Ora puoi vedermi

di icered jellyfish
(/viewuser.php?uid=588706)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 – Primavera ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 – Estate ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 – Autunno ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 – Inverno ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 – Primavera ***


Capitolo 1
                                                                   







C
A P I T O L O   I

“ Primavera
                                                                                                                                                                         





E come ogni anno, quelle luci fluttuanti danzavano nel cielo notturno come se fossero nate per lei, in quella speciale serata coperta da un manto scuro e costellato di piccoli diamanti grezzi che pulsavano a ritmi alterni, come a voler richiamare l'attenzione.
Aveva ormai otto anni ma non aveva mai smesso di sognare davanti a quello scenario suggestivo ed incantevole; perché lei era questo, una sognatrice, una bambina prigioniera dell'amore e del terrore per qualcosa che le era stato dipinto come spaventoso e pericoloso – e lei ci credeva, senza dubbio alcuno.
Il sorriso sul suo volto si spense leggermente davanti all'idea che un qualcosa di tanto meraviglioso, fosse presente in un mondo così tragicamente oscuro, come un incubo – un incubo nel quale viveva da sveglia, e che cercava di affrontare con quanti più sogni in cui riuscisse a credere e sperare – e, lui, questo lo ammirava; così piccola e innocente, eppure così forte da non lasciare che i colori della sua vita venissero macchiati da un indelebile nero.
A dispetto di questi pensieri, lo sguardo rabbuiato della piccola tornò però ad essere immediatamente vivace e curioso, innamorato e di nuovo sognante davanti al suo sogno più grande – quello che aveva aspettato per un anno intero di rivedere e che, per ora, poteva solo guardare tendendo la mano nel vuoto.
Consapevole di non essere visto dai suoi vispi e grandi occhi smeraldini – un prato fiorito, immenso, carico di gioia e vita –, lasciò che un sorriso gli nascesse sul volto. Era divertente osservarla, scrutare e comprendere ogni piccola sfumatura della sua acerba e genuina personalità e, lo sapeva, se solo gli fosse stato possibile, avrebbe passato la sua intera esistenza a guardarla essere se stessa.
Inaspettatamente, distratta dalla gioia, la bambina sobbalzò pochi istanti dopo nel rendersi conto di una piccolezza appena accaduta, assumendo quella che sembrava essere un'espressione preoccupata per l'irrimediabile – seppur speranzosa, nonostante l'impossibilità di riportare da sola le cose indietro. Senza che se ne accorgesse, il piccolo giglio rosa che teneva stretto tra le mani era scivolato via dalla sua presa, lasciandosi delicatamente trasportare sempre più in basso dall'aria – sempre più lontano da lei, come tutto. Con la delusione impressa sul volto, si sporse maggiormente dal davanzale, allungandosi inutilmente per raggiungerlo – ormai troppo distante per poter essere afferrato – e quella scena fu così straziante per lui che si rese conto di non riuscire ad accettare che le venisse tolta anche la felicità di un’inezia come quella. Senza pensarci due volte, scese allora giù dal davanzale, esattamente come il fiore, afferrandolo e riportandolo indietro, sotto gli occhi increduli di lei – che non riusciva a spiegarsi come fosse possibile quel che stava accadendo. Glielo rimise tra le mani, guardando il suo viso pervadersi di un positivo sconcerto e tirando in su gli angoli della bocca ancora una volta, nel sentirle pronunciare quella frase infuocata che gli provocò una malinconica felicità per averle donato un sorriso, ma al contempo una dolorosa ferita per esserle ancora invisibile – graffi, solchi profondi, nel ghiaccio di cui era fatto.

«E' freddo!».

Per la prima volta da quando aveva iniziato ad andare a trovarla, la vide allontanarsi dalla finestra nonostante le lanterne volanti fossero ancora nel cielo. Non poteva credere che, in quel momento così importante, avesse ritenuto più essenziale riporre quel suo piccolo dono – se così poteva considerarlo – in un bicchiere d'acqua, al sicuro, piuttosto che restare incollata come di consuetudine con le iridi al cielo, fino alla fine.
Se ne convinse definitivamente, era speciale, e sapeva di non dover fare favoritismi ma era così interessato e legato a lei che sentiva di volerla rendere felice con ogni mezzo a sua disposizione, e non importava quante volte la sua stagione sarebbe passata; lui avrebbe sempre trovato il tempo di tornare da lei.






C O N T I N U A




   » N O T E    A U T R I C E ;

Volevo assolutamente farla, questa raccolta; Jack e Rapunzel sono perfetti assieme, a mio avviso. Penso abbiano proprio quel che l'uno cercherebbe nell'altra e viceversa, e non riesco a fare a meno di considerarli la mia assoluta OTP, quella che più fra tutte è in grado di farmi dire sinceramente «wow», con reale stupore e annessi respiri sognanti. Adoro immaginare scenari in cui siano assieme e adoro altrettanto leggerli, e per quanto Eugene Fitzherbert sia un personaggio che amo e che trovo assolutamente fantastico e perfetto accanto alla principessa perduta, non riesco a fare a meno di pensare che Jack Frost sia infinitamente più calzante per lei.
Ad ogni modo, ta daaan~, ecco che do il via a questa brevissima raccolta sulla mia ship preferita, una raccolta con capitoli dalla stessa corposità di questo e che saranno o quattro o cinque – devo ancora ponderare bene questa decisione sulla base di soiocosa.
Oh, un piccolo post scriptum; non so assolutamente quando cada il compleanno di Rapunzel ma ho sempre supposto – per via della vegetazione e degli abiti che indossano nel film – che fosse in primavera, quindi prendete per buona questa mia considerazione per favore. o:
Altra cosa, questo capitolo è più un momento di dolcezza che di romanticheria, quindi no, Jack non è pedofilo. x°

Credo di poter dire di essere giunta al termine di queste note e siccome non voglio diventino più lunghe del capitolo stesso, metterò un punto di conclusione al tutto sperando che quel che vi ho proposto vi sia piaciuto, ringraziandovi per le eventuali recensioni, letture, aggiunte ai preferiti e quant'altro e ponendovi i miei salut–CIAO.


© a u t u m n

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 – Estate ***


Capitolo 2
                                                                   







C
A P I T O L O   II

“ Estate
                                                                                                                                                                         





C on gli anni era riuscita ad affinare notevolmente la sua tecnica di disegno, rendendola sempre più delineata e matura. Aveva ormai un suo stile, un marchio contraddistinguente che aveva ricoperto quasi ogni muro nella sua stanza e, sebbene il caldo estivo pesasse notevolmente sulla pelle di una ragazzina di soli undici anni – e l'incredibile lunghezza dei suoi capelli le riproponeva l'insopportabile sensazione di avere una coperta sulle spalle –, niente le aveva impedito di dipingere l'ennesimo affresco su una nuova parete – che era stata per anni un traguardo irraggiungibile, un punto che fino a quel momento ancora non era riuscita a raggiungere, ma finalmente, la sua chioma era diventata lunga abbastanza per permetterle di arrivare fin là sopra.
Rimase immobile per qualche secondo a fissare l'intonaco ancora intatto e puro, non sapendo da dove e come iniziare a riprodurre lo scenario che persisteva nelle immagini della sua mente in maniera tanto insistente da essere insopportabile, quasi – come del ghiaccio tra le mani.
Come si ricreava la neve, con le tempere? Non lo sapeva, in fondo era semplicemente una candida distesa di minuscoli cristalli scesi dal cielo e attecchiti al suolo, ma buttare pennellate di bianco senza sfumature non sarebbe servito a niente e sarebbe stato ingiusto; non era così che voleva rappresentare la magia di quel manto soffice e brillante, la spettacolarità di quella visione che rendeva ogni cosa più magica, più idilliaca e genuina, cambiandola drasticamente e rendendola un panorama instancabile da guardare.
Era un costante contrasto di invisibili riflessi che, nonostante tutto, era riuscita a cogliere nella loro molteplicità e, più di una volta, aveva avuto l'esoterica arroganza di pensare che proprio tramite questi riflessi volesse essere osservata e capita proprio da lei – ma non era riuscita ad accontentarla, purtroppo, perché non sapeva come si facesse ad ascoltare la neve. Forse era Jack Frost a voler comunicare con lei; sua madre le aveva detto più volte di coprirsi bene d'inverno, o altrimenti lui le avrebbe congelato guance e naso. Chi era, poi, questo Jack Frost, non lo sapeva; l'unico dettaglio di cui era a conoscenza riguardo questo spirito, era che controllava la neve, e se questa arrivava ogni anno era solo perché lui lo voleva, perché lui passava di lì – portando i suoi delicati fiocchi con sé. Forse era per questo che percepiva la sensazione che la neve volesse parlarle, forse era lui che rivendicava il diritto di freddarle naso e guance, ma lei non si sarebbe mai fatta cogliere impreparata e, sicuramente, lui non avrebbe mai avuto né uno né le altre, perché ogni inverno si sarebbe arrotolata – come sempre – la sua morbida sciarpa attorno al collo così tante volte da sentirlo sudare, quasi.
Si rese conto di aver meditato troppo a lungo su una stagione opposta a quella che la circondava
e trascorsa da ormai troppo tempo, ma l'idea di rappresentare la neve non sarebbe svanita comunque; lei l'avrebbe disegnata.
Forse avrebbe voluto dirle che non c'era bisogno di temere che le avrebbe ghiacciato le sue rosee guance o il suo angelico nasino, ma il fatto che – anche in quel momento – continuasse a non vederlo, era la prova che nonostante fossero passati anni e anni – e lui continuava a farle regolarmente visita, anche in stagioni non sue, sporadicamente – ancora non credeva in lui e nemmeno le premeva di farlo, non importava quante storie le raccontasse la madre.
Il pennello della ragazza toccò finalmente il muro, iniziando a tracciare schizzi irregolari e forme ampiamente decorate. Finalmente aveva deciso come rappresentare la sua neve e, la scelta, da quel che poté vedere, era ricaduta su una stilizzazione di diversi fiocchi danzanti tra di loro, ricchi di scintillanti riflessi come se fossero veri – ed era incredibile quanta fantasia avesse per rendere l'uno diverso dall'altro, nonostante la complessa ramificazione che aveva attribuito ad ognuno di loro.
Incantato, restò a guardarla dipingere con sguardo impegnato e stranamente mistico; gocce di sudore scendevano dalle sue tempie e le attraversavano il volto ma prontamente le asciugava, sporcandosi con il colore che distrattamente e incautamente aveva lasciato scivolasse in parte sulle sue mani.
Era incredibilmente deliziosa e non poteva fare a meno di pensarlo in ogni secondo passato ad ammirarla; così piena di vita sebbene forzata a condurre un’esistenza in quella che poteva essere considerata una prigione spacciata per dolce casa – che le permetteva di guardare la realtà solo da una finestra –, costretta in una stanza che rappresentava il suo unico mondo – e che cercava di rendere il più confortevole e ricco possibile. La condizione in cui viveva era inaccettabile e disumana, eppure lei non se ne lamentava mai, cercava piuttosto di vedere in ogni bicchiere il suo lato pieno – adornandolo, valorizzandolo con la sua magnifica essenza, la stessa che lo riportava lì ogni volta, come se ne fosse dipendente.
Passarono diverse ore prima che la sua opera venisse completata, ma il risultato fece valere appieno l'attesa perché quel che ora abbelliva una parete prima spoglia ed insipida, era un'incredibile ed unica perla artistica che apparteneva a lei e lei soltanto – e lui era onorato di aver avuto la possibilità di vedere un simile incanto, di essere stato in un qualche modo, seppur non direttamente, rappresentato.
Si librò nell'aria, fino a raggiungerla e mettersi dietro le sue spalle per osservare assieme a lei quello splendido dipinto. Sebbene evidentemente affaticata e provata dal caldo, sembrava soddisfatta, tanto da non riuscire più a staccare gli occhi di dosso dal suo nuovo lavoro, e il sorriso compiaciuto sul suo volto era per lui una boccata d'aria fresca che gli riempiva i polmoni; aveva sempre considerato un dono vedere la gioia sul suo volto, ogni suo sorriso, e non si era affatto scordato della promessa che le aveva fatto anni fa – anche se lei non l'aveva mai sentita.
Avrebbe volentieri fatto cadere della neve vera, reale, in quel momento, per regalarle il piacere di vivere il più magico e sensazionale dei momenti, per dare anche lui il suo tocco artistico alla perfezione di quel suo nuovo capolavoro, ma non poteva farlo e lo sapeva bene – sarebbe stato illogico, destabilizzante –, così, si limitò a fare l'unica cosa possibile e, sebbene sapesse perfettamente che quel complimento non sarebbe mai arrivato alle sue orecchie, non poteva di certo non esprimersi su quella nuova meraviglia che adesso rendeva quella stanza un po' più straordinaria – proprio come lei.

«E' bellissimo».

La guardò poi rabbrividire appena e toccarsi delicatamente il collo con una mano, esattamente nel punto in cui le sue parole erano volate accarezzandole la pelle.






C O N T I N U A




   » N O T E    A U T R I C E ;

Ecco qui il secondo capitolo della raccolta – da cui si può già chiaramente intravedere emergere lo schema che lo sorregge, ovvero, le stagioni. Ogni capitolo corrisponderà infatti ad una stagione e, come si è potuto evincere – e come è facilmente intuibile, direi – queste stagioni cadranno ad anni di distanza, quindi Rapunzel sarà sempre un po' più grande ogni volta. La trovavo una cosa stimolante, una circostanza interessante da analizzare e così ecco qua. o:
Non credo di dover dir altro, se non che vorrei fare un enorme ringraziamento a Shin92 e kuma_cla per aver commentato lo scorso capitolo! Mi avete lasciato opinioni deliziose e, in generale oltretutto, le recensioni sono piuttosto incoraggianti e motivano – a me come molti altri – parecchio nella continuazione delle storie – o nella nascita di future – quindi sprecherò una riga di questo mio spazio per dire a chiunque stia leggendo RECENSITE. Non parlo di me, non parlo delle mie storie, è un discorso con un raggio di estensione che va al di là di un discorso personale; se vi piace qualcosa, recensite, perché non c'è gratificazione migliore se non quella di ricevere pareri d'apprezzamento su quello che un autore o un'autrice scrive, non solo per sé stesso/a, ma anche per gli altri.
Finita la campagna promozionale pro–recensioni, spero di ricevere sul mio conto corrente la somma promessami dalla societ–NO, scherzavo, mi dileguerò semplicemente come neve che si scioglie al sole.
Grazie a tutti coloro che han letto questo capitolo e/o che stanno seguendo l'intera raccolta, spero di non avervi deluso con questo aggiornamento e spero ovviamente di non farlo con i prossimi!


© a u t u m n

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 – Autunno ***


Capitolo 3








C
A P I T O L O   III

“ Autunno






Era un tramonto che sapeva di fine, di termine, di spegnimento per quella che era stata l'ennesima, lunga giornata uguale a tutte le altre, eppure il rosso del Sole che, etereo, si lasciava cadere – piano e delicatamente – dietro le montagne che la circondavano, le suggeriva uno stato emotivo più simile ad una possibilità di rinascita, di nuova opportunità da cogliere l'indomani, quando lo stesso Sole sarebbe riapparso nuovamente all'orizzonte più carico e splendente di prima.
Continuò ad osservare quel magico ed unico quadro naturale, dove le pennellate di rosa presenti sul tetto del mondo erano ormai una piccola parte di colore davanti alla prevalenza del blu e del viola notturni che lo dipingevano in lontananza, permettendo solo a pochissimo oro di rimanere ancora sulle nuvole
nel mentre che qualche stella era già spuntata a decorare il tutto.
Una linea irregolare guidò l'inclinazione delle sue labbra tendendole leggermente all'insù mentre, come ogni volta a quell'ora, si dedicava alla cura della sua infinita chioma che, in sedici anni, era cresciuta a dismisura – troppo preziosa perché le venisse concessa la possibilità di tagliarla.
I riflessi degli ultimi raggi si riversavano in mille e più sfumature sui tredici metri di qui finissimi e brillanti fili dorati che, nonostante apparissero altamente ingombranti, lei era riuscita a governare completamente, utilizzandoli addirittura come arti supplementari, quasi, permettendosi di fare qualunque cosa volesse – e non si sarebbe immaginata mai come avrebbe potuto gestire se stessa, senza.
Con dolcezza, spazzolò a sezioni le linee naturali di quel fiume di capelli lievemente ingarbugliato in conseguenza ai numerosi – ma monotoni – eventi che avevano decorato la classicità di quella sua giornata fatta di abitudinarietà – tediosa, esattamente come tutte le altre che portava sulle sue spalle.
Le scure sopracciglia del ragazzo
contrastanti con i suoi capelli alabastri vennero costrette in una piega malinconica e impotente, consapevole di non poter far nulla se non continuare ad osservare, nella sua invisibilità, quell'incantevole ragazza che ogni anno cresceva sotto i suoi occhi – e di cui era incondizionatamente dipendente, a modo suo, tanto non aver mai permesso ai suoi pensieri di accantonarla nemmeno per un istante, nemmeno quando si trovava a continenti di distanza.
Seduto come di consuetudine sul davanzale della finestra, appoggiò il volto amareggiato sul ginocchio della gamba che aveva piegato più dell'altra, portandola vicino alla testa. Scrutava i suoi delicati movimenti con minuziosa e completa attenzione, lasciandosi trasportare dall'armonia dei gesti che compiva con le sue esili mani mentre le affondava nell'infinità della sua ineffabile e indescrivibile capigliatura. Il boreale e tempestoso oceano presente nei suoi occhi continuava a scontrarsi con la colata di oro fuso che pareva armonicamente discendere dalla testa di lei, come se dal più prezioso degli esseri umani si potesse ricavare il più prezioso dei materiali – ed effettivamente, lei e l’oro avevano molto in comune.
Rialzò poi lievemente lo sguardo, distaccandolo finalmente dalla sua gamba e dischiudendo le labbra, come se si fosse appena reso conto di qualcosa che conosceva da sempre ma che fino ad allora aveva abilmente – o ingenuamente – ignorato, e si sentì come folgorato, in quell'istante, dalla figura di quella bambina che era ormai diventata una ragazza a tutti gli effetti e alla quale non avrebbe più dovuto continuare ad essere così fortemente legato, così assurdamente affezionato, ma probabilmente non c’entravano più né affetto né legami di quel tipo, ora, e non riusciva a capire esattamente a quale tipologia si fossero trasferiti.
Era così gracile e pura da sembrare fragile, tanto che ebbe quasi l'impulso di sentirsi moralmente preoccupato di non far niente che potesse mandarla in frantumi, come se fosse fatta di vetro soffiato, pericolosamente sensibile e, nonostante fosse cresciuta, lui continuava a sentirsi comunque obbligato al suo desiderio di volerla proteggere per sempre – come se non potesse farne a meno.
Restò immobile, consapevole di starsi perdendo nell'immensità che la sua figura stava sprigionando ai suoi occhi, nell’incommensurabilità di cui non pareva far parte ma che sembrava, al contrario, racchiudere in sé, rapendolo completamente e perdutamente, senza che potesse far nulla per impedirlo – inesperto, davanti al tripudio di confusionari e destabilizzanti contrasti sentimentali che si rese conto di star provando da ancor prima che se ne accorgesse e che non aveva mai affrontato in trecento anni. Silenziose e continue esplosioni che gli stavano gonfiando e al tempo stesso svuotando il petto e realizzò solo in quel momento di avere la mente offuscata ormai da anni, dalla delicata immagine di quella surreale bambola vivente; le sue morbide e piene labbra erano leggermente schiarite davanti al barlume di tutte quelle luci tiepide e ambrate, che favorivano non solo il risalto di quell’orlo rosato ma anche delle piccole e lievi lentiggini delle quali il suo adorabile e serafico naso era amabilmente ricoperto. Le iridi, accerchiate dalle folte e lunghe ciglia nere, racchiudevano tra le loro sfumature color bosco pagliuzze di fiamme tremolanti appartenenti al crepuscolo ancora bruciante sul fondo del cielo, ed erano talmente meravigliose che avrebbero catturato, senza via di scampo, chiunque si fosse imbattuto con esse – come un falò su una spiaggia di notte, e nemmeno lui era riuscito a sfuggire dalla loro accurata quanto innocente trappola.
Il suo sguardo, perso in un punto indefinito nel vuoto che la divideva dal paesaggio fuori stante – un limite invalicabile, un tessuto intoccabile e irraggiungibile se non solo dalle sue più disperate speranze – distrusse infine la sua sensibilità, rendendolo dolorosamente consapevole di non poter fare nulla per poterla aiutare ad evadere da quella catena decorata di dolci falsità sulle quali lei aveva basato ogni credo e ogni fiducia.
Inerme come mai gli era capitato di riscoprirsi prima di allora, si sentì venir meno alla promessa che lo vedeva spontaneamente costretto a renderla sempre sorridere nonostante tutto, e quella fu una tagliente condizione che lo frustrò più di quanto non lo trafiggesse il costante silenzio della Luna alle sue domande.
Sciolse completamente la sua postura, entrando così all'interno della stanza e accingendosi più vicino a lei, iniziando a contemplare quell'incredibile, morbido e inanimato serpente di capelli che si estendeva in maniera irregolare un po’ ovunque sul pavimento in terracotta. Effettivamente, non poté fare a meno di accorgersi di non aver mai avuto contatti fisici con quella sua Musa, mai una volta, e non poteva negare a se stesso di aver avvertito ardere in lui fin troppo spesso il desiderio di voler accarezzare la preziosità di quei magnetici fili da cui era da sempre attratto e affascinato – e non per via del loro potere. Forse, almeno per quella volta poteva concedersi di bearsi della sua invisibilità, arrogandosi il diritto di compiere quel piccolo ed innocente abuso di cui, se solo avesse potuto, le avrebbe volentieri chiesto il permesso. Raccolse così l'estremità finale della chioma, assaporando l’affascinante e setosa sensazione che la loro morbidezza rilasciava sul suo palmo, tra le sue dita, scivolando in mezzo alle fessure che le dividevano. Sorrise e se solo la sua gelida pelle glielo avesse consentito, probabilmente sarebbe anche arrossito dal piacere di aver finalmente instaurato con lei qualcosa che andasse oltre il semplice guardarla senza poter fare nient'altro se non quello. Quanto avrebbe voluto parlarle, sentire le sue mani sul volto o anche solo scambiare un vero, reale sguardo con quell’incredibile e vivo mondo intrappolato nei suoi occhi, probabilmente, lo sapeva solo lui – e così, era convinto sarebbe stato per sempre, nonostante ogni sua speranza a favore del contrario.
Riadagiò quelle calde e sensuali ciocche
a terra poi, iniziando a districarle con le dita e perdendoci sopra più tempo di quanto avesse premeditato di dedicarci, rimanendo completamente alienato dai suoi stessi movimenti, dalla paradisiaca percezione fisica ed emotiva che avvertiva su ogni fibra del suo corpo e del suo animo, attraverso quella semplice congiuntura, quell’innocua connessione di cui solo lui era a conoscenza.
Non se ne rese nemmeno conto quando la mano della ragazza, armata di spazzola, attraversò completamente la sua e, per la prima volta, avvertì un brivido del suo stesso gelo scuoterlo così forte da costringerlo ad abbandonare ogni gesto, rimanendo col fiato bruscamete tagliato e il palmo a mezz'aria ancora rivolto verso la folta chioma che, ora, era racchiusa e posseduta dalla presa della giovane
che aveva iniziato a spazzolarla.
Con lo sguardo rimase disordinatamente incollato per diversi secondi ancora lì dov'era, finché un inaspettato rallentamento delle azioni della ragazza non lo convinse ad alzarlo verso il suo volto confuso e interrogativo.
Guardava e riguardava il finale di quell’aureo fiume incredibilmente liscio senza l'aiuto delle setole artificiali, e non riusciva a spiegarsene il motivo; non ricordava di aver già pettinato quella parte.
Sotto gli occhi disorientati di lui che
totalmente in silenzio come se non dovesse farla accorgere della sua presenza cercava ancora di raccogliere i respiri di cui era stato privato prima, riprese con regolarità a passare la spazzola per finire il lavoro, continuando comunque a non trovare risposta al come, quell'ultimo pezzo, facesse ad essere tanto perfetto e domato così come non riusciva a spiegarsi come potesse essere freddo esattamente come il fiore che, quella volta a otto anni, era ritornato da lei dopo esserle caduto dalla torre.






C O N T I N U A




    » N O T E    A U T R I C E ;

Prima cosa, odio la restrinzione del campo introduzione, mi ha costretto a cambiare le citazioni da inserire. Seconda cosa, vorrei spiegare un punto su cui ho meditato a lungo: Jack che accarezza i capelli di Rapunzel. Teoricamente chi non crede in lui non può instaurare con il ragazzo nessun tipo di contatto fisico ma il fatto che Jack apra finestre, cammini su superfici solide e quant'altro, mi ha portato a elaborare la teoria che abbia sviluppato la possibilità di toccare oggetti inanimati, ma dev'essere una cosa che parte da lui – motivo per il quale può toccare i capelli di Rapunzel ma la spazzola che lei tiene tra le mani, successivamente, lo attraversa. Eee, niente, richiedo dunque la licenza poetica a riguardo. x°
Terza cosa – perché sì, ho una lista della spesa questa volta – in questo capitolo ho riutilizzato delle espressioni che avevo già inserito in altre storie di un mio account ormai abbandonato – dimenticato, bruciato – quindi, se per caso qualcuno dovesse aver notato delle similitudini con qualcosa di già letto da qualche parte, il motivo è questo, me ne scuso ma non potevo assolutamente non ripresentare parole che trovavo perfette per questa coppia – no, non chiedetemi il nome dell'altro account o delle storie perché no. No. x°

Ed ora, ecco quaaa~ spero che sia stato un episodio dalla piacevole lettura! Mi sto divertendo davvero molto a creare questa raccolta e mi auguro che la cosa si ripercuota in maniera positiva sui capitoli, perché spero davvero che anche voi possiate percepire l'amore che sto riversando su ogni singola riga, l'accuratezza stilistica e sentimentale che cerco di trasmettere. x°
Sentimentalismi a parte, siamo giunti alla penultima uscita, perché sì, ho deciso che la raccolta comprenderà solo quattro brani alla fine. Non mi rimane null'altro da dire, a questo punto, se non un infinito grazie per le numerosissime aggiunte alle preferite/seguite/ricordate e un grazie ancora più inesauribile a Shin92 e kuma_cla per aver commentato regolarmente e squisitamente – non avete idea di quanto mi abbiano fatto piacere le vostre parole. x° – eee... Niente, non rendiamo inutilmente prolisso questo spazio hahah, al prossimo ed ultimo capitolo!


© a u t u m n

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 – Inverno ***


Capitolo 4
                                                                   







C
A P I T O L O   IV

“ Inverno
                                                                                                                                                                         





Volteggiavano senza fermarsi mai, angelicamente, candidi come null'altro poteva esistere al mondo, magici. Ne era completamente circondata, tanto da sentirsi addirittura disorientata nell'infinità di quel bianco puro e splendente che, incontrastato, continuava a scendere dal cielo tramite fiocchi delicati e preziosi, appoggiandosi al suolo e coprendo qualsiasi cosa.
Si sentiva piena di tutta quella vita che non aveva mai vissuto fino ad allora, piena di respiri che non le erano mai stati davvero concessi, di quei desideri segretamente custoditi e di cui mai nemmeno uno era stato realizzato, nemmeno in quell'anno in cui aveva finalmente compiuto diciotto anni ed era convinta che, almeno quello, lo avrebbe raggiunto, lo avrebbe finalmente concretizzato – ma le luci fluttuanti continuavano a rimanere un sogno posto al di là delle sue possibilità, al di là di un invisibile vetro attraverso il quale poteva guardare il mondo, senza che questo potesse però accorgersi della sua presenza. Tuttavia, ora, quei fiocchi le danzavano attorno come se fossero lì per lei, come se per loro, invece, lei contasse, come se da lei stessero cercando attenzione – e, quella sensazione, non era la prima volta che si manifestava nella sua mente e sulla sua pelle, ma non riusciva a ricordare quando fosse accaduto prima di allora.
Si sentiva a suo agio con la neve; in un certo senso, era più calore che freddo quello che provava – nonostante le labbra ormai tendenti al viola e il colorito sbiadito – e non importava che non indossasse niente di adeguato per quella stagione, lei si sentiva a un passo dal possibile e niente l'avrebbe riportata nell'ombra della paura che l'aveva sempre tenuta prigioniera senza averla mai fatta iniziare a vivere realmente. Adesso era libera, adesso non erano le mura della sua camera ad essere lo sfondo della sua esistenza, e forse non aveva ancora avuto modo di osservare di persona le sue adorate luci fluttuanti – la cui natura le era ancora sconosciuta – ma ritrovarsi in mezzo allo splendore di milioni di cristalli congelati che, ininterrottamente, la contornavano come brillanti cuciti su una tela in cui lei era la protagonista indiscussa, era la più grande sensazione di libertà che avesse mai provato – e non sapeva come fosse finita in quello sconfinato scenario così dannatamente incollocabile fisicamente e nel tempo, ma era lì, e lì sentiva che sarebbe voluta rimanere.
I piedi nudi, affondati nel manto bianco che ricopriva il terreno, erano ormai gelidi e insensibili, tanto che provando a muoverli riuscì a malapena ad avvertire solamente il più misero ed indistinguibile controllo sulla punta delle dita, ma non le importava perché, nonostante tutto, quella sensazione era un qualcosa che lei stessa aveva scelto di continuare a provare – e la possibilità di deciderlo, la faceva sentire lontana dall'oppressiva protezione della quale era stata succube da sempre.
Ma come ci era finita in quel luogo diafano e poetico, non se lo ricordava, e fu proprio quella presa di considerazione che la condusse alla follia improbabile di quell’astratta situazione. Sgranò gli occhi in preda al panico, in preda alla consapevolezza che la ragione aveva ormai raggiunto quel territorio sacro, profanandolo con la realizzazione che ogni sensazione, ogni visione ed ogni libertà, presto si sarebbe sgretolata e, sentendosi mancare la terra sotto i piedi, si rese conto che la distesa di bianco splendente sul quale poggiava, era sparita, lasciandola cadere nel vuoto più assoluto ed incontrastabile. Il piccolo urlo che spontaneamente nacque dalle sue corde vocali, venne immediatamente mozzato, lasciandole giusto il tempo di sentire la lunghezza infinita della sua chioma dorata librandosi nell'aria e seguirla, per poi ritrovarsi scaraventata nel suo letto – senz'aria nel petto e con una forza tale da farle sembrare, quasi, di essere appena atterrata da quella caduta ormai distante nel riflesso dei suoi occhi spalancati.
Tutto attorno a lei era di nuovo familiare, ogni mobile o oggetto era esattamente dove si ricordava dovesse essere e, un senso di sicurezza e al tempo stesso di costrizione, si fece largo in lei 
contrastante, nella sua mente piena di speranze bloccate dalla stessa paura che le alimentava.
Inspirò ed espirò profondamente diverse boccate d'aria, velocemente – come se si fosse dimenticata di farlo per un tempo immemore ed ora ne necessitava come mai prima d'ora. Nuovamente padrona di se stessa, poi, i ricordi iniziarono a diventare, seppur sfocati, un po’ più vividi, e un accecante quanto incantevole bianco si fece largo tra le immagini più primarie della sua mente, riportandola al fascino dell'episodio che il suo subconscio le aveva fatto vivere poco prima – in maniera dannatamente e dolorosamente realistica.
Guardò fuori dalla finestra davanti a lei e rimase piacevolmente – e, al tempo stesso, amaramente – colpita nel vedere che, esattamente come nel suo sogno, stesse nevicando. Avanzò allora verso quella cornice di legno – il cui quadro non era un semplice dipinto ma il mondo – fermandosi davanti al davanzale apparentemente vuoto ma che, non poteva saperlo, in realtà era occupato da anni, per lei. Rimasero così l'uno davanti all'altra per diversi istanti, a guardarsi senza che entrambe le parti ne fosse consapevoli, ma era una fitta ormai pienamente conosciuta dal cuore di lui – ghiacciato, probabilmente, ma non per questo vittima dell'insensibilità.
Per un momento aveva quasi creduto che stesse ricambiando proprio il suo sguardo ma, in realtà, lo stava semplicemente attraversando, e lo sapeva, lo sapeva da sempre, ma illudersi, di tanto in tanto, era convinto gli facesse bene – e quella era sicuramente l'illusione che più gli piaceva concedersi.
La continuò a guardare, seguendola con gli occhi anche quando si allontanò per recarsi davanti a quel piccolo abete che sua madre, come ogni anno, le aveva donato affinché si sbizzarrisse per decorarlo nel migliore dei modi in vista del Natale – e, nonostante la creatività della ragazza, ogni volta lei cedeva agli addobbi più classici, appendendoci sopra semplicemente candele rosse e sfere oro specchianti dalle dimensioni crescenti o all'inverso, a seconda di come si decideva di guardare l'albero.
Gli piacevano gli alberi di Natale, erano una sorta di tradizione nata da poco, ma rendevano in maniera assolutamente perfetta l'atmosfera che quella festa doveva rappresentare e, benché ne avesse visti a milioni, non poteva che pensare che quello davanti a lui fosse il più bello di tutti. Per quanto in quel momento vi fosse vicina, però, l'albero non sembrava essere il centro delle attenzioni della ragazza – il suo passo era cauto ed incerto e la testa era infatti china in direzione del soffitto.
Il suo sguardo confuso continuava ad osservare quel limite sopra di lei e, con capillare attenzione, scrutava quel dipinto che era andata a ricercare fra tutti quelli che aveva fatto, per concedersi ancora una volta il ricordo di quell'afosa estate in cui aveva deciso di stenderlo sulle mura della sua calda prigione, ma non aveva previsto che qualcosa, in quell'affresco al quale si sentiva particolarmente legata, emergesse come uno schema che non si sarebbe mai aspettata di scorgere. Eppure quella figura era lì, intrappolata tra le argentee ramificazioni dei fiocchi di neve abilmente dipinti dalla sua mano, e non poteva negare a se stessa di vederla, di vedere i contorni frastagliati di un ragazzo che, più che incastrato tra un cristallo e l'altro, pareva esserci nato, senza premeditazione alcuna. Era come vederlo librarsi in quella neve creata da lei, trasportato come se nulla di più naturale potesse esistere – e, nell'osservare quello statico profilo compiere i suoi spirituali ed invisibili movimenti, non poté fare a meno di ricordarsi di quello spiritello invernale di cui le aveva parlato sua madre quando era ancora una bambina.

«Jack Frost».

Fu un sussurro, rivolto più a lei stessa che a qualcun’altro, ma le uscì dalle labbra in maniera tanto naturale e spontanea, che non riuscì nemmeno ad anticipare la formulazione di quel nome che sentiva straordinariamente vicino – lasciandoselo scappare, forse spinto dai battiti del cuore diventati improvvisamente più prepotenti.
Inavvertitamente, un'inarrestabile e impetuosa valanga di consapevolezze la travolse come se qualcuno le avesse appena dato un’irruenta spinta, perdendo l'equilibrio e finendo per aggrapparsi all'albero di Natale per non cadere – il quale perse qualcuna delle sue palline decorative che, disordinatamente, iniziarono a rotolare sul pavimento.
Altri respiri vennero a mancare nei suoi polmoni in fiamme ma calmarsi non avrebbe cambiato le cose perché, ora, il velo della trasparenza non ricopriva più i suoi occhi e lui era lì, dove era sempre stato a farle compagnia senza che lo sapesse.
L'aria continuava a circolare ma nessuna boccata di ossigeno sembrava essere sufficiente a colmare la sua necessità voler prendere continuamente fiato – e per un attimo aveva quasi temuto di poter perdere completamente i sensi, tanto era vorticosa la realtà con cui si era appena violentemente scontrata.
Era spaventata e impreparata, ma in un certo senso un piccolo lato di lei le suggeriva che, in fondo, non si era mai sentita veramente sola. Era convinta fosse tutto merito della presenza – seppur scostante – di sua madre, della sua abitudine a considerare sufficiente solo se stessa ma, l’incredibile assurdità di quello strano risvolto iniziava a richiedere una chiave di lettura differente da quella che aveva sempre usato; tutto era iniziato ad essere più chiaro e, diversi tra gli episodi inspiegabili che aveva vissuto nell'arco dei suoi anni di vita, avevano iniziato a trovare quelle che potevano essere, probabilmente, le risposte che aveva provato a cercare invano. Era sempre stata convinta di esser sola ma, nonostante il lacerante dolore, aveva costantemente alimentato la sua esistenza, convincendosi, silenziosamente, ad andare avanti, e non aveva mai capito fino ad allora dove avesse trovato la forza di farlo ma adesso tutto appariva più nitido 
e, per quanto superba e arrogante fosse quella considerazione incerta e ancora priva di un vero fondamento, ci avrebbe scommesso, lui era sempre stato accanto a lei.
Nessuna rilevante reazione s’impadronì del volto del ragazzo perché, nonostante tutto, era abituato all’invisibilità che vestiva agli occhi del mondo – ai suoi – e l’abitudine per quella graffiante condizione della sua esistenza lo aveva privato della possibilità di poter credere che qualcosa sarebbe cambiato, ignorando completamente quel che aveva sempre atteso per anni, senza pretese ma solo con forti speranze – sbagliando, e presto si sarebbe reso conto quanto un’entità come lui potesse provare la sensazione di morire una seconda volta.

Ora, poteva vederlo.






F I N E




   » N O T E    A U T R I C E ;

Oooollé! Ed ecco conclusa questa raccolta che ho amato dal primo all'ultimo capitolo, giuro – e mi auguro che voi possiate aver fatto altrettanto. x°
Per chi ha già letto la primissima fanfiction che ho postato qui, forse lo ha già capito di suo, ma per chi non lo avesse ancora fatto lo specificherò per rendere comunque tutto più chiaro: questo è sì l'ultimo capitolo, ma ho voluto stendere il testo in modo che alla fine potesse essere facilmente riconducibile alla one–shot che ho detto – nonché questa Durante un'eclissi, il Sole sorride alla Luna – quindi, vogliate considerarla come una sorta di continuo, di svolgimento di questa storia – e cliccate sul link che ho allegato per andare direttamente a leggerla, se volete!
La scena dove Rapunzel vede Jack nei vuoti tra un fiocco di neve e l'altro del suo dipinto, ho cercato di ripresentarla un po' come nel film vede le varie figure del Sole tra i suoi disegni – e non so se sia risultata come immagine, per questo ho voluto mettere questa nota di specifica. Haha.
Non so davvero che altro dire... E' come se mi sentissi un po' svuotata ora che ho concluso la raccolta, amo davvero da morire questi due personaggi e scrivere di loro è stato liberatorio e piacevole in una maniera indescrivibile. Penso proprio che intraprenderò l'impresa di avventurarmi in una nuova raccolta ancora che li riguardi perché, davvero, sono perfetti assieme – e in effetti ho in progetto un po' di cose; una mini–raccolta sempre Jackunzel (di un paio di capitoli credo), una sorta di long–raccolta sui Big Four ambientata in un Hogwarts!verse (sogno da tantissimo di scrivere su di loro e in questo contesto x°) eee, infine... Ho in programma anche la più distruttiva ed emotivamente catastrofica delle one–shot sempre sui Big Four (ma che, come anche per le altre, pubblicherò con l'anno nuovo. Non voglio rovinare le feste a nessuno. x°).
Detto ciò, volevo specificare che il link collegato con la frase finale di questo capitolo, è una sssssssspecie di colonna sonora che vorrei attribuire a tutta la raccolta. Trovo che A Thousand Years sia la canzone perfetta da accostare alla coppia che ho trattato – proprio quella, proprio la male version –, è come se fosse loro a par mio e, sulla base anche del contenuto di questa mia storia, l'ho trovata davvero calzante. Non potevo non sceglierla. x°
Mi auguro che, ascoltandola a fine lettura, possa avervi fatto rivivere un po' tutto quello che vi ho fatto leggere fin'ora su di loro, perché l'intento era quello!
Credo di potermi dileguare adesso e, che dire d'altro, se non buon Natale e buone feste? Immagino che ci risentiremo dopo l'1 di gennaio, quindi faccio i miei più sinceri e vivi AUGURI A TUTTI! Spero possiate passare in maniera splendida quella che è la mia festa preferita e che per me è quanto di più vicino abbiamo alla magia!
Auguri, auguri davvero a tutti! Grazie per tutto quanto, per le letture, per le recensioni per le varie aggiunte e per le attenzioni! Grazie a tutti, tutti, TUTTI! Siete davvero fantastici e io sono stata felicissima di scrivere non solo per me, ma anche per voi!
Un saluto e alla prossima, a questo punto!


© a u t u m n

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2334171