Per sempre felici e contenti

di BlackPearl_uaooo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La festa ***
Capitolo 2: *** Fuga ***
Capitolo 3: *** Odore di Libertà ***
Capitolo 4: *** Un incontro ***
Capitolo 5: *** Arrivata a casa ***
Capitolo 6: *** Pigiama Party ***
Capitolo 7: *** Nella tana del lupo ***



Capitolo 1
*** La festa ***


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Per sempre felici e contenti

Capitolo uno: La festa

Aurora si allontanò dal gruppetto di persone con cui stava parlando per avvicinarsi al buffet. Si versò un generoso bicchiere di vino e lo ingoiò in un solo sorso.

“Che schifo, i party” pensò la ragazza.

Poi si voltò verso l’immensa sala da ballo per guardare tutti i partecipanti.

Poco lontano da lei, Biancaneve e Cenerentola stavano chiacchierando, ridendo come due galline. Aurora fece una smorfia... erano così frivole... per non dire completamente idiote.

Volse lo sguardo verso Belle, che flirtava con una guardia del suo palazzo. Eeeeeh se ci fosse stato il suo principe... sarebbe diventata una Bestia!!! Che battutaccia.... Aurora affogò la battuta spessa in un altro bicchiere di vino.

Vide poco più in là il suo Filippo. Faceva tutto il figo coi suoi degni amici.... Principe Azzurro di Cenerentola, Principe di Biancaneve, principi, principi.... Tutti a parlare delle gesta di caccia, del loro coraggio nei duelli, delle loro prestazioni a letto.... Baaaah che branco di animali!!!!

Più lontano, scorse Pocahontas che sfilava davanti alle altre dame, elogiando la sua linea perfetta, fatta di bacche radici e schifezze varie... Che schifo, chissà se mangiavano pure i procioni....

Poi vide anche.... dunque vediamo.... Esmeralda.... Megara.... Mulan... Jasmine.... con i loro mariti e ragazzi. E almeno altri cento invitati, da tutti i regni vicini.

Tutti legati da un sottile vincolo di ipocrisia ed etichetta, tutti sorridenti ed educati.... Ma alla fine a nessuno fregava niente degli altri. Venivano lì solo per mostrarsi nei loro abiti firmati e costosi, nei loro gioielli sfavillanti, nella schiera di servitori che mai li abbandonava.

Aurora guardò il vestito che le avevano imposto di indossare, quale padrona di casa.

Un enorme bomboniera tutta rosa e azzurra, piena di fiocchi e pizzi, scollatissima per mettere in risalto il seno, e delle scarpe tacco 10 per farla sembrare al di sopra degli altri....

Giù un altro bicchiere.

Poi un altro.

Barcollando leggermente si spostò verso la fontanella di vodka e succo alla pesca.

“Cambiamo gusto” si disse.

“Aurora...”

La ragazza si girò e vide la sua unica, vera amica. L’unica che non era come le altre, l’unica con un po’ di cervello sotto i capelli fluenti.

“Ariel...” disse con la bocca impastata dall’alcool.

Ariel le tolse il bicchiere dalla mano.

“Adesso noi due andiamo a farci un giretto... lontano dal buffet”

“Va beeeeene...”

Si ritrovarono a passeggiare nell’immenso parco fuori dal castello.

“Aurora... mi sa che tu c’hai un problema”

“A parte che c’hai non si dice.... Io non ho nessun proooblema”

“Si certo... perchè bevevi così? Capisco che non ti piacciano le feste, le odio anch’io, però.... non è il caso di ubriacarsi... Soprattutto non in mezzo a una fila di racchie che poi ti parlerebbero dietro a vita”

“Non me ne frega un cazzo”

“Aurora!!! Cavolo adesso ci mettiamo pure a dire parolacce! Su dai, non essere così negativa... In fondo non è così male”

“Dici di no? Ma l’hai vista quella zoccola di Pocahontas??”

“E’ un po’... espansiva!”

“E Belle?”

“D’accordo, suo marito è più cornuto ora che quando era una bestia”

Aurora scoppiò a ridere.

E Ariel la seguì a ruota.

“Grazie Ariel... Avevo bisogno di qualcuno con cui parlare... E ridere....”

“Se è per ridere, là dentro c’è una sala piena di oche”

“No.. intendevo... ridere con un motivo!” rispose sorridendo la ragazza.

“Ah ah ah!! Che scema che sei!!!”

“Senti Ary...”

“Sì, Aurora?”

“Come va con Eric?”

“Benissimo...”

“Davvero?”

“Sì... davvero... ci adoriamo... io lo amo da impazzire, e lui lo stesso... Siamo veramente felici.... e poi stavamo pensando di avere un bambino!!! Ma perchè me lo chiedi?”

“Beh, con Filippo non è così...”

“Davvero? E che succede?”
“Beh... che ti posso dire? E’ un idiota. Nè più nè meno.”
“Ma perchè dici così?”

“Perchè ho imparato a conoscerlo. Cosa posso scoprire di una persona se ho passato con lui solo un pomeriggio in un bosco e due minuti su una torre? I miei genitori hanno fatto tutto troppo in fretta e ci siamo sposati senza sapere nemmeno come ci piacciono le uova”

“Le uova??”

“Massì... nel senso... senza conoscerci. Guidati solo da un’attrazione fisica....”
“E ora? Non avete costruito niente?”

“Eh ora.... ora è già passato un anno. E io comincio a non poterne più. Non si può costruire qualcosa con uno che non pensa a nient’altro che la caccia, i duelli e il sesso....”

“Andiamo bene...”

“Eric non è così vero?”

“No. Lui è buono. Gentile, sensibile, adorabile. A volte mi sveglio la notte e lui mi sta guardando dormire. Anche se invita in suoi amici a casa, mi tiene sempre per mano e non si vergogna mai di me. E mi coccola sempre senza volere niente in cambio.... Di solito a letto prendo l’iniziativa io!”

“Cavolo... un uomo così è da sposare...”

“Eh già! Io l’ho già fatto!” sorrise Ariel.

“Eh io invece... Che schifo i matrimoni combinatiiiiiiiiii!”

Detto questo Aurora si tolse le scarpe e la collana che le stringeva al collo.

“Vuoi slacciarti il corpetto? Mi pare che non stai respirando...”

“Si grazie Ariel....”

Si tolse la bomboniera da addosso, rimanendo in un lungo sottoveste bianco di seta.

“Vuoi una sigaretta?”

“No, grazie Aurora.... Lo sai che non fumo”

“Sì lo so, ma che ci vuoi fare... La forza dell’abitudine. Mi hanno sempre insegnato ad offrire prima di cominciare a mangiare o... fumare qualcosa”

“Lo sai che ti fa male”

“Uffaaaa.... Credimi questa sigaretta è il minore dei miei mali”

Rimasero zitte per un po’, nel giardino. Poi Ariel si sedette per terra.

“Auuuf. Questi tacchi mi distruggono le gambe”

Si sedette anche Aurora, poi si sdraiò sull’erba.

“Rimaniamo qui... non torniamo là dentro...”

“Sì, dai, rilassati ancora un pochino, poi ti aiuto a rivestirti e torniamo”

“D’accordo...” sospirò Aurora.

 

 

Allora raga che ne dite? Se vi piace lasciatemi una recensione, e io la continuo!!!

E buon Natale a tutti!!!!

Baci baci

BlackPearl_uaooo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Fuga ***


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Capitolo 2: Fuga

 

 

 

Ore 5.35 del mattino: tutti gli invitati se ne stavano andando, e nel salone da ballo i servitori già correvano di qua e di là per mettere a posto... per il party successivo, che avrebbe avuto luogo il giorno dopo.

Ariel abbracciò la sua migliore amica.

“Ciao Aurora.... quando ci vediamo?”

“Che ne dici se vengo da te stasera? Per una volta voglio fare l’ospite...”

“Ma che dici? Da me non sei un’ospite.... casa mia è casa tua”

“Grazie, Ariel... Ora scusami devo andare a salutare anche gli altri ospiti....”

La abbracciò di nuovo e poi si allontanò.

Ariel le disse da dietro: “Alle otto, eeeh?”

“Sì sì, sarò puntuale!! Ciao!!”

“Ciao!”

 

 

Un’ora dopo, Aurora era seduta su una delle comodissime poltrone della sua camera, in vestaglia.

Filippo entrò nella loro camera: “Ciao tesorino piccino puccioso”

“Ciao Filippo”

“Ma uffa perchè non mi dici mai cose carine, cucciolina birulina ciccina?”

“E perchè tu non mi chiami mai col mio nome?”

“Ma uffa che vuoi ancora? Sei passata dall’essere una contadinotta a una principessa, vivi nel lusso, circondata da lacchè che ti riveriscono, hai un marito perfetto, modestia a parte, che vuoi ancora dalla vita?”

“Niente... che posso desiderare ancora?”

“Ah ecco brava... pentolina mia”

“PENTOLINAAAA??”

“Perchè, uffa, non ti piace?” chiese Filippo avvicinandosi a lei e cominciando ad accarezzarla e baciarla sul collo.

“Ma lasciami in PACE!”

Detto questo, Aurora se ne andò, lasciando Filippo davanti allo specchio a guardarsi. Sembrava non avesse nemmeno capito che lei se n’era andata.

“Che pezzo di deficiente...”

Aurora passeggiò un po’ nel suo amato giardino.

“Cosa ci faccio qui?”pensò la ragazza “Io non sono per questa vita! Party, ipocrisia, etichetta... No, io non appartengo a questo mondo... stavo meglio nel bosco con le mie ziette.... Ora loro sono con i miei genitori... nel nostro regno... mentre io sono qui nel regno di Filippo... nel suo castello... ma non è casa mia.... Cosa mi trattiene qui?” poi un’idea la fulminò “IO ME NE VADO!”

La ragazza corse verso la sua camera. Voleva scappare, andarsene da quel posto orrendo che non riconosceva... Avrebbe viaggiato, sarebbe andata in giro per il mondo, avrebbe scoperto e imparato tutto ciò che aveva perso in una vita di fuga da Malefica, sonno in una torre e... matrimonio combinato.

Sì, sarebbe fuggita.

Corse come una forsennata fino alla porta della sua camera.

Sulla porta trovò Filippo.

“Ciao cucciola. Perchè hai il fiatone? Non dovresti correre... non si addice a una brava principessa... e una brava regina, appena mio padre tira le cuoia!” concluse sorridendo.

“Vado... vado a farmi una passeggiata a cavallo... Anzi, per favore vai a dire allo stalliere di sellare il mio cavallo!”

“Ok mortadellina”

“Grazie!”

Appena Filippo se ne fu andato, Aurora si chiuse in camera e si guardò intorno.

Cosa poteva essere necessario in una fuga?

Decise di togliersi l’orrendo vestito a bomboniera che ancora indossava dalla sera prima.

Trovò una maglia blu molto semplice, con le maniche lunghe e larghe.

Le piaceva molto perchè aveva una fascia sotto il seno che le ricordava i vestiti degli elfi.

Infilò i suoi pantaloni da cavallerizza e gli stivali.

Poi prese un mantello nero di Filippo.

Lo indossò. In quel periodo dell’anno faceva molto freddo. Era probabilmente il dicembre più freddo degli ultimi 10 anni.

Prese una borsa a tracolla, la riempì di pezzi d’oro e d’argento e la nascose sotto il mantello.

Poi prese l’unico oggetto a cui era legata in quella casa.

Un piccolo carillon.

Era bianco con disegni blu.

E se si apriva, oltre alla melodia appariva un piccolissimo ritratto di Aurora con i genitori e Fauna, Flora e Serenella.

Lo aprì.

Come al solito la musichetta che ne scaturì sciolse ogni suo brutto pensiero, lasciandola serena e commossa. La magia delle fatine aveva reso quella melodia capace di calmare gli animi più tormentati.

Per questo Aurora la ascoltava ogni sera, prima di addormentarsi.

Ma ora era veramente stufa. Non poteva continuare a sprecare la sua vita.

Prese il carillon, lo nascose nella borsa e scese nelle stalle reali.

Lo stalliere aveva eseguito gli ordini.

Aurora vide il suo bellissimo cavallo nero che lo aspettava, perfettamente sellato, impaziente di fare la sua passeggiata.

Aurora gli si avvicinò e lo accarezzò sul muso.

“Ciao Leonida”

Il cavallo nitrì in risposta e Aurora sorrise.

Salì a cavallo con molta naturalezza, come un uomo, senza dover stare attenta ai suoi soliti abiti lunghi.

Con pantaloni e stivali era comodissima, e il mantello le avrebbe coperto i lunghi riccioli biondi.

Forse sarebbe riuscita a farsi passare per un maschio.

Leonida cominciò a trottare, impaziente di partire, ma Aurora si fermò quasi subito, sentendo una voce che la chiamava.

“VOSTRA ALTEZZA! PRINCIPESSA AURORA!”

Era lo stalliere.

“Sì, Victor?”

“Vostra Altezza, come vi siete vestita? Dove andate? Quando tornate?”

“Mi sono vestita come più mi sento comoda. Vado dove mi pare. Torno....” stava per dirgli mai, ma poi capì che se l’avesse detto, lo stalliere l’avrebbe detto a Filippo e sarebbero partiti alla sua ricerca.... “senti, Victor, voglio fare una lunga cavalcata. Dì a mio marito che tornerò stasera. Ho già preso da mangiare per il pranzo.”

“Ma vostra altezza... Lasciate che io venga con voi”

“No. Ho bisogno di un po’ di tranquillità... e di solitudine. Potete capirmi vero? Con tutte quelle feste...”

“Posso capirvi, altezza”

“Bene, allora lasciatemi partire. Ci vediamo stasera. Ci sarà un’altra festa stasera, vero?”

“No, no, la festa sarà domani sera. Un ballo in maschera.”

“Va bene, Victor. Grazie per aver sellato Leonida.”

“Di nulla Altezza”

“Arrivederci, Victor”

“Fate buon viaggio, Principessa”

E appena svoltò dietro una collina, appena lo stalliere non fu più in grado di vederla.... Leonida, incitato dalla sua bella padroncina, cominciò a galoppare, felice perchè la passeggiata oggi sarebbe durata più del previsto.

 

 

Ehi ragazze (e ragazzi, se ci sono)

me la lasciate una recensioncina?

Lo sapete che ne ho tanto bisogno...

e poi mi dovete far sapere se vale la pena continuarla o no...

Lasciate un segno del vostro passaggio....Un bacio, Fede

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Capitolo 3
*** Odore di Libertà ***


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Capitolo 3: Odore di Libertà

 

Perdonatemi, perdonatemi del mostruoso ritardo… Siete state gentilissime quando avete commentato il mio ultimo capitolo (17 meravigliosi commenti) e io, che avevo già deciso di smettere questa storia, l’ho ricominciata, con un po’ di commozione negli occhi, perché mi sembrava quasi di tradirvi a smetterla così, senza motivo, dopo avervi fatto venire la curiosità… Buona lettura e… grazie!

 

Aurora galoppava, spronava dolcemente il cavallo che correva come il vento. Non sapeva dove andare, ma non riusciva a fermarsi. Era come se l’aria fredda che le sferzava le guance la risvegliasse da un lungo sonno, un sonno peggiore di quello incantato di Malefica, un sonno tristemente cosciente. E galoppava, nonostante le lacrime agli occhi per il freddo, nonostante non sentisse più le gambe, nonostante la borsa pesante d’oro che batteva su una coscia.

Aspirava l’aria come se fosse stata sott’acqua per troppo tempo, la aspirava avida, e anche l’aria aveva un sapore diverso, un odore di libertà…

E senza nemmeno accorgersene ringraziava il cielo di aver avuto il coraggio di scappare, perché sentiva che la sua vita era cominciata proprio in quel momento.

Diede un’occhiata al sole. Non era molto brava a capire l’ora dal sole, di solito a palazzo bastava chiedere e tutto le era servito su un piatto d’argento, ma il sole era alto nel cielo e lei ci avrebbe scommesso che erano più o meno le 11 di mattina. Minuto più, minuto meno…

Leonida cominciava a essere stanco però, e lei non poteva permettere che il suo stallone soffrisse. Si fermò su una stradina di campagna, con a sinistra un grande pascolo e a destra un campo di grano coperto parzialmente da chiazze di neve bianca.

Aurora tirò le briglie in modo che il cavallo girasse a sinistra, saltò il fossato e si diresse nel pascolo, sperando che il proprietario non la rimproverasse. Ma in fondo, pensò, poteva sempre sfruttare il fatto di essere la principessa per avere ospitalità dappertutto! No… era una cosa meschina, obbligare qualcuno ad ospitarla per paura delle ritorsioni. E poi, con un’azione del genere avrebbe sicuramente rivelato a Filippo la sua direzione. Non doveva far sapere a nessuno di essere la principessa Aurora.

Scese da cavallo e disse a Leonida di mangiare, bere dal ruscelllo e riposarsi un po’. Il cavallo parve capire (e probabilmente aveva davvero capito) perché corse al ruscello a dissetarsi, poi si mise a mangiare l’erbetta coperta di rugiada e brina. Lei intanto tornò sulla strada, scese il fossato dalla parte opposta ed entrò nel campo. Poco più in là c’era una bellissima quercia e decise di sedersi sotto. Appena seduta, vide degli attrezzi appesi a diverse altezze della quercia con dei chiodi. C’era un rastrello, una pala, un paio di zappe e poco più sopra, una falce.

Un’idea assurda le balenò in mente. Guardò la falce con bramosia. Nessuno avrebbe dovuto riconoscerla. Nessuno.

E quei capelli biondi… troppo vistosi, troppo riconoscibili…

Prese la falce in mano, mentre con l’altra si stringeva una ciocca di capelli. Le tremava un po’ la mano, ma avrebbe pagato un prezzo anche più alto per mantenersi libera come quel giorno.

Con uno scatto della mano, si tagliò la prima ciocca, mentre lunghi capelli d’oro andavano a sfiorare il terreno color fango.

Il tremore era scomparso. Non era poi così terribile. Continuò così finchè non arrivò ad avere un caschetto biondo che sfiorava le spalle.

Tornò vicino al cavallo, temendo che non la avrebbe riconosciuta, invece l’animale non battè ciglio. Aurora sorrise e lo coccolò un po’ sul muso. Poi andò al ruscello, si levò il trucco dal viso e i resti del gel dai capelli, poi si scrollò e si scompigliò i capelli.

Osservò il suo riflesso nell’acqua. Beh, non era proprio maschile, ma per lo meno non sembrava la dolcissima e femminilissima principessa Aurora. Con i pantaloni e gli stivali, poteva passare per una giramondo, o una figlia di contadini in cerca di fortuna, o... boh chissà cos’altro.

Poteva essere chi voleva. Poteva inventarsi la sua storia.

Un brivido la scosse dentro.

Era libera.

Riprese Leonida e ricominciò a correre. Aveva fame, doveva trovare una qualche locanda. Che sarebbe anche stata la sua prova del fuoco, per vedere se qualcuno la riconosceva. Magari avrebbe camuffato la voce. E poi aveva tanta, tanta voglia di una sigaretta.

Per qualche tempo sentì solo gli zoccoli del suo cavallo sulla strada sterrata. Non stava vagando a casaccio, ma andava in una precisa direzione che aveva percorso tante e tante volte nella sua vita. Verso il palazzo di Ariel. Il meraviglioso regno sul mare del Principe Eric.

Quella sera aveva un appuntamento importante. La sua prima cena con un’amica da donna libera.

 

Allora vi ispira questo capitolo?? Se si commentate, che sennò mi demoralizzo e capisco che la storia non piace a nessuno…

Bacio

Fede

 

 

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Capitolo 4
*** Un incontro ***


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Capitolo 4: Un incontro

 

Ciao raga!! Ecco il nuovo capitolo! Ringrazio chi ha recensito lo scorso e offro queste nuove righe… Lo so che non sono molto lunghi come capitoli… Ma se me lo chiederete nelle recensioni, prometto che allungherò i capitoli! Non vorrei annoiarvi! Bacio!

 

Sulla strada per il Regno di Ariel, Aurora si fermò a una locanda, l’unica presente per miglia e miglia, un pub puzzolente di marcio…

Aurora sperò che avessero qualcosa da bere e da mangiare e che il bagno non fosse in condizioni disastrose. Per il terzo desiderio, sapeva che era una speranza vana.

Entrò dentro trattenendo il respiro, un po’ per l’odore, un po’ per la paura di essere identificata dal proprietario o dai clienti.

“Vorrei un panino e un bicchiere di vino per favore…” disse con la voce camuffata per essere più maschile e roca.

Il barman alzò lo sguardo e un lampo di libidine gli passò negli occhi. Era un uomo sulla cinquantina, leggermente sovrappeso sulla pancia, con un grosso grembiule che gli cingeva i fianchi e la pelle del naso rossa, segno che beveva molto. Ma aveva uno sguardo intelligente, di chi sa come va il mondo e un paio di baffi che gli conferivano un’aria simpatica.

“Tutto ciò che volete, bella signorina”

A fanculo il tentativo di farsi passare per un uomo.

Aurora sospirò: “Ce l’avete una sigaretta?”

L’uomo la guardò interrogativo, sapendo che nel loro regno una donna che fumava non era molto benvista, ma rispose: “Sì, ce l’ho”

“Mi vendereste l’intero pacchetto? E un accendino per favore”

I modi garbati di Aurora stonavano molto con la sua voce e le sue richieste.

Aveva una grazia innata, quella ragazza, anche nel mangiare quel panino ammuffito, e il barman si continuava a chiedere da dove fosse uscita una così bella creatura.

“Qual è la vostra meta, bella signorina?”

Aurora represse un “Fatti i cazzi tuoi”, accese una sigaretta, e disse: “Non lo so ancora”

“Siete una vagabonda?” chiese ridendo il barman.

Aurora tenne lo sguardo basso sul bicchiere di vino, temendo che la riconoscesse, e borbottò: “Sì”

“E’ strano, sapete? Non avete affatto l’aria di una vagabonda… Siete così... bella… E pulita”

“Temo che stiate parlando troppo” lo zittì la ragazza, spazientita.

“Vogliate scusarmi, i baristi sono così, si fanno prendere dalla curiosità e chiacchierano con i clienti… Non vi disturberò più. Se avete bisogno di qualcosa, non avete che da chiedere”

La lasciò sola.

Lei sentì un brivido sulla schiena, lasciò i soldi sul tavolo, prese le sigarette e l’accendino e si tirò su il mantello sulla testa.

Uscì dalla locanda senza visitare la toilette, perché non era riuscita a superare il ribrezzo.

Era dura ammetterlo, ma forse si sarebbe fermata in un campo.

Fuori ricominciò a respirare a pieni polmoni, l’aria era così fredda che gli bruciò le narici. Quel dicembre era davvero il più freddo degli ultimi 10 anni.

“Ehi…”

Qualcuno la chiamava da dietro.

Aurora rimase paralizzata.

L’avevano trovata.

Sarebbe tornata a palazzo.
Sarebbe tornata con Filippo.

In gabbia. In catene.

Si girò al rallentatore, cercando di mantenere normale il respiro.

Erano due uomini, probabilmente un po’ ciucchi, che barcollavano dalla locanda verso di lei. Uno era scuro di capelli e abbronzato, con le braccia muscolose e le mani grandi, probabilmente un contadino. L’altro era magrolino, rosso con le lentiggini, ma aveva degli occhi cattivi, furbi e maligni. Il ragazzo bruno disse:“Ma che bella ragazza abbiamo qui… dove vai di bello? Ti possiamo accompagnare?”

“Lasciatemi in pace” Aurora si affrettò verso Leonida, sperando di salire in sella e correre via prima che se ne accorgessero.

Il rosso rincarò la dose: “No no no, non fare la scontrosa con noi, biondina… Vogliamo solo venire con te”

“Viaggio da sola” sussurrò Aurora.

Il moro rise: “Ma non va bene per una giovane bella ragazza viaggiare così da sola… in più sta venendo sera, sono le quattro ormai… Potresti imbatterti in malintenzionati”

“MA DAVVERO?” disse ironica Aurora.

Il rosso la strattonò per un braccio proprio mentre stava per toccare Leonida.

“Non mi toccare, viscido bastardo!”
Il rosso rise e la strinse a sé. “Che cattiva che sei…”

Il moro le accarezzò i capelli biondi, sorridendo.

“LASCIATEMI! BRUTTI SCHIFOSI BASTARDI! LASCIATEMI!”

Aurora cominciò a divincolarsi, sferrò un calcio dove non batte il sole al rosso, che si piegò a metà gemendo. Il moro però fu più veloce e le bloccò le braccia.

“Ti pentirai di quello che hai fatto al mio amico…”

In quel momento dalla locanda uscì un uomo incappucciato, che vide la scena e chiamò il moro: “Ehi, scimmione lasciala andare!”

Il moro si girò verso di lui, giusto in tempo per ricevere un pugno in pieno viso.

Cadde a terra, mentre l’uomo incappucciato con un calcio stendeva il rosso, che nel frattempo si era ripreso.

Nel farlo gli cadde il cappuccio, e Aurora lo riconobbe. Era John Smith, l’ex di Pocahontas, che era stato lasciato per John Rolfe. Lo conosceva di vista per lo scandalo che era venuto fuori dalla loro separazione, ma non sapeva se fidarsi o no. Poteva dire tutto a Filippo.

Salì su Leonida col cappuccio che gli copriva bene i capelli e la fronte fino agli occhi.

John levò gli occhi verso di lei, con uno sguardo perplesso.

Forse era troppo spaventata per restare, si disse.

“Volete che vi accompagni fino alla prossima città? D’inverno viene buio presto e il sole sta già andando via. Non dovreste viaggiare col buio”

Aurora si girò di spalle a lui e disse: “Non importa, me la so cavare da sola. Grazie per quello che avete fatto, ve ne sarò riconoscente per il resto della mia vita…”

Detto questo cominciò a trottare verso la strada.

“La vostra voce… un momento, signora, forse io vi conosco?”

Ma Aurora cominciò a galoppare nel buio e presto John non seppe più nemmeno distinguere il suo cavallo.

 

Ecco qui finito il quarto capitolo… Vi prego, recensite, ditemi i miei pregi e difetti, perché con i primi mi permettete di andare avanti con gioia, e con i secondi di migliorare ogni giorno di più e offrirvi delle storie sempre più belle!

Bacio!
Fede

 

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Capitolo 5
*** Arrivata a casa ***


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Capitolo 5:  Arrivata a casa

 

Aurora arrivò in un paesino di mare, poco lontano dall’elegante palazzo di Ariel, e guardò strizzando gli occhi nella penombra l’ora sul campanile della chiesa. Le sei e mezza. Aveva ancora da girare un po’ prima di andare da lei. Insomma, era contro i suoi principi presentarsi prima a casa di una persona che la ospitava. Era maleducazione!

Così si rassegnò a passeggiare ancora un po’, anche se Leonida era stanco e affamato e anche lei non vedeva l’ora di entrare nel caldo e accogliente salotto di Ariel.

Si fermò di fronte a un negozio di alimentari e legò Leonida lì fuori. Non poteva presentarsi senza niente. Anche se si conoscevano da un sacco di tempo, e Ariel non avrebbe certo badato alle formalità, lei doveva presentarsi con un regalo.

Ma cosa? Una bottiglia di vino? Troppo scontato. Dei fiori? Naaa, mica era un appuntamento romantico. Poi i suoi occhi si posarono su un’elegante confezione di gelatine e le scappò un sorriso.

Appena sposate, un anno prima (si erano sposate a pochi mesi di distanza, entrambe sedicenni), si erano incontrate ad una festa a casa di Ariel. Aurora era appoggiata al muro in un angolo, e già risentiva delle distanze che si erano formate fra lei e Filippo, e mentre guardava suo marito vantarsi e lodarsi fra i suoi degni amici, Ariel le si era avvicinata con una scatola come quella, stracolma di gelatine ricoperte di zucchero e le aveva detto: “Ciao… ne vuoi una?”

In quel momento Aurora si era sentita come quando… come quando stava nel bosco con le sue ziette. Non si sentiva così da molti mesi, perché dopo i primi, sfavillanti giorni della sua nuova vita come moglie di Filippo, tutto era marcito, e aveva vissuto nella solitudine più completa in un palazzo che non chiamava casa, in un regno che non era il suo.

Aveva sorriso di gratitudine, e quelle gelatine le erano sembrate la cosa più buona che avesse mai assaggiato. Da allora, l’amicizia che le aveva legate durante quella festa crebbe sempre di più, e Ariel divenne sempre più una sorella maggiore vivace ed equilibrata, per Aurora, che era fragile e sola.

Gli occhi di Aurora divennero lucidi e un singhiozzo le uscì dalla gola senza che potesse controllarlo. Quanto le voleva bene…

Entrò spedita nel negozio e chiese la confezione più grande di quelle gelatine alla frutta, che probabilmente erano proprio le stesse (della stessa marca, insomma, visto che Ariel si riforniva spesso in quel negozio) di quel giorno.

Pagò e uscì con la confezione regalo in un delicato sacchetto di carta rosa.

Ma appena uscì vide una cosa orribile.

Un uomo si era avvicinato a Leonida e lo stava slegando per portarlo via.

“ALLONTANATI SUBITO!”

L’uomo imperterrito sciolse il nodo.

Stava per salire in groppa a Leonida che continuava ad agitarsi perché non capiva che stava succedendo, quando per la seconda volta in quella giornata, un uomo arrivò da dietro le spalle del ladro e lo colpì forte sulla testa, facendolo cadere a terra svenuto.

Era John.

Ad Aurora salì il cuore in gola.

“Grazie…”

“Voi siete Aurora, non è vero?”

Aurora cercò di eludere la domanda: “Mi stavate seguendo, John Smith?”

 John sorrise nella luce fioca del lampione e dell’interno del negozio: “Voi avete riconosciuto me, io ho riconosciuto voi…”

“Non avete risposto alla mia domanda”

“Beh, voi avete fatto lo stesso con me”

“Mi stavate seguendo?”

“Sì” sospirò John divertito “lo ammetto. Vi stavo seguendo. Quando vi siete allontanata dalla locanda, ho capito chi eravate e ho pensato che una principessa in fuga ha bisogno di una scorta se non vuole finire sul fondo di qualche precipizio o affogata in qualche fiume”

Aurora trasalì alle parole in fuga. “A parte il fatto che sto semplicemente andando a trovare un’amica e non sono affatto in fuga, ma cosa vi fa pensare che io abbia bisogno di una scorta? Se pensate che io non me la possa cavare da sola, allora mi state offendendo”

“Non sia mai!” rispose John ridendo “ Non volevo assolutamente mancarvi di rispetto. Ma temo che, insomma, abbiate visto da sola quanti pericoli può incontrare una ragazza da sola. In fuga”

Terminò la frase soffermandosi con il tono della voce sulle ultime due parole e Aurora capì che aveva capito. E lasciò perdere.

“Mi tradirete andando a cercare mio marito?”

“Assolutamente no. Io non sono così. Siete una ragazza intelligente, e sono sicuro che le cause di questo gesto siano più che giustificate”

“Vi ringrazio”

John sorrise. Aurora distolse lo sguardo per guardare che ore erano. Le sette.

“Vogliate scusarmi, ma devo presentarmi a palazzo da Ariel alle 8. Vorrei arrivare in orario, e manca ancora un po’ di strada”

“Aurora… vi prego, posso accompagnarvi? Sarei molto più tranquillo, e una volta là mi dileguerei prima che la servitù, vedendoci, possa far nascere voci maligne”

“Permesso accordato” sorrise Aurora, aggiungendo poi con voce divertita “… ma sia ben chiaro che non ne ho assolutamente bisogno”

“Nooo, non sia mai detto, in fondo ora da sola avreste ancora dignità, soldi e cavallo, non è vero?”

“E’ stato solo un disguido. Un inconveniente. L’avrei potuto gestire benissimo”

“D’accordo, d’accordo, la smetto” rise John.

 

I due s’incamminarono verso il castello di Ariel, altissimo eppure molto leggero e per nulla inquietante, forse per via del fatto che era praticamente sulla spiaggia e questo gli dava un tocco romantico, forse perché era di un colore bianco candido che dava l’idea di una casa per le bambole.

John, a cavallo del suo stallone grigio, si fermò prima dell’ultima curva verso il portone e disse: “Qui la vostra guardia personale si ferma. Spero non inciampiate sui gradini del portone d’ingresso” scherzò.

“Divertente, davvero divertente!” e la ragazza spronò Leonida per andare avanti.

“Ascoltatemi… Principessa… ci rivedremo mai?”

“La vita è lunga. Quando il caso deciderà…”

John sorrise: “Un po’ prima di quando deciderà il caso, no, eh?”

“Beh…” Aurora rimase un attimo a riflettere “domani sera nel palazzo del Principe Filippo ci sarà una festa in maschera alla quale sono invitati tutti le personalità dei Regni del continente. E alcuni verranno persino da più lontano. Sarà una festa grandiosa e tutti dovranno portare una maschera e un costume. Può darsi che sarò fra gli invitati. Ti sfido a riconoscermi….”

John rise di gusto “Questa sì che è una bella sfida…”

“Puoi sempre provare no?”

“Ci sarò”

John Smith girò il cavallo grigio e si incamminò per il verso opposto al palazzo.

“Ci vediamo allora… forse” scherzò Aurora.

“Ci vediamo, ci vediamo, contaci!”

Aurora ridendo tra sé e sé arrivò al portone d’ingresso, smontò da cavallo e bussò.

Si sentirono i passettini di Ariel nell’enorme ingresso di parquet, poi venne ad aprire tutta trafelata e con un enorme sorriso sulle labbra.

“Sei arrivata finalmente! Sono le otto e mezza!”

“Scusa il ritardo… ho da raccontarti un milione di cose…”

“Ma ci siamo viste solo stamattina presto!”

“Sì però… in ogni caso queste sono per te!”

“Oh gelatine alla frutta! Che dolce che sei! Te ne sei ricordata!”

“E’ solo un pensiero… per farti capire quanto sei importante per me”

“Aurora, sei veramente la migliore amica che una ragazza possa avere”

“Ariel, a questo proposito… posso rimanere a dormire da te?”

“Ma come, Filippo te lo ha permesso? Conoscendolo, avrà fatto un sacco di storie!”

“Lui non lo sa”
“Che cosaaaaaa??? Vieni dentro, coraggio, dimmi tutto!!!!”

Aurora sorrise sotto i baffi e varcò l’ingresso, sentendosi, per la prima volta dopo molto tempo, finalmente a casa.

 

 

 

 

 

Com’è questo chappy? Vi prego, recensite, ho bisogno di sapere che ne pensate! Sennò smetto, eeeeh? XD

Grazie in anticipo a chi lo farà

Fede

 

 

 

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Capitolo 6
*** Pigiama Party ***


fykh,bn

 

Capitolo 6: Pigiama party

 

 

 

“Ti giuro che ancora non ci credo…”

Aurora sorrise: “Credici, sono… libera!”

Le due ragazze erano sdraiate sul lettone della stanza degli ospiti dove avrebbe dormito Aurora. Avevano già mangiato insieme a Eric, e mentre lui era in camera solo soletto, Ariel era corsa in camera di Aurora per chiacchierare fino a tarda notte. Erano le due ormai, lo si poteva leggere sul raffinato orologio appeso al muro della camera.

Era una camera ampia e spaziosa, con pochi mobili (un letto, un comodino, un armadio e una poltrona soffice), ma era di un gusto davvero squisito, quasi rococò, con eleganti intagli incisi sulle ante degli armadi e sulle gambe della poltrona. Tutto nella stanza era blu cobalto, profondo come l’oceano, anche se sulla volta non si vedevano dipinti pesci ma migliaia di puntini luminosi che rendevano il soffitto come un cielo stellato.

“No, non stavo parlando di quello… sapevo che prima o poi saresti scappata…”

“Ah sì? E che intendevi?”

“Parlavo di JOHN! Non ci credo, hai lasciato tuo marito manco da 24 ore… e lui nemmeno lo sa… e già lo sostituisci!”

“Figurati! Io non voglio altri uomini tra le balle! Voglio divertirmi e trovare me stessa!”

“E i tuoi? Cosa diranno?”

“Se mi vogliono davvero bene, capiranno”

“Questo è poco, ma sicuro” sorrise Ariel. “E secondo te cosa diranno dei capelli?”

Aurora si mise a ridere.

“Che vuoi che dicano???”

“Cacchio, ‘Rora, avevi dei riccioli così belli… Non sembravano nemmeno veri!”

“I capelli ricrescono” disse Aurora, un po’ irrigidita al pensiero di non avere più i capelli di cui andava tanto fiera “Non posso rischiare che mi riconoscano”

“In fondo hai ragione… Ascolta, hai veramente intenzione di andare al ballo domani sera? No perché ci saremo anche io ed Eric e se vuoi, possiamo accompagnarti…”

“Ma era solo una scusa per togliermelo di torno… e poi… non ho nulla da mettermi…”

“Oh povera cenerella!” scherzò Ariel.
“Ehi non insultare!” rise Aurora.

Tutte e due scoppiarono a ridere di gusto, guardandosi complici, poi Ariel disse: “No, sul serio, se vuoi venire basta che me lo dici, prendi un abito dal mio armadio, oppure te lo faccio fare su misura… Farò lavorare tutto il giorno il sarto, se vuoi…”

“Eheheh… credo che lascerò in pace il sarto, per una volta… Accetto volentieri un tuo vestito!”

“Dai vieni, andiamo nella mia stanza dei vestiti!”

“Ma… a quest’ora? La servitù non è già andata a dormire?”

“Ma chissenefrega! Abbiamo bisogno di un maggiordomo per fare shopping?? Dai vieni…”

La prese per mano e la trascinò fuori dal letto, poi corsero scalze sulla moquette porpora lungo un corridoio che portava alla camera di Ariel ed Eric.

“Fai piano” Ariel si mise l’indice sulle labbra ed entrò piano piano nella sua camera, pensando che ormai Eric dormisse della quarta.

Invece vide la lucina azzurra accesa e lui che stava leggendo un libro.

“Ah sei arrivata finalmente!” rise Eric, poi aggiunse “ah ma ci sei anche tu Rora… mi sa che la serata non è ancora finita vero?”

“No amore, stiamo andando a scegliere i vestiti per domani sera, sai Rora non può tornare a casa a prendere i suoi…”

“Vaaaa bene, ho capito, sarà una cosa lunga… Io mi metto a dormire, ragazze, ok?”

Ariel gli si avvicinò saltellando e lo baciò sulle labbra.
“Notte, notte!”

Eric le sorrise, poi chiuse gli occhi, dicendo: “Notte Rora!”

Le due ragazze aprirono la porta azzurra che dava sulla cabina armadio ed entrarono.

Aurora rimase a bocca aperta.

“Ma quanti vestiti hai???”
Ariel sorrise timidamente, come a scusarsi.

“Eric mi vizia troppo, lo dico sempre…”

La stanza era enorme e c’erano quattro enormi scaffali che la tagliavano in orizzontale.

Il soffitto era altissimo e giallo sole, in ogni buco libero della parete c’era uno specchio e l’intera stanza profumava di pulito.

Le due ragazze si guardarono e sorrisero.

Ariel disse: “I costumi per i balli in maschera sono laggiù”

Aurora annuì e sorrise di nuovo.

La loro personale sfilata stava per iniziare….

 

 

Vi è piaciuto?Siate sinceri, posso sempre migliorare! Accetto anche commenti negativi, basta che commentiate! Bacio a tutti!

Fede

 

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Capitolo 7
*** Nella tana del lupo ***


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Capitolo 7: Nella tana del lupo

 

 

La sfilata durò a lungo. Si provarono praticamente tutti i costumi da ballo in maschera della cabina armadio, ridendo, scherzando e facendo le sceme, sempre chiacchierando su tutto ciò che stava capitando in quei giorni ad Aurora.

Aurora scelse tutti i vestiti più anticonformisti, ma quando uscì dal camerino in versione Spongebob, Ariel le mise fra le mani qualcosa di gran lunga più provocante.

Quando Aurora capì di cosa si trattava, sorrise diabolica e corse a provarlo.

 

Aurora camminava a passi lenti con al fianco Ariel e Eric. Camminava sulle pietre bianche levigate che portavano al portone del suo ex-castello, pietre che avevano riflessi rosa e arancio per il tramonto. Osservò il giardino quasi con dolcezza, le piante e gli animali, unici suoi amici in quei mesi di prigionia dopo il matrimonio. Il profumo di pino che aleggiava nell’aria quasi le scioglieva il cuore, come aveva sempre fatto nei suoi unici momenti di libertà fuori dal palazzo e dall’etichetta che imponeva. Le sue scarpe ticchettavano gentilmente sulla pietra bianca, mentre quelle di Ariel, che erano stivali, non facevano alcun rumore.

Eccolo lì, l’ingresso della prigione. L’enorme portone del castello, fatto pitturare di bianco e rosa dopo il matrimonio in onore di Aurora. Il bianco della purezza e il rosa del vestito che indossava quel giorno. “Che banalità” pensò la ragazza storcendo il viso in una smorfia disgustata.

“Rora… ascolta, attieniti al piano. Noi entriamo prima, tu rimani ancora un po’ qui in giardino e entri fra poco. Io ed Eric forse siamo abbastanza identificabili, e se ti presento come una mia amica tutti capiranno che sei la nota principessa fuggita. Ci vediamo tra poco, quando vuoi parlarmi, viemmi incontro come per caso. Tutto chiaro?”

“Ariel!” intervenne Eric sorridendo “Gliel’hai già spiegato tre volte! Rora ha capito!”

“Sì, mammina!” la canzonò Aurora con un sorriso infantile “Tutto chiaro!”

Ariel le scoccò un bacio veloce su una guancia e poi si diresse all’entrata sottobraccio a Eric.

Il palazzo intero si girò, quando il granciambellano li presentò come: “Elisabeth Turner e Jack Sparrow”

Ariel doveva ammettere di essere bellissima. Si era vestita con un meraviglioso completo da uomo, con pantaloni e stivali, confezionati uguali uguali ai costumi di Elisabeth nel terzo film dei Pirati dei Caraibi. Era così… comoda. Si sentiva perfettamente a suo agio. E la maschera sul volto (fatta di un semplice foulard marrone con due buchi per gli occhi che le copriva il viso fino a metà naso), unita alla parrucca castano chiaro la rendeva irriconoscibile. Un po’ meno a suo agio si sentiva il povero Eric, siccome lui avrebbe voluto vestirsi da Will Turner ma la ragazza lo aveva obbligato a portare l’abito del tuo attore preferito, Johnny Depp. Così camminava con passo sgraziato sugli stivaloni pirateschi del film, mentre una parrucca rasta con perline gli copriva la chioma nera e un foulard messo tipo a sciarpa gli copriva il volto dal naso in giù. Ariel aveva deciso per una maschera sulla parte inferiore del volto in modo che tutti potessero vedere il trucco sui suoi occhi: la ragazza ci aveva messo un sacco a creare l’ombreggiatura con la matita e l’ombretto e voleva che tutti la notassero.

Mentre Ariel avanzava verso il centro della sala (la pista da ballo) tutta contenta, Eric si lasciava trascinare un po’ rassegnato.

“Daaaiii balliamo, amore!!”

“Ariel…”

“Ti avevo detto di non chiamarmi così! Ci potrebbero sentire” e fece guizzare lo sguardo da un parte all’altra, totalmente presa dal gioco di ruolo “chiamami Elisabeth”

“Va bene Elisabeth… Me lo concedi questo ballo?”

Ariel sorrise: “Ad un pirata come te? Perché no in fondo… Will è impegnato per una certa maledizione…”

Questa volta fu Eric a sorridere… poi le posò una mano sul sedere, pizzicandola leggermente.

“Beh, visto che tuo marito non c’è… approfittiamone, no??”

Scoppiarono a ridere, poi Eric la strinse a sé e cominciò a ballare.

 

Fuori, Aurora aspettava paziente il momento di entrare. Nel suo giardino, la fretta, l’impazienza e l’agitazione non esistevano. Era così bello stare lì. Per un attimo pensò di non entrare affatto.

In fondo erano già passati quasi due giorni interi dalla fuga e tutti a palazzo dovevano essere sull’attenti ad ogni minimo sospetto. Per un attimo si chiese se fosse stato meglio tornare a casa.

Poi si disse che era una fifona, che ciò che mancava nella sua vita era un po’ di brivido e che avrebbe potuto movimentare un po’ la serata.

Si decise a entrare.

Camminò spedita sui tacchi alti fino al gigantesco portone. Entrò, poi si diresse senza indugio dove sapeva essere la stanza da ballo.

Salì i quattro gradini che la separavano dal portone della sala, poi si avvicinò al granciambellano sulla soglia e sussurrò il suo nome.

Anche per lei, la sala intera si girò quando il ciambellano gridò: “Selina Kyle, alias Catwoman!”

Aurora era irriconoscibile.

Si sentiva un po’ a disagio perché quella non era lei, lei era una ragazza semplice, non se la tirava come Halle Berry nel film, ma quel giorno voleva proprio esagerare. E poi… proprio perché non era da lei, nessuno l’avrebbe riconosciuta!

Scese ancheggiando la scalinata della sala, mentre molti degli uomini in sala rimanevano con la bocca spalancata ad ogni suo movimento.

Aveva un bustino nero di pelle molto provocante e un paio di pantaloni di pelle nera (ancora integri, diversamente da quelli del film), il tutto unito a un paio di guanti neri lunghi fino a sopra il gomito e un paio di stivali con un tacco esagerato. La maschera nera sul suo volto (ovviamente a forma di muso di gatto) la copriva interamente, con dei buchi per gli occhi, il naso e la bocca. L’aveva scelta così ampia perché non voleva correre rischi di venire riconosciuta.

Si era messa anche una parrucca, fatta di capelli neri corvini e pettinati in dolci onde fino all’ombelico.

Nessuno l’avrebbe presa per la ragazza introversa e silenziosa che partecipava ai party solo perché obbligata e stava sempre in disparte per non attirare l’attenzione.

Tutta la sala la osservava e lei ci prese anche gusto a sculettare davanti alle signore scandalizzate e ai loro mariti sbavanti.

Una mano su una spalla la fermò mentre si avvicinava al buffet delle bevande.

Lei si girò e vide un uomo vestito da Re Sole Luigi XIV che le sorrideva.

Quando l’uomo le chiese gentilmente: “Mi concedete questo ballo?”, lei riconobbe rabbrividendo la voce.

Era Filippo.

 

 

 

Waaaaa!!! XD
Scusatemi per il ritardo pauroso, miei gentilissimi e affezionatissimi lettori!...

o_o’’

…ok ci ho provato a fare un po’ la ruffiana per cercare di farmi perdonare, ma purtroppo non ho mai tempo per mettermi al computer a scrivere in santa pace! Mi spiace! Vedrò di fare più presto il prossimo capitolo! XD

Sono perdonata?

Fede… Black Pearl

 

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