Disease di thepassenger_ (/viewuser.php?uid=588066)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. ***
Capitolo 3: *** 2. ***
Capitolo 4: *** 3. ***
Capitolo 5: *** 4. ***
Capitolo 6: *** 5. ***
Capitolo 7: *** 6. ***
Capitolo 8: *** 7. ***
Capitolo 9: *** 8. ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
C’è troppa luce in questa stanza. Vedo strane forme davanti ai miei occhi. Bruciano.
Bruciano come il mio cuore. E’ in fiamme. Posso sentire il calore che produce; il dolore che crea. Fa male. Troppo male. Non posso sopportarlo ancora, è impossibile. Vi prego, placate il mio cuore. Spegnetelo.
Tu. Solo tu puoi spegnerlo. Torna. Torna da me. Solo il dolce tocco della tua mano può spegnere questa fiamma eterna. La tua fiamma.
Gli occhi si chiudono. La luce lascia il posto al buio; il dolore aumenta. Ti vedo, nella mia mente. Sei lì, irraggiungibile. Voglio morire. |
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Capitolo 2 *** 1. ***
Come fa la luce a filtrare dalla
finestra per colorare il
mondo nella stanza? Il pulviscolo fluttua nei raggi che colpiscono la
mia mano;
attraverso la bottiglia d’acqua sul tavolo, si crea
l’arcobaleno. Perché tutto
questo?
“Qual è il
quadro clinico di un soggetto affetto da
sindrome di Bloom?”
“Il soggetto in
questione è più piccolo della media;
presenta un volto lungo e ristretto, naso ed orecchie prominenti,
mascella
piccola. Questi soggetti tendono ad avere cambiamenti nella
pigmentazione
dell’epidermide e vasodilatazione. Possono presentare
deficienze
nell’apprendimento, ritardi mentali, diabete e
immunodeficienza che comporta
polmoniti e infezioni all’orecchio. Gli uomini affetti da
tale sindrome sono
sterili; le donne entrano in menopausa prima della norma. Inoltre, a
causa
dell’instabilità cromosomica, vi è un
alto rischio di avere il cancro.”
Il professore si zittisce e mi
fissa per qualche istante.
Sembra… sorpreso. Si
mette gli occhiali
e riprende a parlare. “Grazie, signor Brook, eccellente
esposizione. Vediamo
ora come si genera questa malattia.” Continuo a fissare il
contenuto della mia
bottiglia. So il motivo per cui si crea l’arcobaleno, ma non
riesco a capire in
profondità perché ciò accade. Dal
nulla, con la luce, si crea il colore.
Fantastico.
Mi sento osservato. Giro la testa
verso destra e vedo tre
persone che mi fissano. Il signor Jones, mentre spiega la mutazione del
gene
BML, continua a spostare lo sguardo nella mia direzione. Un ragazzo
seduto in
terza fila mi lancia rapide occhiate; la ragazza seduta nella mia
stessa fila ha
lo sguardo fisso su di me.
Sono nuovo di qui, lo capisco, ma
che c’è di tanto
interessante nel fissarmi?
Il fatto di essere al centro
dell’attenzione non mi rende
entusiasta. Mi volto di nuovo e incrocio lo sguardo di quella ragazza.
Non
sembra spaventata. Sembra solo curiosa. Faccio un leggero cenno di
saluto con
la testa e torno alla mia bottiglia.
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Capitolo 3 *** 2. ***
Sindrome di Bloom. Tre pagine di
appunti. Mi stupisco
ogni volta di quanto il signor Jones riesca a dire in un’ora
di lezione. Chiudo
il quaderno e raccolgo i libri. Lancio di nuovo un occhiata a quel
ragazzo
seduto accanto alla finestra. Ad ogni lezione, non scrive nulla. La sua
penna è
sempre appoggiata sul bordo del banco, perfettamente parallela ad esso,
e sta
lì per tutta l’ora. Dà
l’impressione di non essere minimamente interessato alla
lezione, sembra anche che non ascolti nemmeno una parola, ma ad ogni
domanda
del professore dà una definizione degna di
un’enciclopedia medica.
Girano tante voci su di lui.
Sinceramente, non credo a
nessuna di esse. Forse solo al fatto che non riesca a relazionarsi con
nessuno.
E’ sempre da solo, lontano dagli altri. A pranzo, siede sotto
un albero e
sfoglia velocemente le pagine di un libro. E’ davvero
particolare.
Prendo la borsa e mi dirigo verso
la porta, non prima di
avergli lanciato un’occhiata. Incrocio il suo sguardo:
è un misto di tristezza
e indifferenza. Sparisce subito dalla mia vista, uscendo dalla porta.
Rimango impietrita, poi mi
riprendo e mi avvio verso il
giardino, verso il mio albero.
Non posso crederci. E’
là. Sotto il mio albero, con un
libro. Ora che faccio? Mi guardo un attimo intorno, è tutto
occupato. Persino
il muretto che separa l’edificio dal parco della
città. Nemmeno un posticino
dove sedersi. Riporto lo sguardo al mio albero. E’ ancora
lì, concentrato, che
sfoglia velocemente il libro. Non so se girarmi ed andare in biblioteca
o farmi
coraggio e andare lì. Nel mezzo dei miei pensieri, lo guardo
ancora: mi sta
fissando.
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Capitolo 4 *** 3. ***
Meglio se esco subito, non voglio
che il professore mi
faccia le solite domande sulle lauree.
Mi siedo sotto un albero; quella
ragazza, ogni volta si
siede qui. Le ho preso il posto. Ma, d’altronde, non posso
sedermi da
nessun’altra parte. Se arriverà, mi
sposterò in biblioteca.
Mi concentro sul mio libro: L’Insostenibile Leggerezza
Dell’Essere. L’ho letto troppe volte,
eppure non me ne stanco mai. Inizio a leggere, aspettando la prossima
lezione.
Dopo 10 minuti, mi sento osservato. Alzo lo sguardo; accecato dal sole,
sbatto
velocemente le palpebre e vedo una figura ferma, immobile, tra i raggi
del
sole. E’ lei. La ragazza che mi fissava, in classe. La
ragazza dell’albero. Mi
osserva con la testa inclinata a destra, i libri tra le mani, la borsa
che
pende da un fianco.
Non mi sento molto bene. Mi sembra
di avere la febbre.
Passo rapidamente il dorso della mano sulla fronte: sto sudando freddo.
Che succede? Non riconosco alcuno
di questi sintomi. Non
è nemmeno influenza. Mi tremano anche le gambe.
La guardo di nuovo. Si sta
avvicinando. E
adesso?
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Capitolo 5 *** 4. ***
Basta. Smettila di guardarlo. Ok,
ora vado lì e mi siedo.
Comincio a camminare. Lui continua
a lanciarmi delle
occhiate: sembra irrequieto. Mi sudano le mani, i libri stanno
scivolando e la
borsa pesa molto più di prima. Sento un altro peso: qualcosa
all’interno dello
stomaco. Perché tutta questa tensione? Dev’essere
lui, mi mette in soggezione.
Sembra una persona irraggiungibile.
Percorro quella breve lunghezza
che mi separa dall’albero
in un tempo infinito.
Sono qui. Ora. Mi siedo e appoggio
la schiena all’albero.
Sono seduta alla sua destra – lo sento respirare forte.
Mi osservo le mani: sono bagnate.
Sospiro, piano. Attorno
a me c’è troppo rumore, non si sente nulla.
Riesco, però, a sentire il suo
respiro. Lo sta trattenendo, ogni tanto lancia qualche piccolo soffio.
Cerco di
scrutarlo con la coda dell’occhio: la luce che filtra dai
rami dell’albero si
scontra con la sua fronte bianca e con i riccioli castani. E’
più pallido del
solito. La fronte è lucida: sta sudando. Si porta una mano
davanti agli occhi,
poi torna al suo libro.
Il peso è ancora
lì.
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Capitolo 6 *** 5. ***
E’ qui. Dietro di me.
Respira pianissimo. Non sembra
agitata come me. Perché io lo sono? Non
c’è nessuna ragione per cui dovrei
esserlo. Torno al mio libro, ma non mi concentro.
C’è qualcosa nell’aria – il
suo profumo. Tè verde, camelia, agrumi. E’
inebriante. Chiudo gli occhi e mi
appoggio alla corteccia: inspiro, lentamente. Un brivido scende lungo
la mia
schiena. Devo avere la febbre.
Guardo l’orologio:
mancano dieci minuti alla prossima
lezione. Raccolgo le mie cose e mi alzo.
La osservo, dall’alto:
leggo le prime righe del suo
libro. Racconti di Edgar Allan
Poe.
Scelta interessante, per una ragazza. Inspiro di nuovo, ma il suo
profumo è
coperto. Mi avvio verso l’aula, lasciandola al suo albero.
Mi siederò
lì anche domani. Chissà cosa
succederà.
Nel corridoio ci sono parecchie
persone: la maggior parte
è più vecchia di me, tutti attendono una laurea
che non arriva. Le gambe ora
non tremano più; la febbre non c’è.
Continuo, però, a sentirmi strano.
Entro nell’aula, alcuni
allievi sono già arrivati. Tutti
i loro occhi sono puntati su di me. Mi siedo, senza guardarli. Sembro
una cavia
nelle mani di uno scienziato pazzo. Tutti la osservano, spaventati e
tristi, ma
nessuno può fare niente per salvarla.
Apro i libri e aspetto che entri
il signor King. Fuori
dalla finestra, posso vedere l’albero.
Lei non c’è
più.
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Capitolo 7 *** 6. ***
“Buon pomeriggio,
ragazzi. A domani!”
Esco nel pomeriggio di sole e vado
verso la mia auto.
Nell’ultima ora di lezione non avevo capito nulla, continuavo
a disegnare foglie
sul quaderno. Dopo che lui se n’era andato, in giardino, mi
sono alzata anch’io
e l’ho visto, seduto alla finestra, che osservava le fronde
dell’albero.
È un ragazzo davvero
strano, non l’ho mai visto parlare
con nessuno, se non con i professori. Ogni volta ho come il bisogno di
andare
lì e parlare con lui, ma la paura sovrasta la
curiosità.
Avvio il motore e parto, alla
volta del negozio di libri. Non
è male lavorare lì. Si riesce a capire cosa
spinge le persone ad acquistare un libro, cosa fa
loro capire che quel libro è adatto.
Parcheggio ed entro dal retro del
negozio. C’è già
parecchia gente. Anne, la proprietaria, è indaffarata a
cercare un libro e,
quando mi vede entrare, lancia un sospiro di sollievo. Mi metto subito
al
lavoro, senza nemmeno cambiarmi. Con l’inizio dei corsi
universitari, la
libreria è piena di ragazzi alla ricerca di testi usati, per
evitare di
spendere tutti i risparmi nell’acquisto dei volumi,
eccessivamente cari.
Trovo respiro solo dopo aver
venduto un dizionario di
latino a una signora con gli occhiali e un libro di medicina a un
ragazzo con
gli occhi blu.
Anne ed io ci sediamo, dietro un
separé, per bere una tazza
di caffè.
“Com’è
andata questa mattina? Avevi psicologia, giusto?
Io avevo anatomia animale, davvero… ripugnante.”
“Immagino: non
dev’ essere bello entrare con le mani
nelle viscere di una rana.”
“No, non è
per niente piacevole!”
Anne ha la mia stessa
età: frequenta la facoltà di
Medicina nel mio ateneo, ma durante le pause tra le lezioni
è sempre in
libreria, per aiutare sua madre. E’ stata proprio Anne a
propormi di aiutarla,
giusto per ricavare un po’ di denaro. Ci siamo conosciute il
primo giorno, due
anni fa, all’accoglienza. I membri più anziani
dell’università e i professori
ci hanno fatto visitare l’edificio, illustrato le varie
materie, risposto alle
domande. Anne era seduta di fianco a me e ha subito cominciato a fare
battute
sui professori; da lì, ci siamo viste quasi tutti i giorni.
Continuiamo a parlare, poi una sua
domanda mi ferma: “Ma
il ragazzo nuovo è nella tua classe di psicologia, giusto?
Che tipo è?”.
Dopo l’ultima parola, il
cuore comincia a battere forte,
inaspettatamente. Le mani sudano e le gambe tremano: ringrazio il cielo
di
essere seduta, altrimenti sarei caduta a terra, svenuta.
E così è
successo.
Mi sveglio con la luce negli occhi
e una strana
sensazione alla testa. Apro un occhio e vedo davanti a me Anne, con la
faccia
pallida e sconvolta.
“Oddio, May, che
è successo? Come stai?”
“Io…”
“Non parlare,
tranquilla; tieni, bevi un po’ d’acqua.”
Appoggio le mani sul tavolo e mi
sistemo sulla sedia.
Dopo un sorso, guardo di nuovo la mia amica. Ha ripreso il suo colorito
e non
trema più.
“Tutto bene?”
“Sì,
dev’essere stato un calo di zuccheri, niente di
che.” Dentro me, ho quasi la certezza che non fosse quello il
problema. Ha
nominato lui. Involontariamente. Il
mio cervello però non ha resistito all’impatto
della sua immagine.
“Quanto sono rimasta
svenuta?”
“Meno di cinque minuti.
Sei sicura di stare bene?”
“Sì, non
preoccuparti. Sono molto stanca in questo
periodo, può capitare.”
“Mi sento sollevata,
stavo per avere un attacco di
panico! Sembrava quasi che fosse stata colpa del ragazzo che ho
nominato!”
Sorrido, mio malgrado.
E’ proprio quella la causa, anche
se sono completamente all’oscuro del motivo.
“Senti, sono quasi le
sei, è meglio se vai a casa. Te la
senti di tornare in macchina?”
“Sì, nessun
problema, sto meglio ora. Ci vediamo domani,
quindi.”
“A domani, cerca di non
svenire di nuovo!”
Sorridendo, raccolgo la mia borsa
da terra e mi avvio
verso la macchina. Non sto bene. Per niente.
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Capitolo 8 *** 7. ***
“Due
esseri che si
amano, soli, isolati dal resto del mondo... è molto bello!
Ma di che cosa
parlerebbero tutto il tempo? Per quanto spregevole sia il mondo, essi
ne hanno
bisogno per potersi parlare.”
Sono fermo sulla stessa frase da
dieci minuti, ormai. Se
chiudo gli occhi, sento il suo profumo. Che succede?
Questa cosa mi spaventa, non
riesco a capacitarmene. Mi
getto sul letto, guardando dalla finestra il fiume scorrere veloce,
mentre le
fronde degli alberi si muovono dolcemente. I suoi capelli si muovono
allo
stesso modo, sprigionando quell’aroma di bellezza e armonia.
Mi alzo e vado alla finestra. Noto
una figura
attraversare la strada. Il cuore si ferma e bussa alla porta della
ragione. E’
lei. Non riesco a crederci. Mi strofino gli occhi e guardo di nuovo,
sperando in
un’allucinazione. E’ davvero
lei. E’ appena uscita dalla libreria; ora sale
nell’auto, mette in moto, esce
dal parcheggio e scompare, all’angolo dell’edificio
di fronte.
Raccolgo in fretta le chiavi e
corro giù per le scale,
precipitandomi nel negozio.
Posso sentirlo. Sta evaporando
velocemente… Non c’è più. La
ragazza al bancone mi guarda stranita. Sto cercando il suo profumo, non
guardarmi così.
“Ciao. Hai
bisogno?”
“No…
veramente, no, grazie.”
“Sicuro?”
“Sì.”
Mi accosto alla libreria.,
scorrendo velocemente i
titoli. Mi fermo: un libro, un libro aveva il suo profumo: Il Simposio” di Platone. Ne
ho già una copia in casa, ma lo prenderò
comunque. Uscendo, noto lo sguardo
contrariato della ragazza. Magari lei lo sta leggendo, per questo il
suo
profumo è racchiuso tra le pagine. La sua amica non
sarà stata così contenta di
avermelo venduto.
In camera, mi stendo sul letto e
apro la prima pagina,
appoggiandola alla fronte e al naso. Inspiro, come ho fatto questa
mattina
all’albero. Mi sta entrando dentro. Lascio
che le sublimi parole di Platone si
depositino nella mia testa e che la mia memoria eidetica faccia il suo
corso, memorizzando
ogni piccola parola. Nel silenzio, risuona una melodia sconosciuta,
dolce e
malinconica.
È lei.
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Capitolo 9 *** 8. ***
Apro la porta di casa e sento
della musica provenire
dalla stanza di Morgan, il mio coinquilino.
All’inizio, quando
arrivai nel nuovo appartamento e
scoprì che avrei dovuto condividerlo con un ragazzo,
cominciai a cercarne un
altro. Dopo poche settimane, anzi, pochi giorni, Morgan si
rivelò essere una
bellissima persona.
Appoggio la borsa sulla poltrona e
guardo fuori dalla
finestra. Essa rimanda il mio riflesso, pallido e smorto.
“Ciao piccola!”
Morgan mi abbraccia e osserva la
finestra, aggrottando le
sopracciglia. Mi fa girare e mi osserva attentamente.
“Ehi, che è
successo? Stai bene?”
“Non proprio, ho avuto
un piccolo svenimento da Anne, in
libreria.”
“Siediti, ti faccio un
thé.”
Siedo sul divano e tolgo le
scarpe, incrociando le
ginocchia e appoggiandovi sopra il mento. Morgan ritorna e si siede
accanto a
me.
“Sicura di stare
bene?”
“Sì…
Cioè… Non proprio, no.”
“Vuoi parlare?”
“Non saprei nemmeno cosa
dire.”
“Non importa.”
Lo guardo. I suoi occhi scuri sono
attenti e profondi, ma
allo stesso tempo dolci. Sospiro.
“Ero con Anne, stavamo
chiacchierando del più e del meno.
A un certo punto ha nominato il ragazzo che è arrivato da un
paio di settimane,
te ne ho parlato. Questa mattina, si è seduto sotto il mio
albero. Non ho avuto
il coraggio di parlargli e mi sono seduta lì, di fianco a
lui. Lo sentivo
respirare forte, aveva la fronte imperlata di sudore. Si è
alzato poco dopo per
andare a lezione. Quando mi stavo avvicinando all’albero, il
cuore ha
cominciato a battere forte, avevo un buco nello stomaco e il vuoto
nella testa.
E’ successa la stessa cosa prima, quando Anne l’ha
menzionato. Le gambe
tremavano, il fiato era corto e le mani sudate. Poi nero. Mi sono
svegliata con
Anne che continuava a chiamarmi.”
Abbasso lo sguardo sulle mie mani,
quasi imbarazzata dai
pensieri che frullano nella mente di Morgan. Rimaniamo in silenzio. Ad
un
tratto, avvicina la sua mano alla mia e la accarezza. Alzo lo sguardo e
vedo
che sorride dolcemente mentre i suoi occhi lanciano bagliori.
“Piccola…
Questi sono i sintomi di un colpo di fulmine.”
Lo fisso e scoppio a ridere.
“Cosa? Io innamorata? Di
lui? Non lo conosco nemmeno, magari è una persona noiosa o
cattiva. Io, che
odio l’amore, mi sarei innamorata?”
Lui non dice nulla, ma continua a
sorridermi. Il ghigno
sarcastico dipinto sulle mie labbra lascia posto a
un’espressione preoccupata e
silenziosa.
Potrebbe essere vero. Potrebbe
essere successo davvero.
Il colpo di fulmine non esiste, ma chi lo può affermare con
certezza? Chi può
affermare invece il contrario?
Guardo di nuovo Morgan e scoppio a
piangere. Non mi
trattengo più, posso liberarmi. Lui non è
sorpreso, conosce il motivo e mi
cinge con le braccia, mentre affondo il viso sulla sua spalla.
La sua mano mi accarezza piano i
capelli, mentre cerco di
non pensare e di adattare il battito del mio cuore al suo respiro,
calmo e
lento.
“Non posso farcela.
Io…” “Sssh.” Stringe la presa
e
sussurra piano “Ce la puoi fare. E’ tutto passato.
Puoi cominciare di nuovo,
lasciarti il passato alle spalle. Lui non può rovinarti di
nuovo la vita.
Calma, non parlare. Io sono qui.”
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