La Rivincita dei Lupi

di violaserena
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Arya ***
Capitolo 3: *** Tyrion ***
Capitolo 4: *** Davos ***
Capitolo 5: *** Jaime ***
Capitolo 6: *** Theon ***
Capitolo 7: *** Catelyn ***
Capitolo 8: *** Jon ***
Capitolo 9: *** Bran ***
Capitolo 10: *** Aeron ***
Capitolo 11: *** Sansa ***
Capitolo 12: *** Victarion ***
Capitolo 13: *** Arianne ***
Capitolo 14: *** Barristan ***
Capitolo 15: *** Il Grifone Risorto ***
Capitolo 16: *** Cersei ***
Capitolo 17: *** Brienne ***
Capitolo 18: *** Samwell ***
Capitolo 19: *** Arya ***
Capitolo 20: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

 

Era una bella e fresca giornata di sole nella città libera di Braavos.
Il Signore Gentile camminava lentamente nella Casa del Bianco e del Nero osservando, con attenzione, i presenti.
Era passato molto tempo da quando era giunta dai Sette Regni quella che un tempo era stata Arya Stark. L’aveva presa subito in simpatia a dispetto di quanto la fanciulla potesse credere e aveva notato subito il suo enorme potenziale.
Dopo l’apprendistato con Izembaro, la giovane era diventata una vera e propria assassina.
Gli Assassini Senza Volto avevano fatto, senza dubbio, un ottimo acquisto.
Ma per quanto sarebbe durata?
Il Signore Gentile si riscosse dai propri pensieri notando, all’interno del tempio, un nano senza naso. Si diresse verso di lui e, cortesemente, gli chiese se si fosse perduto.
«Perché dovrei essermi perso? Non hai mai visto un nano in un tempio?».
«Mi domando, semplicemente, che cosa ci faccia qui un mezz’uomo dell’Occidente».
Il nano fece una smorfia e, poi, d’un tratto sembrò essere attirato da qualcosa, o meglio, da qualcuno.
Alzò il dito incredulo ed esclamò: «Tu sei viva! Questo di certo non piacerà alla mia dolce sorellina».
Quella che un tempo era stata Arya Stark assunse un’espressione cupa ed affermò: «Mi confondi con qualcun altro».
“Tu menti” pensò il Signore Gentile.
Forse il momento era giunto. Molto prima di quanto si aspettasse.
«No, tu sei Arya Stark, figlia del defunto Eddard Stark».
«Non sono chi credi».
«No? Allora ti farà piacere sapere che io, Tyrion Lannister, in quanto marito di Sansa Stark sono il legittimo erede di Grande Inverno e…».
La fanciulla gli saltò addosso e gli puntò il pugnale alla gola.
«Un Lannister non avrà mai Grande Inverno. Mai!».
Il nano ghignò.
La giovane lo guardò truce e premette, leggermente, il pugnale.
Un rivolo di sangue scese lungo il collo del Folletto.
«Lascialo andare» disse il Signore Gentile.
«Perché dovrei?».
«Se è giunto qui c’è sicuramente un motivo, così come è stato per te. Il Dio dai Mille Volti non concede nulla al caso».
Riluttante, la fanciulla si allontanò dal nano.
«Raccontami la tua storia. Bada di dire la verità. Lo saprò se menti. Lei te lo può confermare».
Tyrion scrollò le spalle e cominciò a raccontare.
Arrivò al punto in cui si era arruolato nella compagnia mercenaria dei Secondi Figli insieme a Jorah Mormont e Penny. Disse che quest’ultima era stata assassinata da Ben Plumm il Marrone una volta che era stata scoperta a tramare contro di lui per aiutare Daenerys Targaryen.
Anche lui e Mormont erano implicati nella congiura, ma erano riusciti a scappare.
Avevano, poi, deciso di dividersi per confondere le tracce e per far si che almeno uno dei due sopravvivesse.
«Ed eccomi qui a Braavos» concluse Tyrion.
Il Signore Gentile annuì, ma non disse nulla.
«E ora cosa farai?» gli chiese invece la fanciulla.
«E tu? Questo non è il tuo posto. I tuoi fratelli sono morti, ma puoi sempre…».
«I miei fratelli sono vivi».
“Lo sa” pensò il Signore Gentile.
«Cosa?».
«Io li ho visti. O meglio, ho visto Rickon. Ero nel corpo del mio meta-lupo quando ho visto mio fratello insieme a Cagnaccio, un uomo ed una donna. Lui mi si è avvicinato, mi ha sorriso e mi ha detto che anche Bran era vivo».
“C’è di più, ma non vuole rivelarlo” si disse mentalmente il Signore Gentile.
«Tu sei un metamorfo!» esclamò sorpreso il Folletto.
Quella che era stata Arya Stark annuì e aggiunse: «Anche i miei fratelli lo sono, tranne Sansa».
Tyrion Lannister proruppe in una sonora risata.
«Voi Stark avete più risorse di quanto pensassi. Questo non piacerà alla mia cara sorellina».
«Tua sorella è prigioniera del Credo. Ormai è finita per lei» sorrise crudelmente la fanciulla.
«Mai! Sarò io personalmente a prendere la vita della cara Cersei e di Jaime. Nessuno deve permettersi di farlo al posto mio».
«Ser Amory, Ser Gregor, Polliver, Raff Dolcecuore, Weese, il Mastino, ser Ilyn, ser Meryn, Chiswyck, Dunsen, re Joffrey, regina Cersei, i Frey».
«Cosa vorresti dirmi con questo elenco di nomi?».
«Sono i nomi dell’odio. Persone che desidero vedere morte. Alcune lo sono già, altre lo saranno presto».
Il nano rise sonoramente.
«Tu mi piaci, Arya Stark».
«In fin dei conti, non mi dispiaci nemmeno tu. Sei il meno peggio tra i Lannister. Ricordo che quando siete venuti a Grande Inverno al seguito di re Robert, tu hai schiaffeggiato Joffrey ordinandogli di andare ad esprimere le sue condoglianze ai miei genitori per quello che era successo a Bran. Hai fatto bene a prenderlo a schiaffi».
«Qualcuno doveva pur farlo».
La fanciulla sorrise.
«Chi sei tu?» le chiese il Signore Gentile.
«So che la risposta che vuoi sentirti dire è un’altra, ma non te la dirò. Non più».
“Ci siamo” pensò l’uomo.
«Io sono Arya della Casa Stark di Grande Inverno. Lo sono sempre stata e sempre lo sarò».
«Tu dici la verità. Ho sempre saputo chi eri, dal momento stesso in cui hai nascosto la tua spada vicino al tempio. Forse, per te, il Dio dai Mille Volti ha in serbo qualcosa di diverso».
Arya non parve sorpresa che lui sapesse.
«I vostri discorsi sono alquanto strani» affermò il Folletto «ma va bene. Allora, ragazza lupo, hai intenzione di tornare con me nei Sette Regni?».
«E la Targaryen? La abbandoni così?».
«Daenerys avrà anche tre draghi, ma cosa può contro dei metamorfi? E poi non posso perdermi la faccia della mia cara Cersei nel vedere la rivalsa dei lupi».
«L’inverno sta arrivando» sorrise Arya.
«Mai cosa fu più vera».
«È giunto il momento del Nord».
«Giustamente. Dimmi una cosa, tu sai dove vanno le puttane?».
«A farsi fottere» rispose prontamente la ragazza lupo.
Il nano sorrise.
«Tu mi piaci, Arya Stark. Mi piaci».
Il Signore Gentile li osservò e capì che era arrivato il tempo della loro rivincita.
Da loro sarebbe dipesa la sorte dei Sette Regni.
Il Dio dai Mille Volti aveva stabilito così.
“Non avrebbe potuto fare scelta migliore: un piccolo lupo e un piccolo leone”.
Era davvero il loro momento. Di Arya in particolare.

 



Angolo Autrice.
Ciao a tutti!
Ho provato ad immaginare come potrebbe finire il Trono di Spade, anzi come mi piacerebbe che si concludesse!
Saranno presenti un po’ tutti i personaggi, ma come avrete potuto intuire dal titolo un ruolo principale sarà svolto dagli Stark (che io adoro immensamente! ^^)!
Spero che questa storia possa piacervi! :)
Mi piacerebbe conoscere le vostre opinioni al riguardo e/o vostri eventuali consigli: sono sempre bene accetti.
Al prossimo capitolo! :)
Saluti.
Violaserena.

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Capitolo 2
*** Arya ***


ARYA

 

Il porto degli Stracci di Braavos, come sempre, era gremito di gente.
Non c’erano solo marinai, ma anche pescivendoli, mercanti, passanti.
Arya camminava tranquillamente, ricordando ogni singolo momento vissuto in quel posto.
“Ero la Gatta dei canali. Ora sono di nuovo me stessa”.
Guardò per l’ultima volta quel luogo, cercando di imprimersi nella mente tutti i dettagli possibili.
Aveva infatti deciso di fare ritorno nel Continente Occidentale insieme a Tyrion.
Entrambi si sarebbero presi la loro rivincita e ciò che spettava loro.
Il Folletto aveva deciso di aiutarla a riprendersi il Nord. Non credeva che lo avesse fatto per lei, ma solo per interesse: difatti, in questo modo, lei avrebbe dovuto ricambiare il favore marciando contro il Sud. In realtà questo era già nei suoi obiettivi, soprattutto perché molte delle persone che desiderava vedere morte si trovavano lì.
“La morte e l’odio ci uniscono” pensò. Se non fosse stato così, probabilmente, lei e Tyrion non si sarebbero mai alleati. Lui restava pur sempre un Lannister.
«Ecco, siamo arrivati. Questa è la nave» disse il Signore Gentile.
Gli Assassini Senza Volto avevano deciso di aiutarla, pertanto le avevano fornito un mezzo con cui tornare nei Sette Regni. Alcuni di loro avevano, poi, deciso di accompagnarla e di seguirla nella sua riconquista.
«La ragazza lupo. È un nome appropriato» affermò Tyrion, leggendo il nome della nave.
«Ebbene, Arya Stark, qui le nostre strade si dividono. Ti auguro ogni fortuna» la salutò il Signore Gentile.
«Anch’io. E grazie».
«Non è me che devi ringraziare, ma il Dio dai Mille Volti».
«Grazie ad entrambi».
L’uomo le sorrise.
Una volta sul ponte della nave, Arya si sporse a salutare per l’ultima volta il Signore Gentile e tutti coloro che erano stati con lei nel periodo trascorso lì.
«Valar morghulis!» gridò.
«Valar dohaeris!» le risposero.
«Tutti gli uomini devono morire. Non è un po’ macabro come saluto?» la prese in giro il Folletto.
Lei gli fece una linguaccia.
 

*
 

Il sole era alto nel cielo. Una gelida brezza muoveva le vele della nave.
Man mano che si avvicinavano al Continente Occidentale la temperatura calava sensibilmente, ma lei non aveva freddo.
L’inverno era dentro di lei. O, forse, l’inverno era lei.
«Hai la pelliccia al posto della normale pelle?» le chiese ironicamente Tyrion.
A differenza sua, lui aveva indossato tutto ciò che poteva tenerlo al caldo.
«Sono una Stark».
«Quindi voi Stark non patite il freddo?».
«Molto meno dei Lannister» ghignò.
Il Folletto le sorrise in maniera enigmatica.
Prima che qualcuno dei due dicesse qualcosa, avvistarono il porto di Padelle Salate.
Ricordava ancora quando era giunta lì la prima volta. Aveva sperato di trovare una nave che la portasse alla Barriera, da suo fratello Jon. Invece aveva trovato una nave che l’aveva portata a Braavos e lei era diventata un’assassina.
Tirò fuori dalle tasche una moneta di ferro. Gliela aveva data, molto tempo prima, Jaqen H’ghar.
Se non fosse stata per quella, lei non sarebbe mai arrivata nella città libera.
Era stata la sua fortuna. O sfortuna?
Ritornò nella sua mente, improvvisamente, l’immagine del Mastino morente.
L’aveva pregata di ucciderlo, ma lei non aveva esaudito il suo desiderio.
“Sarebbe morto comunque”.
Ma alla fine era morto per davvero o era ancora vivo?
Rimosse quei pensieri non appena la nave attraccò.
«È bello rimettere piede a terra. E sai perché? Perché ora sono un po’ più vicino alla cara Cersei!» rise il Folletto.
Dopo poco uno degli assassini tornò con dei cavalli.
Tyrion salì in groppa al cavallo insieme a lei.
Non appena furono tutti pronti, partirono al galoppo verso la loro prima meta.
Lungo il tragitto trovarono parecchi uomini impiccati.
Avevano sentito dire che era opera di certi fuorilegge, guidati da una donna priva di scrupoli: lady Stoneheart.
Arya non sapeva chi fosse, ma provava simpatia per lei.
“Dopo che avrò fatto quello che devo fare, la voglio trovare” pensò.
Giunta la sera, dopo estenuanti giorni di marcia, si fermarono a riposare.
Ormai mancava poco: presto sarebbero arrivati e dovevano essere in forze.
Tyrion si era sdraiato contro un albero a leggere.
«Ti piace?» gli chiese Arya.
«Si, è molto interessante. Se vuoi te lo posso imprestare».
«Dopo che tutto questo sarà finito lo leggerò con piacere».
Il Folletto posò il libro a terra, sospirò e disse: «Potrebbe non finire mai».
«Tutte le cose hanno una fine, Tyrion Lannister. Tutte, prima o poi. Un giorno verrà anche la nostra, ma non ora. Non ora».
Il nano le sorrise ed affermò: «Dopo tutto quello che ho passato, morire ora sarebbe il colmo! No, hai ragione, non è ancora arrivato il momento della nostra fine».
«Ma quella di qualcun altro si» sogghignò Arya.
Tyrion rise.
Quel momento di quiete fu interrotto da degli ululati.
“È qui” pensò Arya. “Finalmente è qui”.
Gli assassini si alzarono di scatto, osservando l’ambiente circostante.
Un numeroso branco di lupi li circondò.
Il Folletto imprecò.
«Bene, non immaginavo di finire in pasto a dei lupi. Anche se, in effetti, forse ci sono già».
Arya lo guardò torvo.
«Scherzavo! Era per sdrammatizzare» le sussurrò.
«Non è che qualcuno mi verserebbe una coppa di vino? Vorrei brindare a… Per i Sette Dei! È gigantesco!» stava dicendo Tyrion, quando, all’improvviso, dal branco era emerso un meta-lupo.
Un meta-lupo dagli occhi gialli e dal pelo grigio che qualcuno conosceva bene.
«Nymeria» bisbigliò Arya.
«Ma certo. Quello è il tuo cucciolo! Solo che ora non è più tanto piccolo».
La giovane Stark fece segno agli assassini di non estrarre le armi.
Lentamente cominciò ad avanzare verso il meta-lupo.
Quest’ultimo la guardò così intensamente che sembrava le scrutasse l’anima.
«Nymeria, sono io. Sono Arya» le disse.
Erano una di fronte all’altra.
Avvicinò la sua mano verso il muso del meta-lupo che gliela leccò.
Arya sorrise e la abbracciò.
«Scusa, non volevo abbandonarti. Ho dovuto farlo, altrimenti la regina Cersei ti avrebbe fatto uccidere! Ma ora che ti ho ritrovata non ti lascerò più! Mai più!» disse singhiozzando leggermente.
Nymeria le leccò la faccia.
La giovane la strinse ancora di più a sé.
«Persino loro sono più legati di me e della mia famiglia» sentì bisbigliare Tyrion.
Nymeria ululò e così fecero anche gli altri lupi.
Poi, ognuno di essi, si sdraiò intorno a loro.
Gli assassini sorrisero ad Arya.
«Oh che bello! Abbiamo dei nuovi alleati» esclamò Tyrion.
«Dei nuovi amici».
«Almeno finché non tentano di sbranarci».
«Sai che non lo faranno».
Tyrion sospirò: «Lo so. Loro sono leali».
«Puoi esserlo anche tu. Forse lo sei già».
Il Folletto si voltò a guardarla stupito.
«Ora, comunque, lo scopriremo».
«Che intendi dire?».
Sul volto di Arya si increspò un sorriso furbo.
«Oh no. No, no, no, no, no».
Tyrion aveva capito.

 


Angolo Autrice.
Ciao a tutti!
In questo capitolo Arya e Tyrion ritornano nei Sette Regni e si dirigono verso la loro prima meta: avete capito qual è?
Lungo il tragitto Arya, dopo tanto tempo, rincontra il suo meta-lupo Nymeria.
Sarà forse un caso? xD
Ora il suo piano può mettersi in atto: che ruolo avrà il Folletto in tutto questo?
Lo scoprirete nel prossimi capitolo! :)
Saluti.
Violaserena.

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Capitolo 3
*** Tyrion ***


TYRION

 

Sobbalzi. Continui sobbalzi. Tyrion non ne poteva più. Era da due giorni che andava avanti così.
Non poteva nemmeno muoversi perché gli avevano legato le mani e i piedi.
Cosa non si sopportava per la vendetta.
“La vendetta di Arya” pensò.
«Manca ancora molto? Se continua così perderò anche gli arti e diventerò ancora più brutto».
Alcuni uomini risero, ma non colui che sperava di divertire.
«Tieni a freno la lingua, Folletto. Tra un po’ ne avrai bisogno».
«Ne ho sempre bisogno. È una delle mie doti migliori. Sai cosa intendo, no?».
Gli uomini trattennero a stento le risate.
Tuttavia, bastò una truce occhiata del loro comandante per farli tornare subito seri.
Tyrion vide, finalmente, l’avvicinarsi della meta: le Torri Gemelle si stagliavano dinnanzi a lui.
Un ghigno si formò sul suo volto.
«Aprite!» gridò Walder Rivers, il figlio bastardo di Walder Frey.
«E tu, levati quel sorrisetto dalla faccia! Non c’è nulla da ridere» continuò rivolgendosi al nano.
“Oh, è qui che ti sbagli. Eccome se c’è da ridere”.
Con estrema lentezza entrarono.
Vennero slegate le corde ai piedi di Tyrion, ma non quelle alle mani.
Goffamente il Folletto seguì Walder Rivers mentre gli altri uomini si dirigevano verso altre stanze.
“Certo, perché mai preoccuparsi di un nano con le mani legate?”.
Arrivarono in una grande sala al centro della quale era seduto il lord delle Torri Gemelle attorniano da tutti i suoi figli, figlie, nipoti, pronipoti e quant’altro.
«Feh, Tyrion Lannister. Quale onore averti qui» disse Walder Frey.
«Non posso dire lo stesso. Preferirei…».
Un uomo gli tirò uno schiaffo prima che potesse continuare a parlare.
«È così che trattate gli ospiti? Ma certo, che sciocco, dovrei saperlo. Le Nozze Rosse sono tristemente famose in tutti i Sette Regni».
«Fermati Whalen» asserì il lord prima che suo figlio colpisse di nuovo il Folletto.
«La tua lingua lunga è famosa, feh. Sei esattamente come ti descrivono».
«Non so se esserne compiaciuto o meno».
«Ad ogni modo, come certo saprai, le nostre casate sono alleate. Ho intenzione, per questo, di rispedirti ad Approdo del Re tutto intero, non sei contento?».
“Certo, così speri di prenderti una bella ricompensa dalla mia dolce sorella o da chiunque altro governi” pensò.
«Una sorte migliore di quella che è stata riservata a Robb Stark, lo ammetto» affermò, ironicamente, Tyrion.
Walder Frey lo guardò con astio e poi scoppiò in una sonora risata.
Come aveva potuto suo padre allearsi con una simile persona?
Era, davvero, necessario stringere un patto con uomini siffatti per vincere una guerra?
«Dimenticavo che tua moglie è una Stark. Formate proprio una bella coppia, sai? Due traditori, non c’è unione migliore, feh. Dov’è lei adesso? Ti ha abbandonato? Non la soddisfacevi a sufficienza?».
Tutti nella sala risero di lui.
Poco male, ci era abituato.
«Se la starà spassando con qualche bel cavaliere o con qualche altro assassino!» esclamò quello che doveva essere Jammos.
«Scommetto che la da al primo sconosciuto che incontra. Tale fratello, tale sorella!» continuò lord Walder.
«Sta zitto! Non ti permetto di insultare Sansa! Il traditore e l’assassino sei tu. Hai violato il sacro vincolo dell’ospitalità e osi ritenerti superiore a me o agli Stark? Tu sei solo un vecchio bavoso le cui ragioni di vita sono toccare il culo alla tua giovane moglie e rimuginare sui torti che ritieni di aver subito» sputò fuori Tyrion, rosso per la rabbia.
Il lord delle Torri Gemelle stava per controbattere, quando si sentì un rullo di tamburi in lontananza.
Il Folletto ghignò.
«Ma che succede?» domandò allarmato Jammos.
Tum, tum, tum.
Il suono dei tamburi era sempre più vicino.
Tum, tum, tum.
I presenti si guardarono preoccupati. Ma nessuno di loro si mosse.
Tum, tum, tum.
Un’ombra strisciò davanti a loro.
“È arrivata” sogghignò il Folletto.
Una fanciulla dai capelli castani e gli occhi grigi fece la sua comparsa dall’oscurità.
«Feh, tu chi saresti?» sbottò lord Walder.
Sembrava sollevato, ma faceva male ad esserlo.
Tum, tum, tum.
Il rullo dei tamburi non accennava a finire.
«Sono il tuo peggiore incubo!» disse beffardamente la giovane.
I presenti risero sguaiatamente. Anche lord Frey aveva sorriso. L’unico che era rimasto impassibile era Walder Rivers.
«È molto divertente, si. Ma presto lo sarà ancora di più» sorrise crudelmente Arya.
Il suo sguardo faceva davvero paura.
Tum, tum, tum.
«Chi sei?» le chiese di nuovo il signore delle Torri Gemelle.
«Sono la sorella di un re barbaramente ucciso ad una festa di nozze, la figlia di una donna a cui è toccata la stessa sorte. Sono Arya Stark e ti giuro che pagherai molto caramente ciò che hai fatto».
Walder Frey impallidì.
Tum, tum, tum.
Le porte della sala si spalancarono. Jon Umber, seguito dagli altri uomini del Nord presi prigionieri alle Nozze Rosse, entrò.
Il piano aveva funzionato.
Tyrion si era fatto catturare apposta per permettere ad Arya e agli assassini di liberare Grande Jon e tutti gli altri che erano stati catturati durante il banchetto di nozze di Edmure Tully e Roslyn.
«Pagherai per quello che hai fatto bastardo!» urlò lord Jon.
Ad un segno della sorella di Robb Stark gli uomini del Nord partirono all’attacco.
Tum, tum, tum.
Il Folletto riuscì a liberarsi delle corde grazie all’aiuto di uno degli assassini.
Oltre al rullo dei tamburi si sentirono degli ululati.
Correndo, arrivarono nella stanza anche i lupi che si avventarono sui Frey dilaniando le loro carni.
Gli uomini un tempo al seguito di Robb Stark non si risparmiarono: menarono fendenti squarciando ogni singolo figlio, figlia, nipote di lord Walder.
C’erano sangue e budella da ogni parte.
Grande Jon sventrò con un possente colpo d’ascia Walder Rivers, il cui sangue imbrattò le pareti di rosso.
Tum, tum, tum.
Arya si avvicinò a lord Walder e lo prese per il collo.
«Non è un bello spettacolo?» gli sussurrò.
«Feh, lasciami andare!».
«Perché, non ti piace quello che stai guardando? Ci sono anche i lupi ed un meta-lupo, proprio come quello che tu hai ammazzato. Si chiamava Vento Grigio, sai? Era il fratello della mia Nymeria».
Strinse ancora di più la mano intorno al collo del vecchio Frey.
Tum, tum, tum.
«L-lasciami…».
«Ma come, te ne vuoi già andare? No, questo non va bene».
Arya gli diede uno schiaffo.
Tyrion notò delle lacrime rigare il volto di Walder Frey.
Anche un uomo come lui, allora, era in grado di piangere.
«T-ti prego… U-uccidimi, feh».
«Oh, puoi stare certo che lo farò. Ma prima guarda la tua progenie morire!» gli sussurrò Arya.
Tum, tum, tum.
Lo scontro era giunto al termine.
La stanza era disseminata di cadaveri: erano tutti dei Frey, nessun uomo del Nord era stato ucciso.
I lupi si avventarono nuovamente sulle carcasse, divorandole.
Lord Walder tremava come una foglia. Le sue brache erano tutte bagnate.
Nymeria gli si avvicinò ringhiando.
Avanzò anche Grande Jon, il quale si posizionò alla sua sinistra.
Arya e lord Jon si guardarono, annuirono ed insieme tagliarono la testa al vecchio Frey.
Il meta-lupo gli si avventò subito dopo, lacerandogli il petto.
Il suono dei tamburi cessò.
Urla di giubilo si diffusero in tutta la stanza.
«Arya Stark!» gridò Jon Umber seguito dagli altri uomini.
Tutti inneggiavano alla figlia di lord Eddard.
Tyrion si unì al coro.
I lupi ulularono.
Era cominciata la vendetta.
Ma, cosa più importante, era iniziata la rivincita dei lupi.

 


Angolo Autrice.
Ehilà! :)
In questo capitolo finalmente Arya ha la sua prima vendetta.
Avevate capito che la sua prima meta erano le Torri Gemelle?
Ho reputato giusto che lord Walder venisse ucciso da Grande Jon e Nymeria oltre che dalla figlia di Ned e Catelyn, principalmente per due motivi (SPOILER per chi non avesse letto il libro o visto la serie tv): il primo perché Jon Umber era presente alle Nozze Rosse ed è stato vittima del tradimento dei Frey, il secondo perché Vento Grigio è stato assassinato e la sua testa messa al posto di quella di Robb per scherno.
Tyrion si è dimostrato leale: sarà sempre così?
Ora che i Frey sono stati eliminati, dove andrà la giovane Stark?
Lo scoprirete nei prossimi capitoli!
Intanto, buone feste a tutti! :)
Saluti.
Violaserena.

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Capitolo 4
*** Davos ***


DAVOS

 
 
Un altro giorno era arrivato nella Terra dei Fiumi.
Un soffice ed esile strato bianco ricopriva il paesaggio circostante.
Alla fine, l’inverno era giunto.
Lo si poteva percepire non solo dall’aria, ma anche dalle notizie che erano pervenute.
Davos non era riuscito a crederci all’inizio dal momento che era successo tutto così in fretta.
Arya Stark aveva conquistato le Torri Gemelle, eliminato i Frey e liberato gli uomini del Nord ivi prigionieri.
Da quel momento in poi il Nord era rinato.
Tom Settecorde e Brynden Tully avevano riconquistato Delta delle Acque, i lord minori avevano rotto la pace con i Lannister, ma soprattutto i Manderly, gli Umber e molti altri avevano abbandonato Roose Bolton per unirsi alla giovane figlia di Eddard Stark.
Lord Bolton era stato accusato di tradimento e di aver organizzato le nozze del figlio con una finta Arya solo per ottenere i favori e l’alleanza delle casate del Nord.
Probabilmente ci sarebbe stato uno scontro e Davos non dubitava chi l’avrebbe vinto.
Invece che cosa avrebbe fatto il suo re? Ma, soprattutto, era ancora vivo?
Doveva esserlo. Stannis era forte, non si sarebbe fatto battere tanto facilmente.
«Cagnaccio, piano!» stava urlando Osha al meta-lupo di Rickon.
Lord Manderly aveva ragione: il figlio minore di Eddard e Catelyn era vivo e lui l’aveva trovato nell’arcipelago di Skagos. Avrebbero dovuto dirigersi a Porto Bianco, ma lungo il percorso avevano incontrato la Fratellanza senza Vessilli che li aveva catturati.
Non erano dei veri e propri prigionieri, almeno non lo erano più stati da quando avevano scoperto la loro identità. Comunque non potevano andarsene, almeno finché non avessero ottenuto il consenso di lady Stoneheart. Stando a quanto diceva Anguy la donna sarebbe arrivata a breve così come presto sarebbe arrivata Arya Stark.
Thoros di Myr l’aveva visto nelle fiamme.
Davos non aveva comunque intenzione di andarsene considerando che la sorella di Rickon e lord Manderly sarebbero giunti presto. Magari quest’ultimo avrebbe potuto dargli informazioni su Stannis.
Colpi di martello lo distrassero dai suoi pensieri.
Era il ragazzo che chiamavano il Toro.
Quando l’aveva visto per la prima volta, aveva pensato di trovarsi faccia a faccia con il fantasma di Robert Baratheon. Aveva capito subito che il giovane non poteva che essere uno dei figli bastardi del defunto re e glielo aveva detto.
Gendry, per tutta risposta, lo aveva guardato torvo e insultato.
Poi ci aveva ripensato ed era andato a chiedergli scusa, dicendogli che forse aveva detto la verità.
“Non forse, è la verità” pensò Davos.
Non era, tuttavia, il caso di insistere. Da quando, infatti, si era saputo dell’arrivo imminente di Arya Stark, Gendry era inavvicinabile: stava tutto il giorno rinchiuso nella fucina.
L’unico con cui parlava era Rickon. Sembrava avere simpatia per il bambino.
«Stanno arrivando!» gridò Lem.
Non era neanche da chiedere chi stesse arrivando.
Rickon era euforico così come lo era il suo meta-lupo.
Gendry, notò Davos, osservava ansioso la strada.
Cagnaccio ululò.
Altri ululati risposero.
Arya Stark era alla testa di un numeroso esercito. Di fianco a lei vi erano un meta-lupo, Grande Jon e Tyrion Lannister.
«Arya!» urlò felice il più piccolo degli Stark.
«Rickon!» gli sorrise lei, correndo ad abbracciarlo una volta scesa da cavallo.
Nymeria e Cagnaccio si corsero incontro e si fecero le feste.
«Sei davvero cresciuto!» disse Arya al suo fratellino.          
«Anche tu! Ora assomigli tanto alla statua di Lyanna» affermò Rickon.
Sua sorella gli sorrise e lo abbracciò di nuovo.
La figlia di lord Eddard, poi, si avvicinò a Davos e Osha e li ringraziò per essersi presi cura di suo fratello.
«Oh Arya Stark, ne è passato di tempo dall'ultima volta» esclamò contento Tom Sette.
«Mi fa piacere vedere che state tutti bene».
«E noi siamo felici di vederti in buona salute. Anche se, non ho dimenticato, quel brutto scherzo che ci hai combinato l'ultima volta» continuò Anguy.
«Sono stata costretta ad andarmene. Volevo raggiungere mia madre e Robb».
Thoros di Myr si alzò, guardò intensamente la fanciulla negli occhi e disse: «A questo proposito, devi sapere che... Che Beric Dondarrion è morto. Ha ceduto la sua vita a...».
«Per i Sette Dei! Quel ragazzo è uguale a Robert Baratheon!» esclamò il Folletto indicando il Toro.
«Gendry!» lo salutò felice Arya.
Il ragazzo la guardò imbronciato.
Lei lo abbracciò felice, lasciandolo di stucco.
«Non puoi fare così» le disse.
«Così come?».
«Tornare qui dopo tutto questo tempo. Abbracciarmi e... dimenticare tutto».
«Dimenticare tutto?».
«Tu mi hai abbandonato. Te ne sei andata senza dire niente e...».
«Io non ti ho abbandonato. Al massimo sei stato tu a farlo. Ricordi? Ti avevo chiesto di venire con me a Delta delle Acque, ma tu mi hai risposto che preferivi rimanere qui con i fuorilegge!».
«Questo non giustifica il fatto che tu te ne sia andata senza dirmi niente!».
Gendry diventò rosso all'improvviso.
Lem ed Edric Dayne sghignazzarono.
«É questo il motivo per cui sei arrabbiato con me? Perchè non ti ho detto che intendevo andarmene?».
Il ragazzo non rispose.
Arya lo abbracciò più forte.
«Ho intenzione di riprendermi il Nord e, per farlo, ho bisogno anche dell'aiuto della Fratellanza senza Vessilli. Non dubito che mi daranno il loro appoggio, ma tu... Tu me lo darai?».
«Io non ti servo. Hai già molti alleati».
«Io ho bisogno di un amico».
Gendry la fissò e, senza volere, le sorrise.
«Va beh, immagino che, dopotutto, un fabbro del mio calibro possa esserti utile».
A questo punto, sorridendo, ricambiò l'abbraccio di Arya.
Rickon, tutto contento, si unì a loro.
«Non c'è dubbio, quello è senz'altro uno dei figli bastardi di Robert Baratheon» stava dicendo Tyrion a Grande Jon.
«Lo è» concordò Davos avvicinandosi a loro.
«Oh ecco il servetto di Stannis» ghignò lord Jon.
«Sono il Primo Cavaliere del re, se compiace a vostra signoria».
«Stannis non è più re di quanto lo sia Tommen».
«Questo, però, non dirlo davanti alla mia cara sorella» commentò ironicamente il Folletto.
«Lady Stoneheart sta arrivando» annunciò Lem.
Davos era curioso. Aveva sentito molto parlare di questa lady e desiderava vedere chi fosse con i suoi occhi.
Il rumore degli zoccoli era sempre più vicino.
Non sapeva nemmeno lui il perchè, ma pensava che il suo arrivo sarebbe stato molto importante.
Notò Thoros di Myr fissare i figli di Ned Stark.
Prima che potesse domandarsi il perchè, la donna arrivò con il suo seguito.
«Per i Sette Dei!» sentì dire a Tyrion.
Tutti gli uomini del Nord erano rimasti paralizzati per la sorpresa, persino Grande Jon.
Davos spostò il suo sguardo sulla donna e rimase a fissarla come imbambolato.
Il suo viso era familiare. Dove l'aveva già vista?
«Madre...» dissero in coro Arya e Rickon.
"Madre?".
Ma certo: quella donna era Catelyn Stark.
La donna strabuzzò gli occhi vedendo i suoi due figli.
Calde lacrime cominciarono a rigarle il volto.
Rickon corse subito ad abbracciarla, mentre Arya rimase immobile a guardarla come se si trovasse di fronte ad un miraggio.
Thoros di Myr si fece avanti ed affermò: «Come stavo cercando di dirti prima, Beric Dondarrion è morto. Ha ceduto la sua vita a lady Stoneheart, ovvero a tua madre».
Arya cominciò a piangere dalla gioia.
Corse verso sua madre e si gettò nelle sue calde braccia.
Davos notò Tyrion asciugarsi gli occhi.
Possibile che un Lannister potesse commuoversi?
Ma forse lui era diverso.
«Oh madre! É così bello rivederti!» singhiozzò Arya.
La donna mosse le labbra, ma non uscì alcun suono.
«Non può parlare. Purtroppo i Frey le hanno tagliato la gola» spiegò ai presenti Thoros di Myr.
«I Frey non potranno più fare nulla di simile. Hanno pagato con la morte i loro peccati» disse Grande Jon.
«Forse c'è una possibilità che lady Catelyn recuperi la voce» affermò, ad un certo punto, il Folletto.
La donna sembrò accorgersi solo in quel momento di lui.
Lo guardò con astio, ma poi vide il volto dei suoi figli e si rasserenò.
«Come?» chiese Tom Settecorde.
«Ad Approdo del Re c'è un mezzo maestro di nome Qyburn. Ha salvato il braccio a Jaime e so che è in grado di curare ciò che gli altri non riuscirebbero a risanare» continuò Tyrion.
Due degli assassini assentirono con un cenno della testa.
«Bene. Quando andremo ad Approdo del Re troveremo questo Qyburn e scopriremo se è in grado di restituire la voce a mia madre» disse Arya.
I presenti annuirono.
«Ora, però, dobbiamo riprenderci il Nord!».
«Il Nord!» urlarono tutti, compresi Tyrion, Rickon e Osha.
Lady Catelyn mosse le labbra. Benché non fosse scaturito alcun suono, era chiaro ciò che aveva detto: il Nord.
Anche Davos si unì a quel coro di voci.
Andando a settentrione avrebbe potuto ritrovare Stannis. E, per qualche strano motivo, sperò che il suo re potesse allearsi con Arya Stark.
 
 
 

Angolo Autrice.
Ciao a tutti!
In questo capitolo Arya rincontra un po' di vecchie conoscenze, ma in particolar modo Rickon e qualcuno che credeva essere morto: sua madre.
Mi è sembrata la scelta migliore far prendere una posizione alla Fratellanza senza Vessilli. Considerando che molti di loro, un tempo, erano alleati di Eddard Stark, non potevano non decidere di aiutare la sua giovane figlia.
Avevate capito che l'uomo visto dalla giovane attraverso gli occhi di Nymeria - come detto nel prologo - era Davos?
Che fine avrà fatto Stannis? Sarà ancora vivo come spera il suo vecchio contrabbandiere?
Chissà! xD
Intanto vi faccio gli auguri di buon anno! :)
Alla prossima!
Saluti.
Violaserena.

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Capitolo 5
*** Jaime ***


JAIME

 

Il sole splendeva alto nel cielo.
Due figure avanzavano, calpestando un soffice strato di neve.
Erano già passati tre giorni da quando avevano lasciato Pennytree, anche se avrebbero dovuto impiegare solo un giorno per raggiungere Sansa. Almeno così aveva detto Brienne.
La donna camminava davanti a Jaime Lannister, in assoluto silenzio.
Sembrava che qualcosa la turbasse.
«Ehi, quanto manca ancora?» le chiese.
«Non molto. Ci siamo quasi».
Jaime si guardò intorno. Aveva uno strano presentimento.
"Se ci attaccano, non potrò fare molto".
Da quando Vargo Hoat gli aveva tagliato la mano destra, non era più l'abile guerriero di una volta.
Sentì Brienne sospirare.
«Non stiamo andando da Sansa, vero?» le domandò, temendo la risposta.
La Vergine di Tarth si fermò, si voltò a guardarlo e fece un segno di diniego con la testa.
Jaime rimase turbato, più di quanto si aspettasse.
«Allora uccidimi adesso» le disse.
La donna lo guardò triste ed estrasse la spada.
Si chiamava Giuramento ed era stato lui a dargliela.
«Prima però, dimmi perché».
«Ho fatto un giuramento».
«Lo hai fatto anche a me, se per questo».
«Ma l'ho fatto a qualcun altro prima di te. Qualcuno a cui devo la vita. E lo stesso vale per te».
«Lady Catelyn? Lei non ti ha mai chiesto di uccidermi, a meno che non sia resuscitata» rise.
Brienne lo guardò, sorpresa.
"Non può essere".
«Lady Catelyn è viva. Ora è conosciuta come lady Stoneheart».
«Non posso crederci! Ma come è possibile?».
«Thoros di Myr mi ha detto che è stato il Signore della Luce a ridarle la vita. In cambio lui ha preso quella di Beric Dondarrion».
Jaime scoppiò a ridere. Non sapeva nemmeno lui il perché.
Brienne gli puntò contro la spada.
Si sentì un rumore di zoccoli avvicinarsi.
In breve tempo furono circondati.
Jaime rise più forte.
«Ti diverti, fratello?» sentì dire ad una voce che conosceva bene.
«Tyrion!».
Il Folletto ghignò.
Vicino a lui c'erano una giovane fanciulla e una donna.
"Lady Catelyn! Allora è vero quello che Brienne ha detto!".
Notò, poi, il cantastorie che aveva incontrato a Delta delle Acque. C'erano anche Jonos Bracken, Tytos e Hoster Blackwood, Grande Jon, Podrick Payne, un ciccione che altri non poteva essere che lord Manderly, Jon Flagello delle Puttane, un ragazzo identico a Robert Baratheon, un bambino ed un uomo che non pensava di conoscere, oltre a due grossi meta-lupi.
"Che ci fa qui Hoster? E Grande Jon non era prigioniero dei Frey? E..." poi sembrò capire.
Guardò meglio la ragazza e il bambino.
Non c'erano dubbi: erano Arya e Rickon Stark!
«Bene, bene. Qual fortunato incontro. Non sei lieto di vederci, Sterminatore di Re?» gli domandò ironicamente Jon Umber.
«Ma certo, non vedevo l'ora di rivedere le vostre brutte facce!».
«Come sei scortese, fratello» disse Tyrion.
«Finirà di fare l'arrogante presuntuoso una volta che lo sbudelleremo!» tuonò Jon Flagello delle Puttane.
«Quanta violenza! Suggerirei di tagliarli la testa e, perché no, magari anche una gamba» propose lord Manderly.
Gli uomini risero.
Arya Stark smontò da cavallo e si avvicinò a Jaime.
Tyrion fece lo stesso.
«Ti sei messo a seguire una lupacchiotta guerriera? Non ti bastava quella che hai sposato?» domandò, ironicamente, il gemello di Cersei.
«Credo di preferire i lupi ai leoni. Sono molto meglio!».
Arya guardò Jaime e poi si rivolse a Brienne chiedendole perché avesse detto a sua madre che l'uomo era cambiato.
La donna, all'inizio, rimase in silenzio. Poi, quando vide un cenno di assenso da parte di lady Catelyn, le spiegò il motivo.
«E tu credi a quello che ha detto?» chiese lord Blackwood.
«Mi è sembrato sincero. E poi mi ha affidato l'incarico di trovare Arya e Sansa e di riportarle alla loro madre. Perché avrebbe dovuto farlo se non fosse cambiato?» gli rispose la Vergine di Tarth.
«Però non si è fatto scrupoli a prendere Delta delle Acque e Sala dei Corvi» disse Jonos Bracken.
«Non mi sembra ci sia stata alcuna battaglia. Io le ho prese con la diplomazia. Nessuno...» tentò di dire Jaime.
«Perché non dovrei ucciderti?» lo interruppe Arya.
La fissò. Notò che aveva gli occhi puntati su di lui. Per qualche strano motivo il suo sguardo lo metteva in soggezione.
«Tu hai reso storpio mio fratello Bran, tuo figlio Joffrey ha inviato un sicario ad eliminarlo ed ha ordinato di uccidere mio padre. Tu hai tolto la vita a molti uomini del Nord, hai tentato di fuggire da Brienne...» continuò Arya.
Jaime chinò la testa.
«...Tu hai salvato Approdo del Re dalla pazzia di Aerys Targaryen. Forse, in un certo senso, Brienne potrebbe avere ragione» concluse.
L'uomo la guardò stupito.
«Non devi fidarti di lui» esclamò Jon Flagello delle Puttane.
«Concordo. Lui è uno sporco traditore» sussurrò Tyrion.
«Mi dispiace per averti mentito riguardo a Tysha. Sapevo che l'amavi veramente e, nonostante ciò, ho dato retta a nostro padre. Mi pare, però, che tu ti sia vendicato uccidendo Joffrey e...».
«Non è stato lui a uccidere tuo figlio» lo interruppe, di nuovo, Arya.
«No? Eppure lui me l'ha confermato».
«Sai bene che non l'avrebbe mai fatto».
«Oh, è bello vedere che qualcuno si fida di me!» affermò il Folletto.
«Intendo dire che, se fosse stato lui, avrebbe architettato un piano migliore» sorrise la fanciulla.
Tyrion annuì, sorridendo ambiguamente.
«E quindi chi è stato?» domandò confuso Jaime.
«Tuo fratello mi ha raccontato cos'è accaduto. E, in base alla sua versione, solo una persona può aver ucciso Joffrey: lady Olenna Tyrell».
Il Folletto e Jaime la guardarono stupiti.
«Sansa aveva una collana con delle strane pietre. Probabilmente esse contenevano del veleno e, dal momento che la Regina di Spine è stata l'unica ad avvicinarsi a mia sorella e a sistemarle la collana, può essere stata solo lei. Tuttavia, i responsabili della morte di tuo figlio sono due».
«Chi altro? Chi?» domandò ansioso Jaime.
Anche Tyrion sembrava voler conoscere la risposta.
«Qualcuno che aveva interesse ad eliminarlo, qualcuno che voleva salvare Sansa per la sua somiglianza con una donna un tempo amata, qualcuno che non rischiava di essere incolpato perché non si trovava lì».
Silenzio.
«Ditocorto!» esclamò ad un certo punto il nano.
Arya annuì.
«Quel verme! Se ora penso che è lord della Valle di Arryn...» disse arrabbiato Jaime.
«Quindi, potrebbe non essere un caso la morte di lady Lysa» constatò Grande Jon.
Catelyn, mesta, annuì.
Brienne si avvicinò a Jaime e gli mise una mano sulla spalla per confortarlo.
Lui non aveva pianto per la morte di suo figlio, lui non si era sentito triste. Ma questo non toglieva il fatto che avrebbe dovuto vendicarsi. Lo avrebbe dovuto fare, almeno, per Cersei anche se non se lo meritava.
"Soltanto questo avrà da me".
«Attacchiamo la Valle di Arryn?» domandò Gendry.
«No, prima dobbiamo riconquistare il Nord. Una volta fattolo, sarà Petyr Baelish a venire da noi. E, se le mie supposizioni sono esatte, si porterà dietro Sansa. Difatti, credo che mia sorella sia con lui».
«Invece che cosa ne facciamo di lui?» domandò lord Manderly in riferimento a Jaime Lannister.
«Lo uccidiamo. Sarà un piacere farlo con le mie mani» ghignò il Folletto.
«No!» lo fermò Arya.
«No? Lui deve pagarla per ciò che mi ha fatto!».
«Vuoi davvero uccidere l'unica persona della tua famiglia che ti abbia mai voluto bene? É vero, ha commesso molti errori, ma tutti ne facciamo».
Tyrion restò in silenzio.
«Una volta ritrovato Bran, ci sarà un processo e solo allora decideremo la sua sorte: staremo a vedere se sarà vita o morte».
Gli uomini del Nord, benché scettici, acconsentirono.
«Fino a quel momento, Jaime Lannister, sarai sotto la sorveglianza di tutti noi, in particolare di Brienne. Non ti incatenerò...».
«Potrei scappare» sussurrò il gemello di Cersei.
«No, non lo farai. Abbiamo sconfitto il tuo esercito. É stato un vero piacere uccidere con le mie mani Ilyn Payne» sorrise crudelmente Arya, per poi continuare dicendo: «e non credo che tu intenda tornare da tua sorella».
«Hai finalmente aperto gli occhi sulla dolce Cersei? O, forse, sei solo arrabbiato perché ha aperto le gambe a metà corte?» lo schernì il nano.
«L'unico cosa che devo a Cersei è la vendetta per Joffrey. Per il resto, può anche andare a farsi fottere».
Tyrion rise di gusto: «Quanto mi piacerebbe che lei l'avesse sentito».
I presenti si diressero verso l'accampamento.
Brienne si affiancò a Jaime e gli disse: «Perdonami per averti mentito. Io n-non volevo...».
«Non devi scusarti» le sorrise.
Lei ricambiò il suo sorriso.
La Vergine di Tarth non era bella, ma per un momento lui pensò che lo fosse.
Scacciò quel pensiero dalla testa e si avvicinò ad Arya Stark.
«Grazie» le sussurrò.


 

Angolo Autrice.
Ehilà!
Questo capitolo non è molto movimentato, ma non temete: il prossimo lo sarà!
Avevo bisogno che i personaggi venissero a conoscenza di alcune cose. Ciò potrebbe avere delle conseguenze in futuro… Chissà! xD
Secondo voi ha fatto bene Arya a risparmiare la vita a Jaime? Quest’ultimo è veramente cambiato come sostiene Brienne?
Per concludere… Auguri di buona Epifania!! :)
A presto.
Violaserena.

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Capitolo 6
*** Theon ***


THEON

 

Fiocchi di neve cadevano sulla gelida terra del Nord.
Tutto era bianco all'orizzonte.
Theon arrancava nella soffice massa bianca, tenendo per mano l'infreddolita e spaventata Jeyne Poole. Dietro di loro vi erano sua sorella Asha, Tycho Nestoris, Alysanne Mormont, Justin Massey, Tristifer Botley e Stannis.
Cinque giorni prima l'esercito di Roose Bolton aveva attaccato l'esercito del fratello di Robert Baratheon.
Le cose, però, erano andate diversamente da come il nuovo Protettore del Nord si aspettava. Difatti i Karstark erano stati uccisi dopo che una lettera di Jon Snow avvertiva il re del loro tradimento, i lord del Nord se n'erano andati non appena avevano ricevuto la notizia dell'arrivo della vera Arya Stark. Pertanto né lord Bolton né Stannis erano riusciti a prevalere, cosicché il primo era stato costretto a ripiegare a Grande Inverno, mentre il secondo aveva deciso - pur controvoglia - di cercare la figlia di Ned Stark e convertirla alla sua causa.
Questa decisione aveva salvato la vita a Theon: difatti, prima di allora, Stannis aveva convenuto, su consiglio di Asha - la quale voleva evitare al fratello la crudele sorte di essere bruciato vivo - di decapitarlo.
Sapeva di meritare la morte per quello che aveva fatto, ma voleva che fossero gli Stark ad infliggergliela. Gli Stark e nessun altro.
«Non ne posso più di tutta questa neve!» si stava lamentando Tristifer Botley quando si udirono suonare dei corni da guerra.
"Ci siamo" pensò Theon.
Figure nere all'orizzonte avanzavano velocemente verso di loro.
"Sono migliaia!".
Vide la faccia corrucciata di Stannis.
"Potrebbero sconfiggerlo in qualsiasi momento e lui lo sa".
Due grossi meta-lupi li raggiunsero prima dell'arrivo del grande esercito.
I due animali scrutarono i presenti. Si soffermarono a guardare Theon e digrignarono i denti.
"Perdonatemi".
I meta-lupi smisero di ringhiare. Sembrava quasi che avessero percepito le sue parole.
Nel frattempo l'esercito del Nord era giunto.
«Vostra altezza!» esclamò una voce.
«Davos?» domandò stupito Stannis.
Un uomo si fece avanti, chinandosi al cospetto del suo re.
«Ti sei unito alla giovane Stark?» gli domandò, senza tanti giri di parole, il fratello di Robert.
«Io ho giurato fedeltà solo a te. Non potrei mai tradirti, lo sai».
«Di questi tempi, i tradimenti sono all'ordine del giorno» ghignò il Folletto.
«Allora è vero che un Lannister si è unito all'esercito del Nord» affermò cupo Stannis.
«Non uno. Due!».
Jaime Lannister avanzò accanto al fratello.
«So che vorresti farli fuori con le tue mani. Ma, credimi, potresti scoprire che non sono così male come possono sembrare. Non più, almeno» disse Arya.
Rickon e lady Catelyn le si misero accanto.
A Theon vennero le lacrime agli occhi. Si ricordò del tempo passato con gli Stark, dei giochi, delle lezioni di maestro Luwin, delle storie della vecchia Nan.
"Come ho potuto tradirli?".
«Tu ti potrai fidare di loro, ma non io. I Lannister sono degli usurpatori e dei traditori» sputò fuori Stannis.
«Pienamente d'accordo» sogghignò Tyrion.
L'uomo lo guardò torvo.
«E come se non bastasse, c’è pure uno dei bastardi di mio fratello. Cos’è? Una congiura contro di me?» disse Stannis indicando Gendry.
Il Folletto scoppiò a ridere.
«Lo trovi divertente, nano?».
«Incredibilmente si. Non credevo fossi capace di far ridere qualcuno!».
«Ti prego di venire con noi. Potremo discutere con tranquillità in una tenda calda» propose Arya prima che la situazione, già tesa, peggiorasse.
Stannis assentì con la testa, anche se era evidente che ne avrebbe fatto volentieri a meno.
Grande Jon e Tytos Blackwood avanzarono e incatenarono Asha e Tristifer Botley.
«Ehi, ma che significa?» chiese, furibonda, Asha.
«Il Nord non dimentica. Gli uomini di ferro pagheranno per essersi ribellati» affermò Jon Umber.
«Il Nord non dimentica» continuò guardando con astio Theon.
"Arya, è stata Arya a dirgli di non toccarmi. Perché?".
Rickon avanzò verso di lui e lo guardò.
Il suo sguardo lo faceva sentire a disagio.
Nel mentre Arya si era avvicinata a Jeyne. Quest'ultima si inchinò, goffamente.
«Septa Mordane non sarebbe compiaciuta. É forse questo il modo di fare un inchino?».
«P-perdonami».
La figlia di Ned Stark le diede uno schiaffo.
«Questo è per esserti finta me».
Le diede un altro schiaffo.
«E questo è per la tua pessima imitazione e per esserti inchinata. Non sono una regina».
Jeyne si toccò le guance rosse e represse le lacrime.
«Ora sei al sicuro» le sussurrò prima di allontanarsi con Stannis, Grande Jon, lord Manderly e Jon Flagello delle Puttane.
 

*
 

Erano passati già dieci giorni da quando Theon aveva rincontrato gli Stark.
Tristifer Botley era stato giustiziato, mentre Asha era ancora prigioniera.
Stannis aveva accettato di allearsi con Arya e sembrava piuttosto soddisfatto: chissà che cosa gli aveva detto per renderlo così contento?
I due eserciti erano poi arrivati alle porte di Grande Inverno.
Presto ci sarebbe stata una battaglia.
Theon andava avanti e indietro all'interno della sua tenda.
«Non riesci a stare fermo?» gli domandò Rickon entrando.
Con lui c'erano anche Arya e lady Catelyn.
«No, non ci riesco».
I tre Stark si sedettero e gli dissero di fare altrettanto.
Silenzio.
Per molto tempo nessuno parlò, poi, ad un certo punto, Arya gli domandò: «Perché l'hai fatto?».
Lui non riuscì a risponderle.
La fanciulla sospirò, si alzò e gli lanciò una spada.
Lui la prese al volo.
«Sai ancora maneggiarla?».
«S-si».
«Bene, allora andiamo a combattere».
Theon la guardò sorpreso: voleva che duellassero?
Rickon rise, Catelyn scosse la testa.
«Che cosa hai capito? Attacchiamo Roose Bolton e ci riprendiamo Grande Inverno» gli spiegò Arya, sorridendo leggermente.
«P-perchè? P-perchè non mi uccidi dopo tutto quello che ho fatto?».
«Dovrei farlo, è vero. Ma voglio darti la possibilità di rimediare ai tuoi errori. Sarebbe troppo semplice se ti uccidessi. A volte è più difficile vivere che morire. Sai perché? Perché rimanendo in vita si devono affrontare i propri demoni interiori. Si deve affrontare se stessi. Tu sei in grado di farlo?».
«Ci proverò».
Rickon e Catelyn sorrisero.
Com'era possibile che sorridessero dopo tutto quello che aveva fatto?
La risposta la conosceva. L'aveva sempre saputa.
"Loro sono gli Stark. Sono diversi da tutti gli altri".
Sorrise anche lui.
«Allora distruggiamo i Bolton e riprendiamoci Grande Inverno!» esclamò Arya alzando in alto la spada.
Theon, Catelyn e persino il piccolo Rickon fecero lo stesso.
"É la loro casa, combattono per riaverla. É la loro casa. Ma è anche la mia".
I corni suonarono.
Gli eserciti erano schierati.
Gli stendardi con il meta-lupo degli Stark e l’uomo scuoiato dei Bolton sventolavano sotto il lieve nevischio.
Roose Bolton, accompagnato da suo figlio Ramsay, si fece avanti.
«Siete stati rapidi a giungere qui. Devo ammetterlo, non me lo aspettavo» disse il lord di Forte Terrore.
«Ma non vi servirà a niente! Morirete tutti quanti. Sarà per me un piacere scuoiarvi uno ad uno» continuò, con uno strana luce negli occhi, suo figlio.
«E come speri di riuscirci? Siete numericamente inferiori a noi» controbatté Wyman Manderly.
«Quante volte un esercito inferiore di numero è riuscito a sconfiggerne uno più numeroso? Dovreste saperlo: Robb Stark l’ha dimostrato» affermò lord Bolton.
«Non permetterti di nominare Robb Stark, traditore che non sei altro!» tuonò Grande Jon.
Lo scontro incominciò senza che Theon se ne fosse reso conto.
Sembrava passato molto tempo dall’ultima volta che aveva combattuto.
Reek non ne sarebbe mai stato capace.
Ma lui non era Reek. Solo Ramsay credeva che lo fosse.
Lui era Theon Greyjoy, figlio di Balon.
“No, non mi ha mai considerato suo figlio. Io sono…”.
Ci mancò poco che una spada lo trafiggesse da una parte all’altra.
Riuscì a spostarsi in tempo e ad assestare un fendente che aprì lo stomaco del suo avversario.
La vista di tutto quel sangue lo orripilò.
“Non posso essere diventato così impressionabile”.
Nel mentre Arya, con un doppio colpo, tranciò di netto la testa di Hosteen Frey e di Grande Walder.
Era diventata molto abile con la spada. Theon ricordò di come la giovane saltasse spesso le lezioni di cucito per vedere i suoi fratelli allenarsi insieme a Rodrik Cassel o quando lei e Bran combattevano con dei bastoni.
Una voce lo riscosse dai suoi pensieri.
«Ti ho trovato, mio caro Reek».
Theon si girò, bianco come un cadavere.
Ramsay Bolton avanzava verso di lui con in mano una spada insanguinata.
«Vieni qui Reek. Sai che non ti ucciderò. Ramsay vuole bene al suo Reek».
Un sorriso malvagio si disegnò sul volto del Bastardo di Bolton.
Il giovane Greyjoy cominciò a correre disperato verso Grande Inverno.
Un’altra voce lo chiamò, ma lui non si fermò.
Entrò in quella che era stata la sua casa per molto tempo.
Si guardò intorno e con il cuore che batteva a mille si diresse verso il parco degli dei.
Sulle sponde di uno specchio d'acqua nera si ergeva un antico albero-diga.
L’albero del cuore, con i suoi rami pallidi, le foglie rosse, il volto solenne scolpito nel tronco – come spesso soleva dire Eddard Stark – era il cuore di Grande Inverno.
Lì si sentiva al sicuro, in pace. Si sentiva a casa.
Per un attimo gli parve di udire una voce provenire dall’albero-diga.
«Questo non si fa, Reek. Fuggire così dal tuo padrone».
Theon trasalì: Ramsay l’aveva trovato.
«Da bravo, vieni. Ti punirò, come è giusto. Ma poi starai bene, hai la mia parola».
«La parola del Bastardo di Bolton».
L’aveva detto veramente.
«Come hai detto?» domandò arrabbiato Ramsay.
«Sei sordo? Ti ho chiamato bastardo. Perché lo sei. Un bastardo nato da uno stupro, uno Snow, checché ne dica il re bambino».
Theon non riusciva a credere di aver trovato tutto quel coraggio.
«Ramsay Snow» sputò fuori, liberando tutta la rabbia che aveva accumulato nel tempo in cui era stato Reek.
A quel punto il figlio di lord Bolton si avventò come una furia su Theon.
Cominciò a colpirlo ripetutamente con la spada, sfigurandolo.
«Vedremo se continuerai a fare l’impertinente. Ti scuoierò vivo!» gli gridò.
Theon cercò di reagire, ma non ci riuscì.
Qualcuno menò un fendente alla spalla di Ramsay: era Arya!
Il Bastardo di Bolton urlò per il dolore e cercò di colpire la fanciulla, ma lei lo evitò e lo colpì alla nuca facendogli perdere i sensi.
«Theon, Theon!» disse preoccupata, notando il suo volto insanguinato e le sue innumerevoli ferite.
«Per me è finita».
«No, non è così. Chiamerò subito un maestro che ti…».
«Finiscimi. Ti prego».
Arya lo guardò sconvolta.
«Ho commesso t-tanti errori. M-mi dispiace. P-perdonami se puoi».
Lei lo guardò in silenzio.
«Ho capito troppo tardi che io n-non sono un Greyjoy. Io sono uno Stark. E m-mio padre è morto assassinato ad Approdo del Re».
Lacrime cominciarono a rigare il volto di Arya.
«N-non piangere per me. Non lo merito».
«Siamo cresciuti insieme e, nonostante tutto quello che hai fatto, io ti voglio bene».
Theon sorrise.
«Spero di t-trovare la pace e di rincontrare Ned e Robb».
«Sono sicura che li rincontrerai» gli sorrise Arya.
Era un sorriso sincero.
La giovane estrasse Ago, lo guardò per l’ultima volta e gli conficcò la spada nel cuore.
L’ultima cosa che Theon vide fu una nuvola.
Una nuvola a forma di lupo.
Poi la sua vita finì e lui morì sereno, con il sorriso sulle labbra accanto all’albero del cuore.

 



Angolo Autrice.
Ciao a tutti!!
Allora, da dove cominciare?
In questo capitolo Arya e Stannis si alleano: cosa avrà detto la fanciulla da rendere così soddisfatto il duro fratello di Robert Baratheon?
Per quanto riguarda Theon… Viene lasciato in vita dagli Stark e trova la forza di combattere e poi di ribellarsi a Ramsay.
Che fine farà quest’ultimo? E suo padre?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo! ;)
Tornando a Theon, ho reputato giusto che perdesse la vita proprio a Grande Inverno, accanto all’albero del cuore.
In fondo, quella è sempre stata la sua vera casa come ha capito anche lui alla fine.
Egli potrà, finalmente, lenire le sue sofferenze e trovare la pace.
Voi che ne pensate?
Alla prossima! :)
Saluti.
Violaserena.

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Capitolo 7
*** Catelyn ***


CATELYN

 

Era passato molto tempo dall’ultima volta che era stata lì, a Grande Inverno.
A quell’epoca suo marito e tutti i suoi figli erano ancora in vita.
Anche maestro Luwin e la vecchia Nan lo erano. E così Mikken, Tom il Grasso, Rodrik e Jory Cassel.
Ora non era più così.
Tutto era precipitato da quando Robert Baratheon era venuto da loro e aveva chiesto a Ned di diventare Primo Cavaliere.
Avrebbe voluto che il defunto re non fosse mai venuto da loro.
Avrebbe voluto tante cose.
Ma, ora, era tempo di guardare avanti.
Proteggere chi era vivo e riportare la pace.
Roose Bolton era stato giustiziato all’alba di quella stessa mattina.
Era stata Arya in persona a svolgere tale compito, proprio come avrebbe fatto suo padre.
Gli somigliava molto, più di quanto pensasse.
La sua piccola e gracile figlioletta era diventata una guerriera come aveva sempre sognato. Aveva riconquistato il Nord e li aveva riportati tutti a casa. Ma sapeva che non si sarebbe fermata lì.
Era cresciuta in fretta proprio come Robb quando era diventato re del Nord.
Robb. Era solo un ragazzo. Un ragazzo che si era caricato sulle spalle un peso più grande di lui. Un ragazzo d’onore che aveva vinto tutte le battaglie ed era stato tradito e assassinato.
Catelyn non si sarebbe mai dimenticata delle Nozze Rosse.
I Frey ancora in vita sarebbero morti.
“Li impiccherò tutti” pensò. “Tutti”.
Si sporse alla finestra e osservò sua figlia parlare con Gendry.
Gli stava insegnando a tirare con l’arco.
«Stendi di più il braccio» disse Arya.
«Così, mia lady?» le sorrise Gendry.
La fanciulla gli tirò un lieve pugno sul petto.
«Non chiamarmi così».
«Ma tu sei una lady, per quanto possa sembrare difficile da credere».
«Che cosa vorresti dire?».
«Io, assolutamente niente. Sembrava forse il contrario, mia lady?».
Gendry cadde. Qualcuno lo aveva afferrato da dietro.
Arya scoppiò a ridere e così fece l’artefice della sua caduta: Rickon.
I due fratelli si batterono il cinque.
«Mi chiedo come possano chiamarti il Toro. Ti sei fatto stendere da un bambino di sei anni!» sogghignò Arya. «Ma in fondo lui è mio fratello ed è uno Stark» continuò divertita.
«Sono il migliore» urlò felice Rickon.
Intanto Tom Settecorde stava cantando una delle sue solite canzoni:

Profondo e soffice è il mio letto di piume,
ed è là che io giacere ti farò.
Di seta gialla ti vestirò,
e in capo una corona ti porrò.

Perché tu la signora del mio amore sarai,
e il tuo lord io diverrò.
Al caldo e al sicuro io ti terrò,
e con la mia spada ti proteggerò.

Gendry si rialzò imbronciato.
«Oh guarda Rickon, ora fa il muso. Devi sapere che Gendry è molto permaloso».
«Io non sono permaloso!».
«Si che lo sei».
«Lo sei, lo sei» gli fece una linguaccia il piccolo Stark.
«Ah, è così? Bene. Mia lady, mio lord, ora vedrete!».
Gendry si lanciò all’improvviso contro di loro, trascinandoli con sé a terra.
Raccolse della neve e la tirò tra i capelli dei due fratelli.
Tra le risate iniziò una battaglia di palle di neve.
Gendry cercava di tenere ferma Arya, ma, ogni volta, lei gli scivolava via e gli dava un pugno. Quei colpi lo facevano ridere e ciò faceva infuriare ancora di più la figlia di Ned Stark.
Rickon lanciava palle di neve a raffica, colpendo anche sua sorella.
Probabilmente lo faceva apposta, sapendo che lei poi lo inseguiva e gli faceva il solletico.
Tutti e tre erano bagnati e ricoperti di neve, ma ciò non sembrava preoccuparli più di tanto.
«Non sono più tanto una lady ora, no Gendry?» domandò ironicamente Arya.
Il giovane le sorrise e rispose: «Sei una lady bagnata con i capelli arruffati. È la prima volta che ne vedo una così, sai?». «Oh, ed è anche la prima volta che vedo un lord conciato nello stesso modo» continuò rivolgendosi a Rickon.
I due fratelli si guardarono e poi partirono all’attacco – con le mani piene di neve – contro Gendry.
Catelyn stava ancora osservando divertita quella scena quando qualcuno entrò nella stanza.
Era Tyrion Lannister.
«Dovrebbero essere sempre felici come lo sono adesso. Allegri e spensierati. Dopotutto sono ancora molto giovani benché abbiamo già assistito ai mali del mondo» disse.
Lei lo scrutò: stava osservando anche lui i suoi figli e Gendry?
Il Folletto sospirò.
«Mi impiccheresti se non fosse per Arya, vero?».
Catelyn sorrise enigmaticamente.
«Dicono che tu sia diventata fredda come il ghiaccio, dura come la pietra. Io, però, non credo che sia così. Vedo nei tuoi occhi tutto l’amore che nutri per i tuoi figli. Se fossi diventata insensibile, non proveresti tale sentimento e le tue iridi non sembrerebbero così piene di calore e di gioia».
Lei annuì. Era stata, per un po’, lady Stoneheart, ma ora era tornata ad essere Catelyn. La Catelyn di sempre, o quasi.
«Sono fortunati ad averti. Io non ho mai avuto una madre. L’ho uccisa quando sono nato e mio padre e mia sorella non hanno mai dimenticato di rinfacciarmelo» sospirò, poi – avviandosi verso la porta – proseguì dicendo sommessamente: «Mi sarebbe piaciuto avere una madre come te».
Catelyn lo guardò stupita.
Arya le aveva detto che Tyrion era diverso dagli altri Lannister, ma non credeva che lo fosse così tanto. O, forse, non voleva crederlo.
La donna batté le mani per richiamare l’attenzione del Folletto che se ne stava andando.
Lui si girò a guardarla.
“No, non ti impiccherei” mosse piano le labbra.
Tyrion parve capire, sorrise impacciato e si accomiatò.
“No, non lo farei. E, forse, non lo farei nemmeno con Jaime” pensò.
 

*
 

Quando aprì la porta, Jaime Lannister era seduto a fissarsi il moncone. Poco più in là – intenta a lucidare la spada – vi era Brienne.
Quella spada Catelyn la conosceva molto bene: un tempo era appartenuta a suo marito.
Si chiamava Ghiaccio.
Non riusciva a sopportare di vederla totalmente cambiata e nelle mani di qualcun altro.
«Lady Catelyn» la salutò Brienne.
Lei ricambiò il saluto con un cenno del capo.
«Cosa ti porta qui? Hai forse deciso di accettare l’offerta che ti ho fatto in passato? Non ho più la mano destra, ma per il resto mi funziona tutto. Posso scaldarti il letto quando vuoi» sorrise sfacciatamente Jaime.
Era la stessa arroganza e presunzione di un tempo.
Questo irritò Catelyn.
«Perdonalo mia signora. Oggi è di cattivo umore» cercò di scusarlo la Vergine di Tarth, non prima di avergli lanciato un’occhiataccia.
«Difatti un po’ di movimento mi farebbe bene» ammiccò Jaime alla figlia di Hoster Tully. «Persino tu mi andresti bene» continuò rivolto a Brienne.
Quest’ultima lo guardò mesta. Il suo sguardo sembrò aver colpito l’uomo che chinò la testa come per scusarsi.
Fu quel gesto a fermare la mano di Catelyn. Gli avrebbe dato uno schiaffo se non fosse stato per quello.
Forse Jaime voleva bene a Brienne. Molto più di quanto pensasse.
Non poté fare a meno di sorridere.
Lo Sterminatore di Re e la Vergine di Tarth.
Una strana coppia. Di sicuro Cersei non l’avrebbe sopportato.
«Se rivuoi la spada puoi prenderla. Sempre che Brienne sia d’accordo, ma penso che lo sia conoscendo il suo onore» disse, ad un certo punto, Jaime.
«Si, mia lady. Questa spada apparteneva a tuo marito. È giusto che ce l’abbia tu» concordò la donna.
Catelyn prese Giuramento, se la rimirò tra le mani e sorrise.
“Grazie”.
«Non devi ringraziare. In fondo questo è quello che farebbe un cavaliere, no? E qualcuno mi ha ricordato che lo sono anch’io» affermò il figlio di Tywin Lannister.
La Vergine di Tarth chinò la testa imbarazzata.
Catelyn rise, anche se dalla sua bocca non uscì alcun suono.
Si avviò verso la porta e prima di uscire osservò Jaime e Brienne.
“No, non ti impiccherò Jaime Lannister”.
L’uomo parve capire e le sorrise.
Era un sorriso sincero, non di scherno come aveva sempre visto sul suo volto.
Forse era vero, era davvero cambiato. Lui e Tyrion.
Si stava incamminando verso la sua stanza, quando uno degli assassini le disse di andare nella Sala Grande.
Lì vi trovò i suoi figli, i lord del Nord, Stannis e alcuni suoi uomini, Tyrion, Gendry e… Suo fratello!
Edmure era lì.
«Catelyn!» esclamò l’uomo vedendola.
Sapeva che non era il momento, ma dopo tutto quello che aveva passato non poté trattenersi: andò ad abbracciarlo.
«Sei viva, sei viva» lo sentì ripetere.
Solo dopo un po’ si accorse che vicino a lui c’era una donna con un pancione.
Era Roslin ed era incinta!
“Tutti i Frey devono morire”.
Grande Jon richiamò l’attenzione dei presenti.
Arya si alzò dallo scranno su cui un tempo si sedeva suo padre e, con volto inflessibile, affermò: «Roslin Frey ti condanno a morte per tradimento e assassinio».
La fanciulla, già chiara di carnagione, sbiancò.
«Non puoi farlo. Lei non c’entra niente con quello che è successo alle Nozze Rosse!» esclamò Edmure.
I lord del Nord lo guardarono truce e cominciarono a brontolare tra loro.
«Chi tace quando è a conoscenza di qualcosa è colpevole tanto quanto gli altri. O vuoi forse darmi a bere che Roslin non sapeva niente?» domandò sprezzante Arya.
«Giustissimo» concordò Jon Flagello delle Puttane.
Edmure chinò la testa e bisbigliò: «È incinta di mio figlio».
«Non vorrai avere un bambino da una Frey? È una cosa assolutamente vergognosa» affermò, brusco, Tytos Blackwood.
«Lei la condannate e invece Jaime Lannister? E il nano? E il Bastardo di Bolton? E…» gridò il fratello di Catelyn prima che quest’ultima lo gelasse con uno sguardo.
I lord del Nord lo guardarono duramente.
Arya gli si avvicinò e affermò: «Jaime Lannister sarà processato quando avremo trovato mio fratello Bran. Lo stesso vale per Ramsay Snow. Per quanto riguarda Tyrion… Io mi fido di lui. E adesso io non ti devo dare nessun’altra spiegazione. Roslin è una Frey ed è condannata a morte».
Edmure rimase in silenzio.
«Avete ragione» sussurrò alla fine.
“È giusto così” pensò Catelyn.
La Sala Grande si svuotò.
Roslin fu giustiziata poco dopo.
Catelyn si avvicinò ad Arya.
«Credi che abbia fatto la cosa giusta?» le domandò quest’ultima.
Quell’aria incerta e desiderosa di approvazione le ricordò che sua figlia era ancora molto giovane. Decisioni come queste non erano facili da prendere. Anche Robb era sempre turbato in tali situazioni.
Catelyn assentì con la testa e la abbracciò.
Rimasero così per qualche minuto.
Arya le sorrise.
Quanto era bello poter vedere di nuovo il sorriso dei suoi figli.
Catelyn le fece una carezza e poi le diede Giuramento.
“Ghiaccio ora è tua. Non c’è persona migliore di te che possa portare questa spada. Abbine cura”.
La fanciulla accarezzò la spada e cercò di reprimere le lacrime.
«La porterò da Gendry e la farò riforgiare. Dev’esserci la testa di un meta-lupo sull’elsa e questo colore rosso-oro deve sparire. Dev’essere bianca e grigia. Deve tornare ad essere una spada del Nord!».
“Certo. E come la chiamerai?”.
Arya ci pensò un momento e poi, sorridendo, disse: «Inverno».
Non poteva scegliere nome migliore.

 



Angolo Autrice.
Ciao a tutti!
In questo capitolo lady Catelyn sembra cambiare opinione su Tyrion e Jaime.
Farà bene a fidarsi di loro?
Ritroviamo poi Edmure e Roslin. Arya, con l’appoggio degli uomini del Nord, decide di giustiziare la donna in quanto Frey e in quanto colpevole al pari dei suoi parenti di quanto accaduto alla Nozze Rosse.
Secondo voi ha fatto bene?
Mi e poi sembrato giusto che Brienne restituisse la spada a Catelyn e che quest’ultima la desse a sua figlia. Ghiaccio apparteneva ad Eddard, per cui nessuno tranne gli Stark può possederla, a mio avviso!
Bene, nel prossimo capitolo ci sposteremo ancora più a Nord! ;)
A presto. :)
Violaserena.

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Capitolo 8
*** Jon ***


JON

 

Notte. Pugnalate.
Non le avrebbe mai dimenticate. Mai. Soprattutto perché erano stati i suoi confratelli ad infliggergliele.
Come avevano potuto?
Alla fine, la predizione di Melisandre si era avverata.
Non sopportava che la donna avesse avuto ragione.
Jon Snow era vivo per miracolo. Era merito di Mance Rayder e di alcuni altri guardiani della notte contrari a ciò che avevano fatto Bowen Marsh e i suoi uomini se lui era ancora in vita.
Il re oltre la Barriera era tornato proprio nel momento giusto.
Quando Jon si era ripreso gli aveva raccontato tutto quello che era successo.
Aveva, così, scoperto che sua sorella, la vera Arya, aveva sconfitto Roose Bolton e riconquistato Grande Inverno.
Era stato felice nel sapere che la sua sorellina stava bene. E Rickon era vivo e questo significava che, forse, lo era anche Bran.
Si era commosso quando Mance Rayder glielo aveva detto.
Ora, i suoi fratelli stavano arrivando alla Barriera e lui non vedeva l’ora di incontrarli.
Non aveva ancora recuperato totalmente le forze, ma per nulla al mondo avrebbe rinunciato a riabbracciare Arya e Rickon.
E, poi, era ancora il lord comandante: non poteva farsi vedere debole dai suoi uomini, non dopo tutto quello che era successo.
Bowen Marsh e coloro che lo avevano appoggiato erano stati giustiziati per tradimento, ma Jon non era tranquillo.
Finché i Bruti fossero rimasti alla Barriera, doveva guardarsi le spalle.
Difatti, erano in molti tra i guardiani della notte a non tollerare la loro presenza.
Bisognava trovare in fretta una soluzione, considerando che molto probabilmente anche i lord del Nord non avrebbero gradito trovare il Popolo Libero lì e nel Dono di Brandon.
E, di certo, non avrebbero dato retta a Stannis, alla regina Selyse o a Melisandre.
Se solo Sam e maestro Aemon fossero stati con lui. Insieme avrebbero potuto cercare di risolvere il problema.
Sentì bussare alla porta.
Credeva fosse Clydas, invece, con sua enorme sorpresa erano Arya e Rickon.
Quando era arrivati? Perché nessuno lo aveva avvertito?
Scacciò quei pensieri dalla testa e abbracciò felice i suoi due fratelli.
«È bello rivedervi!» sussurrò tra le lacrime.
Si, lacrime. Stava piangendo per la gioia di rivedere i suoi adorati fratelli che, un tempo, aveva creduto morti. Ma non lo erano. Erano proprio lì con lui come un tempo. E questo bastava a cancellare tutto il suo dolore.
Jon si sentiva felice, felice come non mai.
«Mi siete mancati» sussurrò.
Arya e Rickon si strinsero ancora di più a lui come a volersi sincerare che non potesse sparire da un momento all’altro.
La giovane Stark gli sorrise.
Jon le asciugò una lacrima e le disse: «Sono contento che tu sia qui, sorellina».
«Lo sono anch’io».
Fu proprio in quel momento che lady Catelyn comparve sulla soglia.
Jon ebbe un tuffo al cuore.
Lo sguardo della donna era freddo. Freddo come il ghiaccio.
Lo guardava con astio, come aveva sempre fatto.
Avrebbe voluto vedere morto lui e non Robb. Jon ne era certo.
Arya e Rickon si sciolsero dal suo abbraccio e gli si misero accanto.
Lady Catelyn avanzò verso di lui, lo osservò per un tempo che a lui parve interminabile e poi fece una cosa che non credeva avrebbe mai fatto: gli diede un bacio sulla fronte, sorridendo.
Lui rimase immobile, quasi pietrificato per lo stupore.
Lei non aveva mai avuto nessun gesto d’affetto nei suoi confronti, mai. Eppure, adesso, sembrava quasi che fosse felice di vederlo.
“Ti trovo bene, nonostante tutto” mosse le labbra la moglie di suo padre.
Jon annuì, imbarazzato.
«Riprenditi Jon!» sorrise Arya.
«Riprenditi, riprenditi» ripeté Rickon.
Jon guardò lady Catelyn e, con timidezza, le sorrise.
La donna fece altrettanto.
Forse, dopo tutto quello che era successo, lei era cambiata. Forse, ora, l’avrebbe accettato.
Si stupì nel desiderare così tanto che lei lo accettasse e lo considerasse come uno dei suoi figli.
Però, sarebbe stato davvero bello se lo avesse fatto.
«Jon Snow, ne è passato di tempo!» esclamò il Folletto entrando nella stanza.
«Tyrion Lannister! Allora è vero che ti sei unito a mia sorella».
«Sembrerebbe di si. Sai com’è, con i leoni non mi sentivo a mio agio, quindi ho deciso di provare con i lupi».
Arya gli diede un colpetto alla spalla.
«Perché tutti adorino percuotermi non lo capirò mai. Sono un nano, sì, ma posso diventare un mostro se voglio. Ebbene si, un mostro più mostruoso di quello che sono già» continuò Tyrion.
«Tu non sei un mostro. E chi dice il contrario, allora non ti conosce veramente» gli sorrise, con sincerità,  Arya.
Il Folletto parve toccato da quelle parole.
A Jon sembrò di udire un “grazie” uscire dalla bocca del nano.
«Comunque, sono qui per dirti che è tutto pronto. Gli uomini ti stanno aspettando» affermò Tyrion.
Arya si avvicinò a Jon, lo prese sottobraccio e si avviò con gli altri fuori dalla stanza.
 

*
 

Quando arrivarono, come Tyrion aveva detto, erano già tutti lì: Grande Jon, Edmure Tully, Mance Rayder, Stannis, la regina Selyse, Davos, un ragazzo identico a Robert Baratheon, Tormund Veleno dei Giganti e Melisandre.
E quando mai la donna rossa non era presente?
Lord Manderly e Jon Flagello delle Puttane, invece, erano rimasti a Grande Inverno con parte dell’esercito. In questo modo avrebbero potuto sventare un eventuale attacco.
«Arya Stark, manda via i tuoi meta-lupi. Sono creature pericolose» disse la regina Selyse con tono imperioso.
Fu solo in quel momento che Jon si accorse della presenza di Spettro, Nymeria e Cagnaccio.
Come aveva potuto non notarli prima?
In fondo, non passavano di certo inosservati.
«Non ti faranno alcun male, non temere. Attaccano solo in situazioni di pericolo o quando hanno fame» le rispose la sua sorellina.
La regina la guardò torva, ma rimase in silenzio sebbene fosse evidentemente contrariata.
«Stannis, allontana la tua sacerdotessa rossa. Non ha motivo di stare qui» affermò, ad un certo punto, Grande Jon.
«Se il Folletto rimane, non vedo perché non possa restare anche lei» controbatté con astio Stannis.
Tyrion sbuffò.
«Non è la stessa cosa. Lui è un Lannister e ci ha aiutato ad eliminare i Frey! Che cosa ha fatto, invece, questa donna a parte sacrificare uomini al suo dio?» continuò, imperterrito, Jon Umber.
«Melisandre se ne deve andare» disse, con fermezza, Arya prima che qualcuno dei due dicesse qualcos’altro.
Grande Jon sorrise compiaciuto mentre Stannis la fissò, lievemente, arrabbiato.
«Chi sei tu per dare ordini? Lui è il re!» sibilò irritata Selyse Florent.
«Lui non è re di niente. Non ancora almeno. Pertanto, le decisioni le prendo io considerando che sono la sorella del re del Nord e ho un esercito numericamente superiore al vostro» le rispose con freddezza Arya.
La regina Selyse guardò sconcertata suo marito.
«È così. Non contestare più, donna» la gelò lui.
Jon non poté non sorridere. Sua sorella aveva sempre avuto un carattere forte, ma vederla mettere a tacere persone dure come Stannis e sua moglie era davvero notevole.
Melisandre si avviò verso l’uscita, ma prima sussurrò a lui e ad Arya: «Noi tutti dobbiamo scegliere. Uomo o donna, giovane o vecchio, signore o contadino, le nostre scelte sono le stesse. Scegliamo la luce o scegliamo l'oscurità. Voi avete scelto l’oscurità».
«Bene, possiamo procedere ora?» domandò Edmure.
Mance Rayder e Jon raccontarono per filo e per segno tutto quello che era accaduto alla Barriera.
Parlarono dei Bruti, degli Estranei, del tradimento di alcuni guardiani della notte e persino del periodo in cui Jon si era finto uno del Popolo Libero.
Arya, Rickon, Catelyn, Grande Jon ed Edmure lo guardarono stupiti: si poteva vedere una punta di biasimo sui loro volti.
«Non hai rispettato il giuramento» sussurrò, incredulo, Rickon.
«Lo so. Non avrei dovuto giacere con Ygritte».
«No, non avresti dovuto» affermò gelidamente la sua sorellina.
Il tono della sua voce lo rattristò. Non gli aveva mai parlato così.
Ma, in fondo, doveva aspettarselo.
Come aveva insegnato loro padre, l’onore era una delle doti più importanti.
E lui non aveva fatto una cosa onorevole.
«Tornando agli Estranei, che cosa pensate di fare?» interruppe quel momento imbarazzante Mance Ryder.
Arya sorrise.
«Ho un piano» disse e lo spiegò a tutti.
«È geniale, assolutamente. Saresti una moglie di lancia perfetta. Ti piacerebbe esserlo? Potrei soddisfarti a dovere. Sai, le dimensioni del…» stava dicendo Tormund prima che Mance lo interrompesse affermando: «Non sono sicuro che possa funzionare. Ma, d’altro canto, non abbiamo molte altre possibilità. Proviamoci e speriamo che tutto vada per il meglio».
«E se non dovesse andare come previsto?» chiese Gendry.
«Moriremo tutti» sentenziò Davos.
«Minime possibilità di successo, morti che camminano. Che cosa stiamo aspettando?» ironizzò Tyrion.
“Devi fidarti” mosse le labbra Catelyn.
«Io mi fido di Arya. Spero solo che Jon e Rickon imparino in fretta e che riescano a contattare Bran».
Una volta stabilito il da farsi, tutti abbandonarono la stanza.
Arya e Jon, insieme ai loro meta-lupi, si incamminarono verso la camera di Melisandre.
«Perché non hai rispettato il giuramento?» gli domandò sua sorella.
«Qhorin il Monco mi aveva ordinato di fingermi uno dei Bruti».
«Si, ma non ti aveva ordinato di farti le loro donne».
«Lo so, non avrei dovuto ma…».
«No. Non avresti dovuto. Ma l’hai fatto lo stesso».
«Mi sembri Alliser Thorne. Se fosse stato per lui, io ora sarei stato giustiziato per tradimento».
«Non avrebbe avuto tutti i torti a giustiziarti».
Quella frase lo colpì dritto al cuore. Faceva male più di qualsiasi ferita infertagli da una lama appuntita. Ed era stata sua sorella, la sua adorata sorellina a provocargli un simile dolore.
«P-perché?» balbettò Jon.
«Per tutto questo tempo ho desiderato di tornare a casa, di riabbracciare tutti i miei fratelli. Volevo vedere te in particolare. Noi due siamo sempre stati molto uniti e mi sei mancato veramente tanto. Quando guardavo Ago non potevo non pensare a te e alla nostra casa. Ho visto un sacco di cose brutte, persone orribili che si sono macchiate dei più orribili tradimenti e delitti. Mi rincuorava, però, sapere che nessuno di noi sarebbe mai stato così crudele e privo di onore. Invece, vengo qui e scopro che tu non hai rispettato il giuramento dei guardiani della notte. Forse può sembrare una cosa di scarsa importanza, ma non lo è per me. Io mi fidavo di te».
«Arya, mi dispiace…».
«E se non posso fidarmi di mio fratello, allora di chi altro dovrei fidarmi?».
«Arya…».
«Chi non rispetta un giuramento una volta, non lo rispetterà le volte successive».
«Arya…».
«Quindi, perché ora dovrei fidarmi di te?».
«Perché ti voglio bene e sai che non ti tradirei mai. Lo sai. Sei la mia sorellina».
Lei lo guardò con gli occhi lucidi.
Jon la strinse a sé.
Nymeria e Spettro si strusciarono contro di loro.
«Puoi fidarti di me» le sussurrò Jon, accarezzandole i capelli.
Arya gli sorrise e annuì.
«Scusa, non avrei dovuto dirti quelle cose».
«Me le sono meritate. Non avrei dovuto infrangere il giuramento».
Arya lo guardò e gli diede un bacio sulla guancia.
«Ti perdono, Jon Snow».
Lui le sorrise e, riconciliatisi, si avviarono da Melisandre.
«Sapevo sareste venuti. Le fiamme non mentono mai» disse la sacerdotessa di Asshai, vedendoli arrivare.
«Chi le interpreta si, invece» la punzecchiò Arya.
«Io non mento mai. Può succedere che non interpreti correttamente i segni, ma mentire mai».
«Si, dici la verità».
«La dico. E, come ti ho detto prima, l’oscurità è dentro di te. E in te, Jon Snow. In tutti gli Stark».
Jon alzò le spalle, indifferente.
«Talvolta, l’oscurità è meglio della luce. Dovresti saperlo. Hai generato l’ombra che ha ucciso Renly Baratheon» asserì la giovane.
Il rubino al collo di Melisandre si illuminò.
Le fiamme del braciere aumentarono.
«Il gelo sta arrivando e presto giungerà anche la morte che non ha fine. A meno che gli uomini non trovino il coraggio di combatterlo. Uomini i cui cuori sono fatti di fuoco. Fuoco di R’hllor e Azor Ahai come guida».
«Stannis non è Azor Ahai» disse Arya.
La Donna Rossa la guardò attentamente, ma prima che potesse dire qualcosa sua sorella affermò: «La cometa rossa o cometa insanguinata rappresenta proprio questo: il sangue. Il sangue di drago».
«Fuoco e sangue è il motto dei Targaryen» esclamò Jon.
«I draghi torneranno e bagneranno i Sette Regni con il loro sangue» continuò Arya.
«Che stai dicendo?» urlò Melisandre.
«Aegon Targaryen è vivo. Secondo le mie informazioni, si trova insieme a Jon Connington al Posatoio del Grifone e presto prenderà Capo Tempesta. Il tuo dio non te l’ha mostrato nelle fiamme?».
«Non può essere».
Anche Jon rimase sorpreso da quella rivelazione.
Come faceva sua sorella a saperlo? Forse, anzi sicuramente, erano stati gli Assassini Senza Volto a dirglielo.
Arya estrasse Ago e si avvicinò alla sacerdotessa.
Nymeria e Spettro la seguirono.
Jon, capendo, estrasse Lungo Artiglio.
«R’hllor mi proteggerà» disse Melisandre, toccandosi il rubino.
Le fiamme aumentarono ulteriormente e un’ombra avanzò minacciosa contro Arya.
I due meta-lupi e Jon le si avventarono contro.
Tuttavia, per quanti fendenti o morsi facessero, l’ombra si ricomponeva sempre.
Per un istante, Jon ebbe paura.
Poi guardò sua sorella, Spettro e Nymeria e riacquistò la forza e il coraggio.
Avevano ancora troppe cose da fare, troppe vite da salvare, troppo tempo da recuperare, troppe battaglie da affrontare per riportare la pace.
Non potevano morire adesso.
L’ombra afferrò per il collo Jon. Spettro fece un balzo in avanti e lacerò quel braccio di tenebra.
Senza l’intervento del suo meta-lupo sarebbe morto soffocato.
Nel frattempo Arya avanzava minacciosamente contro Melisandre.
La sacerdotessa creò un muro di fuoco, ma incredibilmente la fanciulla riuscì ad oltrepassarlo.
«Com’è possibile?» mormorò la Donna Rossa.
«Gli antichi dei mi proteggono».
«No, è il Grande Estraneo a proteggerti. Ma il Signore della Luce non permetterà che l’oscurità prenda il sopravvento!».
La donna creò un’enorme fiamma e la lanciò contro Arya.
Quest’ultima estrasse Inverno ed insieme ad Ago la squarciò.
Melisandre urlò.
Il rubino che portava si frantumò al contatto di Inverno e la sacerdotessa cominciò a bruciare.
«Valar morghulis» sussurrò Arya.
L’ombra si dissolse immediatamente.
«È giunto il tempo degli Stark».
Melisandre la guardò e, solo allora, parve comprendere il significato della profezia e della cometa rossa.
Ma non poté rivelare a nessuno la sua scoperta perché morì tra le fiamme.
R’hllor, questa volta, non l’aveva salvata.
Di lei rimasero solo delle ceneri.
Arya e Jon le raccolsero in silenzio e le misero in un contenitore che trovarono nella stanza.
Poi uscirono e dall’alto della Barriera le gettarono al vento.
Le ceneri si posarono sopra un soffice strato bianco e, piano piano, furono coperte dalla neve che scendeva dal cielo d’inverno.

 


Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
In questo capitolo, Arya finalmente riabbraccia suo fratello Jon! E, stranamente, anche lady Catelyn sembra felice di rivederlo: avrà forse battuto la testa? xD
La battaglia contro gli Estranei è imminente: qual è il piano della giovane figlia di Ned? Ma, soprattutto, avrà successo?
Per quanto riguarda il mancato rispetto del giuramento da parte di Jon ho pensato che fosse opportuno che i suoi fratelli non la prendessero bene. Loro sono Stark e come ha insegnato Eddard, l’onore è una delle virtù più importanti.
Infine Arya uccide Melisandre: il fuoco battuto dall’inverno/neve. Che cosa può significare ciò? E che cosa ha capito la Donna Rossa prima di morire?
Presto sarà tutto chiaro.
Alla prossima! :)
Saluti.
Violaserena.

 

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Capitolo 9
*** Bran ***


BRAN

 

Nella caverna regnava il silenzio.
Si udiva, talvolta, il mormorio sommesso di Hodor e il singhiozzare di Meera.
La giovane non piangeva mai apertamente, ma Bran avvertiva la sua sofferenza.
Anche lui era triste: Jojen era morto una settimana prima.
Il viaggio e, forse, non solo quello, lo aveva stremato.
Ora, lui, non c’era più.
Foglia lo aveva seppellito poco lontano dalla caverna, ma Meera aveva intenzione di riportare il suo corpo a casa.
Presto se ne sarebbe andata. Ma sarebbe davvero riuscita a tornare indietro?
Tornare indietro. Sarebbe stato bello.
Rivedere i suoi fratelli, rivedere Grande Inverno.
“Bran!”.
Qualcuno lo stava chiamando.
“Bran”.
La voce, anzi, le voci provenivano dalle radici dell’albero.
“Bran”.
Quel mormorio gli suonava familiare.
Un ricordo dal passato.
“Bran”.
Ma certo: erano Arya, Jon e Rickon!
Come facevano a parlare con lui?
Sciocco. Anche loro erano dei metamorfi. Glielo aveva detto Brynden Rivers. Però loro non avevano il dono dei sogni verdi.
“Bran!”.
“Fratelli, come state? È bello poter risentire la vostra voce”.
“Stiamo bene e tu? Non è stato facile trovarti”.
“Sto bene. Sono dal corvo con tre occhi. Lui mi sta insegnando a volare”.
“Vola da noi. Abbiamo bisogno del tuo aiuto”.
“Del mio aiuto?”.
Chi poteva mai aver bisogno dell’aiuto di uno storpio?
“Si, per sconfiggere gli Estranei e i non-morti. Siamo alla Barriera, vieni da noi”.
“Non sono in grado di aiutarvi, mi spiace”.
“Si che lo sei. Senza di te non possiamo sconfiggerli”.
“Come faccio a tornare indietro? Come faccio a tornare da voi?”.
“Vola”.
Volare.
“Vola Bran”.
Con quelle ultime parole le voci si spensero.
«I tuoi fratelli ti hanno trovato. Sono in gamba» disse il corvo con tre occhi.
«Devo aiutarli!».
«Non puoi tornare indietro».
Bran chinò la testa mesto.
«Si, si che posso. Volere è potere. L’hai detto anche tu!».
«Se te ne vai, non potrai mai volare. Non diventerai un essere verde».
«Ho perso tante cose: le mie gambe, mio padre, mia madre, maestro Luwin, Jojen… Non perderò anche i miei fratelli!».
«Sei davvero convinto di questa decisione?».
«Lo sono!».
«E allora vola, Bran. Vola. E ricorda: non temere mai le tenebre. Gli alberi più forti affondano le loro radici nei luoghi oscuri della terra. Le tenebre saranno il tuo mantello, il tuo scudo, il tuo latte materno. Le tenebre ti renderanno forte».
Le tenebre li circondavano, ma Bran non aveva paura.
Dall’alto della gerla, in groppa ad Hodor, poteva sentire il respiro di Estate e di Meera.
Foglia aveva mostrato loro una via segreta che dalla caverna portava alla Barriera.
Era sottoterra, per cui non avrebbero incontrato gli Estranei. Tuttavia altre sinistre creature si aggiravano fameliche da quelle parti.
Bran non le temeva. Non sapeva da dove gli derivasse tutta quella sicurezza. Forse era il desiderio di riabbracciare i suoi fratelli a renderlo impavido.
Non sapeva nemmeno lui quanto tempo fosse passato quando arrivarono dinnanzi ad una porta.
Era chiusa.
Bran scivolò nel corpo di Hodor e con un calcio la aprì.
Salirono le scale e sbucarono in un’armeria.
Non c’era nessuno all’interno.
Seguirono la luce che proveniva dall’esterno e si ritrovarono in un cortile.
I guardiani della notte che si trovavano lì si voltarono a guardarli sorpresi.
«Chi siete?» domandò uno di loro.
«Sono Brandon Stark».
Prima che potesse dire altro vide una donna con le lacrime agli occhi.
“Non può essere. Lei è morta” pensò.
Eppure la sua figura appariva così reale.
Hodor appoggiò Bran su un carro e sorrise, timidamente, in direzione della donna.
Quest’ultima scese velocemente le scale e corse ad abbracciare Brandon.
«Madre. Sei viva!».
Lady Catelyn strinse forte a sé suo figlio e lo ricoprì di baci.
«Bran!».
Era la voce di Arya.
Sua sorella lo abbracciò, felice.
Anche Jon e Rickon – che erano dietro di lei – si unirono all’abbraccio.
«Non riesco a credere che siamo di nuovo insieme!» singhiozzò Bran.
«Non ci divideremo mai più! Mai» esclamò Rickon.
«Se qualcuno proverà a separarci, dovrà vedersela con me» sorrise Jon.
“E con me” mosse la labbra lady Catelyn.
«Madre, che è successo alla tua voce?».
«È colpa dei Frey. Le hanno tagliato la gola. Beric Dondarrion l’ha riportata in vita, ma non ha potuto fare niente per la sua voce. Però Tyrion ha detto che ad Approdo del Re c’è un mezzo maestro in grado di risolvere il problema» spiegò Arya.
«Tyrion?» domandò sorpreso Bran.
«Si, ora è un nostro alleato».
La giovane Stark spiegò, per filo e per segno, tutto ciò che era accaduto.
«Sei una vera guerriera, Arya!» la elogiò Bran.
Sua sorella arrossì.
Intanto erano arrivati Grande Jon, un ragazzo identico a Robert Baratheon – se non ricordava male ciò che aveva detto Arya si chiamava Gendry –  e alcuni uomini del Nord.
«Brandon Stark!» urlò felice Jon Umber.
«È un piacere rivederti».
«Il piacere è mio. Tutti sono contenti che tu sia qui. Stannis, forse, un po’ meno. Non sopporta di vedere un re oltre a lui».
Re?
Certo, ora lui era re. Robb era morto, per cui il titolo di re del Nord spettava a lui.
Ma ne sarebbe stato in grado?
Ricordava ancora quando aveva sostituito suo fratello nella carica di lord.
Si, poteva farcela.
I suoi fratelli lo avrebbero aiutato.
 

*
 

La neve, nel buio della notte, scendeva sempre più fitta e il gelo aumentava rapidamente.
Poteva sembrare strano, ma era proprio quello che stavano aspettando.
Tutti gli uomini – fossero essi uomini del Nord, di Stannis, guardiani della notte o Bruti – erano schierati al di là della Barriera.
Stavano aspettando un antico nemico: gli Estranei.
Bran era in prima linea – accanto ai suoi fratelli e ai loro meta-lupi – in groppa ad un magnifico cavallo. Su indicazione di Tyrion, Gendry aveva realizzato una sella in grado di tenerlo legato al destriero. In questo modo non sarebbe caduto e avrebbe potuto cavalcare.
Il Toro aveva, poi, forgiato tre spade in acciaio di Valyria: una per se stesso, una per Brandon e una per Rickon.
Erano stati gli Assassini Senza Volto a dargli quel prezioso materiale.
Rickon aveva chiamato la sua spada Gelo, Gendry invece Furia.
Bran non le aveva trovato ancora un nome. Ci aveva pensato e ripensato, ma niente.
Era successa la stessa cosa con Estate. Aveva impiegato molto tempo prima di trovargli un nome adatto.
Ora, però, questo non aveva importanza perché gli Estranei e i non-morti stavano arrivando.
Sentì il gelo percorrere le sue membra. Sembrava quasi volesse strappargli il cuore.
Inspirò profondamente e guardò le Ombre bianche avanzare.
Stranamente non aveva paura.
Anzi, si sentiva eccitato. Questa era la sua prima vera battaglia. Era sul campo proprio come avrebbe fatto un buon re, ma soprattutto come avrebbe fatto un guerriero.
Perché era questo che avrebbe sempre voluto essere: un guerriero.
Quel giorno avrebbe dimostrato a tutti che poteva esserlo.
«State pronti» gridò Arya.
Le possenti fauci di giganteschi lupi in acciaio si spalancarono.
«Ora!» comandò sua sorella.
Enormi fiammate fuoriuscirono dalle bocche dei lupi, investendo in pieno gli Estranei e i non-morti.
Gli arcieri, dall’alto della Barriera, lanciarono frecce infuocate.
Era uno spettacolo.
Fuoco e cenere impregnavano l’aria e coloravano di rosso il bianco paesaggio.
Quelle macchine – che erano state collocate lungo tutto il perimetro della Barriera dopo estenuanti giorni – erano un portento.
Arya aveva detto che erano una delle armi segrete degli Assassini Senza Volto.
Era un bene che questi ultimi fossero loro alleati.
Quelle loro fantastiche macchine stavano funzionando.
«Avanziamo ora!» urlò Jon.
Così, tra il fumo e le fiamme, gli Stark e i loro meta-lupi si gettarono contro gli Estranei.
Inverno, Lungo Artiglio, Gelo e la spada senza nome abbattevano tutti quelli che scampavano al fuoco.
Le loro spade brillavano.
Bran notò che la temperatura, piano piano, si stava rialzando.
Provò un piacevole torpore e si accorse che quel calore proveniva dalla sua arma.
Come mai la sua spada era calda?
A giudicare dall’espressione dei suoi fratelli, anche le loro erano così.
Probabilmente erano state le fiammate dei lupi in acciaio a surriscaldare il metallo.
E questo era un bene: le loro armi sarebbero state ancora più letali.
Un non-morto lo afferrò per le gambe e cercò di trascinarlo a terra.
Lui alzò la sua spada e tranciò di netto la testa di quel mostruoso essere.
Ne sgozzò e squarciò innumerevoli altri.
Si intrufolò nel corpo degli Estranei insieme ai suoi fratelli, scatenando così una lotta interna.
Gli Estranei e i non-morti superstiti si uccisero a vicenda.
Gli ultimi sopravvissuti persero la vita appena spuntò il sole nell’alto del cielo.
I meta-lupi e i normali lupi dilaniarono le loro carni ed ulularono.
Anche lui, Arya, Jon e Rickon fecero lo stesso. E ben presto li imitarono tutti gli altri uomini.
Gli ululati, come un’eco, si diffusero nel mondo oltre la Barriera cancellando ogni traccia degli Estranei.
Perché solo una cosa, oltre al fuoco e al vetro di drago, poteva porre per sempre fine alla loro esistenza: un grido di liberazione, un ululato di vittoria.
«Il tuo piano ha funzionato!» disse con il sorriso sulle labbra Mance Rayder ad Arya.
«Avete combattuto molto bene, anche il ragazzo storpio» continuò Tormund Veleno dei Giganti.
«Porta rispetto. Lui è il re del Nord. Ed è un vero guerriero» asserì Grande Jon.
Un vero guerriero.
Lo era veramente?
Come se gli avesse letto nel pensiero, Jon gli sussurrò: «Si, lo sei. Hai combattuto egregiamente».
«Anche io, vero?» domandò il piccolo Rickon.
«Si, anche tu. Io, alla tua età, sapevo fare metà delle cose che sai fare tu. Sei stato molto bravo e molto coraggioso per essere la tua prima volta» lo elogiò Jon Snow.
Rickon sorrise compiaciuto.
Era vero. Non era stata solo la sua prima battaglia, ma anche quella di suo fratello.
Fu in quel momento che Bran capì quale avrebbe dovuto essere il nome della sua spada: Inizio.
Si, non poteva esserci nome migliore.
«Devono proprio fare quegli stupidi falò?» domandò ad un certo punto Gendry.
Gli uomini della regina Selyse stavano bruciando quello che rimaneva degli Estranei e dei non-morti in nome di R’hllor.
Bran sentì che uno degli uomini diceva al suo vicino: «Hai visto? In battaglia, la spada dei giovani Stark si è illuminata! Questo vuol dire che Melisandre si è sbagliata: Stannis non è Azor Ahai. Sono loro ad esserlo!».
Non riuscì a sentire che cosa gli avesse risposto l’altro perché uno degli assassini disse: «Sciocchi. C’è solo un unico e vero dio, il Dio dai Mille Volti e dai molti nomi. A Qohor è il Capro Nero, a Yi Ti è il Leone della Notte, qui nel Continente Occidentale è lo Sconosciuto. Ma, alla fine, tutti gli uomini devono inchinarsi al suo cospetto e non ha importanza che adorino i Sette o il Signore della Luce, la Madre della Luna o il Dio dell’Abisso o il Grande Pastore. Tutti gli uomini appartengono al Dio dai Mille Volti, altrimenti, in qualche posto della terra, esisterebbero persone che vivono in eterno».
Bran credeva negli antichi dei ed era sicuro che essi avessero aiutato lui ed i suoi fratelli in battaglia. Anzi, era sicuro che li avrebbero sempre aiutati.
Arya, Jon, Rickon e Stannis gli si avvicinarono.
«Ti sei comportato come ci si aspetta che un guerriero si comporti. Ma questo non fa di te un buon re» affermò quest’ultimo.
Ci si poteva forse aspettare un complimento da Stannis Baratheon?
«Sei stato eccezionale, Bran» esclamarono, invece, Meera e Osha, le quali erano corse ad abbracciarlo.
«Mio fratello era un abile combattente. Uno dei migliori, ma non è stato un buon sovrano. Non commettere lo stesso errore» lo ammonì Stannis, prima di allontanarsi.
Bran sorrise.
In fondo, il duro e impassibile Stannis Baratheon non era una cattiva persona.
Sarebbe stato un re duro e inflessibile, ma giusto.
A lui spettava il Trono di Spade. A lui suo padre aveva guardato come legittimo successore di Robert Baratheon.
A Stannis. Ma, forse, c’era qualcuno lì che aveva più diritto di lui a sedere sul Trono di Spade.
Mentre pensava queste cose vide una figura nera in lontananza. Una figura che conosceva.
Il corno suonò.
Un solo suono significava ranger di ritorno.
E quel ranger era Benjen Stark.

 

 

Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
Finalmente Arya ha ritrovato suo fratello Bran! Ora all’appello manca solo più Sansa.
I giovani Stark con l’aiuto dell’arma segreta degli assassini e con le loro spade riescono ad eliminare definitivamente gli Estranei.
Sono loro Azor Ahai come pensano gli uomini di Stannis?
E forse questo che aveva capito Melisandre?
Chissà! xD
Alla fine vi è il ritorno, inaspettato, di una vecchia conoscenza: Benjen Stark!
Come fa ad essere ancora vivo? Dove è stato per tutto questo tempo?
Con queste domande vi saluto e vi aspetto al prossimo capitolo! :)
Baci.
Violaserena.

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Capitolo 10
*** Aeron ***


AERON

 

Capelli Bagnati giaceva in una lurida cella situata nei sotterranei del palazzo di Pyke.
Erik il Distruttore di Incudini l’aveva trovato poco dopo l’Acclamazione di Re in riva al mare mentre era intento ad arringare una esigua folla, celebrando il Dio Abissale e spendendo parole a favore di Victarion.
In quanto reggente delle Isole di Ferro, Erik aveva gettato Aeron in una cella aspettando che fosse Euron a giudicarlo una volta che fosse tornato.
«Che ciò che è morto non muoia mai, ma che possa risorgere, più duro e più forte» continuava a ripetere Capelli Bagnati.
Si zittì quando udì dei passi.
Quellon Humble, insieme a due guardie, si avvicinò alla sua cella e la aprì.
«Alzati. Tuo fratello ti sta aspettando» gli disse.
Aeron lo guardò torvo, ma si alzò.
«Quale onore. Il mio caro fratello torna e la prima cosa che decide di fare è vedermi».
«Euron è tornato da due settimane».
Lo stomaco di Aeron già contratto per la fame, si contrasse di più.
“Due settimane! E solo ora si ricorda di me. Quel maledetto bastardo!”.
Con fatica seguì Quellon e le guardie su per le scale.
Senza neanche sapere come si ritrovò nella sala in cui, un tempo, sedevano i re delle Isole di Ferro.
Sul Trono del Mare, con una donna sulle ginocchia, sedeva Occhio di Corvo.
«Ti trovo bene, Capelli Bagnati» ghignò Euron.
I presenti risero: da Quellon a Torwold il Dentescuro, da Rodrik Freeborn a il Rematore Rosso, da Lucas Codd il Mancino alla donna seduta sulle ginocchia di suo fratello.
«Aye, ridete pure. Siete tutti degli imbecilli. Altrimenti perché seguireste un uomo senza dio?».
Euron rise: «Te l’ho già detto Aeron, io sono l'uomo più devoto che abbia mai solcato il mare! Tu, Capelli Bagnati, servi un dio, ma io ne ho serviti diecimila. Da Ib a Asshai, quando la gente vede le mie vele, tutti si mettono a pregare».
Nuove risate risuonarono per la sala.
Aeron era furioso. Come poteva un uomo simile essere re? Ma, soprattutto, perché un uomo di siffatta risma era suo fratello?
«Perché mi hai fatto portare qui? Per sfottermi?».
«Non credevo sapessi ancora usare simili parole. Sono sorpreso. Comunque sei qui per questa» disse indicando una lettera.
«Vuoi un consiglio da me?».
«Voglio che tu ascolti cosa c’è scritto».
Euron lesse ed Aeron ascoltò.
Asha era stata fatta prigioniera dagli Stark. Questi ultimi erano di nuovo i padroni del Nord e cosa ancora peggiore il loro re era vivo.
Theon aveva mentito: non aveva mai ucciso Brandon e Rickon Stark.
“Quello sporco traditore” pensò sputando per terra.
La lettera diceva anche che gli Stark avevano un esercito di notevoli dimensioni, che potevano contare sull’appoggio di Stannis Baratheon e della flotta di Braavos e che avevano sconfitto gli Estranei.
«Credi a tutto quello che c’è scritto? Gli Estranei non ci sono più da secoli e forse non sono mai esistiti» affermò Capelli Bagnati.
«Come i draghi?».
«I draghi si sono estinti. Solo tu sei convinto del contrario».
«Ed è qui che ti sbagli. I draghi esistono eccome. Perché avrei mandato Victarion a cercare Daenerys Targaryen sennò?».
«Per sbarazzarti di lui».
«Non ho bisogno di simili trucchetti per farlo fuori».
«Allora sei solo un pazzo che crede in sciocche storie».
«Attento a come parli, Capelli Bagnati!» tuonò il Rematore Rosso.
«Riconosco che sei audace, fratello. Ma non sfidare troppo la sorte. La mia pazienza ha un limite» lo gelò Occhio di Corvo.
Il suo sguardo era terribile. Aeron ebbe paura e, per un momento, desiderò trovarsi mille leghe lontano da lì.
«Mi hai fatto innervosire e per riflettere sulla proposta di questa lettera devo essere rilassato» sorrise enigmaticamente il re.
La donna che era seduta sulle sue ginocchia lo baciò con passione e poi gli bisbigliò qualcosa all’orecchio.
«Oh si, mia cara Falia Flowers. Hai avuto proprio un’ottima idea».
Euron cominciò ad aprirle i lacci del corpetto.
“Non vorrà…”.
Gli uomini in sala sogghignarono.
La donna, rimasta nuda, cominciò a depositare tanti piccoli baci sul petto di Occhio di Corvo.
Quest’ultimo le lasciò un bacio sul collo e poi entrò, lentamente, in lei.
Una lentezza disarmante.
Lo stava facendo apposta, Aeron non ne aveva dubbio.
Sapeva che a lui dava fastidio.
I gemiti della donna rimbombarono per tutta la sala e nella testa di Capelli Bagnati.
Notò che Euron lo stava guardando con un sorrisetto stampato in faccia.
“Te la farò pagare, aye. Te la farò pagare”.
«Sei una vergogna. E ti definisci un re? Nemmeno il più barbaro dei Bruti si comporterebbe come te!» gridò adirato.
«Suvvia, non ti arrabbiare. Ho solo adempiuto ad un piccolo bisogno. Ora sono pronto per la lettera» sghignazzò. I suoi uomini e Falia fecero lo stesso.
La donna si rivestì in fretta e uscì dalla stanza, non prima però di aver mostrato un seno ad Aeron per scherno.
Quest’ultimo si trattenne dal maledirla.
Gli uomini risero di nuovo e ciò contribuì ad aumentare ancora di più la sua rabbia.
«Ho intenzione di accettare la proposta di Brandon e Arya Stark» disse Occhio di Corvo.
«Quale proposta?».
«Oh si, prima mi sono dimenticato di leggere la parte finale della lettera. I giovani Stark mi hanno proposto di unirmi a loro nella lotta per la conquista del Trono di Spade».
Un brusio di voci si levò nella stanza.
«Non vorrai accettare, spero?».
«Aye, questa volta Capelli Bagnati ha ragione. Noi siamo uomini di ferro, non abbiamo bisogno dell’aiuto di nessuno per impadronirci dei Sette Regni. Abbiamo già inferto una serie di sconfitte ai Tyrell» disse Lucas Codd il Mancino.
«Già, ma i Tyrell si stanno riorganizzando. Hanno, ahimè, ripreso parte della zona costiera. Te ne sei forse dimenticato? Non possiamo combattere contro di loro e contro il Nord. Verremmo sconfitti!» spiegò Euron.
«E quindi proponi di piegarti agli Stark? Di nuovo?» domandò arrabbiato Aeron.
«Esattamente. Ma non nei termini che pensi tu. Li aiuteremo a sconfiggere gli alleati della regina Cersei, dopo di che, quando saranno ormai sfiniti dalla lunga guerra, ci ribelleremo e conquisteremo il Trono di Spade!».
Aeron lo guardò sconcertato.
«E domineremo i Sette Regni!» proseguì Occhio di Corvo.
I suoi uomini cominciarono ad inneggiarlo.
Li aveva convinti.
«Tu sei pazzo! Ti stai costruendo la tomba con le tue stesse mani!» tuonò Capelli Bagnati, incapace di trattenere la collera.
«Taci! Cosa ne può capire un sacerdote?».
«E allora perché mi hai fatto chiamare?».
«Non lo immagini? Per sfotterti!».
Aeron si lanciò contro suo fratello e gli tirò un pugno in pieno volto.
Però, prima che potesse fare altro due guardie lo afferrarono.
«Riportatelo in cella!» urlò paonazzo Euron.
«Che gli Estranei ti portino alla dannazione! Te e tutti quanti voi! Siete solo degli imbecilli!».
«Ho detto di portarlo via! Sbrigatevi se non volete che getti anche voi nelle segrete!».
Aeron fu, nuovamente, al buio in una lurida cella.
Sbatté i pugni contro il muro, facendosi sanguinare le nocche delle mani.
Poi si accasciò e sentì un rumore a lui familiare: il rumore del mare.
Doveva fuggire.
Il Dio Abissale lo stava chiamando.

 

 

Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
In questo capitolo gli Stark non compaiono, ma non temete: torneranno ad essere i protagonisti nel prossimo capitolo. Anzi, vi anticipo che ci sarà il ritorno di un membro della loro famiglia!
Avete capito di chi si tratta?
Venendo a questo capitolo, ho deciso di scriverlo per far entrare in gioco anche gli uomini di ferro!
Voglio dire, il loro piano di conquista non poteva certo essere lasciato in sospeso!
Euron riuscirà a conquistare il Trono di Spade?
Il suo piano andrà a buon fine o si concluderà in maniera disastrosa come crede Aeron?
E quest’ultimo che fine farà? Riuscirà a fuggire?
Lo scoprirete presto!
Alla prossima! :)
Saluti.
Violaserena.

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Capitolo 11
*** Sansa ***


SANSA

 

Grande Inverno.
Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che ci era stata che le pareva di trovarsi in un sogno.
Non riusciva a credere di essere tornata a casa.
«E questa sarebbe casa tua? Nido dell’Aquila è mille volte più bella. E sai perché? Perché si possono fare volare le persone» interruppe i suoi pensieri Robert Arryn.
«In ogni luogo le persone possono volare» lo contraddì Petyr Baelish.
Il debole figlio di lady Lysa sbuffò e poi si mise a contemplare ammirato il paesaggio e il castello.
Sembrava che gli piacesse nonostante quello che aveva appena detto.
Maestro Colemon sorrise e anche Sansa non poté non fare lo stesso.
Petyr non era contento che il figlio di Jon Arryn fosse venuto con loro. Però non aveva potuto rifiutare: non tanto per le preghiere del piccolo lord quanto per gli alfieri di Casa Arryn.
Questi ultimi, difatti, credevano che il soggiorno presso gli Stark avrebbe potuto rafforzarlo.
Le guardie di Grande Inverno li fermarono nel cortile.
«Che significa questo? Sono qui per rendere omaggio al re del Nord e per riportargli sana e salva la sua cara sorella» disse Ditocorto indicando Sansa.
«Mi dispiace, ho l’ordine di non fare entrare nessuno» gli rispose una delle guardie.
«E perché?».
«Per ordine preciso di Arya Stark».
Sansa sussultò udendo il nome di sua sorella.
Aveva saputo che era stata lei a vendicarsi dei Frey, a riunire l’esercito del Nord e a riconquistare Grande Inverno.
Quella sua gracile sorella aveva fatto tutto questo.
Lei invece non aveva fatto nulla.
“Non ho fatto altro che aspettare”.
«Per quanto dobbiamo ancora attendere?» stava domandando il piccolo Robert.
«Fino a quando il processo a Jaime Lannister e a Ramsay Snow non sarà finito».
Baelish sorrise. Forse pensava che sarebbero stati condannati.
D’altra parte non poteva che essere così.
«Lady Sansa, è un piacere rivedervi!» esclamò Podrick Payne uscendo in cortile.
Lei lo scrutò per un momento, poi affermò: «Ma certo! Sei lo scudiero di Tyrion!».
«Si, sono tornato a esserlo».
Tornato?
Prima che potesse chiedergli che cosa intendesse, Petyr si avvicinò bisbigliando: «Ragazzo, sai a che punto sono con il processo?».
«È finito, mio signore».
«E da quanto precisamente?».
«Più o meno da mezz’ora».
Mezz’ora? Com’era possibile che nessuno fosse venuto a riceverli? Si erano forse dimenticati di annunciarli?
Ditocorto storse, senza essere visto, il naso.
«E come è finito? Li hanno fatti volare?» domandò curioso Robert.
«No, sono stati graziati. Brandon Stark ha offerto loro una seconda occasione».
Sansa – e lo stesso Baelish – rimase senza parole.
Graziati? Com’era possibile dopo tutto ciò che avevano fatto?
«E gli altri lord erano d’accordo?» si schiarì la voce Petyr.
«Inizialmente erano molto scettici, ma poi hanno approvato. Lady Arya è riuscita a convincerli».
«E come?».
«Questo non posso rivelarlo. Brandon Stark lo ha espressamente vietato».
Ditocorto osservò il ragazzo meditabondo.
«Quindi è davvero con te mia moglie!» esclamò una voce conosciuta.
«Tyrion Lannister, è per me sempre un piacere vederti» disse, sorridendo, Petyr Baelish.
«Non posso dire lo stesso. Ma, d’altro canto, non tutti hanno gli stessi gusti».
Le guardie risero a quella battuta.
«Mio lord» riuscì solo a dire Sansa.
D’altro canto, che cosa avrebbe dovuto dirgli o fare?
Lei non aveva mai voluto sposarlo. Se l’aveva fatto era solo perché era stata obbligata dalla regina Cersei. Ma, ora, lei non era lì.
Adesso era a casa e avrebbe potuto annullare quel matrimonio.
Tyrion la osservò con attenzione e, poi, affermò: «Ti trovo bene. Sei molto meno pallida».
«L’aria del Nord mi fa bene».
«Sansa!» qualcuno urlò.
Lei si girò e vide suo fratello Rickon correrle incontro.
Felice, lo abbracciò e lo baciò sulle guance.
«Bentornata a casa» sentì dire dall’inconfondibile voce di Bran.
Suo fratello era seduto su una portantina accanto a Jon Snow e Grande Jon.
Lei si inchinò e poi lo abbracciò.
«Sapevo ti saresti inchinata. Le buone maniere non ti hanno abbandonata nonostante tutto quello che è successo».
Lei sorrise tra i singhiozzi.
Poi si alzò ed andò ad abbracciare anche Jon.
Non l’aveva mai considerato come un fratello, ma era felice di rivederlo.
«Catelyn…» sussurrò con gli occhi lucidi Baelish.
Sansa si voltò e vide sua madre.
Era viva.
Viva.
La donna le si avvicinò e la strinse a sé.
Quanto le era mancata quella sensazione di protezione e di calore che solo una madre poteva dare.
“Sansa” mosse le labbra Catelyn.
Bran le spiegò quello che era accaduto alla sua voce.
“I Frey hanno pagato caramente quello che hanno fatto. Se lo sono meritati” pensò Sansa.
«Oh Catelyn, non riesco a credere che tu sia viva» affermò commosso Petyr avanzando verso la donna.
Lei lo guardò con astio e ripugnanza e ciò bloccò la sua avanzata.
«Perché? Perché quello sguardo Catelyn?» le domandò.
«Perché sei un uomo orribile!» esclamò la voce di Arya.
Non l’aveva sentita arrivare.
Sua sorella era in piedi accanto a Jaime Lannister e un ragazzo che somigliava a lord Bolton.
Probabilmente era suo figlio. Anzi, sicuramente lo era.
Ramsay Snow, il Bastardo di Bolton.
Era così che lo chiamavano tutti.
«Sansa» la salutò Arya con un cenno della mano.
Era cresciuta: non era più mingherlina come un tempo.
Ora sua sorella era diventata, contrariamente a ogni sua aspettativa, quasi bella.
Sicuramente lo sarebbe stata di più se avesse prestato maggior cura al suo aspetto e se si fosse vestita con abiti femminili. Ma se l’avesse fatto non sarebbe stata Arya.
«Arya…» sussurrò Sansa facendo un passo verso di lei.
Quest’ultima, però, non le badò. Difatti si rivolse a Grande Jon e gli fece un segno con la testa.
L’uomo agì immediatamente.
Fu questione di un attimo.
Petyr Baelish fu subito immobilizzato da Jon Umber.
«Che significa?» farfugliò.
Robert Arryn cominciò a strepitare.
Catelyn gli fece una carezza e poi ordinò a Podrick di portarlo dentro insieme a maestro Colemon.
«Perché gli fate questo? Lui non ha fatto niente!» esclamò Sansa riferendosi a Petyr.
Gelo. Gelo negli sguardi della sua famiglia.
«Sei più stupida di quanto pensassi» disse Arya.
«Non crederti superiore solo perché hai riconquistato Grande Inverno!».
«Ho fatto molte altre cose, a differenza tua».
Questo era vero. Terribilmente vero.
«Tornando a te» continuò Arya rivolgendosi a Ditocorto «ti comunico che sei condannato a morte per tradimento e omicidio».
Baelish sbiancò.
Grande Jon lo trascinò fino al punto in cui Eddard Stark eseguiva le sentenze.
«Arya, Bran. Vi prego. Lui mi ha salvata per ben due volte. È vero, ha ucciso lady Lysa, ma se non l’avesse fatto lei avrebbe ucciso me!» cercò di difenderlo Sansa.
«Mi dispiace, Sansa. Ma lui ti ha salvata solo per un motivo ed è meno nobile di quello che pensi. Poi ha tradito nostro padre e la regina Cersei, ha avvelenato – indirettamente – Joffrey e Jon Arryn. E sai perché? Perché il gioco del trono è tutta la sua vita. Non ha niente oltre ad esso. Lui vuole il Trono di Spade» le spiegò Bran.
Baelish scoppiò in una sonora risata.
Sansa rimase amareggiata. Nonostante tutto aveva sempre creduto che lui fosse buono. Era sempre stato gentile con lei.
Pensandoci, però, anche la regina Cersei lo era sempre stata.
Come aveva potuto essere così cieca? Come aveva potuto fingere di essere Alayne Stone e tacere l’omicidio da lui perpetrato?
Lacrime cominciarono a rigare il suo volto.
Si fidava sempre delle persone sbagliate. Si lasciava conquistare dai loro sorrisi e dalle loro dolci parole. D’ora in poi, però, non sarebbe più successo.
Mai più.
Sarebbe diventata più forte. Forte come sua sorella, o almeno ci avrebbe provato.
Si asciugò con rabbia gli occhi e guardò Jaime Lannister sguainare la spada.
«Ma come? Non è uno Stark a tagliarmi la testa? Avete paura di sporcarvi le mani?» sogghignò Ditocorto.
«Mi sarebbe piaciuto, ma spetta a Jaime» gli rispose Arya.
«Come ci si sente a perdere la vita per opera di un monco? Ma, dopotutto, non meriti una sorte migliore. Ora mi prenderò la tua vita, come tu hai preso quella di mio figlio» sussurrò gelidamente Jaime.
Fu un attimo: la lama squarciò la carne e spezzò le ossa.
La testa di Petyr Baelish si staccò di netto e la spada di Jaime si tinse di rosso.
«Ho vendicato nostro figlio» bisbigliò il fratello di suo marito.
Nostro? Questo significava che Joffrey era figlio di Jaime e Cersei!
Come aveva fatto a non capirlo prima?
Eppure era evidente la somiglianza.
Sansa guardò, per un istante, la testa di Ditocorto.
Forse non era un brav’uomo, però l’aveva sempre protetta anche se non per un nobile scopo.
Tuttavia non poté non ringraziarlo per averla aiutata a fuggire da Approdo del Re e per averla riportata a casa. Perché, in fondo, se era lì era merito suo.
Qualcuno le toccò una spalla per confortarla.
Non aveva bisogno di girarsi per sapere chi era.
«Grazie, Arya» sussurrò.
 

*
 

Tutti quegli avvenimenti le avevano riempito la testa.
Quando era rimasta sola con la sua famiglia aveva voluto sapere tutto quello che era successo.
Era rimasta piacevolmente sorpresa nell’apprendere che suo zio Benjen era vivo.
Una buona notizia, ogni tanto, non guastava.
Tuttavia non sapeva dove fosse stato e come fosse riuscito a sopravvivere. I suoi fratelli le avevano detto che lui non aveva voluto rivelarlo.
Poteva anche essere, però secondo lei erano loro che non volevano dirglielo.
Prima o poi, comunque, l’avrebbe scoperto.
Jon, poi, le spiegò la sua decisione di lasciare momentaneamente i guardiani della notte per poter partecipare attivamente al piano di Arya.
Aemon Targeryen, a suo tempo, aveva deciso di non interessarsi a quanto accadeva nei Sette Regni, ma lui non era riuscito a fare altrettanto.
Voleva vendicare suo padre per quello che gli avevano fatto.
Lo volevano tutti loro.
Sansa si domandò se Jon sarebbe stato riammesso tra i guardiani della notte una volta riportata la pace nel Continente Occidentale.
Non poteva che pensare che la risposta fosse affermativa: il suo fratellastro aveva contribuito alla vittoria contro gli Estranei e aveva ricondotto i Bruti oltre la Barriera, permettendo loro di avviare scambi commerciali con i guardiani della notte e con tutti coloro che fossero stati disposti ad avviare trattative con loro.
Era sicuramente un passo avanti, considerando l’astio che tutti nei Sette Regni nutrivano per il Popolo Libero.
Si, lo avrebbero sicuramente riammesso. Benjen li avrebbe convinti in tal senso altrimenti.
Le urla del suo fratellino la riscossero dai suoi pensieri.
«Ne voglio ancora un pezzo!» stava dicendo Rickon riferendosi ad una costoletta di montone.
«Sei un pozzo senza fondo. Ne hai già mangiate quattro!» lo rimproverò Gendry.
Doveva ammettere che, quest’ultimo, era proprio un bel ragazzo.
Però non avrebbero mai potuto stare insieme perché, prima di tutto, lui era il figlio bastardo di Robert Baratheon e poi sembrava avere occhi solo per Arya.
Era incredibile che sua sorella non se ne fosse accorta.
Ma, d’altro canto, Arya non si curava di queste cose.
Tyrion svuotava una coppa dopo l’altra.
A quanto pareva aveva ancora la mania del vino.
Tutto era cambiato, ma in fondo tutto era esattamente lo stesso.
Solo due persone mancavano: suo padre e Robb.
Avrebbe tanto voluto che fossero lì con loro.
Fu in quel momento che riaffiorò un antico senso di colpa.
Cosa doveva fare? Rivelarlo?
Per l’agitazione fece cadere la forchetta sotto il tavolo.
«Sansa» la richiamò sua sorella.
«Scusate, mi è scivolata di mano».
«A te non scivolano di mano le cose. Mai. Soprattutto in presenza di persone importanti» disse indicando Stannis e Bran.
Suo fratello era il re del Nord e a Stannis spettava il Trono di Spade, pertanto un comportamento decoroso era il minimo.
«Cosa c’è che non va?» continuò sua sorella.
«N-niente».
«Non mentirmi. Sono stata nella Casa del Bianco e del Nero a Braavos e ho imparato a leggere le espressioni facciali delle persone. Per cui, te lo richiedo, che cosa c’è che non va?».
«Sansa, parla. Puoi fidarti di noi» la incoraggiò Jon.
Lei sospirò e poi, con la testa china sussurrò: «Ho fatto una cosa imperdonabile. Ho rivelato alla regina Cersei che nostro padre voleva riportarci a Grande Inverno. È stato sciocco da parte mia, lo so. Ma, all’epoca, ero convinta di amare Joffrey e credevo che lei fosse una brava persona».
Finalmente l’aveva detto, si era liberata di quell’enorme peso.
Nella sala calò il silenzio.
Alzò, lentamente, lo sguardo e vide il gelo sul volto dei presenti.
“Non posso crederci” mosse le labbra Catelyn, sconvolta.
«Sansa» disse solo Tyrion come se pronunciando il suo nome potesse dire tutto.
Stannis scosse la testa, dicendo: «Sciocca ragazzina».
«N-nostro padre… Tu hai… la regina Cersei…» bofonchiò Jon.
«Nostro padre è morto per colpa tua» affermò con sguardo gelido Arya.
Quelle poche parole la trafissero dritto al cuore.
Dallo sguardo degli altri capì che era lo stesso che avevano pensato, anche se non erano riusciti a dirlo a voce alta.
«I-io… Mi dispiace! Io ho cercato di salvare nostro padre. La regina Cersei e Joffrey mi avevano promesso che l’avrebbero risparmiato…».
Le lacrime cominciarono a rigare il suo volto.
Arya si alzò, le si avvicinò e le diede uno schiaffo.
«È stata tutta colpa tua! Come al solito hai pensato solo a te stessa» le urlò strattonandola.
«Calmati Arya» cercò di tranquillizzarla Bran.
«Come posso calmarmi? Ora nostro padre sarebbe vivo se lei non avesse spifferato tutto a quella serpe. E sarebbe vivo anche Robb!».
Jon si alzò a sua volta ed abbracciò Arya. Rickon e Catelyn fecero lo stesso.
A piccoli passi si avvicinarono a Bran in modo tale che potesse unirsi anche lui a quell’abbraccio.
Sansa continuava a singhiozzare.
«Non è stata colpa tua» cercò di consolarla Tyrion.
«Si, invece. Mia sorella ha ragione. È stata tutta colpa mia! Se, se…».
«Sansa, guardami. Joffrey ha ordinato di uccidere tuo padre. Per cui, se qui c’è un responsabile, quello è lui. Non tu. I tuoi fratelli e tua madre lo sanno. Sono solo arrabbiati perché tu non ti sei fidata di tuo padre. Se fossi al loro posto ce l’avrei anch’io con te per questo».
«Fidati della tua famiglia, in futuro. Qualsiasi cosa diranno gli altri tu fidati solo dei tuoi cari» le disse Stannis.
«Loro sono le migliori persone che io conosca. A loro affiderei la mia stessa vita. D’ora in poi, fai la stessa cosa anche tu» continuò Gendry.
Sansa, rinfrancata da quelle parole, si avvicinò alla sua famiglia.
«Mi dispiace. Ho agito senza pensare alle conseguenze. Non lo farò mai più, mai! Non permetterò che qualcun altro di voi muoia per colpa mia, per…».
Senza sapere come, lei e Arya si trovarono singhiozzanti abbracciate l’una all’altra.
«Mi mancano, mi mancano terribilmente» bisbigliò sua sorella.
«Anche a me».
Uno ad uno, gli Stark si unirono all’abbraccio.
Le lacrime rigavano i loro volti.
Qualcuno avrebbe potuto pensare che fosse un segno di debolezza, ma non lo era.
A volte ci vuole più coraggio a esprimere i propri sentimenti che a trattenerli.
«Mi perdonate?» singhiozzò Sansa.
«L’abbiamo già fatto» le sorrise Arya.
Sansa sorrise e si abbandonò tra le braccia dei suoi fratelli.
«Mi sarebbe piaciuto avere una famiglia come la loro» disse Tyrion, guardandoli.
Stannis lo scrutò e poi le sue labbra si incresparono in un lieve sorriso.
Poi, all’improvviso, uno degli assassini comparve davanti a loro.
«Per la miseria! Da dove è sbucato?» domandò Gendry.
«Per quanto ne sappiamo potrebbe essere sempre stato qua. Gli Assassini Senza Volto sono abili nel non farsi vedere e ad uccidere, si intende» gli rispose il Folletto.
«È un bene che stiano dalla nostra parte» continuò Stannis.
«Non dalla nostra. Di Arya» lo corresse Tyrion.
L’assassino si avvicinò alla giovane e le diede una lettera.
«Che cosa dice?» le chiese Bran.
Arya sorrise.
«Dai diccelo. Non farti pregare» la spronò Sansa.
«Hanno accettato. È giunto il momento di partire».
Quando sua sorella spiegò loro chi aveva accettato, radunarono gli altri lord e si prepararono per la partenza.
La guerra sarebbe iniziata presto.


 


Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
Finalmente è tornata Sansa: ora tutti gli Stark si sono riuniti!
Baelish fa una brutta fine. Sansa capisce, finalmente, che tipo di persona è, ma non può fare a meno di ringraziarlo perché, dopotutto, è merito suo se lei è riuscita a fuggire da Approdo del Re e a tornare a casa.
Perché, invece, Bran non ha condannato Jaime e Ramsay?
Ha fatto bene secondo voi?
Ho ritenuto giusto che Sansa dicesse alla sua famiglia di aver rivelato alla regina Cersei il piano di suo padre. Io penso che, in un certo qual modo, lei sia responsabile di quello che è accaduto e volevo che ciò si percepisse. I suoi familiari la perdonano, alla fine. Ma non lo dimenticheranno.
Giunge poi una lettera: avete capito di chi è?
Dove andrà ora l’esercito del Nord?
Lo scoprirete nei prossimi capitoli! :)
Saluti,
Violaserena.

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Capitolo 12
*** Victarion ***


VICTARION

 

Silenzio e oscurità.
Non c’era nient’altro in quella cella in cui era stato gettato insieme a Moqorro.
Come era potuto succedere?
Quando era arrivato a Meereen era in corso la guerra contro gli Yunkai.
Ne aveva approfittato per offrire il suo aiuto a Daenerys Targaryen, la quale – come aveva scoperto in seguito – era da poco ritornata in città con un nuovo Khalasar.
La regina aveva accettato il suo aiuto, ma dopo aver sconfitto gli Yunkai lo aveva fatto gettare in cella.
Molti dei suoi uomini erano stati fatti a pezzi, altri erano prigionieri come lui.
La donna aveva poi fatto requisire tutte le sue navi e il rispettivo carico.
Perché?
Dopo l’aiuto fornitole era questo il modo di trattarlo?
Victarion Greyjoy sputò per terra per la rabbia.
«R’hllor non ci abbandonerà, non temere» disse Moqorro.
«Tu dici? Dov’era il tuo dio quando i miei uomini sono stati massacrati e le mie navi sequestrate? Dov’era quando noi siamo stati catturati?».
«La via è buia, ma al fondo di ogni strada c’è sempre la luce».
«Io qui vedo solo oscurità».
«Non tutto è perduto».
«Falla finita, Fiamma Nera. Non ne posso più dei tuoi stupidi discorsi!».
Moqorro lo guardò quasi con compassione e poi affermò: «Dimentichi il corno di drago».
«Dimentichi che è sulla mia nave».
«No, non lo è».
Victarion lo guardò sorpreso.
«Prima di arrivare qui ho visto nelle fiamme quello che sarebbe accaduto, per cui ho gettato il corno in mare, in un punto in cui potesse essere facile recuperarlo».
Il fratello di Balon Greyjoy si alzò bruscamente e prese per il collo il prete rosso.
«Tu sapevi quello che sarebbe successo e non mi hai detto niente?».
Moqorro cercò di liberarsi, ma non ci riuscì.
Cominciò a sbiancare e il suo respiro divenne sempre più affannato.
Victarion sospirò arrabbiato e poi lo lasciò andare.
Il prete rosso si toccò il collo, come a volersi sincerare che non ci fosse nulla di rotto.
«Quindi, come pensi di recuperare il corno di drago? Come pensi di uscire da qui?» gli chiese.
Moqorro non rispose.
«Sei sordo?».
«Il Signore della Luce non me l’ha mostrato. Ma sono convinto che, presto o tardi, usciremo di qui».
Victarion scoppiò a ridere.
«La risata di voi uomini di ferro è veramente seccante» brontolò una voce.
Greyjoy si zittì di colpo.
«Così va meglio» disse di nuovo quella voce.
Essa proveniva dalla cella adiacente.
«Chi sei tu?».
«La domanda non è chi sono io, ma chi sei tu! Meereen è la mia città, non certo la tua».
«Sono Victarion Greyjoy, lord comandante della flotta di ferro».
«E che ci fa qui un Greyjoy? Ti sei perso?».
«Io non devo darti nessuna spiegazione. Si può sapere chi sei?».
«Sono Hizdahr zo Loraq, marito di Daenerys Targaryen».
Victarion rimase a bocca aperta.
Che cosa ci faceva il marito della regina nelle segrete?
«Immagino tu ti stia chiedendo che cosa ci faccio qui. Sono accusato, ingiustamente, di aver tentato di avvelenare mia moglie».
«Il veleno è per vigliacchi, donne e dorniani. Un vero uomo usa la spada se vuole uccidere qualcuno».
«Io non volevo uccidere nessuno».
«Questo è da vedere» si intromise Moqorro.
Si udì un tonfo e poi dei passi.
Qualcuno si stava avvicinando.
Erano venuti a prenderlo?
Che fine ingiusta: aveva sempre pensato che sarebbe morto in battaglia.
Tre uomini passarono davanti alla sua cella.
“Non sono venuti per me” pensò sorpreso.
«Ecco qua il caro marito della regina!» esclamò uno degli uomini.
«Niente meno che il capo dei Corvi della Tempesta! Quale onore mi fai, Daario Naharis. Oh certo, anche tu Skahaz il Testarasata» sentì dire a Hizdahr.
«È l’ultimo onore che ti resta» gli rispose il Testarasata.
«Chi è il terzo? Qualcun altro di importante?».
«È uno delle mie Belve d’Ottone. Un uomo veramente in gamba ed un abile assassino».
«Siete qui per portarmi dalla mia dolce moglie? Era ora che si decidesse a liberarmi».
Daario Naharis rise.
«Poteva scegliersi un amante migliore» borbottò Hizdahr zo Loraq, scocciato.
Amante?
Allora erano vere le voci che aveva sentito.
«No, io non credo. In ogni caso, non potrai accertartene di persona perché non vivrai abbastanza a lungo».
Victarion e Moqorro si guardarono e poi rivolsero la loro attenzione alla parete come se potessero vedere al di là di essa.
«Che significa?».
«Significa che tu muori qui e adesso» affermò Skahaz.
Un urlo, seguito dai colpi di spada, rimbombò per tutti i sotterranei.
Victarion non aveva dubbio che lo stessero squartando.
“Vigliacchi. Uccidere un uomo disarmato in una cella”.
Quando ci fu di nuovo silenzio, capì che il marito di Daenerys Targaryen era morto.
Lei era a conoscenza di quello che era appena successo?
Lui non dubitava che lo fosse. Anzi, sicuramente era stata lei ad ordinarlo.
Daario Naharis e il Testarasata si avviarono verso l’uscita, come se nulla fosse successo, lasciando lì il cadavere di Hizdahr zo Loraq.
Il terzo uomo si avvicinò, invece, alla cella in cui si trovavano lui e Moqorro.
Portava una maschera a forma di lupo.
Victarion, benché non potesse vedere il suo volto, ebbe l’impressione che stesse sorridendo.
«Valar morghulis» disse loro prima di allontanarsi.
Lui rimase imbambolato, cercando di capire. Poi notò sul pavimento un oggetto che prima non c’era.
Non poté non sorridere.
«Che ti dicevo? R’hllor non ci ha abbandonato» sorrise a sua volta Moqorro.
Victarion raccolse la chiave che l’uomo mascherato aveva lasciato.
«Valar dohaeris» mormorò.
Tutti gli uomini devono servire.





Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
In questo capitolo compare un altro Greyjoy: Victarion!
A quanto pare le sue aspettative di conquistare Daenerys non sono andate a buon fine ed è stato rinchiuso in prigione.
Victarion assiste – anche se da dietro un muro – all’assassino di Hizdar.
Perché è stato ucciso così barbaramente di nascosto da tutti?
E perché l’uomo mascherato lascia la chiave della cella consentendo al fratello di Balon e Moqorro di fuggire?
Presto tutti questi interrogativi troveranno una risposta.
Intanto, ci vediamo al prossimo capitolo! :)
Saluti,
Violaserena.

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Capitolo 13
*** Arianne ***


ARIANNE
 

Un pallido sole si stagliava all’orizzonte nel cielo di Dorne e un fresco venticello muoveva le foglie degli alberi di Lancia del Sole.
L’inverno, alla fine, era arrivato anche lì.
Arianne Martell si rigirava tra le mani una lettera.
Era arrivata quattro giorni prima e da allora suo padre non era più uscito dalla sua stanza.
Portava un triste messaggio: la morte di Quentyn.
I draghi di Daenerys Targaryen l’avevano bruciato vivo.
Perché?
“Non doveva andare a finire così” pensò stringendo forte i pugni.
Qualcuno bussò alla porta distogliendola dai suoi pensieri: era Areo Hotah.
«Vostro padre desidera vedervi» le disse.
Arianne, udito ciò, si precipitò immediatamente fuori dalla sua stanza.
Trovò suo padre seduto su una soffice poltrona dorata con in mano due lettere.
Poco più in là vi erano Ellaria Sand e sua figlia Elia.
«Ali oscure, oscure parole» sussurrò.
«In questo caso, dipende» le rispose Doran Martell.
Areo Hotah entrò e richiuse con cura la porta.
«Che significa “dipende”?» domandò Ellaria.
«Significa che dipende tutto dalla nostra risposta».
«Ci vuoi dire o no il loro contenuto?» chiese impaziente Arianne.
Dopo che suo padre ebbe finito di leggere, nessuno parlò.
«Io accetterei» bisbigliò Elia.
Doran la guardò e poi rivolse la sua attenzione ad Arianne.
Sapeva che doveva dire qualcosa, ma non sapeva cosa.
Sicuramente era un’ottima opportunità quella che si presentava loro, ma non era sicura che fosse la soluzione migliore.
«Padre, tu sei un uomo cauto, di buonsenso, sottile, deliberato, per certi versi addirittura indolente. Un uomo che valuta le conseguenze di ogni singola parola, di ogni singolo atto. Sono sicura che farai la scelta giusta» disse dopo averci riflettuto un po’.
Dopotutto suo padre era il principe di Dorne, per cui spettava a lui prendere una decisione.
«L’accetterai?».
«L’accetterò».
«Molto bene, in questo caso intendo rispondere affermativamente. Io non posso muovermi da qui, ma tu e Ellaria sì. Partirete domani all’alba insieme all’esercito».
Arianne non poté fare a meno di sorridere.
«Posso andare anch’io?» chiese speranzosa Elia.
«No, tu devi restare qui. Devi occuparti delle tue sorelle. Non discutere, per favore» le rispose sua madre.
Elia assunse un’aria imbronciata, ma non protestò più.
«Padre, non credi che i Lannister e i Tyrell si accorgeranno del nostro spostamento di truppe?» affermò Arianne.
«Vostra figlia ha ragione» l’appoggiò, incredibilmente, Areo.
«Certo, è proprio così» sorrise enigmaticamente Doran Martell.
«Tu vuoi che ci vedano!» esclamò sorpresa sua figlia.
«Tutti vogliono essere visti. È questo il piano. In questo modo incrineremo l’unità tra i Lannister e i Tyrell e li faremo sprofondare nella paura. Non possono vincere. Lo capiranno presto. Mia sorella Elia sarà, finalmente, vendicata per tutto il male che le hanno fatto».
L’espressione di suo padre si era fatta dura all’improvviso.
Non lo aveva mai visto così.
Era così simile a Oberyn in quel momento.
Forse non era così mite come aveva sempre pensato.
“Gioca per vincere. Ha sempre giocato per vincere e io l’ho capito solo ora”.
«Arianne» la chiamò suo padre dopo che tutti furono usciti.
Lei si avvicinò e lui le fece una carezza.
Quel gesto la riportò indietro nel tempo, quando era ancora una bambina.
Forse, dopotutto, lo era ancora.
«Non morire» le sussurrò Doran.
Vide nei suoi occhi angoscia e tristezza.
Vide la paura di un padre.
«Tornerò, non temere».
Arianne lo abbracciò.
Sembrava passato un secolo dall’ultima volta che lo aveva fatto.
Era bella la sensazione che si provava.
Sicurezza e amore: perché è questo che un genitore dovrebbe trasmettere ai propri figli.
«Vendicherò Quentyn, padre. Finché avrò vita non permetterò che alcun drago esista. Te lo prometto».
A volte la sorte cambia le cose, rimescola le carte, rimette tutto in gioco.
E il gioco, forse lo stesso, forse uno nuovo, stava per avere inizio.
L’alba arrivò presto e l’esercito di Dorne partì.
Arianne vide suo padre affacciato alla finestra della torre di Lancia del Sole.
Era invecchiato molto a causa della malattia, ma, in quel momento, illuminato dal sole, Doran Martell appariva in tutta la sua grandezza.
La fanciulla sorrise.
«Tornerò presto. Questa è una promessa».
Il gioco del trono stava muovendo le sue pedine.
Tra queste sarebbe emerso un vincitore.
Il trono di spade lo attendeva.

 


Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
In questo capitolo entra in gioco Dorne!
Ho cercato di mettere in evidenza il rapporto tra Arianne e suo padre e il ruolo di quest’ultimo nel gioco del trono (perché secondo me non ha un ruolo del tutto indifferente): spero di esserci riuscita!
Detto questo, chi è o chi sono il mittente/i delle lettere che Doran Martell ha ricevuto?
Dov’è diretto l’esercito insieme ad Arianne ed Ellaria?
Lo scoprirete presto!
Saluti,
Violaserena.

P.S. So che questo capitolo non è molto lungo, ma mi serviva per far entrare in gioco Dorne!

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Capitolo 14
*** Barristan ***


BARRISTAN

 

Fuoco e sangue.
Questo era il motto della casa Targaryen.
E non si poteva certo dire che esso non fosse stato adempiuto in pieno.
Quentyn Martell era stato bruciato vivo da Viserion e Rhaegal, mentre Hizdahr zo Loraq era stato barbaramente ucciso in cella.
E di quest’ultimo fatto la regina era consapevole, anzi era stata proprio lei a dare l’assenso.
Che poi fossero stati Daario Naharis e Skahaz il Testarasata a eseguire il misfatto non cambiava le cose.
Da quando era tornata, Daenerys era diventata più dura.
Quando aveva saputo della fuga di Victarion Greyjoy e di alcuni altri uomini di ferro aveva sottoposto mezza città a un lungo interrogatorio sperando di trovare i traditori.
Ciò aveva provocato notevoli malumori e la sua popolarità era notevolmente diminuita.
Ora la khaleesi si trovava nelle sue stanze in compagnia del comandante dei Corvi della Tempesta.
L'amore di Daenerys per Daario era un veleno. Più lento di quello sparso sulle locuste, ma altrettanto letale.
Barristan Selmy sospirò.
Si trovava dinnanzi alla Grande Piramide dove erano stati nuovamente rinchiusi i draghi, compreso Drogon.
C’erano voluti tre giorni prima di riuscirci e i morti non erano stati pochi.
Alcuni erano stati degli eroi, altri degli smidollati, altri ancora delle canaglie oppure dei vigliacchi. La maggior parte erano solo degli uomini; più attenti e più forti di altri, più abili con la spada e con lo scudo, ma tuttavia preda di orgoglio, ambizione, lussuria, amore, rabbia, invidia, avidità d'oro, brama di potere e tutte le altre debolezze che affliggevano i bassi mortali. I migliori superavano i propri difetti, facevano il proprio dovere e morivano con la spada in pugno. I peggiori… I peggiori erano quelli che giocavano al gioco del trono.
Difatti pareva che tutti, consapevolmente o meno, fossero invischiati in quel gioco.
Forse lo era anche lui.
Sospirò di nuovo.
«Ser Barristan» lo chiamò il Testarasata.
Silenzio.
«Non guardarmi così. So perfettamente che avresti voluto un regolare processo, ma non è andata così. Quel cane non si meritava una sorte migliore. E adesso seguimi: la regina richiede la tua presenza» continuò Skahaz.
Controvoglia lo seguì.
Arrivarono giusto in tempo per sentire Missandei recitare la solita formula: «Che tutti s'inginocchino al cospetto di Daenerys nata dalla tempesta, la non bruciata, regina di Meereen, regina degli Andali e dei Rhoynar e dei primi uomini, khaleesi del grande mare d'erba, Distruttrice di Catene e Madre dei Draghi».
La sala non era particolarmente affollata.
Vi erano soltanto i capi mercenari – compreso Ben Plumm il Marrone che si era nuovamente schierato con Daenerys – Verme Grigio, Khal Jhaqo e il nuovo capo della flotta.
«Ora che siete tutti qui riuniti, devo comunicarvi una cosa importante» annunciò la regina.
Ser Barristan si fece particolarmente attento.
«Dopo una lunga riflessione, ho finalmente preso la decisione di salpare verso il Continente Occidentale e riprendere ciò che mi appartiene di diritto».
“No, non è il momento giusto!”.
Se le notizie che giungevano dai Sette Regni erano vere, non era sicuramente opportuno partire.
«Non permetterò che l’Usurpatore sieda più a lungo sul trono di spade!».
«Tua è la mia spada. Tua è la mia vita. Tuo è il mio amore. Il mio sangue, il mio corpo, le mie canzoni, tutto quanto tu possiedi. Io vivrò e morirò al tuo comando, mia regina!» esclamò Daario.
“Uomo senza pudore! Parlare così davanti a tutti!”.
«Se questa è la tua decisione, noi Immacolati ti seguiremo» disse Verme Grigio.
Anche gli altri capi mercenari espressero favorevolmente la loro opinione.
Solo Khal Jhaqo era scettico, ma questo perché bisognava attraversare il mare.
Alla fine, però, votò affermativamente.
«E tu, mio buon cavaliere, che cosa ne pensi?» gli domandò Daenerys.
«Se posso permettermi, mia regina, io non credo sia una buona idea».
Un brusio si levò nella sala.
«Un tempo, fosti proprio tu a suggerirmi di abbandonare Meereen e di tornare nel Continente Occidentale».
«Non lo nego, ma credo che non sia saggio partire in questo momento».
«Forse il nonnetto non è più in grado di scendere in battaglia» lo schernì il comandante dei Corvi della Tempesta.
«Potrei tagliare a pezzi tutti quanti voi con la stessa facilità con la quale si taglia del bur¬ro».
«Audace il nonnetto».
«Smettetela adesso. Ser Barristan, perché ritieni che questo non sia il momento giusto?» gli si rivolse nuovamente Daenerys.
«Perché gli Stark, se le notizie sono vere, si stanno dirigendo a sud e non dubito che conquisteranno Approdo del Re. Le loro forze sono notevoli e hanno molti alleati».
«E tu credi che gli Stark e i loro uomini si riuniranno tutti ad Approdo del Re?».
«Quasi certamente».
«Allora questo è il momento migliore per agire. Potremo eliminare tutti quei traditori in un colpo solo!».
«Maestà, i loro soldati sono veri soldati. Combattono per una causa precisa, non per denaro. Hanno molte più motivazioni e…».
«Stai mettendo in dubbio la nostra lealtà?» domandò risentito Skahaz.
“Siete dei mercenari! Chiunque metterebbe in dubbio la vostra lealtà!” pensò Barristan Selmy.
Avrebbe tanto voluto dire a voce alta quelle parole, ma non lo fece.
«Dimentichi i miei draghi» continuò Daenerys.
«Ma, vostra altezza…».
«Niente ma. Ormai è deciso. Partiremo per il Continente Occidentale tra due giorni. Preparatevi per la partenza. Potete andare ora».
Ser Barristan sospirò.
La piccola Missandei gli si avvicinò.
«Questa scriba nota il tuo disappunto».
«È così. Ma chi ascolta un vecchio cavaliere? I giovani sono bramosi di sangue e di gloria e ciò oscura tutto il resto».
«Forse. Però tu non devi disperare. Prova a parlare, lei ti tiene in grande considerazione».
Barristan le sorrise.
Missandei era davvero molto saggia per la sua età.
«Ci proverò» le rispose prima di incamminarsi verso le stanze di Daenerys Targaryen.
Si fermò davanti alla porta.
Dei gemiti provenivano al di là di essa.
La regina era in compagnia e lui non dubitava di sapere con chi fosse.
Selmy sospirò di nuovo e si allontanò.
Un’ombra gli passò davanti.
Istintivamente mise la mano sull’elsa della spada.
Dall’oscurità si fece avanti un uomo con una maschera a forma di lupo.
Ser Barristan si tranquillizzò: era uno delle Belve d’Ottone.
«Valar dohaeris» sussurrò l’uomo mascherato.
No, non era uno degli uomini del Testarasata.
Lo strano individuo alzò leggermente la maschera: sul suo volto si poteva intravedere un sorriso.
Prima che potesse fargli qualsiasi tipo di domanda, l’uomo era già scomparso.
Chi era? Che cosa voleva?
Il Primo Cavaliere della regina notò, ad un certo punto, sul pavimento un oggetto che prima non c’era.
Una chiave. Precisamente una chiave delle segrete.
In quel momento Barristan capì e capì anche chi avrebbe vinto il gioco del trono.

 



Angolo Autrice.
Ciao a tutti!! :)
In questo capitolo ci spostiamo nuovamente ad Oriente.
Ser Barristan appare indignato per l’omicidio di Hizdahr ed è fortemente contrario ad un ritorno nel Continente Occidentale.
Non riesce, però, a convincere Daenerys e non può nemmeno parlarle privatamente perché ella è già impegnata con qualcun altro (credo sia chiaro a tutti con chi si sta intrattenendo! xD).
Barristan incontra l’uomo con la maschera a forma di lupo: chi è e che cosa vuole? Perché gli ha lasciato una chiave delle segrete?
Che cosa capisce Barristan Selmy alla fine? Chi pensa che vincerà?
Lo scoprirete presto!
Spero di avervi incuriositi: alla prossima! :)
Saluti,
Violaserena.

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Capitolo 15
*** Il Grifone Risorto ***


IL GRIFONE RISORTO

 

Tutto era tranquillo.
Non si udiva alcun rumore.
E questo era strano considerando che un esercito di notevoli dimensioni era accampato alle porte di Posatoio del Grifone.
E la cosa peggiore era che quell’esercito non era al completo: difatti mancavano all’appello la flotta di Braavos e quella degli uomini di ferro.
Jon Connington andava avanti e indietro per la stanza.
Tempo prima aveva ricevuto una lettera dagli Stark. Aveva pensato che il loro aiuto potesse essere favorevole alla causa di Aegon e, pertanto, aveva accettato di allearsi con loro.
Ma aveva commesso un terribile errore.
Lo aveva capito solo pochi giorni prima, però.
Quando era arrivata Arianne Martell tutti i suoi piani, i suoi progetti erano crollati.
La fanciulla gli aveva detto che suo padre, oltre alla lettera di Aegon, ne aveva ricevuta una anche dagli Stark.
Questo cambiava tutto: se Jon aveva sperato di contare sull’aiuto di Dorne, ora poteva scordarselo.
I dorniani si sarebbero alleati con gli uomini del Nord, questo era certo.
Ed era certo che anche lui avrebbe dovuto fare lo stesso se voleva vedere Aegon sul Trono di Spade.
Avrebbe dovuto giocare d’astuzia, difatti non c’era possibilità che gli uomini del Nord accettassero un Targaryen. Non lo avrebbero fatto nemmeno i dorniani dopo quello che era successo al giovane Quentyn.
“Tutto per colpa di quella Daenerys e dei suoi draghi” pensò.
Uno dei mercenari della Compagnia Dorata entrò nella stanza e gli disse che tutto era pronto per l’assemblea.
Jon Connington fece un cenno con la testa e si avviò, con passo fermo, verso il luogo stabilito per l’incontro.
Aegon era già lì. Tutti erano già lì.
«Bene, bene. Ecco Griff il Vecchio! Ti sei finalmente deciso a raggiungerci!» esclamò una voce conosciuta.
Era Tyrion Lannister.
Forse, un tempo, lui sarebbe stato dalla sua parte. Ma ora non più.
«Non sei messo molto bene. Hai un aspetto quanto mai…» stava dicendo il Folletto quando Jon lo interruppe, notando una persona che conosceva: «Jaime Lannister! Non posso crederci! Tu qui…? Tu alleato con gli Stark contro tua sorella?».
«Incredibile vero?».
«Pensandoci bene non lo è poi tanto. Non a caso sei chiamato lo Sterminatore di Re».
«Ingiustamente».
Jon lo guardò accigliato.
«Ingiustamente eh? Hai ucciso mio nonno» disse Aegon.
«È vero».
«In quanto guardia reale avevi giurato di proteggerlo».
«Non lo nego».
«Non ti dispiace neanche un po’ quello che hai fatto? È stata un’azione disonorevole».
«Pensa quello che ti pare. Rifarei sempre ciò che ho fatto».
A quelle parole Aegon si lanciò su Jaime.
O meglio, ci provò.
Arya Stark si era messa in mezzo e aveva fermato il giovane Targaryen.
«Levati da qui! Devo fargliela pagare!» urlò adirato il ragazzo.
«Per che cosa? Per aver salvato Approdo del Re da un pazzo che voleva far esplodere la città?» gli domandò gelidamente la fanciulla.
A quell’affermazione calò il silenzio.
«Cosa stai dicendo?» chiese Jon Connington.
«Esattamente quello che hai sentito. Aerys era un folle e tu dovresti saperlo. La sua morte è stato un bene per tutti».
Era vero. Maledettamente vero.
«Rhaegar sarebbe stato migliore di…».
«Rhaegar è morto. Comunque no, non sarebbe stato un buon sovrano» si intromise Grande Jon.
«Non ti permetto di…».
«Non mi permetti? Io non sono ai tuoi ordini!».
«Bada a come parli!».
«Altrimenti? Adesso voglio proprio saperlo! Cosa mi faresti?».
«Non scherzare con me».
«Quali vittorie hai mai riportato perché io ti debba temere? Avresti potuto porre fine alla ribellione di Robert a Tempio di Pietra. Hai fallito. Così come ha sempre fallito la Compagnia Dorata. È vero, c’è chi è corso ad arruolarsi con voi, aye. Ma per me è solo un bene perdere simili stolti».
«Adesso basta!» esclamò il re del Nord.
Brandon Stark era seduto su una semplice sedia, ma il suo aspetto era regale. Molto di più di quello di Aegon.
«Non siamo venuti qui per litigare. Siamo qui perché una guerra sta per iniziare e per vincere dobbiamo essere tutti uniti» continuò Bran.
«Mio fratello ha ragione. Lasciamo da parte le questioni personali e concentriamoci sul nostro obiettivo» affermò Arya.
Era possibile che persone così giovani fossero più giudiziose di loro che di anni ne avevano tanti?
Perché Aegon non era come loro?
«Molto bene, che cosa proponete di fare?» domandò Arianne Martell.
Ebbe così inizio una discussione che durò per tutto il pomeriggio: le persone erano tante e i pareri diversi. Ma, alla fine, si riuscì a delineare un piano che metteva tutti d’accordo.
 

*
 

Jon Connington, dopo l’assemblea, aveva rimproverato Aegon per il suo carattere impulsivo e gli aveva raccomandato maggiore prudenza.
Si era poi diretto nella sua stanza e si era lasciato cadere sul letto.
La malattia lo rendeva più debole ogni giorno che passava.
Tuttavia sperava con tutto il cuore che non lo portasse via prima di aver visto il figlio di Rhaegar sul Trono di Spade.
«Non ti senti bene?» domandò una voce.
Era Arya Stark. Insieme a lei c’era il Folletto.
Non li aveva sentiti entrare.
«Sono solo stanco» mentì.
«Davvero?» chiese Tyrion scrutandolo negli occhi.
«Davvero. Tutta questa faccenda richiede un dispendio di energia maggiore di quanto pensassi».
«Non tutti sono portati al gioco del trono».
«Tu lo sei, Tyrion Lannister?».
«Lo sono sempre stato».
«E tu, Arya?».
«Io odio questo gioco. Ha portato alla morte di mio padre e di mio fratello. Ha generato dolore e sofferenza. Questo non lo dimenticherò mai. Porrò fine a questo gioco, porrò fine a questa guerra».
«Quando Aegon sarà re tornerà tutto come prima. Inizierà un’era di pace e…».
«Aegon non sarà re. Inizierà una nuova era, ma non con lui».
Jon si alzò e osservò stupito la fanciulla.
«Che cosa stai dicendo?» domandò trattenendo a stento la rabbia.
«Calmati, per favore» si intromise Tyrion.
«No, non mi calmo! Non c’è nessun pretendente migliore di Aegon! Lui è il legittimo erede!».
«Ti sbagli» gli rispose gelidamente Arya.
«Dopo questa, se pensate che io e i miei uomini vi aiuteremo…».
La giovane Stark sorrise.
Il Folletto, invece, scoppiò a ridere.
«Non ti facevo così sciocco, Jon Connington!».
«Che significa?».
«Significa che non abbiamo mai avuto bisogno di te o dei tuoi uomini. Il nostro esercito è più che sufficiente a sconfiggere i Lannister e Daenerys Targaryen» disse la figlia di lord Eddard.
«Daenerys Targaryen?».
«Sta tornando nel Continente Occidentale, proprio come previsto».
«Io non riesco a capire…».
Tyrion scosse la testa.
«Il tempo dei Targaryen è finito!» affermò Arya estraendo la spada.
In quel momento Jon capì.
Come aveva fatto a non arrivarci prima?
«Lasciami in vita. Permettimi almeno di assistere alla fine di questo gioco».
«Ti sto facendo un favore. Il morbo grigio ti condurrà alla morte a breve tra atroci sofferenze».
Jon tentò di scappare, ma Arya fu più veloce.
Gli piantò la spada nel petto, vicino al cuore.
Prima di lasciare per sempre il mondo dei vivi, Jon Connington udì due parole.
Era il nome di colui che sarebbe diventato il nuovo re.

 



Angolo Autrice.
Ciao a tutti!
In questo capitolo vengono svelati i mittenti delle lettere ricevute da Doran Martell: gli Stark e Aegon Targaryen. L’avevate capito?
Viene svelata anche un’altra cosa, ma credo che sia più difficile da intuire: la lettera che riceve Arya nel capitolo in cui Sansa è un personaggio POV contiene l’assenso di Jon Connington all’alleanza con loro (questo lo si può evincere dai pensieri di Griff il Vecchio: Tempo prima aveva ricevuto una lettera dagli Stark. Aveva pensato che il loro aiuto potesse essere favorevole alla causa di Aegon e, pertanto, aveva accettato di allearsi con loro).
Che cosa ha capito Jon Connington prima di morire?
Qual è il nome della persona che siederà sul Trono di Spade?
Vi do un indizio: lo si può evincere dagli altri capitoli! ;P
Secondo voi chi sarà?
Sono curiosa di sapere le vostre opinioni!!
Detto questo, alla prossima!
Saluti,
Violaserena.

 

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Capitolo 16
*** Cersei ***


CERSEI

 

Neve scendeva su Approdo del Re.
Nevicava anche due giorni prima quando le truppe del Nord, di Stannis, di Dorne, di Posatoio del Grifone e degli uomini di ferro avevano attaccato.
La resistenza era stata vana: i soldati erano inferiori di numero e poco motivati.
Poi la popolazione era insorta e si era messa a inneggiare gli Stark chiamandoli salvatori.
La città era perduta: ora era nelle mani dei suoi nemici.
Ed era stata una mocciosa a causare la sua rovina: Arya Stark.
Era lei il comandante. Era lei che gli uomini seguivano.
Era solo una bambina eppure aveva vinto.
Cersei diede un pugno contro la parete per sfogarsi.
Si trovava ancora nelle sue stanze.
Gli uomini del Nord avevano deciso di tenerla rinchiusa lì dentro invece che nelle segrete.
Dei suoi figli non sapeva nulla. Le era solo stato detto che non sarebbe stato fatto loro alcun male.
Sperava ardentemente che fosse così.
Non poteva sopportare di perderli.
Se Jaime fosse stato con lei avrebbe potuto aiutarla.
Ma lui non c’era.
Era sparito.
Perché non tornava da lei?
Perché?
Poi udì delle voci provenire dall’esterno. Si affacciò alla finestra per vedere di chi si trattasse.
Vi erano ser Robert Strong, Arya Stark, Catelyn Tully, Jon Snow, uno dei bastardi del suo defunto marito e Qyburn.
Quest’ultimo stava dicendo: «…lo giuro sul mio onore. Se sconfiggerai ser Robert, farò tornare la voce a tua madre».
«Tu stai ponendo delle condizioni a noi?» domandò una voce odiosa.
Era quella di Tyrion!
Non si era accorta della sua presenza.
Ma d’altro canto non era facile notarlo vista la sua altezza.
«Non c’è problema. Mi sarei battuta comunque con lui» sorrise Arya.
I presenti la guardarono perplessi e poi osservarono con attenzione il cavaliere.
«Ma certo! Questo è Gregor Clegane!» esclamò Gendry.
«La Montagna è morta, non dite sciocchezze» disse con finta indifferenza il mezzo maestro.
«Puoi averla data a bere ai dorniani, ma non a noi» affermò Jon.
Arya estrasse Inverno.
«State indietro. E non intervenite per nessun motivo. Lo voglio uccidere con le mie mani».
Robert Strong si fece avanti ed estrasse una enorme spada.
Il combattimento ebbe inizio.
L’uomo era notevolmente più forte, ma la giovane Stark era molto più veloce.
Una svista, però, le costò cara: il cavaliere la colpì alla spalla e la fece cadere.
Jon e Gendry avevano subito portato la mano sull’elsa delle loro armi, ma Arya aveva fatto loro cenno di non intervenire.
Ser Robert le si avvicinò con aria minacciosa.
Per lei era finita: Cersei avrebbe avuto almeno una soddisfazione.
Ma le cose non andarono come si aspettava.
La figlia di Ned Stark si alzò di scatto sorprendendo l’avversario e gli assestò un fendente alla mano, facendogli perdere la spada. Subito dopo colpì l’uomo al braccio.
Cersei vide Qyburn impallidire.
Arya sorrise crudelmente e disse: «Questo è quello che ti meriti per tutto ciò che hai fatto».
Inverno trafisse il cavaliere più volte.
Alle pugnalate seguirono le parole: «Questo è per lord Beric Dondarrion, questo è per tutte le persone che hai torturato e stuprato, questo è per il Mastino a cui hai deturpato il volto e questo… Questo è per me!».
Il sangue schizzò e colorò di rosso la neve.
«Valar morghulis. Addio Gregor Clegane».
Con un colpo secco, gli staccò la testa.
Cersei si allontanò dalla finestra.
La Montagna era stata sconfitta. Sconfitta da una ragazzina.
Urlò e poi scoppiò a ridere.
Non c’era nient’altro da fare.
 

*
 

La figlia di Tywin Lannister stava per mettersi a letto quando due persone fecero irruzione nella sua stanza.
Erano Tyrion e Arya.
«Sapevo che sareste venuti» bisbigliò.
«Come potevamo mancare. Io, personalmente, non vedevo l’ora di incontrare la mia dolce sorella» sorrise il Folletto.
Cersei gli diede uno schiaffo.
Gliene avrebbe dato un altro se la giovane Stark non l’avesse fermata.
«È così che mi accogli? Sono quasi lusingato» continuò Tyrion.
«Taci, piccolo, lurido mostro che non sei altro. Avresti dovuto crepare appena sei nato. Avrei dovuto ucciderti con le mie stesse mani. L’avrei fatto se Jaime non si fosse affezionato a te».
«Che parole amorevoli».
«Tu non meriti niente, mostro! Hai osato uccidere mio figlio insieme a quella puttana di tua moglie!».
Il Folletto le diede uno schiaffo e poi le disse: «L’unica puttana, qui, sei tu».
Prima che Cersei potesse fare qualcosa, Arya si mise in mezzo.
«Non è stato lui ad avvelenare Joffrey».
«Certo che è stato lui! Lo odiava e…».
«Tutti lo odiavano».
Cersei si morse forte il labbro tanto da farselo sanguinare.
«Avrei voluto essere io a farlo fuori, ma qualcuno di insospettabile mi ha preceduto. I colpevoli sono Petyr Baelish e lady Olenna Tyrell».
«Ditocorto e la Regina di Spine?».
Arya annuì.
«Perché dovrei crederti?».
«Perché sono una Stark».
Detto questo le raccontò quello che, tempo prima, aveva già riferito a Jaime.
«Quei maledetti! Lo sapevo che non dovevo fidarmi di loro. I Tyrell sono delle serpi!».
«Non dovresti scusarti con Tyrion?».
«Perché mai? È vero, non è stato lui ad ucciderlo, ma sono sicura che lo avrebbe fatto se ne avesse avuta l’occasione».
«Sono davvero un mostro per te, sorella?» domandò il Folletto.
«Lo sei. Io ti odio. Ti odio. Hai portato via mia madre. Già solo per questo meriti di morire».
Tyrion sospirò afflitto.
Arya gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla per confortarlo.
«Che quadretto commovente! Credo che mi metterò a piangere. Oh si, ma per il disgusto!».
«Muori Cersei! Muori» urlò suo fratello.
«Non sei venuto qui per questo? Tutte e due siete qui per questo. Avanti, cosa aspettate?».
«Non saremo noi a toglierti la vita» sussurrò la figlia di Ned Stark.
Cersei la guardò con aria interrogativa.
Piano piano la porta si aprì ed entrò Jaime Lannister.
«Jaime, sei qui finalmente! Sapevo che non mi avresti abbandonata!».
La donna corse ad abbracciare il suo gemello che, inaspettatamente, rimase impassibile.
«J-Jaime?».
Il suo sguardo era gelido.
«N-no, non è vero. Non può essere vero».
Tyrion proruppe in una sonora risata.
Arya sorrise crudelmente.
«J-Jaime, non vorrai davvero…».
«Taci! Sei solo una puttana bugiarda che si è fatta fottere da Lancel, da Osmund Kettleblack e, per quanto ne so, probabilmente anche dal nostro guitto di corte» esclamò il suo gemello.
«Vedo che te le ricordi ancora le mie parole» bisbigliò il Folletto, sorridendo.
«L’ho fatto per noi! L’ho sai che ti amo Jaime! Io e te siamo ben più che fratello e sorella: noi siamo la medesima persona in due corpi diversi. Abbiamo condiviso il grembo di nostra madre e…».
«Oh piantala Cersei! Sei vomitevole e spregevole. Sei solo una fica volubile come tutte le regine. Anzi, tu più di tutte le altre» la schernì Tyrion.
«Taci, maledetto…» urlò Cersei piangendo prima che qualcuno stringesse le mani intorno alla sua gola.
Quel qualcuno era Jaime.
E quando sarai annegata nelle tue stesse lacrime, il valonqar chiuderà le mani attorno alla tua gola bianca e stringerà finché non sopraggiungerà la morte.
Queste erano le parole di Maggy la rana.
Il valonqar non era Tyrion come aveva sempre pensato, ma il suo amato gemello.
Lui era nato poco dopo di lei, per cui anche lui era suo fratello minore.
Cersei, col viso rigato dalle lacrime, guardò Jaime.
«L’amore è veleno. Un dolce veleno, ma che comunque uccide» le disse flebilmente.
Poi strinse ancora di più le mani intorno al suo collo.
«Addio Cersei. Ti ho amata davvero. Addio».
Queste furono le ultime parole che Cersei Lannister udì.
Poi la sua vita si spense.
Jaime l’aveva uccisa.


 

 

Angolo Autrice.
Ciao a tutti!
In questo capitolo si scopre che in realtà Robert Strong è ser Gregor. Di conseguenza Arya decide di affrontarlo: nonostante l’incredibile forza dell’uomo riesce ad ucciderlo e ad eliminare un altro nome dalla sua lista.
Per quanto riguarda Cersei, la sua vita viene stroncata dal suo amato gemello.
Non so perché, ma ho sempre pensato che sarebbe stato lui ad ucciderla. È troppo scontato che sia Tyrion il valonqar.
Voi cosa ne pensate? Chi è il valonqar secondo voi?
Vi anticipo che il prossimo capitolo sarà molto importante: verrà svelato chi siederà sul Trono di Spade!
Avete idea di chi possa essere?
Detto questo vi saluto!
A presto,
Violaserena.

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Capitolo 17
*** Brienne ***


BRIENNE

 

Un’immensa folla si era raccolta davanti al Grande Tempio di Baelor.
Era lì, infatti, che dopo l’incoronazione si sarebbe recato il nuovo re per salutare il popolo.
Urla di giubilo risuonarono dappertutto.
I salvatori di Approdo del Re stavano arrivando.
Camminavano tutti ad eccezione di Brandon Stark che era seduto su una semplice portantina.
L’Alto Passero, raggiunta la scalinata, si fece avanti per primo.
Salutò la folla e plaudì all’inizio di una nuova era.
Poi si fece da parte e lasciò la parola ad Arya Stark.
La fanciulla, sorridendo, disse: «Amici, popolo di Approdo del Re, siamo qui riuniti per festeggiare l’avvento di un nuovo sovrano. Un sovrano giusto e onorevole, umile e generoso, conscio dell’alto compito che gli spetta. Molti di voi lo conoscono. Molti di voi hanno conversato e scherzato con lui. Molti di voi l’hanno visto nascere e crescere e oggi diventare re. Amici, vi presento l’unico vero erede e legittimo figlio del defunto re Robert, Gendry Baratheon!».
Un boato esplose tra la folla.
Erano tutti felici che il nuovo sovrano fosse uno di loro. Una persona che non era vissuta nell’agiatezza o in luoghi fastosi.
Era bello vedere tale reazione da parte del popolo pensò Brienne.
Era veramente l’inizio di una nuova era.
Solo Aegon non sembrava particolarmente contento. Aveva ricevuto un’accoglienza fredda quando aveva rivelato la sua identità: questo dimostrava che il tempo dei Targaryen era finito.
Gendry, timidamente, si avvicinò ad Arya, si schiarì la voce e affermò: «Come molti di voi sanno, ho lavorato per molto tempo presso la bottega di Thobo Mott ignorando l’identità di mio padre. Ho sempre vissuto semplicemente, senza ricchezze e senza agi. Non li ho mai desiderati e non ho mai desiderato diventare re. Tuttavia, di fronte a quanto accaduto in questi ultimi anni, ho maturato la convinzione che fosse necessario un cambiamento per riportare pace e tranquillità. Per questo motivo ho accettato di rinunciare al mio cognome di bastardo, Waters, e di diventare re quando Arya e Brandon Stark me l’hanno proposto. Amici, vi confesso che ero molto spaventato. Ma, ora, vedendovi ho acquistato maggiore fiducia in me stesso e nelle mie capacità. Prometto di non deludervi e di fare tutto il possibile per essere un buon governante».
La folla applaudì.
Sorrisi speranzosi si vedevano sui loro volti.
Era la prima volta che un bastardo diventava re.
Ma, di fatto, lui non era veramente un bastardo perché Joffrey, Myrcella e Tommen erano figli di Jaime e Cersei Lannister. Pertanto, considerando il tradimento della regina, lui era il legittimo erede di Robert Baratheon in quanto suo figlio naturale.
Anche l’Alto Passero era dello stesso avviso.
Gendry continuò dicendo: «In questo compito non sarò solo. Mio zio Stannis Baratheon sarà Primo Cavaliere del Re. Davos Seaworth sarà Maestro delle Navi, Tycho Nestoris Maestro del Conio, Pylos Gran Maestro, Izembaro Maestro dei Sussurri, Brynden Tully Maestro delle Leggi e infine Brienne di Tarth sarà il Lord Comandante della Guardia Reale».
Il cuore di Brienne cominciò a battere all’impazzata.
Poco tempo prima aveva espresso il suo desiderio di entrare a far parte della Guardia Reale, ma non credeva che ne sarebbe diventata il comandante.
«Congratulazioni» le sussurrò Jaime.
Sembrava sinceramente felice per lei.
«Grazie».
«Ora siamo colleghi».
Si, lo erano. Jaime era diventato un membro onorario della Guardia Reale, una nuova carica stabilita da Gendry su consiglio di Bran.
Lady Catelyn le si avvicinò per farle i complimenti.
La donna, grazie all’eccellente lavoro di Qyburn, poteva nuovamente parlare.
Intanto, uno ad uno i membri del Concilio Ristretto presero la parola e si presentarono.
Stannis, nonostante tutto, appariva contento.
Non era diventato re, ma in quanto Primo Cavaliere disponeva di un grande potere e di fatto le decisioni più importanti le avrebbe prese lui.
Quando tutti ebbero finito di parlare, Brandon Stark annunciò che i Sette Regni non sarebbero stati governati da un unico re. Ci sarebbero infatti stati più sovrani, tutti pari tra loro e inscindibilmente legati, i quali, periodicamente, si sarebbero riuniti e avrebbero discusso di vari aspetti.
In questo modo sarebbe stato più semplice governare i regni, considerando anche le profonde differenze che vi erano.
Gendry Baratheon avrebbe governato il Sud ad esclusione di Dorne, il cui re sarebbe diventato Doran Martell. Bran sarebbe stato il re del Nord ed Euron Greyjoy delle Isole di Ferro.
Occhio di corvo sembrava in parte compiaciuto in parte turbato da quella rivelazione.
Tuttavia nessuno ci badò.
 

*
 

Mace Tyrell era stato giustiziato due giorni prima l’incoronazione di Gendry.
La Regina di Spine aveva avuto un attacco di crepacuore qualche settimana prima e aveva lasciato per sempre il mondo dei vivi.
Quel giorno invece, dinnanzi alla Fortezza Rossa, avrebbero pagato con la morte i loro crimini ser Meryn Trant e lord Varys.
Arya era in piedi di fronte all’ex Guardia Reale con la spada alzata.
Sansa era accanto a sua sorella.
Aveva deciso di assistere alla fine dell’uomo che l’aveva picchiata al posto di Joffrey.
Si avvicinò a Meryn Trant e gli diede uno schiaffo sibilando: «Tu non sei un vero cavaliere».
Fu poi il turno di Arya.
«Oh, la pecorella smarrita è tornata» disse ser Trant.
«Io sono un lupo».
«Un lupo, si. Un lupo che ha perso i capi branco e per questo morirà».
«Un lupo che ha preso il comando, riconquistato il Nord e sconfitto il Sud. Tu non saresti stato in grado di fare ciò» lo corresse Tyrion.
«Molto tempo fa mio padre mi disse che quando soffiano i venti gelidi il lupo solitario muore mentre il branco sopravvive. Mio padre si sbagliava. Il lupo solitario continua a vivere, mentre i lupi del branco vengono  presi, uccisi e scuoiati. Tuttavia, io farò in modo che tutti sopravvivano» affermò Arya.
Varys sorrise, mentre Meryn Trant la guardava con la faccia da ebete.
«Addio, cavaliere. Con te la mia lista ha fine. Syrio Forel è vendicato. Valar morghulis».
Inverno staccò di netto la testa all’ex Guardia Reale, schizzando di sangue l’eunuco che si trovava lì accanto.
Qualcuno rise a quella scena: era Ramsay Snow.
Non poteva essere che lui constatò Brienne: nessuno amava tanto queste cose quanto il figlio bastardo del defunto lord Bolton.
Arya posò il suo sguardo su Varys.
«È così, dopo essere sopravvissuto a tante tempeste, è giunta la mia ora» constatò, apparentemente senza interesse, quest’ultimo.
«Saresti dovuto morire molto tempo prima. Io, al posto di mio fratello, non ti avrei mai perdonato» disse Stannis.
«E saresti stato saggio a uccidermi. Avresti risparmiato tutto questo».
Il Primo Cavaliere del Re corrucciò la fronte.
Prima che potesse parlare però, il Folletto affermò: «Un tempo ho creduto che tu, in un certo qual modo, fossi mio alleato anche se non riuscivo a capire il tuo modo di fare, il tuo gioco. Ma ora lo so. Ho capito finalmente. I tuoi piani, però, non coincidono con i miei e con quelli che io considero degli amici. Restaurare i Targaryen è folle. Ora, per questo motivo, noi siamo nemici».
L’eunuco sorrise.
«Il nuovo re sono io. Nessun altro prenderà il mio posto» concluse Gendry.
«Su questo io non ci conterei troppo» ghignò Varys.
Arya gli si avvicinò lentamente e gli sussurrò qualcosa all’orecchio.
Il Ragno Tessitore sbiancò all’improvviso.
«Cosa? Non è possibile! Non dopo tutti gli sforzi che ho fatto!» gridò.
«È così invece. Ma non temere. Non ucciderò Aegon. Ho in serbo qualcosa di meglio per lui» sogghignò la figlia di Ned Stark.
Varys si portò le mani alla testa, afflitto.
Brienne notò che lady Catelyn lo osservava attentamente.
«Saresti stato in grado di salvare mio marito?» gli domandò la donna ad un certo punto.
L’eunuco rimase in silenzio.
«Rispondimi!».
«Si, se avessi voluto».
Sui volti degli Stark si poteva leggere il disprezzo.
«Hai sacrificato nostro padre per il tuo piano» sussurrò incredulo Bran.
«Sei spregevole. Sei solo un lurido ragno da schiacciare» urlò Jon Snow.
«Un eunuco è senza onore. E un ragno non può permettersi il lusso di avere scrupoli. Non è così lord Varys?» chiese retoricamente Arya.
Lui non rispose.
La sorella del re del Nord fece un cenno e qualcuno estrasse la spada.
«Addio» gli sussurrò prima di lasciare il posto a Ramsay Snow.
Era davvero una scelta crudele.
Nessuno avrebbe voluto finire nelle mani del Bastardo di Bolton.
Brienne decise di non guardare.
Le urla erano strazianti.
Si girò per un attimo e rimase orripilata: Ramsay lo stava scuoiando.
E sorrideva mentre lo faceva.
Lord Varys aveva davvero fatto una brutta fine.
Quella sera Brienne aveva deciso di fare un bel bagno per rilassare i nervi e scacciare le cupe immagini di quella giornata.
Si stava passando una spugnetta sul petto quando nella stanza entrò Jaime Lannister.
«Che cosa ci fai qui? Esci immediatamente!» gridò.
«Che c’è, non ti vergognerai di me? Ti ricordo che ti ho già visto nuda quand’eravamo ad Harrenhal».
Brienne arrossì.
Jaime invece cominciò a togliersi il mantello.
«Che stai facendo?».
«Non lo vedi? Mi sto spogliando».
«Se vuoi farti un bagno, vattene da un’altra parte!».
«No, qui è perfetto».
Jaime era davanti a lei completamente nudo.
Prima che potesse fermarlo, l’uomo si gettò in acqua.
«Sterminatore di Re, esci! Non ti voglio qui!».
«Non chiamarmi in quel modo! Dovresti ringraziarmi invece: molte donne vorrebbero essere al tuo posto».
«Vai da loro, allora».
«Non mi va».
Brienne sospirò.
«Jaime, perché sei qui?».
L’uomo la guardò e scoppiò a ridere.
«Cosa c’è di così divertente?».
«La tua faccia. È veramente serissima. E poi… Tutta la situazione è comica! Chi l’avrebbe mai detto che io…».
A quel punto si bloccò.
«Che tu?» lo incoraggiò Brienne con il cuore che le batteva all’impazzata.
Non sapeva nemmeno lei perché si sentisse così.
«Devo proprio dirlo?».
«Devi».
«Non so come sia possibile, ma… Ma credo che tu mi piaccia. Non solo come persona. Come dire… sì… In senso sessuale!».
Brienne divenne rossa come un peperone.
«Ti sembrano cose da dire?» gli urlò poi.
Jaime pareva imbarazzato.
«Non ho mai fatto una confessione prima d’ora. Non so come si faccia».
«Si, vede. È una confessione orribile».
«Come sarebbe a dire?».
«È così, non posso farci niente».
Jaime scoppiò di nuovo a ridere.
Anche Brienne sorrise.
In fondo era una situazione comica. Imbarazzante, ma comica.
All’improvviso, con un rapido gesto, Jaime la prese per le spalle e la baciò.
«Forse così è più chiaro quello che sento» le sussurrò.
Brienne avrebbe voluto prenderlo a pugni, ma l’unica cosa che fece fu attirarlo a sé e baciarlo a sua volta.
«Anche tu mi piaci» disse rossa in volto.
L’uomo sorrise e rispose: «Io piaccio a tutte».
Lei gli diede un pugno sul petto.
«Ma l’unica cosa che conta è che piaccia a te».
Detto questo la baciò di nuovo.
Era così bella quella sensazione.
Ma Brienne sapeva che non poteva durare a lungo.
Si risvegliò da quella specie di trans quando Jaime le toccò un seno.
«Fermati. Io sono una Guardia Reale e lo sei pure tu. Il regolamento vieta…».
«In questo momento nessuno di noi due lo è. Domani, quando il re ci conferirà la carica, lo saremo. Ma ora no. Sai che Brandon Stark mi ha tolto la mia vecchia carica, per cui ora sono un normale cavaliere».
«Però…».
«Brienne. Credo di non averti mai ringraziato per quello che tu hai fatto per me, consapevolmente o inconsapevolmente. Per cui ti ringrazio ora. Detto questo, non voglio obbligarti a fare niente che tu non voglia».
Per una volta Brienne si lasciò andare.
Non aveva mai creduto che quel momento sarebbe arrivato anche per lei.
Si sentì felice.
Quella notte non la dimenticò mai.

 



Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
Sorpresa, sorpresa: il nuovo re è… Gendry!
Spero non siate troppo sconvolti da questa mia scelta.
Io credo che il Continente Occidentale abbia bisogno di un cambiamento visti gli ultimi eventi, per questo ho reputato che Gendry fosse il più adatto ad assumere questo ruolo (ovviamente aiutato da persone esperte e onorevoli) e che i Sette Regni fossero governati da più sovrani.
Il figlio del defunto Robert Baratheon conosce il popolo, i suoi problemi, sa che cosa significa vivere in povertà.
Un buon sovrano dovrebbe sempre conoscere il suo popolo.
Voi cosa ne pensate?
E cosa pensate del nuovo Consiglio Ristretto?
Chiedo immensamente perdono a Stannis per non averlo scelto come re. Ma, non trovate, che sia migliore come Primo Cavaliere? xD
Per quanto riguarda il resto… Meryn Trant e Varys vengono giustiziati.
Addio al Ragno Tessitore!
Infine… Brienne e Jaime insieme!
Li ho sempre trovati fantastici: Brienne è esattamente il tipo di donna che fa per Jaime.
Detto questo, vi saluto! :)
Alla prossima,
Violaserena.

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Capitolo 18
*** Samwell ***


SAMWELL

 

Il cervo incoronato dei Baratheon e il meta-lupo degli Stark svettavano su tutti gli stendardi di Approdo del Re.
La città appariva tranquilla e felice come non lo era più stata da molto tempo.
Samwell Tarly si alzò lentamente dal letto.
Era arrivato dalla Cittadella una settimana prima. Quando aveva saputo quello che era successo e che Jon si trovava lì non c’era stato modo di trattenerlo.
Era molto felice che il suo amico si fosse ricongiunto con i suoi famigliari e che l’avesse perdonato per non avergli rivelato prima che Bran e Rickon erano vivi.
Qualcuno bussò alla porta.
«Sam, sei sveglio?».
Era la voce di Jon Snow.
«Si, entra pure».
«Allora, come ti senti?».
Come si sentiva?
Non lo sapeva nemmeno lui.
Forse turbato. Ma anche ansioso.
Quel giorno avrebbe incontrato suo padre: Randyll Tarly.
L’uomo era stato rinchiuso nelle segrete in quanto alleato di Mace Tyrell.
«Se sei pronto, allora andiamo. Sono già tutti nella Sala Grande» disse a un certo punto Jon.
Sam fece un cenno di assenso e si incamminò con l’amico.
Suo padre era in piedi davanti a Gendry Baratheon, seduto sul Trono di Spade.
Accanto al re vi erano i membri del Concilio Ristretto, la Guardia Reale, Arya e Brandon Stark.
«Cosa ci fai qui? Ti hanno forse sbattuto fuori dai guardiani della notte?» gli domandò suo padre.
«No, signore. Sono stato io, in quanto lord comandante, a mandarlo alla Cittadella. Poi, in seguito agli ultimi avvenimenti, Sam è venuto qui» rispose per lui Jon.
Randyll Tarly mormorò qualcosa.
«Dopo aver esaminato attentamente la situazione sono giunto al verdetto» affermò Gendry ad un certo punto.
Senza rendersene conto, Samwell sperò che suo padre venisse punito.
Un’umiliazione non gli avrebbe fatto male.
Così avrebbe capito che cosa aveva provato lui in tutti quegli anni.
«Ti sei dimostrato un alleato fedele dei Tyrell fino alla fine. Io credo che la lealtà sia una delle migliori doti che un uomo dovrebbe possedere. Per questo motivo ti risparmierò la vita. Sei libero di combattere per me o di far ritorno a casa» proseguì Gendry.
No.
Il re l’aveva graziato.
Randyll Tarly sorrise.
«Io sono un soldato, sire. Non tornerò a casa. Combatterò per voi. Siete il figlio del defunto re Robert e il nipote di Renly. Avete la mia lealtà».
Il nuovo sovrano annuì.
Sam scattò.
Era stata una reazione inconscia.
Tuttavia non riuscì a raggiungere suo padre: il capo della Guardia Reale l’aveva fermato.
Tutti lo stavano guardando sorpresi.
«Chiedo scusa» riuscì solo a dire Sam.
«Non hai nemmeno il coraggio di prenderti la responsabilità delle tue azioni. Sei patetico!» lo schernì Randyll Tarly.
«I-io…».
«Non sei cambiato per niente. Sei il solito rammollito».
Una nuova furia si impossessò di lui.
Ad un cenno di Arya, il Lord Comandante lo lasciò andare e lui poté tirare un pugno a suo padre.
O almeno ci provò.
Lord Tarly l’aveva schivato.
Ci riprovò di nuovo.
Suo padre lo fermò e gli assestò una ginocchiata in piena pancia.
Sam si accasciò al suolo.
Quel colpo era maledettamente forte, ma lui non si sarebbe arreso.
Non gliela avrebbe data vita. Non di nuovo.
Lentamente si rialzò.
Suo padre, inaspettatamente, sorrise.
Prima che potesse fare altro, Stannis affermò: «Non è questo il posto in cui risolvere i vostri problemi familiari».
«Per quanto mi riguarda, io non ho nessun conto in sospeso. Con il vostro permesso, gradirei ritirarmi» disse Randyll Tarly.
«Podrick, accompagna lord Tarly nelle sue stanze» ordinò il Primo Cavaliere.
Samwell sospirò.
Prima di uscire, suo padre gli si avvicinò e gli sussurrò: «Bravo Sam. È questo che ho sempre cercato di insegnarti. Non arrendersi».
Gli aveva fatto un complimento.
Per la prima volta in tanti anni.
Sam era sconvolto e felice allo stesso tempo.
«Quanto a te, la prossima volta che decidi di comportanti in questo modo così idiota, ti faccio gettare in mare in pasto ai pescecane» lo sgridò Stannis.
Quest’ultimo lanciò poi un’occhiata di disapprovazione in direzione di Arya e Brienne.
«Non credevo che avresti mai affrontato tuo padre» gli disse Jon avvicinandosi.
«Nemmeno io».
«Vuoi forse dirmi che è stato un caso?».
«Io… Non lo so. Semplicemente ero arrabbiato».
«Allora è merito della rabbia».
«O forse della stanchezza di essere sempre umiliato da lui».
«Sei stato bravo Sam».
«Grazie. Posso farti una domanda?».
«Certo».
«Perché re Gendry non ha punito mio padre?».
«Perché Randyll Tarly è il più capace uomo d'arme del regno nonché uno dei migliori soldati che l'Altopiano abbia mai vantato. Anche se è un uomo di vedute ristrette, ha una volontà di ferro, è astuto ed è leale».
«Ho capito».
Quel pomeriggio Sam stava ammirando l’orizzonte, quando vide – in lontananza – un’enorme flotta.
Osservò con attenzione lo stemma ritratto sulle bandiere: un drago a tre teste di colore rosso in campo nero.
Non c’erano dubbi, quello era lo stemma dei Targaryen.
Sam corse il più velocemente possibile.
Appena arrivò nella Sala Grande – esausto e ansimante – urlò: «Daenerys Targaryen sta arrivando!».
Solo allora si accorse che tutte le persone più importanti erano lì riunite.
«Lo sappiamo» disse Bran.
Spettro, Nymeria, Estate e Cagnaccio ulularono.
«Era ora che arrivasse» sorrise crudelmente Arya.
Il gioco riprendeva.
Chi avrebbe vinto? Chi avrebbe perso?
Presto lo si sarebbe saputo.

 



Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
Anche Samwell, alla fine, è giunto ad Approdo del Re.
Per la prima volta riesce a tenere testa a suo padre e a non farsi scoraggiare dalle sue parole. Ho sempre pensato che, prima o poi, Sam avrebbe incontrato Randyll Tarly e che sarebbe riuscito a conquistare un po’ della sua stima.
Voi che ne pensate?
Nel frattempo, Daenerys sta arrivando.
Che cosa succederà ora?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo! :)
A presto.
Saluti,
Violaserena.

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Capitolo 19
*** Arya ***


ARYA

 

Era finalmente giunto il giorno della grande battaglia.
Sotto il cielo coperto, poco lontano da Approdo del Re – Arya non avrebbe mai permesso che venissero coinvolti dei civili – erano schierati gli eserciti: da un lato vi erano gli Stark e i loro alleati dall’altro gli uomini di Daenerys Targaryen.
Quest’ultima avanzò tronfia, accompagnata da Barristan Selmy e da due mercenari.
«Questa battaglia può essere evitata. Se vi arrenderete e mi consegnerete il Trono di Spade vi risparmierò la vita e vi permetterò di fare ritorno nelle vostre case» disse.
«Dimmi, perché dovremmo arrenderci considerando che abbiamo un esercito più forte e numeroso del tuo?» domandò ironicamente Tyrion.
La fanciulla dai capelli argentei lo fulminò con lo sguardo e poi rispose: «Perché io sono la legittima erede».
«No, non lo sei. Secondo il diritto dinastico i figli vengono prima di un fratello o di una sorella» affermò Arya.
«I figli di Rhaegar sono tutti morti, per cui…».
«Non è così. Aegon è vivo ed è qui».
Aegon Targaryen si avvicinò ad Arya.
«Non è possibile! Voi state mentendo! Lui è morto!».
Il Folletto raccontò per filo e per segno la storia del giovane.
La khaleesi era turbata.
Non poteva andare meglio.
«Molto bene. Bella storia, davvero. Ma non credo a una sola parola. L’unica erede qui sono io e, dal momento che non vi volete sottomettere, sarò costretta a farvi inginocchiare con la forza. Scaccerò il nuovo usurpatore e mi riprenderò ciò che mi spetta!» esclamò Daenerys.
Aegon la guardò con odio. Forse aveva sperato di essere accolto amorevolmente da sua zia. Ma non era stato così.
Le cose stavano andando meglio del previsto.
«Credi che saresti un buon sovrano?» chiese, ad un certo punto, Arya.
Daenerys la guardò accigliata, poi sorridendo disse: «Certo, migliore di qualunque altro».
«Ne sei sicura?».
«Assolutamente».
«Davvero? Quali sono i provvedimenti principali da prendere per migliorare le condizioni dei cittadini di Approdo del Re? Qual è l’attività principale degli abitanti di Porto Bianco? E di Dorne? E di Padelle Salate? Quali sono le condizioni dei contadini? E dei pescatori? Sai rispondere a queste domande?».
La figlia di Aerys il Folle chinò la testa.
«Come sospettavo non lo sai. Non basta presentarsi come la legittima erede al trono per essere degni della sovranità. Un buon re deve conoscere il suo popolo e i suoi bisogni. Tu non sai niente dei Sette Regni. Conosci solo le vicende storiche che parlano solo di grandi battaglie o di sovrani. Non parlano degli umili. Non parlano del popolo. Tu non conosci il tuo popolo, per cui non potresti mai essere un buon governante».
Daenerys rimase in silenzio.
«Ser Barristan» continuò Arya rivolgendosi all’anziano cavaliere. «Tu sei un uomo d’onore e sei leale. Sono due doti importanti, tuttavia ti chiedo di metterle da parte. A volte bisogna rinunciarvi per fare una scelta più saggia o almeno quello che si ritiene che lo sia. Io ti chiedo di allearti con noi. Ma devi farlo solo se lo vuoi veramente, solo se credi che Gendry possa essere un sovrano migliore di Daenerys. Per il bene del popolo e dei Sette Regni io ti chiedo di scegliere».
Daenerys scoppiò a ridere.
«Ser Barristan è il mio Primo Cavaliere. Non mi abbandonerà mai!».
L’anziano uomo si avvicinò con passo lento alla figlia di Ned Stark.
«Quello che ritengo più giusto» sussurrò.
Detto questo estrasse la spade e si inchinò dinnanzi a Gendry.
«Non è possibile! Tu hai giurato fedeltà a me! Sei un traditore!» urlò la giovane Targaryen.
«Il regno ha bisogno di pace e tranquillità. Ha bisogno di qualcuno che capisca il popolo. E quel qualcuno non puoi essere tu» affermò con volto sereno Barristan Selmy.
Aveva fatto la scelta giusta per lui.
A volte bisognava mettere da parte il proprio onore per un bene più grande.
«Pagherai per il tuo tradimento! Uomini, attaccate e non risparmiate nessuno!» ordinò Daenerys.
La battaglia aveva finalmente inizio.
Faretre alla cintura, gli arcieri appiedati si distribuirono su tre lunghe linee. Fra di loro, in formazioni quadrate, andarono a disporsi i picchieri. Dietro venivano i ranghi di guerrieri armati di lance, di spade e di asce.
Le armi cozzavano le uno con le altre, uomini cadevano al suolo con le teste fracassate e il torace squartato. Ovunque c’era sangue, ovunque c’erano grida, ovunque c’era dolore.
Tutto questo accadeva per un trono.
Ad un certo punto si udì un suono terrificante provenire dal cielo.
I draghi erano arrivati.
Dopo secoli erano tornati. Dopo secoli gli uomini li avrebbero dovuti di nuovo affrontare.
«Abbatteteli se ci riuscite!» rise Daenerys.
Arya sorrise.
Era venuto il momento di verificare quanto lei e i suoi fratelli fossero forti.
Se ce l’avessero fatta, avrebbero vinto. Altrimenti sarebbero morti.
Ad un suo cenno, Bran, Jon e Rickon alzarono lo sguardo in alto e entrarono in Drogon, Rhaegal e Viserion.
Arya, Brienne, Grande Jon e i meta-lupi si posizionarono intorno a loro per difenderli.
Il grande drago nero si dibatté furiosamente.
A differenza degli altri due, non aveva nessuna intenzione di farsi comandare dalla mente di un umano.
“Non ci riesco. È troppo forte” disse Bran mentalmente.
“Puoi farcela. So che puoi” gli rispose sua sorella.
Rhaegal e Viserion, o meglio, Jon e Rickon si avvicinarono a Drogon cercando di bloccarlo.
“Noi siamo con te, non ti abbandoneremo” continuò Jon.
“Grazie…”.
“Adesso vola Bran. Il corvo con tre occhi ha detto che avresti imparato a farlo. Adesso puoi, perciò vola”.
E Bran volò.
Senza sapere come ci riuscì. Drogon ormai non esisteva più.
C’era solo un drago.
Un drago di nome Brandon Stark.
«Che sta succedendo?» domandò esterrefatta Daenerys vedendo i suoi draghi attaccare con potenti folate di vento i suoi uomini.
«I giovani Stark sono dei metamorfi! Stanno controllando i tuoi draghi!» le rispose Daario Naharis dopo aver trafitto il suo avversario.
«Allora fermali!».
«Non vi permetterò di fare del male ai miei fratelli!» esclamò Arya vedendo un certo numero di mercenari avvicinarsi.
Usando Ago e Inverno insieme li trafisse e mise in fuga i restanti.
«I mercenari non sono altro che un branco di codardi!» rise Grande Jon.
«Arya!» la chiamò Gendry indicando i suoi fratelli.
Riuscire a controllare un drago era uno sforzo enorme e Bran, Jon e Rickon cominciavano ad essere stanchi.
Un corno suonò.
La giovane Stark sorrise.
La flotta di Braavos era giunta proprio in quel momento e con essa l’uomo con la maschera a forma di lupo, Victarion Greyjoy e Moqorro.
Essi portavano con sé un oggetto assai prezioso: il corno di drago.
Non potevano arrivare in un momento migliore.
 

*
 

L’uomo mascherato abbatté abilmente tutti coloro che ostacolavano la sua avanzata liberando il cammino a coloro che trasportavano il corno di drago.
«Se lo suonerai, morirai!» affermò Euron Greyjoy rivolgendosi ad Arya.
«E a te cosa importa?».
«Non so per quale motivo, ma tu mi piaci. Hai la stoffa di un vero condottiero. Se dovessi ribellarmi contro il Trono di Spade, voglio affrontarti in battaglia. Voglio conquistarlo solo dopo averti sconfitta. In questo modo otterrò maggiore gloria».
«Non riuscirai mai a battermi, Euron Greyjoy. Mai!».
Gli uomini che trasportavano il corno arrivarono dinnanzi a loro.
«Ti trovo bene Victarion» sorrise Occhio di Corvo.
«Speravi il contrario vero? Non muoio tanto facilmente fratello. Se vuoi vedermi morto, dovrei essere tu stesso ad uccidermi!».
«Non è questo il momento» affermò seccamente l’uomo mascherato.
I due Greyjoy si ammutolirono immediatamente.
«Io sono l’Evocatore di Draghi. Nessun uomo mortale può suonarmi e continuare a vivere. Sangue in cambio di Fuoco. Fuoco in cambio di Sangue. Questo è il significato dei geroglifici valyriani. Sei sicura di volerlo fare?» domandò ad Arya l’uomo con la maschera a forma di lupo.
La fanciulla sorrise.
«Dovresti conoscermi. Io non mi tiro mai indietro».
«Chi sei tu?».
«Nessun altro che Arya Stark».
Il Signore Gentile si tolse la maschera e sorrise.
«Grazie per quello che hai fatto per me, Jaqen H’ghar».
«Non sono più lui da molto tempo».
«Forse no».
Arya si avvicinò lentamente al corno di drago. Nymeria le si sedette accanto e le leccò una mano.
«Buona fortuna» sussurrò Tyrion.
Nonostante fosse tutto ammaccato, era ancora vivo.
Era un sollievo.
«Ce la faremo. Porremo fine a questa guerra».
La fanciulla impugnò saldamente la spada che un tempo era stata di suo padre e poi guardò il cielo sorridendo.
«Per te padre. Per te madre. Per voi fratelli miei. Per Grande Inverno. Per la pace».
Con tutta la forza che aveva affondò Inverno nel corno di drago.
Appena un attimo prima Bran, Jon e Rickon erano tornati nei loro corpi.
Cominciarono a formarsi delle crepe: il corno si stava rompendo.
I draghi cominciarono a muoversi come impazziti.
La spada cominciò a bruciare, ma Arya non mollò la presa. Anzi, premette ancora di più.
I suoi fratelli (Jon con imbraccio Bran) la raggiunsero.
Estrassero Lungo Artiglio, Inizio e Gelo e le conficcarono in quel dannato oggetto.
Tutti insieme, con uno sforzo enorme, ruppero il corno di drago.
I meta-lupi ulularono.
I draghi si contorsero e con un grido agghiacciante cominciarono a cadere.
«No!» urlò Daenerys.
Viserion e Rhaegal furono i primi a toccare il suolo esanimi.
Con il loro peso uccisero tutti gli Immacolati che si trovavano nella loro traiettoria, compreso Verme Grigio.
«Mia regina spostati!» gridò disperato Daario Naharis.
La donna però non lo udì e lui non poté raggiungerla perché una freccia l’aveva colpito dritto al cuore.
Meera aveva centrato il bersaglio.
Un’enorme ombra nera oscurò il cielo sopra la giovane Targaryen.
Daenerys non ebbe il tempo di scappare.
Drogon le cadde addosso e portò via la sua giovane vita.
Forse doveva andare così.
Lei era la madre dei draghi: doveva morire con loro.
Non era riuscita a conquistare il Trono di Spade, però ormai non aveva più importanza.
Suo marito e suo figlio la attendevano.
Avrebbe potuto iniziare con loro una nuova vita in un mondo ancora sconosciuto.
Un mondo al di là dei vivi e dei morti.
Così finì la guerra: gli Stark e i loro alleati avevano vinto.
«Ce l’abbiamo fatta!» sorrise Gendry.
«È finita finalmente» sospirò Tyrion esausto.
«Qualcuno vada a chiamare un maestro presto!» ordinò Stannis.
«Che succede?» domandarono preoccupati il re e gli altri uomini.
Poi videro: i giovani Stark erano stesi a terra e respiravano a fatica.
«No» gemette il Folletto. «No».
«Non morite, non morite. Non potete farlo! Arya, non puoi lasciarmi adesso» singhiozzò disperato Gendry.
La fanciulla rivolse lo sguardo verso di lui.
Cercò di parlare, ma non ci riuscì.
Le forze la stavano abbandonando.
Sorrise.
Prima di chiudere gli occhi sentì i meta-lupi ululare.

 



Angolo Autrice.
Ciao a tutti!
In questo capitolo c’è la battaglia tanto attesa.
Gli eserciti si scontrano, i draghi ritornano e vengono sconfitti.
Ve lo aspettavate?
Che ne pensate della mia idea relativa al corno di drago? Non so perché, ma ho sempre immaginato che se fosse stato distrutto i draghi avrebbero perso la vita! xD
E riguardo alla sorte di Daenerys?
Per quanto riguarda i giovani Stark, ce la faranno a sopravvivere?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo che, ahimè, è anche l’ultimo!
A presto! :)
Saluti,
Violaserena.

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Capitolo 20
*** Epilogo ***


EPILOGO

 

Il sole era alto nel cielo del Nord.
Erano passati sei mesi da quando vi era stata l’ultima battaglia.
I giovani Stark si erano ripresi e avevano fatto ritorno a Grande Inverno.
Tutti erano tornati a casa dopo la fine della guerra.
Dopo molto tempo nei Sette Regni era tornata la pace.
Euron Greyjoy aveva rinunciato a conquistare il Trono di Spade.
Governava le Isole di Ferro incredibilmente con l’aiuto dei suoi due fratelli, Aeron e Victarion.
Asha era morta da molto tempo invece.
Era stata giustiziata per volere di Robett Glover, signore di Deepwood Motte.
Il matrimonio tra Tyrion e Sansa era stato annullato, in quanto celebrato per costrizione.
Il primo aveva ottenuto Castel Granito come gli spettava da molto tempo.
Aegon si era trasferito a Braavos e aveva assunto il comando di una gilda di mercanti.
Da circa una settimana, i re del Continente Occidentale – insieme alle rispettive corti – si erano riuniti a Grande Inverno.
Un fiume in piena fatto d’oro, argento e acciaio si era riversato nel portale del castello.
I giovani Stark e Catelyn si trovavano nel parco degli dei, un giardino pieno di aria e luce. Rosse sequoie proiettavano le loro ombre su ruscelli mormoranti. Uccelli cantavano da nidi invisibili, l’aria era intrisa dei profumi dei fiori invernali.
Nel centro del parco un vecchio albero-diga incombeva su un laghetto dalle acque nere, gelide.
Era l’albero del cuore.
La sua corteccia era bianca come le ossa di un teschio, le sue foglie rosso scuro erano simili a mille mani grondanti sangue. Un volto era stato scolpito nel legno del grande albero, i lineamenti un tempo tirati e malinconici ora apparivano sereni. Gli occhi esprimevano calma e serenità.
Se le leggende avevano qualche fondamento, quegli occhi avevano visto Brandon il Costruttore posare la prima pietra e poi avevano osservato le mura di granito del castello innalzarsi intorno a essa.
Quegli occhi avevano visto tante cose: molte erano brutte, ma altre erano belle.
«Mi sento rinata» esclamò Sansa felice.
«Sembra quasi che qui il tempo si sia fermato» disse Jon.
«Forse è così» sussurrò Bran.
«Io parto» affermò poi, senza preavviso, il lord comandante dei guardiani della notte.
«Torno alla Barriera. Zio Benjen ha detto che è tutto sistemato».
Nessuno dei presenti parlò.
Non ce n’era bisogno.
Tutti abbracciarono Jon, compresa Catelyn.
Arya era triste che suo fratello partisse, ma sapeva che era giusto così.
«Fai buon viaggio» disse.
«Verrai a trovarmi, sorellina?».
«Certo!».
Lui sorrise e le diede un bacio sulla fronte.
Con passo lento, ma deciso uscì dal parco degli dei. Montò il suo cavallo e partì alla volta della Barriera insieme a Spettro, Samwell e ad altri cinque guardiani della notte.
«Buona fortuna, Jon Snow» sorrise Arya.
 

*
 

«Parto! Ormai ho deciso» annunciò Tyrion.
«Dove andrai?» gli domandò Jaime.
«Dovunque. Non mi fermerò fino a quando non avrò trovato Tysha».
«Potresti non trovarla mai».
«Io la troverò. Ne sono certo».
Arya e Jaime annuirono.
«Bronn verrà con me».
«Non avrete una relazione clandestina voi due, eh?» sorrise sornione il gemello di Cersei.
«Sicuramente Bronn ha il suo fascino, ma non è il mio tipo. Gli mancano tre cose che io considero fondamentali!».
Jaime e Arya risero.
«Tu non cambi proprio mai» asserì la giovane Stark.
«Mai. Qualunque cosa accada».
I tre si guardarono per un po’ in silenzio, poi il Folletto disse: «Grazie. Grazie per non avermi mai fatto sentire inferiore, per non avermi mai considerato un mostro».
«Sei la miglior persona che si possa trovare. Dico davvero. Grazie per essermi stato amico» sorrise la figlia di Catelyn Tully.
«Ti ho voluto bene sin da quando sei nato. Non mi è mai importato nulla del tuo aspetto fisico. Tu sei mio fratello, questo è quello che conta» continuò Jaime.
Gli occhi di Tyrion si bagnarono di lacrime.
Lady Catelyn entrò nella stanza.
Si avvicinò al Folletto e lo abbracciò.
Lui si sentì felice.
Forse era quello che si provava quando ci si sentiva amati.
«Sono felice di non averti ucciso» bisbigliò la donna.
«E io sono felice che tu non l’abbia fatto».
Dopo aver salutato tutti, Tyrion partì dicendo queste parole: «Mai dimenticare chi sei, perché di certo il mondo non lo dimenticherà. Trasforma chi sei nella tua forza, così non potrà mai essere la tua debolezza. Fanne un'armatura, e non potrà mai essere usata contro di te. Io sono Tyrion Lannister, un nano molto brutto e senza naso. Non dimenticatelo mai!».
“Sei sempre stato il migliore, anche se nessuno te lo ha mai detto” pensò Arya.
Il giorno successivo, mentre Sansa cuciva in compagnia della sua amica Jeyne e Rickon e Bran si allenavano con la spada – quest’ultimo era sicuramente avvantaggiato visto che controllava il possente corpo di Hodor – Arya raccontava a Gendry la sua vita prima dell’arrivo di Robert Baratheon.
«L’unica cosa bella, quando sono stata ad Approdo del Re, erano gli allenamenti con Syrio Forel. “Feroce come un furetto. La paura uccide più della spada. Colui che teme di perdere ha già perso. La paura uccide più della spada” diceva sempre. È merito suo se ho imparato a combattere».
Il re sorrise.
«Perché hai quel sorrisetto stupido stampato in faccia?».
«Una lady non si rivolgerebbe mai così ad un sovrano».
«Io non sono una lady».
«Teoricamente lo sei».
«Ma non lo sono».
«No, per niente. Forse è proprio per questo che mi piaci».
Gendry arrossì subito dopo aver detto quelle parole.
Anche le guance di Arya si erano leggermente imporporate.
«A-anche tu non mi dispiaci» disse dopo un po’.
Il giovane sorrise imbarazzato.
«Vuoi diventare mia moglie?».
La fanciulla lo guardò stupita.
«Sai, io… Credo che tu saresti perfetta come regina!».
Arya scoppiò a ridere.
«Si. Le regine dovrebbero essere come te: forti, spensierate, allegre. E dovrebbero fregarsene di cosa dice la gente».
«Gendry… Io non posso diventare tua moglie».
Il ragazzo sospirò. In fondo lo sapeva.
«Il mio posto è a Grande Inverno, non ad Approdo del Re. Io voglio essere libera. Voglio sentirmi libera ed essere un guerriero. Non ho intenzione di sposarmi, almeno per ora. Mi capisci?».
«Si, ti capisco».
«Non sei arrabbiato, vero?».
«No. Tu mi piaci per questo. Perché sei sincera».
Arya sorrise.
Prima che potesse dire qualcosa, Gendry le diede un bacio sulla bocca.
«Questa è la nostra promessa. Ti aspetterò Arya Stark» le sussurrò.
Nymeria si accucciò davanti a loro.
Arrivarono poi anche Estate e Cagnaccio con i loro rispettivi padroni e Hodor.
Catelyn e Sansa li raggiunsero poco dopo.
La guerra era finita, la pace era tornata.
Una nuova vita attendeva tutti loro.
Nessuno poteva sapere come sarebbe stata.
Ma questo non aveva importanza perché in quel momento contava solo una cosa: la loro felicità.
Il corvo con tre occhi volò via con questa consapevolezza.
L’inverno aveva dato vita ad una nuova era.
L’inverno sta arrivando.
Non poteva esserci cosa migliore.

 



Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
Ahimè siamo giunti alla fine di questa storia.
Credo che il legame che si instaura tra un autore e i suoi lettori sia molto forte perché si fonda su qualcosa che sorge direttamente dall'anima dell'autore e va (o almeno dovrebbe andare) a toccare il cuore di chi legge.
Ringrazio tutti coloro che l’hanno letta, recensita, messa tra le seguite/preferite/ricordate!
Ringrazio ognuno di voi.
In particolar modo vorrei ringraziare Harryet che è sempre stata gentilissima e ha speso parole stupende su questa storia e Aliss01 che mi ha sempre supportata e con le sue meravigliose battute sui Greyjoy mi ha fatto morire dal ridere un sacco di volte.
Anche se questa storia è finita, le avventure dei nostri eroi non lo sono: la loro vita continuerà.
Ancora GRAZIE di cuore a tutti.
Un bacio,
Violaserena.

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