Brighton? Ma che città è Brighton?
No, non è possibile. Mi squilla il telefono e la risata del bambino impertinente che mi schiatta in faccia ogni volta che chiamano mi esplode nelle orecchie. -Pronto?- rispondo.
- Rita! Anche tu a Londra?-
- Emh, no, veramente no- -
Oh, mi dispiace. Comunque io sono stata smistata a Londra! Sai chi sarà con me?-
-No, non lo so, l’e-mail mi è appena arrivata-
- Comunque non preoccuparti, anche l’accademia di Brighton è molto prestigiosa!-
- Ma Londra è un’altra cosa. -
-Lo so, ma almeno provaci-
- Ci proverò. Ciao-
Le attacco il telefono in faccia. Manu a volte non sa cosa dire per l’emozione.
Mamma mi chiama dal basso ed ho una vaga idea di cosa mi chiederà. Deve sempre sapere tutto, eh?
- Rita! Ti è arrivata l’e-mail?-
-Si-
scendo le scale con il computer ancora aperto in mano.
-Allora, non ci dici niente?-
-Cosa devo dirvi? Non sono stata smistata a Londra!-
-Come? Ma se avevi chiesto esplicitamente di andarci!-
cavolo, mamma, calmati e sputa meno saliva quando ti arrabbi.
-Si, mamma, non fa niente-
-E dove ti hanno smistato?-
- A Brighton, Braighton, Broughton… non so neanche come si dice e che diamine di paese sia!- -Ma è vicino Londra?-
-No, mamma, basta. Londra è chiusa, finita, non ero all’altezza di quell’accademia, ok? E niente potrà cambiare questa situazione-
Me ne salgo in camera, lasciando mia madre ad affogarsi nelle sue lacrime e nella sua saliva che le sta sbavando dalla bocca aperta.
Le mamme dovrebbero essere fiere delle loro figlie, qualunque risultati conseguano, no? Beh, mia madre non è così.
Nel tardo pomeriggio mi arriva un messaggio di Lucio.
“Sai dove sono stato smistato? ”
Innanzitutto levami quella faccina felice perché mi da i nervi. Quanto scommettiamo che indovino? “Londra, per caso?”
Ci sono dieci minuti in cui leggo solo “Lucio sta scrivendo”. Cavolo, ho capito. Mi stanno salendo i nervi.
“Te l’ha detto Manu?”
finalmente Lucio si è svegliato.
“No, lo immaginavo dalla tua euforia.”
“E tu?”
allora Manu non glielo ha detto.
Ora lo faccio rodere. Aspetto dieci minuti, così gli sale l’ansia. O forse a me sale l’ansia?
“Io vado a Brighton.”
Non so neanche se si scriva così, va beh, se la vedrà lui.
“Ok. A domani, Rita.”
Solo questo? Ceh, ma, ok. Lucio, me la segno, neanche a dirti “aww ”
Ok. A domani.
-Perché dobbiamo parlare così, sussurrando?-
-Te l’ho detto, i miei stanno dormendo e mio fratello ha appena deciso di andarsene a letto, non posso svegliarli-
-Si, ma perché mi hai chiamato alle due? Mi chiamavi alle otto, facevamo meno scena-
- Francesca, non stiamo facendo scena. Mi serve compagnia!-
-Ma compagnia col cavolo, Rita. Domani ho la gara di hip-hop, dovrei andare a nannuccia nel mio lettuccio.-
-Non sei mai andata a dormire prima delle tre, cara, ti conosco-
-Hai vinto. Ma ora mi dici cosa vuoi?-
-Sono arrabbiata-
-Perché mai, amore?-
aww, amo quando si impensierisce!
-Non sono stata smistata a Londra, non sono all’altezza-
-Senti, bellissima, il tuo destino non lo scrivi in un mese. E non pensarci nemmeno, tu sei all’altezza di tutte le situazioni che ti si mettono davanti. Sei stupenda per me, e questo mi basta. Ma ora, scusami, devo proprio andare.-
-Certo, non preoccuparti, Fra. Grazie di tutto.- Riattacca e sto per un po’ ferma con la cornetta che mi suona nelle orecchie.
Mi copro la faccia con il lenzuolo e penso a quello che mi ha detto Francesca.
“Il tuo destino non lo scrivi in un mese” non ne sono ancora sicura.