospiro di sollievo avvicinandosi alla porta, da una parte era sollevata nel sapere che era lei ma dall’altra sapeva che non le sarebbe passato inosservato lo stato in cui era e anche se avesse fatto finta di niente in presenza di Pierre non appena si sarebbero trovate da sole avrebbe preteso un racconto dettagliato e parlarle di suo fratello la metteva un po’ a disagio.
Fece girare la chiave aprendo la porta e accogliendo Claire con il sorriso migliore che potesse avere.
La ragazza si osservò un po’ in giro, soffermandosi poi su Beth che cercava di mantenere la calma.
«Io e te parliamo dopo» le sussurrò, prima di superarla e dirigersi da Pierre, sdraiato sul divano con il ghiaccio sull’occhio.

 
***

 
Non sono mortaa! :D HAHAHAHA
Non ho idea quanto tempo sia passato dall’ultimo aggiornamento ma del tipo che non ho scritto niente, e sto andando in panico. Questo capitolo era già pronto, com’è anche il prossimo, sono bloccata sul 15 çwç
Ora però sono tornata a casa, e oltre che iniziare a fare i compiti – visto che è ora – m’impegnerò ad andare avanti anche qua.
Prometto che il prossimo aggiornamento arriverà al più presto, intanto vi ringrazio per aver aggiunto la storia tra le preferite – è la prima tra le scelte nel fandom – e vi ringrazio per le recensioni perché abbiamo raggiunto quota 100!
Come premio vi ho dato il fatidico bacio, dai, e i fan di Seb e Claire dovrebbero essere felici nel prossimo capitolo uù
Okay, basta spoiler :D
Grazie mille, davvero <3
Jas

 


(Pierre che gongola per aver baciato Beth HAHAHAHAHA)

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***




 

Beth doveva aspettarselo.
Domenica Pierre l’aveva congedata con un “ci sentiamo” sotto lo sguardo vigile di Claire, era mercoledì e di un suo messaggio, una sua chiamata o qualunque altro segno di vita, non c’era neanche l’ombra.
Respirò profondamente cercando di mettere da parte quegli sgradevoli pensieri, non poteva farsi condizionare così tanto da un ragazzo come aveva già fatto in passato, doveva fregarsene e andare avanti da sola.
Il problema era che qualunque cosa facesse, dicesse o vedesse in qualche strano modo la ricollegava a Pierre. Era frustrante  da una parte ma dall’altra adorava la sensazione delle sue mani che ancora sentiva su di sé.
Si morse un labbro chiudendo con veemenza l’armadietto non appena vide Claire farle segno di avvicinarsi, quel pomeriggio sarebbe andata a casa sua per preparare un compito di biologia. I suoi pensieri erano contraddittori, voleva vedere Pierre e come si sarebbe comportato ma allo stesso tempo non voleva avere niente a che fare con lui. Sapeva che  avrebbe potuto chiamarlo o mandargli un messaggio anche lei ma, insomma, era lui il maschio.
«Allora, hai tutto?»
La voce squillante di Claire la fece distrarre dai suoi pensieri, Beth annuì incerta mostrando la borsa piena di riviste scientifiche che avrebbero dovuto usare quel pomeriggio.
«Spero che non ci sia nessuno a casa, altrimenti tra mia mamma che chiede se abbiamo fame o sete, mio fratello che ti distrae, non so quanto riusciremo a combinare.»
Bethany alzò gli occhi al cielo, «te l’ho detto, non mi interessa Pierre! Non è successo niente tra di noi» borbottò.
«Sì certo, e cosa stavate facendo prima che arrivassi io?»
Beth avvampò, «n-niente» sussurrò quasi.
Claire sorrise, «ho fatto l’interrogatorio a Pierre ieri, e dopo mezz’ora sono riuscita a fargli sputare il rospo ma stai tranquilla che non dirò niente a nessuno né ti giudicherò. Insomma, chi sono io per poterti dire qualcosa quando sono la prima che va con uno più grande?»
Beth sospirò, «non è significato niente comunque, è stato solo un impeto di passione. Non si è più fatto vivo figurati se gliene frega qualcosa.»
Claire alzò le spalle, «è un po’ strano mio fratello, questo te lo devo concedere. Però ieri mentre parlava sembrava tutt’altro che disinteressato, fidati. Poi magari se è a casa riuscite a scambiarvi quattro chiacchiere.»
«Non ho niente da dirgli» ribatté Bethany secca.
L’amica sospirò alzando gli occhi al cielo prima di cercare nella borsa le chiavi di casa, aprì la porta e buttò tutto nell’angolo dell’entrata dirigendosi in cucina.
«Sono arrivata!» gridò, guardandosi intorno incerta, «mi sa che non c’è nessuno, meglio così» osservò, sedendosi al tavolo.
Beth la seguì, svuotando il contenuto della borsa su di esso.
«Direi che è meglio metterci subito al lavoro che prima iniziamo, prima finiamo.»
Claire annuì prendendo in mano alcune riviste, «che noia il DNA» borbottò, cominciando a leggere.
 
Beth appoggiò il pennarello sul tavolo ammirando contenta il cartellone che avevano appena completato, «dai, non è così male» osservò, inclinando leggermente la testa verso destra.
«La Durand sarà fiera di noi, me lo sento, e ci metterà il massimo dei voti e..»
Claire si fermò, sentendo la porta sbattere. «Chi è?» gridò.
«Chi vuoi che sia, scusa?»
Beth trasalì nel sentire quella voce, Claire le mostrò un sorriso a trentadue denti.
«Sono in cucina!»
Dopo alcuni secondi Pierre entrò nella stanza, sorpreso nel vedere lì Bethany la salutò rivolgendole un sorriso imbarazzato prima di posare lo sguardo sul cartellone appoggiato sul tavolo.
«Oh, vedo che state lavorando allora vi lascio in pace» disse, ma Claire non lo ascoltò.
«Seb!» strillò quasi, come in preda ad un attacco, prima di andare tra le braccia del ragazzo che era apparso alle spalle di Pierre. «E comunque avevamo finito» continuò rivolgendosi al fratello prima di parlottare a bassa voce col suo ragazzo.
«Noi andiamo un attimo di là» li avvertì Seb, Claire fece l’occhiolino a Beth prima di sparire dietro la porta.
Se c’era una cosa di cui Bethany era certa in quel momento, era che avrebbe voluto uccidere la sua amica all’istante. Come poteva abbandonarla così quando sapeva perfettamente che non voleva vedere né parlare né fare qualunque altra cosa con Pierre?
Cominciò a dondolarsi da un piede all’altro imbarazzata, non aveva intenzione di proferire parola anche se quel silenzio stava iniziando a farsi pesante.
Pierre si schiarì la voce e Beth alzò lo sguardo. Non poté fare a meno di notare quanto fosse bello, l’occhio era andato quasi completamente a posto ad eccezione di un piccolo alone violaceo sotto di esso, ma per il resto sembrava tirato a nuovo.
«Senti...» esordì lui, passandosi una mano tra i capelli, leggermente a disagio.
«Lascia stare» lo interruppe Bethany brusca, «non c’è bisogno che tu dica niente, ho capito tutto.»
Pierre strabuzzò gli occhi, «sul serio?»
La ragazza annuì, «sì, quello che è successo l’altro giorno non era... niente. E per me va bene così, cioè, nemmeno per me significava qualcosa. E’ stato solo un bacio, uno stupido bacio che non doveva nemmeno esserci. Ti capisco perfettamente, insomma, tu avrai una miriade di ragazze che aspettano di essere baciate e figurati se vai ad interessarti ad una come me», Pierre ridacchiò sommessamente ma Beth non se ne accorse e continuò con il suo monologo. «Probabilmente ti avrò fatto pena, non ne sarei sorpresa, non so cos’ho ma faccio pena a molta gente. Credo di avere la faccia da cane bastonato o qualcosa del genere, e le persone quando mi vedono provano una certa compassione nei miei confronti e allora cercano di accontentarmi o di farmi scappare qualche sorriso ma, davvero, per me va bene così, non mi aspetto che tu...»
 Prima che Beth potesse finire la frase, Pierre le prese il viso tra le mani e la baciò con passione, un po’ per farla tacere e un po’ perché era da quando l’aveva vista lì in cucina con sua sorella che voleva sentire di nuovo le sue labbra morbide sulle proprie.
Si staccò leggermente, sorridendo nel vedere l’espressione quasi spaventata di Bethany, «hai finito di parlare, cane bastonato?» la prese in giro, «sembravi uno di quei chihuaua che abbaiano sempre non appena ti vedono perché si credono i padroni del mondo.»
«Scusa» mormorò lei, abbassando lo sguardo, «è che quando mi agito ogni tanto comincio a parlare a raffica e non so nemmeno io quello che dico.»
«Ho notato...» le disse premuroso Pierre, mettendole una ciocca di capelli dietro l’orecchio sinistro, «e comunque, quello che volevo dirti prima di essere interrotto, era che voglio ancora avere a che fare con te, eccome. Solo che in questi giorni sono stato molto occupato con la band visto che lunedì partiamo per il tour e non volevo farmi sentire solo per dirti “ehi sono Pierre, sono ancora vivo” ma per uscire insieme, solo che non ne ho avuto davvero il tempo...»
Bethany scosse la testa, «scusa tu, ti ho fatto una scenata assurda per... oddio che vergogna» borbottò coprendosi il viso con le mani.
Pierre sorrise, «avrei dovuto farti un video.»
«Vai a quel paese, giusto per essere educata.»
Il ragazzo le diede un buffetto affettuoso sulla guancia, «che fai ora?»
Beth alzò le spalle, «non so, avevamo appena finito il progetto prima che tu irrompessi in casa quindi...»
«Che ne dici se uscissimo adesso per quell’appuntamento? Andiamo a cena fuori e poi vediamo.»
«Devo andare a casa a fare la doccia prima, cambiarmi, fare sapere ai miei genitori che sono ancora viva.»
Pierre avvicinò il viso al collo di Beth annusandola leggermente, lei sussultò sentendo i brividi in tutto il corpo, «non puzzi» osservò il ragazzo, «ti cambi e ti aspetto in strada, poi andiamo.»
Bethany sospirò, «va bene allora.»
 
«Mica devo stare lontano da casa tua quando non sono con Pierre?» domandò Seb divertito, prendendo in mano un peluche appoggiato sulla mensola della camera di Claire. Se lo rigirò tra le mani osservandolo e lo ripose al suo posto.
«Tecnicamente tu sei arrivato con lui, poi lui è scappato con Beth quindi io da ragazza educata quale sono ho intrattenuto l’ospite.»
Sébastien inarcò un sopracciglio, «definisci intrattenuto.»
Claire alzò le spalle, «chiacchierando...» buttò lì, sedendosi sul letto.
Seb si appoggiò alla scrivania mettendosi a braccia conserte, «e se arrivano i tuoi?»
«Non lo faranno.»
«Ma se dovessero?»
«Semplice, ti butto giù dalla finestra, oppure ti nascondo sotto il letto. Come preferisci.»
«Io opterei per il letto.»
«Guarda che la finestra non è molto alta, Pierre una volta è saltato giù da quella di camera sua.»
I due si guardarono seri per un attimo, prima che Claire scoppiasse a ridere fragorosamente davanti alla smorfia di Seb.
«Scusa, non sono riuscita a resistere davanti alla tua faccia» spiegò, ancora divertita.
«Quale? Questa?»
Seb tornò serio e Claire scoppiò a ridere ancora più forte, «ti prego basta!» lo implorò.
Il ragazzo sorrise avvicinandosi a lei, «mi spieghi che c’è di così divertente?»
Claire strabuzzò gli occhi, «fai quella smorfia allo specchio e poi capisci.»
Seb scosse la testa sconsolato, «è il gene Bouvier, me lo sentivo. Tu e tuo fratello siete strani forti.»
«Ammettilo che siamo anche affascinanti.»
Sébastien la prese per i fianchi, facendola avvicinare ancora di più a lui, «certamente» la rassicurò, «soprattutto Pierre, ha un fondoschiena che... mmmh, capisco alla perfezione Bethany.»
Claire aprì la bocca incredula a ciò che le sue orecchie avevano sentito, «allora tutta quella storia tra Pierre e David... E’ solo una copertura!» lo additò, «in realtà sei tu l’anima gemella di mio fratello!»
Questa volta fu Séb a scoppiare a ridere, «questa da dove ti è saltata fuori?» domandò.
Claire alzò le spalle, «non so, ogni tanto ho i miei momenti anch’io» si voltò verso la finestra, «ho voglia di uscire» brontolò, «... con te.»
Seb sospirò, «io... Non so.»
«Pierre e Beth però sono usciti» osservò Claire, «e non è la prima volta. Se trovassimo anche noi un posticino un po’ nascosto?»
«Cosa c’è di più nascosto di camera tua?»
La ragazza sospirò, «sai cosa intendo.»
Seb ci pensò un po’ su, guardando il viso corrucciato di Claire. Non aveva tutti i torti, Pierre usciva tranquillamente con chiunque e per quanto potesse essere famoso, non era sulle copertine di tutte le riviste. Inoltre anche lui era stanco di nascondersi perennemente da tutto e tutti, anche lui aveva voglia di uscire, andare in giro e divertirsi con colei che ormai poteva definire la sua ragazza senza doversi perennemente preoccupare di non essere visto da questo o quest’altro. L’importante era  non scambiarsi effusioni in pubblico, poi, anche se fossero stati beccati da qualche paparazzo non sarebbe stato un problema. Non c’era niente di male nell’uscire con la sorella di uno dei propri migliori amici, pensò.
«Okay» acconsentì.
«Cosa?»
«Andiamo, usciamo. Ovunque vuoi.»
Il viso di Claire s’illuminò, «stai scherzando?»
Seb scosse la testa facendosi contagiare dall’entusiasmo della ragazza alla quale scappò un gridolino di gioia. Gli bruttò le braccia al collo prima di baciarlo appassionatamente, «sei stupendo.»

 

***


Vi ricordate di me? HAHAHAHAHA
No davvero, dovrei entrare in modalità struzzo e nascondere la testa sotto terra - se non tutto il corpo - perché non aggiorno dall'anno scorso, tipo.
No seriamente, l'ultimo aggiornamento risale al 23/08, che vergogna çç
Il problema è che non ho ancora scritto niente e questo è l'ultimo capitolo che ho pronto! No adesso mi lego alla sedia e finisco il 15 che fa tipo cagare, ma devo mettermi d'impegno, come faccio coi compiti delle vacanze uù
In realtà mi era balenata l'idea di sospendere la storia per un po' ma poi conoscendomi so già che se lo faccio non vado più avanti e ho già una storia sui One Direction che è lì a fare la muffa, non posso reggerne anche una sui Simple Plan çç
Quiiiiindi, io mi armerò di buona volontà, voi di pazienza e giuro solennemente che aggiornerò prima dell'inizio della scuola, voi però fatemi raggiungere almeno le 10 recensioni dai! HAHAH
Tanto lo so che siete meravigliose perché questa storia è la prima tra le scelte e il merito è solo vostro ♥
E io mi sento doppiamente una merda perché non me lo merito :(
Vabbuò la smetto di autocommiserarmi, spero che il capitolo vi si piaciuto - soprattutto ai fan di Cleb (?) Slaire (??) no che schifo tra tutti e due ewe, perché ho inserito l'ultima parte apposta per loro fcvgrefs 
Adesso vado sul serio a finire il 15, grazie mille per tutto.
Jas


 


(Ed ecco Pierre che... Boh, lui è figo e basta. Anche mentre fa la cacca uù)

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***




 

Bethany si sentiva più agitata del solito mentre guardava fuori dal finestrino della macchina. Si voltò lievemente a sinistra incrociando lo sguardo di Pierre che le sorrise sincero.
«Che c’è?» le domandò, abbassando leggermente il volume della radio.
Lei scosse la testa, «niente, ero un po’ sovrappensiero. »
«E a cosa pensavi?»
«Un po’ di tutto...»
Pierre annuì, non voleva parlarne. In realtà sapeva già a cosa pensava, a loro due, sicuramente. O a lui. Aveva notato come cambiava quando stavano insieme, come se avesse paura di dire o fare qualcosa di sbagliato. Era sempre così appena s’incontravano, poi sembrava farci l’abitudine, allora si lasciava andare un po’ e faceva uscire la vera Bethany. Quella che lo prendeva in giro, che lo baciava con passione, che faceva scivolare le mani sotto la sua maglietta con trasporto.
«Dove vuoi andare a mangiare?» le domandò, guardandola ogni tanto senza tuttavia perdere di vista la strada.
Beth strabuzzò gli occhi, «siamo in macchina da dieci minuti e non sai ancora dove andare?»
Pierre sorrise alzando le spalle, «scusa, volevo fare scegliere a te.»
L’espressione di Bethany si addolcì, «se ti dico dove voglio andare mi sputi in un occhio.»
Il ragazzo rise, «perché?»
«Ho una voglia assurda di Mc Donald.»
«Allora che Mc Donald sia» proclamò, svoltando a destra.
Dopo alcuni minuti arrivarono davanti al fast food, il parcheggio era deserto, proprio come l’interno del locale.
«Sembra una cena a lume di candela» scherzò Beth, sedendosi ad un tavolo con il vassoio in mano.
Pierre rise, prendendo subito in mano il suo Big Mac e dandogli un morso sporcandosi tutta la bocca.
«Non fare caso a come mangio» disse poi con la bocca piena.
Beth rise, «anche te, diciamo che non sono il massimo della finezza» lo avvertì.
«Tranquilla» la rassicurò Pierre.
Odiava le ragazze troppo fissate con la linea e quello che potevano e non potevano mangiare.
Gli vennero in mente tutte le volte che si ritrovava ad abbuffarsi da solo mentre Genevre lo osservava perché non poteva mangiare questo o quest’altro. Doveva ammettere che non era certo si sarebbe messo con una ragazza più larga che alta, però forse anche mettersi con una modella non era stata una scelta felice.
Anzi, a posteriori si era ritrovato a chiedersi più volte cosa lo avesse attratto di Genevre così tanto da averlo mandato in tilt. Forse la sua sicurezza, la sua aria da “donna vissuta”. Per un ragazzo un po’ con la testa tra le nuvole come lui, lei era l’ancora che lo teneva ben saldo con i piedi per terra, poi però alla fine le aveva lasciato troppe libertà ed era finito per sentirsi un po’ stretto tra tutti quegli ordini che le aveva permesso di impartirgli. Aveva iniziato a sentirsi un po’ come in una gabbia, con lei che gli diceva sempre quello che doveva o non doveva fare quando era abbastanza grande da sapere cosa poteva o non poteva fare.
«Hai la patente?» chiese di punto in bianco a Bethany.
Lei scosse la testa bevendo rumorosamente un sorso di Coca-Cola, «no, ho il foglio rosa anche se non guido mai.»
Pierre strabuzzò gli occhi incredulo, «quando avevo io il foglio rosa costringevo mia mamma ad uscire così che potevo guidare!» esclamò.
Bethany rise, «io avrò guidato due volte forse.»
«Ti va di guidare?» le domandò lui.
Beth sussultò, «la tua macchina? Costa quanto casa mia, non ci penso nemmeno.»
Pierre rise, «dai, staremo attenti non puoi disfarmela. Anzi, staremo qua nel parcheggio che tanto è vuoto.»
La ragazza sospirò rassegnata, «okay, ma ti avverto che sono una frana.»
«Non lo metto in dubbio!» Pierre le fece l’occhiolino e si alzò prendendo le chiavi della macchina dalla tasca e porgendole a Bethany.
«Non credo sia una buona idea» ribadì lei, quando salì sull’auto.
«Forza, mal che vada esiste il freno a mano» cercò di rassicurarla lui.
Beth prese un respiro profondo e accese l’auto.
«Okay, frizione, metti la retro poi mentre lasci il pedale schiacci l’acceleratore.»
Bethany annuì registrando mentalmente i passaggi e cercando di riprodurli.
L’auto andò un po’ a scatti prima di spegnersi.
«Hai mollato troppo veloce la frizione» le spiegò Pierre paziente, «riprova.»
«Non sono capace!» piagnucolò Beth, appoggiando la testa addosso al sedile.
«Guarda che nessuno è nato che sapeva già guidare, stai tranquilla» cercò di rassicurarla lui.
Bethany annuì riprovandoci, l’auto non si spense.
«Visto?» disse Pierre entusiasta, «ora metti la prima ed esci dal parcheggio.»
«Non credo che possiamo» lo avvertì Beth incerta.
«Perché no? Guarda che sono abbastanza vecchio perché tu possa guidare con me.»
«Non intendevo quello» sorrise Beth.
Pierre appoggiò la propria mano su quella della ragazza stringendola, «ce la puoi fare.»
Bethany prese un respiro profondo immettendosi sulle strade affollate di Montréal, «se faccio un incidente i miei dovranno ipotecare la casa per pagarti i danni» borbottò, procedendo lentamente.
Pierre rise, «puoi mettere anche la seconda, sai com’è, stai facendo un po’ di traffico.»
«Non mi interessa, così nel caso dovessi andare addosso a qualcosa o peggio, qualcuno, la macchina si rovinerebbe poco.»
«Non farei mai pagare i danni dell’auto ai tuoi, non mi hai obbligato a farti guidare. E ora forza, metti la seconda.»
Beth rise cambiando poi la marcia, «allora, dove ti porto Sir?»
«Stasera scegli tu.»
 
«Quanto starete via in tour?» domandò Bethany, osservando il fiume che scorreva indisturbato sotto i loro piedi.
Pierre mangiò un po’ del gelato che avevano preso alcuni minuti prima, con la speranza di addolcire l’argomento, e poi rispose.
«Un mese, più o meno. Torneremo alla fine di Giugno.»
Beth annuì, senza tuttavia distogliere lo sguardo dalle luci della città riflesse nell’acqua che diventavano più sfocate man mano che i suoi occhi si riempivano di lacrime.
«Ehi...» si sentì chiamare, Pierre le posò una mano sulla spalla, «un mese vola, passerà che nemmeno te ne renderai conto.»
Lei scosse la testa arrabbiata, il problema era che non sapeva nemmeno con chi prendersela. Forse con sé stessa perché nonostante sapesse che la vita di un cantante era caratterizzata da continui viaggi in giro per il mondo aveva deciso di innamorarsi proprio di lui. Il problema era che lei non se n’era nemmeno resa conto, Pierre era piombato nella sua vita così su due piedi e gliel’aveva stravolta passando inosservato ma allo stesso tempo così tanto che ormai non si poteva più tornare indietro.
Tutta quella situazione era così surreale che Bethany stentava a crederci, si trovava in giro per Montréal col cantante della band più famosa nel paese – per giunta trentenne, discutendo su come mandare avanti una loro ipotetica relazione che in realtà non era ancora iniziata.
«Perché ti sei lasciato con Lachelle?» chiese Beth, di punto in bianco.
Pierre sussultò sorpreso da quella domanda, «cosa c’entra ora?» dalla sua voce traspariva un pizzico di irritazione per quella domanda così inappropriata.
«Dimmi che non vi siete lasciati perché tu eri perennemente in giro per il mondo e lei non ce l’ha fatta, oppure, peggio ancora, perché tu l’hai tradita.»
Pierre sorrise divertito da tutte le congetture che la mente di Bethany faceva, «certo che no! La distanza non è mai stata un ostacolo alla nostra relazione. O meglio, non dico che non mi mancasse mai, soprattutto i primi periodi, ma poi ci si abitua. Io e lei ci siamo lasciati per altre ragioni...»
Bethany fu tentata di chiedere di più, ma come al solito Pierre era sempre piuttosto conciso quando s’intavolava l’argomento “Lachelle” e decise di non insistere anche se prima o poi si sentiva che avrebbero dovuto affrontare la cosa.
«Va bene» disse allora, sospirando profondamente nel tentativo di ricomporsi, «allora ci sto» aggiunse decisa, voltandosi verso Pierre.
«Ci stai, che cosa?» chiese lui, con l’ombra di un sorriso dipinta sul volto.
Beth alzò le spalle, «qualunque cosa ci aspetti, tu che parti, io che rimango qua a guardare ogni singolo video dei tuoi live su YouTube come una fan qualunque. Ci sto.»
L’espressione di Pierre cambiò repentinamente, trasformandosi in un sorriso smagliante, uno di quelli che Bethany adorava, che metteva in mostra le sue guance paffute e che gli faceva arricciare leggermente il naso.
La ragazza non seppe resistere all’impulso di buttargli le braccia al collo e stringerlo forte a sé, Pierre in tutta risposta la baciò con tutta la passione e la dolcezza del mondo.
 
Claire lanciò uno sguardo poco convinto a Sébastien quando questo si arrestò davanti ad uno dei ristoranti più lussuosi e alla moda di Montréal.
«Cosa stai facendo?» domandò poi, allarmata.
Prima che il ragazzo potesse rispondere, qualcuno aprì la portiera di Claire invitandola a scendere con un gesto del braccio, lei obbedì incerta e improvvisamente a disagio. I jeans e la maglietta bianca a maniche corte che aveva indossato poco prima di uscire erano poco consoni in quel contesto. Si voltò quasi impaurita da quel posto, alla disperata ricerca di Sébastien che stava consegnando la sua auto al parcheggiatore. La raggiunse subito dopo rivolgendole un sorriso rassicurante e facendo intrecciare le dita delle loro mani. A Claire bastò quello per farla immediatamente tranquillizzare e tirare un sospiro di sollievo nonostante una miriade di domande le ronzassero in testa. Aveva l’imbarazzo della scelta. Si limitò a rimanere in silenzio e seguire Seb all’interno del ristorante, come al solito affollato da persone vestite di tutto punto che mangiavano e chiacchieravano creando un brusio di fondo.
«Da questa parte» li guidò subito un cameriere, senza nemmeno chiedere a che nome fosse la prenotazione – perché in quel posto era impossibile andarci senza prima aver prenotato – Sébastien Lefebvre non era uno dei volti più ignoti di Montréal, e questo era ciò che preoccupava Claire più di tutto.
Erano passati dal nascondersi in casa come due fuorilegge al presentarsi nel posto più in della città, quello fuori dal quale i paparazzi si appostavano per essere certi di beccare qualche personaggio famoso.
«Perché non mi hai detto che saremmo venuti qua?» bisbigliò quasi Claire, non appena si sedettero al tavolo e il cameriere li lasciò.
«Perché l’idea mi è venuta all’ultimo» si difese Seb, stringendosi nelle spalle prima di aprire il menu.
«Bisogna prenotare per venire qua» borbottò lei, «se me l’avessi detto mi sarei vestita un po’ più decentemente»
Il ragazzo sospirò appoggiandosi allo schienale della sedia ed osservando Claire con un ghigno divertito dipinto sul volto, «l’idea mi è venuta all’ultimo, e fare parte dei Simple Plan ha i suoi vantaggi. Per quanto riguarda il tuo outfit, sei stupenda anche così.»
Nonostante la rabbia che le stava ribollendo dentro, Claire arrossì a quel complimento. Era incredibile l’effetto che le faceva Sébastien ogni volta che la guardava con quei suoi occhi blu, o le sorrideva dolcemente, o le faceva i complimenti. Si sentiva una bambina di tredici anni alle prese con le prime cotte, al suo cospetto, e la cosa la lasciava un po’ allarmata soprattutto perché lui era grande, molto più grande di lei, e con molta più esperienza.
«Allora, cosa prendi?»
La voce di Séb l’interruppe dai suoi pensieri, Claire prese in mano il menu solo in quel momento ma era sempre stata una frana nel scegliere cosa mangiare al ristorante.
«Quello che prendi tu, mi fido» disse allora, riponendo la lista sul tavolo.
 
La cena trascorse tranquillamente tra una portata e l’altra e i vari aneddoti di Seb sul passato della band e sull’infanzia che i due avevano trascorso un po’ insieme.
«Mi ricordo di quando tu e gli altri provavate nel garage di casa mia» rise Claire, pulendosi la bocca con un tovagliolo.
Seb la seguì, «e quando i vicini hanno chiamato i carabinieri?»
La risata della ragazza si fece più forte, attirando l’attenzione della gente seduta ai tavoli vicini. Si arrestò immediatamente.
«Grazie a Dio se ne sono andati quei due lì» borbottò poi, con tono disprezzante.
«Ogni tanto erano simpatici, dai.»
«Tipo?»
«Tipo quando offrì alla tua famiglia la torta di pere, era squisita» ammise Seb.
Claire annuì, mangiando un ultimo boccone del gelato che aveva ordinato.
Il ragazzo si guardò un po’ in giro, «andiamo?» domandò poi.
«Dove?»
Lui alzò le spalle, «non so, a fare un giro per digerire, ho mangiato davvero troppo» dichiarò, battendo alcuni colpi sulla pancia leggermente più gonfia.
Claire sorrise, alzandosi dalla sedia e prendendo la borsa. Si guardò in giro con aria furtiva ma tutti sembravano concentrati sui loro piatti e le loro conversazioni e nessuno si accorse di loro. Meglio così, pensò.
Si avviò lentamente verso l’uscita mentre Seb pagava il conto, un cameriere le aprì la porta e la congedò educatamente rivolgendole un sorriso a dir poco sforzato.
Lei ricambiò un po’ più discretamente, «arrivederci.»
Guardò a destra e a sinistra del marciapiede ma questo sembrava vuoto, si lasciò andare ad un sospiro di sollievo.
In quel momento la raggiunse Seb, «tutto bene?» domandò leggermente preoccupato, vedendo l’espressione della ragazza.
Claire annuì, stavo guardando la situazione.
Sébastien aggrottò le sopracciglia confuso e poi alzò le spalle, stringendo nella propria mano quella della ragazza e iniziando a camminare.
«Credi sia una buona idea?» domandò lei, leggermente preoccupata. «Potrebbero vederci.»
Seb sospirò, «senti, m’interessa ben poco. Che ci fotografino pure insieme, poco importa, non dobbiamo farci condizionare da queste cose. Okay?»
Claire annuì un po’ sbigottita, «okay» ripeté.
E detto ciò Sébastien la baciò. In quel momento la luce di un flash li colpì.

 

***
 

Cosa vi avevo promesso? Che avrei aggiornato prima dell'inizio della scuola e... TADAAAN! Per una volta ho mantenuto la parola :)
Non so se ci avete fatto caso ma questo capitolo è lungo tipo il doppio degli altri, perché ho aggiunto la parte di Seb e Claire. All'inizio non c'era poi leggendo le vostre recensioni dello scorso capitolo eravate tutte fomentate e curiose del lorro "primo appuntamento" e non potevo deludervi :D
Domani inizio la scuola - devo anche cercare lo zaino che non tocco da giugno ahaha - e non so quando posterò ma prometto che sarà il più presto possibile.
Grazie mille per le recensioni, sono felice che continuiate a leggere e ad apprezzare la storia nonostante i miei aggiornamenti altalenanti (?)
Adesso vado che mia mamma mi sta gridando dietro da mezz'ora che è pronta la cena HAHAHAH
Jas


 

  
(Pierre che mangia come un porcellino con Beth - è bello anche con la bocca sporca di ketchup)

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***




 

Bethany diede un morso al panino che aveva ordinato mentre ascoltava rapita il racconto di Claire sul suo “primo appuntamento” con Sébastien.
Ad essere sincera non avrebbe mai pensato che quei due sarebbero finiti per stare insieme sul serio, da come aveva sempre sentito parlare di Seb sembrava una persona non adatta a dei rapporti duraturi ma sembrava essere cambiato. Beth non vedeva Claire sorridere così da tempo, e se lui era in grado di renderla felice, allora chi era lei per impedirlo?
«E’ stato un cavaliere allora» commentò, sorridendo maliziosa.
Claire annuì, «anche se l’avrei ucciso per non avermi detto niente. Avrei potuto vestirmi in maniera più decente. Tu invece dove sei andata col mio fratellino?»
Beth si strinse nelle spalle, «al Mc Donald» disse poi, quasi timorosa della reazione dell’amica che però si limitò a guardarla sorpresa.
«Ha scelto lui, scommetto.»
Bethany scosse la testa, «in realtà io, poi siamo andati a fare un giro per il centro e... Basta. Mi ha detto che tra poco partono...»
Claire annuì pensierosa, «allora è il tuo ragazzo?»
L’amica strabuzzò gli occhi rischiando di strozzarsi col boccone che stava masticando, «no!» squittì con la voce mozzata, «siamo... Amici» concluse poi.
«Sì, amici di letto» la prese in giro Claire.
«Non abbiamo mai fatto niente» borbottò Bethany mettendosi a braccia conserte.
«Certo, perché gli amici si baciano come due piovre sul divano.»
«Non ci siamo baciati come due piovre!»
Claire scoppiò a ridere, attirando l’attenzione di alcuni ragazzi seduti lì vicino, «ma fammi il piacere!» esclamò poi, non preoccupandosi del tono decisamente troppo alto della sua voce. «Pierre non mi ha raccontato tutto così dettagliatamente ma quando sei venuta ad aprire la porta avevi le labbra leggermente arrossate, i capelli un po’ scompigliati... Non sono nata ieri.»
Beth aprì la bocca per ribattere ma prima che potesse dire qualunque cosa, qualcuno alle sue spalle l’anticipò.
«Vedo che ci diamo dentro, allora, col trentenne.»
Bethany sussultò, anche se non lo poteva vedere in faccia, il tono arrogante e antipatico di Luke era inimitabile.
«Che vuoi?» borbottò, voltandosi verso di lui.
Il biondo si strinse nelle spalle, lanciando un’occhiata ai suoi “scagnozzi” che come al solito lo seguivano come un’ombra, neanche facessero parte di una qualche gang, e tra quelli Bethany poté riconoscere uno dei ragazzi che picchiò Pierre.
Sentì la rabbia ribollirgli dentro più di quanto non succedeva sempre alla sola vista di Luke.
«Niente» rispose spavaldo il ragazzo, «volevo solo sapere come stava il tuo fidanzatino» la istigò.
Bethany strinse i pugni cercando di scaricare il nervoso che in quel momento si stava impossessando del suo corpo, «certamente meglio di te ubriaco, che se non fosse stato per quei cinque bambocci che ti inseguono come dei cagnolini, le avresti prese da lui.»
Luke rise, una risata leggermente nervosa, diversa dalle sue solite, come se le parole di Beth lo avessero messo a disagio.
«Senti ragazzina» sibilò poi, avvicinandosi pericolosamente al suo viso, «sta’ attenta a quello che dici.»
Bethany sussultò, più che altro sorpresa dalla puzza di marijuana di Luke che dall’averlo a pochi centimetri distante dal suo viso.
«E’ l’ultima volta che te lo dico» disse lei risoluta, «stammi alla larga.»
Luke rise, questa volta una risata sforzata, così euforica che attirò l’attenzione anche delle poche persone che non stavano ascoltando la loro discussione.
«Chissà perché poco tempo fa non dicevi così, anzi, hai dato via la tua verginità a costo di avermi vicino» proclamò, così ad alta voce che chiunque poté sentire.
Bethany avvampò, ma non si lasciò intimorire dal solito ego spropositato del ragazzo che tendeva a mettersi in mostra sempre e comunque. Per lei non era così difficile umiliarlo.
«Già, peccato che tu ce l’abbia così piccolo che anche se ero vergine, non ho sentito proprio niente» ribatté Beth, senza riuscire a trattenere un sorriso maligno seguito da una risata.
Questa volta fu il viso di Luke ad assumere tutti i colori possibili e immaginabili, prima che un eco spropositato di risate riempisse l’aula mensa.
Bethany alzò le spalle, prendendo la borsa e allontanando Luke da sé con una spinta per permetterle di andarsene.
«Ah, e per la cronaca, ti ho detto di starmi alla larga» ribadì per l’ennesima volta, prima di lasciare la mensa seguita da Claire, sotto gli sguardi sorpresi e pieni di ammirazione di gran parte degli studenti.
Per una volta in vita sua era più che contenta di essere al centro dell’attenzione ma, soprattutto, di aver umiliato Luke davanti a mezza scuola. Non sapeva nemmeno lei perché si era tenuta dentro quel piccolo “segreto” che sapeva avrebbe messo in ridicolo il suo ex, forse perché per quanto lui potesse essere un lurido verme, maleducato, viscido, volgare e meschino lei era comunque una ragazza educata e con una certa morale. Quella volta come non mai, però, era stata più che contenta di non aver dato retta a ciò che le era stato insegnato.
 
Non appena Bethany finì di raccontare gli avvenimenti di poche ore prima, Pierre scoppiò a ridere senza ritegno.
«Avrei voluto esserci!» esclamò poi, «non ti facevo una ragazza così perfida.»
Beth gli fece una smorfia, «non sono perfida, se l’è più che meritato. Anzi, avrei dovuto farlo tanto tempo fa, così da evitare la gran parte dei miei, oppure direi nostri, problemi.»
«Si da il caso che se non fosse esistito Luke non so se a quest’ora io e te soli, saremmo stati in giro per il parco» osservò Pierre.
«Beh, forse non proprio ora ma credo che in un modo o nell’altro ci saremmo trovati. Tu che dici?» mormorò Beth.
Il ragazzo alzò le spalle, prima di allungare un braccio e cingere quelle di Bethany, «può darsi. Anzi, forse avrei evitato alcuni giorni di convalescenza, sdraiato come un moribondo in quell’appartamento così deprimente e pieno di polvere.»
Beth si rilassò appoggiando la testa contro il suo petto e chiuse gli occhi mentre camminava lentamente, facendosi quasi trasportare da Pierre e inspirando profondamente l’aria tiepida di Montréal. Le tornarono in mente le immagini di quell’appartamento spoglio, lasciato a metà, e le parole che erano sfuggite a Claire riguardo a Pierre, Genevre e il “covo del loro amore”. Sentì un moto di rabbia e curiosità farsi spazio dentro di lei, era un suo diritto sapere cosa ci fosse sotto, o meglio, capire per bene quella storia che tutti sembravano volerle tenere nascosta. Cosa poteva esserci di così inaspettato?
Beth prese un respiro profondo cercando le parole esatte per far tirare fuori qualche dettaglio a Pierre, rimasto sempre restio sull’argomento, ma quando stava per parlare lui si staccò bruscamente da lei spingendola e facendola inciampare sulle sue stesse gambe.
«Ma che fai?!» domandò lei infuriata e allo stesso tempo confusa.
Pierre non la stette a sentire, si passò le mani sulla maglietta come per rassettarla e rivolse un sorriso sforzato a una ragazza, o meglio, donna davanti a lui.
«Genevre!» squittì, con la voce strozzata.
Bethany guardò confusa la scena, dondolandosi da un piede all’altro e incerta sul da farsi: doveva scappare, attaccarsi al braccio di Pierre come una piovra così che lei gliel’avrebbe presentata o rimanere lì come un palo?
«Pierre! Da quanto tempo!» esclamò lei, rivelando una voce vellutata e così... Matura.
Bethany la squadrò da capo a piedi: quella donna era bellissima.
Aveva un fisico da urlo, che sapeva valorizzare con quei pantaloncini chiari e la canottiera blu, i capelli su un biondo scuro/castano le cadevano leggermente mossi fino a sotto le spalle, non sembravano particolarmente curati ma erano ordinati, per non parlare della sua pelle già abbronzata, di quegli occhi penetranti e di quel sorriso che avrebbe fatto invidia alle tizie delle pubblicità dei dentifrici.
Beth si mise con la schiena dritta quando si accorse che quel sorriso era rivolto a lei. Era così presa ad osservarla che non aveva nemmeno prestato attenzione a ciò che lei e Pierre si stavano dicendo.
«Lei è Bethany» la presentò Pierre, «la mia... Amica» concluse infine, incerto.
Beth gli lanciò uno sguardo enigmatico, deluso, sorpreso e un po’ triste, prima di porgere con sforzato entusiasmo la mano a Genevre, non per niente in imbarazzo.
Doveva aspettarselo che non avrebbe detto alla sua ex – che sembrava l’incarnazione della perfezione – che lei era la sua ragazza. Anche perché non lo era. O forse sì?
Beth sbuffò, stancata da tutti quei pensieri e quei dubbi che le tartassavano la mente, aveva bisogno di certezze e risposte che solo Pierre poteva darle.
Genevre la guardò confusa, solo in quel momento Bethany si rese conto di aver sospirato ad “alta voce” ed avvampò.
«Non fateci caso, ero sovrappensiero» disse, a disagio, sventolandosi una mano davanti al viso come per dare poca importanza alla cosa.
Cominciò a guardarsi in giro, quel posto era pieno di famiglie, anziani e bambini che gironzolavano tranquilli per quelle stradine che si perdevano in mezzo agli alberi, sembravano tutti così felici e spensierati che a Beth pareva di essere chiusa in una bolla di disagio, imbarazzo e in cui la voglia di scappare e l’imbarazzo regnavano sovrani.
«E’ stato un piacere vederti» sentì Pierre dire.
«Anche per me, non sai quanto.»
Bethany alzò gli occhi al cielo, quanto poteva essere odiosa quella donna? La salutò con sufficienza quando si rivolse a lei prima di continuare spedita per la sua strada.
«Beth!» si sentì chiamare da Pierre.
In quel momento voleva soltanto correre lontano da lui e da tutto, rifugiarsi in camera e lasciare che le lacrime le scorressero libere sul viso. Era un bisogno fisico che sentiva, doveva sfogarsi e fare sì che tutto quello stress uscisse da lei, invece si arrestò così che Pierre la potesse raggiungere.
«Che cosa ti costava essere almeno un po’ educata?» la riprese.
Bethany sussultò, si aspettava delle scuse da parte sua, per averla trattata come una poppante, averla spinta bruscamente e non averla calcolata e invece? La stava sgridando?
In un istante la voglia di piangere che aveva si trasformò in rabbia.
«Educata?» sbottò. «Non mi sembra che sia stata io a spingerti così forte da farti quasi cadere per terra, di non averti calcolato perché ho incontrato il mio ex e di non rendermi nemmeno conto che gli muoio ancora dietro!»
Pierre strabuzzò gli occhi sorpreso, «cosa stai dicendo?» domandò, sbigottito.
Bethany sospirò, «ma ti sei visto? Per poco non ti cadeva la bava dalla bocca ma quello te lo potrei anche perdonare perché Genevre è davvero una bella donna ma... Spingermi così? Ti vergogni così tanto di me? Non ho la lebbra. Io non sono stata maleducata, sei tu che per primo ti sei comportato male nei miei confronti. Anzi, credo che ci siano un paio di cose che dovresti dirmi.»
Pierre aprì la bocca per ribattere ma non ne uscì alcun suono, era semplicemente senza parole, non si era nemmeno reso conto di essersi comportato così male, era solo sorpreso. Non si sarebbe mai aspettato di ritrovarsi lì Genevre, per quel poco che stava a Montréal durante l’anno, e lo sbigottimento per essersela vista davanti da un momento all’altro gli aveva letteralmente mandato il cervello in fumo.
«Che cosa dovrei dirti?» mormorò, infine, ignorando tutte le altre parole.
Bethany alzò gli occhi al cielo, cercando di impedire alle lacrime che cercava di tenere prigioniere, di sgorgare, «il tuo appartamento» disse poi con la voce tremante.
Pierre sussultò, «come fai a saperlo?»
«Il punto non è come faccio a saperlo, ma come mai tu non me l’hai detto. Lo so che non ci conosciamo da molto, anzi, praticamente un niente, e io ad essere sincera ne so ben poco su come si porti avanti una relazione dato che l’esempio migliore che ho avuto è stato Luke» spiegò Beth, «ma io ti ho promesso che ti avrei aspettato quando saresti partito per il tour, anche se non so se sono la tua ragazza – anzi, credo di no da come mi hai presentata a Genevre –, la migliore amica di tua sorella, il tuo cagnolino o che cosa, ma dopo questo impegno che ci siamo presi credo che il minimo che possiamo fare sia essere sinceri l’uno nei confronti dell’altro. Io mi sono aperta con te, Pierre, prima di quando avrei mai pensato di fare e più di quanto avrei mai creduto fosse possibile fare con una persona, credo che solo tu e tua sorella sappiate tutta la mia storia con Luke e il resto, pensavo che fosse la stessa cosa da parte tua. Ti ho dato i tuoi spazi, ho aspettato che mi dicessi qualcosa, che chiarissi i miei dubbi ma ogni volta che ci avvicinavamo all’argomento “ex” tu deviavi sempre il discorso ed evitavi di parlare di Genevre. Poi ora che la incontriamo fai finta che io non esista, anzi, mi tratti peggio di uno zerbino. Come puoi pretendere che io mi fidi di te quando tu sei il primo a non fidarti di me?»
Bethany smise di parlare, la voce fu rotta da un singhiozzo che le sfuggì.
Osservò gli occhi spenti e dispiaciuti di Pierre che la guardavano coperti da un velo di tristezza e dispiacere, si vedeva lontano un miglio che era mortificato e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Le lacrime cominciarono a scenderle senza sosta sulle guance senza che lei potesse fare niente. Tirò su col naso e di fronte al silenzio di Pierre raccolse le ultime forze rimaste e riprese a parlare.
«Forse è meglio che ti chiarisci le idee» mormorò così piano che fece fatica a sentirsi da sola.
«Beth...» la chiamò Pierre, leggermente intontito da tutte quelle parole così inaspettate ma allo stesso tempo vere che Bethany gli aveva letteralmente sputato in faccia, ma lei non lo sentì, era già troppo lontana.

 

***


TADAAAANN!
Eccomi qua, non troppo tardi direi uù
Chiedo scusa per eventuali errori che avete trovato ma ho scritto il capitolo di getto ieri sera, poi non funzionava EFP e ho dovuto aspettare oggi per postarlo. (però dai, è più lungo dei soliti!)
Sono reduce da tipo tre ore e mezza di studio - sono stanca morta - e non ho voglia di rileggere. A proposito di errori, ecco, mi sono resa conto che nello scorso capitolo Genevre l'ho chiamata Lachelle un paio di volte HAHAHAH
Vabbè, non credo che sia un segreto che in realtà è lei la ex di Pierre - e io sono Beth, quindi in un futuro prossimo vuol dire che Pierre si innamorerà di me (magaaaaari) - quindi niente, l'avete scoperto prima del dovuto :)
Non ho niente contro Lachelle - o forse sì, bo mi sta antipatica/sono stra invidiosa e credo di essere l'unica dato che tutte le fan dei Simple Plan che ho conosciuto l'adorano HAHA- quindi il suo personaggio prendetelo con filosofia anche se non credo che combinerà qualcosa di disastroso, ma non si sa mai :D
Sto sparando cagate a gogo ma così tanto studio la seconda settimana di scuola mi manda in pappa il cervello çç
Passando al capitolo, vi dico soltanto che questo litigio segnerà la svolta della storia - credo - e che cominciamo ad avviarci alla fine. Cioè, non proprio. Che capitoo è questo? 16? 17? La storia durerà 22-23 al massimo. Non ho voglia di mandarla avanti troppo, non mi convince più così tanto come faceva all'inizio ma potrei iniziare a scriverne un'altra (ho già una mezza idea) o forse no. E' meglio che non mi incasini troppo con le fan fiction dato che quest'anno ho gli esami AHAHA
Vabbè, vedremo, intanto godetevi questa di storia :D
Spero di riuscire a scrivere nel fine settimana, come al solito però non garantisco niente! 
Vi ringrazio immensamente per le recensioni e tutto il resto e... Alla prossima!
Jas

 

 
  
(c'entra ben poco col capitolo ma ho amato sto video e volevo solo farvi vedere le gif HAHAHA)

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Prima che vi immergiate nella lettura voglio soltanto dirvi una cosa, questo è l'ultimo capitolo della fan fiction quindi godetevelo a pieno! :)
(è anche un po' lunghetto, spero non vi annoierete uù)

 


 

Claire guardò ancora una volta la rivista che teneva in mano, sulla cui copertina campeggiava una foto stupenda di Sébastien. Si ritrovò ad ammirarlo come faceva anche quando lo aveva davanti agli occhi in carne ed ossa prima di sfogliare con frenesia le pagine del giornalino e giungere all’articolo riguardante il chitarrista della band più famosa di Montreal.
C’era da aspettarselo, pensò, quel flash che le aveva colpito il viso dopo la cena non era stato soltanto un’allucinazione ma bensì una macchina fotografica. Lasciò perdere l’articolo che affiancava le foto per concentrarsi sulle immagini che occupavano la pagina accanto, erano piuttosto sgranate, per essere state scattate così da vicino, e fortunatamente la sua faccia era quasi sempre in ombra. Tirò un sospiro di sollievo, era piuttosto difficile riconoscerla, non impossibile ma abbastanza complicato.
Comprò il giornale e lo mise nello zaino prima di dirigersi verso casa di Sébastien. Entrò nell’appartamento senza nemmeno bussare e si diresse spedita verso il salotto, dove era certa che avrebbe trovato il suo ragazzo spaparanzato sul divano a guardare uno dei soliti programmi idioti che facevano a quell’ora del pomeriggio.
«Ciao!» gli disse con sforzato entusiasmo dandogli un veloce bacio sulle labbra e sedendosi accanto a lui.
Sébastien abbassò il volume della tv quasi al minimo osservando Claire leggermente preoccupato, «tutto bene?» domandò.
Lei annuì decisa, prendendo dallo zaino la rivista comprata poco tempo prima e porgendogliela. «Guarda» disse.
Seb obbedì sempre più confuso, sfogliando lentamente il giornale fino a quando non arrivò all’articolo su di lui e Claire. Si mise a leggerlo in silenzio, sotto lo sguardo attento della ragazza, e quando concluse lo mise da parte limitandosi ad un “sono solo cazzate”.
Claire annuì, «m’interessa ben poco di ciò che scrivono i tabloid, l’unica cosa per cui mi dispiace è che ero vestita come una straccione» borbottò, «e tutto per colpa tua.»
Sébastien scoppiò a ridere attirandola a sé e abbracciandola con calore, «tu sei sempre e comunque bellissima, poi ti si vede a malapena. Non so chi ti possa riconoscere.»
«Spero non mia mamma» ammise lei, con ancora il volto appoggiato al petto di Seb.
Il ragazzo si lasciò scappare una risata, «tua mamma e tuo papà sarebbero gli ultimi che comprerebbero riviste del genere, l’unico modo perché vedano quelle foto sarebbe che in una qualche strana maniera utilizzassero le pagine del giornale per coprire i mobili di casa mentre ripitturano le pareti e che cadesse loro l’occhio proprio su questo articolo, ma non credo siamo così sfortunati» spiegò.
Claire non riuscì a trattenere una risata, «ma da dove ti escono tutte queste cose insensate?» domandò.
Seb si strinse nelle spalle, «stavo solo ipotizzando» si difese.
La ragazza gli sorrise comprensiva tornando ad accoccolarsi addosso a lui e alzando lievemente il volume della tv.
Sébastien prese ad accarezzarle lentamente i capelli mentre guardava le immagini sullo schermo davanti a lui muoversi, senza in realtà vederle davvero.
Come avrebbe intavolato l’argomento? Come avrebbe reagito Claire? Sarebbe finito tutto? Sarebbe stato in grado di resistere o si sarebbe comportato come aveva sempre fatto?
La mente si Sébastien pullulava di così tanti pensieri e preoccupazioni che lui non sapeva nemmeno a quale dare la precedenza, trovandosi più confuso di quanto non fosse.
«Senti...» mormorò poco convinto.
Claire alzò lo sguardo, il viso rilassato e felice, Seb sapeva che le piaceva quando le toccavano i capelli. Spostò il braccio sinistro portandoselo in grembo e mettendosi composto, la ragazza lo imitò.
«Che c’è?» domandò, improvvisamente allarmata dalla serietà di Sèbastien.
«Ecco...» bofonchiò lui, cercando le parole giuste, «tra quattro giorni io vado in tour, per un mese circa» disse poi tutto d’un fiato.
Claire lo guardò seria, senza lasciar trapelare nessuna nota di sorpresa o dispiacere o qualunque altra cosa, prima di scoppiare a ridergli in faccia.
«Perché ridi?» chiese Seb confuso.
«Mio fratello parte con te, secondo te non lo sapevo?» disse lei, tra una risata e l’altra.
Sébastien si grattò la testa confuso senza saper bene cosa dire, in realtà non ci aveva nemmeno pensato, aveva visto solo la gravità della situazione, lo starle lontano per un mese.
«E quindi?» la spronò lui, aspettandosi qualcos’altro.
«E quindi, cosa?»
«Cosa facciamo?»
Claire alzò gli occhi al cielo prima di prendere le mani si Sébastien tra le sue, «cosa vuoi che facciamo? Ti aspetterò, come ti ho aspettato per dieci anni, cosa vuoi che sia un mese? Si è sempre saputo che prima o poi tu saresti partito e non voglio impedirti di farlo, tu andrai in tour e renderai felici milioni di persone con la tua musica ed io rimarrò qui a Montreal ad aspettarti, pensando a quanto sia fiera di te» disse decisa.
Seb rimase spiazzato dalla decisione e dalla fermezza con le quali Claire aveva parlato, si era dimostrata molto più matura e pronta di lui ad affrontare l’argomento, che fino a cinque minuti prima si stava cagando sotto dalla paura.
«Meno male che ci sei tu» le sussurrò, sorridendo appena, «io stavo già andando in panico» ammise.
Claire lo baciò delicatamente sulle labbra assaporandone a pieno il loro sapore, «passerà prima che ce ne rendiamo conto.»
 
Beth si alzò dal divano, sospendendo la visione di Ugly Betty, per andare in cucina e vedere a che punto fosse la torta.
«Tesoro, stai bene?» le domandò la madre, alzando lo sguardo dal libro che stava leggendo da ore, ormai.
Bethany annuì aprendo il forno e mettendo uno stuzzicadenti nel dolce, così da verificarne la cottura. Era risaputo a tutti che Beth odiasse cucinare nonostante ne avesse le capacità, e che lo faceva per distrarsi da tutto il resto, solitamente quando c’era qualcosa che non andava.
«Sì, tutto bene mamma!» squittì, spegnendo il forno ed estraendo la torta così da farla raffreddare.
La donna storse il naso, piegando un angolo della pagina del libro a cui era arrivata così da non perdere il segno per poi chiuderlo e appoggiarlo sul tavolo.
«Sputa il rospo» sentenziò poi.
Bethany scosse la testa, aprendo la credenza alla ricerca di un piatto, non avrebbe mai e poi mai parlato con sua madre di ragazzi, soprattutto di quel ragazzo.
Come avrebbe reagito sapendo che si era innamorata di un tipo tatuato, che faceva il musicista e, soprattutto, di quindici anni più grande di lei? Pierre era l’esatto contrario di colui che i genitori di Beth avrebbero voluto vedere accanto alla loro unica e cara figliola, sarebbe venuto loro un infarto se lo avessero scoperto. L’unica cosa che giocava a suo favore era che era il fratello maggiore di Claire e che quindi conoscevano bene la sua famiglia e sapevano che erano brave persone, ma ciò non sarebbe bastato comunque.
«Preferiresti che non lo facessi, mamma, fidati.»
La donna rimase in silenzio, Bethany sospirò spostando la torta dalla teglia al piatto e prendendo lo zucchero a velo da spolverarci sopra.
Era certa che si sarebbe divorata quella torta da sola, quella sera. Era già una golosa di suo ma quando c’era qualcosa che andava male, oltre che a cucinare i dolci, se li mangiava pure.
Sovrappensiero, non si accorse che rovesciò una quantità esagerata di zucchero sulla torta, «vaffanculo» borbottò, cercando di rimediare al danno buttando l’ eccesso nel lavandino.
Era possibile che non riuscisse a combinarne una giusta?
Pierre la stava facendo andare fuori di testa, in tutti i sensi.
Erano passati due giorni dal loro incontro con Genevre, da quando lui si era comportato come un bambino immaturo, maleducato e cafone.
Mancavano ancora due giorni prima che lui partisse per il tour e stavano sprecando il tempo a loro disposizione tenendosi il muso come due poppanti piuttosto che sfruttarlo al massimo, sempre che sarebbero tornati insieme, sempre che lo fossero mai stati, insieme.
Era una situazione assurda, quella, nella quale Bethany non si era mai trovata. Forse era una cosa da trentenni non mettere mai bene le cose in chiaro, o forse era una caratteristica prettamente riservata a Pierre.
«Tesoro ti conviene che lasci perdere la torta, hai buttato tutto lo zucchero nel lavandino, non solo quello in eccesso» intervenne la madre, facendo sussultare Beth alla quale scivolò il piatto di mano. La torta cadde nel lavandino.
«Ecco, vedi cosa mi hai fatto combinare?!» disse, infuriata, sedendosi al tavolo.
«Sei con la testa tra le nuvole, ogni tanto fa bene parlare dei propri problemi, sai?»
Bethany alzò gli occhi al cielo mettendosi a braccia conserte, cos’aveva fatto di così male nella sua vita precedente per meritarsi una madre psicologa che scambiava la figlia per un suo paziente?
O forse poteva davvero chiederle un consiglio, magari senza fare nomi o riferimenti all’età della persona in questione.
«Vedi mamma...» cominciò incerta, «c’è un ragazzo che mi piace, davvero tanto, e che non conosco da moltissimo. O meglio, lo conosco da un po’ perché me ne avevano parlato ma l’ho conosciuto di persona tipo due settimane fa. Non è il mio ragazzo, però credo ci piacciamo a vicenda. Il problema è che lui tra due giorni parte... In vacanza» disse, inventandosi qualcosa al momento, «e starà via per un mese. Ma questo non è un problema, o meglio, sì che lo è, ma posso anche aspettare. Il problema è che alcuni giorni fa eravamo in giro insieme ed abbiamo incontrato la sua ex e lui mi ha completamente ignorata mentre parlava con lei, trattandomi anche male. Siamo finiti per litigare, l’ho mandato a quel paese e me ne sono andata. Questo è successo due giorni fa, e lui tra due giorni parte e non si è ancora fatto vivo. Che faccio?»
Beth rimase in silenzio, in attesa di una risposta e sperando di essere stata il più esaustiva ma allo stesso tempo generica possibile. Non aveva fatto nomi né menzionato l’età né fatto altri riferimenti che avrebbero potuto condurre la madre a Pierre, aveva pure buttato lì la storia della vacanza, era impossibile risalire a lui.
«Allora?» la spronò.
La madre sospirò sorridendo con una strana luce negli occhi che a Beth incuteva quasi timore.
«Ti sembrerà strano, ma è un buon segno che ti abbia ignorata davanti alla sua ex. Significa che ci tiene davvero a te e che non vuole che tu abbia niente a che fare con questa ragazza che rappresenta il suo passato. Probabilmente con te non vuole commettere gli errori fatti in precedenza, è abbastanza comprensibile che non vuole che il suo passato entri in collisione col suo presente e, a maggior ragione, il suo futuro. Cioè te. So che ti sembrerà un po’ strano e magari contraddittorio ma fidati che è così. Infondo i maschi lo sono un po’, contraddittori, e anche difficili da capire. Poi conoscendoti non appena la sua ex se n’è andata tu gli sarai sbottata in faccia come una pentola di fagioli senza lasciargli nemmeno il tempo di fiatare e spiegarsi, secondo me dovresti chiarire, soprattutto perché tra poco lui parte.»
Bethany la guardò meravigliata, davvero dietro al comportamento di Pierre c’erano tutte quelle congetture riguardo al suo passato e al suo presente che entrano in collisione, una forma di autodifesa e tutto il resto?
«Allora, ora mi dici chi è il fortunato?» domandò la madre.
Il campanello che suonò in quel momento salvò Bethany, prima che potesse muovere un muscolo però, la madre era già alla porta ad accogliere l’ospite.
«Certo, te la chiamo subito» sentì soltanto, prima di vedere la donna fare capolino alla porta con un sorriso a trentadue denti dipinto sul volto.
«C’è un bel giovanotto che si è presentato come Pierre, fratello maggiore di Claire, che ti aspetta. E sembra anche un po’ nervoso» constatò.
Bethany avvampò, alzandosi dalla sedia con uno scatto, cosa gli era saltato in mente? A casa sua doveva venire a cercarla? Che fine avevano fatto i cellulari, Facebook, Twitter e tutto il resto? Erano nel ventunesimo secolo, l’era dell’informatica, c’erano infiniti modi per poterla contattare senza presentarsi a casa, pure mandare la civetta di Harry Potter sarebbe stato più plausibile.
«E’ lui il ragazzo che ti fa impazzire?» continuò la madre, allegra e curiosa.
Bethany la guardò impassibile alcuni istanti prima di annuire lievemente, in maniera quasi impercettibile.
La madre sussultò, assumendo un’espressione sorpresa e incredula, prima di sospirare e rilassarsi leggermente.
«Non è esattamente il tipo che speravo mi avresti portato a casa ma se ti rende felice...»
Beth si lasciò andare ad un sospiro di sollievo, quegli attimi le erano sembrati i più lunghi della sua vita. Sorrise grata alla madre prima di sparire in corridoio.
Non appena arrivò all’entrata e vide la figura di Pierre lì, in piedi sul ciglio della porta ad aspettarla, il cuore prese a martellarle fortemente nel petto.
Cercò di darsi un contegno e si avvicinò insicura, «ciao» mormorò, mantenendo lo sguardo basso.
Pierre ricambiò, «sembra simpatica tua madre» aggiunse infine.
«Già.»
Rimasero in silenzio fino a quando Pierre non prese di nuovo la parola.
«Ti va di fare un giro?»
Bethany assentì, a sua stessa sorpresa, seguendo il ragazzo fuori di casa. Forse preferiva stare con lui che subire il terzo grado della madre.
Salì sulla sua auto senza proferire parola né chiedere dove fossero diretti, solo quando l’auto si fermò davanti all’appartamento di Pierre sembrò ritrovare la voce.
«Che ci facciamo qua?» domandò, quasi spaventata dalla risposta.
Il ragazzo scese dall’auto prima di risponderle, «devo farti vedere una cosa.»
«Senti Pierre, so benissimo cosa rappresenta questo posto per te e stanne certo che non mi fa piacere venirci perché...»
«Puoi fare silenzio per una buona volta e fidarti di me?» la interruppe lui, brusco.
Bethany sussultò, era lui dalla parte del torto, era lui che si era comportato male e doveva farsi perdonare. Con che coraggio le si rivolgeva con quei toni? Avrebbe preferito cento volte l’interrogatorio di sua madre a quel punto.
«Come faccio a fidarmi di te quando mi prendi per il culo così?» sbottò.
Pierre sospirò, accorgendosi solo in quel momento degli occhi lucidi della ragazza. Si avvicinò a lei e strinse le sue mani tra le proprie. Quel contatto fece attorcigliare le budella a Bethany, che non ebbe la forza di ritirarsi, tutto l’odio che provava per Pierre fino a quel momento era sparito in un secondo, suo malgrado.
«So che non ti ho ancora dato prova della mia fiducia fino ad ora» sussurrò lui, cauto, «ma questa è l’ultima volta che ti chiedo di lasciarmi fare, poi sarai libera di comportarti come ritieni ma, per piacere, vieni su con me» la scongiurò.
Bethany non rispose, fece un cenno quasi impercettibile con la testa e si lasciò trascinare da Pierre fino all’appartamento. Rimasero in silenzio, un silenzio pesante, pieno di parole non dette, fiumi di frasi che Bethany avrebbe voluto sputargli in faccia per fargli capire come erano stati infernali quei due giorni senza di lui. Come le erano parsi un’eternità quando di fatto erano state soltanto 48 ore. Come odiava non riuscire ad essere poi così arrabbiata con lui perché ogni volta che vedeva le sue iridi color nocciola, i suoi capelli un po’ sbarazzini, le guance paffute e quel sorriso ancora da ragazzino l’unica cosa a cui riusciva a pensare era a quanto lo volesse.
«Allora, sei pronta?»
La voce di Pierre la distrasse dai suoi pensieri, «pronta per che cosa?» domandò, confusa, ma lui non le rispose, si limitò ad aprire la porta e a farle cenno di entrare.
Bethany mosse alcuni passi all’interno dell’appartamento guardandosi intorno meravigliata.
La cucina era stata perfettamente spolverata, lo spazio vuoto che c’era di fronte ad essa era stato occupato da un tavolo di legno chiaro, il divano del salotto era stato cambiato, così come i mobili della sala che occupavano tutta la parete opposta. Un grande televisore era appeso al centro e Bethany notò anche la Play Station 3 appoggiata sotto.
Era stata completamente messa a nuovo, i mobili cambiati, le pareti ritinteggiate, l’odore di pittura fresca era ancora forte all’interno dei locali.
Beth rimase scioccata, in quel momento la sua mente era semplicemente in tilt. Non sapeva cosa pensare, se non che Pierre aveva fatto tutto quello per lei, e in soli due giorni.
«Mia sorella mi ha detto cosa sapevi» spiegò il ragazzo, prendendo parola. «E mi dispiace per non averti detto niente ma non me la sentivo, in realtà non credo sarò mai pronto a parlarne ma è giusto che faccia uno sforzo, così come tu l’hai fatto con me.»
Pierre cominciò a dondolarsi da un piede all’altro, nervoso, mentre Bethany lo guardava in silenzio, in attesa delle risposte a tutte quelle domande che continuava a porsi.
«Questo appartamento l’ho comprato per me e Genevre, sì, e tutti i mobili che c’erano anche. Abbiamo iniziato a completarlo con calma, non c’era fretta di andare a vivere insieme, almeno da parte mia, ma dalla sua sì. E’ sempre stata una persona molto organizzata, che vive sotto pressione, con orari e tempi stabiliti che devono essere rispettati.» Pierre sorrise amaramente, «in realtà anch’io sono così. Insomma, con la band i tempi sono più che ristretti, ma quando sono a casa mi comporto come chiunque altro, preferisco rilassarmi e fare quello che mi piace senza angoscia o fretta. Genevre l’ho conosciuta quando ero ancora un ragazzino e, oltre che per la sua bellezza, mi ha affascinato per tutta quella organizzazione, quell’autocontrollo e quella sicurezza di sé. Mi sembrava quasi impossibile da realizzare, per un tipo caotico e disordinato come me, era una cosa che mi prendeva, fino a quando non mi ci sono ritrovato dentro. Anche quando andavamo in vacanza sembrava che avessimo dei tempi ristretti per far tutto, programmava qualunque cosa nei minimi dettagli, anche quando dovevo andare in bagno a fare la pipì, quasi, mi sentivo come un animale in gabbia, era impossibile da gestire. Questo appartamento è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, insisteva sia con me che con le persone che ci lavoravano di fare il tutto il più velocemente possibile, come se dovessimo morire dall’oggi al domani e alla fine non ho più resistito e l’ho lasciata» concluse.
Bethany rimase in silenzio, senza sapere cosa dire, mai e poi mai avrebbe pensato che una ragazza di successo come Genevre fosse una maniaca del controllo.
«E tu Beth, sei l’esatto opposto» continuò Pierre, «con la tua allegria e spontaneità sei stata come una boccata d’aria fresca. Non programmi mai niente e ti concentri a vivere la vita così come viene, giorno per giorno, e amo questo tuo modo di fare.»
Bethany sentì un brivido attraversarle il corpo e dovette appoggiarsi al muro per non perdere la stabilità.
«E per quanto riguarda il mio comportamento dell’altro giorno al parco...» riprese Pierre.
«Lascia perdere» lo interruppe Beth, «non vuoi che io abbia niente a che fare con Genevre, ecco perché mi hai nascosto tutto. Ora l’ho capito.»
Pierre inarcò le sopracciglia, sorpreso, «c’è lo zampino di tua madre?» chiese poi, divertito.
Bethany annuì, mordendosi il labbro inferiore con l’intento di reprimere un sorriso, «un pensiero troppo complicato per me» ammise poi.
Il ragazzo si strinse nelle spalle, «non deve essere per forza un difetto, io amo la tua semplicità» fece un passo in avanti.
«Hai finito di lusingarmi?»
«Potrei non smettere mai» altro passo. Beth arretrò.
«Questa era proprio pessima, sei un leccaculo di prima categoria.»
«Sto dicendo la verità, niente leccate di culo.»
Pierre fece un altro passo e Bethany si ritrovò incastrata tra il suo corpo e il muro.
«Stai invadendo il mio spazio» mormorò poi, con un misto tra il divertito e l’offeso.
«E’ proprio quella la mia intenzione» sussurrò Pierre, appoggiando le sue labbra sul collo di Beth.
Lei rabbrividì a quel tocco, «non vale fare così» disse,incerta.
Pierre si staccò dalla sua pelle giusto per parlare, «abbiamo solo due giorni ancora a disposizione, non c’è tempo da perdere.»
«Ora mi sembri Genevre però» lo prese in giro Bethany.
Pierre si rabbuiò guardandola quasi sconvolto, «stavo scherzando!» lo tranquillizzò subito lei. «E poi, dopo questi due giorni, tra un mese avremo tutto il tempo che vorremo.»
«Verrai a prendermi all’aeroporto?» domandò Pierre.
Beth annuì, «guiderò io, quando tornerai avrò la patente» proclamò fiera.
«E con che macchina?»
«Quella di mia mamma, credo. Non mi è sembrata poi così scandalizzata quando ha scoperto chi eri. Ora non c’è più niente che possa ostacolarci.»

 

***


Eccomi qua! Per l'ultima volta.
E' da tipo venti giorni che non aggiorno, e mi sento una merda per questo. Poi me ne esco di punto in bianco che questo è l'ultimo capitolo, sono irrecuperabile, lo so. 
Il fatto è che quando ho iniziato a scrivere il finale non era programmato, poi quando sono arrivata alla parte di Beth ho pensato che alla fine era andato tutto a posto. Seb e Claire stanno insieme, la distanza non farà loro male. La madre di Bethany accetta Pierre, loro due fanno pace e lui dimentica completamente Genevre. Inoltre la parte dopo era piuttosto confusa, non sapevo che cosa sarebbe successo se non che tutti avrebbero vissuto per sempre felici e contenti ma anche questo è un bel happy ending, no? :)
Spero di non avervi deluse, questa è la mia più grande paura, più che altro per avervi lasciate un po' spiazzate!
Vi ringrazio tantissimo per aver letto così in tante la fan fiction, averla fatta diventare la più poplare nel fandom e per tutte le stupende recensioni che mi avete lasciato. Ora sono un po' incasinata con la scuola e non ho idee che mi ispirino ma tornerò sicuramente a scrivere su Pierre, anche solo qualche one shot, non so :)
Se volete sapere quando posto qualcosa potete aggiungermi agli autori preferiti oppure farvi un giro sul mio profilo efp ogni tanto, bo HAHAHA
Non ho altro da aggiungere, quando mi ritrovo qua a scrivere nelle note d'autore sono sempre a corto d'idee! 
Grazie ancora, per tutto il supporto che mi avete dato, per aver dedicato un po' del vostro tempo a questa storia e... grazie anche ai Simple Plan per essere così meravigliosi e stupendi, per farmi emozionare e scrivere canzoni che non mi stanco mai di ascoltare. Grazie particolarmente a Pierre e Seb, ma anche a Chuck, Jeff e David, senza di loro a quest'ora non sarei qua a scrivere uù
Credo di avere finito, vi ringrazierò una per una nelle risposte alle recensioni :)
Jas



 



Pierre "OH SHIT"
(non c'entra un cazzo, lo so, ma amo sta gif HAHA)


 

 



 

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