Per sempre felici e contenti di BlackPearl_uaooo (/viewuser.php?uid=33696)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La festa ***
Capitolo 2: *** Fuga ***
Capitolo 3: *** Odore di Libertà ***
Capitolo 4: *** Un incontro ***
Capitolo 5: *** Arrivata a casa ***
Capitolo 6: *** Pigiama Party ***
Capitolo 7: *** Nella tana del lupo ***
Capitolo 1 *** La festa ***
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Per sempre felici e contenti
Capitolo uno: La
festa
Aurora si allontanò dal
gruppetto di persone con cui stava parlando per avvicinarsi al buffet. Si versò
un generoso bicchiere di vino e lo ingoiò in un solo sorso.
“Che schifo, i party”
pensò la ragazza.
Poi si voltò verso
l’immensa sala da ballo per guardare tutti i partecipanti.
Poco lontano da lei,
Biancaneve e Cenerentola stavano chiacchierando, ridendo come due galline.
Aurora fece una smorfia... erano così frivole... per non dire completamente
idiote.
Volse lo sguardo verso
Belle, che flirtava con una guardia del suo palazzo. Eeeeeh se ci fosse stato il
suo principe... sarebbe diventata una Bestia!!! Che battutaccia.... Aurora
affogò la battuta spessa in un altro bicchiere di vino.
Vide poco più in là il
suo Filippo. Faceva tutto il figo coi suoi degni amici.... Principe Azzurro di
Cenerentola, Principe di Biancaneve, principi, principi.... Tutti a parlare
delle gesta di caccia, del loro coraggio nei duelli, delle loro prestazioni a
letto.... Baaaah che branco di animali!!!!
Più lontano, scorse
Pocahontas che sfilava davanti alle altre dame, elogiando la sua linea perfetta,
fatta di bacche radici e schifezze varie... Che schifo, chissà se mangiavano
pure i procioni....
Poi vide anche.... dunque
vediamo.... Esmeralda.... Megara.... Mulan... Jasmine.... con i loro mariti e
ragazzi. E almeno altri cento invitati, da tutti i regni vicini.
Tutti legati da un
sottile vincolo di ipocrisia ed etichetta, tutti sorridenti ed educati.... Ma
alla fine a nessuno fregava niente degli altri. Venivano lì solo per mostrarsi
nei loro abiti firmati e costosi, nei loro gioielli sfavillanti, nella schiera
di servitori che mai li abbandonava.
Aurora guardò il vestito
che le avevano imposto di indossare, quale padrona di
casa.
Un enorme bomboniera
tutta rosa e azzurra, piena di fiocchi e pizzi, scollatissima per mettere in
risalto il seno, e delle scarpe tacco 10 per farla sembrare al di sopra degli
altri....
Giù un altro
bicchiere.
Poi un altro.
Barcollando leggermente
si spostò verso la fontanella di vodka e succo alla pesca.
“Cambiamo gusto” si
disse.
“Aurora...”
La ragazza si girò e vide
la sua unica, vera amica. L’unica che non era come le altre, l’unica con un po’
di cervello sotto i capelli fluenti.
“Ariel...” disse con la
bocca impastata dall’alcool.
Ariel le tolse il
bicchiere dalla mano.
“Adesso noi due andiamo a
farci un giretto... lontano dal buffet”
“Va
beeeeene...”
Si ritrovarono a
passeggiare nell’immenso parco fuori dal castello.
“Aurora... mi sa che tu
c’hai un problema”
“A parte che c’hai non si dice.... Io non ho nessun
proooblema”
“Si certo... perchè
bevevi così? Capisco che non ti piacciano le feste, le odio anch’io, però....
non è il caso di ubriacarsi... Soprattutto non in mezzo a una fila di racchie
che poi ti parlerebbero dietro a vita”
“Non me ne frega un
cazzo”
“Aurora!!! Cavolo adesso
ci mettiamo pure a dire parolacce! Su dai, non essere così negativa... In fondo
non è così male”
“Dici di no? Ma l’hai
vista quella zoccola di Pocahontas??”
“E’ un po’...
espansiva!”
“E
Belle?”
“D’accordo, suo marito è
più cornuto ora che quando era una bestia”
Aurora scoppiò a
ridere.
E Ariel la seguì a
ruota.
“Grazie Ariel... Avevo
bisogno di qualcuno con cui parlare... E ridere....”
“Se è per ridere, là
dentro c’è una sala piena di oche”
“No.. intendevo... ridere
con un motivo!” rispose sorridendo la ragazza.
“Ah ah ah!! Che scema che
sei!!!”
“Senti
Ary...”
“Sì,
Aurora?”
“Come va con
Eric?”
“Benissimo...”
“Davvero?”
“Sì... davvero... ci
adoriamo... io lo amo da impazzire, e lui lo stesso... Siamo veramente
felici.... e poi stavamo pensando di avere un bambino!!! Ma perchè me lo
chiedi?”
“Beh, con Filippo non è
così...”
“Davvero? E che
succede?” “Beh... che ti posso dire? E’ un idiota. Nè più nè meno.” “Ma
perchè dici così?”
“Perchè ho imparato a
conoscerlo. Cosa posso scoprire di una persona se ho passato con lui solo un
pomeriggio in un bosco e due minuti su una torre? I miei genitori hanno fatto
tutto troppo in fretta e ci siamo sposati senza sapere nemmeno come ci piacciono
le uova”
“Le
uova??”
“Massì... nel senso...
senza conoscerci. Guidati solo da un’attrazione fisica....” “E ora? Non avete
costruito niente?”
“Eh
ora.... ora è già passato un anno. E io comincio a non poterne più. Non si può
costruire qualcosa con uno che non pensa a nient’altro che la caccia, i duelli e
il sesso....”
“Andiamo
bene...”
“Eric non è così
vero?”
“No. Lui è buono.
Gentile, sensibile, adorabile. A volte mi sveglio la notte e lui mi sta
guardando dormire. Anche se invita in suoi amici a casa, mi tiene sempre per
mano e non si vergogna mai di me. E mi coccola sempre senza volere niente in
cambio.... Di solito a letto prendo l’iniziativa io!”
“Cavolo... un uomo così è
da sposare...”
“Eh già! Io l’ho già
fatto!” sorrise Ariel.
“Eh io invece... Che
schifo i matrimoni combinatiiiiiiiiii!”
Detto questo Aurora si
tolse le scarpe e la collana che le stringeva al collo.
“Vuoi slacciarti il
corpetto? Mi pare che non stai respirando...”
“Si grazie
Ariel....”
Si tolse la bomboniera da
addosso, rimanendo in un lungo sottoveste bianco di seta.
“Vuoi una
sigaretta?”
“No, grazie Aurora.... Lo
sai che non fumo”
“Sì lo so, ma che ci vuoi
fare... La forza dell’abitudine. Mi hanno sempre insegnato ad offrire prima di
cominciare a mangiare o... fumare qualcosa”
“Lo sai che ti fa
male”
“Uffaaaa.... Credimi
questa sigaretta è il minore dei miei mali”
Rimasero zitte per un
po’, nel giardino. Poi Ariel si sedette per terra.
“Auuuf. Questi tacchi mi
distruggono le gambe”
Si sedette anche Aurora,
poi si sdraiò sull’erba.
“Rimaniamo qui... non
torniamo là dentro...”
“Sì, dai, rilassati
ancora un pochino, poi ti aiuto a rivestirti e torniamo”
“D’accordo...” sospirò Aurora.
Allora raga che ne dite? Se vi piace lasciatemi una
recensione, e io la continuo!!!
E buon Natale a tutti!!!!
Baci
baci
BlackPearl_uaooo
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Capitolo 2 *** Fuga ***
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Capitolo
2: Fuga
Ore 5.35 del mattino:
tutti gli invitati se ne stavano andando, e nel salone da ballo i servitori già
correvano di qua e di là per mettere a posto... per il party successivo, che
avrebbe avuto luogo il giorno dopo.
Ariel abbracciò la sua
migliore amica.
“Ciao Aurora.... quando
ci vediamo?”
“Che ne dici se vengo da
te stasera? Per una volta voglio fare l’ospite...”
“Ma che dici? Da me non
sei un’ospite.... casa mia è casa tua”
“Grazie, Ariel... Ora
scusami devo andare a salutare anche gli altri ospiti....”
La abbracciò di nuovo e
poi si allontanò.
Ariel le disse da dietro:
“Alle otto, eeeh?”
“Sì sì, sarò puntuale!!
Ciao!!”
“Ciao!”
Un’ora dopo, Aurora era
seduta su una delle comodissime poltrone della sua camera, in vestaglia.
Filippo entrò nella loro
camera: “Ciao tesorino piccino puccioso”
“Ciao
Filippo”
“Ma uffa perchè non mi
dici mai cose carine, cucciolina birulina ciccina?”
“E perchè tu non mi
chiami mai col mio nome?”
“Ma uffa che vuoi ancora?
Sei passata dall’essere una contadinotta a una principessa, vivi nel lusso,
circondata da lacchè che ti riveriscono, hai un marito perfetto, modestia a
parte, che vuoi ancora dalla vita?”
“Niente... che posso
desiderare ancora?”
“Ah ecco brava...
pentolina mia”
“PENTOLINAAAA??”
“Perchè, uffa, non ti
piace?” chiese Filippo avvicinandosi a lei e cominciando ad accarezzarla e
baciarla sul collo.
“Ma lasciami in
PACE!”
Detto questo, Aurora se
ne andò, lasciando Filippo davanti allo specchio a guardarsi. Sembrava non
avesse nemmeno capito che lei se n’era andata.
“Che pezzo di
deficiente...”
Aurora passeggiò un po’
nel suo amato giardino.
“Cosa ci faccio
qui?”pensò la ragazza “Io non sono per questa vita! Party, ipocrisia,
etichetta... No, io non appartengo a questo mondo... stavo meglio nel bosco con
le mie ziette.... Ora loro sono con i miei genitori... nel nostro regno...
mentre io sono qui nel regno di Filippo... nel suo castello... ma non è casa
mia.... Cosa mi trattiene qui?” poi un’idea la fulminò “IO ME NE
VADO!”
La ragazza corse verso la
sua camera. Voleva scappare, andarsene da quel posto orrendo che non
riconosceva... Avrebbe viaggiato, sarebbe andata in giro per il mondo, avrebbe
scoperto e imparato tutto ciò che aveva perso in una vita di fuga da Malefica,
sonno in una torre e... matrimonio combinato.
Sì, sarebbe
fuggita.
Corse come una forsennata
fino alla porta della sua camera.
Sulla porta trovò
Filippo.
“Ciao cucciola. Perchè
hai il fiatone? Non dovresti correre... non si addice a una brava principessa...
e una brava regina, appena mio padre tira le cuoia!” concluse
sorridendo.
“Vado... vado a farmi una
passeggiata a cavallo... Anzi, per favore vai a dire allo stalliere di sellare
il mio cavallo!”
“Ok
mortadellina”
“Grazie!”
Appena Filippo se ne fu
andato, Aurora si chiuse in camera e si guardò intorno.
Cosa poteva essere
necessario in una fuga?
Decise di togliersi
l’orrendo vestito a bomboniera che ancora indossava dalla sera
prima.
Trovò una maglia blu
molto semplice, con le maniche lunghe e larghe.
Le piaceva molto perchè
aveva una fascia sotto il seno che le ricordava i vestiti degli
elfi.
Infilò i suoi pantaloni
da cavallerizza e gli stivali.
Poi prese un mantello
nero di Filippo.
Lo indossò. In quel
periodo dell’anno faceva molto freddo. Era probabilmente il dicembre più freddo
degli ultimi 10 anni.
Prese una borsa a
tracolla, la riempì di pezzi d’oro e d’argento e la nascose sotto il
mantello.
Poi prese l’unico oggetto
a cui era legata in quella casa.
Un piccolo
carillon.
Era bianco con disegni
blu.
E se si apriva, oltre
alla melodia appariva un piccolissimo ritratto di Aurora con i genitori e Fauna,
Flora e Serenella.
Lo aprì.
Come al solito la
musichetta che ne scaturì sciolse ogni suo brutto pensiero, lasciandola serena e
commossa. La magia delle fatine aveva reso quella melodia capace di calmare gli
animi più tormentati.
Per questo Aurora la
ascoltava ogni sera, prima di addormentarsi.
Ma ora era veramente
stufa. Non poteva continuare a sprecare la sua vita.
Prese il carillon, lo
nascose nella borsa e scese nelle stalle reali.
Lo stalliere aveva
eseguito gli ordini.
Aurora vide il suo
bellissimo cavallo nero che lo aspettava, perfettamente sellato, impaziente di
fare la sua passeggiata.
Aurora gli si avvicinò e
lo accarezzò sul muso.
“Ciao
Leonida”
Il cavallo nitrì in
risposta e Aurora sorrise.
Salì a cavallo con molta
naturalezza, come un uomo, senza dover stare attenta ai suoi soliti abiti
lunghi.
Con pantaloni e stivali
era comodissima, e il mantello le avrebbe coperto i lunghi riccioli
biondi.
Forse sarebbe riuscita a
farsi passare per un maschio.
Leonida cominciò a
trottare, impaziente di partire, ma Aurora si fermò quasi subito, sentendo una
voce che la chiamava.
“VOSTRA ALTEZZA!
PRINCIPESSA AURORA!”
Era lo
stalliere.
“Sì,
Victor?”
“Vostra Altezza, come vi
siete vestita? Dove andate? Quando tornate?”
“Mi sono vestita come più
mi sento comoda. Vado dove mi pare. Torno....” stava per dirgli mai, ma poi capì che se l’avesse detto,
lo stalliere l’avrebbe detto a Filippo e sarebbero partiti alla sua ricerca....
“senti, Victor, voglio fare una lunga cavalcata. Dì a mio marito che tornerò
stasera. Ho già preso da mangiare per il pranzo.”
“Ma vostra altezza...
Lasciate che io venga con voi”
“No. Ho bisogno di un po’
di tranquillità... e di solitudine. Potete capirmi vero? Con tutte quelle
feste...”
“Posso capirvi,
altezza”
“Bene, allora lasciatemi
partire. Ci vediamo stasera. Ci sarà un’altra festa stasera,
vero?”
“No, no, la festa sarà
domani sera. Un ballo in maschera.”
“Va bene, Victor. Grazie
per aver sellato Leonida.”
“Di nulla
Altezza”
“Arrivederci,
Victor”
“Fate buon viaggio,
Principessa”
E appena svoltò dietro
una collina, appena lo stalliere non fu più in grado di vederla.... Leonida,
incitato dalla sua bella padroncina, cominciò a galoppare, felice perchè la
passeggiata oggi sarebbe durata più del previsto.
Ehi ragazze (e ragazzi, se ci sono)
me la lasciate una recensioncina?
Lo sapete che ne ho tanto bisogno...
e poi mi dovete far sapere se vale la pena continuarla o
no...
Lasciate un segno del vostro passaggio....Un bacio, Fede
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Capitolo 3 *** Odore di Libertà ***
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Capitolo 3:
Odore di Libertà
Perdonatemi,
perdonatemi del mostruoso ritardo… Siete state gentilissime quando avete
commentato il mio ultimo capitolo (17 meravigliosi commenti) e io, che avevo già
deciso di smettere questa storia, l’ho ricominciata, con un po’ di commozione
negli occhi, perché mi sembrava quasi di tradirvi a smetterla così, senza
motivo, dopo avervi fatto venire la curiosità… Buona lettura e…
grazie!
Aurora
galoppava, spronava dolcemente il cavallo che correva come il vento. Non sapeva
dove andare, ma non riusciva a fermarsi. Era come se l’aria fredda che le
sferzava le guance la risvegliasse da un lungo sonno, un sonno peggiore di
quello incantato di Malefica, un sonno tristemente cosciente. E galoppava,
nonostante le lacrime agli occhi per il freddo, nonostante non sentisse più le
gambe, nonostante la borsa pesante d’oro che batteva su una coscia.
Aspirava
l’aria come se fosse stata sott’acqua per troppo tempo, la aspirava avida, e
anche l’aria aveva un sapore diverso, un odore di
libertà…
E senza
nemmeno accorgersene ringraziava il cielo di aver avuto il coraggio di scappare,
perché sentiva che la sua vita era cominciata proprio in quel
momento.
Diede
un’occhiata al sole. Non era molto brava a capire l’ora dal sole, di solito a
palazzo bastava chiedere e tutto le era servito su un piatto d’argento, ma il
sole era alto nel cielo e lei ci avrebbe scommesso che erano più o meno le 11 di
mattina. Minuto più, minuto meno…
Leonida
cominciava a essere stanco però, e lei non poteva permettere che il suo stallone
soffrisse. Si fermò su una stradina di campagna, con a sinistra un grande
pascolo e a destra un campo di grano coperto parzialmente da chiazze di neve
bianca.
Aurora tirò
le briglie in modo che il cavallo girasse a sinistra, saltò il fossato e si
diresse nel pascolo, sperando che il proprietario non la rimproverasse. Ma in
fondo, pensò, poteva sempre sfruttare il fatto di essere la principessa per
avere ospitalità dappertutto! No… era una cosa meschina, obbligare qualcuno ad
ospitarla per paura delle ritorsioni. E poi, con un’azione del genere avrebbe
sicuramente rivelato a Filippo la sua direzione. Non doveva far sapere a nessuno
di essere la principessa Aurora.
Scese da
cavallo e disse a Leonida di mangiare, bere dal ruscelllo e riposarsi un po’. Il
cavallo parve capire (e probabilmente aveva davvero capito) perché corse al
ruscello a dissetarsi, poi si mise a mangiare l’erbetta coperta di rugiada e
brina. Lei intanto tornò sulla strada, scese il fossato dalla parte opposta ed
entrò nel campo. Poco più in là c’era una bellissima quercia e decise di sedersi
sotto. Appena seduta, vide degli attrezzi appesi a diverse altezze della quercia
con dei chiodi. C’era un rastrello, una pala, un paio di zappe e poco più sopra,
una falce.
Un’idea
assurda le balenò in mente. Guardò la falce con bramosia. Nessuno avrebbe dovuto
riconoscerla. Nessuno.
E quei
capelli biondi… troppo vistosi, troppo riconoscibili…
Prese la
falce in mano, mentre con l’altra si stringeva una ciocca di capelli. Le tremava
un po’ la mano, ma avrebbe pagato un prezzo anche più alto per mantenersi libera
come quel giorno.
Con uno
scatto della mano, si tagliò la prima ciocca, mentre lunghi capelli d’oro
andavano a sfiorare il terreno color fango.
Il tremore
era scomparso. Non era poi così terribile. Continuò così finchè non arrivò ad
avere un caschetto biondo che sfiorava le spalle.
Tornò vicino
al cavallo, temendo che non la avrebbe riconosciuta, invece l’animale non battè
ciglio. Aurora sorrise e lo coccolò un po’ sul muso. Poi andò al ruscello, si
levò il trucco dal viso e i resti del gel dai capelli, poi si scrollò e si
scompigliò i capelli.
Osservò il
suo riflesso nell’acqua. Beh, non era proprio maschile, ma per lo meno non
sembrava la dolcissima e femminilissima principessa Aurora. Con i pantaloni e
gli stivali, poteva passare per una giramondo, o una figlia di contadini in
cerca di fortuna, o... boh chissà cos’altro.
Poteva
essere chi voleva. Poteva inventarsi la sua storia.
Un brivido
la scosse dentro.
Era
libera.
Riprese
Leonida e ricominciò a correre. Aveva fame, doveva trovare una qualche locanda.
Che sarebbe anche stata la sua prova del fuoco, per vedere se qualcuno la
riconosceva. Magari avrebbe camuffato la voce. E poi aveva tanta, tanta voglia
di una sigaretta.
Per qualche
tempo sentì solo gli zoccoli del suo cavallo sulla strada sterrata. Non stava
vagando a casaccio, ma andava in una precisa direzione che aveva percorso tante
e tante volte nella sua vita. Verso il palazzo di Ariel. Il meraviglioso regno
sul mare del Principe Eric.
Quella sera
aveva un appuntamento importante. La sua prima cena con un’amica da donna
libera.
Allora vi
ispira questo capitolo?? Se si commentate, che sennò mi demoralizzo e capisco
che la storia non piace a nessuno…
Bacio
Fede
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Capitolo 4 *** Un incontro ***
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Capitolo 4: Un
incontro
Ciao raga!!
Ecco il nuovo capitolo! Ringrazio chi ha recensito lo scorso e offro queste
nuove righe… Lo so che non sono molto lunghi come capitoli… Ma se me lo
chiederete nelle recensioni, prometto che allungherò i capitoli! Non vorrei
annoiarvi! Bacio!
Sulla strada
per il Regno di Ariel, Aurora si fermò a una locanda, l’unica presente per
miglia e miglia, un pub puzzolente di marcio…
Aurora sperò
che avessero qualcosa da bere e da mangiare e che il bagno non fosse in
condizioni disastrose. Per il terzo desiderio, sapeva che era una speranza
vana.
Entrò dentro
trattenendo il respiro, un po’ per l’odore, un po’ per la paura di essere
identificata dal proprietario o dai clienti.
“Vorrei un
panino e un bicchiere di vino per favore…” disse con la voce camuffata per
essere più maschile e roca.
Il barman
alzò lo sguardo e un lampo di libidine gli passò negli occhi. Era un uomo sulla
cinquantina, leggermente sovrappeso sulla pancia, con un grosso grembiule che
gli cingeva i fianchi e la pelle del naso rossa, segno che beveva molto. Ma
aveva uno sguardo intelligente, di chi sa come va il mondo e un paio di baffi
che gli conferivano un’aria simpatica.
“Tutto ciò
che volete, bella signorina”
A fanculo il
tentativo di farsi passare per un uomo.
Aurora
sospirò: “Ce l’avete una sigaretta?”
L’uomo la
guardò interrogativo, sapendo che nel loro regno una donna che fumava non era
molto benvista, ma rispose: “Sì, ce l’ho”
“Mi
vendereste l’intero pacchetto? E un accendino per
favore”
I modi
garbati di Aurora stonavano molto con la sua voce e le sue
richieste.
Aveva una
grazia innata, quella ragazza, anche nel mangiare quel panino ammuffito, e il
barman si continuava a chiedere da dove fosse uscita una così bella
creatura.
“Qual è la
vostra meta, bella signorina?”
Aurora
represse un “Fatti i cazzi tuoi”, accese una sigaretta, e disse: “Non lo so
ancora”
“Siete una
vagabonda?” chiese ridendo il barman.
Aurora tenne
lo sguardo basso sul bicchiere di vino, temendo che la riconoscesse, e borbottò:
“Sì”
“E’ strano,
sapete? Non avete affatto l’aria di una vagabonda… Siete così... bella… E
pulita”
“Temo che
stiate parlando troppo” lo zittì la ragazza,
spazientita.
“Vogliate
scusarmi, i baristi sono così, si fanno prendere dalla curiosità e chiacchierano
con i clienti… Non vi disturberò più. Se avete bisogno di qualcosa, non avete
che da chiedere”
La lasciò
sola.
Lei sentì un
brivido sulla schiena, lasciò i soldi sul tavolo, prese le sigarette e
l’accendino e si tirò su il mantello sulla testa.
Uscì dalla
locanda senza visitare la toilette, perché non era riuscita a superare il
ribrezzo.
Era dura
ammetterlo, ma forse si sarebbe fermata in un campo.
Fuori
ricominciò a respirare a pieni polmoni, l’aria era così fredda che gli bruciò le
narici. Quel dicembre era davvero il più freddo degli ultimi 10
anni.
“Ehi…”
Qualcuno la
chiamava da dietro.
Aurora
rimase paralizzata.
L’avevano
trovata.
Sarebbe
tornata a palazzo. Sarebbe tornata con Filippo.
In gabbia.
In catene.
Si girò al
rallentatore, cercando di mantenere normale il
respiro.
Erano due
uomini, probabilmente un po’ ciucchi, che barcollavano dalla locanda verso di
lei. Uno era scuro di capelli e abbronzato, con le braccia muscolose e le mani
grandi, probabilmente un contadino. L’altro era magrolino, rosso con le
lentiggini, ma aveva degli occhi cattivi, furbi e maligni. Il ragazzo bruno
disse:“Ma che bella ragazza abbiamo qui… dove vai di bello? Ti possiamo
accompagnare?”
“Lasciatemi
in pace” Aurora si affrettò verso Leonida, sperando di salire in sella e correre
via prima che se ne accorgessero.
Il rosso
rincarò la dose: “No no no, non fare la scontrosa con noi, biondina… Vogliamo
solo venire con te”
“Viaggio da
sola” sussurrò Aurora.
Il moro
rise: “Ma non va bene per una giovane bella ragazza viaggiare così da sola… in
più sta venendo sera, sono le quattro ormai… Potresti imbatterti in
malintenzionati”
“MA
DAVVERO?” disse ironica Aurora.
Il rosso la
strattonò per un braccio proprio mentre stava per toccare
Leonida.
“Non mi
toccare, viscido bastardo!” Il rosso rise e la strinse a sé. “Che cattiva che
sei…”
Il moro le
accarezzò i capelli biondi, sorridendo.
“LASCIATEMI!
BRUTTI SCHIFOSI BASTARDI! LASCIATEMI!”
Aurora
cominciò a divincolarsi, sferrò un calcio dove non batte il sole al rosso, che
si piegò a metà gemendo. Il moro però fu più veloce e le bloccò le
braccia.
“Ti pentirai
di quello che hai fatto al mio amico…”
In quel
momento dalla locanda uscì un uomo incappucciato, che vide la scena e chiamò il
moro: “Ehi, scimmione lasciala andare!”
Il moro si
girò verso di lui, giusto in tempo per ricevere un pugno in pieno
viso.
Cadde a
terra, mentre l’uomo incappucciato con un calcio stendeva il rosso, che nel
frattempo si era ripreso.
Nel farlo
gli cadde il cappuccio, e Aurora lo riconobbe. Era John Smith, l’ex di
Pocahontas, che era stato lasciato per John Rolfe. Lo conosceva di vista per lo
scandalo che era venuto fuori dalla loro separazione, ma non sapeva se fidarsi o
no. Poteva dire tutto a Filippo.
Salì su
Leonida col cappuccio che gli copriva bene i capelli e la fronte fino agli
occhi.
John levò
gli occhi verso di lei, con uno sguardo perplesso.
Forse era
troppo spaventata per restare, si disse.
“Volete che
vi accompagni fino alla prossima città? D’inverno viene buio presto e il sole
sta già andando via. Non dovreste viaggiare col
buio”
Aurora si
girò di spalle a lui e disse: “Non importa, me la so cavare da sola. Grazie per
quello che avete fatto, ve ne sarò riconoscente per il resto della mia
vita…”
Detto questo
cominciò a trottare verso la strada.
“La vostra
voce… un momento, signora, forse io vi conosco?”
Ma Aurora
cominciò a galoppare nel buio e presto John non seppe più nemmeno distinguere il
suo cavallo.
Ecco qui
finito il quarto capitolo… Vi prego, recensite, ditemi i miei pregi e difetti,
perché con i primi mi permettete di andare avanti con gioia, e con i secondi di
migliorare ogni giorno di più e offrirvi delle storie sempre più
belle!
Bacio!
Fede
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Capitolo 5 *** Arrivata a casa ***
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Capitolo 5: Arrivata a
casa
Aurora arrivò in un paesino di mare, poco lontano dall’elegante palazzo
di Ariel, e guardò strizzando gli occhi nella penombra l’ora sul campanile della
chiesa. Le sei e mezza. Aveva ancora da girare un po’ prima di andare da lei.
Insomma, era contro i suoi principi presentarsi prima a casa di una persona che
la ospitava. Era maleducazione!
Così si rassegnò a passeggiare ancora un po’, anche se Leonida era stanco
e affamato e anche lei non vedeva l’ora di entrare nel caldo e accogliente
salotto di Ariel.
Si fermò di fronte a un negozio di alimentari e legò Leonida lì fuori.
Non poteva presentarsi senza niente. Anche se si conoscevano da un sacco di
tempo, e Ariel non avrebbe certo badato alle formalità, lei doveva presentarsi
con un regalo.
Ma cosa? Una bottiglia di vino? Troppo scontato. Dei fiori? Naaa, mica
era un appuntamento romantico. Poi i suoi occhi si posarono su un’elegante
confezione di gelatine e le scappò un sorriso.
Appena sposate, un anno prima (si erano sposate a pochi mesi di distanza,
entrambe sedicenni), si erano incontrate ad una festa a casa di Ariel. Aurora
era appoggiata al muro in un angolo, e già risentiva delle distanze che si erano
formate fra lei e Filippo, e mentre guardava suo marito vantarsi e lodarsi fra i
suoi degni amici, Ariel le si era avvicinata con una scatola come quella,
stracolma di gelatine ricoperte di zucchero e le aveva detto: “Ciao… ne vuoi
una?”
In quel momento Aurora si era sentita come quando… come quando stava nel
bosco con le sue ziette. Non si sentiva così da molti mesi, perché dopo i primi,
sfavillanti giorni della sua nuova vita come moglie di Filippo, tutto era
marcito, e aveva vissuto nella solitudine più completa in un palazzo che non
chiamava casa, in un regno che non era il suo.
Aveva sorriso di gratitudine, e quelle gelatine le erano sembrate la cosa
più buona che avesse mai assaggiato. Da allora, l’amicizia che le aveva legate
durante quella festa crebbe sempre di più, e Ariel divenne sempre più una
sorella maggiore vivace ed equilibrata, per Aurora, che era fragile e sola.
Gli occhi di Aurora divennero lucidi e un singhiozzo le uscì dalla gola
senza che potesse controllarlo. Quanto le voleva bene…
Entrò spedita nel negozio e chiese la confezione più grande di quelle
gelatine alla frutta, che probabilmente erano proprio le stesse (della stessa
marca, insomma, visto che Ariel si riforniva spesso in quel negozio) di quel
giorno.
Pagò e uscì con la confezione regalo in un delicato sacchetto di carta
rosa.
Ma appena uscì vide una cosa orribile.
Un uomo si era avvicinato a Leonida e lo stava slegando per portarlo via.
“ALLONTANATI SUBITO!”
L’uomo imperterrito sciolse il nodo.
Stava per salire in groppa a Leonida che continuava ad agitarsi perché
non capiva che stava succedendo, quando per la seconda volta in quella giornata,
un uomo arrivò da dietro le spalle del ladro e lo colpì forte sulla testa,
facendolo cadere a terra svenuto.
Era John.
Ad Aurora salì il cuore in gola.
“Grazie…”
“Voi siete Aurora, non è vero?”
Aurora cercò di eludere la domanda: “Mi stavate seguendo, John
Smith?”
John sorrise nella luce
fioca del lampione e dell’interno del negozio: “Voi avete riconosciuto me, io ho
riconosciuto voi…”
“Non avete risposto alla mia domanda”
“Beh, voi avete fatto lo stesso con me”
“Mi stavate seguendo?”
“Sì” sospirò John divertito “lo ammetto. Vi stavo seguendo. Quando vi
siete allontanata dalla locanda, ho capito chi eravate e ho pensato che una
principessa in fuga ha bisogno di una scorta se non vuole finire sul fondo di
qualche precipizio o affogata in qualche fiume”
Aurora trasalì alle parole in
fuga. “A parte il fatto che sto semplicemente andando a trovare un’amica e
non sono affatto in fuga, ma cosa vi fa pensare che io abbia bisogno di una
scorta? Se pensate che io non me la possa cavare da sola, allora mi state
offendendo”
“Non sia mai!” rispose John ridendo “ Non volevo assolutamente mancarvi
di rispetto. Ma temo che, insomma, abbiate visto da sola quanti pericoli può
incontrare una ragazza da sola. In fuga”
Terminò la frase soffermandosi con il tono della voce sulle ultime due
parole e Aurora capì che aveva capito. E lasciò
perdere.
“Mi tradirete andando a cercare mio marito?”
“Assolutamente no. Io non sono così. Siete una ragazza intelligente, e
sono sicuro che le cause di questo gesto siano più che
giustificate”
“Vi ringrazio”
John sorrise. Aurora distolse lo sguardo per guardare che ore erano. Le
sette.
“Vogliate scusarmi, ma devo presentarmi a palazzo da Ariel alle 8. Vorrei
arrivare in orario, e manca ancora un po’ di
strada”
“Aurora… vi prego, posso accompagnarvi? Sarei molto più tranquillo, e una
volta là mi dileguerei prima che la servitù, vedendoci, possa far nascere voci
maligne”
“Permesso accordato” sorrise Aurora, aggiungendo poi con voce divertita
“… ma sia ben chiaro che non ne ho assolutamente
bisogno”
“Nooo, non sia mai detto, in fondo ora da sola avreste ancora dignità,
soldi e cavallo, non è vero?”
“E’ stato solo un disguido. Un inconveniente. L’avrei potuto gestire
benissimo”
“D’accordo, d’accordo, la smetto” rise John.
I due s’incamminarono verso il castello di Ariel, altissimo eppure molto
leggero e per nulla inquietante, forse per via del fatto che era praticamente
sulla spiaggia e questo gli dava un tocco romantico, forse perché era di un
colore bianco candido che dava l’idea di una casa per le
bambole.
John, a cavallo del suo stallone grigio, si fermò prima dell’ultima curva
verso il portone e disse: “Qui la vostra guardia personale si ferma. Spero non
inciampiate sui gradini del portone d’ingresso”
scherzò.
“Divertente, davvero divertente!” e la ragazza spronò Leonida per andare
avanti.
“Ascoltatemi… Principessa… ci rivedremo
mai?”
“La vita è lunga. Quando il caso deciderà…”
John sorrise: “Un po’ prima di quando deciderà il caso, no,
eh?”
“Beh…” Aurora rimase un attimo a riflettere “domani sera nel palazzo del
Principe Filippo ci sarà una festa in maschera alla quale sono invitati tutti le
personalità dei Regni del continente. E alcuni verranno persino da più lontano.
Sarà una festa grandiosa e tutti dovranno portare una maschera e un costume. Può
darsi che sarò fra gli invitati. Ti sfido a
riconoscermi….”
John rise di gusto “Questa sì che è una bella
sfida…”
“Puoi sempre provare no?”
“Ci sarò”
John Smith girò il cavallo grigio e si incamminò per il verso opposto al
palazzo.
“Ci vediamo allora… forse” scherzò Aurora.
“Ci vediamo, ci vediamo, contaci!”
Aurora ridendo tra sé e sé arrivò al portone d’ingresso, smontò da
cavallo e bussò.
Si sentirono i passettini di Ariel nell’enorme ingresso di parquet, poi
venne ad aprire tutta trafelata e con un enorme sorriso sulle labbra.
“Sei arrivata finalmente! Sono le otto e
mezza!”
“Scusa il ritardo… ho da raccontarti un milione di
cose…”
“Ma ci siamo viste solo stamattina presto!”
“Sì però… in ogni caso queste sono per te!”
“Oh gelatine alla frutta! Che dolce che sei! Te ne sei
ricordata!”
“E’ solo un pensiero… per farti capire quanto sei importante per
me”
“Aurora, sei veramente la migliore amica che una ragazza possa
avere”
“Ariel, a questo proposito… posso rimanere a dormire da
te?”
“Ma come, Filippo te lo ha permesso? Conoscendolo, avrà fatto un sacco di
storie!”
“Lui non lo sa” “Che cosaaaaaa??? Vieni dentro, coraggio, dimmi
tutto!!!!”
Aurora sorrise sotto i baffi e varcò l’ingresso, sentendosi, per la prima
volta dopo molto tempo, finalmente a casa.
Com’è questo chappy? Vi prego, recensite, ho bisogno di sapere che ne
pensate! Sennò smetto, eeeeh? XD
Grazie in anticipo a chi lo farà
Fede
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Capitolo 6 *** Pigiama Party ***
fykh,bn
Capitolo 6: Pigiama party
“Ti giuro che ancora non ci credo…”
Aurora sorrise: “Credici, sono… libera!”
Le due ragazze erano sdraiate sul lettone della stanza degli ospiti dove
avrebbe dormito Aurora. Avevano già mangiato insieme a Eric, e mentre lui era in
camera solo soletto, Ariel era corsa in camera di Aurora per chiacchierare fino
a tarda notte. Erano le due ormai, lo si poteva leggere sul raffinato orologio
appeso al muro della camera.
Era una camera ampia e spaziosa, con pochi mobili (un letto, un comodino,
un armadio e una poltrona soffice), ma era di un gusto davvero squisito, quasi
rococò, con eleganti intagli incisi sulle ante degli armadi e sulle gambe della
poltrona. Tutto nella stanza era blu cobalto, profondo come l’oceano, anche se
sulla volta non si vedevano dipinti pesci ma migliaia di puntini luminosi che
rendevano il soffitto come un cielo stellato.
“No, non stavo parlando di quello… sapevo che prima o poi saresti
scappata…”
“Ah sì? E che intendevi?”
“Parlavo di JOHN! Non ci credo, hai lasciato tuo marito manco da 24 ore…
e lui nemmeno lo sa… e già lo sostituisci!”
“Figurati! Io non voglio altri uomini tra le balle! Voglio divertirmi e
trovare me stessa!”
“E i tuoi? Cosa diranno?”
“Se mi vogliono davvero bene, capiranno”
“Questo è poco, ma sicuro” sorrise Ariel. “E secondo te cosa diranno dei
capelli?”
Aurora si mise a ridere.
“Che vuoi che dicano???”
“Cacchio, ‘Rora, avevi dei riccioli così belli… Non sembravano nemmeno
veri!”
“I capelli ricrescono” disse Aurora, un po’ irrigidita al pensiero di non
avere più i capelli di cui andava tanto fiera “Non posso rischiare che mi
riconoscano”
“In fondo hai ragione… Ascolta, hai veramente intenzione di andare al
ballo domani sera? No perché ci saremo anche io ed Eric e se vuoi, possiamo
accompagnarti…”
“Ma era solo una scusa per togliermelo di torno… e poi… non ho nulla da
mettermi…”
“Oh povera cenerella!” scherzò Ariel. “Ehi non insultare!” rise
Aurora.
Tutte e due scoppiarono a ridere di gusto, guardandosi complici, poi
Ariel disse: “No, sul serio, se vuoi venire basta che me lo dici, prendi un
abito dal mio armadio, oppure te lo faccio fare su misura… Farò lavorare tutto
il giorno il sarto, se vuoi…”
“Eheheh… credo che lascerò in pace il sarto, per una volta… Accetto
volentieri un tuo vestito!”
“Dai vieni, andiamo nella mia stanza dei
vestiti!”
“Ma… a quest’ora? La servitù non è già andata a
dormire?”
“Ma chissenefrega! Abbiamo bisogno di un maggiordomo per fare shopping??
Dai vieni…”
La prese per mano e la trascinò fuori dal letto, poi corsero scalze sulla
moquette porpora lungo un corridoio che portava alla camera di Ariel ed
Eric.
“Fai piano” Ariel si mise l’indice sulle labbra ed entrò piano piano
nella sua camera, pensando che ormai Eric dormisse della
quarta.
Invece vide la lucina azzurra accesa e lui che stava leggendo un
libro.
“Ah sei arrivata finalmente!” rise Eric, poi aggiunse “ah ma ci sei anche
tu Rora… mi sa che la serata non è ancora finita
vero?”
“No amore, stiamo andando a scegliere i vestiti per domani sera, sai Rora
non può tornare a casa a prendere i suoi…”
“Vaaaa bene, ho capito, sarà una cosa lunga… Io mi metto a dormire,
ragazze, ok?”
Ariel gli si avvicinò saltellando e lo baciò sulle labbra. “Notte,
notte!”
Eric le sorrise, poi chiuse gli occhi, dicendo: “Notte
Rora!”
Le due ragazze aprirono la porta azzurra che dava sulla cabina armadio ed
entrarono.
Aurora rimase a bocca aperta.
“Ma quanti vestiti hai???” Ariel sorrise timidamente, come a
scusarsi.
“Eric mi vizia troppo, lo dico sempre…”
La stanza era enorme e c’erano quattro enormi scaffali che la tagliavano
in orizzontale.
Il soffitto era altissimo e giallo sole, in ogni buco libero della parete
c’era uno specchio e l’intera stanza profumava di
pulito.
Le due ragazze si guardarono e sorrisero.
Ariel disse: “I costumi per i balli in maschera sono
laggiù”
Aurora annuì e sorrise di nuovo.
La loro personale sfilata stava per
iniziare….
Vi è piaciuto?Siate sinceri, posso sempre migliorare! Accetto anche
commenti negativi, basta che commentiate! Bacio a
tutti!
Fede
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Capitolo 7 *** Nella tana del lupo ***
fykh,bn
Capitolo 7: Nella tana del lupo
La sfilata durò a
lungo. Si provarono praticamente tutti i costumi da ballo in maschera della
cabina armadio, ridendo, scherzando e facendo le sceme, sempre chiacchierando su
tutto ciò che stava capitando in quei giorni ad Aurora.
Aurora scelse tutti i
vestiti più anticonformisti, ma quando uscì dal camerino in versione Spongebob,
Ariel le mise fra le mani qualcosa di gran lunga più provocante.
Quando Aurora capì di
cosa si trattava, sorrise diabolica e corse a
provarlo.
Aurora camminava a
passi lenti con al fianco Ariel e Eric. Camminava sulle pietre bianche levigate
che portavano al portone del suo ex-castello, pietre che avevano riflessi rosa e
arancio per il tramonto. Osservò il giardino quasi con dolcezza, le piante e gli
animali, unici suoi amici in quei mesi di prigionia dopo il matrimonio. Il
profumo di pino che aleggiava nell’aria quasi le scioglieva il cuore, come aveva
sempre fatto nei suoi unici momenti di libertà fuori dal palazzo e
dall’etichetta che imponeva. Le sue scarpe ticchettavano gentilmente sulla
pietra bianca, mentre quelle di Ariel, che erano stivali, non facevano alcun
rumore.
Eccolo lì, l’ingresso
della prigione. L’enorme portone del castello, fatto pitturare di bianco e rosa
dopo il matrimonio in onore di Aurora. Il bianco della purezza e il rosa del
vestito che indossava quel giorno. “Che banalità” pensò la ragazza storcendo il
viso in una smorfia disgustata.
“Rora… ascolta,
attieniti al piano. Noi entriamo prima, tu rimani ancora un po’ qui in giardino
e entri fra poco. Io ed Eric forse siamo abbastanza identificabili, e se ti
presento come una mia amica tutti capiranno che sei la nota principessa fuggita.
Ci vediamo tra poco, quando vuoi parlarmi, viemmi incontro come per caso. Tutto
chiaro?”
“Ariel!” intervenne
Eric sorridendo “Gliel’hai già spiegato tre volte! Rora ha
capito!”
“Sì, mammina!” la
canzonò Aurora con un sorriso infantile “Tutto
chiaro!”
Ariel le scoccò un
bacio veloce su una guancia e poi si diresse all’entrata sottobraccio a Eric.
Il palazzo intero si
girò, quando il granciambellano li presentò come: “Elisabeth Turner e Jack
Sparrow”
Ariel doveva
ammettere di essere bellissima. Si era vestita con un meraviglioso completo da
uomo, con pantaloni e stivali, confezionati uguali uguali ai costumi di
Elisabeth nel terzo film dei Pirati dei Caraibi. Era così… comoda. Si sentiva
perfettamente a suo agio. E la maschera sul volto (fatta di un semplice foulard
marrone con due buchi per gli occhi che le copriva il viso fino a metà naso),
unita alla parrucca castano chiaro la rendeva irriconoscibile. Un po’ meno a suo
agio si sentiva il povero Eric, siccome lui avrebbe voluto vestirsi da Will
Turner ma la ragazza lo aveva obbligato a portare l’abito del tuo attore
preferito, Johnny Depp. Così camminava con passo sgraziato sugli stivaloni
pirateschi del film, mentre una parrucca rasta con perline gli copriva la chioma
nera e un foulard messo tipo a sciarpa gli copriva il volto dal naso in giù.
Ariel aveva deciso per una maschera sulla parte inferiore del volto in modo che
tutti potessero vedere il trucco sui suoi occhi: la ragazza ci aveva messo un
sacco a creare l’ombreggiatura con la matita e l’ombretto e voleva che tutti la
notassero.
Mentre Ariel avanzava
verso il centro della sala (la pista da ballo) tutta contenta, Eric si lasciava
trascinare un po’ rassegnato.
“Daaaiii balliamo,
amore!!”
“Ariel…”
“Ti avevo detto di
non chiamarmi così! Ci potrebbero sentire” e fece guizzare lo sguardo da un
parte all’altra, totalmente presa dal gioco di ruolo “chiamami
Elisabeth”
“Va bene Elisabeth…
Me lo concedi questo ballo?”
Ariel sorrise: “Ad un
pirata come te? Perché no in fondo… Will è impegnato per una certa
maledizione…”
Questa volta fu Eric
a sorridere… poi le posò una mano sul sedere, pizzicandola
leggermente.
“Beh, visto che tuo
marito non c’è… approfittiamone, no??”
Scoppiarono a ridere,
poi Eric la strinse a sé e cominciò a ballare.
Fuori, Aurora
aspettava paziente il momento di entrare. Nel suo giardino, la fretta,
l’impazienza e l’agitazione non esistevano. Era così bello stare lì. Per un
attimo pensò di non entrare affatto.
In fondo erano già
passati quasi due giorni interi dalla fuga e tutti a palazzo dovevano essere
sull’attenti ad ogni minimo sospetto. Per un attimo si chiese se fosse stato
meglio tornare a casa.
Poi si disse che era
una fifona, che ciò che mancava nella sua vita era un po’ di brivido e che
avrebbe potuto movimentare un po’ la serata.
Si decise a entrare.
Camminò spedita sui
tacchi alti fino al gigantesco portone. Entrò, poi si diresse senza indugio dove
sapeva essere la stanza da ballo.
Salì i quattro
gradini che la separavano dal portone della sala, poi si avvicinò al
granciambellano sulla soglia e sussurrò il suo
nome.
Anche per lei, la
sala intera si girò quando il ciambellano gridò: “Selina Kyle, alias
Catwoman!”
Aurora era
irriconoscibile.
Si sentiva un po’ a
disagio perché quella non era lei, lei era una ragazza semplice, non se la
tirava come Halle Berry nel film, ma quel giorno voleva proprio esagerare. E
poi… proprio perché non era da lei, nessuno l’avrebbe
riconosciuta!
Scese ancheggiando la
scalinata della sala, mentre molti degli uomini in sala rimanevano con la bocca
spalancata ad ogni suo movimento.
Aveva un bustino nero
di pelle molto provocante e un paio di pantaloni di pelle nera (ancora integri,
diversamente da quelli del film), il tutto unito a un paio di guanti neri lunghi
fino a sopra il gomito e un paio di stivali con un tacco esagerato. La maschera
nera sul suo volto (ovviamente a forma di muso di gatto) la copriva interamente,
con dei buchi per gli occhi, il naso e la bocca. L’aveva scelta così ampia
perché non voleva correre rischi di venire
riconosciuta.
Si era messa anche
una parrucca, fatta di capelli neri corvini e pettinati in dolci onde fino
all’ombelico.
Nessuno l’avrebbe
presa per la ragazza introversa e silenziosa che partecipava ai party solo
perché obbligata e stava sempre in disparte per non attirare l’attenzione.
Tutta la sala la
osservava e lei ci prese anche gusto a sculettare davanti alle signore
scandalizzate e ai loro mariti sbavanti.
Una mano su una
spalla la fermò mentre si avvicinava al buffet delle bevande.
Lei si girò e vide un
uomo vestito da Re Sole Luigi XIV che le sorrideva.
Quando l’uomo le
chiese gentilmente: “Mi concedete questo ballo?”, lei riconobbe rabbrividendo la
voce.
Era
Filippo.
Waaaaa!!! XD Scusatemi per il ritardo pauroso, miei gentilissimi e
affezionatissimi lettori!...
o_o’’
…ok ci ho provato a fare un po’ la ruffiana per cercare di farmi
perdonare, ma purtroppo non ho mai tempo per mettermi al computer a scrivere in
santa pace! Mi spiace! Vedrò di fare più presto il prossimo capitolo!
XD
Sono perdonata?
Fede… Black Pearl
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