Come scrivere il proprio destino in un mese.

di semideaa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Brighton ***
Capitolo 2: *** i'm the master of my fate? ***
Capitolo 3: *** Il maniaco di giovani ragazze ***
Capitolo 4: *** I’m born like a ma(y)niac, sorry. ***
Capitolo 5: *** Sexy perfumes? ***
Capitolo 6: *** Arte della composizione drammaturgica ed esistenziale ***
Capitolo 7: *** Sun for us...and Victoria for Conor. ***
Capitolo 8: *** Romeo and Juliet ***



Capitolo 1
*** Brighton ***


Brighton? Ma che città è Brighton? 

No, non è possibile. Mi squilla il telefono e la risata del bambino impertinente che mi schiatta in faccia ogni volta che chiamano mi esplode nelle orecchie. -Pronto?- rispondo. 

- Rita! Anche tu a Londra?- 

- Emh, no, veramente no- -

 Oh, mi dispiace. Comunque io sono stata smistata a Londra! Sai chi sarà con me?- 

-No, non lo so, l’e-mail mi è appena arrivata- 

- Comunque non preoccuparti, anche l’accademia di Brighton è molto prestigiosa!- 

- Ma Londra è un’altra cosa. - 

-Lo so, ma almeno provaci- 

- Ci proverò. Ciao- 

Le attacco il telefono in faccia. Manu a volte non sa cosa dire per l’emozione. 

Mamma mi chiama dal basso ed ho una vaga idea di cosa mi chiederà. Deve sempre sapere tutto, eh? 

- Rita! Ti è arrivata l’e-mail?- 

-Si- 

scendo le scale con il computer ancora aperto in mano. 

-Allora, non ci dici niente?- 

-Cosa devo dirvi? Non sono stata smistata a Londra!- 

-Come? Ma se avevi chiesto esplicitamente di andarci!- 

cavolo, mamma, calmati e sputa meno saliva quando ti arrabbi. 

-Si, mamma, non fa niente-

 -E dove ti hanno smistato?- 

- A Brighton, Braighton, Broughton… non so neanche come si dice e che diamine di paese sia!- -Ma è vicino Londra?- 

-No, mamma, basta. Londra è chiusa, finita, non ero all’altezza di quell’accademia, ok? E niente potrà cambiare questa situazione- 

Me ne salgo in camera, lasciando mia madre ad affogarsi nelle sue lacrime e nella sua saliva che le sta sbavando dalla bocca aperta. 

Le mamme dovrebbero essere fiere delle loro figlie, qualunque risultati conseguano, no? Beh, mia madre non è così. 

 

 

 

Nel tardo pomeriggio mi arriva un messaggio di Lucio. 

“Sai dove sono stato smistato? ” 

Innanzitutto levami quella faccina felice perché mi da i nervi. Quanto scommettiamo che indovino? “Londra, per caso?” 

Ci sono dieci minuti in cui leggo solo “Lucio sta scrivendo”. Cavolo, ho capito. Mi stanno salendo i nervi. 

“Te l’ha detto Manu?” 

finalmente Lucio si è svegliato. 

“No, lo immaginavo dalla tua euforia.” 

“E tu?” 

allora Manu non glielo ha detto. 

Ora lo faccio rodere. Aspetto dieci minuti, così gli sale l’ansia. O forse a me sale l’ansia? 

“Io vado a Brighton.” 

Non so neanche se si scriva così, va beh, se la vedrà lui. 

“Ok. A domani, Rita.” 

Solo questo? Ceh, ma, ok. Lucio, me la segno, neanche a dirti “aww ” 

Ok. A domani. 

 

 

 

-Perché dobbiamo parlare così, sussurrando?- 

-Te l’ho detto, i miei stanno dormendo e mio fratello ha appena deciso di andarsene a letto, non posso svegliarli- 

-Si, ma perché mi hai chiamato alle due? Mi chiamavi alle otto, facevamo meno scena- 

- Francesca, non stiamo facendo scena. Mi serve compagnia!- 

-Ma compagnia col cavolo, Rita. Domani ho la gara di hip-hop, dovrei andare a nannuccia nel mio lettuccio.- 

-Non sei mai andata a dormire prima delle tre, cara, ti conosco- 

-Hai vinto. Ma ora mi dici cosa vuoi?- 

-Sono arrabbiata- 

-Perché mai, amore?- 

aww, amo quando si impensierisce! 

-Non sono stata smistata a Londra, non sono all’altezza- 

-Senti, bellissima, il tuo destino non lo scrivi in un mese. E non pensarci nemmeno, tu sei all’altezza di tutte le situazioni che ti si mettono davanti. Sei stupenda per me, e questo mi basta. Ma ora, scusami, devo proprio andare.- 

-Certo, non preoccuparti, Fra. Grazie di tutto.- Riattacca e sto per un po’ ferma con la cornetta che mi suona nelle orecchie. 

Mi copro la faccia con il lenzuolo e penso a quello che mi ha detto Francesca. 

“Il tuo destino non lo scrivi in un mese” non ne sono ancora sicura.













 

YEEEES

è mia prima storia qui su efp, spero che vi piaccia! <3

sono riuscita ad avere uno spacco libero dallo studio per l’esame e questo è

semplicemente bellissimo! (voce di spongebob)

tornando a noi, spero che la storia vi piaccia. Il nome del paese vi dice qualcosa? Beh, se si, avete indovinato (lol) se no, continuate a leggere! 

continuo a 2/3 recensioni! <3

p.s. se volete seguirmi, sono su twitter @xconorpjano 

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Capitolo 2
*** i'm the master of my fate? ***


I’m the master of my fate?

Apro gli occhi e ho la vaga impressione che il sole sia appena sorto. Delle mani salde mi scuotono dal mio torpore e sento una voce che mi chiama. Sarà mica Effie Trinket che mi porta a Capitol City? Forse era meglio. Sento la voce di mio fratello nelle orecchie, altro che “oggi è un altro giorno stupendo”.
- Rita! Rita! Cosa hai preso ieri, un sonnifero?-
-Se forse non mi avessi svegliato alle cinque, sarei già giù a fare colazione-
-Cara sorella, ti sei dimenticata dell’aereo?-
-Oh cavolo, certo che no, o almeno credo-
-Bene, ti aspetto giù-
Gentile, lui. Mi alzo e cammino come un narcotizzato. Dio, sembro uno zombie. Riesco ad arrivare alla porta del bagno, entro dentro e mi butto, proprio letteralmente, nella doccia. Lavo via tutti i pensieri negativi pensando ancora alla voce di Effie che mi urla “E’ un altro bellissimo giorno!”. Certo, bellissimo. Il giorno che segnerà l’inizio del mio destino, della mia vita. Il mio giorno fatale.
 
 
 
-Sei tranquilla?-
-No-
-Sei contenta?-
-No-
-Sei serena?-
-No-
-E dai, cavolo, Rita, non puoi fare così-
-Oh, aspetta, Marco, non è il tuo sogno che sta per infrangersi davanti ai tuoi occhi-
-Diamine, sei diventata depressa?-
-Non avrei mai immaginato di dirlo, ma, quando arriva mamma?-
-Spiritosa, comunque eccola. Non solo ti compra il biglietto.. –
-Ma che cosa gentile, da parte sua- ironizzo. Oggi non sono dell’umore giusto.
Intanto mia madre torna con un biglietto, che tiene in mano come se fosse oro colato. Mi abbraccia e mi stringe forte, poi mi guarda fisso negli occhi. I suoi occhi, non li avevo mai guardati così a fondo. Di un azzurro, un verde acqua, spento, la giovinezza che passa, tutti i ricordi più belli ma anche più dolorosi nascosti dietro quegli occhi, che un tempo dovevano essere appartenuti alla donna più sicura del mondo. Oggi fluttuavano su un viso triste, cereo, invecchiato dal passare degli anni e dallo scorrere del tempo.
-Andrai lì e ci renderai fieri, vero? Orgogliosi, si?-
Faceva male sentire quelle parole dalla persona che neanche 24 ore prima ti aveva fatto capire che non valevi niente, che non avevi talento per l’accademia più prestigiosa forse dell’intero universo e che meritavi il posto a cui eri stata assegnata, una persona che era stata delusa dalla propria figlia su cui aveva investito tutte le speranze.
Faceva male vedere le sue lacrime mentre pronunciava quelle parole, parole che ormai erano passate e che non potevano essere recuperate.
-Si, ve lo prometto. Ma ora non piangere, renderà solo la partenza più difficile-
Detto questo la presi tra le braccia e la strinsi forte, poggiando il suo petto sul mio cuore. Non sono una persona molto sensibile, riesco a contenere tutto dentro e a non scoppiare. Ecco cosa stavo facendo: immagazzinavo lacrime e adrenalina, parole mai dette e groppi in gola troppo duri da superare.
 
 
-Allora si parte!-
-Si, si parte-
L’eccitazione di Manu stranamente non era contagiosa. Forse poi, non era così strano.
-Hai già parlato con Marcello? Sai indirizzo e tutto?-
-No, veramente non l’ho ancora visto-
-Oh, ma non preoccuparti, prenderà l’aereo con noi, basterà aspettare-
Non volevo aspettare, non volevo parlare con il mio maestro. Mi avrebbe detto di non preoccuparmi, che non era vero che non ero brava, che Londra era così e che Brighton comunque era migliore per me e cose così continuando. Inoltre Manu continuava a saltellare, non vedendo l’ora di arrivare a Londra e Francesca non era ancora arrivata.
Lucio finalmente esce dal bagno e rompe il silenzio di ghiaccio formato dalla mia coscienza e da miei pensieri. Seriamente, avevo paura che si fosse scaricato e fosse entrato nel Ministero della Magia di Roma. Con tutto il tempo che ci aveva messo, poteva aver benissimo pedinato la Umbridge, rubato il suo ciondolo e sorseggiato un caffè. Ma cosa diavolo dico, la Umbridge ormai dovrebbe essere morta!
-Ehi. Scusami per ieri sera-
-Per cosa? Per essertene fregato mentre io stavo male?-
-Mi dispiace-
-Non preoccuparti-
Lo tiro verso un angolo, lontano da Manu e lo abbraccio. E’ pur sempre il mio migliore amico, dopo Francesca.
-Devi stare calma, anche se andrai solo tu a Brighton non significa che sarai sola-
-Che vuoi dire?-
-Ho saputo che lì, all’accademia, ci sono molti ragazzi sui 17 anni, ragazzi della tua età. A Londra, invece, sono tutte persone sulla quarantina, saremo più soli noi di te-
-Wow, grazie del sostegno. E’ solo che ora ho paura di parlare con Marcello -
-Non devi, è il tuo maestro, saprà dirti le cose giuste e consigliarti-
Quel ragazzo ricciolino sapeva sempre come tranquillizzarmi.
-Grazie- gli rispondo e tiro fuori il mio primo vero sorriso della giornata.
 
 
*Il volo 34522 per Londra imbarca i passeggeri fra dieci minuti al gate 8*
-Sentito, Ri? Siamo noi!-
-Si, si, siamo noi.. ma perché Fra non è ancora qui?-
-Ora non importa, dobbiamo andare, Rita, forza!-
Ad un certo punto, mentre Manu mi tira per le spalle, scorgo tutto un miscuglio e una folla che si dilegua spaventata all’arrivo di un uragano. Ma quale uragano, quella è Francesca. Lascio la valigia e Manu mi molla, le corro incontro e lei mi prende al volo. Siamo alte uguali, ma non ho mai capito come ci riesca a sollevarmi, come se fossi una foglia.
-Stai calma, tu sarai mitica, spaccherai i culi a tutti quanti!-
-Ehi, Fra, calmati!-
-Lo sai che per me resterai sempre la Rita dell’asilo, che mi difendeva da quel Michele?-
-Lo ricordi ancora?-
-Come potrei dimenticare? Sei sempre qui, Rita, nella mia mente e nel mio cuore. Vai a Brighton, divertiti e sii felice-
 
Ero nella sala tonda, quella tutta colorata del’asilo privato. Sedevo al tavolo, da sola, un po’ in disparte, quando una bambina con due codini e i capelli castani si siede vicino a me.
-non so, nessuno vuole dividere la merendina con me, io non voglio mangiarla tutta perché mamma mi ha detto che bisogna sempre condividere le cose con gli altri-
-perché nessuno vuole?-
-perché dicono che mia madre è.. non lo so, cos’è, però mi prendono in giro perché non ho un papà, ma due-
-se vuoi la dividiamo, ho fame-
-Si, che bello! Vuoi essere mia amica?-
Proprio in quel momento si avvicina un bambino, si chiamava Michele, lo sapevo perché la maestra lo sgridava sempre.
-che fai, mangi con questa qui?-
-LASCIA STARE LA MIA NUOVA AMICA, OK?- gli grido e la maestra accorre, preoccupata.
-Cosa è successo qui?-
-maestra, è colpa mia.. – ammetto.
-no, no, è anche colpa mia! Gliel’ho detto io!- la bambina si era messa davanti e mi aveva dato la mano.
La maestra era confusa
-allora vi metterò in punizione tutte e due!-
Ci dirigiamo verso le fatidiche sedie delle punizioni, di fronte al muro.
-come ti chiami, bimba?-
-sono Rita, e tu?-
-mi chiamo Francesca!-
 
 
 
 
 

 
Nuovo capitolo!

Questo è molto più lungo, ma di Conorito ancora nessuna traccia. Aspettate pazientemente, arriverà anche il suo turno.
Ho pubblicato il secondo per pura umiliazione. SOLO UNA RECENZIONE? Mi dispiace che non vi sia piaciuto, se non arrivo a due su questo cancello definitivamente la ff da efp, tanto nessuno se la caga.
Un grande ringraziamento a @ehimaliik, che è la mia idola  e la mia musa ispiratrice!
Spero che vi piaccia, io ho una grande voglia di gettarlo dalla finestra e triturarlo nel trita documenti. ahaha -.-
 Ah, ci sono molti riferimenti a hp e hunger games, vi piace o vi da fastidio?
Fatemelo sapere con una recensione!
Come al solito, continuo a ½ recensioni. Sperando che ci arrivi…

Stato: triste e sconsolata :(

 
Solito:
twitter: @ehijcassie
ask: xconah

 

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Capitolo 3
*** Il maniaco di giovani ragazze ***


Il maniaco di giovani ragazze
 
* i signori passeggeri sono pregati di spegnere i cellulari, siamo in partenza *
- Marcello, devo chiudere, siamo in partenza-
-Si, ma tu hai capito tutto, vero?-
-Long Avenue è dove si trova la scuola, ok, prendo un pullman della linea tre dall’aeroporto, capito, ma come si chiama la casa dove devo andare a stare?-
-chiedi di co- ahbzsjwa- ard- ahzgdbw-
-non ho capito bene, qui non prende. Chi devo cercare?-
- all’accademia chiedi di co-ajbdhk paul ugyhagbs ard-
- Paul Hard?-
*too, too*
Caduta la linea, miseriaccia.
Perché Marcello ha dovuto cambiare pensiero all’ultimo momento? Perché hanno cancellato il  suo volo? Perché non viene con noi? Perché dovrei stare da un tizio che si chiama Paul e nemmeno conosco? Perché doveva essere un maschio?
Avevo passato tutta la giornata a sperare di andare a vivere con una ragazza e invece mi ritroverò in casa con questo Paul, che per quanto ne so potrebbe essere anche un maniaco che stupra giovani ragazze e prende il tè con le bambine.
No, ok, ho esagerato, dai. Al massimo stupra giovani ragazze e poi ci prende il tè. Un maniaco di bambine proprio no.
Francesca, invece, sarebbe stata contenta di saperlo. Aveva detto:
“Immagina di andare a vivere con un ragazzo super carino, si innamorerebbe subito di te, dei tuoi occhi scuri e profondi e dei tuoi capelli lunghi e ramati”
Io mi sarei buttata dall’aereo piuttosto che fare coppia fissa con me stessa, davvero. Preferirei, a questo punto, fare coppia fissa con il maniaco.
 
Il volo in aereo era stupendo. Era la prima volta per me. Lo spettacolo che si vedeva da lassù, semplicemente indescrivibile. Le nuvole sembravano zucchero filato e caramelle morbidose.  A pensarci bene, il volo in aereo faceva venire anche sonno..
Tre ore di viaggio dopo sentivo la voce di Manu che mi obbligava ad alzarmi e cinque minuti dopo eravamo nell’aeroporto di Londra a scambiarci gli ultimi saluti.
*tra cinque minuti si effettuerà il ritiro bagagli del volo 34522 al nastro numero 3*
Arrivo al nastro numero 3 e incomincio a rovistare fra le valigie che stanno scorrendo lì sopra. Inutile dire che la mia non compare.
 
-Come sarebbe a dire che non potete recuperare la valigia prima di una settimana? Io avevo tutti i miei vestiti dentro e dovrò restare qui per un mese!-
Il mio inglese doveva sembrare molto aggressivo a quel povero sorvegliante che sicuramente non aveva colpa sulla scomparsa del mio bagaglio. Bene, me la vedrò meglio a casa del maniaco, sarà piuttosto contento di vedermi senza vestiti da mettere.
Cammino triste per l’aeroporto, finché non trovo una signora caritatevole che, vedendomi così disperata e afflitta, mi da indicazioni su dove posso prendere il pullman della linea 3 per Brighton.
 
Sul pullman incomincio ad ascoltare le cover di quel ragazzo strano che pubblica video su youtube, aspetta, com’è si chiamava? Qualcosa che finiva con booya. Quel nome era parecchio strano, mi aveva sempre ricordato qualcosa che aveva a che fare con halloween e i fantasmi, non so precisamente il perché. Ah, si. Skilzaisherebooya. Detto così fa un po’ paura. Però, il ragazzo aveva talento ed anche una gran bella voce. Forse canta nel coro della chiesa. Ah, me lo immagino, vestito di bianco, con i capelli tutti tirati a piattella, che canta allineato agli altri, nella fila dietro dei più alti, con la sua voce angelica. Quasi mi scappa una risata. Sarebbe bello assistere ad una messa con lui che canta.
Immersa nei miei pensieri e nella voce di skillza che canta valerie, sento a malapena la voce metallica e registrata proveniente dagli ingranaggi del pullman che dice che siamo arrivati a Long Avenue.
 
Tolgo le cuffie e cammino silenziosamente sul lungo stradone, che a quanto vedo costituisce una strada pedonale. Non vedo nessuno in giro, nemmeno edifici, così continuo a camminare fin quando non vedo un grosso e imponente palazzo in lontananza. Mi avvicino e tra i nomi segnati sul citofono leggo:
Official Accademy of Brighton (from 8.00 a.m to 10.00 p.m)
E’ questo il posto giusto. Il posto in cui il mio destino verrà scritto, che lo voglia o no, in un mese. Mi abbraccio il violino in senso protettivo, come se qualcuno volesse rubarlo a chiunque varchi la soglia del portone. Guardo il piano e mi assicuro che sia quello per non fare brutte figure e bussare a qualcun altro.
Il palazzo ha l’aria di essere molto antico. E’ in marmo ed è sorretto da colonne imponenti e alte. L’aria di antichità la dà anche l’assenza di modernità. Manca l’ascensore e io devo farmela a piedi fino al quinto piano.
 
Arrivo in cima con il fiatone e vorrei imprecare contro chi non costruisce un maledettissimo ascensore in questo maledettissimo palazzo che mi ha fatto venire in questa maledettissima città perdendo la mia maledettissima valigia e facendomi abitare per un mese in casa di un maledettissimo maniaco di giovani ragazze.
Aspetta, forse mi sono calmata. Tipico degli italiani, penso, prendersela con tutti e con tutte per tutte le stramaledettissime piccole cose. Basta. Cancelliamo la parola maledettissimo dal mio vocabolario, ok? Ok.
Busso e mi viene ad aprire una sottospecie di maggiordomo, tutto vestito di nero, che mi guida dentro e mi fa entrare in una sala foderata di dorato e bordeaux, con morbide poltroncine di velluto e un tavolo pieno di carte dove forse sta seduto lui per tutto il tempo.
-Siete voi la ragazza italiana, Rita Ora?-
-Si, sono io. Volevo parlare con il maestro Radcliffe-
-Si, il maestro di violino. Lo chiamo subito, lei si accomodi-
Lo vedo andare via e sparire in un corridoio dove affacciano numerose porte di legno. Mi siedo e cerco di indovinare che strumenti si studiano nell’accademia e che gente la frequenta.
Sento una batteria suonare nella stanza più vicina al salottino e la voce di una ragazza che urla di non picchiare i tamburi, ma suonarli.
Da un’altra porta sento emergere il suono di due clarinetti e due trombe o forse anche un sassofono. Staranno suonando qualcosa insieme, tipo musica da camera, tipico salotto inglese, o forse jazz, non riesco a riconoscere bene.
E poi emerge il suono di un pianoforte, il suono stupendo e soave di uno studio suonato a quattro mani su un pianoforte.
A distrarmi dal concerto però è il passo felpato del “maggiordomo” che ritorna con alle calcagna un signore alto, biondo e con gli occhi azzurri. Un gran pezzo d’uomo, direbbe mia madre. Si presenta come il maestro di violino, Robert Radcliffe e mi sta spiegando il suo metodo di studio. Ma non lo sto ascoltando, sono troppo affascinata dal ragazzo dietro di lui con il violino in mano, che si presenta a sua volta. L’opposto del maestro, alto, scuro e con degli occhi neri e penetranti. James, si chiama, ma tutti lo chiamano Jem, e anche lui ha 17 anni. Finite le presentazioni, in cui, un po’ goffamente, stringo la mano a tutti i presenti nella stanza, il maestro mi da appuntamento al pomeriggio successivo alle quattro, lasciandomi anche il suo numero di telefono. Ma tanto sono sicura che non lo userò, non avrò mai il coraggio di chiamarlo. Continuo a fissare imbambolata il ragazzo che se ne sta andando, tanto che sono sicura che mi sta uscendo anche la bava alla bocca, e quasi mi dimentico di chiedere del maniaco.
-Mi scusi, signor Radcliffe-
-Mi chiami pure Robert, signorina Ora-
-Oh, e lei mi chiami Rita-
-Oh, ok, cosa voleva?-
-Dato che, per questo mese, dovrò rimanere ospite di una famiglia qui vicina, mi hanno detto di chiedere di un certo Paul Hard qui all’accademia-
-Paul Hard? Non abbiamo nessun Paul Hard qui all’accademia-
-Nemmeno un ragazzo che si chiami Paul?-
-Che io sappia, nessun Paul, avrai capito male, Rita-
-Ah, ok, grazie comunque-
Bene, perfetto, ora dove andrò a stare dato che non c’è nessun Paul qui?
Ad un certo punto mi si avvicina quel gran figo di Jem. Strano, molto strano. Forse vuole chiedermi di andare a stare da lui. Quello si che sarebbe bello, altro che maniaco.
-Stai cercando Paul Maynard, ho capito bene?-
-Nessun Maynard, un ragazzo che si chiama Paul-
-Si, è Maynard, e non si chiama Paul-
Prima figura di merda. Non sono nemmeno arrivata e già incomincio.
Possibile che avevo capito male non solo il cognome, ma anche il nome? Eppure ero sicura di aver sentito Paul.
Jem mi guida verso la porta da cui sentivo suonare il pianoforte così dannatamente bene.
La mia mente diceva: Rita, preparati mentalmente, stai per incontrare il ragazzo che ti ritroverai in giro per casa per un mese, il maniaco. Calmati e sorridi, poi alla prima sua mossa falsa gli molli un ceffone, chiami il 118 e scappi.
Jem gira la maniglia, chiede permesso educatamente e apre la porta. Mi sussurra: quello al piano è Paul.
Il maestro è uscito, infatti lui ha smesso di suonare. Dallo sgabello dove sta seduto si alza e viene verso di noi. Alto, capelli castano-rosso, occhi chiari e un neo sotto l’occhio sinistro.
Un presentimento sbagliato, improvviso, impulsivo, mi grida: Ho già visto quel ragazzo, cavolo se l’ho già visto. Minchia, io so chi è.
Si ferma davanti a Jem e parla con la sua solita voce angelica che conosco troppo bene e che ho ascoltato troppe volte per credere che la stia ascoltando davvero, dal vivo.
“Cosa vuoi, Jem? E chi è lei?”
 

 
 
 

MA IO VI AMOOOO! COSI’ PERO’ MI FARETE MORIRE!

Stiamo scherzando? Due recensioni in pochi giorni! Siete stati dolcissimi!
Ho una buona notizia da darvi.. sono stata ammessa agli esami.. ohohohohoho

CON 10! * balla il trenino, pepepepepe *

yep, ho finito. Cooooooomunque, volevo ringraziare sempre e come al solito:
@ehimaliik perché è una persona stupenda e mi ha sempre sostenuto
p.s. please, leggete le sue ff. sono fe-no-me-na-li.

Ed anche @_maynardismyhero perché ha recensito! Vi lovvo!  ❤
Ok, finisco di parlare e me ne vado. Però prima volevo sapere cosa ne pensate. L’ho scritto subito dopo le due recensioni, e poi boh, mi è venuto di getto. Per me, è la solita schifezza che potrebbe anche essere stracciata, per voi, non so uu.
 
Solito, continuo a ½ recensioni ahbskgj ❤
Stato: gioiosa! J
 
Solito:
twitter: @ehijcassie
ask: xconah

yep, sparisco, a presto! ❤

 

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Capitolo 4
*** I’m born like a ma(y)niac, sorry. ***


I’m born like a ma(y)niac, sorry.
 
“Cosa vuoi Jem? E chi è lei?”
 
-Scusami, Conor, lei è Rita e ti cercava-
Un po’ imbarazzata mi faccio avanti e Jem ci lascia soli e ritorna a fare lezione, non prima di avermi salutato.
-Ora vado, ci vediamo domani-
Conor mi guarda e per poco non scoppia a ridere.
-Da quand’è che esci con lui?-
-Io.. cosa?-
Non sa neanche chi sono e già si ingelosisce, quel bastardo di skillza. Già, perché è proprio lui. Cavolo, ho il mio idolo davanti, per poco non svengo.
-Io non esco con Jem, sono appena arrivata-
-Infatti, mi sembrava di non averti visto mai da queste parti. Aspetta, come hai detto che ti chiami? Rila?-
- Rita, Rita Ora-
-Come?- Booya si gira come se io gli avessi appena gridato “ti amo”. Che poi non lo avrei mai fatto, punto.
-Ho detto che mi chiamo Rita Ora-
-Non può essere, Rita Ora è una cantante- per poco non gli esce la bava alla bocca. Povero, piccolo booya canterino, è innamorato.
-Beh, mi chiamo come lei, ma non canto-
-E allora cosa ci fai qui?-
-Suono questo coso che noi esseri comuni mortali chiamiamo violino. Tu capire me, vero?-
-Il violino! Sei la prima ragazza in questa accademia che suona il violino- ma il rosso mi guarda male. Non sono neanche arrivata ed è già arrabbiato con me?
-E tu invece devi essere il maniaco.. –
-Cosa? -
- Mhh, scusa, volevo dire Maynard - faccio appena in tempo a correggermi.
-Confondere la parola maniaco con Maynard mi sembra esagerato. E poi non ti ho ancora toccato- aspetta, cosa vuole dire con quell’ancora? Avevo ragione, quel tizio con la voce da angelo ha un anima da maniaco. Devo avere paura?
-Bene, abbiamo fatto le presentazioni-
-Io però non ho capito. Se ti chiami Conor, allora perché quando ho detto Paul Jem mi ha portato da te?-
-Oh, io sono registrato all’anagrafe come Conor Paul Maynard - ecco il misterioso Paul (Mayn) Ard. Tutto chiaro.
-Anche io in realtà sono registrata all’anagrafe come Rita Felicity Ora, ma odio il nome Felicity e guai se provi a chiamarmi così in questo mese-
-Questo mese?-
-Oh, cavolo. Tu non sai niente, vero? O meglio, non sai cosa ci faccio qui, giusto?-
-No, non ho la minima idea di chi sia tu e cosa ci faccia qui-
-Io vengo dall’Italia e sono stata smistata qui, in questa accademia, per uno stage di un mese. In questo mese dovrò abitare con una famiglia di qui e mi avevano detto di cercare te, quindi presumo che debba stare con te per un mese-
Spero che skillza non abbia sentito la mia anima gioire. Anche se è un maniaco, da una parte mi fa piacere che il maniaco sia proprio il mio skillzaisherebooya. Non che mi piaccia, sia chiaro. O perlomeno, non mi piace ancora. Bene, così va meglio.
-Cosa? Allora devi venire con me a casa, presumo-
-Se non vuoi lasciarmi in mezzo alla strada a mendicare come un barbone, presumo proprio di si-
-Tu sei pazza, Felicity-
-Sono Rita, Rita e basta-
-Zitta, Fel -
-Zitto tu, skillza -
Ops, forse non dovevo dirglielo.
 

CONOR’S POV
Mi aveva chiamato davvero skillza? Era la prima volta che mi sentivo davvero imbarazzato davanti ad una ragazza. In realtà, era la prima volta che trovavo una ragazza che mi conosceva come skillzaisherebooya. Certo, c’era la Abbott, che aveva fatto qualche cover con me, ma non la sentivo più da quando aveva cambiato scuola. Rita era la prima. Era la prima in tutto.
-Tu ascolti le mie cover?- non sapevo se gettarmi ai suoi piedi o restare impassibile e comportarmi come tutti i vip, che, anche se hanno un milione di persone che li seguono, non se ne importano più di tanto.
- Emh, veramente si. Non sapevo se dirtelo o meno..-
-Ma davvero, scherzi? Mi fa piacere!- la vidi sorridere, poi cadde un timido ed imbarazzante silenzio.
-Dovremmo..-
-Dovremmo..-
Scoppiammo a ridere. Dai, in fondo quest'italiana era simpatica.
-Parli tu o parlo io?-
-Parlo io o parli tu?-
-No, ok, è ora di andare a casa-
-Si, direi proprio di si-
La feci uscire, salutai il maestro di pianoforte, Luke Parrold e uscimmo fuori, in Long Avenue.
 

RITA’S POV
Conor era stato davvero molto gentile. Non mi aveva trattata come una fan ritardata mentale tutta “oddio, mi scoppiano le ovaie se lo vedo”. No, anzi, era stato contento.
-Sai suonare bene il pianoforte, oltre che a cantare-
-Pensi che io sappia cantare bene?-
-Certo- come facevo a dirgli che aveva una voce da angelo che mi faceva morire ogni volta che entrava nelle mie orecchie?
-Oh, grazie, sei la prima che me lo dice. Comunque, per essere italiana, il tuo inglese è molto buono-
-Grazie, è che il padre della mia migliore amica è inglese, allora dato che passo molto tempo a casa sua ho imparato come “autodidatta”-
-Allora non avrai difficoltà ad inserirti e seguire le lezioni-
-No, infatti-
Ad un certo punto il genio di Paul si accorge che ho solo il violino e una borsa con me. Lo avrei sparato.
-Ma non hai una valigia con te?-
-Il problema è questo. Dall’Italia la mia valigia è partita, è qui che non è mai arrivata-
-Oh, mi fa piacere-  ma guarda, a me invece proprio no.
Sono curiosa di sapere com’è casa sua, dov’è che vive questo maniaco di Maynard, ma soprattutto con chi.
- Maynard, ma casa tua è grande?-
-Beh, no. Ospita a stento cinque persone. Siamo io, mio fratello, mia sorella, mia madre e mio padre-
-Oh, bene, e spiegami una cosa: quante camere da letto hai detto che avete?-
-In tutto sono tre camere da letto, una per i miei, una per me e mio fratello e una per mia sorella-
-Ah, e io a quale camera sarei destinata?-
-Penso che starai con Anna, se lei vuole-
-No, no, Conor, la vostra casa è piccola e siete già in cinque. Non so per quale motivo vi siate proposti per accogliermi ma darei solo fastidio-
-Scherzi, Fel? Muoviti, non essere stupida, certo che non darai fastidio-
-No, Conor, questo è davvero troppo-
Mi blocco in mezzo al vialone e lascio cadere a terra violino e borsa.
Conor, da bravo gentiluomo, raccoglie la roba e incomincia a tirarmi.
-No, io rimango qui-
-E dove vorresti andare, sentiamo-
-In un albergo, andrò li, si-
-E come vorresti pagarlo?-
-Troverò un modo, elemosinerò per strada, suonerò il violino alle feste, ci sono tante cose che potrei fare e..-
-E nessuno ti darebbe neanche un centesimo. Vieni. Se gli altri dicono che darai fastidio, giuro che me ne andrò di casa e verrò con te-
Oh, che ragazzo dolce, anche se continua a chiamarmi Fel. Tra poco lo strangolo. Però, ripensandoci, detto da lui è tutta un’altra cosa.
Decido di seguirlo e quando arriviamo davanti casa sua è sera e tira vento.
Ha una bella casa, affaccia su una piccola stradina laterale a Long Avenue e dalla strada si riesce a vedere anche il suo giardino dietro.
Paul sta per aprire la porta, ma quest’ultima si apre da sola rivelando un ragazzo alto e un po’ meno bello di Maynard. No, dai, si somigliano.
-Ehi, Co, chi è lei?-
-Niente, dopo ti spiego. C’è mamma?-
-Dove dovrebbe essere?-
Il ragazzo antipatico e scorbutico che presumo sia Jack esce sul vialetto e butta la spazzatura. Conor mi fa segno di entrare e mi ritrovo in una stanza circolare che è l’ingresso. Da sinistra sento dei passi e in meno di cinque secondi mi ritrovo la madre di Conor davanti.
-E tu chi sei?-
Poi, rivolta al figlio –Ti sei fatto la ragazza, eh!-
Io tossisco convulsamente e divento rossa, il maniaco ride.
-No, mamma, devi saperlo meglio tu di me. Lei è la ragazza che ti sei offerta di ospitare!-
-Ah, Rita, giusto?-
Io annuisco, non riesco a parlare dopo lo strafogamento.
-Si, le avevo preparato il letto in camera di Anna, ma all’ultimo minuto si è messa a fare storie, tua sorella!-
Proprio in quel momento scende dalle scale una ragazzina di più o meno tredici anni. Diamine, se Conor si abbassa e si mette una parrucca è uguale a lei.
-E’ lei?-  parla alla mamma come se io non fossi presente in stanza.
- Anna, perché non vuoi dormire con lei?- le chiede Conor gentilmente. Quanto è dolce, con i bambini.
-Non voglio, se siete amici può dormire con te, voglio Jack con me, non questa sconosciuta-
Piccola, capisco cosa prova, povera. Io uccido Conor più tardi, mi sento molto imbarazzata. L’avevo detto che avrei dato fastidio.
Conor, al sentire quelle parole, sbanda e impallidisce.
-Rita, a dormire con me?- quasi balbetta.
Io capisco in ritardo quello che intendeva Anna. Un mese, in camera con Conor?
-Cosa? No, non possiamo dormire insieme-
La mamma fa leva sull’amore fraterno di Conor. E’ ingiusto, lo sa che il dolce fratellino cederà per amore della sorella.
-Dai, Conor, è tua amica, non c’è niente da imbarazzarsi-
Il problema è che io me lo sognerò tutte le notti e non potrò dormire se non con la tentazione di mettermi nel letto con lui, ma questo è solo un piccolo particolare.
Anna già prende le conclusioni.
-Jack, sposta la tua roba e lascia il letto alla nuova ragazza di Conor -
Cosa?
Jack spunta dal salotto.
-La nuova ragazza di chi?-
-Non è la mia ragazza!-
-Non stiamo insieme-
E ci si mette anche la mamma.
-Ma si, dai, state bene insieme, siete una bella coppia-
Sto scoppiando, portatemi via di qui.
Conor acconsente e mi tira per un braccio.
-Rita, mi dispiace dirtelo, ma dormirai in camera con me per un mese-
In fondo non so se gioire o no. Ma intanto sono sicura che l’anima del maniaco sta esultando di gioia.
 
 

*******
ECCOMI TORNATA CON UN ALTRO CAPITOLO DI MERDA!
Siete magnifiche, davvero, mi avete fatto scrivere due capitoli in due giorni, ma sono contenta perché lo faccio per voi che seguite questa ff. Sappiate che

VI AMO TUTTE, BELLE PIMPE!

Scusate davvero per il capitolo bruttissimo, ma in questo periodo MY FELLINGS! sono in vacanza. E per di più..

I’m in lo-o-ove, i’m in lo-o-o-ove, i’m in looove!

Ok, la smetto. Va bueeeno, come avrete capito non ci sto con la testa e quindi avevo bisogno di scaricare la mia anima dolciuosa su conor. Se volete vomitare, fate pure.
Ho aggiunto vari punti di vista.. e ci piace! *voce dei presnetatori nei quiz televisivi* no, ok, ditemelo voi se vi piace o no, sono totalmente nelle vostre mani!


SOLITO:

twitter: @ehijcassie (a disposizione 24 ore su 24 J)
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                                                                                                 mi dileguo, continuo a 2/3 recensioni!

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Capitolo 5
*** Sexy perfumes? ***


SEXY PERFUMES?

-
Rita, mi dispiace dirtelo, ma dormirai in camera con me per un mese-
In fondo non so se gioire o no. Ma intanto sono sicura che l’anima del maniaco sta esultando di gioia.

 
CONOR’S POV
Tiro Rita per un braccio su per le scale. Il piano di sopra è il più disordinato, spero che non pensi davvero che siamo dei barboni. In realtà è Jack che sporca.
Mio fratello sale dietro di noi e sta sbuffando. Mamma gli avrà appena detto che deve portare tutte le sue cose in camera di Anna.
- Paul, non potevi dirglielo che Rita non può dormire con te?-
-Jack, sai Anna com’è fatta. Rita si sarebbe trovata male-
Fel non ribadisce, ma rimane in un agghiacciante silenzio. La guido verso camera mia e lei prende posto sul bordo del letto, finché Jack non ha finito di fare il “trasloco” da una camera all’altra. Quando rimaniamo soli mi siedo sul letto vicino a lei.
- Conor, non voglio incolparti o tantomeno litigare, ma hai visto cosa ho provocato nella tua famiglia appena sono arrivata. L’avresti dovuto sapere che avrei dato solo fastidio-
- Rita, la smetti? Anna è capricciosa, non la si accontenta mai, ma vedrai che dopo un po’ che impari a conoscerla lei cambierà idea su di te, ne sono certo-
-E come la metti con tuo fratello? Lui non mi sembrava tanto contento-
-Jack non è mai contento, ok?-
Lei rimane di nuovo in silenzio e quasi non mi guarda più.
-Senti, Fel, se il problema sono io puoi semplicemente dirmelo, non avere paura di me-
-Non sei tu il problema, a me stai simpatico, è che …-
E’ che ho vergogna, la sento quasi dire a se stessa. Dalla prima volta che è entrata e mi ha visto, avevo già capito che sarebbe stata una ragazza molto timida. Non so davvero come faccia ad esibirsi davanti ad un pubblico, con questa sua timidezza che ha la meglio in tutte le situazioni.
- Fel, posso dirti una cosa?-
-Certo-
-Se hai problemi a stare in camera con me, io posso benissimo dormire sul divano, o meglio ancora, nella vasca da bagno! Presente quel telefilm, Kyle xy, no? Lui sta comodo nella vasca, mi ci abituerò anche io-
-Non essere stupido, è casa tua, semmai quella che dovrà dormire nella vasca sarò io- scoppia a ridere e seppellisce la testa nella mia spalla.
-Non esiste! Non lo permetterò mai!- lei si tira su e mi guarda con quegli occhi scuri e penetranti. Restiamo così a lungo, fin quando non le squilla il cellulare e lei si stacca da me e si precipita a rispondere.
Sento che parla con la mamma, la rassicura su tutto, ma non le dice del bagaglio perso e del fatto che dormirà con me per un mese. Rimane vaga, ma in fondo dice la verità. Quando riattacca, ritorna sul letto e io do voce ai miei pensieri.
-Perché non le hai detto che dormirai in camera con me per un mese?-
-Mamma non avrebbe acconsentito. Mi avrebbe trovato un altro alloggio-
Allora significa che vuole rimanere con me? Vuole farmi capire qualcosa con questa frase che ha appena detto? Quindi ci tiene, in un certo senso, a me? Poi mi viene in mente che lei mi aveva colpito perché ascoltava le mie cover e la domanda mi sorge spontanea.
-Perché ascolti le mie cover?-
Fel sembra sorpresa dalla domanda e risponde con un certo tremito nella voce.
-Mi piace come canti e mi piacciono le canzoni che scegli, cioè, sei bravo-
Dato che l’ho messa un po’ in difficoltà riparo al danno. Però in fondo è molto dolce, Rita.
-Tu canti?-
-Diciamo che me la cavo- e scoppia di nuovo a ridere. Ma ride sempre?
Scoppio a ridere anch’io.
-E se ti chiedessi di fare una cover con me, accetteresti?-
Oh, sono un genio nel mettere in imbarazzo le persone, mi sto odiando sempre di più. Le sue riflessioni vengono però interrotte da mamma che ci chiama per la cena.
 
 
RITA’S POV
Conor vuole solo sapere qualcosa su di te, perché ti imbarazzi? Stai conoscendo una nuova persona, allora perché fai la silenziosa? E’ perché è un ragazzo? Ma ho conosciuto tanti ragazzi. Allora è perché lui è Conor Paul Maynard, il tuo skillzaisherebooya, giusto? E come faccio a dirglielo, che ora che starò per un mese con lui, sarà come avere il mio idolo accanto? No, Rita, fai finta che sia un normale ragazzo. Ma è davvero impossibile!
Seguo Conor verso la cucina, che è una stanza piccola con un bancone e un tavolo al centro. Anna e Jack sono già seduti, la madre è ai fornelli. Conor mi fa segno di sedermi vicino a lui e io prendo posto. Mi sporgo verso di lui e gli chiedo perché non ci sia suo padre. Lui risponde che lavora e torna la sera tardi, il più spesso delle volte.
La mamma prende posto e per farmi sentire più a casa serve a tutti un piatto di pasta con la besciamella. Incomincia a starmi simpatica, la signora Maynard.
 
 
La cena verte al termine e come al solito la mamma incomincia a fare domande sulla mia vita.
-Allora, vivevi nel sud Italia. Noi una volta siamo andati in vacanza in Sicilia, non è vero?- c’è un muto consenso e dei lamenti escono dalle bocche di Jack e Anna. Conor è l’unico che si contiene, per mio rispetto. Presumo che non sia stata una bella vacanza.
-Quindi incomincerai la scuola qui?-
-Si, sono venuta appunto questo mese per poter cominciare il semestre al college dell’Official Accademy-
-E non ti mancheranno dei tuoi compagni?- e mi fissa con sguardo malizioso. Io fingo di non averla vista.
-In realtà l’unica amica che mi mancherà sarà Francesca, ma in fondo è solo un mese, no?- Conor mi guarda afflitto e la madre rotea gli occhi come se fossi una completa imbecille e non avessi capito il significato della sua domanda.
-Intendevo … come sei messa a ragazzi? Hai un fidanzatino?-
Conor per poco non si strafoga con il pane, Jack mi guarda come per dire: lasciala perdere, è una fissazione e Anna mi fissa interrogativa, come se avesse paura che un giorno di questi ruberò Conor e Jack e me li sposerò entrambi.
- Emh, veramente no. Non penso di essere così carina da meritarmene uno- faccio una finta risata per dissimulare la tensione.
La signora Maynard mi guarda afflitta, come se avessi appena affermato che gli asini volano. Anna è quasi compiaciuta, Jack è sull’orlo di vomitare e Conor ha smesso di guardarmi e fissa un uccellino che sta volando fuori dalla finestra.
Ho il grande desiderio di uscire da quella stanza e buttarmi nel letto, per riflettere su tutto quello che è successo. Poi mi ricordo che in camera con me ci sarà anche Conor. Forse la sala da pranzo non è poi un cattivo posto.
 
 
CONOR’POV
Rita risale in camera e io rimango con Jack per sparecchiare la tavola. Mio fratello mi guarda in continuazione e ride, come se avessi fatto qualcosa di davvero buffo a mia insaputa. Mentre mamma è distratta mi avvicino a lui e gli do una leggera spinta.
-Cosa vuoi?-
-Perché mi ridi in faccia da mezz’ora?-
-Non lo hai capito? Abbiamo capito tutti qui e l’unico che non sa niente sei tu!-
-E’ ora che me lo dici, allora!-
-Sia io, sia mamma, sia Anna lo sappiamo, è inutile che ti nascondi!-
-Non mi sto nascondendo! Sapete cosa?-
-Dai, non fare il finto tonto! E’ normale che ti piace la ragazza, lì, Rita, o come la chiami tu, Fel!-
-Ma cosa? No, assolutamente!-
-Conny?-
-E dai, Jack, lasciami stare. Che ne sai tu di me?- butto lo strofinaccio a terra e me ne salgo in camera, infuriato.
 
La rabbia non scende, così per sbollirla entro in bagno, ignorando Rita seduta sul letto, e inizio a sciacquarmi la faccia freneticamente.
Sento la porta aprirsi e dei passi venire verso di me.
-Ehi, Fel -
Lei si ferma vicinissimo a me, tanto che sento il suo fiato sul mio collo quando parla. Profuma di cannella, e sole. Strano, non avevo mai sentito il profumo delle ragazze, ma in generale delle persone. Lei si. Il suo profumo era inconfondibile.
-Che c’è?-
-Niente, non ho niente-
Lei non sembra berla e si avvicina di più, fino a toccarmi la spalla con il mento.
- Conor, che c’è?-
-Se te lo dico, non ti allontanare da me, ti prego. Rimani così, come sei ora-
-Ti giuro che non mi sposterò nemmeno di un centimetro- la vedo sorridere.
-Bene, tutti pensano che … a me piaci, ecco-
Rimane per un po’ in silenzio, poi mi guarda.
-E non è così?-
Aspetta, che vuole dire con questa frase? Ragiona, Conor, pensa come pensano le ragazze. Se dici No, può darsi che lei ci tenga e ci rimanga male. Se dici Si, può darsi che lei non se ne possa fregare più di tanto e se ne vada.
-Non lo so, ci devo riflettere-
-Riflettere su cosa, precisamente?-
Diamine, non sto capendo il suo ragionamento. Cosa vuole da me?
- Fel, non lo so. Possiamo parlare di altro?- ormai ho finito di lavarmi la faccia da un po’, ma Rita, come aveva promesso, è rimasta con il mento sulla mia spalla, così non posso muovermi.
-Certo. Andiamo di la?-
-Si, sarebbe meglio che parlare in un bagno!- scoppiamo a ridere tutte e due.
Quando torniamo dentro mi viene in mente che Rita non ha vestiti e che dovrebbe dormire con quello che ha addosso, un jeans e una semplice t-shirt.
- Fel, ti serve un pigiama?-
-Oh, no, posso dormire con il jeans, non fa niente-
-Se vuoi posso chiedere a Anna -
-Non penso che abbia qualcosa della mia taglia!-
-Aspetta- mi viene in mente che da qualche parte dovrei avere dei pantaloncini e una felpa e mi fiondo nell’armadio per cercarli. Una volta trovati, li mostro soddisfatto a Rita, poi li guardo meglio. Forse per lei sono un po’ larghi e non sono il massimo, sono sgualciti e rovinati. Ma Rita sorride e annuisce contenta, li prende e va in bagno. Una volta da solo posso cambiarmi. Tolgo il pantalone e la giacca e mi infilo un pantaloncino. Faccio appena in tempo a togliermi la t-shirt che Rita esce dal bagno. I pantaloni le vanno un po’ larghi, ma li indossa senza fregarsene troppo. Si stringe nella felpa, anch’essa larga, ma alquanto vedo la scalda. Mi guarda imbambolata, finché non mi accorgo di essere senza maglia.
 
 
RITA’S POV
La felpa di Conor è caldissima e profuma di sapone e vento. Si, il vento che soffia in primavera e porta con se l’odore dei fiori.
Esco dal bagno e me lo ritrovo davanti, in pantaloncini e a torso nudo. Si rende conto che i miei ormoni stanno impazzendo?  Forse no, perché mi guarda senza capire perché sia rimasta imbambolata. Poi si guarda giù, non giù nelle parti basse, giù sul torso e si accorge di non avere la maglia. Un po’ imbarazzato se la infila e mi guarda sorridendo. Penso ogni secondo di più che sia semplicemente perfetto.
 

CONOR’S POV
Conor, perché non riesci a dormire?
Perché percepisco la sua presenza vicino, ecco perché. Certo, non siamo nello stesso letto, ma è qui accanto. Sento il suo respiro sul cuscino. Scendo dal letto e mi avvicino al suo. I capelli ramati le ricadono sul volto e sul cuscino in ciocche scombinate, le sue palpebre tirate sugli occhi, un sorriso sulla sua bocca piccola. Si stringe nella felpa e nelle lenzuola e ha il naso poggiato sul cappuccio della maglia. Sembra così indifesa mentre dorme, così tenera. Solo ora mi rendo conto che è davvero stupenda. E perfetta.


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Eccomi già tornata. Beh, che dire, questo capitolo è semplicemente dolciuoso e lo amo, non so voi.
Ah, beh, vi ringrazio ancora perché seguite la mia ff e recensite.
@ehimaliik e @jawaadseyes1993 siete più dolci delle caramelle zuccherose e degli orsetti gommosi. Ok, la finisco.

"Says she wanna pell my banana-na-na"

Ok, i miei ormoni stanno andando in tilt per questa gift, non so voi. Mmlmlmlmlm

NON POTEVO NON METTERLA! Ajksnhahywdnd

ANYWAY, mi dileguo. Continuo a 2/3 recensioni. (please fatemi continuare, ho bisogno di continuare questa ff, lolz)
 
Twitter: @ehijcassie
Ask: @xconah

                              Yep, sparisco. A presto, babe.

 

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Capitolo 6
*** Arte della composizione drammaturgica ed esistenziale ***


Arte della composizione drammaturgica ed esistenziale
 
 
I momenti della giornata appena vissuta mi ritornano alla mente.
L’arrivo a Brighton, l’accademia che mi si para di fronte, Jem che mi presenta a Conor, io che incontro il mio idolo …
 
E poi mi assale un buio, un buio così grande e così immenso che incomincio a credere che sia stato solo, e niente di più, che un sogno.
 
Sogno ancora, dentro un letto con le coperte calde e un profumo che mi aleggia intorno. Un respiro così candido e soffice si spande per tutta la stanza, riempiendo le mie orecchie. Apro gli occhi, ancora cisposi per il sonno, butto le gambe giù dal letto e mi dirigo all’altro capo della stanza, dove, su un letto così simile al mio e in modo così simile a me, dorme Conor.
Sembro quasi un fantasma mentre cammino e la mia presenza non sembra proprio dar fastidio al ragazzo, che continua a riposare  placidamente. Mi siedo leggermente sul bordo del letto e lo osservo, con tutta me stessa, sapendo che non mi è concesso fare nient’altro. In fin dei conti, è solo un sogno, non sono io che gestisco le redini, ora.
Lo guardo con occhi oggettivi, come si guarda un oggetto raro in una collezione, un quadro prezioso in un museo. E lo vedo per la prima volta, in tutta la sua bellezza.
I capelli ramati gli ricadono sul cuscino e l’ombra pallida della luna fa capolino sulle onde del suo ciuffo creando illusioni di luci e ombre, che vanno dal nero fino al rosso.
La fronte ampia è rivolta verso di me, la curva dolce e morbida della guancia poggiata sul cuscino.
Le sopracciglia scure sono arcuate, leggere, nella loro stabile posizione di quiete.
Le palpebre degli occhi, tirate ma allo stesso tempo lisce e rosee, si chiudono dolcemente e delicatamente sulle iridi, coprendone interamente il colore.
Il neo sotto l’occhio sinistro quasi viene nascosto dalle curve sotto le palpebre e il naso scende giù diritto, allargandosi un po’ alla fine.
Infine, la bocca è quella che mi colpisce di più. Sottile e piccola, ma allo stesso tempo così piena che verrebbe la voglia a chiunque di lasciarglici impresso un bacio a stampo. Chiusa morbidamente, rosea nell’ombra della luna, con gli angoli appena accentuati all’insù, quasi in un dolce sorriso.
Il resto del corpo viene coperto dal bordo del lenzuolo, ma a me basta il suo viso per immergermi totalmente nella mia mente, nella mia fantasia.
 
Chiudo leggermente gli occhi e mi addormento sul suo bordo del letto, sapendo che la mattina dopo niente sarà successo e tutto tornerà come prima.
 
 
 
RITA’S POV
Sento appena un leggero trambusto intorno a me, tavoli che si spostano, finestre aperte, rumore di persone che scendono pesantemente le scale.
Apro appena gli occhi e mi accorgo di essere in precario equilibrio sul letto di Conor. Ma come diavolo ci sono arrivata li? Misteri della vita.
Mentre compio queste “intelligenti” osservazioni, perdo l’equilibrio e con un sonoro tonfo casco a terra col sedere.
Conor non sembra accorgersene e continua a dormire, nonostante ora il casino di sotto si sia fatto più forte.
Sento una lavatrice in moto, chiasso e pianti alla camera affianco, tavola e sedie spostate al pianterreno e una aspirapolvere che continua imperterrita nel suo cammino.
Decido che forse è meglio svegliare il maniaco, data l’ora.
- Conor! Diamine, Paul, sono le otto di mattina!-
Il ragazzo si alza leggermente sui gomiti, mi guarda come se fossi una svampita e si rimette a ronfare.
-Conor! Devi portarmi al College!-
D’un tratto sembra riprendere il lume della ragione e si alza come spinto da una forza a me sconosciuta.
Infine, mi guarda seccato e si dirige in bagno.
 
Incomincio a sbuffare come una foca in calore mentre rifaccio ordinatamente il mio letto, metto a posto la mia roba e pulisco il mio spazio vitale in quella camera.
Tralasciamo che Conor si è solamente vestito ed è sceso giù alla velocità di un fulmine, non prima di regalarmi un’altra delle sue “bellissime” occhiate sprezzanti. Secondo me è proprio così, quando lo si sveglia a prima mattina.
 
-Giusto, non hai niente da metterti-
-Certo che ce l’ho-
-Intendevo di “nuovo” da metterti. Non vorrai mica venire al college con i panni sudati e rovinati del viaggio?-
-Beh, grazie mille dell’osservazione, ma se hai qualcosa di meglio da proporre, fatti avanti!-
 
Lui si mette all’opera, come ha fatto la sera prima, si tuffa nell’armadio e comincia a gettare, prendere e posare roba che secondo me potrebbe benissimo essere buttata o venduta.
Alla fine l’armadio “infinito” di Paul si rivela essere d’aiuto. Compaiono finalmente nelle sue mani un pantalone di jeans, un po’ consumato, ma almeno della mia taglia e una maglia a maniche corte colorata con una scritta ironica sul davanti, forse un po’ troppo larga.
 
Mi svesto (certamente non davanti a lui) e mi infilo con molta cautela gli abiti di Conor, che profumano come la felpa della sera prima.
Quando esco il maniaco, stupidamente, si accorge che la t-shirt non è della mia taglia e dal suo outlet improvvisato tira fuori una felpa sul marrone - beige, con il davanti, il colletto e i polsini neri. La guardo con circospezione e più la osservo più penso che valga una fortuna, quella felpa.
Lui fa un giro intorno a me e me la infila, coprendo le maniche gigantesche della maglia.
 
-Ti va perfettamente- e gli occhi sembrano illuminarsi.
 
Capisco cosa vuole dire solo dopo che mi fa voltare in uno specchio e mi osservo. La felpa è davvero stupenda.
 
-Grazie mille, Conor. Prometto davvero di non sporcarla, non gettarla, non ..-
-Ehi, ho deciso che va molto meglio a te che a me- e mi sorride dolcemente.
-No, Conor. Non posso davvero accettare. Prima mi ospiti a casa tua, poi mi regali gli abiti … così sembro davvero un’approfittatrice!-
 
Lui tira un sospiro, quasi un fischio, come se avessi affermato che la Red Bull fa davvero volare gli asini e le persone che la bevono.
 
-Fel, Fel, Fel, Fel. Quando capirai che in questa casa hai solo portato bene e non fastidio?- poi distoglie timidamente lo sguardo.
 
Decido che per questa mattina può andare. Ma non lo permetterò ancora.
Entro in bagno giusto per mettere le mie converse nere, dopo aver vinto la battaglia su Paul che intendeva prestarmi anche un paio di scarpe da uomo, e per aggiustare i capelli. Li pettino e li lascio sciolti, tanto chissenefrega.
Dopo cinque secondi sono fuori e Conor mi guarda come se avesse visto un fantasma.
 
-Chi sei tu? Perché non hai il trucco? E perché ci hai messo solo cinque secondi per prepararti? Non sei forse una donna?-
-Paul, Paul, Paul, Paul. Quando capirai che io non mi comporterò mai da vera signora, e che sarò sempre diversa dalle altre, nel bene e nel male?-
Spero di aver imitato alla perfezione il suo tono di poco prima, infatti lui scoppia a ridere e cingendomi con un braccio dietro la schiena, mi fa strada fin giù al pianterreno.
 
 
La signora Maynard è affaccendata nel salone a pulire mentre Jack sta aiutando Anna a prepararsi. Io e Conor ci fiondiamo in cucina e prendiamo al volo un po’ di pane e una tazza di succo, poi, afferrate le nostre borse, corriamo a scuola.
 
 
-Ma la mattina con te si fa sempre tardi?-
-Si, il più spesso delle volte-
 
Conor è lì che guida, mentre sbadiglia assonnato. Prima non gli avevo chiesto l’età, ma lui ha qualche anno in più di me, quindi ha già la patente. Il solo pensiero che quest’anno debba prenderla anche io mi da i brividi. Ho sempre avuto paura di guidare, non so come Paul sia così calmo.
 
-Quindi non sarai nei miei stessi corsi?-
-No, io ormai sono all’ultimo anno, dovrei riuscire a prendere il diploma!-
-Spiegami meglio. Com’è strutturato questo college?-
-Praticamente ci sono cinque anni da completare, senza contare il sesto che è di preparazione ai diplomi. Tu sei al quarto e avrai corsi sistemati per sette ore tutti i giorni. Dovrai spostarti nelle aule apposite per seguire le lezioni e quindi cambierai spesso compagni. Ci sono anche alcuni corsi che si fanno insieme agli altri ragazzi di altri anni, di solito il quinto li fa con il terzo e il quarto con il sesto. Se sei fortunata, forse troverai qualche corso in cui ci sono anche io!-
Si gira verso di me e mi strizza l’occhiolino, ma io giro lo sguardo per non incrociare i suoi occhi. Non posso distrarmi, devo seguire la spiegazione.
Conor non sembra accorgersene e continua, mentre svolta in un angolo che da su una strada parallela a Long Avenue, presumo.
-In mezzo a questi corsi ci saranno pause, ma anche ore dedicate alla pratica degli strumenti-
Quando io lo guardo allibita, lui si spiega meglio.
-Si, al diploma devi arrivare con la pratica di almeno due strumenti. Io sono con chitarra e pianoforte, ma puoi sceglierne quanti ne vuoi tu. Certo, più corsi segui, più strumenti suoni e più punti e bonus guadagni, bonus che ti possono valere al diploma. Comunque, eccoci, siamo arrivati.-
 
Guardo spaesata l’immensa struttura che si para davanti ai miei occhi. Davanti ad un grande parcheggio, dove Conor lascia la macchina, si erge una struttura enorme, di almeno dieci piani, di un azzurro vivido che si staglia contro il cielo. Il portone principale è spalancato e una grande folla di studenti si accalca davanti, chi con strumenti in mano, chi con gli zaini in spalla. Qualcuno è nuovo, allibito come me, altri parlano in gruppi o altri ancora cercano ragazzi in giro per il cortile.
Passiamo davanti a tre ragazze vestite di blu e bianco, quasi come una divisa, che parlano fitto tra loro. Molti ragazzi, riconoscendo Conor, gli si parano davanti e gli buttano pacche sulla schiena o sulle spalle per salutarlo.
Nonostante gli amici che incontra, lui però non mi lascia nemmeno un secondo la mano, che mi ha stretto prima di allontanarci dal parcheggio.
Arriviamo finalmente davanti alle porte principali e la mia mano è quasi in fiamme, dopo la stretta salda di Paul.
 
Dentro, nell’atrio, la situazione non è dei migliori. Insegnanti e bidelli si mischiano al grande flusso di studenti che entra dentro, spingendo e facendosi largo.
 
Il primo piano è costituito da un immenso atrio dal pavimento bianco e le pareti rivestite da parati verdi a righe. Tutto intorno si estendono corridoi e sulle pareti risaltano poster e fotografie di musicisti e grandi artisti, che, grazie all’accademia, hanno fatto strada. Alle pareti sono appoggiate bacheche degli annunci, manifesti e volantini vari, attaccati dagli insegnanti e dagli alunni.
Ho giusto il tempo di gettare un’occhiata ai quadri che riconosco una ragazza. Ha i capelli del mio stesso colore, solo che ha gli occhi verdi e piccoli. Porta un paio di grandi occhiali neri ed è seduta ad una tastiera. La foto incorniciata è un ritaglio di giornale e sotto, a grossi titoli, appare la scritta:
“Promettente ragazza diciannovenne musicista in una band”
Sotto, in caratteri più piccoli, si parla della formazione di questa band e di come tutti i partecipanti si conoscessero da molto, non sapendo bene come. Comunque si vedeva che la ragazza veniva dall’accademia di Brighton. A lato dell’articolo, una nota che più evidenziata non si può parlava della sua istruzione.
Era scioccante vedere quel viso e non sapere minimamente a chi appartenesse. Assomigliava così tanto al mio che ci fu un momento in cui pensai che fosse una qualche mia lontana parente, ma guardando il cognome, Welby, non si diceva affatto.
Conor era rimasto ad aspettare e così gli rivolsi uno sguardo interrogativo, ma era logico che, anche se lui era lì da molto più tempo di me, non poteva sapere chi fosse quella donna. Eppure mi si avvicinò, come attratto dalla mia curiosità.
 
-Vuoi sapere chi è quella lì?-
-Tu la conosci?-
-Certo che la conosco! E fra poco la conoscerai anche tu!-
-Come? E’ ancora qui?-
-Ma certo! E’ la direttrice! Vieni-
 
La notizia, non so come, mi scioccò, ma allo stesso tempo mi fece paura. Come diavolo poteva essere vera tutta quella somiglianza?
Conor sembrò esprimere alla meglio i miei pensieri.
 
-Però! Vi somigliate molto!-
-Umhh..forse-
 
-Beh, ora andiamo, o faremo tardi-
 
Conor mi guida verso il corridoio centrale, sempre tenendomi per mano, e cominciamo a salire delle scale che ci portano al piano di sopra.
Lui mi si avvicina all’orecchio e piano, mi sussurra.
 
-Dobbiamo arrivare fin su all’ultimo piano, agli uffici della presidenza, tu tieni gli occhi aperti e stammi vicino-
 
Premettendo che non avevo nessuna intenzione di allontanarmi da lui, lo seguo in silenzio.


Il secondo piano è simile al primo, solo che il colore dei muri è giallo. Qui ci sono più stanze che corridoi e addirittura spuntano qua e là segnali per indicare agli studenti dove si trovano le aule. Nell’atrio c’è meno confusione, anche perché le lezioni non sono ancora iniziate. Non faccio nemmeno il tempo a pensarlo che suona una campanella, attaccata al muro dell’atrio. Subito una grande folla di studenti si riversa nei corridoi e Conor mi trascina su per una seconda rampa di scale.
 
-Al primo piano puoi trovare le stanze dei vari comitati, l’aula mensa, quella ricreativa, la palestra e le sale per gli esterni-
-Bene! E al secondo?-
-Al secondo piano ci sono le materie scientifiche, al terzo quelle umanistiche, al quarto le materie pratiche e motorie, al quinto quelle linguistiche, mentre al sesto le artistiche-
-E ai piani successivi?-
-Facile. Al sesto, insieme alle materie artistiche, c’è teoria generale della musica. Al settimo ci sono i corsi di piano, all’ottavo quelli degli strumenti a corda, al nono quelli a percussione e al decimo quelli a fiato. La presidenza si trova in cima, al dodicesimo piano, insieme agli altri uffici amministrativi. All’undicesimo invece c’è il salone dei ricevimenti e dei concerti, ma non ci è permesso entrare-
 
Mentre Conor mi spiegava tutta la scuola, avevamo attraversato tutti i piani, uno di un colore diverso dall’altro, ed eravamo arrivati davanti ad una porta enorme e chiusa all’undicesimo piano. Prendendo un’altra rampa di scale arriviamo finalmente all’ultimo piano. E’ inutile dire che sia io che lui abbiamo il fiatone.
 
************
-Grazie mille, davvero. Il programma mi sarà molto utile-
La segretaria al banco mi sorride, benevola e mi porge un foglietto, tutto squadrato, diviso per giorni, in cui sono appuntate i piani, le classi, gli orari e le lezioni a cui devo prendere parte.
Conor saluta educatamente e mi accompagna fino al sesto piano, spiegandomi che le lezioni di strumento di solito sono nel pomeriggio.
 
-Io ora avrei biologia, tu?-
 
Guardo pensierosa il mio orario e scruto il giorno. Bene, martedì. Facile, l’ho trovato. Perfetto, che ore sono ora? Guardo l’orologio sul muro. Le 10.35. Dove dovrei essere alle dieci e trentacinque? Questa faccenda sta diventando più complicata. Scorro la lista degli orari. 10.35 di martedì! Si! Oh, no. L’avrei dovuto capire che era troppo facile.
 
- Cos’è “Arte della composizione drammaturgica ed esistenziale”?-
-E’ uno dei corsi obbligatori più pallosi che possano esistere. E sono anche due ore alla settimana! Comunque è una specie di corso di “teatro”, ma non punta solo alla struttura dello spettacolo, ma anche alla rappresentazione di ciò che si fa nell’aula nella vita reale-
-Bene …. Cosa?-
-Lascia perdere, è meglio che vai o sennò la Shutz dovrebbe metterti un ritardo!-
-Si, ok. Ci vediamo?-
-Io a mezzogiorno ho la pausa pranzo fino alle due, tu?-
 
No, ti prego, non chiedermi di guardare di nuovo quest’intricata tabella. Vediamo …
 
-Io da mezzogiorno e mezza. Ci vediamo nell’aula ricreativa?-
-Si, perfetto. A dopo!-
 
Mi guarda sorridente e si avvia al secondo piano. Io vorrei gettarmi dalla finestra. Dove la pesco ora l’aula di Arte della composizione drammaturgica ed esistenziale?




********************************************************

ECCOMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII TORNATA, BELLE!

No, sul serio, eccomi tornata dopo un mese di coma! ahahahhaahhaha
Premetto che non è stata colpa mia, perchè ho avuto un'operazione al tendine della gamba e ora ho un tutore che devo tenere per un mese e bla bla bla e bla bla bla ecc....

Coooooooooooooomunque, l'importante è che ora sono tornata con un altro capitolo di medda!
Non so come mi è venuta l'ispirazione per la "promettente musicista" simile a Rita ALIAS direttrice...ma boh, vedremo.
Scusatemi, SCUSATEMI TAAAANTO! per la schifezza che questo capitolo emana, ma è un capitolo di passaggio. Scusatemi anche per le lunghe descrizioni, ma mi servivano per "posizionare" la scuola nella storia. E se vi siete persi anche voi tra i piani del college, DON'T WORRY! Anche Rita non ci ha capito una mazza.
Scusatemi ancora, sostenitrici dei CONOR'S POV, (qualsiasi riferimento a @__mrsmalik__ è puramente casuale! ahahah) ma in questo capitolo non ne ho potuti mettere, dato che conor la conosceva la scuola, mentre fel (anekhuynr) no.

Bien, mi sono resa conto che ho scritto troppo. Ora mi dileguo.
Per chiunque si fosse chiesto: "diamine, ma quale sarà mai la felpa che conor ha regalato a Rita?" eccomi! Ho risolto il vostro dubbio, ma tanto so che a nessuno fregava e che nessuno se l'è chiesto, ANIWAY, eccola! :)
http://1.bp.blogspot.com/-UOy6J1MqaRA/UP5s2fBnjYI/AAAAAAAAP0A/jPiZLyQD1w0/s1600/photo%2B2-789443.JPG

 
SOLITO:
twitter: 
https://twitter.com/ehijcassie
ask: mi annoio di mettere il link! ahahahh comunque sono @xconah, vi prego fatemi delle domandine, anche sulla ff, accetto di tutto! ma non lasciatemi sola a marcire con il mio tutore! 

byby, continuo a 2 barra 3 recensioni! al prossimo capitolo!

 
 

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Capitolo 7
*** Sun for us...and Victoria for Conor. ***


vorrei dire che:

questa storia ha finalmente un banner! shiii! ajkyriuy (crediti: @ehimaliik) 
grazie mille, mars, grazie mille per il tuo sostegno...

 

how can you write your destiny in one month?



Sun for us.. and Victoria for Conor.

 
Meno male che esistono i segnali in questa scuola.
Davvero, vi siete mai chiesti come sarebbe il mondo senza segnali?
Semplicemente orribile.
Vi sentireste persi per il resto della vostra vita.
Ma io per fortuna non lo sono, e sapete perché?
PERCHE’ ESISTONO I SEGNALI!

 
Dopo qualche minuto a salire e scendere per le scale, mi ricordo che Conor mi aveva detto che le materie artistiche si trovavano al sesto piano. E se “Arte della composizione drammaturgica ed esistenziale” non è una materia artistica, allora è meglio che mi spari. 
Finalmente trovo la fatidica aula e, purtroppo per me, c’è la porta chiusa.
 
Non so di preciso il motivo, ho sempre odiato le aule con le porte chiuse. Quando dovevo entrarci mi saliva su un groppo d’ansia perché non potevo pre -rassicurarmi di quello che avrei trovato dentro. Come al solito mi riempio la testa di dubbi.
Come sarà la professoressa?
E i compagni?
Mi accetteranno anche se sono italiana?
 
Al fine di smettere di pensare a tutte quelle domande, trovo il coraggio per aprire la porta dell’aula.
 
Il caos che mi assale è qualcosa di semplicemente madornale, ma quando mi ritrovo sulla soglia e fisso sconcertata la classe, un velo di silenzio la trapassa da capo a piedi.
 
 
CONOR’S POV
 
L’aula di biologia non era mai stata così silenziosa.
La Truman stava spiegando monotonamente, come al solito, le principali caratteristiche delle piante marine e come saperle riconoscere. In pratica, una noia mortale.
Anth mi fissava dal bordo del tavolo da lavoro all’altro capo dell’aula e qualche volta si girava verso Joy per scambiare qualche risata.
Ero arrivato in ritardo e per questo mi trovavo in una delle prime file, quasi faccia a faccia con la professoressa.
Eppure, non potevo smettere di guardare Victoria. Era così … beh, poteva benissimo essere un angelo.
Fortunatamente, era seduta al tavolo centrale, vicino alla sua amica Clace. Potevo osservarla in tutta la sua bellezza.
 
Victoria non l’ho mai conosciuta davvero, è sempre stata troppo bella per me. Davvero, hai presente quando qualcuno è così bello, che non fa altro che starsene con i suoi simili, e io non ne facevo parte, o squadrare la gente dall’alto in basso, senza degnarli di uno sguardo? La bellezza di Victoria forse era davvero soprannaturale.
Inutile dire che quasi tutta la scuola ci andava dietro. Intendo letteralmente. La seguivano dappertutto, la importunavano quasi fosse una vip.
Io forse ero l’unico ad osservarla solamente, e basta.
 
Ma quel giorno, forse per la prima volta, ero io a squadrarla dall’alto in basso.
Interiormente, intendo. Come poteva piacermi se non la conoscevo nemmeno?
Anth aveva sempre cercato di farmi parlare con lei, senza tanto successo.
Era sempre stato Anth che mi aveva preso in giro per quelle volte che l’avevo guardata così a fondo che mi era scesa la bava alla bocca.
Anth mi aveva anche detto che lei non aveva certo occhi per me, ma a me non era mai importato.
 
E ora, invece, che mi succedeva?
Perché d’un tratto non mi appariva più “bella impossibile”?
Cos’era cambiato?
Bella certo, lo era rimasta.
Alta, scura, con i capelli castani, lunghi e ondulati e dei grandi occhi profondi color nocciola. La solita bellezza intrigante, provocante e misteriosa.
Non avevo mai pensato di poterle interessare, e mai mi era passato per l’anticamera del cervello di invitarla ad uscire, ma ora erano passati tre anni, ormai, non potevo rimanere ad osservarla per sempre.
Allo stesso tempo, però, non volevo dare una svolta alla mia vita, non volevo parlarle e cambiare il nostro rapporto.
Avevo paura, ecco.
 
Dovevo assolutamente sapere cosa ne pensava Anth, era l’unico di cui mi fidavo davvero in fatto di ragazze. Ma i miei occhi non ne volevano sentire di spostarsi dai sui fianchi, dai suoi capelli, dalle sue gambe, da lei.
 
Solamente lo squillo della campanella mi riportò alla realtà. La seguì con lo sguardo mentre usciva con le sue amiche nel corridoio. Sapevo a memoria i suoi orari, ora le sarebbe toccata letteratura inglese.
Anth arrivò giusto in tempo per impedire che vomitassi arcobaleni in cielo.
 
-Stai di nuovo osservando “maniacalmente” la Tansey? Eddai, lasciala perdere.
Invece, dicci un po’, chi è che era quella rossa che ti sei portato su in presidenza? Cos’è, avete dei privè prenotati, lì?-
Lanciò un’occhiata di sbieco a Joy, che rispose di rimando.
-Ma non dire cretinate, Anth, lui i privè li usa solo con la Victoria … certo, nei suoi sogni!-
Poi mi trascinarono fuori e scoppiarono a ridere, dandosi delle pacche a vicenda e continuando a fare battutine squallide che non sto qui a ripetere perché sennò vi scandalizzerebbero.
 
-La “rossa” si chiama Fel … mhh voglio dire Rita –
- Rita? E da dove sbuca?-
-E’ italiana ed è qui per uno stage musicale, l’ho ospitata a casa mia-
-Davvero? E quando ce ne volevi parlare, precisamente?-
-Non pensavo fosse così importante, ecco tutto-
 
Camminavo a testa bassa, con le mani nelle tasche, per il corridoio del secondo piano. Dovevo precipitarmi a lezione di chitarra ma avrei avuto tempo.
Intanto non capivo perché Anth volesse sapere così tanto su Fel.
Salutai Joy che andava nell’aula di scienze e Anth mi guidò verso uno spiazzo, coperto dal muro degli armadietti.
 
-Perché non vuoi parlare di Rita?-
-E’ complicato, Anth. Oggi mi sento strano-
-E’ il primo giorno che passi con lei?-
-Si, ma perché me lo chiedi?-
-Beh, anche io ti vedo strano. Non reagisci alle battutine su Victoria ..-
-Forse perché sono squallide ..-
-Non ridi con noi .. dai, che ti sta succedendo? C’è in ballo qualcuna?-
-C’è in ballo Rita, ne sono sicuro-
 
 
RITA’S POV
 
La classe mi guarda con occhi spalancati, come allibita, sorpresa.
Mi faccio coraggio e a testa bassa entro nell’aula trascinando la mia borsa piena di libri e mi posiziono in uno degli ultimi banchi, quelli più vicini alla parete di dietro, isolata da tutti.
L’atmosfera nell’aula si alleggerisce e tutti quanti incominciano a sussurrare tra di loro, come per paura che io possa sentirli.
 
E’ lei quella nuova?
Ma chi, l’italiana?
Ma hai visto che maglia larga che indossa?
Umh, forse lì in Italia sono abituati a vestirsi da barboni!
Ma secondo te lo capisce l’inglese?
L’unica cosa che deve fare è andarsene, ecco.
 
Ignorando tutte le parole che si stanno diffondendo intorno a me, mi concentro sulla cattedra, notando, per la prima volta da quando sono entrata, una donna grassoccia e paffutella, seduta dietro la grossa scrivania, sommersa da copioni e rimasugli di costumi per spettacoli.
Aveva una strana aria, trasognata, poco lucida, la solita che hanno gli ubriachi, ma quando si alzò in piedi, facendo scuotere tutte le sue collane di perle e le frange della sua gonna lunga, era stabile, quasi come una statua.
 
-Oh, bentornati ragazzi, ad un altro anno in questa aula!-
 
La voce era limpida, profonda, ma aveva un ché di soprannaturale che faceva accapponare la pelle.
Quasi tutti i ragazzi scoppiarono a ridere a quelle parole e ricominciarono a parlare fitto tra loro. Diciamo che rispetto per quella professoressa ce n’era davvero poco.
 
-Oggi cominceremo con le rappresentazioni che io chiamo “vitali”, quelle che ci porteranno sulla strada per capire e comprendere davvero le nostre emozioni!-  continuò la Shutz, sempre con quell’aria sognante.
 
-Si, a comprendere le emozioni del ribrezzo e del vomito!-
Un ragazzo dal viso spigoloso, scuro, con qualche brufolo, si era alzato in piedi e aveva quasi sputato in faccia alla professoressa, che, dal suo canto, sembrava essere abituata.
Inutile dire che la classe scoppiò in un boato di fragorose risate e applausi, fin quando la Shutz non replicò.
 
-Bene, Simon, sarai proprio tu ad incominciare-
Detto questo tirò fuori un foglio tutto strapazzato e glielo porse con mani salde.
Simon, il ragazzo spigoloso, si alzo e con malavoglia andò a prenderlo e si posizionò sul lato destro dell’aula.
 
L’aula era molto larga e con un soffitto abbastanza alto. I banchi erano tutti rivolti verso la parte destra, il lato dove si trovava la porta, mentre la cattedra era messa in obliquo, un po’ rivolta ai banchi e un po’ rivolta a quella specie di “palco” improvvisato.
Uno sciame di perline colorate scendeva giù dal soffitto, quasi a fare da sipario, mentre sulla parete era poggiato un pezzo di legno che faceva da “scena”.
 
Dopo aver chiamato Simon, la Shutz si rivolse ad un gruppetto di ragazze vestite di blu e bianco, lo stesso che avevo notato la mattina appena entrata a scuola.
 
- Umh … vediamo, chi incomincia? Clarissa? Theresa? Glim?-
 
La ragazza più alla sinistra delle altre si alzò in piedi e con sguardo fiero si avviò verso Simon. Era alta, più del ragazzo, con i capelli che si perdevano nei vari colori e nelle varie trecce. Tinti, immagino, di certo l’azzurro non è un colore naturale.
La Shutz sembrava felice della coppia appena formata.
 
-Benissimo! Simon, Clarissa, potete cominciare!-
-E cosa dovremmo fare esattamente?- replicò Simon, con quel suo tono biascicoso.
-Dovrete interpretare una coppia di giovani innamorati, così la classe potrà vedere l’effetto dell’amore sui giovani!- esclamò la professoressa tutta estasiata.
 
Fu il momento di altre grosse risate, stavolta non guidate da Simon, che guardava Clarissa sconcertato.
 
Incominciarono a recitare, guidati dai consigli della Shutz che li seguiva passo dopo passo.
Il tempo scorreva veloce e, sotto le grosse risate dei compagni e qualche urlo della professoressa, lo spettacolo procedeva con, come unico protagonista, l’amore.
Intanto nessuno ancora si era accorto di me, ed io ne ero più che felice.
 
Il suono della campanella mi scosse dai miei pensieri.
Simon e Clarissa finirono di recitare e ritornarono al loro posto per prendere i libri, mentre la Shutz assegnava i compiti per casa.
 
-Dovrete scrivere un tema di due pagine sul sentimento che abbiamo analizzato oggi: l’amore, facendo riferimento anche a qualche episodio che vi è capitato nella vostra vita-
 
Stava scherzando, vero?
Perfetto, proprio il compito che ci voleva per me.
Di cosa avrei parlato, esattamente?
Non avevo mai conosciuto quel sentimento, se non quello che provavo per Francesca. L’amore verso i miei genitori si era andato perdendosi  sempre di più e ora non ero sicura di poter dire chiaramente che li amavo.
Per non parlare dei ragazzi, poi. Nessuno mi aveva mai notato davvero, nessuno mi aveva mai confessato di provare quel sentimento obbrobrioso nei miei confronti.
Io non provavo amore per gli altri, gli altri non provavano amore per me.
Perfetto, no?
No, il fatto è che non era perfetto.
Tante volte mi ero fermata a pensare alla mia vita, guardandola come un buco grigio, vuoto. Riempito solamente da Francesca.
 
Eppure, sentivo che ora qualcosa stava cambiando.
Ero arrivata ad una parte della mia vita in cui dovevo decidere per me stessa, per il mio destino.
Ero ferma in un punto e non riuscivo ad andare avanti, fino a quando non ero arrivata a Brighton, non avevo conosciuto Conor.
E non era qualcosa che stava cambiando, ma ero io che stavo cambiando.
Vedevo quel punto fermo, a cui ero bloccata, allontanarsi sempre di più. Vedevo la musica come mio unico futuro. Vedevo anche la mia famiglia, certo, Francesca soprattutto, sicuro, ma vedevo Conor. E vedevo la paura.
 
Uscì dalla stanza, ancora piena di questi pensieri che mi vorticavano in testa e senza guardare dove andavo, arrivai fino al centro dell’atrio del sesto piano, color malva.
Mentre mi dirigevo verso gli armadietti, sentii una forte spinta e qualcuno mi arrivò addosso, catapultandomi a terra. Venni sommersa da una decina di pesanti libri e da una custodia nera laccata, forse contenente uno strumento.
Sentii delle risate tutto intorno, poi i ragazzi si calmarono e continuarono per i fatti loro.
La furia che mi aveva scaraventata a terra, cadendomi sopra, si alzò.
Era una ragazza, di circa della mia stessa età, con capelli biondi, arruffati e ricci, raccolti tutti dietro un cerchietto. Era bassina, ma molto magra. All’inizio pensai addirittura che fosse anoressica.
Portava un maglioncino di cotone lilla e una gonna a vita alta magenta con un grosso cinturone, calze e stivaletti bassi. Nel complesso dava l’impressione di essere un’artista, con una matita infilata dietro l’orecchio e una grossa collana fatta a mano.
 
-Scusami tanto, è che sono in dannatissimo ritardo per la lezione di chimica e non vedevo dove stavo andando-
-Me ne sono accorta!-
 
Mi rialzai da terra, recuperando la borsa e tesi la mano alla nuova sconosciuta.
 
-Piacere, sono Rita –
-Piacere, io sono Sun-
- Sun! E’ un nome stupendo!-
-Anche il tuo credimi!-
 
Poi Sun scoppiò a ridere. Una risata che era una via di mezzo tra uno squittio e un raggio di sole. Calda e dolce, come il suo nome.
 
 
SUN’S POV
 
Che ragazza stramba, Rita.
Non aveva l’aspetto di una ragazza inglese, con i lineamenti duri, squadrati e freddi.
Aveva il viso contornato da una linea dolce e, anche se era molto chiara, si vedeva che portava impresso sulla pelle quel fascino e quel calore del Mediterraneo che solo gli italiani mostravano. Lo sapevo fin troppo bene.
 
-Sei italiana, giusto?
-Come te ne sei accorta? L’avrai capito da come parlo.. –
-No, affatto. Anzi, mi meraviglio, parli benissimo inglese. Me ne sono accorta dal tuo viso-
 
Lì per lì Rita rimase di stucco, come a riflettere su cosa potesse avere in faccia, poi timidamente si portò una mano con dita lunghe e affusolate sulla guancia e se l’accarezzò con un semplice gesto, sorridendo.
 
-Suoni il pianoforte?-
- Umh, si, ma comincerò a studiarlo meglio qui. Ma come fai a sapere tutte queste cose?-
-Semplicemente, osservo-
-Tu, invece, cosa c’è in questa custodia?-
 
Detto questo raccolse da terra la mia custodia laccata nera e me la porse, timorosamente.
 
-Io suono il flauto traverso. Un incubo, credimi, soprattutto ora che stiamo cominciando a provare per il “ballo delle debuttanti”-
-Il ballo di che?-
-Non sai niente?-
 
Rita scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli ramati e facendoli ricadere sulle spalle e sulla fronte.
 
-Il “ballo delle debuttanti” o “concerto iniziale” è un concerto che si fa ogni inizio anno. Gli studenti del primo anno assistono, mentre gli altri ragazzi dal secondo anno in su devono esibirsi o suonando o cantando o recitando, da soli, a coppie, a gruppi … in parole povere devono mostrare le loro abilità. Ecco perché tutta la scuola è in fermento-
-E tu vorresti dirmi che anche io devo esibirmi?-
-Beh, alla tua lezione di strumento vedrai che te ne parleranno-
-Ce l’ho oggi pomeriggio.. –
 
Sembrò confermarlo più a se stessa che a me.
Incominciai ad avviarmi verso il secondo piano, nell’aula di chimica, ricordandomi solo ora che ero in immenso ritardo. Poi mi accorgo che anche Rita scende con me e la domanda mi sorge spontanea.
 
-Anche tu chimica?-
-Non ci crederai, ma si!-
-Oh, cavolo. Abbiamo ritardato di mezz’ora… mah, al diavolo chimica, io me la salto. In fondo, cosa entro a fare se manca solamente un quarto d’ora?-
-Si, in fondo hai ragione. Io dopo ho la pausa, tu?-
-Niente da fare, ho tecnica-
 
Ferme al secondo piano avevamo deciso di spassarcela e di conoscerci meglio.
In fondo, se saltavamo una lezione di chimica nessuno ci uccideva.
 
 
CONOR’S POV
 
- Rita? Non dirmi che ti sei innamorato di lei?-
-No, assolutamente. E’ solo che ora che guardo Victoria, provo una sensazione che non ho mai provato prima, come se fossi stufo di guardarla solamente-
-E allora provaci! Cosa aspetti?-
-Te l’ho detto, è questa strana sensazione.. –
 
Possibile che Anth non capisse?
Ora che Rita era entrata nella mia vita, era come se tutta la mia vita girasse intorno a lei. Avevo come quella sensazione, da fratello maggiore, di proteggerla.
Ma avevo paura, paura di ferirla, di spingermi troppo oltre.
E poi c’era Victoria. Non avevo smesso di provare attrazione nei suoi confronti.
E ora, volevo cambiare la situazione della mia vita.
Solo che non sapevo bene in che modo.
 
-Scusa, Conor, non c’è niente di complicato. Vai lì, le chiedi se vuole venire al ballo con te e la baci.. –
-Ah, già il ballo.. –
 
Le parole di Anth arrivarono in ritardo alle mie orecchie.
 
-Baciarla? Ma sei pazzo? Non ho neanche il coraggio di parlarle, figurati di baciarla!-
-Conor, eccola. O lo fai ora, o mai più-
-No, Anth, no … -
 
Ma lui fu più veloce di me. Mi spinse fuori dall’angolo degli armadietti e andai a finire proprio davanti a Victoria.
Il mio stomaco era in completo subbuglio, mancava poco e vomitavo tutto ai suoi piedi. Sentivo davvero uno sciame di api impazzite che girovagavano nel mio ventre, altro che farfalle. Non guardai nemmeno in giro, com’era mio solito prima di incominciare un discorso importante, anzi la presi per un braccio e la portai in un angolo. Non sapevo da dove tiravo fuori tutto quel coraggio, ma lo stavo facendo. Ormai, era la mia ultima speranza.
Fui compiaciuto quando lei non si oppose al mio gesto, né gridò o si divincolò. Diciamo che questo suo comportamento mi diede più forza. Ero consapevole che Anth mi stava osservando, così com’ero consapevole che Clace e Jeremy, gli amici nonché cagnolini di Victoria, mi stavano mangiando con gli occhi. Non mi importava, andai dritto al punto.
 
-Senti, Victoria, è da un po’ che voglio farlo, ma non ho mai trovato il coraggio.. voglio solo che tu sappia cosa provo per te-
 
Detto questo, costantemente con la testa bassa, alzai lo sguardo e incontrai i suoi occhi, impassibili come sempre, ma così profondi.
Mi avvicinai leggermente a lei e vedendo che non si scansava né si opponeva, mi chinai verso le sue labbra.
Non ho mai provato una sensazione come quella.
Un sapore caldo mi entrò tutto dentro, assaporai tutta la sua bellezza, il suo io interiore, in quell’unico momento. Non seppi dire quanto durò, ma seppi con certezza che tutto intorno a me si era diradato. Non sentivo più nessuno parlare, né qualcuno muoversi.
Esistevamo solo io e lei.
Sono in un sogno, perciò svegliatemi prima che continui.
 
 
RITA’S POV
 
Il mio primo giorno qui non era stato del tutto un fallimento. Avevo incontrato una nuova amica, di cui fidarmi e con cui poter parlare.
Sun era davvero stramba.
Non avevo mai conosciuto una ragazza più appariscente di lei. Si faceva notare, anche se, diciamocelo, in quella scuola erano tutti molto strambi, dai vestiti al comportamento.
 
-Allora, hai detto che sei nuova. E di dove sei, precisamente?-
-Io sono del sud Italia, zona vicino Roma. E tu?-
-Oh, io sono proprio di Brighton. E’ da generazioni che abitiamo qui!-
-Ma davvero!-
 
Scoppiammo a ridere entrambe, mentre la folla si diradava intorno a noi uscendo nel cortile. Ci alzammo anche noi, ma proprio in quel momento il mio sguardo si posò su qualcosa che non avrei mai voluto vedere.
Il mondo mi crollò addosso, stavo davvero per accasciarmi a terra.
Sun era già arrivata a metà strada dalla porta principale, quando si accorse che mi ero fermata e mi venne incontro.
 
-Oh, quella è Victoria Tansey, la più carina dell’istituto, pff ..… e quello.. aspetta, quello dovrebbe essere Conor Maynard –
 
Annuisco convulsamente, senza parlare.
 
-Ma perché, lo conosci?-
 
Di fronte a noi c’erano Conor e Victoria, avvinghiati l’uno all’altra, le labbra in stretto contatto.
 
-Si, lo conosco-
 
Portatemi a vomitare, ora.
 
 
*******************************************
Alloraaaaaa, mie care, sono tornata, ed ho un bel po' di cose da dire! 
Riguardo al capitolo:
ci ho messo un'eternità per scriverlo, davvero, perchè non mi convincevano molto il SUN'S POV e il RITA'S POV. 
Spero comunque di aver fatto un buon lavoro! c':
Per i CONOR'S POV, perdonatemi! Mi metto in ginocchio davanti a voi, ma dovevo inserire Victoria come "antagonista". In realtà l'idea mi è venuta all'ultimo momento...e non so se è uscita bene. Perdonatemi anche se voi credete nella coppia Conor-Victoria, ma sinceramente per me possono fare quel che vogliono, l'importante è che lei non lo faccia soffrire.
Mi fido ancora di skillza.
Ritornando al capitolo, ho notato che ci sono alcune imperfezioni riguardo al tempo dei verbi..ma più di così non sono riuscita a correggere, davvero. Mi scuso immensamente.
Mi scuso anche per il ritardo....ma come ho già detto alcune parti non volevano uscire. Ci ho messo un sacco di tempo per scrivere le parti di Victoria (immaginate perchè) e per il fatto del ballo delle debuttanti....uff. Non so neanche come continuare nel prossimo, quindi accetto suggerimenti, critiche...ma vi prego, aiutatemi. Potreste darmi spunti, riflessioni, modi per migliorare..non lasciatemi nel mio caos creativo! (lolz)

AND LAST BUT NOT LIST...
ora mi è venuto in mente che devo ringraziare un po' di persone...
IN PRIMIS
tutte coloro che recensiscono e che seguono la mia storia appassionatamente;
tutte quelle che hanno messo la ff tra le preferite, ricordate e/o seguite;
tutte quelle che hanno messo ME tra gli autori preferiti;
tutte quelle che leggono, silenziosamente, ma che continuano a seguire questa ff (l'avete fatta arrivare a più di 200 visite...grazie :);
sopratutto @ehimaliik: grazie di esserci sempre, di sostenermi anche quando nessuno più crede in me (nemmeno io lol)
@__mrsmalik__: (ti chiamo con il nome di twittah perchè io puo') perchè si deve sbrigare a tornare da dublino...voglio sapere pareri anche da te!. Mi hai sempre sostenuto, anche tu, preoccupandoti per me. 
Non smetterò mai di ringraziare gente, perciò, FERMATEMI!



 
 infine...dato che oggi ho voglia di perdere tempo, vi volevo far ascoltare questi due remix...che io AMO CON TUTTO IL  MIO CUORE e che mi hanno accompagnato passo passo nella stesura di questo santo e benedetto capitolo in cui ho buttato litri e litri di sangue! ahahahaha

can't say no remix lazy j 
http://www.youtube.com/watch?v=-uTvs3fDI_c
vegas girl MV remix  (Wideboys Radio Edit) http://www.youtube.com/watch?v=HE__9SlGQZw


AVVISO IMPORTANTE:

cambierò nome...non sarò più xconahshug ma ehijcassie, come su twitter!
 

per chi volesse contattarmi, sono su:

twitter: https://twitter.com/ehijcassie                 
fb:  https://www.facebook.com/rebecca.defilippis.1?ref=tn_tnmn       
askhttp://ask.fm/xconah


continuo, come al solito, a 2\3 recensioni c:



grazie Conor, è solo merito tuo se questo esiste, se io continuo a vivere con il sorriso sulle labbra.


semplicemente, grazie di esistere.

 

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Capitolo 8
*** Romeo and Juliet ***


Romeo and Juliet

how can you write your destiny in one month?

 
-Oh, quella è Victoria Tansey, la più carina dell’istituto, pff ..… e quello.. aspetta, quello dovrebbe essere Conor Maynard–
Annuisco convulsamente, senza parlare.
-Ma perché, lo conosci?-
Di fronte a noi c’erano Conor e Victoria, avvinghiati l’uno all’altra, le labbra in stretto contatto.
-Si, lo conosco-
Portatemi a vomitare, ora.

 

 
 
 
-Ma Rita, non puoi non parlare per sempre-
 
Scioccata, ecco cos’ero. Non sapevo neanche il perché. Continuavo a rigirare nel piatto i rimasugli delle patatine, con lo stomaco chiuso. Non sapevo davvero cosa dire.
 
-Vuoi dirmi almeno cos’hai?-
-Niente, Sun, un bel niente-
-Beh, te ne stai li, con lo sguardo vuoto, senza parlare.. è per Victoria?-
-Victoria, cosa? Assolutamente no, no e no-
 
Invece era proprio per Victoria. Non la conoscevo nemmeno e già la odiavo incondizionatamente. Ero rimasta a fissarla esterrefatta, dopo che si era staccata da Conor, ero rimasta a guardare il suo viso, trafitto da un’espressione, come di soddisfazione. E lui, come non vedere tutto l’amore che traboccava dai suoi occhi. Mi ero subito allontanata da loro, con la paura che potessero rifarlo, che potessero riavvicinarsi e baciarsi di nuovo, con la stessa passione con cui l’avevano fatto prima. E più ripensavo a quella scena, più mi sentivo montare dentro da una strana sensazione. –Gelosia?- aveva detto Sun, ridendo. Ma poi si era accorta che la cosa era più seria del previsto. Io non amavo Conor, non c’era motivo di essere gelosi.
Dopo quella scena ero uscita nel cortile tutta sola, Sun aveva tecnica, mi ero seduta e avevo notato solo in quel momento quante coppie ci fossero in quella scuola. O era la mia immaginazione, o erano tutti felici e contenti. Tutti tranne me.
Ci avevo messo tutto l’impegno e la buona volontà per evitare Conor, sia in pausa che a pranzo, fin quando Sun non mi aveva raggiunto, portandomi a mangiare qualcosa. Tutta l’euforia della nuova scuola era passata.
Non avevo neanche voglia di andare a lezione di violino, alle quattro, per sentirmi ripetere l’invito al “ballo delle debuttanti”.  Fremevo invece di perdermi nell’ora di letteratura inglese e dimenticare tutto.
Quando alle tre e mezza uscì da scuola, ero più che depressa. Letteratura mi aveva tirato ancora più giù con “Romeo e Giulietta”. Quando si dice il caso.
Non aspettai nemmeno che Conor uscisse da scuola, mi avviai verso Long Avenue con il mio violino, che per fortuna avevo già preso dalla macchina di Maynard la mattina stessa.
Dopo aver salito i sei piani per arrivare all’accademia, la mia depressione era diventata abbattimento totale.
Incontrai fugacemente Jem nella sala d’attesa della scuola e mi sedetti su una delle poltroncine ad aspettare Robert.
Verso le quattro arrivò anche una chiamata da Conor, ma io lo evitai con una faccia tosta bella e buona. Forse non avrei dovuto attaccargli il telefono in faccia, ma lo feci. Non volevo vederlo.
 
-Ehi, Rita!-
Era Jem.
 
-Ciao, Jem. Tutto bene la lezione?-
-Si, si può dire di sì. Sono venuto a chiamarti perché per il ballo dobbiamo provare un concerto tutti insieme-
 
Ancora il ballo? Mi ero già annoiata di sentirlo nominare.
 
-Arrivo-
-Ma sicuro che stai bene? Hai una faccia così … -
-Strana? E’ la mia, è quella che ho, non posso cambiarla-
 
Colsi il lampo di avvilimento sul volto di Jem e mi affrettai a scusarmi.
-Scusami, è che sono un po’ arrabbiata-
 
Jem non sembrò esprimersi, ma mi guidò verso un corridoio lungo e stretto e attraverso una porta grande che portava al salone principale.
Lì, riuniti in semicerchio, c’erano tre ragazzi, due almeno della mia età, mentre il terzo aveva l’età di Conor. Seduta al piano c’era una ragazza, dai capelli rosso fuoco e degli occhi scurissimi. Al centro del semicerchio, sedeva Robert, con il violino in mano. Potei vedere perfettamente che tutti avevano come partitura un concerto di Vivaldi.
 
-Eccoti! Ragazzi, lei è Rita –
 
La ragazza al piano sembrò sporgere il suo lungo collo per guardarmi negli occhi, mentre Jem andava a posizionarsi al suo posto. Gli altri tre ragazzi mi rivolsero semplicemente un cenno di saluto, ma vidi che erano esterrefatti. Ricordai cosa mi aveva detto Conor appena ero arrivata “Sei la prima ragazza in questa accademia che suona il violino”.
Robert venne gentilmente verso di me e mi guidò verso l’ultima postazione, quella che dava le spalle al pianoforte. Mi invitò ad aprire il violino e mi mise sul leggio una partitura, il quarto violino del brano. Ma mi credeva stupida? Quella partitura l’avrei saputa leggere ad occhi chiusi.
 
-Ti ho dato questa parte, non sapendo ancora di cosa sei capace-
 
Detto questo si allontanò da me per ritornare al suo posto di direttore.
 
-Allora, Jem è il primo violino, suonami l’inizio-
 
Jem si portò il violino sulla spalla e cominciò un motivo che avevo già sentito dato che conoscevo fin troppo bene quel concerto. L’avevo portato al provino dello stage.
 
-Louis, tu hai il secondo-
 
Il ragazzo  più vicino a Jem, con una zazzera di capelli color paglia, suonò la parte di accompagnamento.
 
-Walter, Fred, tocca a voi, con il terzo-
 
I due ragazzi alla mia sinistra, quelli della mia età, suonarono all’unisono la parte di sottofondo.
Quando alla fine Robert diede il via a me, annunciando che avrei dovuto suonare la quarta parte, la ragazza al piano si fece scappare un risolino.
Jem la fulminò all’istante con gli occhi, mentre il ragazzo biondo, il più alto, forse Fred, incominciò a tossire convulsamente. Cercai di non notarli e cominciai a suonare le minime che mi si paravano davanti agli occhi. Non feci in tempo a finire il primo rigo che bussarono alla porta di legno. Robert andò ad aprire e sulla soglia c’era proprio lui.
 
-Scusa Robert, è qui Rita?-
 
Cercai di non guardarlo negli occhi. Perché cercava me?
 
-Si si, è lì. Rita, c’è Conor–
-Me ne ero accorta- cercai di ribattere con il tono più sprezzante che riuscii a trovare, ma quando arrivai faccia a faccia con lui, tutti i miei buoni propositi di non guardarlo negli occhi andarono a farsi benedire.
Quei due spazi di cielo senza nuvole, quelle due onde di un mare sempre calmo mi guardavano come mi avevano guardato la prima volta che ero entrata in quell’aula.
Si chiuse la porta alle spalle e mi portò fuori. Da dentro proveniva il suono di quattro violini che si intersecavano tra di loro, accompagnati dalla soave melodia del pianoforte.
 
-Cosa c’è?-
-Perché non mi hai aspettato?-
-Niente, nessun motivo-
-Fel, cosa c’è?- alzò una delle sue mani affusolate, così simile alla mia, e me la portò sotto il mento, alzandolo leggermente per potermi guardare negli occhi.
-Smettila di chiamarmi Fel– mi ritrassi, facendo ricadere la sua mano, come morta.
 
Lui si scostò, come ferito da quel mio gesto, e mi guardò afflitto.
 
-Cosa è successo?-
-Niente, Conor, niente. Lasciami in pace, non sei mio padre- e poi, come se avessero aperto un rubinetto, cominciai a piangere, di punto in bianco, gettandomi tra le sue braccia.
Cavolo, non era mica colpa sua se si era innamorato di Victoria e non di me.
Solo in quel momento mi rendevo conto di quanto sentivo la sua mancanza, quando passavo in secondo piano. Solo allora capivo che tra le sue braccia, con la sua testa poggiata sulla mia spalla, mi sentivo veramente al sicuro, vedevo veramente la bellezza celata dietro quegli occhi, la dolcezza e la delicatezza.
Solo in quel momento mi rendevo conto che quel sentimento che provavo dalla mattina era paura. Paura di perderlo, paura di non contare più niente per lui, paura di non piacergli. Tutto ritorna, ora.
Mi stavo davvero innamorando di Conor Paul Maynard.
 
 
 
 
CONOR’S POV
 
Ricambiai l’abbraccio di Rita, anche se non sapevo cosa le stava succedendo.
Sperai vivamente che non fosse successo niente il suo primo giorno di scuola, ci sarebbe rimasta troppo male se l’avessero presa in giro per la sua nazionalità.
Come al sentire dei miei pensieri, Rita si sollevò dal mio petto e mi guardò con aria afflitta.
 
-Scusami Conor, scusami davvero tanto. Io non ti conosco nemmeno, per te è la prima volta che mi incontri e io davvero non posso-
-Non puoi cosa? E’ successo qualcosa?- rifeci la domanda, non ero intenzionato a mollare.
-No, Conor, niente davvero. Grazie per il tuo interessamento ma il problema sono io. Ora scusami ma devo tornare a lezione-
 La vidi ritornare dentro con le spalle curve.
 
Il problema sono io.
Il problema sono io.
Il problema sono io.
 
Mi girai di spalle e, sceso dal palazzo, mi incamminai verso casa, con le sue parole che ancora mi frullavano in testa.

 
RITA'S POV

I primi momenti del concerto furono terribili. C’erano attimi in cui avevo paura di essere di troppo, minuti in cui temevo di sbagliare il tempo o timore di fare qualche crescendo di troppo. Nonostante la partitura l’avessi ormai memorizzata, dopo due ore di prove, era ancora difficile per me inserirmi in quei quattro che sembravano suonare insieme da una vita.
Almeno l’impegno verso il violino mi aiutò a distrarmi e a non pensare a Conor. Tutte le cose che gli avevo detto erano vere. Non potevo permettermi di innamorarmi di una persona che conoscevo a stento da un giorno, non importava chi fosse. Non potevo cedergli il peso di una ragazza depressa che gli correva dietro, quando lui era impegnato nella sua acerba relazione.
Eppure non riuscivo a dimenticare l’espressione di Victoria dopo il bacio con il ragazzo. Vittoria, fierezza, come a far vedere al mondo di cosa era capace, dei suoi grandi poteri da predatrice.
La voce di Robert mi riportò alla realtà.
 
-Ci vediamo domani mattina nell’aula della scuola per provare i brani solisti- poi rivolto a me –non preoccuparti, Rita, ce ne sarà uno apposto per te!-
 
Cosa credeva, di farmi un piacere?
Non sono un tipo esibizionista, avrei preferito il primo violino del concerto di Vivaldi perché così mi sarei fatta sentire, ma sarei stata comunque coperta dalla melodia degli altri che suonavano con me.
Suonare da soli, era decisamente un’altra cosa.
Cercai di sorridere a quella notizia mentre ripiegavo le partiture e riponevo il violino nella custodia. Controllai l’orario: le sette passate.
Avrei dovuto affrontare un’altra cena con tutta la famiglia Maynard.
La ragazza slanciata del piano scese dal soppalco e mi urtò leggermente, per farsi notare. Quando le chiesi scusa, lei girò il viso, sorridendo beffarda e arrivò alla postazione di Jem, puntandosi sulle sue ginocchia e lasciandogli un leggero bacio sulla guancia, tutto fuorché casto. Pensava forse di farmi ingelosire?
A distogliermi da quella scena fu il mio telefono che incominciò a vibrare. Lo spensi velocemente aprendo un messaggio di Sun, ci eravamo scambiati i numeri di telefono dopo pranzo, -Nel caso ti servisse una mano- a detta di lei.
Lessi le poche parole che erano scritte sul display e la depressione ritornò a farsi sentire.
 
Da: Sun
Domani. Ballo per il concerto finale.
Eccitata. Tu vieni con me.
 
Ancora non riuscivo a comprenderle bene, quindi decisi di non risponderle per evitare figuracce. Cercai di uscire dalla stanza dando meno nell’occhio possibile, ma vidi lo sguardo di Louis guizzare su di me e i due tipi del terzo violino sghignazzare tra di loro. Non altre prese in giro, pregai in fondo al mio cuore.
Verso la casa di Conor, su Long Avenue, decisi di inviare un messaggio a mio fratello, giusto per fargli sapere che ero ancora viva. Gli scrissi di salutare anche mamma, se l’avesse vista. Di norma, Marco dormiva raramente a casa.
Arrivata alla porta di casa e bussato il campanello, ero più che esausta. Un Jack scombussolato, dall’aria assonata, con due matite dietro l’orecchio e un libro in mano mi venne ad aprire velocemente, correndo subito dopo di sopra con la sua solita aria menefreghista.
Sentii la tv a tutto volume in salotto e vidi con la coda dell’occhio il codino biondo di Anna fare capolino dal divano. Non vedevo la signora Maynard da nessuna parte, segno che la cena non era ancora pronta, così decisi di salire di sopra, pensando di fare almeno una doccia.
Sì, beh, almeno era quello che pensavo, prima di ricordare a me stessa che ormai ‘abitavo’ in camera di Conor e che non avevo panni puliti da mettere.
Aprii la prima porta bianca a destra con quanto più rumore possibile e vidi Conor quasi cadere dal letto sul quale era comodamente sdraiato facendo ovviamente finta di studiare, con un libro di chimica aperto sulla sua pancia e gli occhi chiusi.
Lo guardai con tanto d’occhi, cercando di mettere da parte tutto il rancore e l’asprezza di quel pomeriggio, buttai la custodia del violino e la borsa sul letto e mi ci fiondai a mia volta urlando al mio coinquilino un Quando si mangia?  molto italiano. Lui parve sollevato dal fatto che avessi come dimenticato tutto e si mise a sedere sul letto.
 
-Se qualcuno avesse dubbi sulla tua nazionalità, beh, sarò pronto a smentirli tutti- disse, dando voce ai miei pensieri, poi scoppiando a ridere.
-Non c’è nulla da ridere, ho fame e ho sonno!- risposi quasi sbruffando.
-Tu non hai compiti da fare?-
-Sembra che nemmeno tu ce li abbia- e con gli occhi indicai i libri che ora aveva buttato sotto al letto con noncuranza.
-Sono un tipo che studia la notte- si girò con un mezzo sorriso, ma con aria molto poco convinta.
-Tu non hai compiti?- ripeté. Ah, ma allora era deciso a distruggermi quel giorno!
-Sì, ho letteratura inglese ..-
 
Non mi lasciò nemmeno finire di parlare che si alzò con sguardo luminoso chiedendo quale brano stessimo studiando.
Alla parola ‘Romeo e Giulietta’ quasi saltò in aria e si sedette affianco a me, che dal mio canto ero sdraiata molto scompostamente e non avevo nulla di cui esultare. Certo, letteratura inglese piaceva anche a me, ma non vedevo niente di bello nei compiti e nell’analisi della scena del balcone alle nove di sera.
 
-Se vuoi ti aiuto, ho adorato ‘Romeo e Giulietta’!-
-Tu invece cos’hai da studiare con così tanta nonchalance?- riferendomi a pochi minuti fa.
-Beh, solo imparare tutta la tavola chimica degli elementi che davvero non mi vuole entrare in testa!- si alzò sui gomiti avvicinando il suo viso al mio.
 
Cercai di alzarmi con circospezione senza andare a finire contro il suo corpo, ma i miei aggraziati movimenti fecero sì che la mia fronte andasse a sbattere sul suo mento e provocasse risate da entrambi i lati.
 
-Mi sa che stasera ci aiuteremo a vicenda!- esclamò Paul, alzandosi e incamminandosi verso la cucina.
 
Non mi mossi nemmeno di un centimetro, allibita da quello che aveva detto. Credeva davvero che avrei studiato quella sera? Molto divertente.
Certo, avevo buoni voti a scuola, ma quella sera la mia attenzione era rivolta a tutt’altro: la tipa rossa dell’accademia, Jem, il ballo, Sun e quel suo messaggio incomprensibile e Conor con due panini in mano. Conor con i panini?
Staccai lo sguardo e smisi di fissare l’interessantissima porta bianca quando mi apparve un Paul trafelato con due panini avvolti nella carta bianca in ogni mano. Ne buttò molto delicatamente due sul mio letto, mentre incominciava a scartare uno dei suoi.
 
-Spero non ti dispiaccia il formaggio- già con la bocca piena.
-Poi quella che aveva fame ero io- e lui mi guardò male, sghignazzando sotto i baffi.
 
Mangiammo in quello che si può definire silenzio, avendo la mamma di Conor che ogni tanto si affacciava per controllare che non facessimo briciole sui letti, Anna che si lamentava col padre di sotto perché stava perdendo ad uno stupido gioco da tavolo e Jack che ripeteva ad alta voce in giro per il corridoio formule matematiche incomprensibili (semplicemente perché avevo disconnesso la funzione ‘comprendi l’inglese’). Quindi quando Conor, con la pancia piena, mosse la sua bocca nella mia direzione, faticai a comprenderlo.
 
-Ti ho chiesto se volevamo iniziare a studiare-
 
Mi sporsi a guardare l’orario sul mio telefono. Le 22.07.
 
-E io ti rispondo di no. Buonanotte- mi chiusi a riccio sul letto scansando con i piedi tutti i libri.
Non l’avessi mai fatto.
Il peso piuma Maynard si buttò pesantemente su di me incominciando a spingermi. Il risultato fu: due coglioni a terra, un culo rotto e una spalla lussata.
Conor prese il mio quaderno prima che io potessi replicare e incominciò a leggere i miei appunti.
 
-Perché c’è un grande No vicino ad ogni riga?-
-Perché sono tutte cose dette dal professor Sweeny-
-E perché secondo la tua acuta mente non dovrebbero essere giuste?-
-Non penso che non siano giuste, dico solo che non sono d’accordo-
 
Gli sfilai il quaderno tra le mani e lessi la prima riga.
 
-Oh Romeo, Romeo, perché sei tu, Romeo?-
-Cos’è che non ti piace? Lo chiama solo per nome-
-Non è un bel nome- ribattei imbronciata.
-Ma non puoi polemizzare su un nome scelto dal più importante poeta inglese!-
-Ok, ma senti questo: Rinnega tuo padre; e rifiuta il tuo nome-
-Eh sì, quindi?-
-Io non rinnegherei mai la mia famiglia per una cavolo di ragazza che non ha nemmeno il coraggio di scendere da un balcone per parlarmi faccia a faccia!-
-Beh, ma tu devi considerare il contesto!-
-Ma il contesto un corno … - bloccai Conor a metà frase.
-Giuletta è una povera morta di figa, ha Paride che le corre appresso ma usa la scusa del ‘sono troppo piccola’ con lui, appena vede Romeo si fionda tra le sue braccia e in un giorno già è innamorata pazza di lui, se lo vuole sposare e procreare tanti bambini, non pensa nemmeno alle conseguenze, non pensa che lui fa parte della sua famiglia rivale, ho capito il concetto dell’amore cieco ma così proprio no, fa del male alla sua famiglia e a lui e nemmeno se ne rende conto, pensa solo a se stessa perché è un’egoista di merda e alla fine cosa conclude? I suoi comunque non accettano il matrimonio, esiliano Romeo e si uccide anche per lei. Poi solo per farsi perdonare si pugnala. E sai cosa? Secondo me nemmeno dopo la loro morte la famiglia li perdona e accetta la loro unione. Il vero amore non esiste, non esiste dopo un giorno e non esiste dopo un anno, non viene capito e non viene accettato, non abbatte le barriere e non è un lasciapassare per ogni cosa quindi Romeo e Giulietta è solo un’emerita cazzata-
 
Finii di parlare e presi fiato, dopo la mia tirata. Avevo la mente piena di pensieri e emozioni contrastanti e non sapevo nemmeno se ero totalmente oggettiva, non mi ero resa conto se tutto quello che avevo detto era riferito a Romeo, a Giulietta, a me, a Conor o a Victoria. Ero davvero confusa e se mi avessero chiesto di ripetere quello che avevo detto avrei solamente peggiorato le cose; anzi, mi meravigliai di non aver pronunciato qualche nome sospetto all’interno del mio discorso.
Conor rimase allibito e con la bocca aperta, sorpreso.
Ero consapevole di avergli sfatato un mito, ma non ricordavo bene come, per cui non mi sentii in dovere di chiedergli scusa.
 
-Davvero credi questo?-
-Sì, ci credo davvero- mentii spudoratamente. Non ricordavo davvero a cosa si riferisse.
 
Ripresi il mio quaderno dal bordo del letto e lui continuò a fissarmi.
 
-Beh, ho espresso solo la mia opinione-
-Opinione terribilmente aggressiva-
-Beh sai cosa ho anche di aggressivo?- incominciai.
-Ma fottutamente vera-
 
Le parole fecero in tempo ad entrarmi nel cervello. Le capii al volo e frenai la lingua.
 
-Scrivi questo nel commento, ormai lo hai già pronto!- continuò lui.
-Credi davvero che tutto quello che ho detto sia … adatto?-
-Adatto? Calza a pennello. E poi è il tuo parere no?-
 
Mi chinai sul letto ancora impressionata dalla reazione di Conor e da come si era totalmente rigirata la situazione.
Mi concentrai, sforzando di ricordare cosa la mia bocca malata aveva cacciato fuori pochi secondi prima e mi impegnai a non nominare persone conosciute. Dopo mezz’ora avevo già tirato giù una pagina e mezza, al che mi dissi che poteva bastare. Conor non lo sentivo già da un po’, quando avevo iniziato a scrivere si era risdraiato sul suo letto e aveva cominciato a ripetere ad alta voce i nomi chimici degli elementi.
Finito di ricopiare, mi alzai cautamente mettendo tutto a posto e mi avvicinai al suo letto, notando i suoi occhi chiusi e la bocca spalancata.
Risi tra me e me, misi in ordine anche la sua roba e, dopo aver preso una coperta calda, mi accoccolai accanto a lui.
Feci in tempo a sentire le sue gambe mettersi di lato e il suo braccio spostarsi intorno alle mie spalle che i miei occhi, già pesanti, si chiusero sommessamente.
 
 
 


YAAAAAYYYYYY

Ok, non ho niente da esultare. Sono imperdonabile.
Sapete cosa? Sono pigra peggio di Maynard.
Non aggiorno questa ff da un anno, perchè avevo perso l'ispirazione obv, but il cielo mi ha illuminata e lo spirito santo è sceso su di meeee.
Non sono consapevole di quello che ho scritto qui, mi è uscito a scatti questo capitolo e non so nemmeno se è tutto coerente(?) ma mi meraviglio perchè è un capitolo di passaggio ed è luuungo.
Comunque ho deciso di calmare i bollenti tra Rita e Conor, mi sono resa conto di aver corso troppo (si conoscono da un giorno elle o elle) vvb ne vedremo delle belle nel prossimo capitolo (sì, spaventatatevi)

Spero di aggiornare presto e spero che sia rimasto ancora qualcuno a leggere questa merda iyah.
Reb la semidea, @hollavnd :)

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