- Sotto I Fiori Di Ciliegio -

di takiko
(/viewuser.php?uid=5664)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo : La Lettera ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo : La Piccola Tomba Di Terra ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo : La Fanciulla Sotto I Ciliegi In Fiore ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto: La Pura Verità ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto: Addio Papà ***
Capitolo 6: *** Capitolo sesto: La Scelta Migliore ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo : La Lettera ***


CAPITOLO PRIMO: LA LETTERA

CAPITOLO PRIMO: LA LETTERA

"Caro Osugi..

Ormai non mi resta che affidare ogni cosa a te. Purtroppo il tempo sta per scadere. In Cina ho trovato un libro sacro intitolato "Shijintenchisho". Amante della letteratura quale sono ho deciso di tradurlo, ma una volta completata la traduzione, il libro ha risucchiato mia figlia Takiko tra le sue pagine. Sembra infatti che lo Shijintenchisho sia dotato di uno strano potere magico. Mia figlia è diventata la protagonista del libro, ha evocato la bestia sacra Genbu, ed è tornata da me. Purtroppo però, lamentava continui dolori dappertutto. Man mano che i suoi tre desideri venivano realizzati, il corpo di Takiko era gradualmente divorato da Genbu. Capisci? Mia figlia sta per essere mangiata viva! Ho deciso perciò di ucciderla e di togliermi la vita. Prima di mettere in atto il mio progetto, ho anche tentato di sbarazzarmi dello Shijintenchisho; gli ho dato fuoco, ma non è bruciato. Sono certo che il libro sta aspettando le altre sacerdotesse: quelle di Byakko, di Suzaku e di Seiryu. Ti prego, caro amico: sigilla questo volume al mio posto! E' l'ultimo desiderio che mi resta..."

Takao chiuse la lettera e la ripose in tasca. Non poteva ancora crederci.

Era passato poco tempo da quando Taki l’aveva salutato alla stazione. E ora stava per essere divorata. Non riusciva a spiegarselo.

Genbu? Chi era? Nella sua mente comparve l’immagine di un gigantesco demone nero. Non riusciva a immaginare diversamente l’essere che, secondo la lettera di Okuda, aveva divorato la sua Taki.

Non che credesse davvero a quella storia. Come poteva?

Risucchiata in un libro? No. Non poteva essere vero. Rise. Doveva trattarsi sicuramente di uno scherzo. Crudele, un po’ meschino, ma sicuramente era uno scherzo.

Si alzò dalla sedia e rimase immobile in piedi ad osservare quello strano volume allegato alla lettera.

L’aveva già visto. La sera in cui la madre di Taki era morta, Okuda aveva in mano quel libro. I suoi occhi rivelavano un terrore muto. Come se in quel momento l’uomo avesse capito tutto e, nello stesso tempo, niente.

Il libro era lo stesso. La copertina di un rosso carminio e la rilegatura bianca lo facevano risaltare rispetto agli altri noiosi volume nerastri. Takao lo prese in mano e cominciò a rivoltarlo perplesso.

Scomparsa. Quella sera, Taki era scomparsa. Questo pensiero gli balenò nella mente. Lo sguardo di Okuda… ora lo capiva. Forse in quel momento l’uomo aveva capito dove si trovava la figlia.

Perché non ne aveva parlato con lui? Forse non si fidava… eppure era sempre stato un suo caro amico. O forse in quel momento si sentiva in colpa e si vergognava…

Posò il libro incredulo. Senza volere, stava dando credito a quella lettera.

Che idiozia!” esclamò.

Fece per abbandonare la stanza. Da fuori si sentiva un cicalare gioioso. Era Suzuno. Probabilmente la bambina era rimasta incantata dallo spettacolo che i ciliegi in fiore rivelano in primavera. Nel suo viso balenò un sorriso da padre soddisfatto. Padre. Anche lui, come Okuda era un padre. Avrebbe mai scherzato in quel modo sulla vita di sua figlia?

Tornò indietro. Riprese il libro con le mani tremanti e lo aprì. Prese la prima pagina e iniziò a leggere ad alta voce. Come per far dare un tono sarcastico a quello che avrebbe letto… perché, in cuor suo, sapeva cosa stava per leggere.

“La fanciulla prescelta da Genbu aveva perduto la madre. Un litigio con suo padre le aveva spezzato il cuore. Aprì la porta che conduce nell’altro mondo e discese a Hokkan, la terra di Genbu. Il nome della fanciulla che si era incamminata lungo il percorso predestinato di sacerdotessa era Takiko.”

Il libro cadde. Le mani tremanti non riuscirono ad evitarlo e Takao rimase immobile, con gli occhi sbarrati a fissare il libro caduto.

Forse era stato Okuda a scriverlo… Forse era un nuovo romanzo…

“Signore, Signore.” La governate entrò nella stanza senza troppe cerimonie. Takao ancora sconvolto, si infuriò per questa interruzione così brusca. Si girò intenzionato a rimproverare la donna e a intimarle di uscire nuovamente dalla stanza, quando qualcosa nel suo viso lo fermo. La donna stava piangendo. Il suo volto era rigato dalle lacrime.

“Il professor Okuda…” balbettò. La brava donna sapeva quanto il padrone volesse bene a quell’uomo. E ora stava piangendo non tanto per la notizia in sé, quanto perché sapeva che stava per dare al giovane signore un colpo ben assestato al petto.

“E’ morto.” Continuò esitante.

A Takao sembrò che la sua mente diventasse nebbia fitta.

C-cosa?”

“Questa mattina, l’hanno trovato morto in casa sua, dentro il suo studio. Disse la donna. I suo più vivi presentimenti si erano trasformati in realtà. Takao era come paralizzato.

Come è morto?” chiese guardando nel vuoto.

Era incredibile. Nello stesso esatto momento in cui aveva visto le lacrime della donna, l’aveva immaginato. Non era premonizione, non era un sesto senso. La lettera l’aveva annunciato.

“Si è sparato un colpo alla tempia.”.

Takao chiuse gli occhi. Anche questo non gli era nuovo del tutto.

E Takiko?”.

La governate lo guardò perplesso.

Takiko? La signorina non si sa dove sia. Forse è scappata.” Disse mesta. Le lacrime erano finite. Gli occhi rossi e gonfi rivelavano tutta la lealtà che quella donna provava per il suo giovane signore.

“Povera ragazza” continuò, come se stesse parlando da sola. “rimasta senza padre, dopo aver perso anche la madre…”.

Takao non ascoltava. Probabilmente Okuda aveva ucciso la figlia, poi l’aveva seppellita da qualche parte in modo da darle l’ultimo saluto. Infine si era tolto la vita come annunciato.

“Grazie” mormorò distratto. “Potete lasciarmi solo?”. La donna annuì e se ne andò chiudendo la porta.

Allora era vero! Genbu, il libro, Hokkan… era tutto vero. In un altro momento questa rivelazione l’avrebbe colpito e incuriosito. Ma ora come ora non era alto che un contorno sfocato. Una cornice, uno sfondo. Qualcosa di lontano e poco importate.

Erano morti. Okuda e sua figlia erano morti. Questo era tutto quello che contava veramente in quel momento.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo secondo : La Piccola Tomba Di Terra ***


CAPITOLO 2: LA PICCOLA TOMBA DI TERRA

CAPITOLO SECONDO: LA PICCOLA TOMBA DI TERRA

Takao si alzò con un forte mal di testa. Vuoi le lacrime, vuoi la confusione e l’incredulità, non era riuscito a dormire molto.

Era successo tutto troppo in fretta. La lettera, la morte di Okuda e quella di Takiko. In quel momento sentiva solo un gran bisogno di fare chiarezza nella sua mente. Si vestì velocemente, salutò la moglie e uscì di casa.

La primavera si era ormai impadronita di tutto. Degli alberi, delle siepi, delle strade e persino delle persone. Anche il clima iniziava a farsi più temperato. I bambini uscivano dalle case per rincorrersi e giocare insieme. Tutto intorno a lui sembrava essere vivo.

Takao invece stonava parecchio in quell’ambiente. La notizia improvvisa l’aveva colpito più di quanto pensava. Camminava per la strada come se intorno a lui non ci fosse nulla. Come se stesse camminando tra le nuvole. Né il chiacchierio dei bambini, né la voce delle anziane intente a parlottare tra loro, nemmeno l’aria tiepida che gli accarezzava il viso sembravano poterlo destare da una specie di sonno. Stava camminando, ma la sua mente era troppo confusa per potersi dire sveglia.

Aveva un piano. Voleva andare a casa di Okuda e accertarsi della situazione. Forse vedere di persona quella casa vuota lo avrebbe convinto del tutto. Il cadavere era stato portato via e lui, come amico di famiglia e (come venne a sapere la sera prima) unico erede dello scrittore, non avrebbe dovuto avere problemi a introdursi in casa Okuda.

La notizia dell’eredità aveva orma fugato ogni dubbio anche sulla presunta morte di Takiko. Se la ragazza fosse stata viva da qualche parte, il padre avrebbe probabilmente passato tutto alla figlia.

La morte di Takiko però rimaneva per il ragazzo un punto un po’incerto. Okuda aveva detto solo a lui come stavano veramente le cose. Nessuno sapeva e sospettava la morte della ragazza.

“Probabilmente non voleva far sapere come Taki sia morta”.

Ebbe un sussulto. Era la prima volta che così deciso accostava il nome della ragazza alla parola “morta”. Senza dubbi, senza condizionali.

Chiuse gli occhi. Il profumo dei ciliegi in fiore lo paralizzò. Un pensiero paterno lo distrasse. Suzuno sarebbe stata felice di fare un giro in barca per ammirare i ciliegi in fiore.

Arrivato a casa Okuda, come previsto, non gli fu difficile introdurcisi.

La casa aveva qualcosa di nostalgico. Si ricordava l’ultima volta che l’aveva vista: il funerale di Yoshie Okuda. Anche allora la casa aveva in sé qualcosa di malinconico, di vagamente rarefatto. Ma ora era diverso. C’era un sentimento nuovo che aleggiava in quella dimora, andando a fare compagnia ai precedenti. Era la solitudine. Una solitudine pesante, quasi percepibile come una presenza che si muove alle spalle.

Takao entrò nello studio di Okuda. Era vuoto, silenzioso, eppure anche pieno di fredde carte e di libri. Non che si aspettasse qualcosa di diverso, ma una piccola parte del suo animo sperava di entrare e vedere ancora una volta il professore intento a scrivere o tradurre qualche prezioso manoscritto.

Cercò qualche carta che potesse aiutarlo a fare chiarezza ma non trovò nulla. L’unica testimonianza delle sue volontà e intenzioni era quella lettera.

Takao si sedette alla scrivania. Cercò di capire con che sentimenti Okuda aveva scritto quella lettera. Cosa aveva provato in quel momento?

Un brivido. Prese affannosamente la lettera e la rilesse. Dopo che aveva saputo della morte, non aveva più avuto il coraggio di aprire e rileggerla. Gli pareva che qualcosa gli fosse sfuggito…

Ho deciso perciò di ucciderla e di togliermi la vita”….

Takao serrò la bocca con la mano. La prima volta che aveva letto quella lettera, era stato così confuso dalla storia di Genbu, che quel particolare gli era quasi sfuggito.

Ecco perché non ha potuto rivelare la verità sulla figlia. Perché era stato lui a ucciderla. Come avrebbe potuto spiegare quello che era successo? E nello stesso tempo, come avrebbe potuto continuare a vivere…

Cosa avrebbe fatto lui al suo posto? Se sua figlia, davanti a lui, stesse soffrendo senza tregua e senza speranza, cosa avrebbe fatto al suo posto?

Cercò di scacciare velocemente quel pensiero dalla testa. Era terribile. A lui una cosa simile non sarebbe mai capitata. Avrebbe fatto in modo che non capitasse…

Uscì dalla stanza. L’odore di chiuso e la tristezza insita nelle pareti ormai avevano fatto i loro effetti. Takao aveva bisogno di respirare una boccata d’aria.

Anche lì la primavera era arrivata. Takao si fermò nel giardino. Gli pareva che anche lì la primavera fosse arrivata, ma in modo diverso. Con paura, forse con rispetto. O forse era Takao che si stava immaginando tutto.

Diede un’ultima occhiata alla casa, deciso in cuor suo di non rivederla mai più. Quell’occhiata durò più di quanto aveva previsto.

Gli Okuda non erano la sua famiglia, ma lui si era sempre sentito un po’ parte di loro. Aveva visto Taki crescere, diventare una donna… una donna che si era confessata a lui…

“La prego signor Osugi, resti sempre al mio fianco”.

Non capiva se si era sentito più colpevole nel momento in cui lei l’aveva detto o adesso che guardava quella casa.

Cosa sarebbe accaduto se fosse stato davvero al suo fianco? Sarebbero andate diversamente le cose?

“Ma cosa sto pensando?” si interrogò, pensando di aver ormai perso il senno. Lui amava sua moglie. Le cose non sarebbero mai potute andare diversamente.

“Stare qui non mi fa bene” disse risoluto.

Si girò intenzionato ad andarsene per sempre. Fece pochi passi in direzione del cancello, quando qualcosa alla sua destra lo colpì. Aveva solo intravisto qualcosa ed era indeciso se fermarsi o andarsene al più presto.

I sentimenti ebbero la meglio sulla ragione. Si fermò, sbuffò contro la sua poca risolutezza e volse lo sguardo verso destra.

Un cumulo di terra spiccava nel giardino. Takao si guardò attorno. Il giardino era perfettamente curato, per quanto un’insolita sensazione di morte avesse intrappolato anche quel luogo.

Ma perché…”. E poi capì.

Si avvicinò. Non c’era nulla a parte questo cumulo. L’unica cosa che avrebbe potuto far rimanere perplessi dei passanti, erano delle lettere scritte quasi con la mano. T. O.

“Allora è qui che riposi, piccola Taki”.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo terzo : La Fanciulla Sotto I Ciliegi In Fiore ***


CAPITOLO 3: LA FANCIULLA SOTTO I CILIEGI IN FIORE

CAPITOLO TERZO: LA FANCIULLA SOTTO I CILIEGI IN FIORE

“Ecco l’ultimo capitolo!” disse Takao, facendo riferimento allo Shijintenchisho.

Erano passate due settimane.

“Tra poco finirà tutto. Dopo il funerale forse potrò dimenticare tutta questa storia”.

Aveva dovuto prendersi lui tutte le responsabilità burocratiche circa la morte di Okuda. Sulla scomparsa di Takiko mentì. Disse di non sapere dove la ragazza fosse. Inventò una storia per cui era probabile che si trovasse con dei parenti che abitavano a Osaka.

Non voleva rivelare come si erano effettivamente svolti i fatti, soprattutto per non macchiare il nome di Okuda.

Tra tutte le pratiche da sbrigare, la preparazione del funerale fu quella che lo fece sentire più sereno. Non sapeva per quale macabra alchimia, ma sentiva che il funerale avrebbe significato un addio definitivo a quella storia.

Non sapeva ancora cosa inventarsi circa Takiko. Anche lei meritava un funerale, ma non poteva ottenere una funzione senza specificare per chi e come mai…

“Dovrò inventarmi un’altra bugia… ormai ci ho fatto il callo, non dovrebbe essere difficile.

Le settimane passate gli avevano fatto bene. Avevano attutito il dolore e pian piano al suo posto si stava radicando una sorta di nostalgia. Si era ripromesso di superare quella storia, non solo per il suo bene mentale (più di una volta aveva pensato che prima o poi sarebbe impazzito), ma anche per la sua famiglia.

Suzuno entrò in camera. Benché fosse vestita di nero a lutto, il suo visino faceva trapelare solo una grande vitalià, poco consona a un funerale.

“Papà” disse piano tirando un lembo della giacca paterna. “Papà, per chi è il funerale?”.

Takao si inginocchiò di fronte alla bambina e le prese le mani.

“Di un mio amico. Un professore, un uomo molto colto.”.

“Gli volevi tanto bene?”

“Sì.” La realtà era che Okuda per lui era come un padre.

Ma questo signore non ha figli?” disse Suzuno con aria interrogativa.

“Sì. Ha…” si fermò. Si era accorto di aver usato un tempo verbale errato. Eppure non poteva rivelare che Taki era morta.

“…ha una figlia.”. Un po’ sperava che la figlia avesse finito le domande, ma conosceva troppo bene la bambina per farsi false illusioni circa quella conversazione.

E dov’è?”

Takao sapeva di dover mentire persino alla sua stessa figlia.

A Osaka. Era troppo triste ed è andata da dei suoi parenti”.

“E’ bella?”

Questa domanda lo colse parecchio impreparato.

“Beh… sì Takiko è molto bella… aspetta… ho una sua foto. Si avviò verso un vecchio album, lo prese e lo sfogliò. Era lui in quel momento ad avere il reale bisogno di vedere quella foto. Ne prese una di Takiko sedicenne, che sorrideva felice. La mostrò alla figlia che la prese con curiosità.

Che carina”.

“Un po’ ti assomiglia.” Disse con naturalezza. Tuttavia ebbe come un deja . Quella scena l’aveva già vista… quando aveva dato la foto di Suzuno a Takiko. Il fato sembrava accanirsi contro di lui. Più cercava di dimenticare e di allontanare da lui quella storia, più questa gli ritornava in mente sotto le forme più disparate.

“Andiamo Suzuno. Disse riprendendo la foto e posandola sulla scrivania. “E’ ora di andare”.

Il funerale fu celebrato senza sfarzo. Semplice. Questa è la parola migliore per definirlo.

Sotto gli alberi di ciliegio che si trovavano nel cimitero, parecchie persone si riunirono per dare l’ultimo saluto al celebre Okuda. Non c’erano parenti. Nemmeno molti amici. Okuda non aveva amici, non ne aveva tempo. Era già tanto che nella sua vita ci fosse stata una famiglia.

Erano per lo più colleghi e estimatori. Non mancavano curiosi attratti dalla fama del defunto.

Finita la cerimonia, Takao aveva fretta di tornare a casa. Voleva tornare alla vita di sempre. Eppure qualcosa di magnetico lo tratteneva. Forse, anche questa volta, era solo la sua immaginazione.

Disse alla moglie di precederlo e tornare a casa. Suzuno sembrò preferire rimanere con il padre. Forse anche lei sentiva quello strano magnetismo… Takao non si spiegava il perché, ma dopo la conversazione con la figlia, ne aveva una precisa sensazione.

Infine si decise a lasciare quel luogo. Si girò e si incamminò verso l’uscita del cimitero.

“Papà!!!”. La voce di Suzuno lo fermò.

Cosa c’è tesoro?”

La bambina stava correndo verso il padre. Aveva il fiatone.

“La ragazza!!! E’ lei!!”

Takao non capiva. Vedeva solo la figlia indicare affannata il punto dove si trovava la tomba di Okuda. Alzò lo sguardo.

In un attimo gli sembrò che sotto ai suoi piedi la terra si fosse aperta. La sua mente era ovattata, non sentiva nemmeno più la figlia che continuava a dire “E’ lei! E’ lei!”.

Davanti alla tomba di Okuda, sotto gli alberi di ciliegio, c’era una fanciulla. Takao riconobbe subito la figura e i capelli corvini della ragazza… gli aveva visti tante volte...

Takiko!”.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo quarto: La Pura Verità ***


CAPITOLO QUARTO: LA PURA VERITA’

CAPITOLO QUARTO: LA PURA VERITA’

La ragazza si alzò. Aveva sentito il suo nome e aveva riconosciuto la voce che l’aveva pronunciato.

Suzuno allegra trotterellò verso la ragazza con sguardo interrogativo. Era sempre stata una gran curiosona. E Takiko aveva suscitato tutta la sua curiosità.

Takao era pietrificato. Vide sua figlia scambiare qualche parola con la fanciulla. Takiko stava sorridendo. Era viva! Era davvero lei. Eppure il suo sorriso aveva qualcosa di diverso. Non l’aveva mai vista sorridere così.

Si avvicinò piano. Voleva mettere a posto i pensieri prima di esserle davanti. Voleva avere la mente sgombra per poter capire e accettare la sua spiegazione.

Suzunodisse cercando di fingere una calma non presente nel suo animo, “la mamma dovrebbe essere vicina. Corri da lei e torna a casa!”.

La bambina parve un po’ contrariata, ma obbedì. Volse per l’ultima volta il viso verso Takiko.

“E’ stato un piacere” disse con un inchino e un sorriso.

Anche per me!” rispose Takiko anch’essa con un inchino e un sorriso.

Takao ebbe un brivido. Era la sua voce. Era la sua voce. In quel momento iniziò a ringraziare il cielo. Anche se non sapeva cosa era successo, era felice che lei fosse viva.

Suzuno si allontanò soddisfatta. In cuor suo voleva conoscere quella ragazza. Non sapeva bene il perché, non era semplice curiosità. Quando aveva visto la sua foto era rimasta molto colpita dal volto di Takiko.

Erano rimasti soli. Si guardarono senza dire nulla. Una lieve brezza accarezzò i loro visi. I ciliegi, anch’essi sfiorati, fecero cadere qualche petalo profumato. Sembrava una gioiosa pioggia primaverile.

Sei viva.” Fu tutto quello che lui riuscì a dire. Takiko sorrise e annuì.

“Viva e vegeta come puoi vedere.”.

Com’era strano il suo sorriso. Takao non capiva niente. “Suo padre è morto… come posso pretendere che abbia un sorriso felice?” si chiese tra sé, come per darsi dello stupido.

“Ho paura di chiedertelo… ma vorrei sapere la verità! Takiko ne ho bisogno.” Era quasi una supplica.

Takiko non disse nulla. Si passò una mano tra i capelli corvini per spostarli dal viso. Chiuse gli occhi, come per cercare di mettere in piedi un discorso sensato e capibile.

“Mio… mio padre cosa ti ha detto?”. Il sorriso era scomparso, lasciano il posto a uno sguardo vagamente spento. Takao prese la lettera. La teneva sempre in tasca per paura che qualcuno la trovasse e la leggesse. La porse con la mano tremante alla ragazza.

Il tempo di leggerla e Takiko tornò a guardarlo.

“Ti ricordi il giorno in cui sparii?”

“Sì… ma non capisco…”

“Aspetta!” disse lei per fermarlo. Era un discorso complesso, non voleva essere interrotta. “Quel giorno io entrai in quel libro. Diventai la sacerdotessa di Genbu e iniziò il mio viaggio per trovare le sette stelle…. Conosci la storia?”.

Takao si era documentato in merito. Dopo aver ricevuto la lettera, aveva voluto scoprire di cosa si trattasse questo famoso libro.

“Sì. Conosco la leggenda…”

“No!” Lo interruppe Takiko. “Non è una leggenda! Io ne sono la prova vivente.”

Takao era incredulo. Voleva crederle, ma non ci riusciva. Probabilmente quando pensava ancora che lei fosse morta, ci credeva. Ma ora lei era lì, di fronte a lui, e la razionalità aveva per forza di cose il sopravvento.

“Non ho tempo Takao…” sorrise… “ti sto dando del tu e non me ne sono nemmeno accorta… mi dispiace…”

F-figurati… ma perché dici che non hai tempo? Dove devi andare? Cosa devi fare?”.

“Mi aspettano”. Fu tutto quello che disse, e dal suo sguardo Takao capì che non era il caso di chiedere oltre.

Quindi sei entrata nel libro… hai trovato le stelle… e hai evocato Genbu, vero?”.

“Sì!”.

E lui… tuo padre parlava di Genbu che ti divorava….Takiko, tu sei qui…. Cosa è successo?”.

Quando finalmente mi dissero che Genbu avrebbe potuto divorarmi, capii in che guaio mi ero cacciata. Ma non mi importava. Quella era la strada che avevo scelto. L’avevo fatto per chi mi aveva protetta… se anche fossi morta… non importava. Avrei comunque svolto il mio compito. Usai il mio primo desiderio per aiutare una persona. Il secondo per Hokkan. Il terzo…” si fermò. Guardò in alto e poi riprese. “Il terzo non lo espressi subito. Le cose andarono per le lunghe… e accadde qualcosa che non avevo previsto.”. Sorrise… come felice… Takao non capiva più niente, ma in quel sorriso non potè fare a meno di riconoscere una genuina felicità.

“Avrei voluto spendere il desiderio diversamente… ma c’era in gioco una nuova…. Fece un’altra pausa, scosse la testa. “Non potevo fare altrimenti”.

Taki, cos’hai desiderato?”. Takao era sconvolto, e temeva che la risposta alla sua domanda lo avrebbe fatto cadere ancora di più nello sconforto.

“Ho chiesto di tornare qui, per l’ultima volta… e poi tornare per sempre nel libro…”. Takiko lo disse quasi con un sussurro.

“Cosa?... Ma come hai potuto! Qui c’era tuo padre!!”

“Non capisci, non capisci” la ragazza scuoteva la testa. “Ho dovuto!” disse con un gemito.

Takiko, non ti capisco.

La ragazza fece finta di non sentirlo. “Quando tornai qui, dissi tutto a mio padre. Anche lui non capì all’inizio… ma poi mi comprese.

E si è ucciso per questo?” Takao era furibondo. Sapeva che lei non c’entrava, ma in quel frangente non poteva fare a meno di dare la colpa alla ragazza del suicidio di Okuda.

“No… Tu non potrai mai capire… cosa vuol dire amare qualcuno che non è nel nostro mondo!” Lo disse con una fermezza che colpì Takao, il quale non ebbe nemmeno il coraggio di replicare. Era la prima volta che la vedeva come una donna.

“Per la prima volta” continuò con foga “per la prima volta io e mio padre avevamo qualcosa che ci univa. Qualcosa che ci rendeva simili… molto più di un banale rapporto di sangue. Capì che quella era l’unica soluzione. Che io non avrei accettato di tornare qui… non dopo che ero rimasta incinta!”.

Takao era allibito.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo quinto: Addio Papà ***


CAPITOLO QUINTO: ADDIO PAPA’

CAPITOLO QUINTO: ADDIO PAPA’…

Sei incinta?” Okuda era sconvolto.

“Sì…” Takiko rispose con un sussurro. Non perché aveva paura della reazione del padre, nemmeno perché si vergognasse della cosa. Era talmente strano che forse nemmeno lei se ne rendeva ancora conto.

“…. Come mai non l’ho letto…?”

“Ci sono cose che il libro non scrive…” fu tutto quello che la ragazza seppe dire.

Il silenzio ricadde su di loro. Non avevano mai avuto una vera conversazione. E ora, che avrebbero dovuto discutere della situazione, non sapevano nemmeno da che parte iniziare.

Takiko avrebbe voluto spiegarsi. Avrebbe voluto avere il coraggio di dire apertamente quello che intendeva fare. Okuda avrebbe voluto dire alla figlia che le voleva bene. E invece nulla. Nessuno dei due riusciva a creare nella sua testa una frase compiuta.

“E’ suo?” disse Okuda senza nemmeno guardarla.

Takiko non capì subito a cosa si riferisse il padre, poi comprese. “S-sì… è suo figlio.”.

“Dovrei essere arrabbiato. Si suppone che un padre che scopre che la figlia diciassettenne è incinta sia sconvolto.”.

Se pensi che ti debba chiedere scusa, ti sbagli. Non c’è nulla per cui io debba scusarmi!”

“…. Sei incinta… cosa pensi di fare ora? Hai espresso i desideri?”

“Ho appena chiesto l’ultimo…” Takiko esitava.

Cosa hai chiesto?”

“Di rimanere per sempre nel libro…”.

Okuda sentì come un colpo allo stomaco. Una parte di sé lo sapeva… aveva letto quel libro, aveva visto sua figlia innamorarsi… Eppure non voleva crederci… Lei voleva dunque abbandonarlo. Preferiva uno sconosciuto a suo padre.

“No!” disse dando un pugno nel tavolo.

Cosa… cosa vorresti dire?”

“Non ti permetterò di tornare nel libro!!” urlò, era fuori di sé. Non perché era incinta, ma perché non voleva essere abbandonato anche da lei.

E come pensi di impedirmelo?” rispose Takiko sarcastica. “Ormai io faccio parte del mondo del libro. Sono venuta qui solo per fartelo sapere.”

“No… tu non puoi abbandonarmi…” lo disse. Finalmente disse quello che sentiva. Era la prima volta che lo faceva di fronte alla figlia.

Takiko ne fu colpita. Improvvisamente si sentì in colpa. Lo stava abbandonando senza pietà. Anche se non le era stato vicino, era pur sempre suo padre.

“Io…” si accarezzò la fronte con una mano “io non voglio che mio figlio cresca senza suo padre.” Disse piano.

Naturale. Era così dannatamente naturale che Okuda in un primo momento sperò quasi che quel bambino non venisse mai al mondo. Subito provò disgusto per quel pensiero. Era suo nipote.

“Non vuoi che si ripeta quello che è accaduto a te e a Yoshie… questa è la verità. E non posso darti torto.”.

Takiko si avvicinò all’uomo e gli prese la mano.

“Io ti voglio bene papà… non so se tu mi hai mai amato… ma io sì. Ti prego… se mi vuoi bene… anche solo poco, non ti dico di accettare la mia scelta, ma almeno cerca di comprenderla.”.

Quando Yoshie mi ha lasciato mi sono sentito morire. Per anni aveva seguito il mio sogno. Mi aveva visto partire e tornare, senza mai rimproverarmi, senza mai riprendermi. Credeva nel mio sogno, forse più di quanto abbia mai fatto io.”

Takiko chiuse gli occhi. Lente lacrime uscirono dai suoi occhi. L’immagine della madre le tornò in mente.

Tutti e due sappiamo cosa vuol dire amare qualcuno che non appartiene a questo mondo… adesso che lei non c’è… mi rendo conto che tutta la mia vita non ha avuto senso. Pensavo… ero convinto che comunque lei ci sarebbe stata, che mi avrebbe aspettato… che avrebbe aspettato i miei comodi… e invece non è stato così.”

Era la prima volta che il padre parlava a Takiko della morte della mamma.

“Lei… era sempre lei a venire incontro a me… ora è giusto che sia io ad andare incontro a lei…”. Takiko sbarrò gli occhi…

Cosa vuoi dire… cosa vuoi dire con questo?” disse agitando la manica della veste paterna.

“Voglio tornare da lei…”

“No… no…” Takiko scoppiò a piangere… “Se questo è il modo con cui pensi di farmi rimanere, sei crudele!”

“No… non lo faccio per ricatto. Takiko, dimmi, qual è il mio scopo ora? Hai ragione… vai da lui… e io andrò da lei… va bene così.

“Ma tu… è diverso… non stiamo facendo la stessa cosa..

“Sì invece…stiamo per andare in altri mondi… per seguire la persona che amiamo.

Takiko non aveva il coraggi di dire altro. Continuò a piangere.

Takiko… ti voglio bene… davvero, te ne ho sempre voluto… anche se sono stato lontano, ero convinto di fare tutto per voi.” Abbracciò la figlia. Takiko ebbe paura. Era una sensazione sconosciuta. Di pace e di angoscia insieme. Sapeva cosa voleva fare il padre, ma sentiva di non potersi opporre. Il discorso dell’uomo non era campato in aria… senza di lei, senza la moglie non gli restava più nulla.

E sei io restassi…” Takiko aveva paura. Sentiva di avere dei doveri di figlia, e per la prima volta sentiva di dover prendere in considerazione la volontà paterna.

“Non te lo permetto. Dimentica quello che ho detto prima. E’ giusto così. Se restassimo qui, finiremmo per odiarci. Non è di me che hai bisogno ora. Se hai paura… non devi. Sappi che sono felice.” Okuda allontanò da sé la figlia per poterla vedere negli occhi.

“Sono fiero di te… hai fatto cose incredibili… che nemmeno io avrei potuto fare… Ti stimo, e sono orgoglioso che tu sia mia figlia. Ero stupidamente convinto che un figlio maschio avrebbe potuto continuare la mia opera, ma mi illudevo… Va bene così… se quello che ti rende felice è tornare nel libro, allora fallo. In ogni caso… saremo in mondi diversi… ma saremo sempre padre e figlia.”.

Takiko annuì. Ormai aveva fatto la sua scelta. Era giusto così… che ognuno facesse quello che poteva renderlo più felice.

D-devo andare… posso stare in questo mondo solo per poco… devo tornare di là…” Takiko balbettò. Non era ancora completamente cosciente di quello che era accaduto e stava accadendo.

“Abbi cura di mio nipote… e abbi cura di te.

“Addio papà….”

“Addio…”

La ragazza scomparì in un fascio di luce. La stanza si riempì di un dolce profumo di ciliegi in fiore. Nel pavimento caddero alcune gocce: erano le lacrime di Takiko



Nel palazzo si sentivano dei passi. Una ragazza stava correndo, ansimando e piangendo. Un ragazzo uscì da una stanza e la vide. La fermò e l’abbracciò. Lei si lasciò andare. Pianse per tutta la notte.



Okuda si chiuse nel suo studio quella sera. Prese una foto. Raffigurava Yoshie, quando aspettava Takiko. Era bellissima. Era bella come sua figlia ora.

“Hai visto Yoshie? Avremo un nipote… non temere… tra poco sarò da te…”.

Aprì un cassetto della sua scrivania. Prese una scatola di velluto rosso. L’aprì piano, meccanicamente. Probabilmente non stava pensando a nulla. Prese la pistola, l’appoggiò alla tempia… e sparò.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo sesto: La Scelta Migliore ***


CAPITOLO SESTO: LA SCELTA MIGLIORE

CAPITOLO SESTO: LA SCELTA MIGLIORE.

Sei incinta?”. Takao non sapeva più cosa dire.

“Sì”. Takiko rispose veloce con orgoglio. “Questo è il motivo per cui non ho potuto permettere a Genbu di divorarmi… perché aspettavo un bambino…”.

Ma… la sacerdotessa deve essere vergine…”

“Bugie… la sacerdotessa deve essere sola, deve essere una solitaria vittima sacrificale, che non abbia nulla nel mondo del libro che la possa far combattere… ma se qualcosa c’è… lei si oppone… e la divinità perde un po’ del suo potere. La verginità è solo una bugia. E’ per fare in modo che la sacerdotessa non abbia vincoli terreni…”.

E’ per questo che devi rimanere nel libro?”

“Sì… devo rimanere con il mio bambino e…con suo padre.”.

“Ecco cosa intendevi per amare persone di un altro mondo… ma non capisco cosa c’entri tuo padre.”

Takiko sorrise. Aveva avuto il tempo di riprendersi, ed ora poteva parlare della scelta del padre con un animo quasi sereno.

“Lui amava la mamma. Voleva tornare da lei… una volta andata via io per sempre… non avrebbe più avuto vincoli su questa terra… Lui voleva tornare da lei, voleva vivere con lei la vita che non aveva potuto portare avanti in questo mondo.” Takiko si girò verso la lapide del padre. “Non mi chiedere perché abbia scritto quella lettera… non lo so. La mente di mio padre è ancora un mistero per me… forse non voleva che mi cercassi…”.

“… come hai potuto permettergli di uccidersi?”.

“Se anche fossi rimasta qui… non avremmo fatto altro che odiarci… Pensi che io non stia soffrendo? Io voglio bene a mio padre… e lui ne voleva a me, me lo ha detto… Accettare la mia decisione è stato il primo vero gesto d’amore e da padre che lui abbia mai fatto, dopo avermi messa al mondo…. Credo che alla fine… ognuno dei due ha fatto quello che riteneva la scelta migliore.”.

Takao non se la sentiva di darle torto. Forse aveva ragione lei… forse lui non poteva capire cosa voleva dire amare qualcuno che non appartiene al proprio mondo… qualcuno che non dovresti amare… e alla fine sei pronto a fare sacrifici incredibili pur di seguirlo.

“E’ ora!... devo tornare, mi è stato dato il permesso di dare un ultimo saluto a mio padre, ma ora devo per forza tornare… Abbi cura di te Takao, e della tua famiglia…”

“Lo stesso vale per te…” Takao non voleva lasciarla andare… ma sentiva che era l’unica cosa giusta da fare… forse anche Okuda l’aveva pensata allo stesso modo.

“Ti prego… no dire a nessuno dove sono… se mio padre ha ritenuto di doverlo nascondere, vorrei che anche tu lo facessi.”

“Come vuoi… non lo dirò a nessuno.”. Takiko sorrise per ringraziarlo.

“Addio…”. Takiko si girò e si diresse verso una piccola collinetta di terra. Takao non l’aveva notato, ma in cima a questa collina c’era un uomo. Era stato lì per tutto il tempo? Non riusciva a ricordare… il discorso di Takiko l’aveva così colpito che se anche fosse scoppiata una bomba, non lo avrebbe notato.

Takiko si avvicinò all’uomo tranquilla. Takao ebbe modo di vederlo meglio. Sembrava giovane, anche se il suo viso dimostrava più anni di quelli che probabilmente aveva in realtà. I capelli erano lunghi e il viso felice. Prese la mano di Takiko e le diede un bacio sulla testa. Una luce argentea li avvolse e i due sparirono, lasciando Takao solo.

Tornò a casa un po’ sconvolto. Era deciso a dimenticare quella storia per sempre.

Entrò nel suo studio e lì vide lo Shijintenchisho. Lo prese in mano e cominciò a rigirarlo sarcastico.

“Dunque tu saresti la causa di tutto?...”

Aveva una mezza idea di buttarlo nel fuoco. In questo modo nessuno avrebbe dovuto rivivere una storia come quella della famiglia Okuda. Si avvicinò al camino acceso. Probabilmente la governante, pensando che l’animo del padrone dopo il funerale sarebbe stato pessimo, aveva acceso il camino nel tentativo di rincuorare a modo suo il giovane uomo.

Fece per buttarlo, ma non ci riuscì. Era come se una forza interna allo stesso libro gli impedisse di distruggerlo. Takao sospirò.

“…. Ma sì. Che male potrebbe fare se lo nascondo bene… nessuno saprà mai che si trova qui...”.

Sentì la porta aprirsi dietro di lui, ebbe appena il tempo di posare lo Shijintenchisho nella scrivania. Era Suzuno che trotterellava felice. La bambina si avvicinò con un piccolo fiore di ciliegio in mano.

“Papà! Papà” esclamò la bambina. Non sembravano nemmeno parole le sue. Sembrava il canto limpido di qualche passerotto.

“Guarda che bello!” sul suo volto si dipinse un sorriso dolcissimo. Il padre non poté fare a meno di sorridere anch’esso e contemplare la cosa più preziosa della sua vita.

“E’ bellissimo”. La bambina sembrò felice dell’approvazione paterna.

“Hai presente la ragazza di oggi… Suzuno… fammi un favore… fai finta di non averla mai vista… va bene?”.

Sunzuno non capì bene il motivo di quella richiesta ma annuì. Il suo sguardo si posò sullo S.

“Cos’è?” chiese indicandolo, Takao parve imbarazzato.

“E’ solo un libro… nulla di più. Che ne dici di fare un giro in barca? Così potremmo ammirare al meglio i ciliegi...

La bambina annuì felice.

“Allora andiamo!” Takao si avviò verso la porta. Suzuno rimase indietro per chiudere la porta dello studio paterno.

Il tempo di gettare uno sguardo curioso e affascinato allo strano libro rosso, Suzuno chiuse la porta e andò a prendere posto al fianco al padre.

FINE

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=157029